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rivista di storia della letteratura italiana contemporanea

I mali del reticolato. Prigionia, Olocausto e dittature nell’attività editoriale di Vittorio Sereni (con un’appendice di pareri editoriali inediti)

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rivista di storia della letteraturaitaliana contemporanea

Direttore : Cesare De MichelisCondirettori : Armando Balduino,Saveria Chemotti, Silvio Lanaro,

Anco Marzio Mutterle, Giorgio TinazziRedazione : Beatrice Bartolomeo

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Indirizzare manoscritti, bozze, libri per recensionie quanto riguarda la Redazione a : « Studi Novecenteschi »,

Dipartimento di Italianistica, Università di Padova(Palazzo Maldura), Via Beato Pellegrino 1, i 35137 Padova.

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« Studi Novecenteschi » è redatto nelDipartimento di Italianistica, Università di Padova.

Registrato al Tribunale di Padova il 17 luglio 1972, n. 441.Direttore responsabile : Cesare De Michelis.

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Per la migliore riuscita delle pubblicazioni, si invitano gli autoriad attenersi, nel predisporre i materiali da consegnare alla Redazione

ed alla casa editrice, alle norme specificate nel volumeFabrizio Serra, Regole redazionali, editoriali & tipografiche,

Pisa · Roma, Serra, 20092 (Euro 34,00, ordini a : [email protected]).Il capitolo Norme redazionali,

estratto dalle Regole, cit., è consultabile Online alla pagina« Pubblicare con noi » di www.libraweb.net.

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Fabrizio Serra editorePisa · Roma

xl, numero 85, gennaio · giugno 2013

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Stampato in Italia · Printed in Italy

issn 0303-4615issn elettronico 1724-1804

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SOMMARIO

saggi

Manuele Marinoni, Appunti sui ‘Taccuini’ dannunziani : Jour- nal di una memoria ‘materiale’ 11Amedeo Benedetti, Contributo alla biografia di Attilio Momi- gliano 31Antonio Carrannante, Sull’uso di « galantuomo » in Gramsci 73Alessandro Giammei, Pensare col quore. Pretesa di consentimen- to, permanenza degli oggetti e visione interna nell’inventio di Umberto Saba 87Alberto Comparini, Montale, la poesia moderna e l’autobio- grafia in versi 105Paola Mieli, Il marziano argentato : normalità e segregazione ne La bella addormentata nel frigo di Primo Levi 129Cristian Gendusa, Lettera e figura in Il nido di Franco Fortini 147Chiara Pietrucci, I mali del reticolato. Prigionia, olocausto e dit- tature nell’attività editoriale di Vittorio Sereni (con un’appendi- ce di pareri editoriali inediti) 167Silvia Zangrandi, « Non so se mi crederete ». Il fantastico contem- poraneo di Il bar sotto il mare di Stefano Benni 215

recensioni

Silvia Zangrandi, Cose dell’altro mondo. Percorsi nella letteratu- ra fantastica italiana del Novecento (Bianca Maria Da Rif ) 237

Note sugli autori 241

Norme redazionali della casa editrice 243

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I MALI DEL RETICOLATO. PRIGIONIA, OLOCAUSTO E DITTATURE

NELL’ATTIVITà EDITORIALE DI VITTORIO SERENI

con un’appendice di pareri editoriali inediti

Chiara Pietrucci

In una lettera destinata a Giangiacomo Feltrinelli del 21 dicembre 1956, Vittorio Sereni scriveva : « Non le nascondo che faccio volen-

tieri un lavoro del genere, anche perché mi pare di contribuire con ciò a un’iniziativa di sviluppo di cui si avverte già la presenza ». 1 In queste righe Sereni faceva accenno alla collaborazione come lettore editoriale di opere inedite italiane e straniere (poetiche e in prosa) per le autorevoli case editrici italiane Mondadori e Feltrinelli, da lui svolta dalla fine degli anni Quaranta, mentre era curatore della raf-finata collana « Quaderni di Poesia » delle Edizioni della Meridiana dirette da Sergio Solmi. 2 E di un’« iniziativa di sviluppo » si poteva senz’altro parlare, vista la rapida evoluzione del mondo editoriale di quel frangente storico, in cui si stavano affermando le nuove figure del lettore editoriale, dell’editor e del traduttore. 3

Un ringraziamento particolare a Francesca D’Alessandro, che mi ha introdotto allo studio di Vittorio Sereni direttore letterario, e ad Andrea Raffaele Rondini, che ha sostenuto con entusiasmo questo lavoro arricchendolo continuamente di nuovi spunti critici. Desidero inoltre ringraziare gli archivisti Tiziano Chiesa e Anna Lisa Cavazzuti della Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori e i responsabili della Fon-dazione cdec di Milano.

1 V. Sereni, Occasioni di lettura. Le relazioni editoriali inedite (1948-1958), a cura di F. D’Alessandro, Torino, Aragno, 2011, p. 157.

2 F. D’Alessandro, Lo stile europeo di Sergio Solmi : tra critica e poesia, Milano, Vita e Pensiero, 2005, p. 191.

3 Inizialmente infatti toccava al personale interno svolgere i ruoli più disparati, in un’atmosfera di editoria artigianale di cui negli anni Cinquanta Arnoldo cercherà definitivamente di liberarsi. Cfr. A. Gimmi, Introduzione, in Il mestiere di leggere. La narrativa italiana nei pareri di lettura della Mondadori (1950-1971), Milano, Il Saggiatore, Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, 2002, p. 33.

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La traduzione di opere straniere in italiano si apprestava a diven-tare consuetudine nel corso degli anni Cinquanta, portando a com-pimento una rivoluzione editoriale cominciata durante il Ventennio fascista. 1 L’impresa di traghettamento nella nostra lingua di clas-sici moderni e contemporanei contribuiva ad avvicinare il grande pubblico ai capolavori della narrativa internazionale e così i grandi editori italiani, in primis Mondadori, iniziarono a scommettere sulle traduzioni, preferibilmente illustri, affidate a scrittori e poeti italiani. Si cominciò timidamente, dalle opere più note e dai bestseller, poi-ché per le opere minori si trattava di un inutile dispendio di energie. Sereni non mancò di sottolinearlo, anche a riguardo di scrittori im-portanti, come Samuel Beckett e Georges Bernanos. 2

Egli contribuì attivamente a quel periodo di fervore e rinnovamen-to culturale ed editoriale dovuto alla ripresa economica, effettuando per la Mondadori alcune traduzioni da Paul Valéry, Julien Green e René Fallet negli anni 1946-1947, insieme ad una serie cospicua di let-ture critiche da opere straniere (ben quattordici) effettuate nel 1950-1951. 3

La casa editrice di Arnoldo era alla ricerca di nuovi capolavori della fiction da affiancare ai grandi classici e al portafoglio titoli ; inoltre aveva varato di recente nuove collane di narrativa straniera come

1 La novità delle traduzioni nasce in seno alla piccola editoria (Sonzogno, Moder-nissima, Carabba, Sperling & Kupfer), per poi essere recepita e consacrata all’interno delle grandi case : cfr. N. Barrale, Traduzioni e fascismo, in Eadem, Le traduzioni di narrativa tedesca durante il fascismo, Roma, Carocci, 2012, pp. 31-37. Cfr. anche P. Al-bonetti, Trafile di romanzi, in Non c’è tutto nei romanzi. Leggere romanzi stranieri in una casa editrice negli anni ’30, Milano, Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, 1994, p. 31. L’autore fa riferimento a vere e proprie « smanie esterofile » di Arnoldo, che prese-ro corpo grazie alla celebre collana « I libri Gialli » del 1929.

2 V. Sereni, Occasioni di lettura, cit., pp. 23-25 e pp. 27-28.3 Le date sono ricavate da V. Sereni, Occasioni di lettura, cit. : il 27 gennaio 1950 ha

terminato Les petites filles modèles di Dumur e Le chateau de sable di Laporte (pp. 59-60 e 91-92) ; il 7 febbraio Dialogues des Carmelites di Georges Bernanos (pp. 27-28), il 24 febbraio Fantômes au Soleil di Clot (pp. 45-46) ; il 25 marzo Pigalle di René Fallet e il 12 aprile Les Révoltés dell’ungherese Márai (pp. 67-69 e pp. 99-100), il 2 maggio Ginèvre della Gandon e Naître et mourir di Franz Hellens (pp. 75-76 e pp. 85-86) ; il 29 maggio Compagnons di Guilloux e La fontaine Médicis di Joseph Kessel, l’11 settembre La porte à côté della Deharme (p. 83, pp.89-90 e pp. 55-56). Il 21 maggio 1951 le due raccolte della poetessa spagnola Ester De Andreis, Primula e Attimi (parere pubblicato per la prima volta in questa sede). Il 6 aprile 1955 il romanzo di Samuel Beckett, Murphy e il 24 maggio 1956 Forêt Interdite, primo esperimento narrativo di Mircea Eliade (pp. 23-25 e pp. 61-63).

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« Biblioteca Moderna Mondadori » e rafforzato le collane ammiraglie già esistenti come la « Medusa ». 1 Essa era presentata come la « colla-na regina della letteratura popolare, popolare nel senso della mag-giore diffusione e della maggiore accessibilità », con lo scopo di far conoscere le opere significative della letteratura mondiale ai lettori italiani. 2 « Biblioteca Moderna Mondadori » doveva invece caratteriz-zarsi come una collana di « opere classiche di ogni tempo e di ogni pa-ese, opere contemporanee che s’avvicinino a diventare classiche, opere di divulgazione scientifica, presentazioni di artisti o periodi delle arti figurative ». 3

Quello di lettore stava diventando per Sereni un autentico mestie-re, accanto all’insegnamento, alle traduzioni e alle collaborazioni con testate giornalistiche milanesi, quali « La frusta libera » e « Milano Sera ». 4 Non a caso l’attività di lettore editoriale cessò bruscamente all’assunzione presso l’ufficio stampa e propaganda della Pirelli nel 1952 e riprese negli anni a venire in maniera saltuaria. Questa abi-tudine all’analisi critica lo accompagnò lungo tutto il corso dell’esi-stenza : fra i pareri ancora inediti contenuti nell’archivio di Luino, la recensione del primo libro postumo dell’amico Bartolo Cattafi (in-titolata E dei versi fu prigioniero) è datata 2 febbraio 1983, ossia appena pochi giorni prima della fulminea malattia e della morte. 5

Lettore scrupoloso, attento, straordinariamente sensibile alla no-vità ed acuto nel giudizio, era in grado di sintetizzare in una breve tornata di righe i caratteri fondamentali di un’opera, analizzandone stile ed icasticità. Evidenza e mordente, termini reiterati del suo per-sonale lessico del lettore, venivano impiegati a definire l’attitudine

1 E. Decleva, Arnoldo Mondadori, Torino, utet, 1993, p. 432 : « La battuta di arresto imposta da Arnoldo all’inizio degli anni ’50 alla produzione libraria non durò a lungo […]. Sempre con riferimento al periodo 1950-1957, la Medusa si arricchì a sua volta di oltre 150 nuovi titoli, in parte novità, in parte recuperati da altre collane, con una netta prevalenza di opere di autori noti e affermati : oltre al già citato Hemingway de Il vecchio e il mare, ancora [Thomas] Mann, Greene, Kaf ka, Remarque, Sinclair, Neumann, Maugham, la Woolf ».

2 O. Del Buono, La letteratura popolare, in Editoria e cultura a Milano tra le due guerre (1920-1940). Atti del convegno, 19-21 febbraio 1981, Milano, Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, 1983, p. 95.

3 E. Decleva, Arnoldo Mondadori, cit., p. 408.4 F. D’Alessandro, Introduzione, in V. Sereni, Occasioni di lettura, cit., p. xv.5 Dattiloscritto contenuto nell’archivio comunale di Luino, busta 18, fasc. 20, se-

gnatura ser. pr. 0113.

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necessaria all’autore di descrivere e penetrare il reale ; la sua capacità di rielaborare la tradizione, guadagnandosi un posto fra i classici e permanendo nel tempo. 1 L’evidenza è « il risultato ultimo dell’inven-zione, che nasca dalle ragioni particolari e dall’intensità delle ragio-ni e del movente reale ». 2 Sulla stessa scia si inserisce la valutazione della chiarezza di uno scritto. 3 Qualora le caratteristiche di evidenza e chiarezza fossero state presenti, con una sua espressione predilet-ta, « ad apertura di pagina » 4, l’esito sarebbe stato positivo ed il libro pubblicabile.

Queste sue straordinarie doti critiche, la statura letteraria del po-eta e la salda moralità dell’uomo, insieme all’amicizia personale che si protraeva dagli anni universitari, spinsero Alberto Mondadori, vi-cepresidente della casa editrice del padre Arnoldo, a proporgli il pre-stigioso incarico di direttore letterario e di responsabile degli uffici della Segreteria editoriale. 5

Sul suo ruolo di ‘poeta a palazzo’, come si definiva con amarezza ed autoironia, Sereni mantenne un costante riserbo rotto da inter-venti controllati o fortemente allusivi. 6 Nei testi de La traversata di

1 Se ne portano qui alcuni esempi da Occasioni di lettura, cit. : « Per se stesso, comunque, non presenta nulla di rilevante : l’analisi dei caratteri è superficiale, i personaggi mancano di evidenza » (p. 91) ; « Il M[asini] è ricco d’immagini, ma non ce n’è una che abbia mordente » (p. 105) ; « I versi di Morsucci mi sembrano mancare di quel carattere, di quella incisività che fanno ricordare una poesia : […] restano opachi, senza risalto » (p. 111) ; « Vale la pena in questi casi di arrischiarsi dicendo che la poesia si giudica prima di tutto dalla forza d’urto di cui essa è capace […]. Di tale forza ci pare che il P[iccolo] sia provvisto abbastanza da far breccia in quello che si è soliti indicare come l’incerto e strano “momento” della nostra poesia » (p. 131) ; « Il modo della stesura è rapido, senza fronzoli, estremamente deciso ; ed è insieme discreto senza perdere in evidenza » (p. 151) ; « Questo vigore appunto, che è anche evidenza, non trovo nella poesia della D[e] A[andreis] » (pubblicato in questa sede).

2 F. D’Alessandro, Introduzione, in V. Sereni, Occasioni di lettura, cit., p. xix.3 V. Sereni, Occasioni di lettura, cit., p. 167 : « Meno male che i poeti dell’anteguer-

ra passavano per “oscuri”. Questi, di questo tipo, sarebbero per caso chiari ? ».4 Ivi, p. 43 e p. 59 : « Ad apertura di pagina si fa notare per un certo impeto oratorio

che ricorda taluni momenti meno felici di Gatto » ; « Può anche piacere ma ricorda troppo Proust ad apertura di pagina ».

5 G. C. Ferretti, Poeta e di poeti funzionario. Il lavoro editoriale di Vittorio Sereni, Milano, il Saggiatore, Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, 1999, pp. 50-51.

6 Il titolo collettivo Poeta a palazzo racchiude i testi L’assunzione e Un qualcuno che è poi Luciana, apparsi su « Il contesto », i, 1, 1977, pp. 5-10, ora in V. Sereni, La tentazione della prosa, a cura di B. Colli e G. Raboni, Milano, Arnoldo Mondadori, 1998, p. 231 e ss.

Sulle laconiche dichiarazioni sereniane cfr. Vittorio Sereni in Ritratti su misura di

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Milano assimilava la sua vicenda umana, condizionata dagli alterni umori di un principe (in cui si riconosce in filigrana la figura carisma-tica di Arnoldo), a quella del poeta Ovidio, costretto ad abbandonare Roma per volontà dell’imperatore Augusto ; metafora adatta a de-scrivere una parziale perdita di libertà, una componente di asservi-mento intellettuale. Il suo trasloco in via Paravia, in una zona allora periferica nei pressi dello stadio di San Siro, visto come una ‘caduta in disgrazia’, non trovava paragone più calzante dell’esilio di Tomi. 1

Resta il fatto che, negli uffici milanesi di via Bianca di Savoia 20 e dal 1975 nel visionario palazzo di Oscar Niemeyer a Segrate, egli lavorò per ben venticinque anni : i primi quindici dall’assunzione av-

scrittori italiani, a cura di E. F. Accrocca, Venezia, Sodalizio del libro, 1960, pp. 383-384 : « Stanco della gomma e affini e avendo avuto occasione di passare tra i libri, ora lavoro in una grande casa editrice » ; L. Mondo, Il poeta in casa editrice, « La Stampa », 26 marzo 1976 : « [Sereni] torna a insistere sulla difficoltà di portare avanti una auten-tica linea culturale, sulla necessità di opporsi a un editing all’americana, intimamente sopraffattore e mistificante... […] Ma quali interlocutori o destinatari può avere la poesia ? È un problema che lo angustia e smemora ».

V. Sereni, L’assunzione i, in Idem, La tentazione della prosa, cit., pp. 231-232 : « Pen-sai con terrore che la mia assunzione a corte poteva essere compromessa anche da quell’esitazione e impaccio evidente. […] Nel primo caso il principe poteva stare tranquillo, sarei stato sicuramente più rapido e anche più pertinente nel compilare le lettere che avrei scritto per lui ; nel secondo, ebbè, lo strano riporto da testi altrui testimoniava sulla mia cultura e sulla mia capacità di devolverla al servizio loro nelle più svariate occasioni : devoluzione e concentrazione compensavano l’indugio ».

1 Ivi, p. 233 : « Imbarcato, già ai remi, lontano dalla costa, già dei loro. O meglio, già in quota, al piano più alto, in quota d’Assunzione, appena sotto la costellazione prin-cipesca. […] Lui gioviale, tipo da manate sulla schiena. Fondamentalmente ottimista – dicono. Parlare con lui, una provvista di ossigeno, iniezioni di energia. Capitasse di frequente nel corso del lavoro – mi ero augurato ».

Ivi, pp. 234-235 : « Il principe, più tenebroso che mai, alternava improvvise apatie alle note fiammeggianti astrazioni. A giudicare dalla sua tendenza alla catastrofe, doveva ritenersi grande nella sventura non meno che nella fortuna. Nella sua mente il mio nome non era stato che lo spunto momentaneo, l’incipit di un nuovo capitolo della sua biografia, ecco, non più che una sonda gettata a caso […] nel corso della ciclopica costruzione di sé su se stesso […]. I termini della situazione non erano per allora così netti, l’ho capito molto più tardi : in pratica solo adesso, ripensandoci, qui nel quartiere di Tomi. […] Eccoci dunque qui, famiglia e masserizie, nel quartiere di Tomi ».

Ivi, pp. 236-237 : « Siamo finiti qui, nel quartiere di Tomi, confinati, relegati, segrega-ti – non sappiamo bene : lontani, in ogni caso, dallo sguardo del principe ».

Cfr. anche la lettera a Luciano Anceschi, Milano, 23 aprile 1976, ivi, p. 465 : « Il “quar-tiere di Tomi”, di cui si parla nell’ultimo brano, allude all’esilio di Ovidio, relegato a Tomi dopo la sua caduta in disgrazia. Però non è il caso di dirlo in una nota ».

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venuta alla fine del 1958 fino al 27 maggio 1973, data in cui venne accolta la sua richiesta di diventare consulente esterno ; e a seguire ancora dieci, dal pensionamento, reso effettivo in data 1 novembre 1975, fino alla morte, sopravvenuta nel 1983. Le sue responsabilità di direttore letterario riguardavano la Segreteria editoriale, articolata in due uffici di grande rilievo, Segreteria editoriale autori italiani e Segreteria editoriale estero, oltre che un ufficio pubblicità, l’ufficio proprietà letteraria, i consulenti e i direttori di collana. 1

Nella vasta congerie dei pareri editoriali da lui stesi in questi anni, e in particolare dal 1963 ai primi anni ’70, ritorna con una certa insi-stenza l’interesse per autori che attraversarono e vollero raccontare il genocidio, la prigionia, il nazismo (Borowski, Gàborné, Ringel-blum). Alcuni si liberarono del bavaglio del regime, facendo usci-re la propria voce al di fuori dai confini delle loro nazioni (Sanchez Ferlosio), mentre altri furono testimoni del socialismo reale e delle sue degenerazioni in Unione Sovietica e negli stati satelliti (Brandys, Bratny, Volkoff-Divomlikoff ). Alcuni sono narratori affermati che si interrogano sul destino del genere del romanzo negli anni della sua crisi (Sagan) ; altri, mentre tutti si affannano a costruire e dimenti-care, si scoprono incapaci di metabolizzare i torti subiti (Borowski, morto suicida nel 1951).

Sereni stesso era incapace di dimenticare il passato, in particolare la partecipazione ad una guerra percepita come estranea per valori ed intenti, con i suoi fatti memorabili, l’arruolamento, lo stanzia-mento del suo contingente ad Atene, la prigionia nei pressi di Orano, in Algeria e poi in Marocco, vicino a Casablanca. Lo dichiarava nel racconto intitolato L’anno quarantatre :

Di queste cose ho già scritto varie volte in versi e in prosa : sono arrivato al ridicolo affliggendo col raccontarle amici e familiari. Mi si sono accanito dentro di me per anni, quasi si trattasse di un enigma di cui non venivo a capo […] ; quasi si trattasse di un nodo dentro di me, sciolto il quale soltanto avrei potuto avere occhi per altro, orecchi per altro. 2

Nello stesso racconto scrive, con precisione cristallina, come se fos-sero passate poche ore e non vent’anni : « Sono caduto prigioniero

1 Per un’analisi approfondita della genesi e dell’organigramma della direzione letteraria e una più ampia descrizione della figura di Sereni consulente, cfr. G. C. Ferretti, Poeta e di poeti funzionario, cit., p. 50 e ss. e pp. 161-162.

2 V. Sereni, L’anno quarantatre in Idem, La tentazione della prosa, cit., p. 73.

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in Sicilia, a Paceco (Trapani), ad opera di un reparto aviotrasportato dell’esercito americano. Erano le ore 13.30 circa del 24 luglio 1943, la vigilia del crollo del regime ». 1

Nel 1969, ventisei anni dopo quell’infausta esperienza di cattura e prigionia, i ricordi indelebili sono come il fantasma della poesia di Kavafis, che apre a mo’ di dedica il racconto : « il tuo fantasma / ventisei anni ha valicato e giunge / ora per rimanere in questi versi ». Nel racconto – intitolato appunto Ventisei – il viaggio fino a Trapani con moglie e figlia fin da subito si rivela come una caccia spasmodi-ca ai luoghi del dolore e dell’umiliazione, anziché un momento di vacanza familiare : « Questo – dico alle mie donne – è stato il primo campo di prigionia provvisorio, ci siamo rimasti un quindici giorni prima di passare il mare ». 2

Le tematiche de Gli immediati dintorni, individuate con brevità esemplare da Giacomo Debenedetti nella sua Nota iniziale all’edi-zione del 1962 – « La Resistenza come esperienza mancata per cir-costanze di fatto (guerra e prigionia) ; la riflessione sulla poesia […], la crescente problematicità dell’amicizia e dell’accordo » 3 – assomi-gliano, e in certi tratti coincidono, con le conclusioni di Ferretti, che evidenzia nel lavoro di Sereni editor l’affinità particolare verso certi temi, certi autori :

Sembra inoltre non casuale la presenza di poeti che hanno partecipato in prima persona a eventi cruciali del Novecento come la guerra di Spagna e la Resistenza, che hanno praticato l’opposizione e il dissenso in regimi dit-tatoriali, che hanno vissuto esperienze politiche democratiche, o che sono passati attraverso la tragedia del genocidio : tra gli altri, gli stessi Seferis e Char, e ancora Hikmet, Róz˙evicz, Auden, Huchel, Ritsos, Evtušenko, Ce-lan, autori nella cui produzione poetica sono presenti fermenti morali, so-ciali, civili, o comunque critici. 4

Merita allora attenzione lo scrittore dissidente Sanchez Ferlosio, con il suo libro di racconti Industrias y andanzas de Alfanhuì, 5 favola picaresca di un bambino castigliano senza nome dotato di inusuali

1 Ivi, p. 74. 2 V. Sereni, Ventisei, in Idem, La tentazione della prosa, cit., p. 197. 3 G. Debenedetti, Il prosatore. « Gli immediati dintorni », in V. Sereni, Poesie, Mila-

no, Mondadori, 1995 (« I Meridiani »), p. xxvi.4 G. C. Ferretti, Poeta e di poeti funzionario, cit., p. 124.5 R. Sanchez Ferlosio, Imprese e vagabondaggi di Alfanhuí, Roma, Theoria, 1991 (i

ed.). Ma la prima ed. spagnola è del 1951 (Madrid, Talleres Cíes).

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talenti, che svolge un singolare apprendistato presso un maestro im-pagliatore. Il tono idilliaco della favola di Ferlosio è occasionalmente turbato da una sotterranea vena di violenza e Sereni non manca di individuarne le cause :

È evidente che andrà lanciato come un’espressione finalmente autentica della Spagna col bavaglio, caratterizzata non da una reticenza ma dal recu-pero su piano fantastico della reticenza stessa. SI per « Medusa ». 1

La narrativa di prigionia ed il « male del reticolato » 2 non potevano lasciare indifferente chi aveva vissuto un’esperienza analoga, seppure appena quattro anni dopo la fine della guerra questo genere ispirasse già diffidenza. 3 D’altra parte, prima ancora della fine del conflitto, Sereni scriveva ad un amico : « E Dio sa con quanti diarii di prigionia ci affliggerà il dopoguerra ». 4 Ciò nonostante, continuò a frequentare ed apprezzare il genere, come testimoniano due recensioni apparse in rivista (poi raccolte nel raro libretto Letture preliminari). 5

Il nocciolo fondamentale del romanzo Il campo 29 di Sergio An-tonielli, così come lo individua Sereni, è la contrapposizione tra il movimento delle operazioni belliche e l’immobilità e la stagnazione del prigioniero dietro al filo spinato. La prigionia viene interpretata come una sorta di pena di contrappasso riservata a coloro che parti-rono per la guerra ingenuamente, come per prendere parte ad una grande avventura :

Il campo 29 ci riporta a una disposizione di spirito comune a tanti combatten-ti italiani durante la prima fase – intendendo per questa il periodo anteriore al 25 luglio 1943 – della seconda guerra mondiale.

E c’è quasi una corrispondenza simbolica tra quella disposizione e il mo-do con cui essa si risolse nel chiuso spazio dei campi di concentramento. Ognuno ha la prigionia che si merita, vien fatto di dire. Ce lo dice in altro

1 Parere di lettura dattiloscritto di Vittorio Sereni datato 30 ottobre 1962, SEE, s. AB, busta 28, fasc. 21.

2 Cfr. un brano dalla prosa eponima contenuta in V. Sereni, La tentazione della prosa, cit., p. 22 : « Già : un male si è insinuato in questi versi. Lo chiamerò male del reticolato, seppure non sia il caso di ricorrere a un termine che vada o venga oltre il filo spinato ».

3 V. Sereni, Il campo 29, in Letture preliminari, Padova, Liviana, 1973, p. 13.4 V. Sereni, La tentazione della prosa, cit., p. 410. La lettera, destinata ad Alessandro

Parronchi, fu scritta l’11 luglio 1945.5 S. Antonielli, Il campo 29, Milano, Edizioni Europee, 1949 e P. Levi, La tregua,

Torino, Einaudi, 1963.

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modo Antonielli quando allude a quel partire « per un’avventura », a quell’in-terpretare la propria partenza « come fatto umano che giustificasse quell’an-dar vestiti da pagliacci a sporcarsi di terra e d’unto d’armi » : un sedicente pagar di persona, che fu piuttosto un eludere i veri termini di una domanda mal formulata o messa, con troppa disinvoltura, a tacere. 1

L’assunto lapidario, quasi un adagio, « ognuno ha la prigionia che si merita », ritorna identico nel racconto autobiografico del ’65 intitola-to L’anno quarantacinque, che narra vicende e pensieri del prigioniero Sereni nel campo di Fedala, vicino a Casablanca :

In piena coscienza bisogna dire che nessuno stato di detenzione è stato più blando del nostro, di noi caduti in mano americana. I vari drammi indivi-duali maturati in rapporto a quella situazione sono un altro discorso. Ma il nostro vero guaio era lì, in quella blanda, torpida, semidillica prigionia. Immaginando la sorte di altri amici e conoscenti (il tale sarà finito in Ger-mania, il tal altro internato in Svizzera, quell’altro ancora scaraventato in Siberia o dalle parti degli Urali) e ripensando ai discorsi, al modo di essere, al passato comportamento di questo e di quello, conclusi che ognuno ha la prigionia che si merita. 2

Nell’intersezione tra l’area della letteratura di prigionia e la lettera-tura del lager può essere ascritta la tragica vicenda del ghetto di Var-savia, con i suoi tentativi di insurrezione dell’aprile-maggio 1943. Nel ghetto più grande d’Europa sono ambientati due libri molto diversi, il diario clandestino dello storico ebreo Emmanuel Ringelblum, Se-polti a Varsavia, e un romanzo, parzialmente autobiografico, di Ro-man Bratny sulla guerra partigiana in Polonia, Soldati senza divisa. 3

1 V. Sereni, Il campo 29, in Letture preliminari, cit., p. 15.2 V. Sereni, L’anno quarantacinque, in La tentazione della prosa, cit., p. 85.3 Si tratta di E. Ringelblum, Sepolti a Varsavia : appunti dal ghetto, a cura di Jacob

Sloan, Milano, Mondadori, 1962 (« Bosco ») e R. Bratny, Soldati senza divisa, Milano, Mondadori, 1964 (« Omnibus »). Non esistono riedizioni successive. Emmanuel Rin-gelblum (1900-1944) fu uno storico e partigiano ebreo polacco, attivo anche all’inter-no del ghetto di Varsavia. Vi fondò l’archivio clandestino Oneg Sabbath (Celebranti del Sabato), contenente testimonianze e documenti sulla vita quotidiana del ghetto e sulle deportazioni. Sulla storia della sua inestimabile opera di conservazione dei documenti, seppelliti all’interno di taniche e scatole di metallo e ritrovati dopo la guerra sotto le rovine del ghetto, cfr. J. Sloan, Premessa, in E. Ringelblum, Sepolti a Varsavia, cit., pp. 7-23.

Su Bratny cfr. S. De Fanti, Dal 1956 al nuovo secolo, in Storia della letteratura polacca, a cura di Luigi Marinelli, Torino, Einaudi, 2004, p. 437 : « Roman Bratny (1921) aveva partecipato alla lotta partigiana condotta dall’Esercito Nazionale diretto dal governo

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L’interessamento di Sereni, convinto che « il fatto Varsavia accenda ancora oggi la fantasia di una parte del pubblico sia per effetto dei film sia per la vasta letteratura su tale tema » 1, sfociò nella pubblica-zione di entrambi i libri.

Con gli eventi del ghetto di Varsavia si intreccia anche la vicen-da biografica e letteraria di Kazimierz Brandys (1916-2000). Ebreo polacco di Łódz, è stato uno scrittore e sceneggiatore « molto noto all’estero specie per i suoi libri di riflessioni su se stesso e sul mondo contemporaneo », secondo la definizione di Sereni. 2 Passò indenne al rastrellamento del ghetto ed ai campi di sterminio grazie ad alcuni documenti falsi, poi si convertì al cattolicesimo anche per stima e gratitudine per la famiglia che lo nascose. Fautore del regime comu-nista polacco, se ne allontanò dopo il disgelo con un’abiura pubblica che fece molto scalpore. Negli anni Ottanta si rifugiò a Parigi e so-stenne Solidarnos´c´. 3 Dell’autore vengono pubblicati da Mondadori La difesa della “Grenada” e altri racconti nel 1961 e le epistole-saggio Lettere alla signora Z nel 1964, per diretto coinvolgimento del direttore letterario. Il merito di aver introdotto Brandys sul mercato italiano spetta in ogni caso a Feltrinelli, che nel 1959 inserì La madre dei re come ventiduesimo titolo della collana « Narrativa » (fu poi riedito da Garzanti nel 1977). 4

Brandys è un autore multiforme e prolifico, che spazia con facilità dal romanzo (Modo di essere, Piazza del mercato, Joker, La madre dei re) ai racconti (La difesa della “Grenada”) alla saggistica d’attualità (Lettere

di emigrazione di Londra. Pur nella tendenziosità ideologica, l’autore, servendosi di materiali autobiografici, delinea la tragica esperienza generazionale della cospirazio-ne contro l’occupante, dell’insurrezione di Varsavia e delle discriminazioni attuate dal nuovo regime contro il reinserimento degli ex partigiani “bianchi” ».

1 Parere di lettura di Vittorio Sereni dattiloscritto del 20 novembre 1960 in see, ab, busta 8, fasc. 98.

Stavano arrivando anche in Europa occidentale le storie e i volti del ghetto di Var-savia attraverso le pellicole di Andrzej Wajda. Probabilmente Sereni fa riferimento a Kanał. I dannati di Varsavia (1957), con cui il regista polacco partecipò alla Biennale di Venezia e che gli valse anche il premio speciale della giuria al decimo Festival di Can-nes. Cfr. P. D’Agostini, Andrzej Wajda, Milano, Il castoro cinema, 1993, pp. 143-148.

2 Parere di lettura di Vittorio Sereni dattiloscritto del 4 giugno 1969 in see, ab, busta 8, fasc. 97.

3 S. De Fanti, Dal 1956 al nuovo secolo, in Storia della letteratura polacca, cit., p. 468.4 Sull’edizione feltrinelliana de La madre dei re cfr. R. Cesana, “Libri necessari”. Le

edizioni letterarie Feltrinelli (1955-1965), Milano, Unicopli, 2010, p. 211.

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alla signora Z). 1 Sereni lo paragona a Norman Mailer, giovane roman-ziere e già autorevole voce della saggistica statunitense (« è come il Mailer non-narrativo, non inferiore in fatto di bravura e penetrazio-ne, ma con fortuna di pubblico infinitamente più limitata »). 2 Mailer era, tra l’altro, un autore mondadoriano e raggiunse la notorietà in Italia con un suo saggio sulla guerra in Vietnam. 3

I protagonisti dei racconti della Difesa subiscono o sono testimoni di episodi di inumanità, sia che evadano dal ghetto (Sansone), sia che vivano da sfollati nelle campagne, attendendo le azioni eroiche del-la resistenza senza però prenderne parte (L’Orso) ; e naturalmente, questo guardar da lontano le attività partigiane, a tratti malinconico a tratti più dolorosamente cosciente, è analogo allo straniamento attonito di Sereni costretto in Africa negli anni cruciali della Resi-stenza. 4

Mentre a Varsavia si consolidano gruppi nazionalisti antisemiti, agli ebrei viene proibito l’accesso alle università, come accade a Ja-

1 K. Brandys, La difesa della “Grenada” e altri racconti, Milano, Mondadori, 1961 (« Medusa ») ; Idem, Lettere alla signora Z., Milano, Mondadori, 1964 (« Quaderni della Medusa »). La produzione narrativa di Brandys è stata recentemente riproposta da Edizioni e/o : Mesi (1983), Rondò (1986), Variazioni postali (1988), L’arte di farsi amare (1990), Hotel d’Alsace e altri due indirizzi (1992), Arte della conversazione (1995), Le avven-ture di Robinson (2000).

2 Cfr. parere di lettura di Vittorio Sereni dattiloscritto del 4 giugno 1969 in see, ab, busta 8, fasc. 97.

3 Norman Mailer (1923-2007) viene ricordato in particolare per il suo Perché siamo nel Vietnam (Mondadori, Milano, 1968 « Nuova collana Mondadori »), testo che andò a formare, insieme ai Giorni del dissenso di Cesarano ed al Primo cerchio di Solženicyn, usciti nello stesso anno e nella stessa collana (la temporanea « Nuova collana Mon-dadori », che preludeva alla celebre « Scrittori italiani e stranieri »), un’ideale triade del dissenso, seppur naturalmente i tre scrittori perseguissero stili ed intenti molto diversi tra loro. Cfr. a questo proposito G. C. Ferretti, Poeta e di poeti funzionario, cit., pp. 105-107. Mailer era autore mondadoriano da qualche anno, con i saggi Rap-porti al Presidente (1964) e Un sogno americano (1966), ma era conosciuto ed apprezzato in Italia da qualche anno anche come romanziere (in particolare per Il nudo e il morto, Milano, Garzanti, 1950). La sua prima raccolta saggistica, Pubblicità per me stesso, era stata pubblicata nel 1962 da Lerici.

4 « Altri nomi filtravano un po’ per volta, sigle di enti misteriosi per noi, cvl., Di-visioni Garibaldi, clnai. e infine, per me e per qualche altro […], la luce di qualche nome noto o caro o familiare […] : Antonio Banfi, Elio Vittorini […]. Sembrerà incre-dibile, ma […] quanto più noti, o cari e familiari, l’udirli accostati ad altri, per niente noti o a quelle sigle uscite da una realtà non condivisa e non vissuta da noi, tanto più ci escludeva da quell’ora, ci confinava in un angolo morto della storia » (V. Sereni, L’anno quarantacinque, cit., p. 88).

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kub Gold in Sansone. Aleggia su ogni vicenda la presenza dei campi di sterminio, evocati con ingenuità allucinata dai sopravvissuti : « Il vecchio sarto, reduce da Treblinka, diceva : “Si campava. che ne so io ? C’era il giorno, poi la notte, poi di nuovo il giorno…” ». 1 Dopo la guerra, i progetti di libertà e rinnovamento sono accantonati a favo-re di un più conveniente conformismo ai dettami comunisti, come nel racconto eponimo La difesa della “Grenada” ed in Hotel Roma.

I personaggi di Brandys sono accomunati dal fatto che non una colpa personale, una decisione consapevole, ma qualcosa di ineludi-bile, come i propri lineamenti o un evento del passato, costituiscano una condanna senza appello ; la dedica del libro scritto prima dell’av-vento del comunismo distrugge le speranze di carriera dell’impiega-to impeccabile Adam Twardowski, una faccia ‘troppo ebrea’ incastra Jakub Gold :

« Ho paura di morire solo perché ho un viso così e non un altro » spiegava facendo uno sforzo « solo perché mi chiamo Jakub Gold… Credo che non sia giusto che l’uomo muoia per quello che è. Non è mica una lepre. L’uo-mo, in tempi come questi, mentre tutti lottano, deve morire per quel che ha fatto. Guarda la mia faccia, non dice nient’altro se non che appartiene a un ebreo, che gli altri disprezzano. È troppo poco per battersi in una difesa. Che m’importa della mia faccia ? Si difendono le cose che si amano. Altrimenti non si ha né la forza né la voglia di lottare. Questa faccia è una sfortuna, mi ha tolto tutte le forze ». 2

Sono « vittime », da « buttare in pasto al drago ». 3 Per sfuggire a chi li perseguita per quello che sono e non per quello che hanno fatto, questi personaggi procedono per contraffazioni e metamorfosi : un nuovo nome americano, Raphael Daves, cela l’identità del giornalista ebreo Dawid Rafalson, seduto di fronte al gerarca nazista Ballmeyer (Intervista con Ballmeyer). Jakub sceglie uno pseudonimo profetico, Sansone, mentre Adam mette a punto un piano bizzarro per distrug-gere il suo passato ed ambire alla sospirata promozione :

« La storia è tutta qui. »Decisi di annotarmela, sebbene in verità avrei preferito non averla mai

saputa. No, non è una vicenda del nostro tempo ! E se tuttavia è avvenuta ai nostri giorni dobbiamo far di tutto per evitare che si ripeta. E che nell’avve-nire possa soltanto farci ridere. 4

1 K. Brandys, La difesa della “Grenada”, cit., p. 259. 2 Ivi, p. 392. 3 Ivi, pp. 104-105. 4 Ibidem.

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L’obiettivo di Brandys è lo smantellamento delle apparenze, lo « sma-scheramento dei meccanismi dello stalinismo » ; all’interno di questo disegno programmatico, La difesa della “Grenada” svolge la funzio-ne di vero e proprio « regolamento dei conti » nei confronti di quegli scrittori che, dopo aver ripetuto meccanicamente le formulazioni schematiche plaudite dal realismo socialista russo « “con eroico op-portunismo” », se ne erano distaccati « “battendo il petto… altrui” ». 1

I saggi delle Lettere alla signora Z. osservano, con « lo spirito di un Voltaire d’oggi » 2, secondo la definizione di Vittorini, le tendenze let-terarie occidentali, in particolare francesi, su tutti le novità apporta-te da Sartre e Sagan (Appunti per Sartre) ; studiano con leggerezza e ironia i costumi e il linguaggio delle nuove generazioni (Un dialogo con il fratello minore). È presente un’amara parodia dei disagi quoti-diani di un abitante del tentacolare Quartiere Nuovo (Gli elementi). Ritornano anche due personaggi emblematici della Difesa, gli inte-gerrimi funzionari polacchi Swatkowski e Miernik, alle prese con le tentazioni della Berlino ovest, incarnate in un bellissimo cappello di feltro verde (Di nuovo il cappello verde). Non mancano le riflessio-ni sulla guerra e sull’occupazione nazista della Polonia, raccolte nel capitolo Alcune nuove circostanze. Particolarmente efficaci le parole di un vecchio signore ebreo in visita nella Germania occidentale tredici anni dopo la fine della guerra :

Da sotto l’asfalto non esce il lezzo di cadaveri […] ; i cadaveri sono stati bru-ciati altrove. […] Ora tra noi ogni cosa è ambigua ; stando qui ho sempre la sensazione di trovarmi in una situazione poco pulita. Quando il proprietario dell’albergo si avvicina al nostro tavolino per chiederci se il pranzo sia stato di nostro gradimento, mi viene in mente che la mia visita qui è una cosa che nessuno si aspettava : a suo tempo mi salvai solo per caso, quindi per loro rappresento un compito non portato a termine : insomma sono uno che è sfuggito alle loro pale. […] Questo cortese grassone quindici anni fa avreb-be dovuto lavarsi col sapone ricavato dalle mie ossa, invece gli ho giocato un brutto tiro e ora mangio una bistecca al sangue che è carne del suo bue. 3

1 M. Piacentini, 1939-1956, in Storia della letteratura polacca, cit., pp. 425-430. Le citazioni fra apici doppi sono del critico Artur Sandauer.

2 Parere editoriale di Elio Vittorini dattiloscritto del 4 giugno 1961, see, s. ab, busta 8, fasc. 97.

3 K. Brandys, La visita di un signore anziano, in Idem, Lettere alla signora Z., cit., pp. 370-372.

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Con parole estremamente simili, Sereni si immagina la sorpresa di una sua omologa ebrea nell’entrare senza difficoltà in quel paese fino a pochi anni prima ostile e mortalmente pericoloso per il suo popo-lo, in cui asfalto e grattacieli hanno dissimulato e nascosto macerie imbevute di sangue :

be’, ho pensato alla faccia che avevi tu (smettila di pensare che sei viva per caso, scivolata per caso fuori dall’orripilante catasta…) alla faccia che avevi appena giù dall’aereo, davanti al controllo passaporti, al portabagagli, all’uomo del taxi mandato dall’albergo. Perché due come voi, insomma voglio dire per voi ebrei (e lo vedi che si esita stupidamente, ancora, a dire questa parola come se fosse una parola o sconveniente o impropria o offensiva per chi ne è oggetto ; come se ci si guardasse attorno con prudenza nel dirla, abbassando un poco la voce – e in realtà in questa tranquilla designazione c’è la vergo-gna, un’ombra di vergogna che non è altro che il ricordo di quando in essa stava una efferata discriminazione e si tollerava di vivere al riparo di quella, in combutta con quella) voglio dire che deve pur farvi una certa impressio-ne il fatto di camminare liberamente in un paese dove per tanti anni non avreste potuto muovere un passo senza correre un pericolo mortale […]. E questa città dove fino a non molto tempo fa c’erano ancora rovine ; ma erano rovine ancora umane, impastate di carne e sangue, certamente più umane e palpitanti di questi grattacieli e vetrine… 1

Questa Germania che vuole ostentare la propria diversità è descritta da Brandys attraverso l’uso anaforico dell’aggettivo ‘nuovo’ : « Vanno in giro con scarpe nuove e viaggiano in macchine nuove. Abitano in ville nuove e frequentano ristoranti nuovi. Hanno nuovi apparecchi fotografici, nuovi bar, nuovi distributori di benzina e asfalto nuovo dipinto di nuovissime strisce bianche ». 2

Il disagio degli ebrei che ritornano sul suolo tedesco dopo la guer-ra somiglia a quello del direttore letterario Sereni alla fiera del libro di Francoforte. Nella poesia La pietà ingiusta, pubblicata per la prima volta nel 1964 e confluita l’anno successivo negli Strumenti umani, un’anonima voce francese bisbiglia all’orecchio di Sereni di non ri-vangare « choses bien passées » nel corso della trattativa con l’ex-SS, ora imprenditore di successo. Il timore del poeta non si concentra tanto sul fatto che la Germania si sia solo in apparenza ‘ripulita’ dal

1 V. Sereni, L’opzione, in Idem, La tentazione della prosa, cit., pp. 173-174. 2 K. Brandys, La visita di un signore anziano, cit., p. 370.

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recente passato nazista, ma che, in nome di una pietà (ingiusta, ap-punto) si debba dimenticare il passato, quasi si trattasse di una clau-sola indispensabile per un futuro di pace e, soprattutto, di floridi af-fari :

Il paraît qu’il en fut un, un SSqu’il a été même dans l’arméequoique pas allemand…Ecco in che cosa eranoforza e calma sospettel’abnegazione al lavoro, lacura del particolare, la serietàad ogni costo, fino in fondo…[…]Tra poco sparecchieranno, porterannole cartelle per la firma. Si firmerà.Si firmerà la pace barattandola con la nostra pietà –e lui rimesso in sesto, risarcito di vent’anni d’amarobene potus et pransus arbitro dell’affare.Non si vede più niente. Se non – per un incautopensiero, per quel momento di pietà – quella manoquel mozzicone di mano sulla parete.Ci conta ci pesa ci divide. Firma.E tutti quanti come niente – come la notteci dimentica. 1

Di fatto, la favorevolissima opinione di Sereni nei confronti di Bran-dys non è sufficiente a permetterne la pubblicazione. Il direttore letterario deve districarsi tra esigenze di collana e programmazioni di esercizio, ossia la decisione presa alla fine dell’anno in corso in merito ai titoli che usciranno in quello seguente in una determinata collana. La scelta dei titoli poteva subire soltanto minime variazioni e slittamenti. Sereni si scontra inoltre con il disinteresse dei respon-

1 V. Sereni, La pietà ingiusta, in Idem, Poesie, cit., pp. 174-175. Come è noto, le poe-sie sereniane più strettamente collegate al tema dello sterminio degli ebrei, Dall’Olan-da, La pietà ingiusta e Nel vero anno zero costituiscono un trittico al centro della sezione Apparizioni o incontri degli Strumenti umani. A questo proposito cfr. C. Sensi, Vittorio Sereni : prigionia e memoria, in Dal buio del sottosuolo. Poesia e lager, a cura di A. Cava-glion, Milano, Franco Angeli, 2007, pp. 97-115. Forse sarà significativo segnalare che in apparato è riportata una variante più esplicita dei vv. 23-24 de La pietà ingiusta (« nubi d’anime / esalanti-esulanti da camini ») : « nube di lager, di camino esalante ». Cfr. Ap-parato critico e documenti, a cura di D. Isella, in V. Sereni, Poesie, cit., p. 627.

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sabili editoriale ed amministrativo Fertonani e Polillo, che lasciano sistematicamente cadere le trattative.

Sereni vuol rendere giustizia all’autore polacco, la cui vicenda edi-toriale comincia nel 1959 e prosegue per quasi vent’anni, fino al 1976. Cristina Agosti Garosci 1 spiega :

Il Brandys […] appare creatore efficace di figure viventi, osservatore acuto di fatti e di stati d’animo che interessano anche come rivelatori dello specia-le carattere del socialismo polacco, dopo le giornate dell’ottobre 1956. […] Il suo stile, non infarcito di brutali neologismi, limpido per classica lindura ne fa uno degli scrittori più ricercati dalle riviste e dagli editori ; e si presterebbe ad essere tradotto con efficacia nella nostra lingua. 2

Su suo continuo interessamento, vengono a mano a mano acquistati tutti i romanzi dell’autore, ma si tratta di una strategia editoriale che permette di assicurarsi la benevolenza temporanea di chi scrive sen-za alcun vincolo legale da parte di chi dovrebbe pubblicare. L’esito scoraggiante delle vendite dei primi due volumi pubblicati, La difesa della “Grenada” e Lettere alla signora Z., e la folta giacenza che rimane in magazzino non spingono certo ad investire su nuove pubblicazio-ni. 3 Sereni tiene conto scrupolosamente di questi tristi precedenti,

1 Cristina Agosti Garosci, traduttrice dal polacco e dal ceco, curò per Rizzoli, Fab-bri, Mondadori e case editrici minori le opere dei principali autori dell’area slava, tra cui Wierzynski, Sienkiewicz, Z∆eromski, Langer. Su di lei, cfr. M. Bersano-Begey, Cristina Agosti Garosci (1881-1966), « Ricerche slavistiche », xiv, Roma, 1966, pp. 308-310.

2 Parere di lettura di Cristina Agosti Garosci dattiloscritto del 3 settembre 1959, see, ab, busta 8, fasc. 97.

3 Nel dettaglio, si tratta di una « giacenza di 1041 copie su una tiratura di 1966 » (cfr., infra, parere editoriale del 4 giugno 1969). I lettori italiani, a metà degli anni Sessanta, stanno iniziando a conoscere il nome di Brandys attraverso gli sporadici riconosci-menti attribuiti ai suoi lavori e gli eventi internazionali che lo vedono protagonista : il premio Isola d’Elba alle Lettere alla signora Z. del 1964 e l’invito a Genova in occasione del festival del cinema sudamericano (cfr. O. R., Genova è il punto d’incontro fra le cultu-re latina e africana, « Stampa sera », a. 97, n. 16, 20 gennaio 1965, p. 8).

Una precoce metabolizzazione letteraria si ritrova nella preziosa citazione da un romanzo contemporaneo : « Sulla scrivania era un libro aperto. “Lo stava leggendo” disse la signora. Tenendovi due dita in mezzo, a segnale, Rosello lo chiuse, lesse il titolo : “Lettere alla signora Z... Che roba è ?” domandò a Laurana. “Molto interessante, di un polacco” » (L. Sciascia, A ciascuno il suo, Torino, Einaudi, 1966, p. 69).

Commenti critici, articoli e recensioni appaiono invece alla fine degli anni Settanta (eccezion fatta per una favorevole ed immediata recensione de La difesa della “Gre-nada” : M. Rago, Dialettica e realtà in uno scrittore polacco, « L’Unità », 10 maggio 1961, p. 3) per poi moltiplicarsi tra gli anni Ottanta e Novanta e toccare l’apice nel 2000, anno della sua scomparsa. Tra i libri d’attualità consigliati ai ragazzi ce n’è uno di

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eppure non cessa di sperare che la qualità ed i meriti dell’autore pos-sano ancora vincere sulle leggi del mercato, a cinque anni di distanza dal fallimento dei primi titoli :

La signora Frova 1 ha fatto su nostra richiesta la scelta dei tre libri di Brandys, che dovrebbe permetterci un tentativo di rilancio di questo autore in Italia. È chiaramente un tentativo, probabilmente disperato, ma personalmente certi doveri li sento quando l’autore lo merita. E questo lo merita senz’altro, a mio parere. 2

Brandys in G. Pampaloni, E perché non Bulgakov ?, « Tuttolibri attualità », a. ii, n. 48, 11 dicembre 1976. Appare la prima breve scheda-libro de La madre dei re in « Tuttolibri schede », a. iv, n. 18, 13 maggio 1978, p. 19. Apprezzamento dell’opera e conoscenza dell’autore contraddistinguono il contributo di G. Raboni, Brandys, oppositore etico, « Tuttolibri recensioni », a. iv, n. 31, 12 agosto 1978, p. 24. Decisamente più presenti le analisi socio-politiche del pensiero di Brandys, poiché l’autore è conosciuto in Italia principalmente come voce autorevole del dissenso e viene spesso citato su questioni di politica nazionale polacca : cfr. ad es. E. Guicciardi, Così scrive la Polonia dissidente, « Tuttolibri attualità », a. vi, 32, 13 settembre 1980, p. 2 ; più di recente S. Scabello, Brandys, salvati da Wojtyla, « Corriere della Sera », 24 agosto 1998, p. 19 e C. Medail, Brandys, la voce dei deboli oppressi dalla Storia, « Corriere della Sera », 14 marzo 2000, p. 35.

1 Franca (Franciszka) Wars Frova, traduttrice e lettrice editoriale, « la signora Fro-va » dei pareri sereniani, è citata frequentemente dal direttore letterario, e sempre con speciale riguardo e stima. Basti segnalare alcuni esempi. Su Borowski : « Di que-sto libro mi parlava anche la signora Frova, competente traduttrice dal polacco, qual-che giorno fa » (11 dicembre 1968) ; « A Sergio Polillo ricordo che è il libro di cui parla periodicamente, con calda insistenza, la signora Frova » (30 giugno 1969). Su Bran-dys : « La conclusione dovrebbe essere negativa, ma dispiace rinunziare all’autore, a quanto pare rappresentato al suo meglio da questi tre volumi. Potrei consigliarmi in proposito con la signora Frova, che intrattiene con lui regolare corrispondenza » (4 giugno 1969) ; « La signora Frova e l’autore la pensano allo stesso modo » (6 maggio 1970). Dalle pratiche editoriali succitate si evince che fosse direttamente in contat-to con gli scrittori e per questo veniva spesso coinvolta come intermediaria nelle trattative. Tradusse per i tipi di Mondadori opere di Brandys, Piasecki e Rudnicki – di quest’ultimo in particolare la raccolta di racconti I topi (1967, « Nuovi scrittori stranieri »). Nel racconto di Rudnicki Il commerciante di Łódz, viene tracciato il profilo biografico e psicologico del decano Rumkowski, posto dai tedeschi a capo del ghet-to, protagonista anche del racconto leviano Il re dei Giudei. A questo proposito, cfr. M. Mengoni, Variazioni Zumkowski : sulle piste della zona grigia, p. 11, consultabile al link http ://www.primolevi.it/@api/deki/files/881/=MAUSC_000009.pdf (ultima visita del 23 giugno 2013).

2 Parere di lettura di Vittorio Sereni dattiloscritto del 19 dicembre 1969 in SEE, AB, busta 8, fasc. 97. Tuttavia non si tratta del primo parere editoriale su Brandys : la pratica comincia nel settembre 1959, quando vengono proposti a Sereni, su interes-samento di Elio Vittorini, quattro racconti che poi confluiranno nella Difesa : L’Orso, Hotel Roma, Sansone e Intervista con Ballmeyer (cfr. SEE, AB, busta 8, fasc. 97). Se ne

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Tenta di richiamare ancora l’attenzione nel marzo del ’73, in merito all’ennesimo libro dell’autore arrivato nei suoi uffici ed intitolato Va-riazioni postali :

Vorrei parlarti del patetico caso di Brandys, autore polacco di tutto rispet-to ma poco fortunato sul mercato italiano. In pratica avremmo in sospeso Rynek e l’autore è già in debito con noi. È ovvio che quest’ultimo libro pro-postoci (Variazioni postali) non possiamo prenderlo. Ne parliamo alla prima occasione ? 1Mi scuso di aver trattenuto il caso Brandys, ma non mi sentivo di liquidarlo sui due piedi. In ogni modo non posso fare altro che confermare l’impossibi-lità di prendere il libro Variazioni postali. Per il resto aspettiamo che Brandys o chi per lui torni alla carica e riproporrò la questione, ammesso che sia possibile trovare ancora ascolto per Brandys. 2

Ancora nel 1976, da consulente esterno, tenta, con un ultimo elogio, di influenzare il modus operandi di chi pubblica :

La questione posta da questo volume mi sembra diversa, anche in ragione dell’ampiezza e del grado di interesse dei temi trattati. Se io fossi editore tenderei a pubblicarlo, pur sapendo quanto è stato difficile in passato richia-mare l’attenzione su questo autore. 3

Certo non minore fu l’interesse che Sereni riservò agli scritti dei te-stimoni dell’Olocausto, forse per colmare quell’assenza di notizie che lo aveva afflitto durante la prigionia e che l’aveva portato er-roneamente ad immaginare una forma di resistenza all’interno dei campi di concentramento tedeschi, impossibile a chi, come lui, si trovava in mano alleata e che perciò veniva per evidenti ragioni in-vitato con fermezza a collaborare. 4 Abbandonò, ammise lui stesso,

ha un rapido accenno in E. Decleva, Arnoldo Mondadori, cit., p. 483, in cui tuttavia viene forse sopravvalutata la responsabilità di Vittorini nella scelta di Brandys : « Per impulso di Vittorini la Medusa si arricchì, in quella fase, di opere della McCullers, […] del giapponese Tanizaki, del polacco Brandys ».

1 Parere di lettura di Vittorio Sereni dattiloscritto del 12 marzo 1973, see, gdl, busta 27.

2 Parere di lettura di Vittorio Sereni dattiloscritto del 12 marzo 1973, see, gdl, busta 27.

3 Parere di lettura di Vittorio Sereni dattiloscritto del 12 novembre 1976, in see, gdl, busta 27.

4 I temi della ‘Resistenza mancata’ e dell’assenza di notizie certe sull’esistenza dei campi di sterminio si presentano sempre intrecciati e si sovrappongono ad altri due

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questa convinzione, da lui evocata velatamente in alcuni passi degli Immediati dintorni e poi espressa nella recensione al Campo 29, dopo la lettura dei romanzi di Primo Levi. 1 Si noti anche che Sereni intuì profeticamente la classicità dell’opera leviana :

A proposito di questo libro [La tregua] e dell’altro che lo ha preceduto, Se questo è un uomo […] non si dice nulla di arrischiato affermando che entram-be le opere saranno ricercate e lette quando di altre che vanno oggi per la maggiore sussisterà a stento il ricordo. 2

L’attenzione a che sull’Olocausto tutto venga detto e detto chiara-mente emerge anche nel parere editoriale su Vidor Gàborné, unghe-rese scampata ad Auschwitz. A proposito dell’opera da lei proposta Hàborog a sír (Il sepolcro sussulta), mai tradotta, annota scrupolosa-mente :

Si rimane perplessi. Ancora un libro di questo tipo e su questo tema ? Eppu-re, ogni volta, si ha l’impressione che non tutto sia stato detto o non sia stato detto con vera forza rappresentativa. 3

In effetti prima del 1963 in Italia erano già stati pubblicati parecchi romanzi, diari, poesie, opere saggistiche e libri illustrati sui campi

elementi d’indagine cari a Sereni, quello del voltafaccia italiano nei confronti dei vec-chi alleati, tanto repentino quanto inspiegabile almeno nelle fasi immediatamente successive all’armistizio, e quello della figura ambigua ed umiliante del prigioniero-collaboratore nei campi statunitensi. Su tutte queste riflessioni è costruito il racconto L’anno quarantacinque (cfr. in particolare le pp. 84-85 e 88). Sull’errata valutazione della condizione dei prigionieri in mano tedesca cfr. V. Sereni, Il campo 29, cit., p. 15 : « quella vitalità mal impiegata e peggio spesa, […] quanto più impossibilitata a incidere su una qualunque realtà, quanto più sprovvista di quelle occasioni e di quegli appigli che l’ali-mentarono in altri – nei prigionieri dei tedeschi, ad esempio – sotto forma di resistenza ».

1 « È accaduto a me, diversi anni or sono, raffrontando due diverse condizioni di prigionia a proposito del primo libro di Sergio Antonielli, di ravvisare nella condizio-ne dei deportati in terra tedesca una possibilità d’illusione d’eroismo, di partecipazio-ne indiretta alla lotta aperta che continuava nel mondo. Sbagliavo di grosso. Anche questo era stato previsto e prevenuto, era anzi il primo congegno del meccanismo : l’annullamento della personalità e dunque l’impossibilità di riconoscersi reciproca-mente uomini, di fronteggiare insieme le forze dell’annientamento » (V. Sereni, Ritorno dalla notte, cit., p. 87). La correzione effettuata a distanza di anni (il primo in-tervento è del 1949, il secondo del 1964) evidenzia il legame fra queste due recensioni e l’importanza di Primo Levi nella riflessione sereniana su prigionia ed Olocausto.

2 Ivi, p. 86.3 Parere dattiloscritto di Vittorio Sereni datato 6 novembre 1963, in see, gdl, busta

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di sterminio. 1 Di certo Sereni conosceva anche autori non ancora tradotti in Italia ma già molto celebri oltralpe, come David Rousset e probabilmente anche Elie Wiesel de La nuit. 2

1 Nel dettaglio, si tratta di 52 titoli, di cui ben 43 italiani : 16 ottobre 1943 di Giacomo Debenedetti (1945), Mauthausen bivacco della morte di Bruno Vasari (1945), L’inferno di Mauthausen (come morirono 5000 italiani deportati) di Gino Valenzano (1945), Un popolo piange : la tragedia degli ebrei italiani di Giancarlo Ottani (1945), Dachau : dimenticare sarebbe una colpa di Ettore Siegrist (1945), Campi di eliminazione nella Germania nazista di Silvio Guarnieri (1945), Martirio di Enzo Rava (1945), Vita e morte, a Buchenwald, di S.A.R. la Principessa Reale Mafalda di Savoia-Hessen di Fausto Pecorari (1945), Dal car-cere di San Vittore ai « Lager » tedeschi : sotto la sferza nazifascista di Gaetano De Martino (1945), Un uomo e tre numeri di Enea Fergnani (1945), I campi della morte in Germania : nel racconto di una sopravvissuta di Alberto Cavaliere (1945), Sotto gli occhi della morte : da Bolzano a Mauthausen di Aldo Pantozzi (1946), Mauthausen di Giuliano Pajetta (1946), Mauthausen città ermetica di Aldo Bizzarri (1946), Deportati a Mauthausen (1943-1945) di Giovanni Baima Besquet (1946), Il triangolo rosso del deportato politico n. 6017 di Pino Da Prati (1946), Banditi di Pietro Chiodi (1946), Ecce homo…Mauthausen di Gino Gre-gori (1946), A 24029 di Alba Valech Capozzi (1946), Donne contro il mostro di Luciana Nissim e Pelagia Lewinska (1946), Fra gli artigli del mostro nazista : la più romanzesca delle realtà, il più realistico dei romanzi di Frida Misul (1946), Bolzano anticamera della morte di Francesco Ulivelli (1946), Questo povero corpo di Giuliana Tedeschi (1946), Il fumo di Birkenau di Liana Millu (1947), Se questo è un uomo di Primo Levi (1947), Proibito vivere : romanzo di Aldo Bizzarri (1947), Ma domani farà giorno : romanzo di Teresa Noce (1952), Poi l’Italia è risorta di Roberto Angeli (1953), L’oblio è colpa a cura dell’ANED di Milano (1954), La specie umana di Robert Antelme (1954), Diario di Anna Frank (1954) e Si fa presto a dire fame di Piero Caleffi (1954), Il flagello della svastica di Edward F. L. Russell (1955) e Le bestie di Pierre Gascar (1955), Perché gli altri dimenticano di Bruno Piazza (1956), La casa delle bambole di Ka-Tzetnik (1958) e la ristampa einaudiana di Se questo è un uomo di Primo Levi (1958), Chi ti ama così di Edith Bruck (1959), Un salto nel buio di Mario Bonfantini (1959), Un medico nel campo di Auschwitz : testimonianza di una deportata di Ruth Weidenreich Piccagli (1960), Mi ha salvato la voce. Auschwitz 180046 di Emilio Jani (1960), Diario di David Rubinowicz (1960), Donne e bambini nei Lager nazisti : testimonianze dirette a cura di Giorgina Bellak e Giovanni Melodia (1960), La partigiana nuda e altre Cante di Egidio Meneghetti (1961), La storia degli ebrei italiani sotto il fascismo di Renzo De Felice (1961), Konzentrationlager Mauthausen 56899 di Ste-fano Arcidiacono (1961), Un protestante nella Resistenza di Salvatore Mastrogiovanni (1962), Ideologia della morte : documenti per un profilo del razzismo nazista e per una storia della Resistenza europea, a cura di Domenico Tarizzo (1962), Mauthausen : cimitero senza croci di Terenzio Magliano (1963), Triangolo rosso : dalle carceri di S. Vittore ai campi di concentramento e di eliminazione di Fossoli, Bolzano, Mauthausen, Gusen, Dachau (marzo 1944-maggio 1945) di Paolo Liggeri (1963), Notte sull’Europa a cura di Fernando Etnasi e Roberto Forti (1963). Per la letteratura concentrazionaria di area italiana si consiglia la bibliografia accuratissima Monografie e antologie sulla deportazione è contenuta in Una misura onesta. Gli scritti di memoria della deportazione dall’Italia. 1944-1993, a cura di A. Bravo e D. Jalla, Milano, Franco Angeli, 1994, pp. 103-183.

2 La ricostruzione saggistica di D. Rousset, L’univers concentrationnaire, è del 1946,

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Nel 1967 esce per Mondadori un volume controverso, intitolato Treblinka. 1 L’autore è il giovane e promettente Jean-François Stei-ner (1938), di madre francese e padre ebreo polacco, Kadmi Cohen. Il libro, ambientato nell’omonimo campo di sterminio, narra le vi-cende di una presunta ribellione di prigionieri ebrei avvenuta il due agosto 1943. I critici ritengono che non possano non aver influenzato la stesura del romanzo le vicende biografiche del padre di Steiner, appartenente alla frangia più radicale del sionismo. Egli denunciò l’antisemitismo francese ed incitò alla ribellione armata, ricordando agli ebrei che di atti di eroismo è costellato tutto il Vecchio Testa-mento. Sebbene l’autore e la prefatrice Simone de Beauvoir più vol-te garantissero la totale storicità ed attendibilità degli eventi narrati, Treblinka si rivelò ben presto una fusione di vicende reali ed episodi fittizi che, in una materia tanto delicata, scatenò un’ondata di pole-miche da parte dei sopravvissuti. 2 Sereni a proposito dell’acquisto di ulteriori volumi dell’autore scrive : « Il torto di Steiner in Treblinka era stato appunto quello di romanzare troppo la sua materia. Non sembra un narratore nato ». 3 E ancora :

La lettura dell’outline mi conferma quello che già sapevo dalla lettura di Treblinka : Steiner è un intelligente e abile manipolatore. Gli importa di più l’avere successo di vendita che non fare opera di storico. 4

del 1947 L’espéce humaine di R. Antelme (trad. it. del 1954), mentre il romanzo auto-biografico La nuit di E. Wiesel è del 1958. All’universo concentrazionario Sereni fa aperta menzione in Ritorno dalla notte (p. 86), insieme ad un velato cenno alle opere di Reilinger e Tarizzo. Si tratta verosimilmente di G. Reitlinger, La soluzione finale. Il tentativo di sterminio degli ebrei d’Europa (1939-1945), Milano, il Saggiatore, 1962 e Ideo-logia della morte. Storia e documenti dei campi di sterminio, a cura di D. Tarizzo, Milano, il Saggiatore, 1962. Per un approfondimento sulle fasi della letteratura della Shoah internazionale, cfr. C. De Matteis, Dire l’indicibile. La memoria letteraria della Shoah, Palermo, Sellerio, 2009.

1 J. F. Steiner, Treblinka : la rivolta di un campo di sterminio, Milano, Mondadori, 1967 (« Le scie »).

2 In merito alle complesse vicende biografiche di Steiner, alla polemica che l’usci-ta di Treblinka scatenò fra i contemporanei ed ai dibattiti ancora in corso fra gli stu-diosi sull’autenticità degli episodi narrati, cfr. S. Moyn, A Holocaust Controversy : The Treblinka Affair in Postwar France, Lebanon, Brandeis University Press, 2005. In parti-colare, sul motivo della rievocazione delle vicende del padre, morto in uno dei sotto-campi di Auschwitz nel 1944, cfr. A Holocaust Controversy, cit., pp. 13-19 e pp. 89-90.

3 Parere di lettura dattiloscritto di Vittorio Sereni datato 30 marzo 1970, in see, s. C, busta 65, fasc. 74.

4 Parere di lettura dattiloscritto di Vittorio Sereni datato 28 luglio 1971, in see, s. C, busta 65, fasc. 74.

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Peraltro, il tema della verosimiglianza è di evidente interesse serenia-no, nonché leviano, come vedremo più avanti.

Nella seconda metà degli anni Sessanta, Sereni si trova a scom-mettere su un altro reduce dai campi di sterminio, nonostante la de-lusione inflittagli dal romanzo di Steiner e l’apparente declino della letteratura del lager. 1

Si tratta di Tadeusz Borowski (1922-1951), oggi una delle voci più rappresentative della letteratura del lager a livello internazionale. Polacco non ebreo, internato ad Auschwitz nel 1943 come prigionie-ro politico, dopo la fine della guerra (prima a Monaco e poi in patria) scrisse una serie di racconti che descrivevano la vita quotidiana del campo di sterminio, ispirandosi alle proprie esperienze di lavoratore in qualche modo privilegiato, che poteva ricevere la posta e procu-rarsi cibo e vestiti. 2 I racconti, apparsi dapprima in miscellanee, vo-lumi collettanei o più spesso riviste, vengono pubblicati in Polonia in due raccolte, Addio a Maria e Mondo di pietra, entrambe del 1948. 3

Il tono distaccato, all’apparenza indifferente ed ironico dello

1 Di fatto la letteratura del lager si è tutt’altro che estinta e continua ad essere un genere molto frequentato anche ai nostri giorni : cfr. A. Rondini, La letteratura della Shoah nell’epoca della sua metastasi, in Esclusione, identità e differenza. Riflessioni su diritti e alterità, a cura di N. Mattucci, Bologna, Clueb, 2010, pp. 191-212.

2 Borowski lavorò all’interno del campo come guardiano notturno ed infermiere, poi in un kommando deputato al prelievo di cadaveri di neonati, infine addetto allo scalo ferroviario e riparatore di tetti (cfr. R. Polce, Auschwitz come specchio del mondo, in T. Borowski, Paesaggio dopo la battaglia, Torino, Il Quadrante, 1988, pp. 227-228).

3 L’elenco completo delle pubblicazioni di Borowski si trova in R. Polce, Nota del curatore, in T. Borowski, Paesaggio dopo la battaglia, cit., pp. 5-6 e ivi, Nota bio-grafica, pp. 214-215 e pp. 226-227. Cfr. anche la Nota redazionale in T. Borowski, Da questa parte, per il gas, a cura di G. Tomassucci, Napoli, L’Ancora del Mediterraneo, 2009, p. 6. Una ricostruzione dell’atmosfera cupa ed auto-accusatoria de Il mondo di pietra che gli valse le accuse di immoralità si trova in C. Bigsby, Tadeusz Borowski : the world of stone, in Idem, Remembering and Imagining the Holocaust. The Chain of Memory, Cambridge, Cambridge University Press, 2006, p. 343 e 348 : « Because he was fed and clothed as a result of those brought to this place to die, when the transports ceased to arrive with regularity he found himself lamenting their non-appearance. Because thousands had died, he had not » ; « A defining characteristics of Borowski’s world lies in this sudden change of direction, a kind of vertigo that is the product of his privileged condition and the hopeless fate of so many, the pastoral beauty of his surroundings and the brute fact of slaughter. In ‘The People Who Walked On’, he once again describes eating well and receiving mail, as though obliged to repeat the news of his privilege ».

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scrittore non venne apprezzato dalla critica ed anzi fu bollato dalla stampa cattolica e da quella comunista come « immorale cinismo ». 1 Tuttavia Borowski, « the angry young man » dell’omonimo saggio di Franklin, 2 aveva intuito che « per cercare di comprendere l’essenza di quel sistema bisognava rinunciare ad impiegare le categorie etiche del bene e del male ». 3 Nel 1951, pochi giorni dopo la nascita della fi-glia avuta con la moglie Maria, anch’ella sopravvissuta ad Auschwitz, si suicidò con il gas, in casa sua.

La sua vicenda editoriale non fu meno travagliata, perlomeno in Italia : gli editori lo credevano superato già nel 1969 ed è stato soltan-to recentemente riscoperto. 4 Sereni aveva chiesto fin dal ’63 il Mondo

1 M. Piacentini, 1939-1956, in Storia della letteratura polacca, cit., pp. 420-421.2 R. Franklin, Angry Young Man : Tadeusz Borowski, in Idem, A Thousand Dark-

nesses. Lies and Truth in Holocaust Fiction, New York, Oxford University Press, 2011, pp. 23-44.

3 M. Piacentini, 1939-1956, in Storia della letteratura polacca, cit., p. 420-421. Cfr. anche una recensione dello stesso Borowski riportata in R. Polce, Auschwitz come specchio del mondo, cit., p. 223 : « Non è lecito scrivere di Auschwitz in modo imperso-nale. Primo dovere degli ex-internati di Auschwitz è rendere conto di ciò che era il campo […] – sì, ma senza dimenticare che chi legge le loro relazioni e infine passa a guado attraverso tutti gli orrori, immancabilmente si chiede : d’accordo, ma com’è che proprio lei è sopravvissuto(a) ? […] Nulla da eccepire – raccontate finalmente come vi siete acquistati il posto in ospedale o in un buon kommando, come avete sospinto al camino i musulmani, come compravate donne e uomini, cosa facevate negli unterkunft, nei Canada, nei krankenbau, nel campo zingaro, raccontate questo e molti altri particolari, raccontate la vita quotidiana al campo, l’“organizzazione”, la gerarchia del terrore, la solitudine di ognuno. Ma scrivete che proprio voi lo face-vate. Che una particella della lugubre fama di Auschwitz la si deve anche a voi. O forse no ? ». Alcuni accenni sullo stile di Borowski sono presenti in F. Baldasso, Il cerchio di gesso. Primo Levi narratore e testimone, Bologna, Pendragon, 2007, pp. 197-198 : « Borowski ha narrato l’atrocità dei campi con un realismo estremo, mantenendo il punto di vista dei suoi racconti rigorosamente ristretto all’interno dell’impermeabile mondo del Lager. Sebbene poco conosciuto in Italia perché poco tradotto, lo scritto-re polacco è diventato un punto di riferimento essenziale per gli scrittori della Shoah che, come Kertész, rielaboreranno dopo decenni le loro memorie in forma narrativa e scorgeranno in lui un modello di scrittura ».

4 Le raccolte di Borowski pubblicate in Italia sono T. Borowski, Paesaggio dopo la battaglia, cit., Idem, Da questa parte, per il gas, cit. I Racconti dal mondo di pietra, « Adelphiana », a cura di L. Bernardini, pubblicazione permanente, 24 gennaio 2005, un tempo consultabili alla url http ://www.adelphiana.it/2005/sommario2005.htm, all’ultima visita del 23 giugno 2013 non risultano purtroppo più accessibili. Su Bo-rowski intellettuale e scrittore, cfr. G. Tomassucci, Nota sull’autore e sull’opera, in T. Borowski, Da questa parte, per il gas, cit., pp. 249-255 e C. De Matteis, Le prime testimonianze. Il referto nichilista di Tadeusz Borowski, in Dire l’indicibile, cit., pp. 63-73.

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di pietra – e bisogna specificare che il dattiloscritto arrivato in lingua tedesca in casa editrice era composto da molti più racconti rispetto all’edizione odierna 1 – favorevolmente colpito dal resoconto dei suoi lettori, come Emilio Picco :

Borowski è nato in Ucraina nel 1922 da famiglia operaia. […] Fu arrestato nel 1945 e spedito ad Auschwitz e a Dachau. Tornò quindi in Polonia, rientrò in patria dopo essersi rifugiato a Berlino. Si suicidò nel 1951. […] La tragedia del prigioniero borowskiano è senza catarsi. E non esiste più neanche l’al-ternativa elementare tra il bene e il male. […] È la pura lotta per la soprav-vivenza al terrore onnipresente. 2

Lo considerava superiore a Ka-tzetnik e Steiner, all’altezza di Levi e di Antelme, cioè « al livello più alto del genere » concentrazionario. Era perciò disposto a farne il « contraltare » di Treblinka, o addirittu-ra, indagando sulle circostanze del suicidio, un « caso », anche se po-stumo. 3 Quella dei casi letterari, scatenati ad hoc per cavalcare l’onda

Sullo stile di Borowski, cfr. V. Parisi, Corpo e parola nei racconti di Tadeusz Borowski, « acme – Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia degli studi di Milano », lix, 3, 2006, pp. 335-345, leggibile online al link http ://www.ledonline.it/acme/allegati/Acme-06-III-15-Parisi.pdf (ultima visita 23 giugno 2013).

1 Si legge infatti nella pratica che Sereni ipotizzava addirittura di collocare i rac-conti in sede « Omnibus », usata, com’è noto, per libri voluminosi, mentre le quattro short stories di cui è composta la raccolta oggi (Mondo di pietra, La morte di Schillinger, Cena e Silenzio) occupano appena quattordici pagine. Sereni stesso osserva che do-vevano essere stati aggiunti « altri racconti, parzialmente estranei al tema centrale, quello della guerra e della prigionia » (cfr. infra, parere dattiloscritto del 17 novembre 1969). Nello stesso documento Sereni commenta che « occorrerebbero alcune note che chiarissero certe allusioni al nazionalismo polacco, all’antisemitismo polacco, agli scampati all’insurrezione di Varsavia », mentre di questi avvenimenti non c’è traccia nei quattro racconti menzionati, tutti ambientati ad Auschwitz. Si può sup-porre che in quella versione del Mondo di pietra, Sereni leggesse tutti i racconti di Borowski, o almeno quelli contenuti oggi in Da questa parte, per il gas.

2 Parere di lettura dattiloscritto di Emilio Picco datato 23 settembre 1963, in see, s. C, busta 7, fasc. 43. Emilio Picco, germanista, tradusse opere di narrativa e saggistica dei principali autori mitteleuropei di ieri e di oggi : Contributi alla storia dell’estetica (1966) di Lukacs, Lo sviluppo della semiotica e altri saggi (1978) di Jacobson, per le più im-portanti case editrici italiane, tra le quali Feltrinelli, Bompiani, Mondadori, Einaudi, Garzanti, Adelphi, Baldini & Castoldi, Guanda. Tra le sue ultime traduzioni Arte e po-litica : una discussione (1994) di Joseph Beuys, Gutenberg : il mondo cambiato (2001) di Fus-sel e la recente riproposizione dei racconti di Zweig per Adelphi (Amok, 2004, 2007), Nel labirinto dell’intelligenza e Il perdente radicale di Enzensberger per Einaudi (2010).

3 A tal proposito, si vedano alcuni estratti : « Se qualcuno di noi se ne fosse ricorda-to al momento giusto si sarebbe potuto farne il contraltare a Treblinka (e poteva esse-

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della cronaca (spesso nera) era usanza tanto tristemente comune nel mondo dell’editoria, quanto lontana dalla mentalità del direttore let-terario e poi consulente Sereni. Ma le strategie mondadoriane, tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Settanta, stavano velocemente cambiando e non era facile restarne completamente immuni. 1

Con Borowski, Sereni instaura un’ideale consonanza, data dalla condivisione di vicende di prigionia ; una somiglianza che va oltre i fatti, e sconfina nei moti dell’animo ; gli istinti, i sentimenti e le ri-flessioni che animano gli Immediati dintorni si rispecchiano nell’insof-ferenza, nell’alienazione, nell’abiezione che trapelano dai racconti borowskiani.

In Algeria (« Qui tutti leggono, scrivono, prendono appunti ; si è ar-rivati a costituire un regolare corso di lezioni pseudo-universitarie » 2) come in Germania, si impiega il tempo libero studiando e leggendo : nel campo di Grunwald, un maresciallo polacco legge un libro su Katyn´ e un ex-kapò, Stefan, impara l’inglese. Si ammira la bellezza del paesaggio, il cui incanto fa quasi dimenticare di trovarsi nelle campagne intorno ad Auschwitz o nel deserto di Saint-Cloud :

[Borowski] L’ombra degli ippocastani è verde e soffice. Danza leggera sulla terra smossa di fresco, ancora umida, s’innalza sulle teste : una cupola color acquamarina che odora di rugiada del mattino. Lungo la strada gli alberi formano un alto pergolato, il colore delle loro cime si stempera in quello del cielo. Un tanfo di palude arriva dagli stagni. L’erba, di un verde vellutato, scintilla di rugiada, ma la terra già svapora sotto il sole. Ci sarà afa. 3[Sereni] Un’alta collina boscosa di forma troncoconica, da montagna del Purgatorio, sovrasta il nuovo campo. In certe ore del giorno ci è consentito

re un valido argomento per rinunziarvi) » (20 novembre 1966) ; « trovo il libro ottimo, al livello più alto del genere cui per sua natura appartiene : siamo insomma nell’area di Primo Levi […], di Antelme e, perché no ?, dello Steiner di Treblinka […]. Bisogna d’altra parte notare che il tema ha sempre un suo pubblico garantito (se no, perché pubblicheremmo La fenice venuta dal lager ? Solo perché è di Ka-tzetnik, di statura letteraria tanto inferiore ? » (17 novembre 1969).

1 Cfr. la vicenda analoga dello scrittore Guido Morselli, la cui opera ricevette de-gno interessamento soltanto dopo il suicidio, avvenuto nel 1973 : « Adelphi pubbliche-rà Roma senza papa l’anno dopo, e via via le altre opere, dando così vita a un autentico caso letterario » (G. C. Ferretti, Poeta e di poeta funzionario, cit., pp. 108-110).

2 V. Sereni, Male del reticolato, cit., p. 20. Da qui in avanti, ove non indicato diver-samente, i brani di Sereni fanno riferimento a La tentazione della prosa, mentre quelli di Borowski sono contenuti in Da questa parte, per il gas.

3 T. Borowski, Una giornata a Harmenze, p. 95.

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di passeggiare lungo le straducole che l’aggirano fino alla sommità. Il caldo è grande.

« Che caldo atroce » aveva detto tanti anni prima, sprofondata nell’erba di tutt’altra collina. « Perché continuiamo a stare abbracciati con questo caldo atroce ? » 1

Un evento insolitamente positivo nell’avvilente vita del campo, una partita di calcio, viene assaporato da Sereni come occasione di di-stensione e rinascita :

I turni d’uscita ci portano ad assistere a regolari partite di calcio su terreno regolare, con porte, righe bianche, eccetera. […] Si assiste accovacciati o se-misdraiati nell’erba. Stupefacente eleganza di M., già ala destra del Modena, nello scatto e nel palleggio. 2

Anche ad Auschwitz esisteva un campo da calcio, con inevitabile vi-sta sulle camere a gas :

Ritornai indietro col pallone e lo calciai nel campo. Passò di piede in piede e tornò disegnando un arco sotto la porta. Lo scagliai in corner. Rotolò nell’erbetta. Di nuovo gli andai dietro. E sollevandolo da terra rimasi im-pietrito : lo scalo era vuoto. Della variopinta folla estiva non era rimasta nemmeno una persona. […] Fra il primo e il secondo corner, alle mie spalle, erano state gassate tremila persone. 3

Ogni seppur transitorio momento di riposo suscita nei prigionieri un fugace risveglio della sensualità ; in Sereni – « Lo vedo proiettarsi all’infinito sulla traccia del fantasma femminile che di nuovo comincia a ossessionarci nell’avanzata primavera algerina » 4 –, e in Borowski :

Sopra la catasta di cuscini, coperte e valigie legate con lo spago c’era una ragazza dagli occhi particolari. Invece della solita crocetta, dal collo le pen-deva una strana, piccola capsula dalla forma allungata, simile a un fischietto. Sotto la gonna di batista si intuivano le cosce sode e robuste, aveva posato con leggerezza su un piumino il suo splendido paio di gambe. Poco più sotto, seduto imperiosamente a cavalcioni di una grossa valigia con i suoi stivali da ufficiale, il Professore mi sorrideva ironico da dietro le sue lenti co-me da una trincea. Doveva essersi accorto che il mento mi stava tremando di desiderio. 5

1 V. Sereni, Algeria ’44, p. 18. 2 Ivi, p. 17.3 T. Borowski, Gente che va, in Idem, Paesaggio dopo la battaglia, p. 84.

4 V. Sereni, Algeria ’44, p. 17. 5 T. Borowski, La battaglia di Grunwald, p. 186.

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E in fondo li avvicina anche la riflessione amara sul popolo cui appar-tengono, valida per gli italiani come per i polacchi. Anziché combat-tere uniti su un fronte comune, si dividono e disperdono, tra interessi particolari, polemiche quotidiane, attribuzioni di colpe, espedienti e lotta per la sopravvivenza (non a caso in entrambi i brani si fa riferi-mento a spie e delatori) :

Figure incerte sbucavano dalle straducole e, dopo aver deposto un loro sus-surro entro interessati orecchi, svoltavano via.« Tutti così questi italiani » fece Di Maggio, quando l’ultimo informatore notturno se ne fu andato. « Non pensano che a farsi la forca l’un altro ». Di Maggio, va detto, era il nome del francese. L’italiano però lo parlava molto bene. 1Il maresciallo si era già abbottonato fino all’ultimo bottone. Mi fulminò con i suoi occhi tranquilli.

« Mi meraviglia da parte di un intellettuale come lei… » disse con ama-rezza « simili scempiaggini in tempi del genere, quando invece ci si do-vrebbe tenere tutti insieme senza accapigliarsi. La litigiosità sarà la nostra rovina ! »

« Come a Katyn´, vero ? Come a Katyn ? Le dispiace, signor maresciallo ? » ringhiò velenoso Stefan, piazzandosi davanti a lui. « Si è letto i suoi librini, il signor maresciallo, si è mangiato la sua zuppa, ha palpato la sua tedeschina ed ecco che ora fa appello alla concordia… Come a Katyn´, vero ? »

« Come a Katyn ´, certo, bastardo, sai cosa vuol dire ? Che sono stati i tuoi cari compatrioti dell’Est e la tua Polonia, serpe velenosa che non sei altro ! » esplose all’improvviso il maresciallo, dirigendosi anche lui verso il tavolo. […]

« Oh, non vi piace questa Polonia, vero che non vi piace questa Polonia ? Il signor maresciallo ne vorrebbe una diversa, una dove i marescialli vessilliferi portassero davvero il vessillo ? […] Voi e la vostra Polonia la sapete far così bene che viene da vomitare ! ».

« Vattene in quella tua, di Polonia, va’ » sibilò tra i denti il maresciallo, le labbra livide ormai gli tremavano. « Che forse ti tiene qualcuno qui, spia che non sei altro ? »

« Non aver paura, certo che ci vado » rispose tranquillo Stefan con la sua inflessione cantilenante « ma ho ancora tempo : resterò qui a guardarvi anco-ra un po’, per ricordarmi ogni cosa. Ci andrò e vi aspetterò, sta’ sicuro ! ». 2

1 V. Sereni, La cattura, p. 155.2 T. Borowski, La battaglia di Grunwald, p. 183.

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Al Canada, il magazzino in cui venivano spogliati e privati di tutti i loro beni i nuovi arrivati, la calca, il calore, le urla, le insostenibili scene di violenza scatenano una rabbia sorda negli operai, sfogata irrazionalmente contro i più deboli, i prigionieri inermi, anziché contro i loro aguzzini :

« Ascolta Henri, siamo buoni, noi ? ».« Ma che domande stupide fai ! ».« Vedi, amico, dentro mi sta montando una rabbia assolutamente incom-

prensibile contro quella gente, perché è a causa loro che mi trovo qua. Non mi fanno alcuna pietà perché devono andarsene al gas. Che la terra se li inghiotta ! Deve essere patologico, non riesco a capire ».

« Niente affatto, è assolutamente normale, è tutto previsto e calcolato. Lo scalo ti sfinisce, ti ribelli ed è facile scaricare la rabbia sui più deboli. Anzi è proprio quello che ci si aspetta da te. È un ragionamento terra terra… Com-pris ? » dice con un pizzico d’ironia il francese, che si sistema sotto la catasta di rotaie. « Prendi i greci, quelli sì che sanno approfittarne ! Spolverano via tutto quello che gli capita, uno davanti a me si è divorato un intero barattolo di marmellata ».

« Sono bestie. Domani ne creperà la metà di diarrea ».« Bestie ? Anche tu hai avuto fame ».« Sono bestie » ripeto con astio. Chiudo gli occhi, sento delle grida, avver-

to la terra tremare e l’aria rovente sulle palpebre. Ho la gola completamente asciutta.

La gente fluisce e fluisce, gli autocarri latrano come cani infuriati. Davan-ti agli occhi sfilano i cadaveri portati fuori dai vagoni, i bambini calpestati, gli storpi accatastati assieme ai cadaveri e folla, la folla, la folla… […] No, or-mai controllarsi è impossibile. Si strappano brutalmente di mano le valigie alle persone, a strattoni gli si tolgono con forza i paltò. 1

In una situazione assai simile, anche se descritta in toni più pacati, al passaggio di un carro bestiame carico di prigionieri sloveni diretti in Italia, l’ufficiale Sereni si lascia andare ad un moto di irritazione :

Ma non sono occhi bovini quelli che ci guardano dalle grate dei carri : sono occhi di uomini e di donne ; torvi, brucianti. Nient’altro che occhi umani. Si moltiplicano e si affollano, fissi su di noi con un’intensità micidiale. Difficile sostenerli, così compatti, unanimi nell’odio, più forte della loro impotenza, della loro disperazione, della fame e della sete. […] Ma meglio, meglio che li portino via. A nostra volta finiremo con l’odiarli. Per legittima difesa, che

1 Idem, Signore e signori, da questa parte per il gas, pp. 142-145.

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diavolo ! Non è così che cominciano i massacri ? Lo intuiamo oscuramente, ma non vorremmo, non vorremmo farne esperienza. 1

E ancora : la paura provoca reazioni inconsulte fra i soldati statuni-tensi, normalmente molto tolleranti. Nello stadio di Trapani alla vi-gilia dell’Armistizio una scarica di mitra falcia un soldato italiano :

Una coperta da campo è per me il 25 luglio. Eravamo prigionieri da non molte ore, chiusi dentro lo stadio di Trapani. Noi ufficiali in una casermetta adiacente il campo sportivo ; i soldati, diecimila circa, attendati alla meglio nel campo vero e proprio. La notizia, penetrata chissà per quali vie, era esplosa in un boato di quella moltitudine pigiata, un’esplosione quale mai doveva essersi udita, per passate prodezze domenicali, tra le vecchie tribune e gradinate. Al boato tenne dietro uno sparo. Una sentinella americana, in-nervosita, forse impaurita, aveva lasciato partire un colpo dal mitra. Qualco-sa su cui era stata gettata una coperta ci passò davanti, trasportata a braccia, attorniata di visi torvi. Guardavamo zitti, senza renderci ben conto. Uno del seguito ci disse : – È morto anche per colpa vostra. Mettetevi sull’attenti, almeno, signori ufficiali. 2

Nel campo per Displaced Persons di Grunwald in cui si trova Borow-ski, una sentinella, spaventata dalla confusione improvvisa, uccide una ragazza polacca mentre scavalca la recinzione :

Il soldato che dormiva all’altra estremità del muro alzò meccanicamente il capo, si levò di scatto. Si chinò ad afferrare il fucile che gli spuntava tra le ginocchia, lo imbracciò in un attimo, inclinò il capo verso destra e…

La ragazza portò le mani alla gola come per proteggersi o come se le mancasse l’aria. Fece un altro passo sulle macerie, sembrò inciampare su un mattone, e svanì oltre il bordo come se si fosse lanciata di sotto. Oltre il cumulo, dove aveva inizio il Campo, si levarono delle voci che prima forma-rono un brusio, poi crebbero in un grido. […]

Il First Lieutenant schizzò fuori dall’automezzo come una molla lasciata di scatto. Per un attimo il suo volto si irrorò di sangue e poi sbiancò :

« My God ! » […]« Noi qui in Europa ci siamo abituati » gli risposi con indifferenza. « Per sei

anni ci hanno sparato contro i tedeschi. Ora ci sparate voi, che differenza fa ? » 3

Peraltro, il tema della paura che trasforma le vittime in carnefici vie-ne esaminato anche dal Brandys della Difesa della “Grenada”. In un

1 V. Sereni, Lubiana, p. 11. 2 Idem, L’anno quarantatre, p. 74. 3 T. Borowski, La battaglia di Grunwald, pp. 209-212.

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momento di terrore il mite Jakub commette un omicidio e un altro ‘buono’, il giornalista David-Rafael si chiede se avrebbe anche lui ucciso e sotterrato cadaveri per una razione più abbondante di cibo, qualora fosse stato costretto a farlo.

La pratica borowskiana cade però nell’oblio, probabilmente per la difficoltà di collocarlo in collana e per la progressiva perdita di inte-resse nei confronti della letteratura concentrazionaria. Scrive infatti il direttore letterario :

Fino a un anno o due fa libri che riguardavano i campi di concentramento continuavano ad avere fortuna. Oggi la nuova realtà si è incaricata di brucia-re parte dell’interesse in quella direzione. 1

Con « nuova realtà » Sereni verosimilmente intende lo spostamento dell’interesse su nuovi temi e autori, l’avvento del Nouveau Roman, la ricezione e produzione italiana legata a neoavanguardia, struttu-ralismo, semiotica, e agli studi della scuola di Francoforte. 2 Anche la celebre e molto citata affermazione di Adorno sull’impossibilità di fare poesia dopo Auschwitz doveva aver contribuito ad aumentare lo spaesamento dei frequentatori di tale genere. 3

Per di più bisogna ricordare che il 1968 fu un anno di crisi e di rivolgimenti profondi anche all’interno della casa editrice : il riposi-zionamento dei ruoli dirigenziali, il passaggio di Alberto al Saggia-tore, la fine di numerose collane storiche, tra cui quei « Quaderni della Medusa » cui il libro di Borowski era destinato, non fecero che indebolire progressivamente la figura del direttore letterario. 4 Re-sta il fatto che la vecchia realtà non aveva ancora smesso di parlare

1 Parere di lettura dattiloscritto di Vittorio Sereni datato 11 dicembre 1968 in see, s. c, busta 7, fasc. 43.

2 Cfr. P. L. Carisola, Dall’impegno sociale al disimpegno dal testo, in Storia della criti-ca letteraria in Italia, a cura di G. Baroni, Torino, utet, 1997, in particolare le pp. 514-527 e Il romanzo francese del Novecento, a cura di S. Teroni, Bari, Laterza, 2008, pp. 136-139.

3 Sul problema della poesia dopo Auschwitz e sul significato dell’aforisma « Nach Auschwitz noch Lirik zu schreiben ist barbarisch », presente originariamente in Criti-ca della cultura e società (ed. or. Kulturkritik und Gesellschaft, 1949), Adorno tornò spesso negli anni successivi : in Prismi. Saggi sulla critica della cultura (ed. or. Prismen. Kultur-kritik und Gesellschaft, 1955) ed in una conversazione radiofonica del 28 marzo 1962, poi confluita in Note per la letteratura (ed. or. Noten zur Literatur, in quattro volumi, 1958-1974). Di fatto a quest’altezza cronologica la sua tesi era « ormai universalmente nota e diventata quasi uno stigma del suo pensiero » (cfr. S. Givone, Introduzione, in T. W. Adorno, Note per la letteratura, Torino, Einaudi, 2012, p. xxii).

4 Cfr. G. C. Ferretti, Poeta e di poeti funzionario, cit., pp. 104-105.

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a Sereni, se si considera che proprio nel 1968 comincia il laborioso processo di revisione degli Immediati dintorni che lo accompagnerà fino alla morte. 1

Come è stato ampiamente accennato, la seconda guerra mondia-le, i campi di sterminio, la prigionia e la Resistenza fanno parte del vissuto del poeta di Luino e della sua generazione. 2 La preoccupa-zione centrale per gli intellettuali fu quella di comprendere come comunicare questo patrimonio di fatti ed esperienze senza scivolare nella cronaca o nella memorialistica. Diversamente, aneddoti storici, fatti privati e biografici passerebbero direttamente sulla carta senza il filtro della mediazione letteraria. 3

1 Sulle fasi preparatorie de Gli immediati dintorni primi e secondi, che uscirono po-stumi nel 1983 con le cure della figlia Maria Teresa, cfr. V. Sereni, La tentazione della prosa, cit., pp. 365-378.

2 Particolarmente esplicito a tal proposito il parere editoriale sui racconti di Dante Troisi : « Ognuno di essi rappresenta un caso che si è posto a molti di noi nel giro di vent’anni o poco meno ; la presenza di una guerra alle cui ragioni non si aderisce in-timamente e i problemi che ciò pone al comportamento individuale ; lo squilibrio tra l’impulso clandestino e insurrezionale e il suo tradursi in una consapevolezza etica e politica ; l’inquietudine della coscienza di fronte alle ragioni della politica, incapaci di assorbire sempre e comunque, senza residui, i semplici moti umani ; l’impegno civile e sociale a volte sentito come potenziamento della persona, superamento dell’indivi-duo privato, a volte come fuga da sé stessi e rimedio alla personale incapacità d’esi-stere. E con ciò ho detto, nell’ordine, i temi di questi quattro racconti » (V. Sereni, Occasioni di lettura, cit., p. 189).

3 Sono frequenti i richiami, a volte veri e propri rimproveri, sereniani in proposito. Accade con Antonielli : « È probabile che a furia di puntare esclusivamente sui termi-ni dell’esperienza, si sia perso di vista ciò che il libro è, o intende essere : un romanzo. […] Troppo forte, in chi vive un’esperienza che gli pare d’eccezione, è l’impulso a trascriverla, magari nell’illusione d’un risultato garantito da quella stessa ecceziona-lità e intensità o piuttosto stranezza di episodi e di emozioni, di una storia già bell’e fatta che sia solo da mettere in carta » (V. Sereni, Il campo 29, in Letture preliminari, cit., p. 17) ; capita anche a Valerio Bertini con il suo romanzo di fabbrica : « È anche questo un piccolo contributo alla “letteratura della realtà”, ma ormai anche la no-zione di questa si è aperta, non le basta più la polemica o la contrapposizione di una serie di temi che apparvero nuovi solo per il fatto che per vent’anni non erano stati toccati. Oggi si desidera qualcosa di più della semplice trascrizione, anche se viva, di un’esperienza » (Idem, Occasioni di lettura, cit., p. 30). Suscita entusiasmo la capacità di ricreare una coesistenza di esperienza e trasfigurazione lirica del poeta (nonché scrittore e pittore) Emilio Tadini : « Ma quel che mi sembra decisivo è la presenza di una salda disposizione costruttiva che gli permette di assorbire in forma di “poema” esperienza personale, partecipazione a cose e vicende, osservazione e visione : con quella larghezza d’orizzonte e di significati, quella equilibrata convivenza di dati reali e di lirico tremore e in un’ultima analisi con quella libertà di discorso, che troppo spesso la poesia ha dovuto invidiare alla prosa » (ivi, p. 180).

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Tuttavia, egli individua un’ulteriore difficoltà : il rischio, diametral-mente opposto, di lasciarsi prendere la mano, l’inclinazione a quel « romanzare troppo » che emerge dal parere editoriale dedicato a Tre-blinka di Steiner. Si tratta certamente di un equilibrio complesso, di cui non è immediato intuire i termini ; ed il discrimine tra architettu-ra della fiction ed estetica del vero sembra passare su un ammorbi-dimento della posizione di Sereni consulente, più che sulla difesa di avamposti ideologici, come è evidente nel caso del parere editoriale sul romanzo Le trêtre di Lavr Divomlikoff (pseudonimo anagramma-tico del dissidente anti-sovietico Vladimir Volkoff ), datato 1972. Si consideri in particolare l’affermazione perentoria : « Avverto che in al-tri tempi avrei scartato ». Scorrendo il giudizio editoriale si rintraccia-no locuzioni appartenenti al lessico della verosimiglianza : la vicenda è « credibile », scorrevole « come un romanzo », « d’intrattenimento ».

La storia della spia del KGB infiltrata per vent’anni nelle gerarchie della chiesa ortodossa con il nome di padre Grigori può sembrare all’apparenza una « parodia farsesca », « assurda o inverosimile », sol-tanto perché « riferita ad un aspetto poco noto della realtà sovietica ». 1 Forse non è inutile ricordare che il problema della verosimiglianza affascina e turba anche Primo Levi negli stessi anni, nel suo caso con riferimento particolare al cinema, oltre che alla letteratura. 2

Quel che è certo che Sereni non condivideva lo stile autobiogra-fico imperante ed apprezzava le autentiche opere letterarie basate

Sul cosiddetto neorealismo e più in generale sul rapporto soltanto apparentemen-te dicotomico fra realtà storica e letteratura rifletteva negli stessi anni anche Calvino, in un celebre intervento al Pen Club di Firenze : I. Calvino, Il midollo del leone, in Idem, Una pietra sopra. Discorsi di letteratura e società, Milano, Einaudi, 1980, pp. 3-18.

1 Su Le trêtre di Volkoff cfr. J. M. Dunaway, Vladimir Volkoff : The Fecundity of Evil, in Idem, The Double Vocation : Christian Presence in Twentieth-Century French Fiction, Birmingham, Summa Publications, 1996, pp. 120-121. Le citazioni di Sereni sono tratte dal parere editoriale del 2 marzo 1972 pubblicato integralmente in questa sede.

2 Primo Levi si interroga sulla verosimiglianza a proposito del film Il portiere di notte di Liliana Cavani, uscito nel 1974. Cfr. A. Rondini, Bello e falso. Il cinema secondo Primo Levi, « Studi novecenteschi », n. 1, 2007, pp. 59-60 : « L’estetismo si configura in tal modo come un’accentuazione di quella componente di falsità che Levi, pur creden-do nel valore del linguaggio, pone come rischio insito non solo nel cinema bensì in ogni forma di comunicazione creativa – anche la più intenzionalmente aderente alle cose ñ pericolo che deve fare i conti con quella sorta di ‘vernice’ verbale o iconica che viene spalmata sul dato referenziale nell’atto di scrittura nonché nella descrizione e interpretazione della storia, come ben sa un altro illuminista delle lettere italiane, Leonardo Sciascia ».

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sulla rielaborazione di fatti reali. Lui stesso non si risparmiò certo in questa direzione, dal Diario d’Algeria in avanti, e nel caso de Gli immediati dintorni questo percorso durò tutta una vita :

Se i riferimenti al passato sbiadiscono o per naturale evanescenza o per ri-mozione consapevole, il dovere del poeta va oltre quello del vecchio Ero-doto, padre della storia : raccontare i fatti [ ] perché non diventino sbiaditi, perché non svaniscano. Egli dovrà cercare in essi la verità umana e testi-moniarla. Sereni – ha scritto Mengaldo – “ha capito perfettamente come la poesia abbia bisogno di parlare del passato per parlarci del futuro ; condi-zione prima – ha detto Sereni un anno prima di scomparire – è “aver fatto diventare verità la memoria”. 1

Nota ai testi

La Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori (faam), sede dell’ar-chivio storico dell’omonima casa editrice, ospita un corpus imponen-te di carte sereniane, relative al periodo, circa un quarto di secolo, in cui il poeta di Luino vi lavorò come direttore letterario, oltre ad un numero più esiguo di carte precedenti la sua assunzione.

Il fondo Segreteria editoriale estero (see) costituisce una sezione dell’area Editoriale libri dell’archivio storico. Le serie a oggi inven-tariate conservano oltre 12.000 fascicoli intestati a più di 7.000 autori con circa 25.000 pareri di lettura redatti da una squadra di quasi 900 lettori diversi. Nello specifico del fondo see, si parla di circa 2.000 fascicoli conservati in 164 faldoni, dei quali 501 contengono pareri di lettura di Sereni. 2

Essi sono suddivisi nelle tre serie ab, c e gdl (acronimo di Giudizi dei lettori), ciascuna con un ordine alfabetico autonomo. La serie ab è costituita di 56 fascicoli di color arancione ; la c è la più esigua, ma i suoi 7 fascicoli azzurrini sono tutti di alto grado di interesse ; la gdl, la più corposa, è composta da 438 fascicoli bianchi. Aprendoli ci si trova di fronte ad un materiale estremamente eterogeneo, testimonianza dell’iter di lavoro di una casa editrice : veline, appunti, cartoline, ri-tagli stampa, moduli aziendali, appunti, copie di contratti, opuscoli, fotografie, corrispondenza in entrata e in uscita con autori, agenti letterari ed eredi, oltre alle comunicazioni interne ai vari uffici.

1 C. Sensi, Vittorio Sereni : prigionia e memoria, cit., p. 115.2 Cfr. A. L. Cavazzuti, Le carte della Segreteria editoriale estero, in L’America dopo

Americana. Elio Vittorini consulente Mondadori, a cura di E. Esposito, Milano, Fondazio-ne Arnoldo e Alberto Mondadori, 2008, pp. 47-48.

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Naturalmente il direttore letterario non affrontava da solo la lettu-ra critica di libri nelle più diverse lingue e non ne seguiva le singole vicende editoriali fino alla pubblicazione. Era affiancato da un grup-po di studiosi di letterature straniere e traduttori da inglese, francese e tedesco, solitamente funzionari interni e professori universitari. 1 Sul loro resoconto scritto lavorava Sereni, cui spettava la decisione ultima, sovente racchiusa in un breve commento, della pubblicabilità del testo. Queste spesso laconiche righe conclusive ci testimoniano vincoli, limiti, aspetti commerciali e rare baldanze del mestiere di leggere, anche se, occasionalmente, Sereni si concesse letture inte-grali di opere cui era particolarmente interessato.

In questa sede diamo edizione di un parere di lettura risalente al 1951 e nove successivi alla sua assunzione a direttore letterario.

Criteri di edizione

I pareri di lettura di Sereni sono solitamente dattiloscritti su fogli di servizio intestati arnoldo mondadori / direzione letteraria. Fa eccezione il primo, dattiloscritto su foglio intestato arnoldo mondadori editore / direzione editoriale / comitato di let-tura.

Titoli d’opere e di film, scritti in tondo, sottolineato o tra virgolet-te, sono resi in corsivo, mentre il nome della collana, presente nei più svariati formati (maiuscolo, corsivo, sottolineato, siglato o siglato puntato), è scritto per esteso in tondo fra caporali, con segnalazione di volta in volta in nota del formato originario. Le citazioni sono po-ste fra caporali e la data di redazione del parere è uniformata secon-do il seguente criterio : nome del mese per esteso, giorno ed anno in numeri arabi. Fanno eccezione le date riportate in nota, riprodotte con il formato originario. Si è conservato il sottolineato con valore enfatico e le abbreviazioni (sigle, firme, titoli) sono state sciolte nel testo fra parentesi quadre. I refusi dei segni diacritici (accenti, apo-strofi ) sono stati emendati. Le parole e le espressioni in lingua stra-niera di uso non comune in italiano sono rese in corsivo.

1 Per un elenco dettagliato dei lettori editoriali degli anni Cinquanta-Settanta, cfr. A. Gimmi, Introduzione, in Il mestiere di leggere, cit., pp. 48-49.

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Ester De Andreis 1PrimulaAttimi

Credo che si possano accettare per questi versi due dei tre suggeri-menti proposti dal presentatore e così riassumibili :

– Poesia “confidenziale” e semplice originata da un sopravvivere dell’adolescente nella donna

– Poesia di sentimento e non d’aneddoto ; melodia che supera il dato narrativo.

– FrancescanesimoIl terzo elemento è estremamente dubbio e vago, dice tutto e nul-

la, mi sembra che vada senz’altro eliminato come irrilevante. I primi due servono invece a indicare la direzione, l’atmosfera generale, che forse andrebbe ulteriormente precisata in questi termini : sensibilità e sensualità (in senso lato) che tendono a trasformarsi in una decisa spiritualità (si capisce come l’autrice ami, ad esempio, la poesia di Rilke). Ci riescono ? A me sembra che la risposta vada ricercata nel grado con cui l’espressione, in rapporto ad altri elementi non certo complessi, riesce ad essere generica. In altri termini : la tenuità non esclude la poesia, ma per essere poetica deve acquistarne il vigore (che è cosa di tutta la poesia, tenue e non). Questo vigore appunto, che è anche evidenza, non trovo nella poesia della D. A., che in gene-re, fatta eccezione per qualche baleno analogico, è soltanto semplice nel senso esteriore, e pulita, ma generica, non memorabile. Ho letto tre volte il dattiloscritto e non ricordo in particolare una sola poesia. Ricordo soltanto una nebbia di cose gentili (nubi, fiori, onde ecc.). Gli stessi sentimenti, anche se esaminati contenutisticamente, danno nel generico : con qualche possibilità d’incidere maggiormente nelle poesie che più da vicino hanno per oggetto una vicenda d’amore. In quanto alle poesie “francescane”, non è ravvisabile in esse altro

1 Ester De Andreis (1901-1989) è stata una poetessa spagnola di origini genovesi. Negli anni Quaranta animò un circolo letterario di poeti ed intellettuali dissidenti di Barcellona. Oltre alle due raccolte poetiche Primulas (Barcellona, Ediciones Mediter-ráneas, 1943) ed Instantes (Barcellona, Juventud, 1982), scrisse racconti agiografici e tradusse in castigliano le opere di Katherine Mansfield. Cfr. l’intervista A. Susanna, Ester De Andreis, la lúcida soledad, « La Vanguardia », 9 dicembre 1982 ed il ricordo di A. Manent, Adiós a Ester de Andreis, « La Vanguardia », 21 settembre 1989.

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che una tenue descrittività. Si tratta ancora una volta di poesia tipi-camente “femminile” : non senza delicatezza e misura, questa volta, ma con troppo scarse possibilità d’identificarne i motivi. Riportata al quadro generale della poesia odierna, non costituisce un’eccezione singolare né, d’altra parte, ha modo d’inserirsi in essa con un peso e un senso precisi.

Foglio con intestazione : arnoldo mondadori editore Direzione editoria-le Comitato di lettura

Collocazione : see, s. gdl, busta 5321 maggio 1951Testo dattiloscritto con firma ms. autografa « Vittorio Sereni »Dattiloscritti in alto, gli spazi prestampati riservati alla compilazione :

« Autore Ester De-Andreis / Titolo PRIMULA – ATTIMI / Editore / Propo-sto da / Lettore Vittorio Sereni »

Alcune correzioni autografe in penna nera : 6 narrativo] narrativo. 14-15 nel grado con cui] cass. il secondo nel grado con cui 19 D. - A. ] cass. il trattino D. A. 22 una] una 27 “francescane” non] “francescane”, non 28 descrittivi-tà] descrittività. 29 femminile] “femminile” 33 preciso] precisi

Correzione dattiloscritta : 4 adolescenza] svscr. adolescenteAnnotazione a matita. siglata « C » in alto a dx : « NO » e sottolineature a

matita della stessa mano non attribuibiliIl foglio, strappato in più punti in alto, è vistosamente aggiustato sul v.

con nastro adesivo gialloEsito negativo.

Tadeusz BorowskiDie Steinerne Welt

Ho esaminato questa pratica tenendo presenti le conclusioni e le proposte formulate da lei per « Quaderni Medusa » e « Nuovi scrittori stranieri ». 1 I no e i casi dubbi saranno ridiscussi col Vice Pres[idente Alberto Mondadori]. Ma qui spicca un caso, quello di Borowski. Per scrupolo si potrebbe mandare a Raffo 2 ma il parere di Picco non la-scia dubbi (se non che, semmai, questo libro bisognava darlo prima). Se qualcuno di noi se ne fosse ricordato al momento giusto si sarebbe forse potuto farne il contraltare a Treblinka (e poteva essere un valido argomento per rinunziarvi). Ormai è arduo pensare di pubblicarlo

1 Nel testo le collane sono siglate rispettivamente q.m. e n.s.s.2 Anton Maria Raffo fu lettore e traduttore dal russo di scrittori classici, come

Tolstòj e Dostoevskij, e moderni, come il serbo Miodrag Bulatovic.

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nel prossimo esercizio, tanto più che non è tradotto, mentre Treblin-ka ha goduto il diritto di precedenza assoluta. Vuole esaminare l’op-portunità di proporlo fermamente sin da ora per l’esercizio ’68/69 ? Dopo di che potremo mandarlo a Raffo per decidere la traduzione dal polacco.

Foglio con intestazione : arnoldo mondadori editore Direzione Lette-raria

Collocazione : see, s. C, busta 7, fasc. 4320 novembre 1966Testo dattiloscritto senza firmaDatt., in alto : « Appunto per la Sig.na Giannelli 1 / Tadeusz borowski –

“Mondo di pietra »Annotazione ms. di Maria Teresa Giannelli a penna blu su margine sx :

« fatto 13.12.66 »Annotazione ms. siglata da Donatella Ciapessoni 2 a penna nera sotto il

testo : « la signorina Giannelli ha fatto un appunto a Franchi 3 13/12/66 ».

C’è un libro di Borowski che da un anno all’altro è stato rinviato, credo ingiustamente. Non è nemmeno stato tradotto, com’era nel destino di molti libri presi per i « Quaderni Medusa », per mancanza di altra sede. Fino a un anno o due fa i libri che riguardavano i campi di concentramento continuavano ad avere fortuna. Oggi la nuova re-altà si è incaricata di bruciare parte dell’interesse in quella direzione. Tuttavia richiamo l’attenzione sulla seguente frase di Picco : « Che i racconti de Il mondo di pietra trattino situazioni di prima, durante, o dopo l’esperienza di Auschwitz, sempre è presente questo senso radicale dell’abiezione dell’uomo, che si ribalta anche – per assurdo – nella sua folgorante grandezza ». E ancora : « Un libro come questo

1 Maria Teresa Giannelli collaborò con Sereni come lettore editoriale nell’ambito della narrativa soprattutto straniera da destinarsi ai « Quaderni della Medusa » e fu editor della narrativa italiana fino a metà degli anni Sessanta (cfr. A. Gimmi, Introdu-zione, in Il mestiere di leggere, cit., p. 39 e pp. 48-49).

2 Donatella Ciapessoni era una delle segretarie di Sereni alla Segreteria editoriale estero.

3 Giorgio Franchi, storico funzionario mondadoriano, responsabile « legale e ge-stionale della società durante la fase di transizione dell’immediato dopoguerra » (cfr. A. Mondadori, Lettere di una vita. 1922-1975, a cura di G. C. Ferretti, Milano, Fon-dazione Arnoldo e Alberto Mondadori, 1996, p. 98, nota 12). Negli anni Cinquanta ricoprì l’incarico di direttore editoriale e negli anni Sessanta divenne amministratore editoriale (G. C. Ferretti, Alla sinistra del padre, in A. Mondadori, Lettere di una vita, cit., pp. xliv e lxxvi).

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va tradotto a tutti i costi… Qui finalmente ci troviamo di fronte a un uomo e a un grande scrittore ».

Di questo libro mi parlava anche la signora Frova, competente tra-duttrice dal polacco, qualche giorno fa. Non si tratta ora di inserirlo nel programma, ma a mio parere dovrebbe essere mandato in tra-duzione dal polacco possibilmente alla stessa signora Frova. Credo veramente che sia un peccato rinunziarvi. Infatti l’opera ha sempre resistito alle revisioni periodiche compiute sul portafoglio titoli.

P.S. Nomellini 1 mi avverte in questo momento che il testo è già tra-dotto.

Foglio con intestazione : arnoldo mondadori editore Direzione Lette-raria

Collocazione : see, s. C, busta 7, fasc. 4311 dicembre 1968Testo dattiloscritto. La firma, « Vittorio Sereni », è dattiloscritta e ms.Datt., in alto : « Dott. Alceste Nomellini e per conoscenza / Dott. Sergio

Polillo / Tadeusz borowski – “Mondo di pietra »Annotazione ms. a penna blu siglata « V. Sereni » su margine inf. dx :

« 30/12/68 a Nomellini : Polillo è favorevole. Quando potremmo farlo ? Par-liamone »

Questo libro, giudicato bellissimo, tradotto e mai pubblicato, è sem-pre scampato alle stragi periodiche. Ma vedo che sia del Buono 2 sia Nomellini lo considerano un autobus perduto, almeno sotto il punto di vista commerciale. Il mio punto di vista rimane il seguente : se è indiscutibilmente bello va pubblicato. È quanto mi riservo di stabi-lire leggendolo personalmente entro i primi di settembre. A Sergio Polillo 3 ricordo che è il libro di cui parla periodicamente, con calda insistenza, la signora Frova.

1 Alceste Nomellini, autore della raccolta poetica Fuochi di Sant’Elmo (Milano, Ne-ri Pozza, 1964), è stato responsabile dell’ufficio Divisioni economiche della Monda-dori, poi trasformatosi in Area editoriale/divisioni Oscar.

2 Oreste del Buono svolse solo saltuariamente l’incarico di lettore e dal 1966 so-stituì Vittorini come responsabile della narrativa straniera (cfr. A. Gimmi, Il mestiere di leggere, cit., p. 48). Oltre che consulente editoriale, scrisse romanzi, fu giornalista, critico letterario e cinematografico, curatore e traduttore (cfr. R. Cesana, “Libri ne-cessari”, cit., pp. 168-169).

3 Sergio Polillo assunse nel 1958 l’incarico di direttore centrale del settore indu-striale nel nuovo stabilimento della Mondadori di Verona e nel 1962, nel merito del processo di ridistribuzione delle cariche voluto da Arnoldo, divenne direttore ammi-nistrativo dell’intera azienda (cfr. E. Decleva, Mondadori, cit., p. 480).

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Mezzo foglio con intestazione : arnoldo mondadori editore Direzione Letteraria

Collocazione : see, s. C, busta 7, fasc. 4330 giugno 1969Testo dattiloscritto. Datt. in alto : « Tadeusz borowski – “Mondo di pie-

tra ». La firma, « Vittorio Sereni », è dattiloscritta e ms.Annotazione ms. a penna blu su margine inf. sx siglata « M[ario] S[pagnol] 1 »

con data di altra mano : « Aspetto, dunque, il tuo giudizio. 18-7-69 »

Ho finalmente letto per intero il libro di Borowski.Senza condividere pienamente l’entusiasmo espresso da Picco in

una vecchia lettura, trovo il libro ottimo, al livello più alto del genere cui per sua natura appartiene : siamo insomma nell’area di Primo Levi (del quale è più tragico pur non mancando di quelle punte di ironia e di distacco che caratterizzano il nostro autore), di Antelme 2 e, perché no ?, dello Steiner di Treblinka. È un vero peccato non aver-lo pubblicato a suo tempo ed è oggettivamente un peccato che non sia noto in Italia.

1 Mario Spagnol ebbe una lunga e feconda carriera nel mondo dell’editoria, che culminò nel 1979 con il celebre rilancio di Longanesi. In Mondadori fu dal 1968 di-rettore editoriale (cfr. A. Gimmi, Il mestiere di leggere, cit., p. 254) e si deve a lui il « riposizionamento degli “Oscar” dopo la saturazione del canale delle edicole » (V. Armanni, Luciano Mauri. Un modernizzatore dell’editoria, in Protagonisti nell’ombra, a cura di G. C. Ferretti, Milano, Edizioni Unicopli, Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, 2012, p. 144).

2 Robert Antelme (1919-1990) si trovava tra le file della Resistenza francese quando fu preso prigioniero e spedito a Buchenwald, poi a Gandersheim in un campo di lavoro ed infine a Dachau, dove assistette alla liberazione del campo. Il suo romanzo, L’espèce humaine (1947), si distingue nella vasta congerie della letteratura del lager per l’unicità del punto di vista. Il prigioniero non vuole arrendersi all’abbrutimento quasi inevitabile nella realtà del campo, animato da una sorta di dovere morale, una volontà di riscatto dell’intero genere umano : « L’elemento comune, che avvicina Vit-torini ad Antelme è la volontà di fissare una linea di demarcazione netta fra uomo e non-uomo […]. Non vi era spazio, allora, per una sfumatura intermedia, nessuna pessimistica “zona grigia” balenava nella mente di chi intendeva innalzare – come si legge nel risvolto vittoriniano – “un inno alla vita e alla specie cui apparteniamo” » (cfr. A. Cavaglion, Introduzione, in R. Antelme, La specie umana, Torino, Einaudi, 1997, p. x-xi). Leggermente diversa la testimonianza di un celebre amico di Antelme : « It is a work whose pure simplicity proceeds from a profound sense of human com-plexity, for Antelme never ceased to be aware that the tormentor who seeks to de-prive his victim of his human quality is himself a human being » (Cfr. E. Morin, Homage to Robert Antelme, in R. Antelme, The Human Race, Evanston, Northwestern University Press, 1998, p. viii).

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Bisogna d’altra parte notare che il tema ha sempre un suo pubblico garantito (se no, perché pubblicheremmo La fenice venuta dal lager ? Solo perché è di Ka-tzetnik 1, di statura letteraria tanto inferiore ?).

Il recupero di quest’opera potrebbe avvenire in sede « Omnibus » così come in sede « Medusa ». Nel primo caso si potrebbero forse dare quasi tutti i racconti che lo compongono, nel secondo restringere la scelta a quelli che originariamente formavano Il mondo di pietra vero e proprio (vedo infatti dalla pratica che sono stati inseriti altri racconti, parzialmente estranei al tema centrale, quello della guerra e della prigionia). A considerare tutto il materiale si nota il tenta-tivo di adeguare, sullo sfondo dell’esperienza di Auschwitz, la pro-pria scrittura agli orientamenti di realismo socialista che anche in Polonia hanno condizionato l’attività degli scrittori nell’immediato dopoguerra. L’autore, suicida nel ’51, ha forse risentito anche di que-sto e forse non sarebbe male indagare sulle circostanze e sulle cause della sua morte. Ma probabilmente è troppo tardi per farne un caso. Se si pubblicasse (personalmente rinuncerei solo se ragioni di affol-lamento aggravate dal ritardo di questa particolare pubblicazione lo suggerissero) sarebbe certo necessaria una prefazione che spiegasse meglio certi particolari e certi episodi. O almeno occorrerebbero al-cune note che chiarissero certe allusioni al nazionalismo polacco, all’antisemitismo polacco, agli scampati all’insurrezione di Varsavia, a una certa condizione di privilegio all’interno dei campi di stermi-nio eccetera.

La traduzione, scrupolosa certamente e spesso efficace, ha ogni tanto strani sbandamenti. La cosa è rimediabile e comunque il dat-tiloscritto andrebbe attentamente riguardato perché contiene molte sviste.

Ti prego di riprendere il discorso con Spagnol per arrivare a una decisione. Se si decidesse di rinunziare, suggerirei un tentativo con

1 Ka-Tzetnik (1917-2001), nato Yehiel Feiner, scrittore ebreo polacco, scampò all’Olocausto e riparò dopo la guerra in Israele, dove assunse il nome di Yehiel Dinur. Testimoniò al processo di Eichmann a Gerusalemme e svenne mentre stava spiegan-do il significato del suo pseudonimo (da kz, acronimo di Konzentrationslager). Per il suo indulgere sugli aspetti più violenti e scabrosi della vita del lager, al limite della pornografia, è stato poco studiato dalla critica. Una rivalutazione della sua opera è stata tentata in studi recenti : cfr. O. Bartov, Kitch and Sadism in Ka-Tzetnik’s Other Planet : Israeli Youth Imagine the Holocaust, « Jewish Social Studies », v. iii, n. 2, 1997, pp. 42-76 ; S. Kerbel, M. Emanuel, L. Philips, Jewish Writers of the Twentieth Century, London, Taylor & Francis, 2003, pp. 497-500.

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Sugar o con altro editore, almeno per recuperare i soldi della tradu-zione. Tanto più che il libro merita senz’altro di essere conosciuto.

Foglio con intestazione : arnoldo mondadori editore Direzione Lette-raria

Collocazione : see, s. C, busta 7, fasc. 4317 novembre 1969Testo dattiloscritto con firma « Vittorio Sereni » dattiloscritta e ms.Datt., in alto : « Dott. Fertonani 1 / c[opia] c[onoscenza] dott. [Mario] Spa-

gnol Tadeusz borowski – “Mondo di pietra »Alcune correzioni mss. autografe a penna blu : 6 Centelme] Antelme

9 nato] noto 21 an che] ancheIn copia, annotazione ms. a penna blu in alto a dx siglata M[ario] S[pagnol]

con data di altra mano : « Potrei vedere la traduzione ? Forse potrebbe andare negli Oscar. 12-1-70 ».

Esito negativo.

Lavr Divomlikoff 2Le trêtre

Entro domani bisogna dare una risposta e questo è un guaio perché ho letto circa metà del libro senza risolvere le incertezze che trape-lano dai pareri.

Non sono del tutto d’accordo con Chiaruttini 3 che ci vede una “parodia farsesca”. Può risultare tale a libro chiuso se riferito ad un aspetto poco noto della realtà sovietica, tanto può parere assurda o inverosimile (e magari non lo è). Ma nel corso della lettura si è investiti della vicenda abbastanza per ritenerla credibile. Il punto ori-ginale del libro sta nell’intercambiabilità tra la moralità della spia e lo zelo del sacerdote (di qui il titolo : una combinazione tra “prêtre”

1 Roberto Fertonani, germanista e scrittore, esordì in Mondadori come lettore editoriale e dalla seconda metà degli anni Sessanta divenne responsabile editoriale, dipendente da Sereni, per la narrativa straniera (cfr. G. C. Ferretti, Storia dell’edito-ria letteraria in Italia. 1945-2003, Torino, Einaudi, 2004, p. 178).

2 Lavr Divomlikoff era uno degli pseudonimi (in questo caso anagrammatico) dello scrittore Vladimir Volkoff (1932-2005), nato in Francia da genitori russi. Divenne famoso per i suoi romanzi di spionaggio, le cui trame erano spesso venate, come nel caso di Le trêtre (Parigi, Morel, 1972), di spaesamenti religiosi. Cfr. J. M. Dunaway, Vladimir Volkoff : The Fecundity of Evil, in The Double Vocation, cit., pp. 115-150.

3 Aldo Chiaruttini « che aveva il vezzo di utilizzare un elegante corsivetto di stam-pa per giudizi chiari e discorsivi, si occupava entro la Casa Editrice delle edizioni tascabili » (A. Gimmi, Il mestiere di leggere, cit., p. 48).

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e “traîte”) e direi che con ciò siamo al di là, decisamente, della do-cumentazione della realtà sovietica. Cioè il libro si fa leggere bene come un romanzo e direi che non è in gioco il particolare tipo di interesse dato dall’antisovietismo. Questo direi che è accessorio alla vicenda, in cui è invece centrale l’intercambiabilità delle due figure coesistenti nel protagonista. In conclusione : è un libro costruito con una certa abilità e non senza pretese letterarie (evidenti nella resa di certe atmosfere). Insieme presenta squilibri che possono anche sfuggire al lettore medio. Non c’è dubbio che è prevalentemente un libro d’intrattenimento che facilmente il suddetto lettore prenderà magari anche per un capolavoro.

Appunto per questo fare un pronostico è molto difficile.Personalmente non vorrei vedere libri del genere in « Scrittori ita-

liani e stranieri » 1, ma non mi nascondo che questo può avere succes-so e molto. Avverto che in altri tempi io avrei scartato. Per « Omni-bus » 2 è troppo breve e non è del tutto nella linea, sta a metà.

Se si ottenesse una proroga gradirei leggerlo fino in fondo per ave-re idee anche più chiare.

Foglio con intestazione : arnoldo mondadori editore Direzione Lette-raria

Collocazione : see, s. C, busta 11, fasc. 282 marzo 1972Testo dattiloscritto con firma « Vittorio Sereni » dattiloscritta e ms.Datt., in alto : « A Spagnol – Urgentissimo / Fertonani / Segr. Estero /

Lavr Divomlikoff - “Le Trêtre” »Correzione ms. autografa a penna blu : 11 traitre] traîtreAnnotazione ms. a penna nera in alto a dx siglata M[ario] S[pagnol] con

data di altra mano : « Sentiamo le condizioni 6-3-72 »Esito negativo.

1 Nel testo la collana è indicata con la sigla SIS. 2 Nel testo tutto maiuscolo.

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Françoise Sagan 1Des bleus à l’âme

Riferisco brevemente su questo libro, arrivato fuorisacco da Parigi e che ho letto per intero.

Che cosa sono i bleus à l’âme ? Sono i lividi, le tumefazioni, le ec-chimosi da cui un giorno ci ritroveremo segnati se continueremo a vivere come viviamo, in un modo che sappiamo sbagliato, che gli stessi mezzi d’informazione constatano e ci fanno constatare quoti-dianamente, ma a cui tutti quanti siamo in fondo rassegnati.

Il libro è più complesso e di meno agevole lettura di quanto sem-bri, o di quanto non ci abbia abituato a supporre di lei la Sagan. La storia che il libro contiene riguarda le vicende di una coppia borghese – fratello e sorella ; e non senza un vago sapore d’ince-sto almeno in senso affettivo e psicologico – che può vivere alla giornata in Francia e a Parigi particolarmente, mercé la simpatia, il fascino, la suggestione esercitati su gente che può, sfruttandone (forse non è la parola giusta) le inclinazioni erotico-sessuali e le abitudini mondane.

I due passano illesi attraverso vicende non particolarmente tumul-tuose culminanti nel suicidio di un amico, uomo d’affari omosessua-le che protegge la coppia e che nutre una violenta passione per un giovane divo cinematografico e televisivo da lui stesso aiutato, sov-venzionato, lanciato. Il caso vuole che il giovane divo incontri la cop-pia fratello-sorella, s’innamori di lei che gli si concede dominandolo con la sua impassibilità, nonostante non sia più giovanissima, e alla fine respingendolo. L’incontro è destinato a rompere un equilibrio, a confinare nella solitudine il protettore di cui sopra, precedentemente sdoppiato senza dramma tra l’ammirazione per la coppia fratello-sorella e l’amore per il giovane divo, ed è la causa immediata del sui-

1 Françoise Sagan (1935-2004), pseudonimo di Françoise Quoirez, è stata un’autri-ce francese di romanzi d’intrattenimento, commediografa ed attrice, oltre che per-sonaggio mondano dei più seguiti dalle cronache ; esordì giovanissima, a diciannove anni, con il romanzo Bonjour, tristesse (Parigi, Julliard, 1954), scritto quasi per gioco. Anche questo ‘romanzo sul romanzo’ la porta sulle prime pagine dei giornali : cfr. A. Vigna, La Sagan si confessa, « Stampa sera », 4 agosto 1972, p. 3. Ne dà un profilo bio-grafico ad un anno dalla morte T. Kezich, Sagan, che tristezza vedere i grandi da vicino, « Corriere della Sera », 18 settembre 2005, p. 35.

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cidio. Nel capitolo finale l’autrice incontra a sua volta – o immagina d’incontrare, non è ben chiaro, ma si tratta di un’ambiguità probabil-mente voluta – la coppia protagonista che infine lascia la Francia per tornare al paese d’origine, la Svezia. Si direbbe che questo incontro finale, immaginario o meno, tra l’autrice e i suoi personaggi sia in sostanza l’incontro tra persone che possono convivere comprenden-dosi, avendo inteso il senso dell’esistenza, in qualche modo precluso agli altri.

Dico subito che questo sunto il più possibile conciso non rende giustizia al libro e non lo fotografa se non in minima parte rispet-to al significato che la Sagan ha voluto attribuirgli. Non si tratta di un romanzo “tout court”, ma di un romanzo-saggio. Gli anni non sono passati invano nemmeno per lei. E tutto sommato l’interesse dell’opera sta nel confronto tra la Sagan degli anni cinquanta e la Sagan dell’inizio degli anni Settanta. In parallelo alla “storia”, che in sé è ben poca cosa, ci sono le riflessioni della scrittrice occasionate dagli spunti della “storia” stessa : i suoi punti di vista sull’esistenza, sull’amore, sulla contestazione, sul costume, sulla morte e sul sui-cidio ; e in definitiva il suo grido d’allarme sui modi della vita con-temporanea in nome di un’autenticità che tuttavia non si sa bene in che cosa consista (e che concede molto, senza confessarlo, al culto di quella gioia di vivere abbastanza superficiale che trapelava dalla sua opera precedente e che in qualche modo si appoggia ai mezzi e agli strumenti di quel mondo del benessere che qui si vuole scon-fessare).

In definitiva il libro riesce abbastanza vivo come testimonianza dell’evoluzione e dell’involuzione della nostra epoca e dei suoi co-stumi (e di passaggio osservo che in esso anche la Sagan paga il suo debito alla cosiddetta crisi del romanzo : anche lei ne ha risentito ; e chiaramente, a volte ingenuamente, tenta di rimettere in regola le sue carte rispetto al “problema” ; anche lei scrive il suo “romanzo sul romanzo”).

Ripeto che il libro è più variato, più interessante, più complesso di quanto possa parere da questa relazione necessariamente sommaria e che si presterebbe a molte analisi particolari. Non c’è dubbio che in « Scrittori italiani e stranieri » 1 potrebbe stare, almeno fino a quando

1 Nel testo, la collana è indicata con l’acronimo S.I.S.

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riterremo che possa starci la de Céspedes 1 – che non so fino a che punto le sia superiore, anzi…

Ma l’ideale – in caso di acquisto, molto ipotetico per ragioni che sappiamo : prelazione di Bompiani e offerta davvero grossa del con-corrente –, l’ideale sarebbe « Biblioteca di Grazia » (e combinazione col C[lub]d[egli]E[ditori]). Sarebbe un’ottima occasione di qualificar-si per tale collana, anche perché le nuove pretese intellettuali della Sagan, epidermiche finché si vuole, non sono da sottovalutare del tutto.

Foglio di carta velina sempliceCollocazione : SEE, s. C, busta 59, fasc. 35 giugno 1972Testo dattiloscritto con firma « Vittorio Sereni » dattiloscritta e ms.Datt., in alto : « Direzione Letteraria /Dott. Sergio Polillo / c[opia]

c[onoscenza] Fertonani / Segreteria Estero / Françoise Sagan – “Des bleus à l’âme” »

Annotazione ms. a penna rossa sul margine sx : « EV. 9/6 »Esito negativo.

Kazimierz BrandysDzokerPiazza del mercato

Autore polacco, molto noto all’estero specie per i suoi libri di rifles-sioni su se stesso e sul mondo contemporaneo.

Visti i precedenti (e a prescindere da Sposob Bycia, preso solo per non dispiacere all’autore) abbiamo questa situazione :

- Lettere alla Signora Z : libro molto bello pubblicato in « Quaderni Medusa » con esito scoraggiante : giacenza di 1041 copie su una tiratura di 1966.

- Dzoker – Era destinato a « Quaderni Medusa » e poi ai cosiddetti

1 Alba de Céspedes (1911-1997) è stata scrittrice di romanzi di successo, autrice mondadoriana dal 1938, giornalista ed intellettuale impegnata. Recentemente alla sua figura sono state dedicate mostre ed incontri, in particolare nel decimo anni-versario della morte, ed è tuttora al centro di un rinnovato interesse della critica. Cfr. Alba de Céspedes, a cura di M. Zancan, Milano, Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, 2001. Sulla sua lunga e fruttifera collaborazione con la Mondadori cfr. in particolare A. Cadioli, « In nome di una comune passione ». Il lavoro con Mondadori, in Alba de Céspedes, a cura di M. Zancan, Milano, il Saggiatore, Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, 2005, pp. 350-373.

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“fuori serie” mai attuati. Il parere era favorevole anche in questo caso. Comunque si presentava come il seguito del precedente.

- Piazza del mercato – anche questo si presenta come un seguito del seguito.

La conclusione dovrebbe essere negativa, ma dispiace rinunziare all’autore, a quanto pare rappresentato al suo meglio da questi tre volumi. Potrei consigliarmi in proposito con la signora Frova, che intrattiene con lui regolare corrispondenza.

Si potrebbe pensare ad un condensato dei tre volumi in trecento pagine circa per gli « Scrittori italiani e stranieri », ma proprio come estremo tentativo. Teoricamente l’operazione è possibile perché si tratta di libri non-narrativi e nemmeno strettamente saggistici. In questo senso è come il Mailer non-narrativo, non inferiore in fatto di bravura e penetrazione, ma con fortuna di pubblico infinitamente più limitata.

Foglio con intestazione : arnoldo mondadori editore Direzione Lette-raria

Collocazione : see, s. ab, busta 8, fasc. 974 giugno 1969Testo dattiloscritto con firma « Vittorio Sereni » dattiloscritta e ms.Datt., in alto : « Dott. Sergio Polillo / Kazimierz Brandys »Annotazione ms. a penna nera sul margine sx siglata Pol[illo] : « Ti prego

di farlo »

Sono finalmente in grado di riferirti sulla situazione di Brandys. Ave-vamo acquistato e poi declinato Dzoker, esaminato e declinato Ry-nek, acquistato e tradotto Sposob Bycia.

Fatto il riesame di cui sei al corrente, penserei di acquistare Rynek, sorta di romanzo autobiografico che sarebbe una specie di “opera aperta” in cui si riflette la scoperta degli usa da parte di un polacco odierno, evidentemente a disagio nel suo paese. È il più fresco, com-plesso e attuale dei libri presi in considerazione. La signora Frova e l’autore la pensano allo stesso modo. L’ipotesi di pubblicazione ri-guarda dunque Rynek. Per venire incontro alle urgenti necessità di Brandys bisognerebbe fare subito il contratto e fargli avere l’anticipo (almeno L[ire] 500.000) con procedura d’urgenza.

Faccio tuttavia presente che Rynek dovrebbe essere tradotto, men-tre Sposob Bycia lo è già.

Per Dzoker e per Sposob Bycia erano già stati versati 1500 marchi a testa. Nel corrispondere il nuovo anticipo dovremmo prescindere,

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con prassi d’eccezione, dai due anticipi già versati. È tutto quello che si può fare per venire in aiuto allo scrittore (che d’altra parte merita fiducia. V[edi] allegato ritaglio di « Le Monde »).

Foglio con intestazione : arnoldo mondadori editore Direzione Lette-raria

Collocazione : see, s. ab, busta 8, fasc. 976 maggio 1970Testo dattiloscritto con firma « Vittorio Sereni » dattiloscritta e ms.Datt., in alto : « Dott. Sergio Polillo - urgente / Kazimierz Brandys »Annotazione ms. a penna nera in fondo a sx siglata « Pol[illo] » : « Sta bene

– Fa provvedere subito »Sottolineatura a penna nera su margine sx.Annotazione ms. autografa a penna blu in fondo dx siglata « V[ittorio] Se-

reni » e cassata con tratti di penna : « a Spagnol parliamone prima se credi »Esito negativo.

Emmanuel Ringelblum, Jacob Sloan 1 (a cura di)Notes from the Warsaw Ghetto

Una dolente e al tempo stesso distaccata e sobria testimonianza di-retta della tragedia del ghetto di Varsavia tra il 1939 e il 1943.

Mi sembra che l’argomento conservi tuttora, tra i molti altri ana-loghi che hanno stancato il pubblico, un suo terribile fascino. È di quelli che lasciano un margine a chi ancora “vuol sapere”, ben oltre la torbida curiosità.

Il parere di Maffi 2, in cui è presente la commozione sorta nel cor-so della lettura, sembra indicativo a riguardo. Siamo forse giunti al momento in cui i documenti essenziali di certe vicende si isolano e spiccano tra i molti superflui. Non è male che anche noi ne presen-tiamo qualcuno.

Sarei dunque per il SI, compatibilmente con gli impegni per « Ar-cobaleno ». 3 Prego chiedere intanto le condizioni.

1 Jacob Sloan è stato un critico statunitense, curatore, fra gli altri titoli, dell’edi-zione americana di Satan in Goray di I. B. Singer (New York, Noonday Press, 1955) e The Journal of Emmanuel Ringelblum. Notes from the Warsaw Ghetto (New York, Mc Graw-Hill, 1962).

2 Bruno Maffi, storico, fu lettore editoriale e traduttore, per la Mondadori, di ope-re di Orwell, George Bernard Shaw, Churchill, Wallace, Steinbeck e Kellerman.

3 Il nome di collana è sottolineato nel testo.

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Mezzo foglio sempliceCollocazione : see, s. ab, busta 71, fasc. 5213 gennaio 1959Testo dattiloscritto con firma « Vittorio Sereni » dattiloscritta e ms.Datt., in alto : « Direzione letteraria / Jacob sloan / E. Ringelblum – “No-

tes from the Warsaw Ghetto” »Firma ms. illeggibile a penna blu in fondo a sx.Sottolineatura di penna blu non autografa sotto « Prego chiedere intanto

le condizioni »Esito positivo. La raccolta di lettere fu pubblicata in « Bosco » nel 1962 con

il titolo Sepolti a Varsavia : appunti dal ghetto.