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RITA D. SNEL TRAMPUS La traduzione e i linguaggi giuridici olandese e italiano Aspet;t;i e proble-mi EDIZIONI ciTALO SVEVO» TRIESTE

Traduzione e linguaggi giuridici

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RITA D. SNEL TRAMPUS

La traduzione e i linguaggi giuridici olandese e italiano

Aspet;t;i e proble-mi

EDIZIONI ciTALO SVEVO» TRIESTE

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LA TRADUZIONE E I LINGUAGGI GIURIDICI OLANDESE E ITALIANO

RITA D. SNEL TRAMPUS

La traduzione e i linguaggi giuridici olandese e italiano

AspeTTi e problemi

EDIZIONI «<T ALO SVEVO» TRIESTE

La presente ricerca si è avvalsa dei fondi del Ministero della Pubblica Istruzione per la ricerca scientifica (Fondi 60% - 1983)

© 1989 - Tutti i diritti sono riservati

Edizioni «l tal o Svevo», corso Italia, 9 - 34100 Trieste (Italy)

PREMESSA

La distanza che pur esiste tra ogni linguaggio settoriale e lingua comune non pare essere sempre ben sopportata quando si consi­dera l 'uso della lingua nell'ambito del diritto.

Van Ginneken (1914), il primo linguista olandese ad occu­parsi del linguaggio giuridico} ha ricordato che perfino il giuri­sta Willem Schorer} autore nel 1777 di Vertoog over de Onge­rijmdheid van het samenstel onzer hedendaagsche regtsgeleerd­heid en praktijk, aveva denunciato l 'assurdità} intesa come ina­deguatezza} del linguaggio usato dai giurisperiti del suo tempo e che, cent'anni dopo Schorer} il prof Vries aveva protestato presso il Ministro della Giustizia di allora viva indignazione per i due­mila articoli del codice civile olandese, che gli sembravano scritti in un linguaggio incomprensibile per chi non conoscesse i segreti della giurisprudenza.

Nel 1976 il giurista M. Reinsma e il linguista R. Reinsma iniziavano ins'ieme} uno dei primi esempi in Olanda di collabo­razione tra giuristi e linguisti~ lo studio sulla frequenza nei testi giurisprudenziali del loro tempo di alcune particolarità lessicali e grammaticali ricorrenti nel linguaggio giuridico} notate da van Ginneken e da questi sottoposte ad analisi critica.

I Reinsma concludevano il loro studio ammettendo che il linguaggio giuridico non aveva conosciuto modificazioni di ri­lievo: ad una minore frequenza di arcaismi faceva riscontro} nelle sentenze del Hoge Raad der Nederlanden} una maggiore frequenza delle particolarità sintattiche già considerate nel 1914, mentre

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l 'uso degli arcaismi risultava addirittura accresciuto nelle sen­tenze dei tribunali di primo e di secondo grado.

Per quanto riguarda l 'Italia, De Mauro (1986:420 sgg.) ha dedicato più pagine della Storia linguistica dell'Italia Unità ad un vasto panorama dei diversi e spesso opposti pareri sulla lingua della legislazione dell'epoca della Restaurazione ai giorni nostri e in generale emerge con grande chiarezza che le opinioni sul linguaggio giuridico in Italia non sono state mai sostanzialmente diverse da quelle espresse da sempre in Olanda ed in altri paesi d'Europa (Cfr. Greimas 1976:85-86, Dessemontet 1981:83).

Di recente, nel convegno internazionale su La sentenza in Europa: metodo, tecnica e stile (1985), anche Cordero si è espresso, decisamente senza mezzi termini, sulla lingua usata in Italia nelle sentenze: "... lessico opaco, gergale, criptico, elusivo, e sintassi tortuosa" (1988:310).

Comune è tuttavia il convincimento che la certezza e la pre­cisione del linguaggio hanno valore fondamentale in ogni aspetto della multz'forme esperienza giuridica e in ogni comunità lingui­stica.

Nei testz' giuridici la lingua deve essere usata infatti con la massima chiarezza e senza ambiguità (Cfr. van Dijk 1978:20, De Beaugrande & Dressler 1981:63-64, Drion 1984:665) e la pre­cisione dell'espressione giuridica non dovrebbe mai essere com­promessa dalla ricerca del! 'eleganza del! 'espressione linguistica (Lane 1987: 109).

Non pochi aspetti del linguaggio giuridico sono quindi co­stanti e possono essere considerati tratti distintivi comuni.

Nella convinzione che anche lo studio dei problemi connessi alla traduzione del testo giuridico debba procedere dalla descri­zione dell'uso effettivo del linguaggio, si è cercato, nella prima parte del presente lavoro, di individuare la funzione comunica­tiva di alcuni dei tratti distintivi del linguaggio giuridico, sia a livello lessicale che a livello grammaticale.

Nella seconda parte sono statz' descritti e commentati alcuni tipi di testo giuridico nel contesto loro proprio, per individuare la misura in cui i fattori extralinguistici influiscono sul! 'uso della lingua nella comunicazione giuridica.

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Lo studio sui problemi della traduzione, qui presentato, è

circoscritto ai testi prodotti nel! 'ambito del sistema giuridico vi­gente in Olanda (e non anche nel Belgio). La trattazione riguarda esclusivamente quindi il linguaggio giuridico olandese e perciò, avuto riguardo allo stretto rapporto che esiste tra sistema giuri­dico e linguaggio giuridico (Cfr. De Groot 1987b), per le analisi condotte nel presente lavoro si sono dovute usare le denomina­zioni "lingua olandese" e "linguaggio giuridico olandese".

giugno 1989

Rita D. Snel Trampus

Desidero esprimere un ringraziamento particolare a Mr. Arno/d van Steen­deren dello studio Nauta van Haersolte, Advocaten en Notarissen in Rotterdam, per l 'ampio materiale, gli specifici suggerimenti ed i proficui confronti di idee; ai colleghi professori fohn Dodds, Giuliana Lipizer eLivia Tonelli, dell'Univer­sità degli Studi di Trieste, per l 'attenta e rassicurante lettura del dattiloscritto; all'avv. Giorgio Dorfles in Trieste per alcuni utili suggerimenti, nonché all'avv. Ezio Trampus, mio marito, per i numerosi e preziosi consigli, alla Dr. Claudia Huisman del!' Université des Sciences Humaines de Strasbourg, al Dr. Ludo Be­heydt del Certificaat Nederlands, Université Catholique de Louvain, alla prof ssa ]oke Best dell'Università di Heidelberg e al Drs. Dick Snel in Rotterdam per i materiali generosamente messi a disposizione e dei quali in vario modo ho tenuto conto.

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Abbreviazioni:

Arr. Rb.: Arrondissementsrechtbank C.C.:

c.p.c: BW: NBW: N.].: Stbl.: Rv:

Nota:

lO

codice civile codice di procedura civile Burgerlijk Wetboek (codice civile olandese) Nieuw Burgerlijk Wetboek (nuovo codice civile olandese) N ederlandse ] urisprudentie Staatsblad (Gazzetta Ufficiale olandese) Wetboek van Burgelijke Rechtsvordering (codice di pro­cedura civile olandese)

Tutte le traduzioni, ad eccezione di quelle relative a trat­tati internazionali, sono dell'autore.

INDICE

Premessa ...................................................... Pag. 7

PARTE PRIMA

I - LINGUA E DIRITTO

l. La natura del linguaggio giuridico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » l 7 2. Sistema e atto individuale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 19 3. Contesto sociale, sistema giuridico e linguaggio . . . » 21 4. Sistemi giuridici e coordinamento linguistico ...... » 22 5. Contesto giuridico, contesto situazionale e testo... » 24 6. Il sistema semantico giuridico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 26 7. Grammatica e lessico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 2 7

II- L'ASPETTO LESSICO-GRAMMATICALE

l . Alcune scelte grammaticali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 3 l 1.0. Generalità ............................................. >> 31 1.1. Gli aggettivi con valore deittico ..................... » 32 1.2. Il pronome relativo. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 34 l. 3. Alcuni connettivi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 3 5 2. Alcuni aspetti della struttura informativa . . . . . . . . . . . » 38 2 .0. Generalità ............................................. » 38 2 .l. Il "participium praesens" nel linguaggio giuridico

olandese ............................................... » 39 2.2. L'ordine dei costituenti .. .. .. .. .. .. .. . .. . .. .. . .. .. .. . » 44 2.3. Il passivo .............................................. » 48

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3. Il lessico ............................................... Pag. 50 3.0. Generalità ............................................. » 50 3.1. Alcuni cenni sul problema dell'indipendenza

della parola. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 51 3.2. Le forme cosiddette arcaiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 52 3.3. Espressioni latine, latinismi e francesismi ........... >> 53 3.4. Significato multiplo (polisemia e omonomia);

sinonimia .............................................. » 55 3. 5. La fraseologia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . >> 56 3.6. I sintemi ............................................... >> 57 3. 7. Il sintagma convenzionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 58 3 .8. Enunciati legati e formule cosiddette rituali . . . . . . . . >> 59

III- I TERMINI E LE DEFINIZIONI

l. Termini ................................................ >> 63 1.1. Il significato 'qualificatore' ........................... >> 63 1.2. La giuridicità del termine . .. .. .. . . .. .. .. .. . .. .. . .. .. . >> 66 1.3. Il problema di una tipologia dei termini

giuridici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . >> 68 1.4. Terminologia e lessico giuridico ..................... » 73 2. Alcune pratiche definitorie a confronto

con tecniche traduttive . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 76 2.0. Generalità ............................................. >> 76 2 .l. Criteri per la classificazione delle definizioni. . . . . . . >> 78 2.2. Alcune definizioni con riguardo al criterio

dell'oggetto ........................................... >> 79 2.2 .l. La definizione lessi cale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 79 2.2 .2. La definizione stipulati va e la ridefinizione . . . . . . . . . >> 82 2.2.3. La definizione reale ................................... >> 86 2. 3. Alcune definizioni con riguardo al criterio

della modalità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 88 2.3 .l. La definizione per via intensionale

e la definizione per via estensionale . . . . . . . . . . . . . . . . >> 88 2.3.2. La definizione contestuale ........................... >> 91 2.3.3. La definizione parola-parola ......................... >> 92 2.3.4. La definizione complessivamente semiotica

e testi paralleli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . >> 93 2 .4. Alcune definizioni con riguardo al criterio

del contenuto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 96

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2 .4 .l. La definizione strutturale e la definizione funzionale ............................................. Pag. 96

2.5. Alcune considerazioni sulla citazione, il calco e il prestito . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 97

p ARTE SECONDA

IV- CATEGORIE DI FATTORI EXTRALINGUISTICI E TESTO

l . O. Generalità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » l 05 1.1. La situazione comunicativa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » l 06 1.2. L'autore o la fonte di produzione ................... » 109 l. 3. La tematica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 11 O 1.4. Il destinatario .. .. .. .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . » 113 1.5. Il medium ............................................. » 119 1.6. Le categorie del tempo e dello spazio . . . . . . . . . . . . . . » 121 1.7. L'intenzione comunicativa ........................... » 122 1.8. La funzione del testo................................. » 123 1.9. L'uso linguistico ...................................... » 126 1.1 O. Effetto, reazione e traduzione .. .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 12 7

V- IL TESTO PRODUTTIVO DI REGOLE GIURIDICHE

l. Il testo normativa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 131 1.0. Generalità ............................................. » 131 2. Il testo legislativo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 131 2 .0. Generalità ............................................. » 131 2. l. La fonte di produzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 13 3 2.2. La t ematica. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 134 2. 3. I destinatari e i riceventi . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 13 5 2.4. Le categorie spazio e tempo ......................... » 136 2.5. L'intenzione comunicativa ........................... » 136 2 .6. La funzione del testo.. .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 138 2. 7. L'uso linguistico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 139 2 .8. Effetto e reazione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 141

VI -ATTI PROCESSUALI DI PARTE NEL GIUDIZIO CIVILE

l. Procedura e argomentazione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 143

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1.0. Generalità ............................................. Pag.l43 2. La citazione e la relazione di notificazione . . . . . . . . . » 144 2.0. Generalità ............................................. » 144 2.1. L'autore ............................................... » 145 2.2. La tematica ............................................ » 146 2. 3. n destinatario . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . )) 148 2.4. Il medium ............................................. » 149 2.5. Le categorie spazio e tempo ......................... » 150 2 .6. L'intenzione comunicativa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 150 2. 7. La funzione del testo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 151 2 .8. L'uso linguistico ...................................... » 151 2.9. Effetto, reazione e traduzione ....................... » 154 3. Le scritture difensive . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 164 3.0. Generalità ............................................. » 164 3.1. L'autore ............................................... » 166 3.2. La tematica .......................................... .'. » 167 3.3. Il destinatario ......................................... » 170 3.4. Il medium ............................................. » 171 3. 5. Le categorie spazio e tempo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » l 73 3.6. L'intenzione comunicativa ........................... » 174 3. 7. La funzione del testo .......................... : . . . . . . » l 76 3.8. L'uso linguistico ...................................... » 176 3. 9. Effetto, reazione e traduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 182

VII- IL TESTO GIURISPRUDENZIALE

l. La sentenza. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 185 1.0. Generalità ............................................. » 185 1.1. L'autore ............................................... » 186 1.2. La tematica ............................................ » 187 l . 3. I destinatari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 188 1.4. Il medium ............................................. » 189 l. 5. Le categorie spazio e tempo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 190 1.6. L'intenzione comunicativa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 190 l . 7. La funzione del testo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 192 1.8. L'~so linguistico ...................................... » 193 1.9. Effetto, reazione e traduzione ....................... » 203 Appendici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 216

BIBLIOGRAFIA ............................................... » 230

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PARTE PRIMA

I - LINGUA E DIRITTO

l. La natura del linguaggio giuridico

Da diversi studi risulta che presso linguisti, giuristi e filosofi del diritto i pareri sui tratti distintivi del linguaggio giuridico sono piuttosto divergenti.

Risalgono del resto all'inizio dell'età moderna le fonti di due opposte tendenze, l'una per un linguaggio giuridico non tecniciz­zato e quindi non riservato alla sola classe professionale dei giuri­sti e l'altra per un linguaggio artificiale con una specifica struttura.

Possono essere collocati nella prima i filosofi del diritto ad indirizzo analitico che, analizzando illinguaggio giuridico, pongono al centro della loro attenzione l'aspetto semantico, ritenendo che i problemi di carattere logico e teorico, ad esempio quello della normatività degli enunciati e quelli legati alla validità e legittimità, possano essere meglio risolti con lo studio attento della lingua, in quanto manifestazione diretta di affermazioni e di ragionamenti contenenti pretese di normatività, validità, legittimità ecc.

Potrebbe essere ascritto invece alla seconda tendenza il con­vincimento della esistenza di una Weltanschauung propria del giurista e distaccata dalla quotidianità (Cfr. Westra 1982).

Alcuni studiosi vedono così nel linguaggio giuridico un lin­guaggio tecnico soprattutto con riguardo al lessico (De Groot 1987a: 13-21; Scarpelli 1985: 115-119). Scarpelli sostiene altrove che una distinzione tra lingua comune e linguaggio giuridico più è marcata, più è preferibile. La lingua comune è ricca di ambiguità

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ed è necessario, secondo l'autore, evitare la stessa ambiguità nel linguaggio giuridico.

Questa preoccupazione ben si giustifica, considerate le esi­genze non solo di chiarezza del linguaggio ma anche di certezza del diritto. Lo studio e l'applicazione del diritto consistono anzi­tutto in un continuo procedimento di disambiguazione. Si spiega così il fatto che il discorso giuridico ha molto spesso come og­getto un discorso, oggetto che a sua volta è un discorso1 quindi un meta-discorso su diversi livelli.

Altri studiosi sostengono inoltre la totale specificità del lin­guaggio giuridico perché esso sarebbe di una struttura grammatico­lessicale propria e autonoma rispetto alla lingua comune. Kali­nowski afferma addirittura che " ... il diritto ci rimanda ad un lin­guaggio, al linguaggio in cui le norme sono redatte, al linguaggio del diritto, [ ... ] con un proprio vocabolario, una sua grammatica, in particolare con specifiche regole sintattiche e persino una sua stilistica" (1971 :8 ).

Questo pensiero, che si avvicina a quello relativo all'esistenza di una Weltanschauung propria del mondo dei giuristi, potrebbe essere condiviso solo attribuendo al concetto di "visione del mon­do" n significato di una presupposizione alla base del linguaggio giuridico, presupposizione che in ultima analisi si identificherebbe nei concetti del diritto e della giuridicità. Va sempre tenuto pre­sente infatti che anche il linguaggio giuridico non è mai soltanto veicolo di rappresentazione del mondo del giurista, perché è in ogni caso strumento di cultura e di comunicazione anche tra giu­risti e non giuristi.

Del resto anche Greimas (1976:84-85) fa menzione del pro­blema della "visione del mondo" ma è del parere che la questione rientri nella semiotica generale e che qualsiasi chiarimento di essa dipende dalla possibilità di comparare tra di loro il sistema lingui­stico e quello non linguistico. La comparazione sarebbe attuabile solamente dopo una descrizione isomorfa dei due sistemi e Grei­mas giunge ad affermare (ibid. :83) che il discorso giuridico è da definire come un discorso specifico, all'interno della lingua comu­ne, lo statuto del quale non è fondamentalmente differente da quello del discorso letterario, politico o economico.

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2. Sistema e atto individuale

Si può constatare un'analogia evolutiva delle teorie del diritto con quelle della linguistica.

A tale proposito va ricordato che per la linguistica contem­poranea l'insegnamento di De Saussure è da considerare centrale. Il tanto discusso passo del Cours de linguistique générale (1922: 30, 31 e 32), nel quale De Saussure mette in evidenza la opposi­zione tra la "langue" (sistema) e la pratica della "parole" (l'atto in­dividuale), ha dato origine ad uno sviluppo dello strutturalismo, culminato nella grammatica generativa, paradossalmente 'a-sociale', che si basa sul concetto di "langue" come sistema astratto e che sembra ignorare l'affermazione di De Saussure secondo la quale la "langue" è "la parte sociale del linguaggio, esterna all'individuo, che da solo non può crearla, né modificarla; essa esiste solo in virtù di una sorta di contratto stretto tra i membri della comunità" (CdL 31). La rivalutazione del 'sociale' è avvenuta solo successiva­mente, con il sorgere della sociolinguistica (Cfr. Elia 1978).

Le teorie del diritto hanno seguito analoga evoluzione: anche esse infatti hanno tenuto e tengono conto della dicotomia tra struttura concettuale e manifestazione o realizzazione del sistema nell'uso individuale o specifico, ·opponendo lo studio scientifico del sistema a quello della manifestazione o realizzazione dell'atto nel sistema. Nella teoria del diritto questa dicotomia trova espres­sione soprattutto nell'opera di Kelsen "Rei ne" Rechtslehre. Einlei­tung indie rechtswissenschaftliche Problematik (1934). Nel diritto l'opposizione sistema (langue)/atto individuale (parole) si rivela tra sistema giuridico e pratica giuridica, tra validità-legittimità e signi­ficato giuridico, tra contenuto proposizionale della norma e sua applicazione.

Il concetto di sistema, in netta opposizione alla pratica indi­viduale o specifica, costituisce però una circolarità logica nel senso che l'atto individuale, cioè la creatività, presuppone l'esistenza di un sistema che può essere cambiato o demolito dalla creatività, e nel senso che, d'altronde, qualsiasi sistema è soltanto la risultante di una precedente creatività (Goodrich 1987:30).

È evidente che nè nelle teorie del diritto, nè in linguistica può

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essere ignorata la nozione di sistema; necessariamente, essendoci un sistema, esisterà una pratica individuale o particolare, testimo­nianza cioè di una creatività e, come dice Pugliatti a proposito della relazione tra lingua e diritto, "si riproduce così, ed entro un qua­dro unico nel quale lingua e diritto, pur se distinti, non sono se­parati, la relazione tra istituzione ed atto, in sostanza tra langue e parole (intesi i due termini in senso genericamente semiologico e in senso specificatamente linguistico)" (1978:71) .

Necessariamente l'analisi di un processo discorsivo giuridico e dei problemi semantici inerenti alla pratica linguistica implica un'analisi della interdipendenza tra pratica linguistica e sistema lin­guistico, nonché tra pratica giuridica e sistema giuridico.

È bene tenere presente, quindi, che il concetto di sistema non va riferito soltanto alle forme grammaticali, ma anche al lessico di ogni lingua storico-naturale, caratterizzato sempre da relativa esi­guità quantitativa, da polisemia dei lessemi (che denotano forte tendenza alla metaforizzazione), dall'aspetto predicativo degli stessi lessemi (ragione per la quale il vocabolario di base è particolar­mente adatto a giudizi di valore) e dalla prevedibile sproporzione tra "performance" emissiva e "performance" ricettiva degli utenti (Greimas 1976:51-53).

Con il sistema lessico-grammaticale, che costituisce il cosid­detto "potenziale" nella terminologia di Halliday (1978), viene rea­lizzata ogni pratica linguistica; non è difficile comprendere quindi come la pratica linguistica di tutti gli appartenenti ad una disci­plina, intenti a produrre, ad interpretare e ad applicare regole di comportamento riconoscibili valide da tutti i membri di una so­cietà quali le regole giuridiche, si riveli come quella pratica che cerca di limitare e circoscrivere al massimo tutte le sopraelencate caratteristiche del sistema, cioè del potenziale lessico-grammaticale.

È così che nel contesto di ciascuna società viene a costituirsi un potenziale semantico giuridico, come rappresentazione della cultura e del sistema giuridico; potenziale semantico giuridico che è da considerare però nient'altro che uno dei tanti possibili all'in­terno del potenziale lessico-grammaticale di una lingua storico­naturale, diventato potenziale per necessità di disambiguazione. È per questo che nell'analizzare il discorso giuridico vanno indivi-

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duate le opzioni semantiche fatte in un determinato contesto si­tuazionale e dipendenti dal sistema semantico giuridico corrispon­dente ad un registro.

Afferma Halliday, infatti, a proposito dei registri: "Registers are ways of saying different things. Registers differ semantically. They also differ lexicogrammatically) because that is ho w meanings are expressed; [ ... ]A register is 'what you are speaking' (at the gi­ven time), determined by 'what you are doing', the nature of the ongoing social activity" (1978: 185).

Le difficoltà per il traduttore di un testo giuridico non sono dovute ad una supposta "mistificazione" o ad una particolare "i­deologia" nel linguaggio giuridico, nè al fatto che il linguaggio giu­ridico si "approprierebbe" del lessico della lingua comune, quanto piuttosto alla necessità di indirizzare l'attenzione contemporanea­mente sul potenziale semantico della lingua, su quello giuridico e sulla loro attualizzazione nel contesto sociale e situazionale di par­tenza e in quelli d'arrivo.

3. Contesto sociale, sistema giuridico e linguaggio

Del fatto che il linguaggio giuridico debba essere considerato nelle sue funzioni all'interno del contesto sociale, si possono dare numerosi esempi.

La legge olandese sull'ortografia del 1947 (Stbl. H. 52) ha di­sposto, ad esempio, che nomi di persona di genere maschile pos­sono indicare persone di ambedue i sessi; il linguaggio giuridico vi si è uniformato ed è per questo che si può leggere nelle sentenze che anche le persone di sesso femminile vengono indicate con il solo cognome, ad esempio 'Prak'. La nota di commento ad una sentenza del Hoge Raad (Suprema Corte dei Paesi Bassi) del 28/611951 richiama l'attenzione sul punto e osserva che il lettore non ancora in confidenza con il linguaggio giuridico dei Paesi Bassi potrebbe rimanere sorpreso dal fatto che si indichi anche la parte processuale di sesso femminile con il solo cognome, chiarendo che il giudice olandese si comporta quindi diversamente da quello francese (e si può aggiungere anche da quello italiano), il quale userebbe invece in simili casi la forma "Madame Prak". La nota

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continua avvertendo che non si deve considerare tuttavia il com­portamento linguistico del giudice ol;mdese come mancanza di cortesia verso "la migliore parte dell'umanità", ma esclusivamente come espressione di correttezza dei giudici olandesi che evitano qualsiasi apparenza di non imparzialità.

Un'ulteriore dimostrazione dell'interazione tra contesto so­ciale, sistema giuridico e linguaggio è data dall'istituzione, da parte del governo in esecuzione dalla Wet gelijke bebandeling van man­nen en vrouwen (Legge sulla parità fra i sessi) (1/311980, S.86), di una commissione per l'individuazione dì nomi di professione che sono sessualmente neutri; di conseguenza si può leggere nel testo delle Aanwijzingen voor de wetgevingstecbniek (Istruzioni per la tecnica della legislazione) la raccomandazione di usare nomi di persona sessualmente neutri che si adattino a persone di ambedue i sessi, quando la lingua offra questa possibilità (Nederlandse Staats­courant, 52, nr.4).

La norma giuridica nasce quindi o perché la società sì è già evoluta-o perché si presenta la necessità di una sua evoluzione in un settore specifico ed è quindi sempre il prodotto del contesto sociale. In particolare, in una società interculturale quale, ad esem­pio, quella olandese (che può essere definita ormai multietnica so­prattutto a causa delle immigrazioni dalle ex colonie e dai paesi mediterranei) l'esigenza della protezione delle minoranze etniche è sentita in misura maggiore di quanto possa essere avvertita da una società non ancora influenzata da continue immigrazioni.

4. Sistemi giuridici e coordinamento linguistico

È ben noto che le differenze tra sistemi giuridici dei paesi di Common Law e quelli di Civil Law sono molto profonde, e che parallelamente distanti risultano i linguaggi giuridici nei quali sono redatti i testi nell'ambito dei due sistemi.

Il sistema al quale si riferiscono gli ordinamenti dei paesi del­l'Europa continentale, con i propri modelli codicistici, non può non riflettersi nei testi prodotti. È stato osservato ripetutamente, ad esempio, che nei sistemi giuridici di Civil Law la proprietà è definita come diritto di godere e di disporre delle cose in modo

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pieno ed esclusivo (C. civ. it. art.832; C. civ. ol. art.625); quella definizione non è determinata semplicemente dall'assenza, nei si­stemi giuridici italiano ed olandese, dell'istituto del Trust del Com­mon Law e nell'ambito dei due paesi il discorso riferito all'istituto della proprietà apparirà, per quanto strutturato secondo i caratteri propri di ciascuna lingua, pur sempre ancorato al comune concetto della proprietà.

Di contro, termini, come ad es.leasing, propri di ordinamenti del Common Law ed oggi largamente recepiti, hanno faticato a di­sancorare i linguaggi giuridici dei paesi continentali da. certe fissità loro tipiche. Valga l'esempio del legislatore italiano che appena con Legge 21 maggio 1981 (n. 240) ha introdotto nel linguaggio nor­mativo il termine leasing accanto a quello più tradizionale di lo­cazione finanziaria.

La diversità dei sistemi giuridici determina una maggiore o minore rigidità dei linguaggi giuridici a seconda del settore speci­fico del diritto. Nel settore dei trasporti internazionali, ad esem­pio, l'inerzia e la rigidità dei linguaggi giuridici, si presentano mi­nori, per risultare minime nel settore del diritto comunitario eu­ropeo. A ben vedere però il minor grado di rigidità di ciascun lin­guaggio risulterà dall'avvento di un sovrasistema ai diversi sistemi come conseguenza di convenzioni quali fonti normative dei rap­porti nei diversi settori.

Il coordinamento linguistico - inteso nella accezione di De­voto ( 1984: 312) - tra i diversi sistemi linguistici è quindi tanto più lento anche quanto più statici sono i diversi sistemi giuridici che condizionano i rispettivi discorsi. Quanto più comuni invece risultano culture e tradizioni giuridiche e quanto più affini sono le istituzioni, tanto più facilmente comparabili risultano i discorsi giuridici appartenenti ai diversi sistemi linguistici.

Gli influssi delle comunicazioni storiche che nell'ambito del diritto nei paesi della CEE fanno riconoscere un fondo di tradi­zione giuridica comune, si riflettono anche nei linguaggi giuridici, tanto è vero che nell'esperienza della Corte delle Comunità Euro­pee il lavoro comune tra magistrati con culture giuridiche diverse non è reso difficile dalla diversità dei sistemi, ma è invece agevo-

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lato e ciò non solo per la conoscenza della normativa comunitaria (Cfr. Capotarti 1988:244).

5. Contesto giuridico, contesto situazionale e testo

Quando Bobbio (1960:776) affronta il problema del concetto del diritto, sostiene che esso è questione di analisi del linguaggio quando si vuole stabilire quale sia l'uso del termine, e che è in­vece questione di analisi empirica quando si vuole fissare gli ele­menti comuni e caratteristici di quegli eventi ai quali si è conve­nuto di riferire il termine "diritto". Egli continua sostenendo che alla determinazione della nozione di diritto contribuiscono, in mag­giore o in minore misura, secondo le preferenze, alcuni elementi quasi costanti delle regole che si sogliano chiamare giuridiche per distinguerle da altre regole.

Questi elementi quasi costanti sono: rispetto alla norma, l'im­peratività; rispetto alla materia regolata, la socialità (o esteriorità); rispetto al fine, l'ordine; rispetto al soggetto attivo, la sovranità; rispetto all'oggetto passivo, l'adesione esteriore o la legalità; ri­spetto alla sanzione, l'apparato della coazione.

Anche da questi elementi costanti, caratterizzanti le regole giuridiche, risulta che il linguaggio giuridico non può costituire mera rappresentazione della visione del mondo del giurista ma che è, allo stesso tempo, strumento di espressione per chiunque, ope­rando e vivendo nell'ambito di un contesto sociale del quale le regole giuridiche sono parte integrante e indefettibile, produce la regola giuridica o si avvale in un discorso delle regole giuridiche per qualsiasi ragione o scopo.

Ogni testo giuridico deve essere compreso quindi come atto che realizza la comunicazione nell'ambito delle regole giuridiche e come un campione di comportamento linguistico costituito dall'insieme di enunciati, nel quale di volta in volta si producono, si interpretano, si applicano le regole giuridiche o di esse ci si avvale.

Dagli elementi sopra riportati risulta quindi che il contesto giuridico coinvolge tutti i membri di una società e che l'insieme delle regole consegue dal contesto sociale e viceversa lo determina. L'insieme delle regole giuridiche costituisce il sistema giuridico di

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ciascuna società (il macra-contesto giuridico); il contesto situazio­nale (il micro-contesto giuridico), nel quale si colloca la comuni­cazione giuridica, ne è di volta in volta governato.

Anche la traduzione di un testo giuridico richiede pertanto la conoscenza del contesto sociale e del macra-contesto giuridico, oltre che di quello situazionale che di volta in volta si manifesta in modo diverso.

Poiché il testo è unità semantica, cioè significato che suppone scelta, esso è il prodotto di un processo continuo di scelte semanti­che che rimanda a significati di un livello superiore, rappresentato dal sistema sociale. È infatti il sistema sociale - interpretabile come si­stema semiotico che crea i significati che si scambiano i membri della società, conferendo al testo il carattere di interazione e di mezzo primario di trasmissione di cultura (Cfr. Halliday 1978).

Si può quindi ben comprendere tutta la complessità della in­terazione tra contesto sociale, sistema giuridico, contesto situazio­nale, che può essere presentata sinteticamente come segue:

norma: imperatività

materia: socialità:

fine: ordine

: sistema giuridico contesto sociale sistema semiotico.

: sistema giuridico: contesto soggetto sovranità: attivo: sociale in interazione con il contesto

situazionale con enfasi sul contesto sociale sistema semiotico.

soggetto legalità o passivo: adesione esteriore: : sistema giuridico = contesto

sociale = sistema semiotico in interazione con contesto situazionale.

sanzione: apparato della coazione:

: sistema giuridico = contesto sociale = sistema semiotico in interazione con il contesto situazionale ed enfasi sul contesto situazionale.

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Da quanto esposto non risulta difficile comprendere il fatto che da sempre siano stati avvertiti ostacoli alla comprensione nella comunicazione tra giuristi e non giuristi. Si spiega così anche come il sistema giuridico differisce da· società a società, perché, pur se quasi costanti per le regole giuridiche di qualsiasi società, gli ele­menti devono essere intesi come costanti non soltanto nelle re­gole intese come prodotto, ma anche nel processo della loro pro­duzione (soprattutto l'imperatività, la socialità, l'ordine e la sovra­nità), processo di scelte in concordanza con le circostanze e con i bisogni di una determinata società.

Il traduttore che deve costruire - per usare la metafora di Firth (1982: 184) un ponte tra una lingua e un'altra; traducendo un testo giuridico, dovrà costruirlo anche tra il contesto sociale giuridico di partenza e quello di arrivo, tra il contesto situazionale di partenza e quello di arrivo, con un'analisi del testo incorporato nel contesto sociale oltre che nel contesto situazionale, conside­rando che l'uso della lingua manifesta la differenza esistente nella comunicazione sociale tra la situazione di mera convergenza di comportamenti e quella determinata, invece, da norme che quei comportamenti impongono in funzione di guida diretta.

L 'uso che nella comunicazione giuridica si farà del s_istema lessico-grammaticale, che sarà espressione dell'aspetto sociale della multiforme esperienza giuridica, risulterà quindi condizionato, al­l'interno del sistema, dal sistema del diritto. La libertà di scelta del­l'uso della lingua risulta così fortemente limitata per quanto non esclusa. Ed è per questo, ad esempio, che il giovane giurista pra­ticante, che si affaccia alla professione non disponendo ancora di tutte le risorse proprie del linguaggio giuridico, dovrà adattarsi al sistema non tanto con riguardo ai termini tecnici (che tra l'altro egli deve già conoscere) ma soprattutto quanto a ogni altra parti­colarità lessico-grammaticale propria della comunicazione giuridica (v. Schellen 1986:34-36).

6. Il sistema semantico giuridico

Gli elementi delle regole giuridiche, quasi costanti indipen­dentemente dal tipo di sistema giuridico, rappresentano allora al-

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trettanti fattori generali - se non proprio universali - di ogni si­tuazione comunicativa giuridica e possono essere considerati pre­supposizioni situazionali della comunicazione attuale, un dato di fatto nello sfondo comunicativo dei partecipanti; essi formano così una delle componenti sia delle intenzioni degli autori dei testi che delle aspettative dei riceventi e danno luogo a quel tipico uso in­tenzionale della lingua che normalmente si dice dettato dal biso­gno di precisione e di disambiguazione.

È così che molte delle cosiddette "particolarità" lessico-gram­maticali, che si riscontrano e che si sono riscontrate da sempre nel linguaggio giuridico, possono essere riportate a ciò che è elemento comune nelle intenzioni e nelle aspettative dei partecipanti alla co­municazione giuridica.

Tenuto conto del fatto che i sistemi semantici giuridici diffe­riscono tra di loro a motivo dei diversi contesti sociali e che quindi l'espressione delle intenzioni sullo sfondo comunicativo comune (gli elementi quasi costanti delle regole giuridiche) può incontrare, da lingua a lingua, ostacoli dovuti alla differenza tra sistemi seman­tici giuridici, non è difficile riconoscere, confrontando il discorso (l'attuale) in due (o più) sistemi semantici giuridici, non soltanto tendenze lessico-grammaticali comuni a più sistemi, ma anche l'e­sistenza, nella realizzazione del discorso nell'ambito di ciascun si­stema, di un continuo tentativo di superare le barriere linguistiche dovute a restrizioni a livello lessico-grammaticale di ciascuna lin­gua; restrizioni che impedirebbero la piena soddisfazione del bi­sogno comunicativo giuridico.

È questo il motivo per cui nella letteratura sull'argomento viene ripetutamente sostenuto che il linguaggio giuridico avrebbe "una propria grammatica, un proprio vocabolario e un proprio sti­le".

7. Grammatica e lessico

Nel voler illustrare con alcuni esempi le tendenze lessico­grammaticali comuni a più sistemi e quelle di superare nel discorso giuridico le restrizioni lessico-grammaticali proprie di ciascuna lin­gua, si incontrano due problemi che da tempo hanno dato origine

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ad opinioni diverse: quello della distinzione tra grammatica e les­sico e quello della identificazione dell'unità linguistica significativa per il fenomeno lessico-grammaticale da descrivere.

La discussione intorno alla distinzione tra grammatica e les­sico è parallela a quella più recente relativa alla distinzione tra sin­tassi, semantica e pragmatica. Come noto, nè tra i linguisti, nè tra i filosofi del linguaggio c'è concordia di opinioni sull'opportunità e sull'utilità di distinguere tra sintassi e semantica descrittiva, nè sui criteri eventualmente assumibili per una distinzione valida. An­cora più difficile pare poter rispondere all' interrogativo circa gli argomenti o i fenomeni che si devono far rientrare nello studio della pragmatica.

Alla sola sintassi logica, che come metalinguaggio fa astrazione da qualsiasi significato, può essere assegnata una posizione auto­noma rispetto alla semantica, mentre le stesse difficoltà per la di­stinzione tra sintassi, semantica e pragmatica si incontrano nel vo­ler assegnare certi elementi della lingua alla grammatica oppure al lessico; nel voler separare quindi la forma dal contenuto (Cfr. Nu­chelmans 1978:24-55).

Le stesse incertezze si presentano nel voler distinguere, trat­tando del linguaggio giuridico, tra lessico giuridico e grammatica, tra vocabolario giuridico e sintassi; e ciò, fra l'altro, perché il vo­cabolario giuridico è vincolato ad una sintassi di generalizzazione che tende ad assicurare continuità tra caso concreto e norma astratta (Cfr. Goodrich 1987: 180 sg)

Ciò nonostante, nel voler descrivere una lingua storico-natu­rale e specialmente nel voler descrivere l'attuale nell'ambito del potenziale, viene avvertita la necessità di distinguere tra ciò che appartiene alla grammatica (o alla sintassi) e ciò che deve essere considerato invece appartenente al lessico.

Nell'analisi testuale di approccio semiotico si distingue, se­guendo la suddivisione già proposta da Charles W. Morris fin dal 1946, tra sintassi, semantica e pragmatica, mentre nell'analisi te­stuale componenziale si usa solitamente distinguere tra fonologia, sintassi (o grammatica) e semantica, avvertendo comunque che nella sintassi è spesso presente una componente semantica (Cfr. Dodds 1985:43 e 223).

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In realtà va affermata decisamente la peculariarità del. valore semantico degli enunciati che veicolano l'informazione giuridica, sia quando si analizzi la struttura di proposizioni sia quando si pro­ceda ad analisi dei testi e delle definizioni.

Il secondo problema, quello dell'identificazione dell'unità lin­guistica significativa per le proprietà lessico-grammaticali tipiche di un particolare sistema semantico quale quello giuridico, consi­ste nel domandarsi di quale natura sia la relazione tra la frase, la proposizione o il sintagma e l'intero testo, in quanto solo il testo costituisce l'unità del processo semantico, perché la frase, la pro­posizione o il sintagma non possono rivelare l'intero contesto si­tuazionale.

Tbttavia quando si vuole trattare non già delle strutture di relazione tra testo e situazione (situazione già parzialmente definita con l'indicazione del campo d'attività e dello sfondo delle comuni intenzioni e aspettative), ma più in particolare delle caratteristiche lessico-grammaticali di registro (i tratti distintivi collettivi), allora la frase, come qualsiasi frammento di testo, può essere considerata come il prodotto di innumerevoli microatti di scelta semantica (Halliday 1978) e lo stesso frammento di testo può essere oggetto di osservazione a livello lessico-grammaticale del registro e, come prodotto, può rivelare alcune proprietà funzionali.

Va inoltre osservato che alcune proprietà funzionali del fram­mento di testo si evidenziano in misura maggiore quando un'iden­tico messaggio deve essere comunicato in più lingue, perché de­stinato a riceventi di diverse culture; e quindi determinati fattori del contesto situazionale nel quale ha origine il testo, quali luogo e intenzioni comunicative e tematica del discorso, rimangono in­variati. Messaggi di questo genere sono contenuti nei testi norma­tivi plurilingui, da annoverare tra i cosidetti testi paralleli (Cfr. Hartmann 1980:38, Spillner 1981 :242) che perciò possono essere ritenuti più idonei per la scelta di esempi illustrativi.

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II- L'ASPETTO LESSICO-GRAMMATICALE

l. Alcune scelte grammaticali

1.0. Generalità

Si è visto che qualsiasi frammento di testo è il prodotto di microatti di scelta semantica e che la scelta semantica è necessi­tata, tra altro, dagli scopi particolari cui l'uso della lingua serve entro il contesto di una determinata attività. Le componenti se­mantiche attivate dagli aspetti della situazione giuridica si possono riconoscere, di volta in volta, in particolari scelte grammaticali e lessicali anche nel frammento di testo.

Si possono riconoscere, concordando con Halliday, tre com­ponenti funzionali del sistema semantico, presenti in ogni uso della lingua: quella ideazionale che è " ... the content function of language, language as 'about something' ", quella interpersonale che è la com­ponente " ... through which the speaker intrudes himself into the context of situation, both expressing his own attitudes and judge­ments and seeking to influence the attitudes and behaviour of others" e la componente testuale " ... which provides the texture; that makes the difference between language that is suspended in vacuo and language that is operational in a context of situation" (1978:112-113).

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1.1. Gli aggettivi con valore deittico

Tutte le forme di coesione, tra le quali i deittici, emergono dalla componente testuale contribuendo al significato trasmesso dall'organizzazione del testo. Il sistema deittico rappresenta uno dei temi più complessi nel sistema semantico di una lingua anche perché gli apparati linguistici della deissi variano da una lingua al­l'altra.

Per quanto riguarda l'apparato linguistico della deissi olandese è da osservare che, come dimostrato da Kirsner (1978) - il quale, richiamandosi a Garcià (1975), definisce la deissi come "the force with which the hearer is instructed to find the referent" (in: Kir­sner 1979:73)- il dimostrativo deze (sia in funzione di aggettivo che di pronome) è dotato di una forza deittica maggiore (high dei­xis) di quella di die (low deixis).

Nei testi in cui l'autore ricerca distinzioni precise e desidera che il lettore tenga ben presenti e distinti i vari referenti - come avviene nel testo giuridico - l'occorrenza di deze dovrebbe es­sere, pertanto, maggiore rispetto a quella di die, perché, come af­ferma Kirsner: "The more technical the discussion, the more the speaker will have to induce the hearer to keep the various refe­rents straight and the greater the appropriateness of high deixis" (1979a:368).

Ad analoga conclusione si può arrivare osservando gli agget­tivi italiani con valore deittico questo e quello in un testo norma­tiva plurilingue, quale la Convenzione di Bruxelles (1968); infatti questo vi ricorre tre volte, mentre l'aggettivo dimostrativo quello non è usato.

La ragione per cui quello, e rispettivamente die, è deittico poco frequente nel discorso giuridico va ricercata anche nel fatto che esso appartiene ai deittici caratterizzati negativamente (nel senso che non sono in prossimità o non indicano coincidenza o prossi­mità con il parlante) (Sbisà 1983:369).

Avviene però spesso nel linguaggio giuridico che anche de­ze!dit e rispettivamente questo vengono evitati; si nota cioè anche l'occorrenza di altri aggettivi con valore deittico spaziale o tem­porale (voormeld, vorenbedoeld, evengenoemd/anzidetto, sopram-

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menzionato ecc.); ciò potrebbe essere spiegato dal fatto che con queste deissi spaziali o temporali, cosiddette del discorso o testuali, quali sovramenzionato, bovengenoemd ecc., si fa riferimento ad un fatto di produzione di un atto linguistico; esse hanno quindi anche funzione metatestuale, cioè servono da orientamento nella rilettura del testo (Cfr. Sbisà 1983:373-374).

Gli aggettivi dimostrativi con valore spaziale sembrano più presenti nel linguaggio giuridico olandese rispetto a quello italiano. Quando nel testo in lingua olandese della Convenzione di Bruxel­les ricorrono deze, dito die, dat, in quello italiano vengono usati spesso detto, tale, presente (art.12: van deze afdeling- della pre­sente sezione) e, in alcuni casi, l'articolo determinativo:

ESEMPI:

Art. 36: /'Indien deze partij woonplaats heeft in een andere verdragsluitende partij ... ' ;l /Se la parte è domiciliata in uno Stato contraente diverso ... /

'Deze termijn mag niet m et h et oog o p de afstand worden verlengd'. l Detto termine non è prorogabile per ragioni inerenti alla distanza/

Anche nei rari casi in cui è usata, nel testo olandese, die mai però in posizione tematica - si è data preferenza, nel testo italiano, all'aggettivo di valore dimostrativo tale.

ESEMPI:

Art 2. /voor de gerechten van die Staat'/; / ... davanti agli or­gani giurisdizionali di tale Stato/'

Art 4 /door de wetgeving van die Staat. .. / 'dalla legge di tale Stato'.

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Nella lingua italiana, inoltre, l'articolo determinativo possiede una maggiore forza deittica e viene usato, di conseguenza, con maggiore frequenza di quanto avviene in altre lingue (Cfr. Lepschy e Lepschy 1986: 149). Così potrebbe spiegarsi perché nel testo giu­ridico italiano le parti vengono individuate di solito con l'articolo e con preciso riferimento quindi ad informazione già nota, mentre nei testi giuridici olandesi si verifica quasi sempre l'ellissi dell'ar­ticolo (/l'appellante sostiene/ 'appellant beweert'):

ESEMPIO:

in h et eerste middel klaagt requirant erover da t ... nel primo motivo il ricorrente si duole che ...

Un'altra spiegazione dell'ellissi dell'articolo determinativo ne­gli esempi di cui sopra del linguaggio giuridico olandese potrebbe consistere nel fatto che il testo tende ad essere meno ridondante di quello italiano: il ruolo delle parti già risulta evidente dal nome, indicato sempre all'inizio del testo, e non si rende necessario per­tanto alcun riferimento ad informazione già nota.

1.2. Il pronome relativo

Nemmeno la scelta del pronome relativo appare del tutto ar­bitraria nel linguaggio giuridico. Le forme welke e hetwelk (in so­stituzione di die e dat), appartenenti esclusivamente alla lingua scritta, sono considerate, come noto, arcaiche, soprattutto nelle forme del genitivo welker e welks che pure ricorrono ancora con frequenza nei testi giuridici olandesi. La scelta di· welke e di het­welk, al posto di die e di dat, non è circoscritta a testi di rilievo meramente nazionale e può essere notata anche nei trattati e nelle convenzioni internazionali nei quali, notoriamente, la lingua usata è più vicina alla lingua comune.

Sempre partendo dal presupposto che nel linguaggio giuridico ove possibile si evita l'ambiguità non soltanto del contenuto ma

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anche della forma, si può ipotizzare che le forme sopraindicate siano scelte in funzione della disambiguazione, posto che le forme dei pronomi relativi die e dat coincidono con quelle dei dimostrativi die e dat. ·

Nel linguaggio giuridico italiano il pronome relativo è usato con meno frequenza che nel linguaggio giuridico olandese. Nel te­sto italiano della Convenzione di Bruxelles non ricorre il pronome relativo nei casi in cui nel testo olandese vengono usati i pronomi welke o hetwelk. In tali casi infatti si preferisce in italiano ricorrere ad una relativa implicita:

ESEMPIO:

Art 21./Qualora, ... tra le stesse parti siano state proposte domande aventi il medesimo oggetto .. ./ 'Wanneer, ... tussen dezelfde partijen vorderingen aanhangig zijn, welke hetzelfde onderwerp betreffen ... '.

Nel testo italiano ricorre invece il pronome relativo nei casi in cui viene usato nel testo olandese die (prevalentemente quando si tratta di una relativa limitativa). In questi casi l'uso di die nel testo olandese confermerebbe che la scelta del pronome non è ar­bitraria, perché in questo tipo di proposizione è presente una componente deittica:

ESEMPIO:

Art. 43/Le decisioni straniere che comminano una penalità./ 'In den vreemde gegeven beslissingen die een veroordeling

tot een dwangsom inhouden, ... '

1.3. Alcuni connettivi

Nel linguaggio giuridico anche la scelta dei connettivi pare obbedire a regole imposte dalla intrinseca connessione tra gram­matica e lessico, dalla quale scaturisce il valore semantico degli

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enunciati. Si assiste il più delle volte ad una scelta intenzionale, finalizzata alla specifica situazione del discorso giuridico.

Hartkamp (1977:7) sottolinea che il connettivo tenzij (salvo che) trova preciso impiego nel nuovo codice civile olandese quando si tratta della ripartizione dell'onere della prova. La proposizione introdotta da tenzij sta a indicare che chi eccepisce un fatto im­peditivo o paralizzante del diritto altrui ha l'onere della prova del fondamento dell'eccezione.

Il connettivo wanneer (quando/qualora), originariamente u­sato esclusivamente come avverbio temporale, conserva il proprio aspetto temporale anche in funzione di congiunzione condizionale, mentre invece indien (se), sorto da indien dat (nel caso che), sot­tolinea di più l'aspetto cond~zionale:

ESEMPIO:

/Indien het huwelijk door echtscheiding is ontbonden en daaruit geen afstammelingen in leven zijn, kan de rechtbank van de woonplaats van de vrouw, wanneer daartoe gegronde redenen bestaan, op verzoek van de man aan de vrouw de haar in het eer­ste lid toegekende bevoegdheid ontnemen/ (BW art.9.2).

'Se il matrimonio è sciolto per divorzio e non sono in vita figli da esso nati, il tribunale del domicilio della moglie, quando sussistono giusti motivi, a domanda del marito può revocare alla moglie il diritto ad essa riconosciuto nel primo comma'.

Qui l'aspetto temporale della proposizione introdotta da wanneer (''quando") è dato dal fatto che "i giusti motivi" devono sussistere nel tempo, il che trova conferma nell'uso del verbo (bestaan-sussistere) al tempo presente. Non si tratta quindi di un semplice dato di fatto, o di una constatazione, come avviene in­vece nella proposizione condizionale introdotta da indien (se).

Nei testi plurilingui la distinzione tra le congiunzioni pare assu­mere contorni meno precisi e può succedere che anche per questo sorgano dei problemi di interpretazione dei testi nelle diverse lingue.

Quando ad esempio si presentano in uno stesso periodo due proposizioni secondarie coordinate, si può osservare l'ellissi del

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secondo connettivo e in tal caso la scelta ricade su wanneer op­pure su indien, rispettivamente su quando oppure se:

ESEMPIO:

Art.20:/Wanneer de verweerder met woonplaats op het gron­dgebied van een verdragsluitende Staat voor een gerecht van een andere verdragsluitende Staat wordt opgeroepen en niet verschi­jnt, verklaart de rechter zich ambtshalve onbevoegd indien zijn bevoegdheid niet berust op de bepalingen van dit verdrag'. (Con­venzione di Bruxelles)/.

/Se n convenuto domiciliato nel territorio di uno Stato con­traente è citato davanti ad un giudice di un altro Stato contraente e non comparisce [sic!], n giudice dichiara d'ufficio la propria in­competenza nel caso in cui la presente Convenzione non preveda tale competenza/.

La scelta di wanneer, nel testo olandese, sembra in questo caso più appropriata di quella di se nel testo italiano, considerando che si è in presenza di una successione di eventi nel tempo (prima il convenuto viene citato e non compare e successivamente il giu­dice dichiara la propria incompetenza).

Va qui menzionata anche la proposizione condizionale olan­dese non introdotta da un connettivo, proposizione che ha valore avversativo-eccettuativo rispetto all'informazione contenuta nel co­testo precedente. Tutta la frase complessa aggiunge allora infor­mazione nuova rispetto al co-testo (il comma che precede) ed è dotata, quindi, di notevole grado di dinamismo comunicativo a li­vello del testo; la principale è dotata di maggiore grado di dina­mismo comunicativo rispetto alla subordinata. L'avverbio dan (al­lora) potrebbe essere considerato quindi segnale rematico:

ESEMPIO:

/Geeft de aangever geen voornamen op, of worden deze alle geweigerd zonder dat de aangever ze door een of meer andere

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vervangt, dan geeft de ambtenaar ambtshalve het kind een of meer voornamen, en vermeldt hij uitdrukkelijk in de akte dat die voor­namen ambtshalve zijn gegeven/ (NBW 4.3).

'Se il dichiarante non indica nomi, o se questi vengono tutti rifiutati senza che il dichiarante li sostituisca con uno o più altri, allora l'ufficiale di stato civile impone d'ufficio al nato uno o più nomi e fa espressa menzione nell'atto che tali nomi sono stati at­tribuiti d'ufficio'.

2. Alcuni aspetti della struttura informativa

2 .0. Generalità

Poiché i termini tema e rema vengono adoperati talvolta per intendere concetti diversi, è opportuno qui precisare che essi ver­ranno utilizzati secondo quanto proposto da Halliday (1987:273-293): il tema rappresenta il costituente che occupa la prima posi­zione nella sequenza ed è quindi l'elemento con il quale si dà ini­zio all'ordine lineare dei costituenti indipendentemente dal suo grado di dinamismo comunicativo, e il rema rappresenta il rima­nente dei costituenti della sequenza. Il termine dinamismo comu­nicativo sarà adoperato per indicare "... the extent to which the sentence ~lement contributes to the development of the commu­nication" (Firbas 1966:240; 1987:23).

Ulteriori termini, relativi alla struttura informatz'va della frase, saranno utilizzati conformemente alle definizioni di Halliday (1987): dato- nuovo (con riferimento all'informazione), noto- non noto (con riferimento all'identificazione).

Potrebbe essere riconosciuta l'analogia fra dato e nuovo di Halliday e tema e rema nella terminologia di Schwarze ( 1986: 141-155), per il quale il tema sarebbe "un fondo di informazioni con­divise"; attivato dal parlante, e il rema l'informazione destinata ad "aumentare questo fondo"; ed è perciò che verranno impiegati qui i termini di segnale tematico e di segnale rematico secondo le de­finizioni fornite da Schwarze, per il quale "i segnali tematici pos­sono servire a presentare come tali l'informazione che il parlante

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considera come condivisa dall'ascoltatore. [ ... ] I segnali rematici sono destinati a stimolare l'attenzione dell'ascoltatore: mettono in rilievo quella parte dell'enunciato che denota l'informazione de­stinata ad aumentare il fondo comune" (1986:142-143).

2.1. Il "pa.rticipium praesens" nel linguaggio giuridico olandese

L'estrema frequenza del participium praesens nel linguaggio giuridico olandese viene attribuita spesso al gusto per l'uso di uno stile aulico e ricercato; altre volte il participio praesens viene con­siderato di derivazione latina, posto che nella lingua comune lo si può usare soltanto secondo certe regole della lingua 'standard', re­gole che gli utenti del linguaggio giuridico non sempre osservano. Le costruzioni con il participium praesens devono essere conside­rate quindi stilisticamente marcate. Verrà considerata qui la possi­bilità di riconoscere la costruzione con il participium praesens come l'espressione di una struttura informativa più inerente alle maggiori restrizioni alle quali è soggetto un testo scritto rispetto a un testo orale, nel quale è possibile marcare il fuoco informativo mediante il posizionamento della tonica.

Sembra infatti che in alcuni casi il participium praesens svolga un ruolo nell'interpretazione semantica e nella struttura informa­tiva della sequenza in cui viene adoperato e che rientri nella com­ponente testuale. Il participium praesens contribuisce da un lato alla coesione del testo scritto, dall'altro supplisce alla mancanza, nel potenziale della lingua olandese, di un elemento che permetta di far risultare una indeterminatezza nei rapporti sintagmatici; ele­mento che esiste invece nel potenziale della lingua italiana e che può essere rappresentato, oltre che dal participio passato o dal participio presente, dal gerundio che è infatti di significato multi­plo sintattico e semantico.

Nelle costruzioni con il gerundio i rapporti sintagmatici logici possono rimanere impliciti: richiedono infatti di volta in volta una interpretazione del co-testo. Nella funzione di indeterminatezza del gerundio e del participium praesens olandese si potrebbero rite-

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nere presenti allora la componente interpersonale e quella idea­zionale logica.

Mentre però il gerundio è considerato stilisticamente non marcato rispetto alla lingua standard italiana, il participium prae­sens olandese è marcato (come del resto lo è il participio presente italiano):

ESEMPIO:

/Eisers hebben - ingevolge het bepaalde in art. 320 RV -een verzoekschrift ingediend bij de Rb R'dam, strekkende tot vast­stelling van het bedrag, waartoe de aansprakelijkheid van verzoe­kers voorshands moet worden beperkt./) (in: Schip en Schade 1986.6: 187).

'Gli attori hanno presentato - secondo quanto stabilito dal­l'art. 320 cpc olandese - una domanda al tribunale di Rotterdam, tendente alla determinazione della somma relativamente alla quale la responsabilità degli attori deve essere provvisoriamente limita­ta'.

In questo esempio di frase affermativa il tema della quale è il soggetto (tema quindi non marcato), il participium strekkende in­troduce una subordinata implicita con valore di relativa, mentre nella lingua comune l'informazione contenuta nel participium po­trebbe rimanere implicita (een verzoekschrift tot). Tuttavia alla ri­dondanza del participium può essere attribuita la funzione di se­gnale rematico, mentre la pausa alla quale il lettore del testo è co­stretto prima del participium, lo induce a prestare una maggiore attenzione alla parte della frase che contiene gli elementi di mag­gior grado di dinamismo comunicativo. La pausa nella lettura com­pensa così la mancanza della intonazione che è di appoggio alla coesione nel testo parlato (Cfr. De Beaugrande e Dressler 1981: 114-118). Il participium praesens aiuta perciò a meglio identificare il nuovo, nel senso che il dato (la proposizione principale) a livello dell'intera frase viene separato rigorosamente dal nuovo.

C'è da osservare ancora che in questa frase (non marcata) nemmeno il fuoco informativo è marcato e cade di conseguenza

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sull'ultimo item lessicale della dipendente di secondo grado (be­perkt-limitata); ciò sta a significare che rultimo item lessicale co­stituisce l'elemento che veicola il maggior grado di dinamismo co­municativo, sia a livello della dipendente di primo grado che a li­vello dell'intera frase.

In altri casi il participium praesens può sottolineare anche la contemporaneità fra l'azione espressa dal predicato della reggente e quella espressa dal participium praesens.

ESEMPIO:

/KSS [ ... ] vordert thans opheffing van vorenbedoeld beslag, zich beroepend op de eigendomsovergang/ (in: Schip en Schade 1986.6: 185)

'La KSS [ ... ] chiede ora la revoca del sequestro di cui sopra adducendo il trasferimento della proprietà'.

In casi simili a questi il participium praesens dimostra analo­gia con il gerundio presente italiano che - come messo in evi­denza anche da Pusch (1978:194) in frasi di questo tipo può avere due funzioni diverse: esprimere la contemporaneità delle due azioni o caratterizzare razione espressa dal gerundio (e rispettiva­mente dal participium praesens) come evento secondario. La se­conda delle funzioni può essere però neutralizzata dalle strutture comunicative e infatti il participium praesens e rispettivamente il gerundio italiano nella traduzione sono accompagnati dal sintagma preposizionale in posizione non marcata e risultano pertanto di alto grado di dinamismo comunicativo. Anche in casi come questo il participium praesens potrebbe essere considerato segnale rematico; tuttavia, visto che il tema è costituito dal soggetto che si trova a sinistra del verbo, questo soggetto può essere considerato segnale tematico e dovrebbe rappresentare allora il tema sul livello dell'in­tera frase complessa, cosicché la proposizione introdotta dal par­ticipium praesens, e rispettivamente dal gerundio, dovrebbe essere considerato il nuovo, esattamente come il nuovo della prima pro-

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posizione. Si potrebbe concludere quindi che nell'esempio citato, mediante l'uso del participium praesens e rispettivamente del ge­rundio, viene sottolineata la contemporaneità delle azioni espresse dai due verbi, cosicché sono anche dello stesso grado di dinami­smo comunicativo.

Anche in costruzioni con zijnde (essendo) è possibile indivi­duare una analogia del participium praesens con il gerundio ita­liano. Queste costruzioni hanno suscitato già l'interesse di Over­diep (1948:21 O) che si è chiesto in quale misura vi sia presente l'influenza della lingua francese. Non può stupire del resto che le implicite con zijnde siano piuttosto frequenti nel discorso giuri­dico, posto che si ritrovano perfino nelle Aanwijzingen voor de Wetgevingstechniek.

ESEMPIO:

/Dit betreft in de eerste plaats wetten in formele zin, daarop gebaseerde algemene maatregelen van bestuur en op de wet of een algemene maatregel van bestuur gebaseerde ministeri<~le regelin­gen, voorts ook zelfstandige algemene maatregelen van bestuur en

de zogenaamde kleine - koninklijke besluiten, niet zijnde al­gemene maatregelen van bestuur, waarin regels van algemene aard zijn vervat/ (Nederlandse Staatscourant 13-3-1984)

'Ciò riguarda in primo luogo leggi in senso formale, regola­menti amministrativi generali basati su di esse e regolamenti mini­steriali basati sulla legge o su un regolamento amministrativo ge­nerale; inoltre anche i regolamenti amministrativi generali autonomi e i regi decreti cosiddetti 'piccoli' - non essendo regolamenti amministrativi generali, nei quali sono contenute norme di carat­tere generale'.

In questa costruzione con il participium praesens (tradotto con il gerundio) i rapporti sintagmatici rimangono del tutto impliciti e il participium praesens ha lo stesso significato multiplo del gerun­dio: potrebbe avere infatti la funzione di rappresentare una pro­posizione concessiva, causale o relativa.

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L'intero periodo può essere ricondotto al tipo chiamato da Halliday (1987) identificativo-dimostrativo, che è molto frequente, probabilmente non soltanto in inglese ma anche in altre lingue, soprattutto nei discorsi scientifici. In questo tipo di frase - come dice Halliday (1987:291)- "Il parlante codifica un messaggio come il noto e quindi lo identifica con un non noto che nel contempo si dimostra deitticamente recuperabile dal discorso precedente" (ibid.).

Un tanto, applicato all'esempio di cui sopra, sta a significare che mediante il non noto (il dimostrativo anaforico tematico dit­ciò) tutta la rimanente parte della frase, che è il nuovo, dovrà es­sere codificata come noto per poi essere identificata nel dato, che diventa così un non noto, specificato anaforicamente nel passo/ punto precedente.

È ben comprensibile come nella parte che denota il nuovo, da identificare nel passo precedente e da codificare come noto, non può risultare nè un segnale tematico nè un segnale rematico, che interromperebbero il processo di identificazione; ed è perciò che nella incidentale con zijnde (''essendo"), proprio perché è in­cidentale, non sembra appropriato esplicitare il rapporto sintagma­tico logico.

Del resto ciò si spiega anche considerando che il testo Aan­wijzingen voor de wetgevingstechniek è destinato alla comunica­zione tra esperti; la incidentale non è altro che un esplicito richiamo alla presupposizione della comune conoscenza giuridica.

Tuttavia, anche se di frequente è possibile riconoscere la fun­zione del participium praesens olandese, ciò non esclude che in certi casi esso sia solo l'espressione di uno stile ricercato. La tra­duzione - come si vedrà nell'esempio che segue - può essere allora altrettanto marcata dal punto di vista stilistico-giuridico.

ESEMPIO:

/Aan de verdachte is ten !aste gelegd: dat [ ... ] hebbende hij, verdachte, daar toen gesteld en /of opgenomen in een artikel in het tijdschrift Moviola [ ... ] een of meer voor joden wegens hun ras (en/of godsdienst) beledigende passages, [ ... ]/ (Hoge Raad Strafka­mer 11/2/86 nr. 1734, in: NJ 1986, 40:2565).

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stato addebitato all'indiziato: che [ ... ], avendo lui, l'indi­ziato, in allora affermato e/o inserito in un articolo sul periodico Moviola [ ... ] uno o più passi ingiuriosi nei confronti degli ebrei in ragione della loro razza (e/o religione), ( ... ]'.

Nella traduzione di un testo giuridico dall'italiano in olandese è da tenere presente, ad ogni modo, che il participium praesens fa parte del potenziale semantico giuridico olandese e che, quando all'analisi del testo italiano dovesse risultare che i rapporti sinta­gmatici logici non sono esplicitati, si può o si deve, a seconda dei casi, ricorrere in olandese alla costruzione con il participium prae­sens.

L'economia della lingua italiana permette infatti, differente­mente dalla lingua olandese, di non esplicitare i rapporti sintagma­tici ricorrendo al solo participio passato; anche in questo caso la traduzione con il participium praesens appare spesso la più appro~ priata:

ESEMPIO:

/Nella causa contro X, voglia la Corte Ecc. ma, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione reietta e respinto l'appello inciden­tale, in riforma dell'impugnata sentenza n .. ./80, respingere le do­mande della X/ (Trieste, 110/82)

'Dat het het Hof moge behagen alle strijdige verzoekschriften, excepties en stellingen verworpen en het incidentele appèl ter wij­ziging van het bestreden vonnis nr ... afgewezen hebbende, de vor­deringen van X afte wijzen'

2.2. L'ordine dei costituenti

Nella lingua olandese le parti del predicato sono soggette così come nella lingua tedesca - a regole sintattiche piuttosto ri­gide che ne determinano la collocazione all'interno della frase e

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che condizionano la posizione degli altri costituenti lungo la linea sintagmatica. Le parti verbali rappresentano infatti i nuclei sintat­tici indipendentemente dal grado di dinamismo comunicativo che esse veicolano.

Come già osservato da Maes (1982), però, nel testo giuridico le strutture sintattiche appaiono spesso non conformi alle regole d'uso e talvolta la pratica sintagmatica del testo giuridico può ap­parire atipica, il che tuttavia, a meglio vedere, è attribuibile spesso alla intenzioni comunicative dell'autore del testo. La variazione ri­spetto alla norma d'uso può infatti contribuire alla semantica del testo: le potenzialità semantiche delle strutture sintattiche della lingua vengono amplificate in funzione dei bisogni comunicativi giuridici e mediante uno spostamento sintattico il destinatario viene indotto ad un procedimento di lettura più pertinente alla macra­struttura del testo.

La considerazione che il principio della prospettiva funzio­nale della frase non trovi applicazione soltanto per alcune lingue, ma sia da considerare fenomeno universale (Cfr. Firbas 1987:23), e quindi trovi applicazione sia per una lingua come l'italiano che per una come l'olandese (due lingue con una parte sistematica della sintassi diversa), spiega che in certi casi possono verificarsi ambi­guità sin tattiche semantiche, nel senso che, ad esempio, in una frase olandese con ordine non marcato l'elemento che veicola il mag­gior grado di dinamismo comunicativo può essere costituito sia dall'ultima parte del predicato che dall'elemento che immediata­mente la precede.

Viene a determinarsi così una tensione tra la distribuzione base secondo il principio della prospettiva funzionale della frase e la struttura semantica; perciò spesso può essere osservata nel testo giuridico olandese una distribuzione dei costituenti più conforme al principio del cosiddetto LIPOC "language independent prefer­red order of costituents", individuato da Dik (1981 :21 sgg.).

Secondo il principio del LIPOC i costituenti meno complessi precederebbero nella frase quelli più complessi e ciò spiegherebbe perché anche nella lingua olandese i sintagmi preposizionali si tro­vino spesso a destra delle parti del predicato e perché nel linguag-

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gio giuridico il principio del LIPOC trova applicazione non solo con riguardo alla posizione dei sintagmi preposizionali.

ESEMPIO:

/Immers, in h et middel wordt aangevallen de beslissing va n het Hof t'n diens t'nterlocutoir arrest om de Staat toe te laten (en niet: "op te dragen", zoals in het middel m .i. ten onrechte wordt geschreven) bepaalde stellingen te bewijzen/ (in: Schip en Schade 1986.6:165)

'Infatti, con il motivo si impugna la decisione della Corte, nella sua sentenza interlocutoria, di ammettere lo Stato (e non: "di gra­vare", come a mio avviso erroneamente viene scritto nel motivo), di provare determinate affermazioni'.

Una collocazione delle parti verbali, quale si presenta nella reggente di questo esempio, è atipica per la lingua olandese; si può notare però come essa più si avvicini al sistema sintattico della lin­gua italiana, che deve essere considerato più conforme al princi­pio del LIPOC.

Un tanto trova conferma anche nel testo della Convenzione di Bruxelles:

ESEMPIO:

Art.33/All'istanza devono esser allegati i documenti di cui agli articoli 46 e 4 7 l

'Bij een verzoek worden gevoegd de t'n de artikelen 46 en 47 genoemde documenten'

Una proposizione può assumere un valore semantico diverso nella sua globalità quando con lo spostamento sintattico si vuole evidenziare una opposizione semantica.

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ESEMPIO:

/Men neemt thans algemeen aan, dat onze grondwet, wan­neer ze het woord "wet" hanteert in verband met de grondrechten, daarmee op het oog heeft de wet in farmele zinl (in: Staats- en Administratief Recht 1981: 151 ).

'Si assume oggi generalmente che la nostra Costituzione, quan­do fa uso della parola "legge" con riferimento ai diritti costituzio­nali, con ciò essa intende la legge in senso formale'.

La dislocazione a destra della locuzione con valore fraseolo­gico ("op het oog heeft") di de wet in farmele zin (''la legge in senso formale") rende marcato il sintagma e con esso l'intera frase. Il paradigma, nel sintagma in tal modo marcato, riduce una serie potenziale di termini (leggi in senso formale, leggi in senso mate­riale) a solo uno: "la legge in senso formale" (Cfr. Cigada 1983:137).

Per l'analisi del testo di contenuto giuridico in funzione tra­duttiva è inoltre di particolare importanza il riconoscimento della ridistribuzione dell'attenzione per il lettore, ridistribuzione deter­minata dalla collocazione dei costituenti secondo il grado di dina­mismo comunicativo, come risulta anche dal seguente esempio tratto da un capo di sentenza del Hoge Raad:

ESEMPIO:

/Dat het Hof, dat blijkens zijn r.o. 16 en 22 het hier bespro­ken bijzonder aspect in zijn afweging van alle omstandigheden van het gegeven geval heeft betrokken, daarbij het gewicht dat blijkens het vorenoverwogene aan dat aspect toekomt, heeft miskend, blijkt niet/ (H.R. 30-5-1986; in: N.]. 40:2550).

'Non risulta che la Corte, la quale, da quanto risulta nelle con­siderazioni in diritto 16 e 22, con propria ponderazione di tutte le circostanze del caso di specie ha considerato l'aspetto particolare qui in discussione, abbia disconosciuto l'importanza che, da quanto ri­sulta dall'esposizione di cui sopra, è da attribuire a quell'aspetto'.

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Tra le due alternative presenti nel potenziale della lingua o­landese: het blijkt niet, dat ... e: dat [. . .] bli.fkt niet, è la seconda quella che focalizza l'elemento di negazione in: blijkt niet, che viene presentato come nuovo. Difatti, come risulta dal contesto, esso è effettivamente l'informazione nuova, oltre che non nota. La su­bordinata rappresenta il dato e un orientamento rivolto a "giusti­ficare" il blijkt niet. La focalizzazione di blijkt niet è di evidente importanza in una frase, suscettibile di controllo "vero-falso" in un testo quale una sentenza. La frase olandese, avendo il fuoco informativo sull'ultimo item lessicale, non è marcata; oltre a co­stituire il fuoco informativo l'elemento di negazione presenta però un accento contrastivo: perciò sarebbe stata possibile anche una costruzione marcata come nièt blijkt dat, .. , (''non risulta che"), che nella traduzione pare l'unica possibile in italiano perché la restri­zione della sintassi italiana non consente la collocazione dell' ele­mento di negazione "non" in posizione postverbale.

Viceversa, se la frase di partenza fosse stata quella della tra­duzione italiana da essere tradotta in olandese, una inversione tra reggente e dipendente sarebbe stata possibile solo ponendo l' ele­mento che rappresenta il fuoco informativo in posizione marcata, (nièt blijkt, dat ... ) e ciò perché una inversione tra reggente e di­pendente con ordine non marcato (het blijkt niet dat ... ) non por­terebbe, nel testo scritto, l'accento sull'elemento informativo più importante, quello che veicola cioè il maggior grado di dinamismo comunicativo.

2.3. Il passivo

Fare menzione della diatesi passiva, annoverandola come trat­to distintivo del discorso giuridico, potrebbe sembrare in un primo momento superfluo e banale, anche perché in sé e per sé le forme passive non rappresentano particolari problemi per il traduttore. La funzione del passivo in rapporto alla struttura informativa è ben nota e non sembra diversa da lingua a lingua, per quanto la fre­quenza dell'uso nelle diverse lingue non sia uguale. Il passivo viene usato quando l'agente dell'azione non è definito in forma precisa

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e determinata, oppure quando non si desidera che venga specifi­cato; quando invece l'agente è specificato, il passivo consente di far coincidere il fuoco informativo con l'agente dell'azione, cosic­ché il tema, come punto di partenza della sequenza, rimane non marcato ed è incluso nel dato; quindi è recuperabile anaforicamente nella parte precedente del co-testo ( Geerts et al. 1984: l 054 sgg.; Lepschy e Lepschy 1986:136-137; Halliday 1987:282-283).

Con l'uso del passivo si pongono centrali all'attenzione l'a­zione, l'evento o il processo; il passivo, si dice, è tipico dello stile impersonale.

La diatesi passiva è quindi una caratteristica della sintassi di ge­neralizzazione, per mezzo della quale vengono rimossi il contesto e la specifica identità degli agenti del processo o dell'azione, mentre viene a mancare qualsiasi atto linguistico diretto: in questo modo si giunge alla istituzionalizzazione dell'enunciato ( Goodrich 1987: 180-181 ).

Da quanto sopra esposto si sarebbe portati a concludere che la diatesi passiva non è tratto distintivo di ogni testo giuridico, ma soltanto di quei testi nei quali la comunicazione giuridica ha come fine il porre norme di guida diretta di comportamento, vale a dire dei testi normativi generali e astratti, nei quali è minima la pre­senza dell'elemento di comportamento linguistico individuale; con­trariamente a quanto avviene nei testi giuridici nei quali l'uso della lingua è manifestazione di una dialettica, come ad esempio nelle comparse delle parti, oltre che nei testi istitutivi di norme con­crete e individuali.

Tuttavia in quasi tutti i testi di carattere giuridico si può no­tare che la diatesi passiva svolge spesso un ruolo importante nella struttura informativa, come anche osservato da van Eemeren. Fe­teris, Grootendorst e Kruiger in Argumenteren voor ]uristen (1987:171-172), i quali citano il seguente

ESEMPIO:

/Op 13 december 1972 staakte belanghebbende zijn arbeid volledig. Dit leidde tot een beslissing van het bestuur, waarbij de verstrekte gegevens werden ingetrokken/.

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'Il 13 dicembre l'interessato interrompeva del tutto il suo la­voro. Ciò portava ad una decisione dell'amministrazione con la quale le informazioni venivano revocate'.

3. Il lessico

3.0. Generalità

Il lessico giuridico, quale insieme di tutte le unità lessicali che costituiscono la varietà d'uso funzionale-contestuale e cioè il lin­guaggio settoriale giuridico, si distingue da quello in uso in altri ambiti specialistici per una opposizione meno distinta con il les­sico della lingua comune.

L'influenza reciproca tra società e mondo dei giuristi è molto più intensa di quella esistente tra la stessa società e qualsiasi altro gruppo professionale; i fenomeni di costante interazione, già no­tati da Benveni:5te (1974.2:100), si manifestano in qualsiasi stadio della vita sociale. A parole di uso generale nella lingua comune viene attribuito un referente specifico per adattarle al livello spe­cialistico e dopo essere state dotate così di un nuovo valore rien­trano nel lessico della lingua comune introducendovi diversifica­zioni lessicali.

Termini quali fisco, testamento, cittadinanza ecc. sono evi­dente testimonianza di questa continua interazione. Non sempre si tratta di "appropriazione" di lessemi della lingua comune da parte del linguaggio giuridico; è ben vero anche il contrario: la lingua comune si "appropria" di termini giuridici conferendo ad essi con­torni semantici meno distinti di quelli che sono loro propri nella semantica lessicale giuridica.

Ogni comportamento e ogni aspetto della vita possono es­sere regolamentati dal diritto e devono poter trovare allora defi­nizione a livello giuridico. Nel caso della necessità di nuova rego­lamentazione di uno o più aspetti della vita sociale o nel caso della regolamentazione di aspetti nuovi della vita sociale le opzioni a livello giuridico possono essere operate quindi in parte all'interno del lessico della lingua comune e in parte nel vocabolario esclusi-

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vamente giuridico. È così che possono essere ritrovati nel linguag­gio giuridico anche termini assolutamente non noti o poco noti nella lingua comune e termini noti nel lessico della lingua comune, ma che hanno acquistato il valore di termine tecnico giuridico.

Può presentarsi quindi omonimia o polisemia tra lessema della lingua comune e termine giuridico; altre volte illessema già poli­semico nella lingua comune è dotato, per un processo di disam­biguazione o di restrizione di significato o a motivo di diverse evoluzioni della lingua comune e del linguaggio giuridico, di uno solo dei significati che esso possiede nella lingua comune.

Al livello del registro giuridico si incontrano allora gli stessi problemi che sono propri della semantica lessicale della lingua co­mune: come il problema dei diversi aspetti del significato, quello della polisemia e/o omonimia di un lessema anche tra diversi set­tori del diritto o all'interno di un solo settore, quello della sino­nimia, quello delle diverse combinazioni semantiche, e quello delle espressioni idiomatiche o della fraseologia giuridica.

A ciò deve aggiungersi che la situazione comunicativa giuri­dica pone certe condizioni di appropriatezza e comporta pertanto determinate regole di comportamento linguistico, riconducibili quindi a condizioni pragmatiche.

Anche per quanto riguarda il lessico il traduttore deve rivol­gere pertanto la propria attenzione alla semantica lessicale della lingua comune e nel contempo a quella specifica del linguaggio giuridico, individuando i confini tra l'una e l'altra ed eventuali so­vrapposizioni.

3.1. Alcuni cenni sul problema dell'indipendenza della parola

Il problema del significato è strettamente legato a quello della definizione e dell'autonomia linguistica della parola ed è una que­stione dibattuta, sia in linguistica che in diritto oltre che nell'am­bito della traduzione, poiché il traduttore non opera mai su parole isolate ma sempre su testi in un contesto.

In difesa di una certa autonomia della parola si è sempre espresso Newmark, specificando tuttavia di non credere nella "ab-

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solute primacy of the word, (1988a: xi-xii) ma di voler difendere verità e accuratezza, e intendendo, come spiegato in The use and abuse of a text-bound approach to translation (1988b:66-72), ri­portare ad un certo equilibrio i diversi approcci alla traduzione; enfatizzando troppo il co-testo e tutti i fattori del contesto situa­zionale si correrebbe infatti il rischio, a suo avviso, di non prestare sufficiente attenzione al valore semantico delle parole nel contesto loro proprio.

Questa preoccupazione di Newmark è certamente da condi­videre soprattutto per quanto riguarda la traduzione di testi giuri­dici, nei quali verità e accuratezza sono altrettanti presupposti per la qualificazione di una traduzione come 'giuridica'. Resta tuttavia da chiedersi fino a che punto sia giustificato limitare l'indagine ai termini e ai lessemi senza considerare la situazione comunicativa in cui essi ricorrono. Tuttavia si possono prendere in esame iter­mini o lessemi dal punto di vista della loro efficacia nella comu­nicazione specializzata, ma senza sminuire l'importanza della sin­tassi frastica e transfrastica.

Considerare i lessemi o i termini dal punto di vista della loro efficacia all'interno della comunicazione specializzata significa esa­minare allora termini tecnico-giuridici ben definiti, i confini se­mantici dei quali non siano ambig_ui e siano dotati di una poten­zialità emotiva del tutto trascurabile (Cfr. Ullmann 1977:75).

Si rivela allora in tutta la sua importanza il problema della de­finizione, perché per termini ben definiti si dovrebbe intendere quei termini per i quali la definizione identifica il significato con­cettuale o denotativo, perché qualsiasi altro virtuale significato (Leeds, 1981, cap.2 ne discute sette) è da rapportare al co-testo ed al contesto situazionale nei quali essa viene adoperata. Il problema della definizione e quello del significato saranno allora trattati det­tagliatamente più oltre.

3.2. Le forme cosiddette arcaiche

In qualsiasi testo che tratti del linguaggio giuridico di qual­siasi lingua vi sono notazioni critiche negative sui cosiddetti "ar-

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caismi", tante e tali da farli risultare di uso quasi universale. Quelle critiche però (e non soltanto sugli arcaismi, ma anche su quasi tutto ciò che appare creare distanza tra lingua comune e linguaggio giu­ridico), vengono avanzate soprattutto da coloro che guardano al linguaggio giuridico con l'aspirazione che il diritto e il suo linguag­gio siano resi accessibili a chiunque. Avviene quindi che si risolva spesso in una disputa tra puristi e non-puristi quanto dovrebbe co­stituire invece oggetto di ricerca linguistica sul linguaggio giuridico (Cfr. Maes 1981).

D'altra parte, la considerazione che il linguaggio giuridico co­stituisce un potenziale semantico giuridico, un registro con pro­prio statuto, non diverso da qualsiasi altro registro, non lascia spa­zio alla valutazione di certe parole o espressioni come 'arcaiche' (anche se a tale proposito, nell'ambito del diritto come in qualsiasi altro ambito, possono essere osservati abusi) perché spesso ciò che viene indicato come 'arcaismo' fa parte, a tutti gli effetti, del po­tenziale semantico giuridico, qualunque si riveli il motivo del fe­nomeno.

Del resto già il linguista olandese Overdiep (1937:180-182), studiando i diversi aspetti dell'arcaismo, aveva precisato che non si è in presenza di arcaismi allorché, in una determinata varietà funzionale-contestuale, si incontrano forme e significati che nella lingua comune non sono più usuali: la lingua usata nel particolare settore segue semplicemente una evoluzione diversa da quella della lingua comune.

Molti dei cosiddetti arcaismi devono essere considerati, quin­di, come termini giuridici, perché nel linguaggio giuridico essi hanno solitamente un significato ben delimitato.

3.3. Espressioni latine, latinismi e francesismi

Quanto detto a proposito degli 'arcaismi' può essere ripetuto per le espressioni latine, i latinismi e i francesismi: essi formano parte integrante della semantica lessicale giuridica e in ogni caso devono essere considerati come tali anche dal traduttore. Questo si evidenzia in modo particolare quando si prendono in esame i latinismi e i francesismi nel linguaggio giuridico olandese.

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Infatti, se si confronta il dizionario Fockema Andreae 's del 1985 con il vocabolarietto del 1916 redatto dalla Commissione istituita nel 1912 dalla Nederlandscbe ]uristenVereeniging (e che contiene le proposte per la sostituzione di voci del linguaggio giu­ridico, ritenute 'non pure'), si nota che, nonostante gli sforzi della Commissione, molti dei latinismi e dei francesismi, quali, ad esem­pio, incompatibiliteit, legitimatie, compensatie ecc., allora messi al bando, continuano a tutt'oggi a fare parte del lessico giuridico.

Per alcune di questi voci (ad esempio compromis), benché fossero considerate poco eleganti, la Commissione aveva espresso il parere che non dovessero essere sostituite perché non esiste­vano lessemi olandesi accettabili di valore equivalente.

Si può concludere, a distanza di oltre mezzo secolo, che molte di quelle voci avevano e hanno tuttora un tale grado di tecnicismo da non poter essere sostituite con altre senza creare conseguenti difficoltà di esegesi giuridica, pur essendo vero che alcuni latini­smi, francesismi o espressioni latine non sono stati sostituiti da pa-_ role o espressioni più conformi alla lingua olandese soltanto per effetto di ciò che già Bally (1951:239-240) ha chiamato "l'effet par évocation".

Continuano tuttavia i tentativi per rendere meno distanti lin­guaggio giuridico e lingua comune. Già nel 1916 la Commissione aveva proposto, per esempio, la sostituzione del termine compen­saNe con scbuldvergelijking; sostituzione mai del tutto accettata dai teorici o dagli operatori del diritto, tanto che ora nel terzo li­bro del nuovo codice civile olandese, non ancora entrato in vi­gore, il termine compensatie è stato sostituito con quello di ver­rekening (Hartkamp 1977:9); così un lessema della lingua comune è diventato termine giuridico.

Sostituzioni simili possono porre alcuni problemi al tradut­tore: anzitutto un nuovo termine non viene utilizzato necessaria­mente subito da tutti i giuristi; si possono incontrare durante un periodo di transizione più o meno lungo (per rimanere all'esempio di cui sopra) tutti e tre i termini, che il traduttore non può consi­derare nemmeno sinonimi, perché il termine nuovo viene scelto proprio per il raggiungimento di una maggiore chiarezza, cioè per circoscrivere il concetto da esso espresso, e i suoi contorni seman-

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tici sono quindi meno vaghi di quelli dei termini precedenti. Quanto sopra dimostra anche come il traduttore del testo giuridico debba mantenersi aggiornato, almeno quanto il giurista, con riguardo ai mutamenti del lessico giuridico; per il traduttore si tratta infatti di una esigenza di applicazione pratica.

La conoscenza dell'evoluzione del lessico giuridico può es­sere appresa però quasi esclusivamente da opere dottrinali e, con­siderata la distanza che ancora esiste tra mondo giuridico e mondo dei traduttori, risulta spesso difficile per il traduttore operare con piena cognizione di tali fonti.

3.4. Significato multiplo (polisemia e omonimia); sinonimia

Se già nel lessico della lingua comune risulta difficile tracciare un confine netto tra polisemia e omonimia, ancora più problema­tico diventa operare questa distinzione all'interno della semantica lessicale giuridica per le diverse stratificazioni storiche della lingua comune e del linguaggio giuridico. Ciò che è importante per il tra­duttore è sapere che tuttavia nemmeno nel diritto si è raggiunta la completa disambiguazione; quindi nemmeno i termini usati nelle codificazioni (Cfr. Valkhoff 1971, Hartkamp 1977) possono essere compresi- e quindi tradotti- senza ricorrere al co-testo. La dif­ficoltà di disambiguazione mette in chiara evidenza l'opposizione tra il principio della economia della lingua e quello della ricerca della precisione, opposizione caratteristica di tutti i linguaggi a fini speciali. A ciò si deve aggiungere che non sempre risulta chiaro se un termine sia da qualificare come giuridico oppure semplicemente come appartenente al lessico della lingua comune: così Westerling (1965:824-825) ha potuto riscontrare in testi di diritto pubblico e amministrativo ben dieci usi diversi del verbo voorzien.

Può stupire allora che nella semantica giuridica vi sia ancora spazio per la sinonimia; nemmeno il legislatore cerca sempre, del resto, di essere univoco, tanto è vero che nel nuovo codice civile olandese esiste, ad esempio, sinonimia tra nakoming e voldoening ("adempimento") (Cfr. Hartkamp 1977). Tra i termini nakoming e

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voldoening c'è sino·n1m1a secondo la definizione di Lyons (1981 :602), cioè tra un termine e l'altro esiste una " ... relazione di iponimia simmetrica: se x è un iponimo di y e se y è un iponimo di x [ ... ], allora x e y sono sinonimi" e solo quando esiste questa relazione di sinonimia tra due termini si può affermare che essi sono giuridicamente sinonimi.

In ogni caso la intercambiabilità dei termini in una traduzione giuridica deve essere sempre fondata su adeguata documentazione; mentre in un testo qualsiasi si può tendere ad evitare l'uso ripe­tuto della stessa parola nel medesimo enunciato (per motivi di stile), nell'ambito del lessico giuridico tale tendenza necessariamente do­vrà essere limitata per non correre il rischio di adoperare termini esprimenti concetti completamente diversi l'uno dell'altro.

3. 5. La fraseologia

Con il termine fraseologia si indica spesso un complesso di fenomeni che possono essere considerati per lo più come appar­tenenti al linguaggio figurato e che conoscono una trattazione a parte anche nella stilistica e nella retorica in quanto rappresentano una certa libertà individuale rispetto al sistema linguistico.

Una panoramica dei diversi termini adoperati nell'ambito della fraseologia e delle definizioni del termine stesso fraseologia è data da Hessky in Phraseologie (1987: 1-22), secondo la quale finora non sarebbe stata raggiunta unanimità di consensi sulla definizione del termine fraseologia, pur essendo concordia in letteratura su alcune delle caratteristiche pertinenti alle unità fraseologiche: la lessica­lizzazione, per cui il significato dell'espressione non risulta dall'a­nalisi dei singoli elementi dell'unità fraseologica, la parziale o la completa trasformazione semantica (metafora), e inoltre la consta­tazione che l'espressione, per poter essere chiamata fraseologica, deve consistere in più elementi; caratteristiche che sono menzio­nate anche da Gak (1981).

Allo stesso modo non sussistono ancora certezze sulla classi­ficazione, perché pare che le espressioni fraseologiche difficilmente si prestano ad essere classificate secondo un solo criterio, ragione

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per la quale viene adottata spesso (in analogia a quanto fa la ri­cerca fraseologica sovietica) una classificazione sulla base di criteri semantici e morfosintattici (Cfr. Hessky 1987:18-19).

Non è possibile proporre in questa sede una classificazione completa della fraseologia; su alcune sue caratteristiche, di seguito trattate, è particolarmente opportuno soffermarsi.

3.6. I sintemi

Il sintema è ben definito da Rigotti (1984:3 7) come una com­binazione di elementi " ... che non operano entro la combinazione con il loro valore specifico; in altre parole, il valore complessivo della combinazione non si lascia ricondurre ai valori dei singoli elementi ed alla funzione sintattico-semantica che li lega" (ad e­sempio, punto di vista-standpunt).

Talvolta è difficile individuare all'interno del lessico giuridico il confine tra ciò che è forma estensiva del verbo e ciò che è sin­tema; a causa delle diverse stratificazioni storiche del linguaggio giuridico e della lingua comune risulta non facile la individuazione del grado di motivazione, cosicché ciò che al traduttore non giu­rista può apparire un assortimento non più soggetto alle leggi della combinazione semantica, può rappresentare invece per il giurista una espressione, il valore semantico della quale è riconducibile al valore dei singoli elementi che la compongono. Ad esempio rau­welijks dagvaarden (''citare in giudizio per direttissima") può es­sere certamente espressione oscura per il non giurista, il quale può associare rauwelijks ad un evento cruento (rauw =crudo). La com­binazione rauwelijks dagvaarden accosta cioè due nozioni incom­patibili e nella lingua comune può essere sentita come una meta­fora interrotta.

Può presentarsi anche il caso che espressioni o termini giu­ridici siano entrati nella lingua comune assumendovi un senso me­taforico, ad esempio, in be t geding zijn (trattarsi di, essere in gioco).

Qualche espressione è da considerare comunque come blocco linguistico e sicuramente è soggetta a restrizioni per quanto riguarda eventuali modificazioni, ad esempio, (uitvoerbaarheid) bij voor­raad (provvisoria esecuzione).

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La differenza tra i sintemi della lingua comune e quelli del linguaggio giuridico consiste nel fatto che per i secondi non è pos­sibile dire che "spesso sono costituiti da metafore cristallizzate e svuotate" (Cigada 1984: 145); il più delle volte non si tratta di me­tafore ma di lessemi con valore semantico completamente scom­parso dalla lingua comune; in ogni caso i sintemi giuridici- come i sintemi nella lingua comune - si collocano, dal punto di vista della traduzione, sul livello del singolo termine.

3. 7. Il sintagma convenzionale

A stretto rigore le combinazioni semantiche funzionali, alle quali mancano una o più delle tre sopraindicate caratteristiche fra­seologiche, non possono essere considerate fraseologiche. Il loro significato è deducibile infatti dal significato dei singoli elementi, il che vale spesso anche per le forme estensive del verbo ( iets voor kennisgeving aannemen - prendere atto di qualcosa). Ciò nonostante tali combinazioni non possono essere considerate unità libere; vengono a trovarsi infatti a metà strada tra l'unità fraseolo­gica e l'unità libera. Sono queste le combinazioni, gli elementi delle quali costituiscono comunque una unità, che sono chiamate da Marton (1977:33-57) sintagmi convenzionali e che nell'ambito dei linguaggi settoriali sono considerate unità fraseologiche (Cfr. Picht 1982:171).

I sintagmi convenzionali rappresentano unità sintattiche for­mate conformemente alle regole di co-occorrenza lessicale di una determinata lingua e sono dotati di valore funzionale per gli utenti di quella stessa lingua (een zware verkoudheid: un forte raffred­dore).

Il sintagma convenzionale da sempre ha attirato l'attenzione degli studiosi della didattica delle lingue straniere, in quanto fonte di frequenti errori nell'uso produttivo della lingua, sia scritta che orale, e quindi anche nella traduzione. Il sintagma convenzionale può essere considerato infatti come una relazione privilegiata di occorrenza lessicale, di carattere stabilizzato nella combinazione lessicale dalla quale è costituito.

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Alcuni esempi di sintagmi convenzionali giuridici sono: de verkrijger anders dan om niet ("l'acquirente a titolo oneroso"); dienstbaarheid vestigen ("costituire una servitù"); e nella sola lin­gua. olandese: een erfenis kloven ("dividere un'eredità in parti e­guali").

Nella traduzione il sintagma convenzionale giuridico può crea­re difficoltà tanto quanto il singolo termine tecnico giuridico o non tecnico giuridico perché, come risulta dagli esempi citati, lo stesso valore semantico viene espresso da una lingua all'altra con com­binazioni semantiche funzionali diverse.

3.8. Enunciati legati e formule cosiddette rituali

Tra enunciato fraseologico ed enunciato libero stanno anche gli enunciati legati studiati da Fonagy (1981 ), importanti in quanto spesso si deve trovare nella traduzione un'equivalenza situazionale che rispecchi le tradizioni linguistiche della LA in rapporto ai di­versi fenomeni socioculturali.

Questi enunciati sono infatti " ... globalmente legati ad una si­tuazione concepita globalmente" (Fonagy 1981:144); il valore no­minale di essi è venuto meno a causa di un processo di usura se­mantica che ha fatto loro assumere un valore situazionale.

Ogni situazione comunicativa richiede infatti, dal punto di vi­sta dell'interazione, determinate reazioni che trovano espressione in enunciati, il senso attuale dei quali è usuale; anche nella situa­zione comunicativa giuridica possono essere riconosciuti quindi degli enunciati legati che hanno subìto un indebolimento della loro funzione referenziale. Pur se strettamente legati alla situazione co­municativa giuridica e perciò paragonabili nella funzione agli e­nunciati legati a qualsiasi situazione comunicativa, questi enunciati giuridici si distinguono tuttavia da quelli nella lingua comune per il fatto che non stanno (più) in rapporto con enunciati liberi che siano costituiti dagli stessi elementi ma che hanno valore seman­tico diverso. Gli enunciati legati giuridici non creano quindi omo­nimia tra enunciati legati e enunciati liberi; infatti vengonO chia­mati di solito formule rituali, espressione spesso usata anche per

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le formule contenute nei cosidetti formulari. Questi enunciati le­gati alla interazione verbale sono una manifestazione co-testuale di fattori contestuali ed esprimono una gerarchia sociale (Cfr. Petofi 1981).

Possono essere considerati allora enunciati legati giuridici, tra gli altri, anche tutte le formule di apertura e di chiusura (con fun­zione fatica) usuali nella corrispondenza tra giuristi e avvocati: Geachte Confrère (''Caro Collega"), Weledelgestrenge Vrouwe (''Gentile Signora"); Hoogachtend, Uw dienstwillige dienaar (''di­stinti saluti", letteralmente: "il Vostro devoto servitore"), nonché le formule di apertura e di chiusura di alcuni atti processuali.

Ad esempio, l'istanza indirizzata al giudice olandese incomin­cia con la formula: Geeft eerbiedig te kennen ( eerbiedig = rispettosa­mente) e termina con : hetwelk doende ik de eer heb van U Edel­achtbare de dienstwillige dienaar te zijn (trad. lett.: "facendo ciò ho l'onore di essere il di Voi Eccellenza il devoto servitore"), for­mula normalmente abbreviata in 't welk doende enz. e che in pas­sato aveva come alternativa: hetwelk doende, zo zult gij weldoen, en wij zullen God (de Maagd Maria enz.) voor U bidden (trad. lett. "facendo ciò, Voi farete del bene, e noi pregheremo Dio (la Vergine Maria ecc.) per Lei").

Questi enunciati, chiaramente riconducibili ai soli fattori con­testuali, potranno e dovranno trovare nella traduzione una corri­spondenza contestuale che rispecchi le convenzioni situazionali della LA (Cfr. Petofi 1981:108 sgg.), così come qualsiasi altra ma­nifestazione di fattori contestuali; e quindi anche una frase quale: Weshalve verzoeker zich wendt tot U.E.A. met het eerbiedig ver­zoek ... " può trovare corrispondenza in italiano traducendo: " Per­tanto il richiedente fa istanza al Sig. Presidente affinché ... ".

Gli enunciati legati alla situazione di interazione verbale vanno distinti dalle formule rituali dipendenti dalla ripetuta applicazione di una normativa, perché queste mantengono intatto il loro valore referenziale; sono sequenze che, quando non possono trovare cor­rispondenza secondo convenzioni o tradizioni della LA, devono essere trasferite nella LA mediante la traduzione chiamata da Petofi (1981) secondaria, scegliendo cioè una corrispondenza esclusiva­mente co-testuale della sequenza.

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È questo uno dei tanti motivi per i quali un testo giuridico tradotto si manifesta pur sempre quale 'traduzione' e molto diffi­cilmente come un testo giuridico redatto direttamente nella LA.

In molti casi comunque non è necessario ricorrere ad una traduzione secondaria, soprattutto quando la traduzione si svolge quale mediazione tra due sistemi aventi comuni tradizioni giuridi­che.

Così la formula, contenuta nell'atto introduttivo di un proce­dimento, A} wonende te ... ten deze woonplaats kiezende te... ten kantore van ... contiene tutti gli elementi prescritti dalla normativa olandese, che sono quelli stessi prescritti dalla legge italiana, co­sicché la stessa formula trova nella traduzione l'equivalenza: "A. residente in ... il quale agli effetti del presente atto elegge domicilio nello studio di. .. ".

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III- I TERMINI E LE DEFINIZIONI

l. Termini

1.1. Il significato 'qualificatore'

Indagare sui termini giuridici equivale in sostanza ad indagare sui concetti giuridici, impresa ardua non soltanto perché - come si è visto - la peculiarità del concetto giuridico consiste nel si­gnificato nuovo o non nuovo che il termine può assumere quando è incorporato nel discorso giuridico, ma anche perché non sem­bra esistere vera concordia tra gli stessi giuristi e filosofi del diritto su cosa si debba intendere per significato, problema centrale in qualsiasi studio di semantica e a maggior ragione anche della se­mantica giuridica.

Quando si indaga sui concetti espressi dai termini, che pur sempre sono strumenti di comunicazione, si cerca solitamente di estrarre dall'ormai classica formula dell'americano Lasswell (1948), caratterizzante un qualsiasi processo di comunicazione, uno solo dei componenenti e cioè il che cosa: Who/Says What!in Which Channel/to Whom/With What Effect/ (Chi/dice che cosa/ con quale medium/a chi/con quale effetto/).

Ciò dovrebbe portare quindi all'individuazione del significato logico-concettuale, per mezzo di un'analisi delle componenti se­mantiche del termine. Il procedimento risulta assai difficile per quelle discipline, quale il diritto, che si differenziano dalle scienze

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naturali e tecnologiche per la opposizione tra Begriffsworter e Fach­worter (Paepke 1986:315).

Esiste così conflitto tra l'esigenza di disambiguazione, quella stessa delle scienze naturali e tecnologiche che esige che l' espres­sione usata per esprimere un concetto sia della massima precisione, e il fatto che l'interpretazione del concetto espresso dal termine -per la natura stessa del diritto - non può avvenire che con rife­rimento al contesto, alla situazione e alla cultura.

Scarpelli, nella sua Prefazione a Contributo alla Semantica del linguaggio normativa (1985:39,41) afferma che il suo orien­tamento è di " ... considerare il linguaggio quale istituzione cultu­rale, quale prodotto e fattore della condizione umana, condizione [ ... ] del formarsi e del trasmettersi delle attività non puramente or­ganiche e dei loro risultati" con la " ... consapevolezza che la defi­nizione di un concetto non è la rivelazione di una essenza, bensì la determinazione di uno strumento, che il concetto ha il significato da noi attribuitogli".

L'orientamento non è in conflitto con la teoria che vede la lingua, contemporaneamente come uno specchio o un riflesso della realtà sociale e come uno strumento di comunicazione; Scarpelli arriva così alla distinzione tra significato qualificatore e significato non qualificatore: tutti i segni linguistici avrebbero un significato comunque definibile. Vengono superate così le difficoltà legate alle definizioni di concetti dotati, oltre che di un significato puramente logico-concettuale, di un qualche significato emotivo o espressivo, in particolare di quello affettivo (affective meaning; Leeds 1981) che sfugge alle comuni tecniche definitorie perché dettato dalla situazione comunicativa.

Poiché il definire un concetto costituisce l'imperativo della disambiguazione, la definizione dei concetti dotati di un signifi­cato emotivo può essere resa possibile, secondo Scarpelli (1985: 140), solo con la distinzione tra concetti di significato qua­lificatore e concetti di significato non qualificatore, senza per que­sto voler escludere ogni significato emotivo del segno.

L'importanza della distinzione tra significato qualificatore e significato non qualificatore consiste nel fatto che i concetti qua­lificatori possono trovare definizione nell'enunciazione di norme

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e di relazioni tra cosa qualificata e norma, come nell'esempio del concetto qualificatore buono, per il quale, quando una persona si trova nella necessità di definirlo, dirà che" ... secondo lui, o secondo una qualche autorità, o secondo la comune opinione, ci si deve comportare in questo e quel modo", e che ciò " ... equivale ad as­segnare una linea di condotta o a constatare una conformità o dif­formità rispetto ad una linea di condotta assegnata" (Scarpelli 1985:141).

La individuazione del significato qualificatore diversamente da quello non qualificatore, è da ritenere importante per la traduzione giuridica, in quanto il significato qualificatore fa riconoscere il va­lore semantico giuridico del termine all'interno del discorso. Dopo avere stabilito il significato qualificatore non v'è bisogno di pren­dere in considerazione un eventuale significato emotivo o affet­tivo del termine nel discorso giuridico.

Proprio mediante la nozione di significato qualificatore può essere spiegato come il termine olandese onrechtmatig(illecito) non può trovare negazione con il termine positivo rechtmatig, ma solo con il termine logico niet: n i et onrechtmatig (lecito); infatti rechtmatig non rinvia a norma giuridica: nella norma non viene indicata una linea di comportamento in riferimento a rechtmatig, bensì solo in riferimento a onrechtmatig. Nel linguaggio giuridico viene così a mancare la differenza di significato emotivo tra rechtmatig C'lecito") e niet onrecbtmatig (''non illecito") che esiste invece nella lingua comune.

Nella lingua comune viene evitato di solito l'uso di due ele­menti di negazione in un solo sintagma. Nel linguaggio giuridico invece l'esigenza della precisione rende talvolta tale uso necessa­rio, in particolare quando debba essere negato il valore di un ter­mine che già possiede l'elemento di negazione. Ciò perché, come spiegato anche da van Eemeren et al. ( 1987: 165-166) un termine giuridico tecnico non può essere modificato.

Con l'introduzione della nozione di significato qualificatore i termini, tuttavia, non vengono considerati soltanto a livello logico­concettuale; al contrario, essi vanno studiati " ... nel contesto cui appartengono, in maniera da cogliere la loro funzione, che solo nel contesto può essere vista" (Scarpelli 1985: 150).

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Tale nozione è di essenziale importanza per la traduzione giu­ridica, in quanto proprio quei termini, che senza ricorso alla no­zione del significato qualificatore potrebbero apparire dotati di un campo d'applicazione non chiuso assumono, mediante l'individua­zione del significato qualificatore, significato maggiormente ogget­tivabile: il traduttore si vede rinviato alla norma (in ogni caso quasi tutti i termini qualificatori ricorrono nelle norme) e ciò significa che il. cosiddetto aspetto creativo della traduzione viené notevol­mente a ridursi.

La distinzione tra significato qualificatore e significato non qualificatore sta alla base della tipologia dei termini giuridici pro­posta da Scarpelli; d'altra parte il problema di una tipologia dei termini giuridici richiede anzitutto una risposta al quesito su quali termini, nell'affrontare la traduzione giuridica, debbano essere con­siderati giuridici.

1.2. La giuridicità del termine

Va osservato anzitutto che anche nel settore del diritto ter­mine giuridico ha valore di termine in senso lato, vale a dire di unità lessicale che si presenta come unità di significato, sia che consista in una singola parola sia che si configuri come insieme lessicalizzato di elementi, sia che consista nella combinazione di elementi lessicali i cui significati si determinano a vicenda (ad es. ontkenntng va n bet vaderscbap = "disconoscimento di paterni­tà").

Traduttori e giuristi dibattono la questione se debbano essere considerate giuridiche soltanto quelle unità lessicali che non fanno parte della lingua comune e che appartengono quindi al linguag­gio giuridico in via esclusiva, oppure se siano termini giuridici an­che quelle unità lessicali che, pur appartenendo alla lingua comune, assumono particolare valore semantico giuridico all'interno del te­sto o del discorso giuridico; qui vi sono tesi differenti.

Da una parte c'è chi considera i termini giuridici in senso lato perché " ... sono giuridici tutti i termini che entrano a far parte di ciò che è possibile chiamare 'discorso giuridico'" (Lantella

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1979: 138). Considerando così la giuridicità del termine si può ar­rivare alla conclusione che ogni elemento del lessico della lingua comune può subire qualche spostamento di significato non appena questo viene incorporato nel discorso giuridico, benché ovviamen­te la natura stessa del diritto esiga che certi mutamenti rimangano limitati quanto più possibile.

L'altra tesi, quella dei termini giuridici in senso stretto, vor­rebbe un ridimensionamento dell'area della giuridicità, cosicché molti dei termini appartenenti anche alla lingua comune o ad altre scienze, oltre ai connettivi, dovrebbero essere considerati non giuridici, anche quando ricorrono nel discorso giuridico (Cfr. Lan­tèlla 1979: 140). Del resto si ritrovano le due opposte tesi anche nell'ambito di altri linguaggi settoriali (Cfr. Hoffmann 1985: 126).

Già da quanto precedentemente osservato a proposito del connettivo tenzij (a meno che) dovrebbe però risultare quanto inopportuno sia, ai fini della traduzione, accostarsi alla tesi dei ter­mini giuridici in senso stretto.

È vero che la maggior parte dei giuristi sembra portata " ... al convincimento concreto secondo cui il discorso giuridico sarebbe composto in linea di massima da termini non-giuridici (soprattutto comuni) tranne una limitata area di termini che sarebbero appunto giuridici" (Lantella 1979:141), ma è altrettanto vero che l'approc­cio all'analisi di qu~lsiasi discorso giuridico è fondamentalmente diverso a seconda che avvenga in funzione della interpretazione giuridica o in funzione traduttiva. Il traduttore non giurista avverte subito di non poter fare affidamento esclusivo sulla propria cono­scenza della lingua; egli dovrà chiedersi costantemente, quindi, se nel testo una determinata espressione è· usata nel significato che questa ha nella lingua comune oppure se essa è stata ridefinita giu­ridicamente. Pure Reeds (1983:102) propone " ... de considérer qu'un terme est juridique lorsqu'il appartient au lexique de la lan­gue et qu'il possède una charge sémantique juridique dans un contexte juridique".

Partendo allora dall'assunto che per la traduzione del testo giuridico è più utile rifarsi alla tesi dei termini giuridici in senso lato, si possono distinguere anzitutto due fondamentali categorie:

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A. Termini giuridici tecnici, cioè specifici del linguaggio legisla­tivo e giuridico in genere e principalmente usati nelle fonti nor­mative del diritto. B. Termini giuridici non tecnici, che sono dotati però di giuridi­cità in quanto vengono ad appartenere al discorso giuridico; ter­mini quindi che appartengono anche alla lingua comune o che trovano uso in altre discipline (Cfr. Belvedere 1979: 366-367).

Sulla base di queste considerazioni si può formulare il seguente criterio per la traduzione di un termine facente parte del discorso giuridico:

Un termine, dotato di giuridicità nella LP, dovrà trovare un equivalente che appartenga al discorso giuridico della LA nella di­mensione semantica giuridica.

Il termine della LP così trasferito conserva la sua giuridicità e crea testo giuridico nella LA.

Questo criterio risponde all'esigenza di tradurre il testo giu­ridico da linguaggio giuridico in linguaggio giuridico e lascia spa­zio all'equivalenza non intesa soltanto come identità. Esclude tut­tavia che un termine appartenente al discorso giuridico della LP possa essere trasferito nella LA mediante, ad esempio, il calco, fino a quando questo calco non venga ad appartenere al discorso giu­ridico della LA; ed altresì esclude che un termine appartenente al discorso giuridico della LP possa essere trasferito mediante sem­plice citazione, senza una definizione esplicativa, fino a quando il traduttore non possa presupporre ragionevolmente che il destina­tario abbia acquisito dal precedente co-testo la conoscenza del signi­ficato del termine citato, o che il significato del termine citato faccia già parte della conoscenza giuridica generale del destinatario.

1.3. Il problema di una tipologia dei termini giuridici

Una tipologia dei termini giuridici potrebbe risultare utile ai fini della traduzione in quanto, individuati i diversi tipi e le di-

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verse classi dei termini, si potrebbe prendere in esame una deter­minata classe onde giungere a conclusioni nel procedimento della scelta dell'equivalenza o della corrispondenza del termine appar­tenente a quella classe.

Al di fuori dell'ambito giuridico non è stata proposta fino ad ora alcuna tipologia o classificazione dei termini giuridici, tanto­meno una tipologia orientata verso la traduzione.

Tra gli studiosi del diritto, benché da tutti sia stata sentita sempre l'esigenza di sistemare mediante tipologie e classificazioni le differenze esistenti tra i termini, il solo a proporre una tipologia complessiva e più ampia pare sia stato Scarpelli. La sua tipologia può costituire un importante punto di riferimento per cercare di formulare una proposta che possa soccorrere ad alcune delle dif­ficoltà legate alla traduzione dei termini giuridici. La tipologia di Scarpelli, che Lantella (1979:143) riprende e correda di alcuni e­sempi, è la seguente:

I Termini fattuali, che designano cioè fatti semplici non qua­lificati secondo norme ('consegna', 'percossa', 'scrittura').

II Termini qualificatori, che implicano cioè in vario modo un riferimento a fatti non più tuttavia semplici bensì qualificati secondo norme. Questi possono essere distinti a loro volta in: a) Termini de­signanti fatti qualificati secondo norme e cioè: l. designanti fatti attuali ('negozio giuridico', 'contratto') 2. designanti fatti eventuali ('diritto soggettivo', 'obbligazione') 3. designanti fatti attuali e eventuali ('persona giuridica') b) Termini designanti qualificazioni di fatti secondo norme e cioè: l. qualificazioni di fatti in genere, comportamentistici e non (' ri­

levante', 'irrilevante') 2. qualificazioni di comportamenti umani ('obbligatorio', 'vieta-

to', 'lecito') 3. qualificazioni di norme ('valido', 'invalido') c) Termini designanti norme o sistemi di norme ('legge', 'rego­lamento', 'diritto di famiglia')

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Avverte Lantella che una simile tipologia può sollevare molte discussioni e che non sempre si può stabilire con certezza a quale classe un termine appartiene; inoltre potrebbero essere osservate certe sovrapposizioni di classi.

Si può intendere la suddìvisione dei termini giuridici nelle due classi, quella dei termini qualificatori e quella dei termini fattuali, richiamando per analogia l'opposizione tra il periodo cosiddetto della contro-fattualità (tradizionalmente chiamato il periodo della irrealtà) e il periodo della fattualità (cioè della realtà). I termini fat­tuali rimandano alla realtà così come essa è classificata nella lingua comune, mentre i termini qualificatori rimandano ad una classifi­cazione specifica giuridica di una parte di quella medesima realtà.

A tale proposito è utile, soprattutto per la traduzione, ram­mentare ancora che

". .i termini giuridici, in virtù di situazioni polisemiche in cui incorrono [ ... ], possono venir collocati in varie classi a seconda delle varie accezioni. In tal senso la situazione più frequente è quella di un medesimo termine che in base ad una accezione va consi­derato fattuale, mentre in base ad un'altra va considerato quali­ficatorio di fatti attuali, [ ... ] se ci si imbatte in frasi che parlano di 'contratto valido o invalido', in tal caso 'contratto' opera come termine fattuale perché la qualificazione è dislocata sugli aggettivi; se invece ci si imbatte in frasi secondo cui 'il contratto ha forza di legge tra le parti', in tal caso 'contratto' opera come termine qua­lificatorio perché funziona quanto meno come sinonimo di 'con­tratto non-nullo"' (Lantella 1979: 145).

Ove si voglia stabilire se tra un termine della LP e un termine della LA c'è equivalenza o corrispondenza, si deve stabilire prima se il termine deve essere considerato fattuale o qualificatorio. Nel primo caso si potrebbe arrivare ad un'equivalenza mediante, ad esempio, una definizione lessicale, estraendo i tratti essenziali e accidentali del concetto e applicando quindi l'analisi componen­ziale. Qualora il termine nella LA denoti gli stessi tratti essenziali e soltanto un tratto accidentale in meno rispetto a quelli del termine nella LP si dovrà concludere che tra il termine della LP e il termine della LA c'è equivalenza.

Diverso è il ragionamento qualora il termine nella LP appaia

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qualificatore: a stretto rigore dovrebbe trovare piena corrispon­denza nella LA, cioè dovrebbe poter essere tradotto con un ter­mine che ricorre in quella stessa accezione in un testo giuridico della LA.

Si deve anche tener presente però che l'equivalenza di un termine fattuale della LP può essere un termine qualificatore nella LA. Le difficoltà che comporta la traduzione in tedesco dei termini francesi force majeur e cas jortuit, discusse e analizzate da Arntz (1986:289-291), sono da riportare anche al fatto che questi termini sono qualificatori (termini designanti qualificazione di fatti secondo norme).

I termini qualificatori possono costituire fonte di errori per il traduttore: sono cioè spesso ifaux amis della traduzione giuridica, perché norme, fatti o comportamenti qualificati possono anche essere non ugualmente qualificati nei diversi sistemi giuridici.

La tipologia di Scarpelli ripresa da Lantella non è comunque ancora rappresentativa della tesi dei termini in senso lato, tesi che si può riconoscere invece alla base della scelta dei criteri adottati per il Sociaalrechtelijk Woordenboek (Dizionario della legislazione sociale, 1977), redatto allo scopo di uniformare all'interno del BE­NELUX i termini delle rispettive legislazioni sociali. La commissione che ha redatto il dizionario, come viene precisato nella Inleiding ("Introduzione") (1977:13-16), havoluto inserirvi non soltanto i termini appartenenti specificatamente alla legislazione sociale ma anche quei termini che vi ricorrono con una certa frequenza pur non appartenendovi in via specifica ed esclusiva.

Vi compaiono quindi anche termini giuridici di uso generale che non hanno valore semantico specifico nella legislazione sociale, oltre a termini giuridici di uso generale che sono però frequenti nella legislazione sociale e vi sono infine termini appartenenti alla lingua comune che hanno un valore semantico leggermente diverso nella legislazione sociale, come pure alcuni termini tecnici propri di scienze diverse che, pur non dcorrendo nella legislazione so­ciale, sono però frequenti nella letteratura che riguarda l'argomen­to.

Per formulare una tipologia dei termini giuridici in senso lato, che metta in luce le molteplici difficoltà legate alla traduzione, è

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necessario aver presenti sia la tipologia di Scarpelli che i criteri adottati dagli Autori del Sociaalrechtelijk Woordenboek.

Potrebbe essere avanzata allora la seguente proposta di tipo­logia di termini giuridici, in funzione traduttiva:

A Termini giuridici tecnici;

a) termini qualificatori, cioè termini implicanti riferimento a fatti qualificati secondo norme:

l. termini che attingono il loro valore semantico giuridico dalla legislazione di un determinato settore (omicidio colposo­dood door schuld);

2. termini che attingono il loro valore semantico a più di un settore ( eccezione-exeptie: Rv art.141 );

3. termini designanti norme o sistemi di norme (legge-wet; di­ritto di famiglia-familierecht);

4. termini che qualificano norme (statutario - statuair); 5. termini valutati vi che qualificano fatti o comportamenti in

genere (illecito-onrechtmatig); 6. termini designanti istituzioni (Consiglio d'Europa-Raad van

Europa); b) termini fattuali, termini cioè implicanti riferimento a fatti

non qualificati secondo norme, di uso generale nel linguag­gio giuridico che possono anche avere un particolare valore semantico in un determinato settore e quindi un significato parzialmente diverso da quello generale del linguaggio giu­ridico ( consegna-consignatie; levering-dazione );

B Termini giuridici non tecnici:

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l. termini di uso generale nel linguaggio giuridico, non dotati di valore semantico specifico, ma talmente frequenti che l'uso appropriato di essi sia indispensabile per una corretta ste­sura e interpretazione dei testi a seconda del sett<?re (con­tributo, sussidio-bijdrage, subsidie; contributo-premie e/o bijdrage);

2. termini che sono frequenti nella letteratura giuridica (quali­ficazione giuridica-kwalificatie);

3. termini che appartengono a scienze diverse da quella giuri­dica, ma che possono assumere valore semantico particolare nel discorso giuridico (besmettelijke ziekte-malattia infettiva);

4. termini della lingua comune che hanno assunto un valore semantico leggermente diverso o più restrittivo o più esten­sivo nel linguaggio giuridico (diritto di alloggio-recht op in­woning).

Possono essere utili ancora alcune osservazioni: può accadere che termini già qualificati secondo norme assumano un nuovo va­lore giuridico quando vengono interpretati secondo le mutate con­dizioni sociali e culturali (interpretazione evolutiva).

Il linguaggio giuridico denota una ricerca di precisione che si estende perfino a termini di scienze diverse da quella giuridica. Un settore nel quale si rende particolarmente evidente tale tendenza è quello medico-legale: termini giuridici che rientrano nella medi­cina legale, ·ma che possono non avere sicuro riscontro nel settore strettamente giuridico; altri termini che hanno una diversa esten­sione nei due settori oppure assumono valore giuridico parzial­mente diverso in rapporto all'aggettivazione.

Ben si giustifica quindi la previsione in una tipologia dei termini, orientata verso la traduzione, di una classe a sé stante in cui riunire i termini che sono di origine settoriale diversa da quella giuridica.

1.4. Terminologia e lessico giuridico

Le crescenti esigenze della comunicazione tra comunità di lingua diversa, causa e conseguenza dell'evoluzione e delle inno­vazioni nelle materie tecniche e scientifiche, hanno accentuato ne­gli ultimi tempi il bisogno di trovare termini equivalenti o corri­spondenti per le stesse nozioni nelle diverse lingue.

La terminologia, disciplina che muove tra semantica, lessico­logia e lessicografia, ha avuto quindi uno sviluppo notevole negli ultimi decenni. La terminologia intende l'equivalenza tra due ter­mini appartenenti a due lingue diverse come " ... une identité à peu

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près complète de sens et d'usage à l'intérieur d'un meme domaine d'application" (Dubuc 1985:69) e parla di corrispondenza quando " .. .le terme· de la langue A ne recouvre que partiellement le champ de signification du terme de la langue B, ou vice versa" (ibid.).

Nell'ambito della standardizzazione o della normalizzazione dei termini (è meglio però riservare il termine di normalizzazione agli interventi terminologici che sono il risultato di provvedimenti normalizzatori) la terminologia ha l'obiettivo di suggerire e/o di prescrivere l'utilizzazione, sia a livello nazionale che sovrannazio­nale, di termini determinati. Negli studi terminologici ci si chiede quindi anzitutto non tanto quale sia il significato di un termine, quanto piuttosto quale sia la denominazione da attribuire ad un oggetto, ad un'operazione o ad un procedimento.

La diversità esistente tra gli obiettivi della terminologia, della semantica e della lessicografia è forse una delle ragioni di fondo per cui, nell'ambito della terminologia giuridica, non si sono po­tuti individuare finora criteri univoci idonei al trasferimento delle nozioni giuridiche da una lingua all'altra. Ciò è dovuto anche al fatto che qualsiasi termine giuridico rappresenta sempre una realtà pensata, dalla quale non si può prescindere mai, e che, all'interno di questa realtà pensata, emergono la possibilità e la necessità del­l'interpretazione giuridica.

Dire che il termine giuridico rappresenta una realtà pensata non significa tuttavia affermare che il concetto giuridico si riferi­sce ad un elemento concreto della realtà o che esso esprime l'es­senza di una cosa. Come ricorda van den Bergh (1970), è noto ormai, anche grazie alle indagini che sono state svolte nell'ambito dell'antropologia giuridica, che la differenziazione tra i concetti giuridici avviene in modo diverso da popolo e popolo. I concetti giuridici sono posizioni in un campo ed è la struttura del campo che determina la posizione e quindi il 'significato' dei concetti (van den Bergh 1970: l O l). Anche se ogni sistema di concetti giuridici (con subsistemi talvolta estremamente complessi) rappresenta una struttura, i campi (all'interno dei quali i concetti hanno il proprio significato e la propria posizione) non differiscono di molto da si­stema a sistema. La struttura del campo però può variare di molto in base a fattori geografici, sociali e culturali.

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Il problema dei termini giuridici è inoltre strettamente legato al potenziale di ciascuna lingua, dal quale non si potrà mai fare astrazione perché, come la lingua, anche i termini che ne fanno parte sono fatto e pratica sociale. Ne consegue che, anche per quanto riguarda la terminologia giuridica, hanno rilievo i fattori sociali e quelli di ordine ideologico. Quando è rispettata a livello sovrannazionale l'identità etnica delle diverse lingue non può non essere rispettata anche una certa autonomia dei diversi sistemi giu­ridici e quindi dei loro mezzi espressivi.

Il fatto che finora non si è mai arrivati alla standardizzazione dei termini giuridici (e tantomeno alla normalizzazione) né all'in­dicazione di criteri univoci da essere adottati per la loro traduzione (nemmeno per quelli indicanti istituzioni nazionali per quanto siano stati discussi diversi procedimenti, Newmark 1981, 1982, 1988; Weston 1982) può essere dovuto anche ai soprammenzionati fat­tori sociali e di ordine ideologico.

Si è visto che i sistemi semantici giuridici sono significativi, nel senso che determinano i fenomeni che i membri delle diverse comunità considerano giuridici, così come sono significative le di­verse configurazioni semantiche delle lingue, che non differiscono per il fatto che i membri delle diverse comunità linguistiche per­cepiscono il mondo circostante in modo diverso, ma perché ogni lingua ha i suoi modi caratteristici di "significare"; deve cioè espri­mere certe cose, che in un'altra lingua possono essere semplici elementi aggiuntivi o opzionali (Halliday 1978: 198-199).

Pertanto il traduttore, che ha come obiettivo il raggiungimento della comprensione tra i membri di comunità linguistiche e cultu­rali diverse, deve poter rendere comprensibili, nel limite del pos­sibile, anche le caratteristiche degli eventi pertinenti alla comuni­cazione giuridica interlinguistica, individuando gli elementi ai quali l'autore del testo giuridico della LP presta attenzione (in rapporto al sistema giuridico al quale egli appartiene) rispetto a quelli che possono essere oggetto di considerazione da parte del destinatario della traduzione (in rapporto al suo sistema giuridico).

La domanda che il traduttore deve porsi è allora se egli stesso può contribuire ad aprire "le frontiere giuridiche" e diffondere quanto più possibile il sapere giuridico e le diverse culture giuri-

diche, o se bisogna ritenere che soltanto ai comparatisti sia riser­vato il compito di far conoscere la diversità tra i sistemi giuridici.

Ad una tale domanda possono rispondere in parte le osser­vazioni del giurista olandese Struyken (1979: 786-787) il quale, la­mentando l'assenza di qualsiasi uniformità nei criteri finora adot­tati per la traduzione dei testi giuridici, rileva come nella lettera­tura straniera sul diritto olandese spesso domini la confusione più completa. L'Autore afferma che le difficoltà nella traduzione con­sistono nel fatto che l'argomento giuridico dovrebbe essere ripre­sentato nella LA senza deformazioni o trasformazioni, evitando da una parte che al destinatario della traduzione sfuggano certe ana­logie con i concetti giuridici del proprio sistema e dall'altra parte che l'analogia tra i concetti venga assunta con troppa precipita­zione.

Già queste osservazioni rendono manifesta al traduttore del testo giuridico l'opportunità di prendere in considerazione alcune delle pratiche definitorie giuridiche.

2. Alcune pratiche definitorie a confronto con tecniche traduttive

2.0. Generalità

Gran parte dell'attività del traduttore consiste, soprattutto nell'ambito dei linguaggi settoriali, nella ricerca di definizioni e nell'applicazione di pratiche definitorie.

La ricerca delle definizioni è infatti necessaria per giungere a decisioni consapevoli nel procedimento traduttivo; per poter in­dividuare, in sostanza, se e quando la struttura significativa di de­terminati lessemi o termini nel testo di partenza e quella di lessemi o di termini nella LA possano essere ritenute equivalenti e a quali condizioni si possa affermarne un grado maggiore o minore di equivalenza. Ciò significa che la descrizione delle strutture signi­ficative del lessema o del termine della LP e della LA devono es­sere comparate analiticamente tra di loro; la sola definizione, tut-

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tavia, non è mai determinante per la struttura significativa di un lessema o di un termine in un determinato testo, perché essa ne rappresenta soltanto il significato concettuale o denotativo, cioè la struttura cognitiva (Cfr. ]ager 1986).

Peraltro la ricerca per il trasferimento di significato dalla LP alla LA non può che partire, soprattutto per quanto riguarda i ter­mini, dalla struttura cognitiva, perché essa rappresenta il primo ri­ferimento per la comparazione della struttura significativa del ter­mine della LP con quella del termine nella LA.

C'è inoltre da osservare che, ogni qualvolta il traduttore in­contra nel testo di partenza un termine del quale non gli risulti con immediatezza l'equivalenza con un termine nel sistema del lessico della LA e ricorre allora ad una parafrasi sinonimica o ad una esplicitazione in nota nel testo d'arrivo, egli si avvale di una tecnica traduttiva che equivale ad una pratica definitoria. Questa operazione è particolarmente delicata nell'ambito della traduzione giuridica, in quanto, sostanzialmente, impone di affrontare e di ri­solvere il problema della definizione giuridica del termine.

Tale problema si presenta alquanto complesso per più aspetti, non ultimo quello per cui non tutti i termini giuridici possono es­sere definiti secondo le stesse modalità: la modalità della defini­zione dei termini fattuali è, ad esempio, diversa da quella dei ter­mini qualificatori o da quella dei termini designanti norme o si­stemi di norme.

La difficoltà della definizione dei termini esprimenti concetti giuridici è riconosciuta del resto da quanti si occupano del pro­blema, affrontandolo sia dal punto di vista logico-filosofico che da quello linguistico-giuridico. Afferma in particolare ]ori: " .. .il pro­blema delle definizioni è infatti il problema del significato dei ter­mini, o parte di esso, ed è evidente che questo si pone sostanzial­mente nello stesso modo per tutti i termini, esista o meno una for­mulazione definitoria espressa" (1979: 492).

Risulta evidente· quindi la necessità, per il traduttore del testo giuridico, di prestare attenzione particolare al problema delle de­finizioni, ricordando però che un piano concettuale, benché au­spicato sia da traduttori che da comparatisti, rimane fino ad oggi un obiettivo da raggiungere, anche perché non sembra esistere an-

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cora consenso tra gli studiosi di diritto comparato sui criteri di classificazione dei vari sistemi giuridici (Cfr. Kokkini-latridou 1988: 78).

Considerato che in ogni disciplina vi sono preferenze per tipi diversi di definizione (Cfr. Hoffmann 1985: 156), è da ritenere utile quindi l'esame di alcuni tipi che fanno parte delle pratiche defini­torie giuridiche. Si potranno così individuare almeno le definizioni più essenziali, di ausilio al traduttore (visto l'impossibilità di una completa disamina di tale complesso argomento), mettendo in re­lazione alcuni dei procedimenti traduttivi dei termini giuridici con una o altra pratica definitoria.

2 .l. Criteri per la classificazione delle definizioni

Per una classificazione delle definizioni pare utile il riferimento ai criteri proposti da Lantella in Pratiche definitorie e proiezioni ideologiche nel discorso giuridico (1979):

a) il criterio dell'oggetto, che si fonda sulla tradizionale op­posizione tra la definizione di parole (o segni) e quella di cose. L'opposizione continua a trovare considerazione nell'ambito del diritto; nelle pratiche definitorie dei termini giuridici si mantiene -l'opposizione tra le definizioni del tipo nominale (tra le quali la definizione lessicale e quella stipulativa possono essere conside­rate le più importanti) e la definizione reale (con la quale si cerca di astrarre le caratteristiche identificanti, cioè i tratti distintivi, di una cosa la cui denominazione viene data per pacifica o irrilevante);

b) il criterio della funzione immediata (o illocutoria), che opera congiuntamente a quello dell'oggetto, in quanto applicabile soltanto alle definizioni che riguardano parole e quindi a quelle del tipo nominale;

c) il criterio della modalità, che guarda al modo in cui si for­mula la definizione e con il quale pertanto vengono messe in luce le tecniche, i mezzi e i metodi definitori;

d) il criterio del contenuto, che sta alla base, tra altro, della opposizione tra definizione strutturale e definizione funzionale (difficilmente tuttavia il criterio del contenuto può essere preso in considerazione senza riguardo agli altri criteri);

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e) il criterio della funzione mediata (o perlocutoria), che ri­guarda l'aspetto pragmatico della definizione e che permette di ri­conoscere la cosiddetta definizione persuasiva.

2 o2 o Alcune definizioni con riguardo al criterio dell'oggetto

2 o 2 o lo La definizione lessicale

Questa definizione informa sull'uso del termine in un deter­minato contesto, in una zona di linguaggio settoriale, in un lin­guaggio settoriale nel suo complesso o nella lingua comune (Cfr. Lantella 1979: 31-32).

In un singolo contesto il traduttore può incontrare, oltre a definizioni lessicali esplicite, anche quelle che Wyler (1987: 89) chiama covert o hidden definitions e quelle che egli denomina semi-hidden definitions. Spesso queste sono difficilmente ricono­scibili come definizioni perché fanno parte della tessitura del testo e si trovano per lo più in testi destinati alla comunicazione tra esperti e aggiungono poca informazione nuova, ma di livello altamente specializzato.

Il traduttore, riconoscendo nel testo di partenza definizioni di questo tipo, dovrà tradurre la parte del testo in cui esse ricor­rono con il metodo della traduzione semantica proposto da New­mark (1981, 1988), rispettando quindi il valore semantico della pa­rola che è dato dall'intenzione comunicativa dell'autore.

La definizione lessicale in una zona di linguaggio settoriale può essere data dallo stesso autore e può essere quindi già conte­nuta nel testo di partenza; altre volte è il traduttore che deve adot­tare autonomamente la tecnica della definizione lessicale e ciò può essere necessario quando deve trasferire dalla LP un termine espri­mente un concetto che non fa parte del sistema giuridico della LA.

In tali casi il traduttore ricorrerà alla formulazione di una pa­rafrasi sinonimica che rappresenta appunto una definizione lessi­cale più o meno completa. La scelta della maggiore o minore com­pletezza della definizione avviene in funzione del grado di dina-

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mismo comunicativo che il termine da definire possiede a livello del testo, della forza evocativa del termine e dell'interesse enci­clopedico presupposto nel destinatario della traduzione.

L'equivalenza che si ottiene con la definizione completa di un termine qualificato secondo norme nella LP è considerata equi­valenza funzionale-strutturale perché ha riguardo anche della strut­tura dell'istituto giuridico al quale il termine rinvia (Cfr. De Groot 1988).

ESEMPIO:

!Belasting, heffing door de Overheid van de onderdanen ge­vorderd ter voorziening in de uitgaven/ (Fockema Andreae's 1985)

Belasting (''imposta"), 'prelievo effettuato da parte dalla Au­torità pubblica dai soggetti a copertura di spese'.

Qui l'intera definizione lessicale (heffing ... uitgaven) è la para­frasi sinonimica del lemma belasting (''imposta").

Se belasting fosse termine esprimente un concetto non noto nel sistema giuridico della LA, il traduttore potrebbe optare per la traduzione dell'intera definizione, o della definizione incompleta in uno, due o più elementi. Nell'ultimo caso belasting potrebbe tradursi con l'equivalente del suo iperonimo heffing (prelievo).

Benché il significato concettuale o denotativo della parafrasi definitoria che riporta l'intera definizione sia identico a quello del termine, i due significati tuttavia non sono identici per quanto ri­guarda la struttura significativa.

Ogni termine (o lessema) contiene infatti una componente si­gnificativa che non è mai presente nella parafrasi definitoria, com­ponente che può essere chiamata, secondo B. Koenitz, la compo­nente minimale di conoscenza linguistica minima/es Sprachwissen; (in: Jager 1986:60-61). È evidente che traducendo un termine me­diante una parafrasi definitoria quella componente viene trascu­rata e che già per ciò solo le strutture significative non sono più identiche.

BO

Alla definizione lessicale o formale può far seguito talvolta una precisazione circa l'uso del termine specificatamente legato alla zona del linguaggio settoriale:

ESEMPIO:

/In de regel wordt de aanduiding belasting gebezigd voor de heffingen bestemd tot de algemene behoeften van de gemeen­schap;/ (Fockema Andreae's 1985)

'Di regola l'indicazione belasting (''imposta") viene usata per i prelievi destinati ai bisogni generali della comunità; '

e può seguire una precisazione ulteriore:

/de heffingen voor bijzondere doeleinden, voor het benutten van bepaalde voorwerpen, diensten, etc. heten dan retributies./

'i prelievi a fini speciali, per l'uso di determinati beni, servizi ecc. si chiamano in tal caso retributies (''tasse")'.

Le scelte e le decisioni del traduttore, di fronte all'assenza di un termine nella LA che sia idoneo a trasferire il concetto del ter­mine della LP, vanno valutate quindi in rapporto al livello di spe­cificità della comunicazione, al grado di tecnicismo del discorso, al livello della cultura giuridica del destinatario e alla pertinenza del termine al tema svolto nel testo di partenza.

Gli stessi giuristi sono ben consapevoli della necessità di os­servare nelle proprie scelte e decisioni definitorie i criteri qui illu­strati. Nella discussione e nel commento su istituti giuridici che non trovano equivalenza da un sistema giuridico ad un'altro, essi adottano gli stessi procedimenti indicati da linguisti e traduttori come procedimenti alternativi di traduzione. Così, in un esempio tratto dal commento ad una sentenza del Consiglio d'Europa, si può trovare il prestito del termine della LP seguito da una defini­zione lessicale quasi completa, perché il termine della LP è perti­nente al tema della sentenza ma esprime un concetto ignoto al si­stema giuridico d'arrivo.

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ESEMPIO:

/Nadat in de periode november 1974- juni 1975 drie arres­tatiebevelen onuitvoerbaar bleken te zijn, werd Colazza vanaf mid­den 1975 als latitante beschouwd, dat wil zeggen als een persoon die zich opzettelijk aan o.m. de tenuitvoerlegging van een aanhou­dingsbevel onttrekt .. ./ (N.J. 1960, 40:2525)

'Dopo che nel periodo novembre 1974 - giugno 1975 tre mandati d'arresto risultarono ineseguibili, il Colazza, dalla metà del 1975, venne considerato latitante, vale a dire come persona che si sottrae volontariamente, tra altro, alla esecuzione di un mandato d'arresto .. .'

Questo procedimento (la citazione del termine seguita da una parafrasi parasinonimica) tiene conto anche dell'elemento signifi­cativo della componente minimale di conoscenza linguistica. La citazione del termine 'latitante' serve a significare in effetti: 'in ita­liano si chiama convenzionalmente latitante'.

Anche Newmark (1981:31) accenna alla definizione come di uno dei procedimenti traduttivi per chiarire il contenuto o il con­cetto di un termine ignoto alla LA con un'elemento aggiunto al testo nella. forma di un sintagma o di una proposizione secondaria esplicativa.

La scelta tra sintagma e proposizione secondaria è da consi­derare tuttavia come scelta tra parafrasi definitoria concettualmente sufficiente e trasposizione concettualmente identica al lessema o al termine. La scelta opera quindi a livello dei tratti semantici e dipende dal co-testo e dal contesto situazionale.

2.2.2. La definizione stipulativa e la ridefinizlone

La definizione stipulati va (o costitutiva di significato) rappre­senta invece la scelta operata dall'autore di un testo di contenuto giuridico, o dal legislatore, per l'uso di un termine con un certo significato entro contesti determinati, assegnando, o al definiens o al definiendum, un elemento di significato nuovo. Questo tipo di

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definizione ha lo scopo di determinare con precisione il signifi­cato che va attribuito al termine entro un determinato contesto.

È evidente quindi che la definizione stipulativa ha la funzione di esprimere un comando o un invito circa la regola d'uso del ter­mine. Solitamente la definizione stipulativa viene intesa infatti " ... come direttiva linguistica innovatrice, con diversi gradi di no­vità a seconda dei casi" (Lantella 1979:24).

La novità può consistere allora in una parola· 'nuova' per un significato 'vecchio', in una parola 'nuova' per un significato 'nuo­vo', oppure in un 'nuovo' significato a corredo di una parola 'vec­chia' (Lantella, ibid. ).

L'elemento di novità deve essere però radicale, perché diver­samente si è in presenza di una ridefinizione oppure di una defi­nizione esplicativa, che entrambe si muovono entro un'area di in­determinatezza tra la definizione lessicale e quella stipulativa e ri­guardano parole che, nella lingua comune o in qualche linguaggio scientifico, sono di significato più o meno vago.

Con la ridefinizione invece non viene registrato un significato nuovo, ma si cerca di circoscriverlo per eliminare ogni sua vaghez­za, mantenendolo il più vicino possibile a quello dell'uso che la parola ha nella lingua comune.

Le definizioni date dal legislatore, ad esempio, possono es­sere collocate tutte, come afferma Lantella, tra le ridefinizioni per­ché " ... da un lato non si discostano mai grandemente dall'uso co­mune[ ... ] d'altro lato compiono pur sempre qualche intervento di specificazione (per evitare che l'uso attuale nel linguaggio comune, o anche la sua evoluzione, possa distorcere il contenuto del co­mando) " (1979:42).

Sia il principio della definizione stipulativa che quello della d­definizione sono quindi quegli stessi delle definizioni che vengono operate nell'ambito della normalizzazione terminologica; si cerca cioè di mettere in relazione univoca il concetto con il termine.

Si può concludere allora che la distinzione tra definizione stipu­lativa e ridefinizione non è molto marcata e che per il traduttore è opportuno considerare (soprattutto perché la ridefinizione ha lo scopo di evitare la distorsione del contenuto del termine giuridico) anche la ridefmizione, alla stessa stregua della definizione stipulativa.

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A stretto rigore, termini ai quali corrispondono definizioni stipulative dovrebbero poter trovare nella LA una equivalenza; il concetto espresso dal termine nella LP dovrebbe essere quindi identico a quello espresso daf termine nella LA.

Brouwer (1985: 13) cita il seguente esempio di definizione sti­pulativa che, essendo fatta dal legislatore, può essere considerata anche ridefinizione:

ESEMPIO:

!Ambtenaar in de zin dezer wet is hij, die is aangesteld in openbare dienst om hier te lande werkzaam te zijn./

'Ambtenaar ai sensi di questa legge è colui che è preposto ad una funzione pubblica da essere esercitata nello stato dei Paesi Bassi'

Analogamente il legislatore italiano definisce " ... chi esercita, permanentemente o temporaneamente, gratuitamente o con retri­buzione, volontariamente o per obbligo, una pubblica funzione, legislativa, amministrativa o giudiziaria" (art. 357 c.p.); definiens dato in Italia per il definiendum Pubblico Ufficiale.

Il termine ambtenaar, nello specifico esempio offerto da Brouwer, è da tradurre quindi in italiano con Pubblico Ufficiale, per quanto ambtenaar possa essere anche equivalente a funzio­nario in testi diversi; esiste, infatti, una relazione di iponimia tra Pubblico Ufficiale e funzionario.

Ovviamente definizioni stipulative 0 ridefinizioni si possono incontrare anche nei trattati e nelle convenzioni internazionali.

Un esempio è la (ri) definizione di passage contenuta nell'art. l . della Convenzione Internazionale di Ginevra sul mare terri­toriale e sulla zona contigua (1958). Detta Convenzione è stata re­datta ufficialmente in inglese e in francese; ne esiste anche una versione olandese non ufficiale, ma non una italiana. La discus­sione sul significato del termine passage ("doorvaart") e della sua definizione nella Convenzione, contenuta nelle conclusioni del­l' Avvocato Generale in un procedimento avanti al Hoge Raad (sentenza 7.2.1986), da un lato evidenzia l'elemento stipulativo di

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quella definizione e dall'altro chiarisce che termini cosi (ri) definiti e le stesse definizioni devono essere tradotti anch'essi con il me­todo della traduzione semantica. Si legge infatti nel testo francese:

"Le passage est le fait de naviguer dans la mer territoriale, soit pour la traverser sans entrer dans les eaux intérieures, soit pour se ren­dre dans les eaux intérieures, soit pour prendre le large en venant des eaux intérieures" (in: Schip en Schade 1986,6: 167).

Nelle proprie conclusioni l'Avvocato Generale si è soffermato sul significato del termine passageldoorvaart e sulla definizione di esso che appare nel testo della Convenzione redatto in lingua olandese:

" Doorvaart betekent het varen door de territoriale zee, hetzij zon­der de bedoeling de binnenwateren binnen te varen, hetzij met de bedoeling de binnenwateren binnen te varen of vanuit de binnen­wateren de volle zee te bereiken" (in: Schip in Schade ibid.).

Nel commento a questa definizione rAvvocato Generale fa riferimento al testo originale in lingua inglese e sostiene che la co­struzione sintattica e la scelta lessicale ivi operate suggeriscono, meglio di quelle del testo olandese, la dipendenza del concetto doorvaartlpassage anche dall'intenzione con la quale la nave è entrata in acque territoriali:

" Passage means navigation through the territorial sea for t be purpose either of traversing that sea without entering internatio­nal waters, or of proceeding to internai waters, or of making for the high seas from internai waters" (ibid.).

A sostegno della propria tesi l'Avvocato Generale cita anche passi della giurisprudenza inglese riguardanti il termine passage, dai quali risulterebbe il significato più appropriato della parola: "Passage is a word of motion, and in its proper use it signifies con­tinuous movement from one piace to another ... It does not imply any right to remain at rest on the track or to use it for any other purpose than that of transit" (ibid).

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Il commento dell'Avvocato Generale costituisce passo inte­ressante perché conferma che il metodo della traduzione seman­tica non può avere riguardo soltanto al valore semantico della pa­rola, ma anche a quello della struttura sintattica della sequenza in cui essa ricorre. È importante quindi ripetere qui che sia le defi­nizioni stipulative che le ridefinizioni, in quanto esprimono una direttiva linguistica, devono essere considerate altrettante istruzioni da osservare quindi nel procedimento traduttivo.

Alcuni elementi di novità si possono trovare, ad esempio, an­che nel terzo libro del nuovo codice civile olandese (non ancora entrato in vigore).

Termine 'nuovo' per un significato 'vecchio' è redelijkheid en billijkbeid ("ragionevolezza e equità"), riferito a tutti gli atti giu­ridici plurilaterali di contenuto patrimoniale (alle meerzijdige ver­mogensrecbtelijke rechtsbandelingen). Il termine è stato introdotto per la disambiguazione di quello di goede trouw (''buona fede") che nel vecchio codice copriva un'area semantica troppo vaga. Nel nuovo codice goede trouw viene usato solamente per la buona fede in senso soggettivo, nel mentre per la buona fede in senso ogget­tivo la nuova direttiva linguistica è per l'uso della coppia redelijk­heid en billijkheid (Cfr. Hartkamp 1977:11).

Termine 'nuovo' per un significato 'vecchio' è anche verre­kening ("compensazione") che sostituisce i termini compensatie e (schuld) vergelijking.

Termini 'nuovi' per significati 'nuovi', di conseguenza corre­dati da definizioni nuove, vengono naturalmente richiesti quando sorgono nuovi fenomeni giuridici; ne è un esempio il termine standaardregeling (art. 6.5.1.2. NBW) che esprime il concetto di legge in senso materHtle che disciplina il contenuto di contratti po­sti in essere nell'ambito dell'esercizio di impresa o di professioni (Cfr. Hartkamp 1977: 12).

2.2.3. La definizione reale

La definizione reale ha funzione di formulare enunciazioni destinate a dare informazioni sulle caratteristiche identificanti di

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una cosa. Quella della definizione reale è una tecnica comune nella traduzione; il traduttore opera infatti sulla base di significati pre~ costituiti e sia la definizione reale che quella lessicale costituiscono altrettanti strumenti conoscitivi del significato dei termini nella prima fase del procedimento traduttivo.

Con la definizione reale si cerca di astrarre le caratteristiche essenziali della cosa a livello oggettivo. Può però costituire un problema complesso per la traduzione di un termine l'individuare le caratteristiche essenziali e quelle accidentali, perché " ... occor­rerebbe chiarirsi le idee [ ... ] su cosa siano mai le 'caratteristiche essenziali' di una cosa" (Lantella 1979:12-13).

Una risposta univoca a tale problema non sembra sia stata data ancora per il trasferimento del significato del termine giuridico della LP nella LA, perché per la traduzione dei termini giuridici devono essere tenuti comunque presenti anche fattori pragmatici (Cfr. De Groot 1988).

Il fatto che finora manca consenso sull'adeguatezza di un'e­quivalenza funzionale (intesa nel senso di Pigeon (1982), cioè su quanto un'equivalenza funzionale deve essere vicina al concetto espresso dal termine della LP per poter essere linguisticamente e culturalmente appropriata nella LA come traduzione di un termine giuridico (Cfr. Sarcevic 1986:310; De Groot 1988), è rapportabile alla stessa problematica che circonda la definizione reale. Quando Weston (1983:23-24) afferma che la decisione sull'appropriatezza dell'equivalenza funzionale dipende in larga misura dal giudizio e dalla discrezionalità del traduttore in rapporto alla conoscenza della cultura e delle caratteristiche distintive dei referenti, egli conferma in fondo tutta l'incertezza nella quale operano i traduttori del te­sto giuridico e la mancanza qualsiasi criterio intersoggettivo.

Nonostante tali problematiche, il metodo a base della tecnica della definizione reale è adottato spesso nel procedimento per la compilazione di glossari e viene applicato anche alla definizione per genere e differenza (definizione sostanziale) per astrarre le ca­ratteristiche identificanti i concetti espressi dei termini.

Per la compilazione di glossari, l' Internationationale Institut fiir Rechts- und Verwaltungssprache di Berlino parte dai concetti e dalle denominazioni che riassumono il contenuto dei concetti

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ed individua le caratteristiche di ciascun concetto distinguendole in essenziali e accidentali (essenttalia e accidentalia). Il termine della LA viene contrassegnato con +, ogniqualvolta tutte le carat­teristiche del concetto sono identiche a quelle del concetto espresso dal termine della LP e viene contrassegnato con - quando nes­suna delle caratteristiche è identica, (o quando una istituzione del sistema di partenza non esiste nel sistema della LA); in· ogni altro caso viene usato il contrassegno ± (Lane 1987: 113-11

Si può affermare, in conclusione, che sia per i procedimenti di traduzione che per le pratiche definitorie del termine giuridico, le definizioni nominali e le definizioni reali operano " ... come stru­menti satisfattori di una esigenza avvertita come unitaria" (Lantella 1979:32), esigenza che del resto viene avvertita per le pratiche de­finitorie in tutti i linguaggi settoriali (Cfr. Hoffmann 1985: 156).

2.3. Alcune definizioni con riguardo al criterio della modalità

2.3.1. La definizione per via intensionale e la definizione per via estensionale

Il criterio che sta alla base dell'opposizione tra la definizione per via intensionale e la definizione per via estensionale è quello della modalità, determinata a propria volta dall'opposizione tra si­gnificato intensionale e significato estensionale.

Con la formulazione della definizione per via intensionale si elencano tutte le caratteristiche definitorie del predicato (defi­niendum); tradizionalmente si dice che ciascuna caratteristica de­finitoria è considerata condizione necessaria per l'assegnazione del definiens al definiendum (Lantella 1979:44, Belvedere 1979:357, Arntz 1982:65; Loth 1984:86).

Ciò sta a significare che si può avere completa equivalenza tra un termine della LP e un altro della LA solamente quando l'in­sieme di tutte le caratteristiche definitorie di ambedue i termini siano identiche.

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ESEMPIO:

/Een beschikking (definiendum) is ( = Dt) een eenzijdig besluit (a) van een bestuursorgaan (b), gegeven o.g.v. een staats- of admi,. nistratiefrechtelijke bevoegdheid (c), dat voor een concreet geval of voor concrete gevallen (d) een rechtsverhouding schept, bin-

. dend vaststelt of opheft, of waarbij dat wordt geweigerd (e) (de­finiens)/ (esempio tratto da Loth 1984:86).

Ben beschikking ' (definiendum) è ( = Dt) una decisione uni­laterale (a) di un'organo amministrativo (b), adottata in base a una competenza di diritto pubblico o di diritto amministrativo (c), che - per un caso concreto o per casi concreti (d) - costituisce, re­golamenta o estingue autoritariamente o per mezzo della quale viene denegato un rapporto giuridico (e) (definiens)'.

Da una tale definizione per via intensionale si può cercare al­lora di astrarre le caratteristiche essenziali e quelle accidentali, adottando il metodo della tecnica della definizione reale.

La definizione per genere e differenza è una definizione per via intensionale che sottoordina il concetto espresso dal definien­dum (species) al concetto generale (genus) più prossimo, indicando quali sono le caratteristiche che lo differenziano da quest'ultimo.

La definizione per genere e differenza è una delle tecniche più praticate negli studi terminologici (Cfr. Inhaltsdefinition: Wiis­ter 1979). Condizione necessaria è, ovviamente, che il concetto genus sia noto.

La definizione per via intensionale, nell'esempio di beschik­king (provvedimento), è da considerare quindi anche definizione per genere e differenza, nel senso che la caratteristica (a), cioè 'de" cisione unilaterale', è da considerare genus - già noto - e che tutte le altre caratteristiche differenziano un beschikking da altre decisioni unilaterali.

Il traduttore, nella ricerca dell'equivalenza, deve tener pre­sente però almeno alcune delle obiezioni di carattere linguistico che sono state sollevate, nell'ambito del diritto, a proposito di questo modo di definire.

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Si osserva anzitutto che la definizione per genere e differenza può incorrere nella cosiddetta fallacia logica, che fa considerare genere e differenza come entità oggettive, trascurando il fatto che sono essi stessi il prodotto di scelte culturali. Che si tenda a con­siderare genere e differenza come entità oggettive risulta anche dal fatto che molto spesso il genere viene indicato con il sostantivo e le differenze con le forme aggettivali (Cfr. Lantella 1979:266-268).

Connessa a questa obiezione è l'osservazione che, nella let­tura della definizione per genere e differenza, si privilegia il valore del genere rispetto a quello della differenza. A questa obiezione è stato risposto però che la sequenza della definizione va letta " ... co­me gradazione dal meno importante al più importante" (Lantella 1979:269), il che conferma la validità del principio della prospet­tiva funzionale della frase. Una definizione del tipo considerato ha infatti l'ordine lineare dei costituenti non' marcato, cosicché i co­stituenti di maggior grado di dinamismo comunicativo vanno in­dividuati verso la fine della sequenza.

Nell'esempio di cui sopra si può osservare che l'intera se­quenza (definiendum e definiens) appartiene al tipo denominato da Halliday (1987:263) equativo: la relazione di identità tra defi­niens e definiendum ne consente la riversibilità e l'ordine dipende dalla domanda di identificazione che richiede la risposta.

Le difficoltà del traduttore possono quindi dipendere anche dal fatto che nella domanda di identificazione che egli si pone l'or­dine tra definiens e definiendum spesso è invertito (ad esempio, nella traduzione verso l'olandese: quale è il definiendum del de­finiens "una decisione unilaterale di un organo amministrativo ... ?"); ciò in quanto, per poter verificare la possibilità di equivalenza o corrispondenza, il traduttore non sempre dispone già del defi­niendum nella LA.

La definizione per via estensionale invece enumera l'insieme dei designati e definisce quindi classi di entità; anche essa è una delle tecniche più usate nella lessicografia terminologica (Cfr. Um­fangsdefinition Wi.ister 1979).

Loth (1984:93) dà l'esempio della definizione di zakelijk recht (''diritto reale"), del quale la scienza del diritto non è riuscita

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ancora ad isolare un numero di caratteristiche necessarie e suffi­cienti a consentire la formulazione di una definizione per via in­tensionale. Lantella offre l'esempio della definizione di fonti delle obbligazioni ("ontstaansbronnen van recht"), della quale dice che, secondo una visione mutuata dalle Istituzioni di Giustiniano, nel Codice Civile del1865, " ... si preferiva rispondere che le fonti delle obbligazioni sono il contratto, il quasi-contratto, il delitto e il quasi-delitto" (1979:45). Nel diritto e nelle scienze umane molti sono i concetti oggetto di definizione solamente per via estensio­nale.

La definizione di alcuni termini cosiddetti aperti ( open ter­men) è data soltanto dalla loro regola d'uso, che peraltro mai ne può fornire completamente il significato (Cfr. Loth 1984). Sono questi i termini che hanno un'intensione vaga e di conseguenza anche una estensione vaga e che offrono il più ampio 'spazio al­l'interpretazione'.

2.3.2. La definizione contestuale

La definizione contestuale, che viene considerata una defini­zione non-sinonimica, " ... produce due enunciati equivalenti che pertanto possono dirsi in senso lato sinonimi e quindi una com­ponente sinonimica non è estranea neppure al definire contestua­le" (Lantella 1979:49). Con la definizione contestuale si producono quindi due enunciati equivalenti, uno solo dei quali contiene il termine oggetto della definizione.

Esempio noto è: "A è coniuge di B", ove coniuge significa che B ha contratto matrimonio con A. Per la traduzione la seconda frase può essere considerata equivalente della prima (quindi: "B heeft een huwelijk aangegaan metA") e, viceversa, la prima equi­valente della seconda (quindi: "A is echtgenoot van B").

La definizione contestuale si basa pertanto su una relazione di implicazione semantica tra due proposizioni ed è considerata nel campo del diritto la più corretta per termini indicanti relazioni. Applicato alla traduzione, il procedimento della definizione con­testuale. è paragonabile alla tecnica traduttiva della modulation, nota attraverso la Stylistique Comparée di Vinay e Darbelnet.

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Nella LA si opera uno spostamento del modo in cui il mes­saggio viene espresso nella LP, mantenendone tuttavia il senso; formulando quindi nella LP una definizione contestuale e tradu­cendola nella LA, si può, in alcuni casi, ottenere nella traduzione un'equivalenza di senso.

2.3.3. La definizione parola-parola

Non sempre definire una parola con un'altra parola è consi­derato pratica definitoria. Si potrebbe affermare che in verità viene scelto un parasinonimo e che, se la scelta ricade su un termine di significato più ampio (come di solito avviene), non si è in presenza di una definizione ma di una qualificazione del definiendum.

Nonostante queste osservazioni, la nozione di definizione pa­rola-parola può offrire qualche utile indicazione per la traduzione di termini che non trovano una sicura equivalenza nella LA, anche perché si assiste al ricorso di questa tecnica da parte degli stessi studiosi del diritto che la ritengono talvolta soddisfacente.

ESEMPIO:

/Na een aantal vergeefse pogingen om hem op dat adres te bereiken verklaarde de onderzoeksrechter hem op 14 november 1973 onvindbaar (irreperibile)/ (In: N.J. 1986, 40:2524-2525).

'Dopo alcuni vani tentativi di raggiungerlo a quell'indirizzo il Giudice istruttore lo dichiarava il 14 novembre 1973 introvabile (irreperibile) '

Nell'esempio, tratto dal commento di un giurista olandese a una sentenza della Corte delle Comunità Europee per il Diritti del­l'Uomo (già citata), il termine valutativo tecnico giuridico italiano irreperibile è stato trasferito in olandese con il termine valutativo non tecnico e più ampio onvindbaar ("introvabile"). Irreperibile non è un termine qualificato secondo norme, ma potrebbe essere definito piuttosto 'termine aperto', che offre quindi largo spazio all'interpretazione giuridica, come risulta dalla dottrina :" ... non es-

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sendoci alcuna norma nei codici che definisce espressamente la figura dell'irreperibile, la nozione di irreperibilità va dedotta 'dalla mancanza della effettiva ed obiettiva conoscenza da parte delle au­torità preposte dei luoghi ove sia possibile notificare l'atto proces­suale al destinatario'" (in: Il Foro Italiano, parte IV, 1985: 226).

Il termine olandesè tecnicamente più vicino a irreperibile sa­rebbe stato zonder vaste woon- of verblijfplaats. Questo termine però è qualificato secondo norme ed è non-valutativo; perciò l'au­tore del commento ·ha preferito far uso della tecnica della defini­zione parola-parola, invece che dell'equivalenza funzionale più vi­cina, citando tra parentesi il termine tecnico italiano affinché il giurista olandese, destinatario del testo di commento, abbia la pos­sibilità di comprendere e di interpretare un concetto giuridico ita­liano che non trova equivalenza in un termine olandese anche esso non qualificato secondo norme.

Anche questo esempio conforta l'opinione che, nella scelta del procedimento da seguire per la traduzione dei termini, le pra­tiche definitorie devono essere prese in considerazione tenendo conto della classe alla quale il termine appartiene.

2.3.4. La definizione complessivamente semiotica e testi paralleli

Il più delle volte la verifica dell'equivalenza o della corrispon­denza tra un termine della LP e uno della LA deve essere svolta in più fasi. Anzitutto si deve giungere alla conoscenza del significato concettuale o denotativo del termine, per poter stabilire successi­vamente, tenuta presente la somma dei significati già individuati da Leech (1981), il suo valore comunicativo.

Per riconoscere il significato concettuale il traduttore dovrà avvalersi necessariamente, in un primo momento, del dizionario monolingue il cui uso, per quanto spesso indispensabile, costituirà solo un primo approccio, poiché le definizioni ivi contenute sono spesso non esaurienti. Sarà necessario perciò consultare poi testi normativi, manuali, commenti ecc. Con ciò la ricerca dovrà essere avviata su testi paralleli, anche perché solo da questi il traduttore

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potrà ricavare la cosiddetta definizione complessivamente semio­tica (Belvedere 1979:335-336) del termine, che riguarda la dimen­sione sintattica (l'uso del termine nel co-testo), oltre a quella se­mantica, la cui importanza è sottolineata da Darbelnet (1979:26) e Gémar (1979:47), e la dimensione pragmatica.

Benché non sia da considerare definizione vera e propria, pure la definizione cosiddetta 'complessivamente semiotica' viene an­noverata tra le pratiche definitorie dei termini giuridici. È stato os­servato, infatti, che le definizioni dovrebbero tener conto di cia­scuna delle tre dimensioni semiotiche del segno (Cfr. Lantella, Bel­vedere e ]ori 1979).

La definizione chiamata dagli studiosi delle pratiche definito­rie giuridiche complessivamente semiotica riguarda in particolare i termini qualificatori valutativi (che ricorrono nelle norme) e quelli fattuali valutati vi, cioè tutti i termini diversi da quelli che " ... basta­no a se stessi, si fondano su elementi non-espressivi, discreti e lin­guisticamente centrali", come li definisce Mounin (1983:133) ri­prendendo la. formula di Martinet.

Anche nel testo giuridico, come in qualsiasi altro testo, si tro­vano spesso parole e termini con una potenzialità emotiva che non sempre può essere trascurata, legata come è all'autore e ai fattori del tempo e dello spazio. La dimensione pragmatica non può es­sere presa in esame privilegiando singoli termini nel testo ma solo mediante più ampia considerazione del messaggio nella sua com­plessità. In altre parole, molti termini " ... oltre a svolgere la fun­zione descrittiva e/o valutativa connessa al loro significato espri­mono anche l'atteggiamento di chi li adopera nei confronti di ciò che essi denotano, perché il loro uso normalmente è associato a certi sentimenti, emozioni, stati d'animo ecc." (Belvedere 409-41 0).

Si deve tener conto quindi del tipo e del genere di testo in cui un termine ricorre per poter verificare se un termine della LP e uno della LA siano equivalenti nelle tre dimensioni semiotiche e occorre quindi consultare, ove possibile, testi paralleli ( confron­tando ad esempio una memoria nella LP con analoghe memorie nella LA).

La consultazione di testi paralleli non si rende necessaria ov­viamente soltanto per l'individuazione di un eventuale significato

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emotivo o espressivo del termine, ma spesso è indispensabile per giungere alla conoscenza del suo stesso significato concettuale. La consultazione dei testi paralleli è considerata infatti il metodo più affidabile per stabilire l'equivalenza o la corrispondenza tra i con­cetti espressi dai termini nelle diverse lingue (Cfr. Asser 1968:39; De Groot 1987:25).

Tuttavia, per conoscere il significato concettuale è necessaria una corretta individuazione dei testi paralleli; ciò deve essere par­ticolarmente raccomandato quando il testo di partenza proviene da un'area linguistica con sistemi giuridici diversi o quando la tra­duzione è destinata ad una simile area linguistica. Per la comuni­cazione giuridica all'interno di quell'area è molto spesso necessa­ria una traduzione intralinguistica dei termini (Cfr. De Groot 1987b:129).

Delle tre classi dì testi paralleli indicate da Hartmann (1980:38) possono essere considerate utili, per chi si occupa della traduzione giuridica, principalmente due: quella relativa ai testi risultato di ponderato adattamento di un medesimo messaggio nelle diverse lingue (al fine di comunicare l'identico messaggio a riceventi con sfondo culturale talvolta anche molto differente) e quella relativa ai testi tipicamente non correlati, se non per le circostanze origi­narie che hanno portato alla loro creazione e che hanno prodotto analogie casuali.

Appartengono alla prima classe i testi normativi plurilingui ed alla seconda i testi normativi, propri di ciascun paese, che rego­lano una stessa materia e ai formulari, testi dottrinali, manuali, commenti ecc., in quanto afferenti ad analoga specificità di situa­zione comunicativa ed analogo livello di comunicazione.

Tra queste due classi di testi parelleli dà maggiore affidamento senz' altro la seconda e infatti (come osservato anche in sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee su questione re­lativa all'interpretazione dell'art. 177, III comma, Trattato C.E.E.), i testi normativi plurilingui possono impiegare una terminologia loro propria e le nozioni giuridiche in essi non presentano neces­sariamente lo stesso contenuto anche nei vari diritti nazionali (Cfr. causa 283/81). Pure Bauer-Bernet (1982:191-192) informa che in sede CEE è talvolta necessario creare una terminologia 'co munita-

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ria' propria, ad evitare che possa verificarsi confusione tra l'acce­zione nazionale e quella comunitaria di uno stesso termine.

I testi normativi nazionali, ivi compresi i testi giurispruden­ziali, rappresentano quindi per il traduttore le fonti principali per la ricerca del significato concettuale del termine. Le opere dottri­nali, le enciclopedie e i dizionari giuridici monolingui, i formulari e i testi tipo di atti giuridici possono rappresentare per la ricerca del traduttore altrettante fonti non meno importanti.

Da quanto detto risulta che possono essere di particolare uti­lità per il traduttore soltanto quei dizionari giuridici bilingui o multilingui che rinviano più direttamente alle fonti principali. Un esempio è costituito dal dizionario di diritto privato Nederlands­Frans; Néerlandais-Français (al quale hanno collaborato traduttori e giuristi del T. M. C Asser Instituut), redatto in base al principio che ciascuna soluzione di traduzione offerta deve essere suscetti­bile di verifica attraverso il richiamo a testi giuridici, che danno ragione della dimensione semantica e della dimensione sintattica del termine, della fraseologia e dell'espressioni idiomatiche (Cfr. Hesseling 1978: IX-XI); come risulta dal seguente

ESEMPIO:

Gedaagde (l) Indien de gedaagde ten betekende dage niet verschijnt (WBRv n. 44) Défendeur (m) Si, au jour indiqué par la citation, le défendeur ne comparait pas (C proc civ 19).

2.4. Alcune definizioni con riguardo al criterio del contenuto

2.4.1. La definizione strutturale e la definizione funzionale

La definizione strutturale e quella funzionale si basano sul cri­terio del contenuto; con la definizione strutturale si cerca infatti di

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descrivere la struttura di una cosa e con la definizione funzionale si tende ad evidenziarne lo scopo, il fine o l'effetto.

Nell'ambito della terminologia multilingue si cerca spesso di giungere ad una definizione che sia strutturale-funzionale (Cfr. La définition par les modalités circonstancielles, Dubuc 1985:96-97).

Questa definizione è utile per la traduzione perché i dizionari bilingui spesso non tengono conto della diversa funzione che pos­sono assolvere cose, persone o istituti; nei dizionari monolingui tuttavia si incontrano frequentemente definizioni strutturali-fun­zionali: così la prima definizione di Kabinet (Gabinetto) che dà il dizionario giuridico Fockema Andreae's può essere considerata una definizione strutturale-funzionale, come lo è del resto quella di be­lasting (già citata); il che dimostra come i diversi criteri operino congiuntamente nelle pratiche definitorie.

ESEMPIO:

lkabinet, kleine vergadering, klein bureau tot vertrouwelijke behandeling van zaken/

'gabinetto, piccola riunione, piccolo ufficio per la trattazione confidenziale di questioni'

2.5. Alcune considerazioni sulla citazione, il calco e il prestito

La confusione che Struyken ha notato nella letteratura stra­niera sul diritto olandese risulta particolarmente evidente nella tra­duzione di termini indicanti collegi giudiziari, enti, alte cariche dello Stato ecc. Lo stesso Struyken esprime il parere che sia da preferire il trasferimento nella LA del valore di questi termini mediante ci­tazione piuttosto che calco o equivalenza funzionale e ciò almeno fino a quando non si giunga ad una normalizzazione o ad una stan­dardizzazione. Arntz (1986:286-288) rileva che i vari dizionari bi­lingui forniscono traduzioni e indicazioni differenti, a motivo del fatto che le funzioni dei diversi organi giudiziari differiscono di molto a seconda dei sistemi giuridici.

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Questi problemi sembrano sentiti anche dai traduttori giuri­dici presso gli organismi internazionali. Per sentenze della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (pubblicate in francese e in inglese e seguite da traduzioni non ufficiali nelle altre lingue) il procedi­mento di traduzione delle denominazioni di organi legislativi e giudiziari, di enti, di alte cariche dello Stato, di istituti giuridici ecc. è quello del calco, seguito dalla citazione del termine del sistema di partenza quando si presenta la prima volta nel testo: "La Cour Supreme" (Hoge Raad) "des Pays-Bas", "la Haute Cour Militaire" (Hoog Militair Gerechtshof), "un officier superieur" (hoofdofficier), "la loi sur l'objection de conscience au service militaire" (Wet Ge­wetensbezwaren Militaire Dienst), "officier commissair" (officier­commissaris) ecc. (Arret 3/1983/59/91-93)

Il calco (cioè equivalenza formale con adattamento di sintassi) è da considerare appropriato, secondo Weston (1983: 26-28), quan­do il termine tradotto rappresenta lo stesso concetto o quasi lo stesso concetto nella LP o quando esso rappresenta un concetto diverso ma è comunque l'equivalente più vicino a quello di par­tenza di un qualsiasi equivalente funzionale, oppure infine quando il calco non corrisponde ad alcun concetto nella cultura giuridica della LA, ma è comunque trasparente.

Il calco non è ammissibile invece, secondo Weston, nemmeno se il termine della LP viene riportato tra parentesi quando può dare origine a 'faux amis'.

Il procedimento seguito presso il Consiglio d'Europa tende quindi ad evitare la deformazione e la trasformazione dei concetti ed offre al giurista l'opportunità di soddisfare il proprio interesse enciclopedico (perché il termine della LP viene riportato) rispet­tando l'identità dei diversi sistemi giuridici.

Diversa è invece la tecnica seguita presso la Corte di Giustizia delle Comunità Europ~e.

Infatti, nella traduzione olandese di sentenze in cause che hanno come lingua processuale l'italiano si trovano citazioni non segUite da alcuna traduzione perifrastica o esplicativa per tutte le denominazioni di organi legislativi, giudiziari, enti ecc. quali: "de Pretore te Rome", "de Giudice Conciliatore te Milaan"; e nella tra­duzione italiana di sentenze in cause con lingua processuale olan-

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dese: la "Tariefcommissie" di Amsterdam, "il College van Beroep voor het Bedrijfsleven" ecc.

Solo i titoli delle leggi vengono trasferiti con la citazione se­guita dal calco o dall'equivalenza funzionale riportati tra parentesi: "W et Assicurantiebemiddeling" (Legge sulle agenzie d' assicurazio­ne; sentenza 26-11-1975; causa 39/75)

Tale procedimento, come osserva giustamente Sarcevié (1985:127-133), può rendere il testo d'arrivo poco comprensibile quando la LP è di limitata diffusione (e di conseguenza meno nota ne è la cultura giuridica). Esso è però ammissibile quando si può ragionevolmente presumere che la citazione abbia assunto il va­lore del prestito e faccia quindi già parte del patrimonio giuridico comune all'autore e al destinatario del testo tradotto; e ciò quando il termine già si trova in versioni ufficiali di trattati e di conven­zioni internazionali o in testi plurilingui.

In tali casi il termine della LP può essere considerato acqui­sito dal linguaggio giuridico d'arrivo e pertanto può ritenersi sod­disfatta una delle condizioni cognitive pragmatiche indicate da van Dijk (1978), quella cioè della comune conoscenza tra autore e de­stinatario del concetto espresso dal termine citato.

In questi casi, sempre che la comunicazione si svolga tra giu­risti, si può presumere che al destinatario della traduzione siano note le informazioni che sono contenute nei trattati internazionali.

Il termine Arrondissementsrechtbank, ad esempio, ricorre nel­l'art. 32 della Convenzione di Bruxelles del 27-9-1968 e nel testo italiano si legge:

L'istanza deve essere proposta: ... - in Italia, alla Corte d'appello; - nei Paesi Bassi, al Presidente dell'Arrondissementsrecht-

bank'; e nel testo olandese:

H et verzoek word t gericht: ... - in Italie, tot de 'Corte d'appello'; -in Nederland tot de voorzitter van de arrondissementsrecht-

bank.

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È evidente che in una traduzione riferita ad una specifica si­tuazione comunicativa di esecuzione nell'ambito di uno stato fir­matario della Convenzione, di sentenza emessa in altro Stato, iter­mini Arrondissementsrechtsbank e rispettivamente Corte d 'appello potranno essere trasferiti con il semplice prestito. È tuttavia evi­dente che, trattandosi della esecuzione delle sentenze emesse ne­gli stati firmatari della Convenzione, i termini Arrondissements­rechtbank e Corte d 'appello si riferiscono ad organi giudiziari che nei due paesi svolgono funzioni giurisdizionali identiche solo nella specifica situazione comunicativa prevista dalla Convenzione.

Come per la traduzione di qualsiasi termine, anche in questi casi non è possibile prescindere quindi dalla collocazione del ter­mine nel testo e dalla specifica situazione comunicativa. Il tradut­tore dovrà valutare di volta in volta la specifica situazione comu­nicativa ed individuare se il termine in un determinato passo del testo ricorre in un'accezione piuttosto che in un'altra. Ad evitare errori egli potrà allora trasferire questi termini mediante citazione, seguita da una breve parafrasi definitoria la prima volta che il ter­mine ricorre nel testo e successivamente con la sola citazione del termine; tecnica presentata anche nella Raccomandazione UNE­SCO di Nairobi del 1983 all'art. 14, lettera b.

Diverso è il caso invece in cui il termine della LP possa essere considerato già acquisito dal linguaggio giuridico nella sua speci­fica accezione; allora può essere sufficiente il solo prestito. Il pre­stito può anche essere preceduto da una precisazione sul sistema giuridico di appartenenza, come è consuetudine fare per i termini che indicano società commerciali (ad esempio "la società di diritto olandese N.V.").

Può accadere che nessuno dei procedimenti sopra accennati porti a risultati adeguati e accettabili e che il traduttore si trovi costretto a ricorrere ai metodi propri della terminologia multilin­gue, cercando di individuare le essenzialia e le accidentalia del termine da tradurre; comparando quindi tra di loro le definizioni nella LP e nella LA.

Tuttavia nemmeno le conclusioni alle quali si può pervenire con l'adozione di tale procedimento possono essere generalizzate (Cfr. Arntz 1982:141-142). Infatti la corrispondenza che viene così

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a stabilirsi tra termine della LP e termine della LA è quella dell'e­quivalenza funzionale per analogia (Pigeon 1982), che può rendersi tuttavia necessaria in determinati casi, soprattutto in considerazione di uno o più fattori extralinguistici che possono influire sulla rea­lizzazione del messaggio.

L'origine geografica del testo (Cfr. Crystal & Davy 1969, House 1977) ad esempio, e quindi anche la destinazione geografica del testo, possono determinare (e in certi casi devono determinare) la scelta tra equivalenza funzionale e equivalenza formale.

Così in una traduzione giuridica destinata ad area geografica bilingue ma con sistema giuridico unitario (Bolzano), oppure ad area bilingue con coesistenti diversi sistemi giuridici (Canada), si potrà ricorrere all'equivalenza formale (ad esempio con il prestito) con frequenza minore che in una traduzione destinata ad area mo­nolingue ma statualmente non unitaria e quindi con due sistemi giuridici diversi (Belgio e Olanda).

Nelle aree geografiche con due comunità linguistiche accade spesso che una delle due lingue tenda a respingere le tracce del­l'altra (Cfr. Nida 1964: 173) e ciò influisce sicuramente sulla scelta dei criteri di accettabilità della traduzione.

Una situazione senz' altro più complessa si presenta quando in uno stesso ambito statuale coesistono due lingue e due diversi sistemi giuridici. È questo il caso, ad esempio, del Canada, in cui una quindicina di anni or sono è stata emanata la Loi sur les lan­gues officielles, che aspira ad un bilinguismo giuridico che impone per le traduzioni l'equivalenza funzionale per analogia (Cfr. Pigeon 1982:273 sgg.).

Parimenti non semplice è la situazione nel Belgio tra Fiandre e Vallonia: nonostante vi sia un unico sistema giuridico, nella tra­duzione del testo giuridico si darà preferenza all'equivalenza fun­zionale.

Quanto effettivamente sia importante la considerazione del fattore spazio per la scelta dell'equivalenza può essere dimostrato dall'esempio che segue.

Il termine Procuratore della Repubblica può essere trasferito, in una traduzione destinata all'Olanda, con Officier van ]ustitie (equivalenza funzionale) e in una traduzione destinata alla Vallonia

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con Procureur de la République (calco trasparente), mentre in una traduzione destinata alle Fiandre può essere trasferito con Procu­reur va n de Republiek (calco trasparente, visto che nel linguaggio giuridico belga è noto il termine Procureur des Konings rispetti­vamente Procureur du Roz).

Il termine olandese Officier van ]ustitie non potrà essere tra­sferito in una traduzione destinata all'Italia se non con il termine Procuratore della Regina e con il termine Procureur de la Reine in una traduzione destinata alla Vallonia (equivalenze funzionali per analogia).

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PARTE SECONDA

IV - CATEGORIE DI FATTORI EXTRALINGUISTICI E TESTO

1.0. Generalità

Negli ultimi anni, grazie all'individuazione e alla successiva generalizzazione dei problemi connessi alla pratica, nelle teorie sulla traduzione si è incominciato ad indagare sui fattori extralinguistici che determinano la scelta di variazioni stilistiche di carattere sin­tattico e/o lessicale nel testo di partenza e che, per il traduttore, sono o dovrebbero essere di guida nelle decisioni e nelle scelte.

La traduzione, quale espressione linguistica, viene considerata allora una forma di azione umana che è studiata, dal punto di vista intenzionale, funzionale e sociale, come un particolare fenomeno di interazione sociale. Si cerca quindi di collocare e di analizzare sia il testo di partenza che la sua traduzione in un determinato mo­dello di comunicazione, mettendo a confronto, in vista delle de­cisioni e delle opzioni traduttive, il modello socio-culturale nel quale si trova il testo di partenza con quello in cui dovrà essere collocato il testo tradotto.

Così, nell'analisi e nella descrizione del testo di partenza, i fattori extralinguistici che fanno parte della situazione comunica­tiva vengono messi in relazione con diverse variazioni semantiche e stilistiche di natura pragmatica; variazioni che non si rivelano solo a livello lessicale ma che si presentano anche a livello della frase e del testo.

Sulla base delle conclusioni cui si perviene con tale analisi e considerate le diversità socio-culturali e/o situazionali, si cerca al-

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lora, nell'atto del tradurre, di individuare quali siano nella LA le variazioni stilistiche funzionali pragmatiche (con altrettante diverse funzioni) più adeguate in rapporto al testo di partenza e più ap­propriate, quindi, in vista della funzione che il testo tradotto as­solverà nella comunità della LA.

Ciò che si cerca di fare è l'analisi di una situazione comuni­cativa complessa; la selezione che il traduttore opera tra le diverse alternative per giungere a decisioni coerenti è parte di un processo governato da un'insieme di regole, chiamate da van den Broeck e Lefevere (1979:122-126) vertaalnormen (''norme traduttive").

Quando si tratta di testo e di contesto, di lingua, di tempo, di luogo e dei rapporti che intercorrono tra autore e destinatario del testo e si considera pertanto l' interazione tra lingua e società, emerge tutta la complessità delle relazioni che intercorrono tra le diverse categorie dei fattori extralinguistici e l'uso della lingua.

Si deve convenire perciò con Stolze (1982:148-149) quando afferma che per l'indagine sulla relazione tra fattori extralinguistici e testo ai fini della traduzione sembra più appropriato parlare di descrizione piuttosto che di analisi del testo.

Infatti, prendendo in esame ai fini della descrizione del testo i fattori extralinguistici, non si procede dal particolare verso il ge­nerale ma, al contrario, dal generale verso il particolare, che ri­mane un atto individuale, un campione di comportamento lingui­stico che si colloca in un comportamento generale, sia pure di un gruppo interessato.

Questo significa allora che lo scopo comunicativo del testo di partenza è raggiungibile nel contesto socio-culturale d'arrivo (di un determinato o un virtuale destinatario, in un luogo e in un mo­mento determinati) con un certo comportamento linguistico piut­tosto che con un altro.

1.1. La situazione comunicativa

La nozione di situazione comunicativa viene intesa talvolta in senso molto ampio, tanto che sia nella linguistica testuale che nella

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teoria della traduzione non esiste ancora consenso su quali fattori debbano costituire l'oggetto dell'analisi delle relazioni tra testo e contesto. Ed è probabilmente questa la ragione per cui qualsiasi modello di fattori extralinguistici per l'analisi stilistico-pragmatica del testo rimane sempre un modello aperto, così come lo è, ad esempio, quello proposto da Crystal & Davy (1969), successiva­mente modificato da House (1977), per l'analisi di alcuni tipi di testo ai fini della valutazione critica della traduzione.

Come sottolinea anche van Dijk (1978a: 72-73 ), la nozione di situazione comunicativa va necessariamente precisata; così per componenti della situazione comunicativa devono intendersi sol­tanto le diverse categorie di fattori extralinguistici che determinano in modo sistematico e convenzionale la struttura del testo e ne condizionano l'interpretazione.

Nella traduzione devono essere presi in esame allora, corre­lativamente, quei fattori extralinguistici che determinano in modo sistematico e convenzionale la realizzazione del testo di partenza e quelli della situazione d'arrivo che devono o possono fungere da guida nelle scelte che il traduttore deve operare.

Solo alcuni dei fattori extralinguistici sono infatti generalizza­bili e devono essere considerati pertinenti alla realizzazione di un qualsiasi tipo di testo; altri possono essere determinanti per la rea­lizzazione di un solo tipo o di un solo genere di testo e non invece per la realizzazione di testi di diverso tipo o genere.

Sono generalmente considerati fattori che svolgono un ruolo nella produzione del testo il tempo, lo spazio e il medium. Atti­nenti invece alla situazione comunicativa in senso stretto sono considerati solitamente gli utenti della lingua (per l'analisi del te­sto in funzione traduttiva: l'autore o gli autori e il/o i destinata­ri( o)), la tematica (o argomento di discorso), le intenzioni, il ruolo di relazione sociale tra i partners della comunicazione, il campo di attività e l'atteggiamento dei partecipanti alla comunicazione. (Crystal & Davy 1969; Schmidt 1976, 1978; van Dijk 1978 a; House 1981).

A seconda dell'oggetto particolare dell'indagine alcuni autori individuano poi altre categorie, ovvero operano ulteriori distinzioni all'interno di una o di più categorie, oppure, ancora, esaminano

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all'interno di una determinata categoria più fattori. Così, ad esem­pio, House (1981) suddivide la categoria status (del modello di Crystal & Davy) in ruolo di relazione sociale (social role relation­sbip) e in atteggiamento sociale (social attitude). Nord (1988:54) comprende nella intenzione del mittente (Intention des Senders) le funzioni comunicative fondamentali che coincidono con le fun­zioni del segno linguistico individuate da Bi.ihler (1934), e che, an­che con l'integrazione di]akobson (1963), vengono spesso assunte come basi per una tipologia di testi in funzione traduttiva (Reiss 1976, van den Broeck e Lefevere 1979; Reiss & Vermeer 1984, Newmark 1981, Newmark 1988).

Quando si confrontano tra di loro questi diversi approcci si può osservare come tutti abbiano in comune la considerazione de­gli elementi contenuti nella formula già menzionata di Lasswell (in cui possono essere riconosciuti i sei diversi fattori costitutivi di qualsiasi atto di comunicazione, individuati di ]akobson, 1963:219-220). Questa formula infatti può avere funzione di guida e di in­dirizzo nelle valutazioni preparatorie alle scelte e alle decisioni del traduttore facilitandogli analisi e descrizione più ponderate per ri­conoscere il modo in cui i fattori extralinguistici e gli elementi te­stuali concorrono nella produzione di un testo.

L'utilità della formula Lasswell per l'analisi testuale in funzione traduttiva è stata riconosciuta più volte (Wills 1980, H. Bi.ihler 1984, Nord 1988) ed elaborata e interpretata secondo le esigenze; essa trova applicazione anche in altre discipline linguistiche (Cfr. ad esempio Mentrup 1988).

Una applicazione della elaborazione fattane da Mentrup, in funzione dell'analisi del testo di partenza preparatoria all'atto tra­duttivo, viene proposta da Nord (1988:45), la quale però ritiene che, accogliendo il criterio dello skopos della traduzione (Cfr. Sko­postheorie in Reiss & Vermeer 1984), alcuni dei fattori potrebbero essere anche non rilevanti.

Mentrup però (1988:10 sgg.) riporta la seguente formula che a suo avviso è da considerare come catena pragmatica universale e a questa ci si intende qui attenere:

"Wer/ tut/ wann/ wo/ warum/ wie/womit/ was/ fi.ir wen/ wozu/ (mit) welchem Effekt?"

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(Chi/fa/quando/dove/perché/in quale modo/con quale mezzo/ che cosa/per chi/a quale scopo/con quale effetto?)

Il verbo tun (fare) può essere commutato in qualsiasi altro verbo esprimente una azione specifica in una specifica situazione. La commutazione, quindi, può portare ad una modificazione o ad una riduzione degli elementi nella formula (Mentrup ibid.) e qual­siasi modello di analisi basato sulla formula deve essere conside­rato, pertanto, dinamico.

La catena pragmatica di Mentrup va considerata universale anche ai fini della traduzione del testo scritto, perché rimanda a categorie di fattori extralinguistici che non dipendono nè dalla lin­gua usata nè dal determinato contesto sociale, per quanto debba essere qui osservato che il contesto sociale e la funzione che il testo vi deve svolgere determinano la misura in cui i diversi fattori si riflettono nella realizzazione del testo.

Commutando, ai fini della descrizione della correlazione tra testo e contesto di partenza, il verbo fare della catena pragmatica in comunicare, si possono estrarre le seguenti categorie:

autore o producente (chi comunica); collocazione nel tempo (quando); luogo (dove); intenzione comunicativa (perché); uso linguistico (in quale modo); medium (con quale mezzo); tematica (che cosa); destinatario o ricevente (a chi);funzione (a quale scopo); effetto (con quale effetto).

Queste categorie possono essere raggruppate, seguendo Men­trup (1988: 12), in categorie di fattori situazionali in senso stretto e categorie di fattori situazionali in senso ampio. Appartengono alle prime le categorie 'autore' o 'producente', 'tematica' e 'destinata­rio' o 'ricevente' ed alle seconde tutte le rimanenti.

1.2. L'autore o la fonte di produzione

All'interno della categoria autore possono essere individuati il fattore campo dell'attività, e ancora più specificatamente quello

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della specializzazione che rimanda al sottosottocodice linguistico, ad esempio diritto civile, diritto amministrativo, diritto penale, e quello del ruolo di relazione sociale che l'autore ha nei confronti del destinatario.

Il ruolo di relazione sociale, in particolare, è determinante del significato sociale, evidenziato dall'uso del linguaggio volto a stabilire e mantenere la distinzione dei ruoli sociali (Cfr. Lyons 1981 : 14 3). Il fatto che la misura in cui il significato sociale può o deve essere trasmesso può variare da lingua a lingua, trova con­ferma pure per il testo giuridico, nel quale quella misura può ri­velarsi al livello di un maggiore o minore formalismo di stile.

Va tenuto presente, ancora, che non sempre l'estensore di un testo comunica le intenzioni comunicative esclusivamente proprie. In determinati casi si può avere un mittente che dà incarico di stendere il testo ad un producente che, non trasferendo una in­tenzione esclusivamente propria, può svolgere un ruolo anche su­bordinato rispetto al mittente (Cfr. Nord 1988:47-48).

Così, ad esempio, un autore del testo legislativo è difficilmente individuabile; si può parlare invece di un mittente o di una fonte di produzione, come si vedrà più avanti.

l. 3. La tema ti ca

Anche la nozione di tematica o di argomento del discorso, come molte altre dell'analisi testuale, non sempre appare ben de­finita e, nell'ambito particolare degli studi sulla traduzione, spesso non risulta chiara la distinzione tra contenuto e tematlca del testo (Cfr. Nord 1988:97.103).

L'opinione comunemente accettata è che esiste una connes­sione intrinseca tra 'argomento del discorso' e 'contenuto del di­scorso'; con ciò che "il primo si può considerare come costituito, in un certo senso, dagli elementi 'importanti' del secondo" (Brown e Yule 1986: 140). Se è possibile concepire la rappresentazione del contenuto del discorso secondo una gerarchia di elementi, gliele­menti sovraordinati sono i naturali candidati ad essere considerati componenti 'più importanti' dell'argomento del discorso (Cfr. Brown e Yule ibid. ).

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Secondo van Dijk (1978a:53 sgg.) il tema di un testo, o delle sue sequenze, può risultare çlalla macrostruttura semantica del te­sto, ottenibile mediante l'applicazione di quattro regole fondamen­tali: la cancellazione di informazione irrilevante o non essenziale (regola che l'autore stesso ritiene piuttosto banale); la selezione, con r omissione di proposizioni che rappresentano le condizioni, le presupposizioni, parti o conseguenze di proposizioni non già cancellate; la generalizzazione, con la quale dalla sequenza di pro­posizioni specifiche si ricava una proposizione di contenuto gene­rale; la costruzione, con la quale si forma una proposizione nuova che riassume o fornisce l'informazione contenuta in altre propo­sizioni.

Lo stesso van Dijk (1980:247-248) afferma che l'assegnazione della macrostruttura ad un testo avviene di solito non soltanto sulla base delle proprietà semantiche ma anche sulla base di quanto il le t­tore ritiene importante secondo un particolare processo psicologico.

Il concetto di macrostruttura di van Dijk non si basa quindi sulla sequenza delle frasi nel testo di superficie ma sulla rappre­sentazione semantica sottostante e si avvicina di più ad un rias­sunto del contenuto che ad un'analisi degli argomenti.

La t ematica (o l'argomento del discorso) è ovviamente ine­rente allo stesso testo e, benché trattato spesso come nozione pra­gmatica, costituisce ancora oggetto di studio e di discussione e la sua individuazione è particolarmente importante per il traduttore nel suo primo approccio al testo giuridico: evidenzia infatti la spe­cialità del settore, e può rinviare, vista la interdisciplinarità del te­sto giuridico, anche ad altri linguaggi settoriali.

È possibile che, nell'esame del testo scritto, il traduttore si possa orientare anche con la considerazione degli aspetti formali della struttura del testo. I capoversi potranno essere recepiti facil­mente come altrettante demarcazioni formali e come segnali di cambiamento di argomento. Alcuni studi al riguardo hanno rive­lato che l'inizio di un capoverso, pur non coincidendo sempre con un cambiamento o uno spostamento di argomento, può essere considerato comunque un'indicazione di ciò che l'autore ritiene una parte nuova del proprio testo (Cfr. Brown e Yule 1986:125 sgg.).

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Sembra inoltre plausibile che generi diversi di testo seguano una determinata forma di organizzazione del discorso scritto, ri­conoscibile proprio dalla demarcazione formale.

I diversi approcci al problema dell'individuazione della tema­tica del testo o dell'argomento del discorso hanno tutti il merito di rendere consapevole il traduttore fin dalla prima lettura che qual­siasi interpretazione è soggettiva e di indurlo ad analizzare il testo da angolazioni diverse, per ridurre le possibilità di sostituire la sua interpretazione soggettiva alle intenzioni comunicative effettiva­mente realizzate dall'autore del testo.

Per un primo riconoscimento della tematica di un testo giu­ridico è di sicura utilità l'esame della sua macrostruttura globale (superstruktuur), così come intesa da van Dijk (1978a:137-146). La macrostruttura, oggetto di studio anche nell'ambito di altri lin­guaggi settoriali (cfr. ad esempio Hoffmann 1985), è rappresentata dallo schema convenzionalizzato, cioè dalla forma globale del te­sto, alla base della quale stanno le regole che fanno parte della competenza linguistica e comunicativa'di tutti gli utenti di una lin­gua o di quelli appartenenti ad un gruppo professionale.

Lo studio della macrostruttura globale, di natura quindi pra­gmatica, dovrebbe essere affrontato anzitutto come studio dello schema astratto secondo cui il testo viene redatto.

Visto che il sistema giuridico è prodotto e parte integrante del contesto sociale, anche la forma in cui il testo giuridico viene redatto, riflettendo il sistema, è convenzionale, perché basata su determinate regole. Perciò la struttura globale di un testo può es­sere studiata quasi parallelamente alla sintassi (Cfr. van Dijk 1978a).

Lo studio comparato delle strutture globali dei testi potrebbe rivelarsi utile quindi, nell'ambito della traduzione giuridica, per poter stabilire in quale misura le diversità degli schemi convenzio­nali, collegati come sono alle funzioni dei testi nei diversi sistemi, determinano anche diversità di macrostrutture semantiche.

Sia la macrostruttura globale pragmatica che la sottostante macrostruttura semantica, nell'accezione di van Dijk (1978a), sono molto spesso vincolanti per i testi giuridici che richiedono espli­citamente unaforma determinata e una determinataformulazione.

Attraverso la struttura globale del testo (di natura pragmatica)

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può essere individuata la tematica strettamente giuridica e la sot­tostante macrostruttura semantica può eventualmente rivelare la tematica interdisciplinare del testo giuridico; con ciò le diversità delle strutture globali possono aiutare a riconoscere la differenza di valore di alcuni termini ricorrenti nei testi giuridici redatti in diverse lingue.

1.4. Il destinatario

In rapporto alla categoria del destinatario o ricevente del te­sto tradotto va detto che la traduzione giuridica deve soddisfare esigenze pragmatiche differenti da quelle cui devono soddisfare i testi appartenenti ad altri settori specialistici.

Infatti, mentre può essere affermato che i destinatari di testi tecnico-scientifici desiderano verosimilmente, attraverso il testo tradotto, acquisire anzitutto informazione a scopo di aggiornamen­to (Cfr. Wills 1977:169), non a tutti i destinatari del testo giuridico interessa, sempre ed esclusivamente, l'informazione a scopo di studio e di aggiornamento professionale.

Salvo che per le traduzioni dei testi giuridici la consultazione dei quali avviene a scopi dottrinali, le traduzioni dei testi norma­tivi (ivi compresi gli atti di autonomia negoziale) e dei testi pro­cessuali suppongono rispettivamente l'interesse del destinatario per la conoscenza delle regole di comportamento, proprie o altrui, e un interesse, non limitato all'informazione puramente concettuale, ma esteso al modo e alla misura in cui scopo e fine comunicativo dell'autore risultano nel testo.

Il destinatario di una memoria difensiva, ad esempio, vorrà riconoscere attraverso la traduzione non soltanto gli argomenti che la controparte adduce a sostegno delle proprie tesi, ma anche il modo in cui l'argomentazione vi risulta svolta, per paterne valu­tare la qualità e per quindi a propria volta argomentare nel modo che riterrà più efficace.

In rapporto alla categoria del destinatario il traduttore dovrà comunque aver riguardo ai requisiti propri di qualsiasi testo ed ai criteri per la loro individuazione, quali quelli suggeriti da De Beau-

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grande e Dressler (1981): in particolare la coerenza, l'adeguatezza, l'appropriatezza, l'accettabilità e la informatività.

Anche il prodotto della traduzione di un testo giuridico, quin­di, deve essere per il destinatario coerente e dotato di continuità di senso che rappresenta il significato attuale delle espressioni lin­guistiche in opposizione a quello potenziale.

È indispensabile a tale fine che le relazioni tra le espressioni linguistiche ed i concetti espressi nella LP vengano adeguate a quelle proprie del potenziale conoscitivo del destinatario della traduzione, affinché egli possa stabilire da un lato eventuali analogie fra il si­stema giuridico di partenza e quello d'arrivo e dall'altro ricono­scere eventuali diversità.

Si deve ricordare che il destinatario di una traduzione giuri­dica può conoscere un concetto o una istituzione espressi da un segno linguistico, in modo diverso o parzialmente diverso dall'au­tore del testo di partenza.

Ad esempio, il termine Giudice istruttore, in un atto proces­suale civile italiano, se tradotto con Rechter-Commissaris, può provocare nel lettore del testo tradotto in olandese un più. imme­diato richiamo ad un contesto processuale penale (fase istruttoria: gerechtelijk vooronderzoek). Questo perché nel procedimento ci­vile olandese la figura del Giudice istruttore (Rechter-Commissaris) è del tutto eventuale e viene nominato solo con la sentenza inter­locutoria che dispone l'assunzione di mezzi di prova o una prova delegata al di fuori dell'ambito della competenza territoriale del giudice della causa (Hugenholtz/Heemskerk 1988:152 sgg.). In que­sto, come in altri casi, potrebbe verificarsi nel destinatario del te­sto tradotto un conflitto tra la sua aspettativa di un testo coerente e la difficoltà di stabilire, con l'immediatezza sufficiente a ricono­scere la coerenza del testo, le eventuali analogie o diversità tra il sistema giuridico di partenza e quello proprio.

L'aspettativa del ricevente infatti è influenzata sempre dal contesto socio-culturale in cui vive e opera e la sola volontà di contribuire al senso del testo, per sostenerne la coerenza, non sempre gli è sufficiente per superare il conflitto.

Il ricevente infatti può trarre informazione dal testo solo se guidato da espressioni linguistiche che sono in rapporto al suo po-

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tenziale conoscitivo; solo così viene soddisfatta la sua aspirazione alla comprensione degli eventi del mondo rappresentati nel testo (Cfr. Hormann 1978: 162).

I ruoli del contesto socio-culturale, della volontà di contri­buire al senso del testo e dell'aspirazione alla comprensibilità degli eventi rappresentati nel testo giuridico, spiegano in gran parte l'at­teggiamento del destinatario giurista di fronte ad un testo tradotto: a volte dimostra preferenza per un maggiore adeguamento della traduzione al testo di partenza, altre volte per un maggior grado di appropriatezza al linguaggio giuridico d'arrivo.

Determinante per il grado di accettabilità della traduzione è comunque il criterio del giudizio del destinatario giurista sulla ri­conoscibilità, nella lettura del testo tradotto, delle analogie e delle differenze tra il suo sistema giuridico e quello di partenza.

Incoerenza e non accettabilità del testo tradotto si verificano quando il contenuto di una espressione linguistica non può essere giustapposto dal destinatario in alcun modo alla struttura del si­stema giuridico che gli è proprio o che egli già conosce.

I criteri della coerenza, dell'accettabilità e dell'informatività richiedono la considerazione dei diversi livelli di lingua nei quali i testi vengono prodotti.

Una rappresentazione verticale dei diversi livelli, correlati alla differenziazione dell'ambiente professionale e dei ruoli ~ociali, nei linguaggi settoriali, viene data da Hoffmann (1985). Egli parte dalla considerazione del grado d'astrazione del linguaggio, delle com­petenze dei partecipanti alla interazione comunicativa e della forma linguistica nella quale i discorsi vengono realizzati, individuando cinque livelli gerarchicamente ordinati a partire da quello riferito al maggior grado d'astrazione del linguaggio.

Ai cinque livelli gerarchicamente ordinati si fanno corrispon­dere analoghe specificità di grado di astrazione, di competenza dei partecipanti e di forma linguistica; ne deriva uno schema che si propone come generalmente valido per l'individuazione dei carat­teri propri di ciascun livello di lingua nei discorsi tecnico-scientifici:

A =massimo grado d'astrazione, simbolismo per elementi e rela­zioni, scienze teoriche di base; scienziato---scienziato;

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B =altissimo grado d'astrazione, simbolismo per elementi, lingua naturale per le relazioni (sintassi), scienze sperimentali; scien­ziati ( tecnici)--scienziati ( tecnici)--assistenti tecnico-scientifici;

C =alto grado d'astrazione, lingua naturale con una percentuale molto alta di termini tecnici e sintassi rigorosamente determi­nata, scienze applicate e tecnica; scienziati (tecnici)--tecnici e direttori tecnici di produzione materiale;

D =basso grado d'astrazione, lingua naturale con una alta percen­tuale di termini tecnici e una sintassi relativamente libera, pro­duzione materiale; direttori scientifici e tecnici di produzione materiale --tecnico--operai specializzati (impiegati);

E =bassissimo grado d'astrazione, lingua naturale con alcuni ter­mini tecnici e sintassi libera, consumi, rappresentanti della produzione materiale--commercianti--consumatori--consuma­tori (tradotto da: Hoffmann 1985:66).

Benché non concepito per le scienze sociali, lo schema può essere adattato, con alcune modifiche a qualsiasi linguaggio setto­fiale. Hoffmann (ibid. :66) ritiene possibile sostituire i criteri atti­vità o pratica sociale a quello di produzione materiale.

Per il linguaggio giuridico, considerata l'assenza di simboli­smo, il criterio del livello di tecnicismo può essere sostituito a quello di grado di astrazione. Per il linguaggio giuridico può essere pro­posto il seguente schema, utile per l'individuazione dei tratti di­stintivi di cinque livelli di lingua nei discorsi giuridici:

A =l. massimo livello di tecnicismo, 2. massima occorrenza di termini tecnici e di schemi sin tattici determinati, 3. costituzione di precetti giuridici (ad. es.: legge, sentenza, atto processuale, atto notarile) 4. specialista ---specialista --- non specialista --­non specialista;

B =l. altissimo livello di tecnicismo, 2. occorrenza molto alta di termini tecnici e di schemi sin tattici determinati, 3. interpre­tazione delle parole e delle frasi contenute nel discorso vin­colante (ad. es.: commento ad una norma contenuta in una sentenza, articolo in una rivista specializzata, commento ad una sentenza), 4. specialista----specialista;

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C =l. alto livello di tecnicismo, 2. alta occorrenza di termini tec­nici e sintassi con schemi più conformi a quelli della lingua comune, 3. amplificazione metonimica dell'informazione sulle norme giuridiche (ad. es. dottrina) 4. specialista----specialista;

D =l. minore livello di tecnicismo, 2. bassa occorrenza di termini tecnici e schemi sintattici correnti, 3. metodologia storiogra­fica in campo giuridico e interpretazione di teoria generale del diritto, 4. specialista ---- specialista;

E = l. basso livello di tecnicismo, 2. scarsa occorrenza di termini tecnici, sostituzione di termini tecnici con termini che non trovano riscontro nel testo normativa (ad es. tweeverdieners­regeling "regolamentazione fiscale per famiglie con due per­cettori di reddito"), 3. interpellanza e interrogazione, 4. non specialista --- non specialista --- specialista.

Tale prima rappresentazione verticale dei diversi livelli di lin­gua nei discorsi giuridici è sempre perfettibile, ma evidenzia tut­tavia come nella comunicazione su argomenti giuridici il livello di tecnicismo e i differenti ruoli sociali dei destinatari si equilibrano in misura minore di quanto avvenga nella comunicazione su argo­menti tecnico-scientifici. Prevale cioè spesso il 'giuridico' sul 'so­ciale'.

Rimane ancora l'interrogativo se gli atti parlamentari (linguag­gio giuspolitico), che riportano la comunicazione tra non specia­listi con interventi di specialisti, debbano essere fatti derivare da uno piuttosto che da altro dei livelli della rappresentazione, se ad esempio sono derivati dal livello E, oppure sono correlati allivello A. Nella comunicazione parlamentare sono individuabili infatti tutti e cinque i livelli di lingua.

Nemmeno Arntz (1982:20 sgg.), per il quale ai fini della di­dattica della traduzione una prima fondamentale individuazione dei diversi livelli di lingua nei discorsi in linguaggi settoriali può av­venire anche con riferimento alla specificità del lessico e del grado di competenza dei partecipanti all'interazione comunicativa, esclu­de che, quando si considerano i criteri presi in esame da Hoffmann, si possano individuare più livelli di lingua nei discorsi in singoli settori specifici.

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Già nella sua prima proposta di individuazione dei livelli di lingua nei discorsi trasferiti in testi di contenuto specifico, Arntz riconosce e distingue: l) testi in lingua comune, utilizzati nella co­municazione tra non specialisti; 2) testi di contenuto specifico in senso ampio, con i quali uno specialista si rivolge a non specialisti su argomenti riferiti a settori specialistici; 3) testi di contenuto spe­cifico in senso stretto, nei quali gli specialisti prendono posizione su argomenti riguardanti la comune specialità.

Individuati come sopra i diversi livelli di lingua nel discorso dei testi di contenuto giuridico, come proposto da Hoffmann e come considerato da Arntz, va osservato anzitutto che i testi di contenuto specifico in senso stretto, per l'interazione comunica­tiva tra specialisti, possono essere considerati appartenenti al di­scorso primario. Da esso si può far derivare mediante un processo di riformulazione, che comporta la selezione di unità lessicali di minor grado di tecnicismo e l'esplicitazione delle unità lessicali dotate di tecnicismo di grado più elevato, il discorso cosiddetto secondario (Dardano 1986: 150).

Nella traduzione si dovrà ricorrere ad un procedimento di ri­formulazione da discorso primario a discorso secondario non solo quando il testo da tradurre realizza comunicazione tra giuristi e non giuristi ma anche quando la comunicazione si svolge tra i giu­risti.

Un testo giuridico redatto per il destinatario giurista apparte­nente allo stesso sistema giuridico (discorso primario) deve essere riformulato, nel procedimento traduttivo finalizzato alla comuni­cazione del messaggio nella lingua d'arrivo, mediante la selezione di unità lessicali idonee a rendere intelligibili i concetti giuridici espressi dalle unità lessicali contenute nel testo di partenza. Dove l'evidenza della diversità tra i sistemi è necessaria per consentire l'interpretazione giuridica al destinatario giurista, il discorso pri­mario (del testo di partenza) dovrà essere riformulato necessaria­mente con ricorso a tecniche esplicative.

Per la comunicazione tra giurista e non giurista la riformula­zione del messaggio del testo di partenza porterà ad un discorso secondario di livello diverso, perché la traduzione sarà il risultato

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della riformulazione di un discorso già secondario del testo di par­tenza.

Si dovrà invece considerare traduzione realizzata in un di­scorso ancora più secondario quella di un testo di contenuto giu­ridico prodotto da un non giurista per un destinatario non giuri­sta.

Il traduttore, nel processo di riformulazione del testo di par­tenza, potrà avvalersi quindi dei criteri relativi al grado di infor­matività formulati da De Beaugrande e Dressler (1981:145 sgg.).

Nella traduzione destinata ad un giurista di un testo giuridico prodotto ai fini della comunicazione tra giuristi di lingua e sistema giuridico comuni (ma diversi da quelli del destinatario della tradu­zione), il traduttore potrà tenere conto della volontà del destina­tario giurista di contribuire al mantenimento del senso del testo onde collaborare così alla comunicazione intergiuridica e deve te­nere conto, inoltre, della sua aspirazione a rendere a sé compren­sibili gli eventi del mondo giuridico.

Il traduttore potrà trasferire allora più elementi che nella loro occorrenza veicolano un grado di informatività corrispondente a probabilità di terzo livello (De Beaugrande e Dressler ibid. : 150) e che richiedono al lettore alto grado di attenzione e grande com­petenza nella elaborazione del messaggio.

D'altronde proprio questi elementi sono quelli che possono risultare di interesse professionale particolare, purché ne sia pos­sibile l'inserimento nella continuità del contesto e non vengano a rappresentare una discrepanza totale con la cultura del destinata­rio della traduzione.

1.5. Il medium

La categoria del medium può essere intesa in senso stretto o in senso lato.

Tenendo presente il modello base di Jakobson (1963:214), ri­tenuto valido per qualsiasi atto di comunicazione, il medium in senso stretto è il canale fisico attraverso il quale si stabilisce il con­tatto tra mittente e ricevente e fa distinguere la comunicazione orale

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da quella scritta. In senso lato il medium comprende invece ogni mezzo di comunicazione: lettera, telegramma, rivista, quotidiano, gesto ecc. (Cfr. Appel, Hubers e Meyer 1981 :44).

Tuttavia, la categoria medium o canale viene intesa solita­mente in senso stretto e ci si riferisce allora alla distinzione tra te­sto orale e testo scritto.

All'interno della categoria del medium Crystal e Davy (1969:70) distinguono ancora il simple medium dal complex me­dium. Il medium è semplice quando è fine a sé stesso, quando cioè la lingua è parlata per essere ascoltata oppure è scritta per essere letta; il medium è complesso, invece, quando la lingua è scritta per essere parlata o è parlata per essere scritta. Il medium complesso dà origine al fenomeno dei costrutti tipici della lingua scritta in un discorso orale e viceversa.

La diversa situazione nella quale avviene la comunicazione orale (indipendentemente dalla complessità o semplicità del me­dium), rispetto a quella in cui avviene la comunicazione scritta, non soltanto dà origine a testi con tratti distintivi ben diversi ma comporta problemi pratici e teorici che per l'interprete del testo giuridico orale (Cfr. Gase 1981:96-103) sono molto diversi da quelli che deve affrontare il traduttore del testo scritto.

Può essere detto anzitutto, volendosi qui limitare al medium scritto semplice, che il testo giuridico scritto denota tutti i tratti che lo fanno distinguere da un qualsiasi testo giuridico parlato. Nel testo scritto l'autore cerca di esser quanto più possibile esplicito, in modo che gli elementi impliciti, per l'interpretazione dei quali è necessario ricorrere al contesto e/o alla situazione, vi ricorrano con frequenza minima. Ciò comporta tra altro, come per qualsiasi di­scorso esplicito, costrutti sintattici complessi, che difficilmente possono essere suddivisi in unità più brevi senza distruggere la coerenza grafica del testo (Cfr. Crystal e Davy 1969).

Va tenuto presente del resto che, suddividendo un costrutto sintattico complesso in unità più brevi, se ne trasforma la struttura informativa. Van Son (1988) osserva, ad esempio, che un'istanza formata da una sola frase esprime anche un solo pensiero che ri­chiede estremo rigore sul piano espressivo; rigore che viene a mancare qualora la frase venga risolta in più frasi.

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1.6. Le categorie del tempo e dello spazio

È noto ormai nei diversi modelli di analisi testuale proposti per la traduzione che il tempo nel quale è stato prodotto il testo di partenza e la distanza che intercorre tra il momento della produ­zione e quello della traduzione sono rilevanti da un lato per la comprensione del testo nella sua globalità e dall'altro per la scelta dell'equivalenza per la ricevibilità del testo d'arrivo (House 1977, Thiel 1980, Stolze 1982, Nord 1988).

Per quanto riguarda in particolare la traduzione del testo giu­ridico l'aspetto temporale può essere determinante per più ragioni; la produzione di nuovi testi normativi (basti pensare a quanto è avvenuto in Olanda con l'introduzione dei primi libri del nuovo codice civile), porta conseguenze notevoli per il lessico giuridico anche perché la definizione o la ridefinizione di alcuni termini può incidere sul valore di altri termini, così come accade nell'evolu­zione della lingua comune.

La produzione di nuovi testi normativi può comportare, quan­do vengono modificate le procedure, anche la modificazione della macrostruttura pragmatica di alcuni testi, come è avvenuto, ad esempio, nel 1942 per l'atto introduttivo del giudizio processuale civile italiano. Nell'antico codice di procedura civile italiano (1865), infatti, la citazione formava un atto unico con la notificazione ed era sottoscritta esclusivamente dall'ufficiale giudiziario; nel nuovo codice il libello di citazione costituisce invece un atto distinto sot­toscritto dal procuratore (o dalla parte stessa se questa sta in giu­dizio personalmente), mentre soltanto la relazione di notificazione è sottoscritta dall'ufficiale giudiziario.

L'introduzione del nuovo codice di procedura civile italiano ha inciso quindi sulla macrostruttura pragmatica dell'atto introdut­tivo del procedimento civile mediante citazione.

L'aspetto temporale è rilevante anche a motivo della distanza tra le generazioni di utenti del linguaggio giuridico; a volte il testo di partenza può fornire utili indicazioni sull'anzianità professionale dell'autore e quindi sull'evoluzione in atto nel linguaggio giuridico. Le generazioni più giovani sono inclini alla scelta di termini ed espressioni (quando esistono possibilità di opzione) meno obsoleti

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e di una sintassi meno complessa. La stessa tendenza è manifesta in testi che rivelano la presenza di fattori ideologici più marcati. L'ambizione di superare la barriera linguistica che ancora esiste tra giuristi e non giuristi può portare talvolta alla produzione di testi non facilmente riconoscibili come testi giuridici: termini tecnici e fraseologia giuridica vengono allora evitati, così come il discorso indiretto, e anche la sintassi può risultare estremamente semplice.

L'avvocato 'sociale', così chiamato da van Son (1988:591-595), formula messaggi spesso caratterizzati da imprecisione e povertà di contenuto. I testi più complessi sia dal punto di vista tecnico giuridico che da quello linguistico sono per lo più quelli del giu­rista professionalmente più maturo.

Una estrema semplificazione del discorso giuridico non trova del resto, nemmeno in Olanda, grande consenso presso i giuristi. Qualsiasi testo può essere funzionale, infatti, allo specifico scopo comunicativo soltanto quando viene espresso in concordanza con il tempo, con il luogo e con il contesto situazionale suoi propri.

Si è già accennato (cap.3,11) che nella traduzione, per la com­prensione del testo giuridico e per la scelta dell'equivalenza, si deve tenere conto sia dell'area geografica nella quale il testo di partenza è stato realizzato (come elemento di produzione ed utilizzazione) che di quella in cui il testo d'arrivo dovrà trovare ricezione e uti­lizzazione.

Differenti terminologie, stili diversi e diversi costrutti sintat­tici fanno riconoscere di solito la provenienza del testo di partenza da una piuttosto che da altra area dello sistema linguistico e giu­ridico o da una piuttosto che da altra area dello stesso sistema lin­guistico ma di diverso sistema giuridico.

1.7. L'intenzione comunicativa

Il perché di ogni atto comunicativo va individuato in un bi­sogno o in una necessità (Cfr. Mentrup 1988:14); ciò richiede nel­l'eseguire o nel decidere l'atto linguistico che vi sia la partecipa­zione della volontà e dell'intelligenza, cioè dell'intenzione. La pro­duzione di un testo in vista dell'interpretazione altrui può essere

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considerata quindi un agire strumentale, del quale si può dare la regola di produzione: P (producente o autore) sceglie X perché ... (Cfr. Appels et al. 1981 :3 3 ); quindi l'intenzione determina anche la strategia dall'autore.

L'intenzione attuata mediante la lingua rappresenta pertanto l'atto illocutivo; è stato soprattutto van Dijk a richiamare l'atten­zione sul fatto che spesso " ... la sequenza di (parecchi) atti lingui­stici COME TOT ALITA' ha la funzione di un ordine, un consiglio ecc." e che " [ ... ] molti tipi convenzionali di discorso (racconti, annunci ecc.) si associano agli atti linguistici globali piuttosto che ai singoli atti linguistici componenti" (1980b:342).

Si può distinguere allora, così come tra micro-semantica e macro­semantica, tra micro-pragmatica e macro-pragmatica, ed è possibile considerare ciascun testo come un macro-atto illocutivo costituito da sequenze di altri atti gerarchicamente organizzati; ciascuno degli atti può essere interpretato se inserito nel macro-atto illocutivo.

La forma rappresentativa di un atto determinato può risultare come indicatore della sua appartenenza a determinate classi di atti illocutivi; l'uso di determinate forme per eseguire un atto illocu­tivo può variare tuttavia da lingua a lingua e da cultura a cultura, così come può variare secondo la diversa situazione comunicativa. Ciò spiega , ad esempio, perché l'atto illocutivo del comandare possa essere eseguito sia con il modo imperativo che con quello indicativo e sia con la forma sintattica della frase affer111ativa, sia con la forma della frase interrogativa.

La considerazione del testo come macro-atto illocutivo può essere utile per la traduzione giuridica, perché permette di distin­guere più chiaramente l'intenzione comunicativa dell'autore nei testi in cui è difficile riconoscere la netta prevalenza di una piut­tosto che di un'altra delle funzioni del segno linguistico; ad esem­pio nel testo di una sentenza o di una scrittura difensiva, dei quali sarà detto in seguito.

1.8. La funzione del testo

Per alcuni autori, il concetto difunzione del testo viene fatto coincidere con quello del tipo, della classe o della categoria del

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testo; per altri la tipologia e la classificazione dei testi in funzione traduttiva vengono formulate sulla base delle funzioni del segno linguistico (Reiss 1983, Newmark 1988).

Anche N or d osserva che non sempre si distingue nettamente tra tipo di testo, classe di testo e funzione del testo e propone per la funzione del testo la seguente definizione, non riuscendo tutta­via ad evitare una sorta di circolarità: "Unter dem Begriff Text­funktion sei die kommunikative Funktion bzw. die Kombination aus den kommunikativen Funktionen eines Textes in seiner kon­kreten Situation [ ... ] zu verstehen" (1988:80).

Stolze (1982:106 sgg.), trattando dei diversi problemi connessi ad una tipologia dei testi, sostiene per i testi prodotti nei linguaggi settoriali: "Die Frage nach der Textjunktion stellt sich bei fach­sprachlichen Texten kaum, denn sie ist als 'praezise Kommunika­tion i.iber ein Fachgebiet' schon vorgegeben" (ibid.: 123). È evidente tuttavia che la sua affermazione non può trovare conferma per quanto riguarda il testo giuridico. Per Nord il concetto di funzione del testo va riferito comunque alle componenti situazionali, men­tre il concetto di classe di testo (Textsorte) fa riferimento alle com­ponenti strutturali del testo-in-funzione.

La funzione di un testo (tradotto o non tradotto) è determinata quindi da tutti i fattori situazionali e socio-culturali e verrebbe fatto di concludere che sempre, quando cambia uno dei fattori, si ha anche cambiamento di funzione, come sostiene Nord (ibid., 27), quando osserva che in una qualsiasi traduzione cambia almeno uno degli ele­menti rispetto al testo di partenza, cioè quantomeno il destinatario.

È da tenere presente, però, che la funzione del testo non può essere identificata nella sola formulazione del messaggio o nella sola scelta del registro, anche se spesso un determinato uso e una determinata applicazione del testo richiedono una specifica formu­lazione e la scelta di uno specifico registro. La funzione può rima­nere infatti costante anche quando si presenta un nuovo destina­tario. La formulazione del testo può modificarsi anche di volta in volta perché, sebbene inconsapevolmente, l'autore cerca sempre di adattare almeno il proprio vocabolario a quello che egli ha in comune con uno o con altro destinatario (Cfr. ]akobson 1963:33).

La categoria del destinatario è quindi essenziale ma non de-

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termina necessariamente, in sé e per sé, un cambiamento della funzione del testo e quindi nemmeno cambia la funzione del testo tradotto rispetto a quella del testo di partenza.

Cambiamento di funzione si può avere solo quando il desti­natario fa del testo un uso diverso da quello che ne fanno i desti­natari originari.

' Decisiva può essere invece, per il mutamento della funzione del testo, la categoria del tempo, perché per una traduzione molto distante dal tempo in cui il testo è stato prodotto è praticamente escluso un uso uguale a quello che aveva il testo di partenza. In tal caso l'uso del testo tradotto può consistere nell'informare sulla funzione originaria, ma allora la traduzione sarà del tipo documento (Cfr. House 1977, Nord 1988).

Per procedere verso una definizione della funzione del testo pare ora opportuno precisare che per testo qui si intende, seguendo Schmidt (1976:144 sgg.), una struttura linguistico-sociale per la funzione della quale le relazioni sintattiche e grammaticali non svolgono necessariamente un ruolo determinante; nella comuni­cazione i testi possono essere considerati come appartenenti a de­terminati tipi di interazione e dotati di un determinato potenziale illocutivo e ogni tipo di interazione comunicativa è sottoposto a determinate regole acquisite dai membri della società. Ogni testo è quindi la realizzazione di un determinato tipo di comunicazione ed è il risultato dell'insieme degli enunciati in funzione.

Si potrebbe essere inclini allora ad identificare la funzione del testo con il macro-atto illocutivo, vale a dire con le intenzioni del­l'autore. Anche intuitivamente si può escludere tuttavia che la fun­zione del testo sia l'intenzione (o l'effetto voluto) di chi lo ha pro­dotto, perché la funzione riguarda sia l'aspetto illocutivo che quello performativo. Il concetto di funzione del testo pertanto, almeno per quanto riguarda la traduzione, sembra caratterizzato ancora da indeterminatezza, nonostante ogni testo abbia una specifica fun­zione nella società, come è particolarmente evidente nel caso dei testi giuridici che devono assolvere la funzione assegnata loro nel­l'ambito delle norme giuridiche e che sono perciò spesso soggetti a convenzioni vincolanti, determinate dal quadro istituzionale.

Almeno per la funzione del testo giuridico può ritenersi adatta

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allora la definizione di House (1977:3 7) che richiama in parte quella di Lyons in Introduction to Theoretical Linguistics (1969): "the function of a text is the application or use which the text has in the particular context of situation".

Questa definizione pare la più idonea a descrivere i diversi problemi della traduzione del testo giuridico, se interpretata esten­sivamente, nel senso che la funzione di un testo è la sua applica­zione nello specifico evento linguistico (speech event), cioè nel­l'ambito dell'attività e/o della struttura giuridica, o il suo uso nella situazione (non specifica e non istituzionale) (speech situation). Molto spesso infatti uso e applicazione coincidenti nel testo di partenza non coincidono per il testo tradotto.

1.9. L'uso linguistico

La situazione extralinguistica determina l'uso linguistico rico­noscibile nel testo; la situazione extralinguistica e l'uso linguistico conferiscono al testo il senso globale.

Nell'analizzare l'uso linguistico vanno individuate quindi le funzioni linguistiche che nel testo giuridico spesso sono difficil­mente distinguibili.

In alcuni testi giuridici, quali ad esempio gli scritti difensivi, si possono incontrare anche espressioni quali uit de lucht gegre­pen (''campato per aria"), dei quali è difficile riconoscere la fun­zione espressiva piuttosto che conativa (nel senso di Buhler); pos­sono rappresentare sia l'espressione di uno stato d'animo del di­fensore (funzione espressiva), sia un appello all'attenzione del giu­dice (funzione conativa), sia ambedue le funzioni.

Comunque sia, nessuna delle molteplici funzioni che si pos­sono distinguere a livello comunicativo della lingua (Cfr. Halliday 1973; Francescato 1974:219; Dik & Kooij 1979:37-39) deve sfug-gire all'attenzione del traduttore del testo. ·

Pare allora opportuno, anche ai fini della descrizione e della traduzione del testo giuridico, anzitutto riconoscere la presenza di una o più delle funzioni del linguaggio individuate da Halliday (1973), tra le quali in primo luogo le tre macra-funzioni: la idea-

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zionale (che corrisponde più o meno alla funzione referenziale o informativa di Buhler), la interpersonale (che equivale alla funzione conativa ed espressiva sommate) e la testuale (che è la funzione del linguaggio atta a creare testi e a porsi in relazione al contesto, cioè alla situazione e al co-testo).

Ciò non esclude che anche altre funzioni debbano essere considerate nell'esame del testo giuridico; ciascun testo può con­tenerne diverse.

Ogni traduttore sensibile vi osserverà anche la cosiddetta fun­zione estetica o poetica, perché in ogni e qualsiasi testo, e quindi anche nel testo giuridico, è importante non soltanto il che cosa è stato detto ma anche il come è stato espresso. Ed è questa la fun­zione che più direttamente coinvolge i diversi problemi della tra­duzione, perché essa " ... projette le principe d'equivalence de l'axe de la sélection sur l'axe de la combinaison" Oakobson 1963:220).

Nell'indagine sull'uso linguistico nel testo di partenza devono essere esaminati anche i mezzi di coesione adoperati e la loro distri­buzione, l'impiego di eventuali elementi retorici, la struttura informa­tiva in rapporto alla prospettiva funzionale delle frase, le eventuali rotture di stile ecc.; analisi alla quale si deve procedere sempre avendo riguardo a tutti e a ciascuno dei fattori extralinguistici.

1.10. Effetto, reazione e traduzione

Anche il testo giuridico, collocato come è in un modello di interazione comunicativa, può essere descritto e analizzato sia per l'aspetto dinamico, mettendo cioè in luce il processo della sua produzione e della sua ricezione, sia per l'aspetto statico, consi­derandolo cioè come il prodotto del processo comunicativo. Nel primo caso il testo può venire esaminato dal punto di vista degli atti linguistici o della psicolinguistica o ancora da quello funzio­nale; nel secondo caso può essere analizzato in senso strettamente linguisti co.

Il traduttore non può privilegiare un aspetto del testo piut­tosto che un altro perché, partecipando egli stesso al processo co­municativo, deve considerare il testo come un processo/prodotto.

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Per l'aspetto dinamico l'effetto prodotto dal testo sul lettore può essere considerato come il macro-effetto perlocutivo del ma­ero-atto illocutivo.

La nozione di effetto perlocutivo pone tuttavia ancora alcuni interrogativi, non essendo stato chiarito del tutto se con essa debba intendersi solo l'effetto voluto (o associato) oppure anche quello non voluto dall'esecutore dell'atto illocutivo (Cfr. Renkema 1987:20-21).

In ogni caso, se si considera che l'effetto perlocutivo del te­sto è conseguenza sia dell'illocuzione che della locuzione, bisogna pure dire che l'effetto perlocutivo dipende anche dal modo in cui il lettore recepisce e elabora il testo, vale a dire dalle caratteristi­che comportamentali dell'intera sua personalità.

Nonostante le molte ricerche della psicolinguistica, soprattutto quelle negli ultimi vent'anni (Cfr. van Dam e Brinkerink-Carlier 1987: 71-87), solo alcuni dei risultati raggiunti possono essere con­siderati direttamente utili per l'attività traduttiva. Possono essere allora ricordati a tal fine alcuni dei fattori che influiscono sulla ri­cezione e sulla elaborazione di un testo da parte del lettore:

a) lo scopo che egli si prefigge e che dipende dall'uso che egli desidera fare dell'informazione contenuta nel testo;

b) la conoscenza che egli già possiede del tema trattato nel testo;

c) la conoscenza che egli ha di altri testi della stessa classe o categoria (Cfr. criterio di intertestualità, De Beaugrande e Dressler 1981).

Certamente dai fattori sopraelencati può dipendere la distri­buzione dell'attenzione nel processo economico della lettura (Cfr. van Dame Brinkerink-Carlier 1987:76). Consapevolmente o incon­sapevolmente l'autore o il produttore del testo tiene conto dell'e­nergia mentale del lettore e pertanto cerca sempre di influire sul­l'attenzione di chi legge impiegando elementi linguistici e non lin­guistici, quali ad esempio le metafore, le domande retoriche, le sottolineature ecc. e soprattutto osservando la coerenza della ma­crostruttura semantica del testo, per raggiungere l'effetto voluto; e

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cerca sia di far comprendere che di dissimulare le proprie inten­zioni.

Quanto alla macrostruttura di superficie è da ricordare che il modo in cui possono essere realizzate coerenza e coesione a li­vello dell'intero testo varia da lingua a lingua. Perciò il traduttore che tende sempre all'equivalenza dell'effetto comunicativo, deve essere costantemente consapevole che non modificando la macra­struttura del testo di superficie, può essere compromessa l'equi­valenza di effetto comunicativo e che modificandola può determi­narsi un cambiamento di contenuto (Cfr. Dressler 1987).

Oltre ai fattori di cui sopra va considerata l'eventuale presenza di presupposizioni situazionali che possono incidere sull'informa­tività del testo. La relazione di presupposizione, e in particolare quella di presupposizione pragmatica (Cfr. Schmidt 1976:92 sgg., 1978, van Dijk 1978a:44 sgg. ), svolge un ruolo importante nella produzione e nella ricezione del testo, perché "... deve essere spiegata almeno in parte nei termini dei fatti riguardanti coloro che usano gli enunciati, .le loro credenze, intenzioni e aspettative" (Stal­naker 1987:240).

Nella relazione di presupposizione pragmatica si ritrova quindi gran parte della problematica del processo traduttivo che coinvolge lingua, contesto situazionale e cultura, posizione e situazione (socio­culturale e psicologica) dell'autore e del destinatario.

È infatti la realtà obiettiva, nella quale si svolgono determi­nati eventi, in quanto costituente il ragionevole presupposto del­l'atto (anche non. sviluppato espressamente negli enunciati), che induce ad interpretare comportamenti e circostanze in modo uni­voco. Osserva van Dijk (1978a:88-89) a tale proposito che ad una corretta interpretazione semantica vengono poste sempre condi­zioni di carattere cognitivo pragmatico; l'autore di un testo è le­gittimato a presumere che il destinatario possieda almeno tre tipi di informazione rilevanti per l'interpretazione del testo: a) quella contenuta nel co-testo già letto e elaborato; b) quella fornitagli dal contesto situazionale; c) quella che gli deriva dalla sua generale co­noscenza del mondo.

Anche le condizioni b) e c) quindi, dovranno essere osservate e tenute presenti dal traduttore perché, se l'autore del testo pre-

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sume che il destinatario già possiede un'informazione contestuale ed una informazione che gli deriva da una generale conoscenza del mondo, queste presupposizioni devono essere considerate ele­menti integranti delle intenzioni dell'autore. Spetta allora al tradut­tore di individuare anche le presupposizioni che possono non es­sere comuni tra autore e destinatario del testo da tradurre, inter­venendo eventualmente con apporti esplicativi.

È anche qui che si pone il problema dei limiti entro i quali il traduttore può intervenire (Cfr. Ribé e Olivera 1979:130-140): un qualsiasi intervento in tal senso non può non avere riflesso sull' ef­fetto che il testo produce sul destinatario e può comportare una modifica della distribuzione dell'attenzione del lettore rispetto a quella voluta dall'autore.

Ciò deve essere tenuto presente anche con riguardo all'effetto regolatore deljeed-back che, manifestandosi nella reazione del de­stinatario al messaggio, normalmente permette ai partecipanti alla comunicazione di controllarne gli effetti.

Raramente nella comunicazione mediante traduzione il feed­back, cioè la reazione, avviene sulla base del testo di partenza; in­fatti quasi sempre si verifica su quella del testo tradotto e il più delle volte il traduttore non ne ha controllo.

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V - IL TESTO PRODUTTIVO DI REGOLE GIURIDICHE

l. Il testo normativo

1.0. Generalità

Con il testo normativa, che può consistere in leggi, atti ete­ronormativi o regolamenti, atti amministrativi o giurisdizionali (sen­tenze o altri tipi di provvedimenti), atti di autonomia privata (con­venzioni, contratti, atti unilaterali, testamenti), si pongono norme giuridiche (Betti: 1971:255 sgg.).

La norma giuridica è "una regola di comportamento dotata di par­ticolari caratteristiche, che esprime un comando, una permissione o crea un diritto" (Parisi-Rinoldi 1985); ogni testo normativa è quindi l'espres­sione di un macra-atto linguistico, costituito da atti illocutivi del coman­dare, del permettere, del vietare determinati comportamenti.

Fra i testi normativi assume importanza fondamentale quello legislativo che, almeno per quanto riguarda l'Europa continentale, è la fonte primaria del linguaggio giuridico (Cfr. Lane 1987: l 07).

2. Il testo legislativo

2 .0. Generalità

Nel testo legislativo, fonte primaria del linguaggio giuridico, si rinvengono, dal punto di vista linguistico-pragmatico, sia regole

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costitutive, che per Searle " ... costituiscono (o anche regolano) un'attività la cui esistenza è logicamente dipendente dalle regole", sia le regole regolanti " ... che regolano forme di comportamento già esistenti in precedenza" (1976:61), nelle quali vengono eseguiti gli atti illocutivi del 'comandare' o del 'prescrivere'.

Per Searle (t'bid.:61) le regole regolanti o si presentano nella forma imperativa o possono essere parafrasate con degli impera­tivi e Bobbio (1958:80), per chiarire che la norma non è mera in­formazione, precisa che "quando l'art. 566 C.C. dice 'Al padre e alla madre succedono i figli legittimi in parti equali', l'intenzione di chi ha pronunciato questa formula non è stata di dare un'in­formazione, bensì di imporre una serie di comportamenti; si tratta manifestamente di una proposizione dichiarativa con funzione di comando". L'esempio quindi può essere parafrasato: "al padre e alla madre devono succedere i figli legittimi in parti eguali".

Talvolta una regola costitutiva può seguire, in qualche testo di legge, una regola regolante apparendo quasi (almeno al non­giurista) una informazione o una precisazione della precedente re­gola regolante.

Così nell'art. 572 del c.c. italiano: "Se alcuno muore senza lasciare prole, nè genitori, nè altri

ascendenti, nè fratelli o sorelle o loro discendenti, la successione si apre a favore del parente o dei parenti prossimi, senza distin­zione di linea. La successione non ha luogo tra i parenti oltre il sesto grado".

Le difficoltà nell'individuazione, nei testi di legge e in gene­rale nel testo normativa, delle funzioni del linguaggio come indi­cate da Biihler, sono forse da ricondurre anche al fatto che molto spesso nel testo normativa regole costitutive e regole regolanti si alternano. Per questo Reiss & Vermeer (1984:158), ad esempio, possono avere ritenuto che con la legge non si cerca nè di per­suadere, nè di convincere, nè di rivolgere un appello al ricevente, ma soltanto di informare sul contenuto della norma e Newmark ( 1981: 163) , prendendo ad esempio il singolo comma di una legge tedesca, può avere affermato che "being a legai text, it is designed to impress the reader (Appell), but this particolar phrase is purely informative" (1981 : 163), annoverando però altrove "statutes an d

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legai documents" tra i testi con the expressive function (1988:39). Koller (1983:82), da canto suo, richiamandosi alle teorie di

Jumpelt, ha considerato i testi giuridici come suscettibili di una traduzione pragmatica, ponendoli così sullo stesso piano dei testi tecnico-scientifici.

Pochi tipi di testo hanno suscitato pareri tanto discordi, ma ciò non può stupire perché l'individuazione delle funzioni del lin­guaggio nel testo normativa implica la risposta a problemi che sono propri della filosofia del diritto (Cfr. Goodrich 1987: 184 sgg.) e l'affrontarli costituisce per il traduttore un compito, per quanto utile, pur sempre arduo.

Alla diversità delle opinioni non è estranea la difficoltà che può presentare, anche ai teorici della traduzione, il concetto stesso di legislatore, oltre che la tendenza ad un certo riduttivismo pra­gmatico che può portare a esaminare il testo normativa, contra­riamente a quanto avviene per altri testi, senza una considerazione adeguata della fonte di produzione.

2 .l. La fonte di produzione

Senza voler introdurre problematiche che sono proprie della storia e della filosofia del diritto, può essere qui sufficiente affer- , mare, semplificando peraltro i concetti, che per legislatore, come fonte di produzione del testo normativa (e delle leggi i~ partico­lare), può intendersi l'autorità di uno stato nelle comunità caratte­rizzate da un sistema di diritto e per la generalizzazione di un rap­porto diritto-stato. Quando si legge in Komen (1979:34) che le funzioni di una autorità nello stabilire e nel mantenere il diritto diventano tanto più estese e complesse, quanto più la società si evolve o è condizionata dal raggiungimento di un più avanzato grado di sviluppo, possono tornare alla mente le parole di De Saussure: "Un grado avanzato di civiltà favorisce lo sviluppo di ta­lune lingue speciali (lingua giuridica, terminologia scientifica ecc.)" (CdL 41).

Per l'aspetto linguistico, nei concetti di legislatore o di vo­lontà del legislatore si deve far rientrare quindi l'intero contesto

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socio-culturale di una comunità organizzata; scopo comunicativo, uso linguistico, tematica, funzione e eventuale effetto del testo di legge vanno rapportati a quell'intero contesto.

2.2. La tematica

Per la individuazione della tematica va ricordato che il prin­cipio della totalità della considerazione ermeneutica deve trovare applicazione anche con riguardo al testo normativo e quindi al te­sto di legge. Il testo normativo non è costituito infatti da una o più disposizioni isolatamente considerate ed il canone della totalità deve essere osservato dal traduttore anche quando la funzione tra­duttiva può o deve limitarsi ad una parte sola del testo. Il fatto stesso che si parli di 'sistema' giuridico suppone, del resto, che ogni singola disposizione contenuta in un testo di legge deve es­sere considerata sempre in rapporto con le altre; 'sistema' infatti significa costruzione, nei limiti in cui più fenomeni possono ricon­dursi ad un denominatore comune.

Raramente il traduttore che esercita la libera professione è chiamato a tradurre l'intero testo di una legge; più spesso egli tra­duce uno o più articoli, citati talvolta in testi giuridici di diverso tipo o genere.

In questi ultimi casi il 'topic'o 'l'argomento' dell'oggetto della traduzione è parte da un lato della tematica dell'intero testo sot­toposto a traduzione, e dall'altro della tematica del testo della legge nel quale esso ricorre.

A voler estrarre la tematica da una legge ci si deve rendere conto, inoltre, che tematica e contenuto sono difficilmente sepa­rabili e che non sempre gli elementi indicatori di tematica trovano riferimenti nel contenuto. Il brocardo rubrica legis non est lex av­verte del resto che ai titoli di una norma non sempre corrispon­dono esattamente tema e contenuto.

Per quanto riguarda inoltre la demarcazione formale nel testo di superficie, va osservato che i commi, contrariamente ai capo­versi in altri testi, non possono mai essere considerati, da soli, quali indicatori di 'cambiamento di argomento'.

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Il testo di legge è uno di quei testi, per l'individuazione della cui tematica non possono trovare oltretutto applicazione le quat­tro regole base indicate da van Dijk (1978a).

Ogni norma di legge può infatti essere considerata come di­pendente da una regola di rango più elevato e generalmente non esiste informazione irrilevante, suscettibile di cancellazione; ne consegue l'inapplicabilità della regola della selezione.

La regola della generalizzazione e quella della costruzione, infine, possono essere considerate valide per l' interpretazione ri­servata ai giuristi, ma sono di difficile applicazione per i traduttori: infatti con la generalizzazione la proposizione di contenuto gene­rale dovrebbe contenere pur sempre l'informazione rilevante delle

~ sequenze delle proposizioni generalizzate, ma ciò appartiene alla interpretazione cosiddetta sistematica o dogmatica, per mezzo della quale la norma viene esaminata in relazione alle altre norme e lo stesso può essere detto per la regola della costruzione.

2.3. I destinatari e i riceventi

La comunicazione tra autore-legislatore e destinatari- rice­venti è caratterizzata da un'interazione più complessa e meno di­retta di ogni altra forma di comunicazione e può essere rappresen­tata con il seguente schema:

RICEVENTI DESTINA T ARI (destinatari immediati)

l + A

.• / : utonta 1

(destinatari mediati)

\ Autorità di

producente----- SOCIETÀ i : ( destin:~:r:i~:::ati) ------- JGJE /

La complessità della interazione comunicativa quindi può in­fluire e normalmente influisce sulla coerenza concettuale delle espressioni linguistiche (della quale si tratterà in seguito).

135

Poiché la legge è strumento regolatore di fenomeni sociali le aspet­tative dei riceventi destinatari sono per un testo che appaia ugualmente coerente dal punto di vista linguistico e giuridico. L'interazione comu­nicativa complessa tuttavia può determinare tra i partecipanti giuristi e i partecipanti non giuristi un conflitto sociolinguistico.

2.4. Le categorie spazio e tempo

Alla già ricordata complessa situazione comunicativa dipen­dente dalla duplice funzione del linguaggio giuridico, cioè di ca­nale di comunicazione tra legislatore e destinatari (per cui il lin­guaggio giuridico dovrebbe essere vicino alla lingua comune) e di canale di comunicazione tra operatori del diritto, si deve aggiun­gere che non pochi testi di legge, anche redatti nella stessa lingua, risalgono ad epoche diverse.

Così, con riguardo per esempio al codice civile olandese, a parte i primi due libri (sostituiti con la riforma del 1976), tutto il codice risale al 1838, anno in cui fu sostituito il Code Napoléon che nei Paesi Bassi rimase in vigore fino al 181 l.

Per il traduttore ciò può comportare evidenti problemi di tra­duzione, relativi non solo al lessico terminologico ma anche alla sintassi.

L'aspetto temporale è ritenuto molto importante anche nello stesso mondo dei giuristi; nel tempo infatti nessun sistema viene considerato del tutto idoneo di fronte al mutamento delle situa­zioni sociali.

L'aspetto dello spazio, rilevante per la scelta dell'equivalenza (Cfr. infra cap. III. 2.5.) può dare luogo ad analoghi problemi: ogni sistema di diritto è manifestazione di fenomeni socio-culturali, le cui differenze tra diverse comunità, anche appartenenti alla mede­sima area linguistica, risultano più evidenti nei testi di legge che in ogni altro testo giuridico.

2.5. L'intenzione comunicativa

Per l'identificazione del macro-atto illocutivo eseguito con il

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testo legislativo è necessario ricordare anzitutto che i fatti istitu­zionali (Searle 1976:84) sono caratterizzati dall'esistenza di deter­minati istituti sociali che rappresentano i sistemi delle regole co­stitutive e che ogni insieme di fatti istituzionali costituisce una realtà istituzionale. (Cfr. Loth 1984:3 7).

Che enunciati descrittivi possano avere la funzione di enunciati normativi è dovuto quindi al fatto istituzionale che connette ad uno status determinati obblighi e diritti. Quando possiede uno status, una persona è soggetta a obblighi e diritti posti dalle regole vincolanti.

Perciò, anche quando la forma linguistica del testo norma­tiva si presenta come semplice descrizione, lo scopo comunica­tivo dell'enunciazione è pur sempre prescritti v o e ciò spiega come in molti enunciati normativi vi siano formulazioni ellittiche del termine deontologico (Cfr. Scarpelli 1985:85; Loth 1984:163).

Il passaggio da 'essere' a 'dover essere', cioè dall'atto lingui­stico dell'asserzione (o dichiarativo) a quello della prescrizione e del comando (o direttivo) è da ricondurre anche al fatto che il di­ritto rappresenta, secondo il parere di van Hoven (1988:213), un processo di apprendimento nel quale è individuabile un rapporto di autorità linguistica, come tra docente e discente.

Non raramente così, nel testo giuridico plurilingue una me­desima funzione normativa è svolta da proposizioni descrittive e/o prescrittive; ad esempio, esaminando il regolamento di procedura della Corte di Giustizia delle Comunità Europee limitatamente alle versioni in lingua francese, olandese e italiana, si osserva al titolo II, art.3 7 (versione francese):

"Toute acte de procédure est daté";

una proposizione quindi descrittiva, con la modalità reale, che si ritrova anche nella versione in lingua olandese:

"De processtukken zijn gedagtekend",

mentre nella versione italiana la modalità della proposizione è in­giuntiva:

"Tutti gli atti devono essere datati".

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È evidente però che nessuna delle tre proposizioni mira alla semplice informazione ma che tutte intendono prescrivere un de­terminato comportamento.

Qualora si volesse assegnare al testo di legge un macro-atto illocutivo, si potrebbe concludere che il macra-atto ha come to­talità la funzione del prescrivere (quindi macra-atto direttivo) e, considerando la interazione comunicativa tra autore-legislatore e destinatari riceventi (infra V. 2 si può concludere che il macra­atto può essere considerato avente anche la funzione della pro­messa dell'osservanza delle norme.

2.6. La funzione del testo

La funzione del testo di legge, come detto, è regolatrice di situazioni giuridicamente rilevanti. Considerando con Brouwer (1985:40 sgg.) il diritto come una forma di azione in un modello di intérazione, l'insieme delle regole giuridiche costituisce quindi il cosiddetto quadro rejerenziale intersoggettivo; il quadro dei va­lori, delle aspettative e delle convinzioni comuni ai partecipanti al processo di interazione sociale.

Una legge trova allora uso presso i membri di una comunità come riferimento dell'agire e del regolare i comportamenti in de­terminati contesti.

L'applicazione invece, a differenza dell'uso secondo la pro­posta formulata per la definizione della funzione del testo, avviene nel contesto determinato di un evento specifico (ad esempio nel contesto di un contenzioso). È allora che si darà applicazione delle formule e dei concetti contenuti in una regola giuridica, quando cioè viene a determinarsi, nel caso concreto, una tensione tra due valori: quello della giustizia (etica, morale ecc.) e quello della cer­tezza del diritto (Cfr. van Hoven 1988:209-219).

Le parti in un processo fanno uso di determinate regole, ci­tando ad esempio una legge in una comparsa, in funzione di ri­chiamo al comune quadro referenziale intersoggettivo di valori, di aspettative e di convinzioni e contemporaneamente fanno richie­sta di applicazione delle regole richiamate.

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Il motivo per il quale, in una sentenza o in una comparsa, la regola di una legge straniera viene solamente citata (seguita se ne­cessario dalla traduzione o dalla definizione di uno o più concetti chiave della regola) è che quella regola fa riferimento ad un qua­dro referenziale diverso da quello dell'organo giudiziario davanti al quale si procede.

Per lo stesso motivo una regola contrattuale tra due parti ap­partenenti a due differenti sistemi di diritto e di lingua (quindi a due diversi quadri referenziali) se è formulata in una terza lingua viene citata sempre, tanto negli scritti difensivi che nelle sentenze, nella lingua originale: quella cioè del contratto che costituisce il quadro referenziale normativo autonomo comune alle parti nel caso specifico. I concetti contenuti nella regola contrattuale, citata dalle parti in una comparsa, dovranno essere oggetto di successiva in­terpretazione e applicazione al caso specifico da parte del giudice.

È da ritenere che il comportamento del traduttore non deve discostare di molto da quello dei giuristi. Una regola di legge o una regola contrattuale, contenuta in un testo da tradurre, dovrebbe essere trasfer~ta mediante semplice citazione e soltanto quando espressa in una lingua di minore diffusione dovrebbe essere se­guita da una traduzione (semantica).

Tale pratica si conformerebbe al principio della lealtà (Cfr. Nord 1988:33 sgg.) nei confronti delle intenzioni del producente della regola giuridica e dei destinatari della traduzione, i quali avrebbero così modo di valutare i comportamenti regolati dalla norma contrattuale con riferimento allo specifico quadro referen­ziale.

2. 7. L'uso linguistico

Quando si assegna al testo di legge il macro-atto illocutivo del prescrivere e lo si riconosce come atto direttivo si conviene sostanzialmente con Bobbio (1985:82-83) (il quale riconosce nel linguaggio tre funzioni fondamentali: quella descrittiva, quella espressiva e quella prescrittiva), nell'affermare che la funzione do­minante nel linguaggio normativo (e quindi anche in quello legi­slativo) è la prescrittiva consistente "nel far fare".

139

La funzione prescrittiva non può essere identificata con quella conativa del linguaggio: con la norma, considerato il modello di interazione comunicativa, non si cerca soltanto di influenzare il comportamento altrui ma si pone una regola di condotta e di con­trollo reciproco dei comportamenti.

Nel linguaggio del testo legislativo potrebbe invece essere ri­conosciuta quella funzione regolatrice individuata da Halliday ( 1973) quando indagava sul processo di apprendimento degli usi della lingua da parte del bambino; funzione della quale l'adulto, per quanto inconsapevolmente, potrebbe fare ancora uso, "the 'do as I tell you' function" (Halliday 1973:31) e che si concilierebbe con la nozione di autorità linguistica (del legislatore).

Nel testo di legge si trovano infatti presenti alcune costanti nella struttura delle frasi (Cfr. Covacs 1982 :90), evidenziate nella macra-funzione testuale, che rappresentano altrettanti tipici mezzi di coesione.

Il più frequente di tali mezzi di coesione (osserva bili nel testo di superficie), che dovrebbero garantire la continuità di senso nel testo di legge, è la ricorrenza lessicale totale di valore anaforico. I motivi di tale frequenza possono essere ricondotti al fatto che, mediante la ricorrenza lessicale totale, si tende ad eliminare l'am­biguità di quanto si vuole rappresentare, anche a scapito dell'in­formatività (nuova/inattesa) (Cfr. De Beaugrande e Dressler 1981) ed alla scarsa presenza, nel testo di legge, di presupposizioni, sia a livello testuale che a livello situazionale.

Alcuni esempi, tratti dal nuovo Codice civile olandese (che dovrebbe entrare in vigore entro il 1990) effettivamente dimostrano che la ricorrenza lessicale totale è uno dei tratti distintivi del testo di legge.

ESEMPIO:

/Al hetgeen volgens verkeersopvatting onderdeel van een zaak uitmaakt, is bestanddeel van die zaak/ (art.3.1.1.3).

'Tutto ciò che secondo la comune considerazione è parte del tutto di un bene materiale, è parte integrante di quello stesso bene.'

140

Nella lingua comune si preferirebbe il diverso mezzo di coe­sione dell'elemento anaforico daarvan (di esso).

Va osservato, per inciso, che il nuovo codice civile olandese, a differenza di quello ancora in vigore, denomina zaak il solo bene materiale, riservando ai beni immateriali ed ai diritti patrimoniali il termine goed (Hartkamp 1977).

Più evidente ancora risulta la ricorrenza lessicale nella seguente disposizione.

ESEMPIO:

/Een beperkt recht is een recht dat is afgeleid uit een meer omvattend recht, hetwelk met het beperkt recht is bezwaard/ (art.3.1.1.7.).

'Un diritto limitato è un diritto che è derivato da un diritto più esteso, che è gravato dal diritto limitato'.

La frequenza di ellissi sia nominali che verbali è invece bassa e questo spiega la ricorrenza di schemi sintattici.

ESEMPIO:

/Bedreiging is aanwezig, wanneerl /Bedrog is aanwezig, wanneerl /Misbruik van omstandigheden is aanwezig, wanneer/ (art. 3.2.10-2,3,4) 'Minaccia sussiste quando' 'Dolo sussiste quando' 'Abuso delle circostanze sussiste quando'

2.8. Effetto e reazione

De Beaugrande e Dressler ( 1981) notano come la ricorrenza lessicale totale sia frequente nella conversazione spontanea, durante

141

la quale non si ha il tempo di "progettare" il discorso. La stessa ricorrenza è molto frequente però anche nel testo normativa, nel quale il discorso è invece il risultato di una progettazione molto accurata, necessitata dalla funzione (uso e applicazione). Ne deri­vano alcuni effetti e reazioni particolari.

I riceventi non sempre effettivamente reagiscono alla confor­mità o difformità di un testo alle loro aspettative. Il testo di legge però produce sempre effetti anche non voluti, a fronte dei quali i riceventi comunque spesso reagiscono.

Per i destinatari gli effetti non voluti riguardano soprattutto il grado di informatività del testo: per i riceventi non-giuristi, inclini ad elaborare il messaggio a livello del testo e non tanto a livello delle singole parole (benché esse si pongano al centro dell'atten­zione per veicolare il contenuto del messaggio) la ripetizione im­mediata diventa tuttavia fonte di disturbo. Per loro tanto la fre­quente ricorrenza lessicale totale quanto quella parziale possono avere l'effetto di interrompere l'attenzione e di rendere il progre­dire nella lettura meno o poco interessante (Cfr. De Beaugranèle e· Dressler 1981:145, 151).

Per i lettori giuristi invece, che elaborano il contenuto del messaggio anche a livello delle singole parole, la ricorrenza lessi­cale totale e quella parziale possono offrire occasione dell'appro­fondimento del contenuto giuridico.

È così che si spiega il frequente determinarsi, nell'adeguamen­to del messaggio ai destinatari, di un conflitto nell'appropriatezza pragmatica.

L'adeguamento dipende infatti solo dalla capacità dell'autore di selezionare e di armonizzare contenuto e forma, affinché il te­sto possa essere accettato e l'atto illocutivo possa considerarsi riu­scito. nei confronti dei destinatari, sia giuristi che non-giuristi.

142

VI-ATTIPROCESSUALIDIPARTE NEL GIUDIZIO CIVILE

l. Procedura e argomentazione

1.0. Generalità

Lo studio dell'argomentazione nei testi processuali ha avvici­nato negli ultimi anni alcuni linguisti (in particolare i teorici della argomentazione) ai giuristi. I linguisti olandesi van Eemeren, Fete­ris, Grootendorst e Kruiger hanno pubblicato l'opera Argumente­ren voor juristen (1987), di didattic;a linguistica per giuristi e ba­sata su di un modello teorico di argomentazione già sviluppato in interventi precedenti.

La loro teoria dell'argomentazione si discosta da altre prece­denti, ad esempio da ~quella di Chaim Perelman, in quanto il loro approccio non è retorico, bensì dialettico e pragmatico. Dialettico perché l'argomentazione è considerata parte di una discussione critica, pragmatico in quanto il linguaggio viene analizzato nel contesto situazionale alla luce delle funzioni che di volta in volta la lingua vi svolge.

L'argomentare viene considerato un atto linguistico comples­so: l'insieme degli enunciati ha lo scopo comunicativo della argo­mentazione e ogni singolo enunciato ha uno scopo comunicativo diverso, rappresentando di volta in volta un diverso atto lingui­stico (asserzione, richiesta ecc.) (Cfr. van Eemeren et al. 1987:14, 148, 149).

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Nel modello pragma-dialettico proposto da van Eemeren et al. l'argomentazione appare articolata in quattro fasi: quella del confronto, nella quale deve essere chiarito l'oggetto della contro­versia; quella dell'apertura, nella quale si determinano i ruoli che le parti vi svolgeranno (protagonista-antagonista); quella argomen­tativa e quella conclusiva, nella quale si perviene ad un risultato.

A queste quattro fasi possono essere giustapposte quelle di un procedimento giurisdizionale, con la differenza che in questo tutte e quattro (e non soltanto la seconda come sembra ritenere Feteris (1988)) sono governate dal diritto processuale che è il qua­dro istituzionale dell'argomentazione.

2. La citazione e la relazione di notificazione

2.0. Generalità

La citazione (dagvaarding) costituisce, anche nel processo civile olandese, la fase del confronto nell'argomentazione (in al­cuni casi la citazione è sostituita dal ricorso: verzoekschrift); con­tiene cioè la specificazione dell'oggetto della controversia.

Contrariamente a quanto avviene nell'argomentazione non­giuridica, nella fase del confronto del processo si stabiliscono già i ruoli delle parti. La fase dell'apertura e quella dell'inizio del con­fronto (contraddittorio) vengono così almeno parzialmente a coin­cidere. In termini di argomentazione la lite (civile), quando il con­venuto si è costituito, è spesso una controversia mista; l'antago­nista cioè non si limita a mettere in dubbio il punto di vista del­l'attore (controversia non-mista) ma difende anche un punto di vista proprio, opposto a quello del protagonista (punto di vista nega­tivo), diventando a propria volta protagonista.

La fase del confronto non sempre si esaurisce nella citazione (apertura del processo); spesso si estende alla fase argomentativa del processo e vi si sovrappone.

Con la comparsa di risposta infatti il convenuto (l'antago­nista), oltre ad esporre il proprio punto di vista negativo di difesa, può avanzare propri punti di vista positivi (domanda riconvenzio-

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nale: eis in reconventie). Tant'è che nella comparsa di risposta (conclusie van antwoord) l'antagonista (convenuto in via princi­pale: gedaagde in conventie), può proclamarsi protagonista, (at­tore in via riconvenzionale: eiser in reconventie), dando così ini­zio ad una nuova fase di confronto.

La comparsa di risposta appartiene però già, come detto, alla fase argomentativa del processo. Difficilmente perciò le diverse fasi dell'argomentazione processuale possono venire distinte tanto net­tamente così come viene rappresentato nella teoria esposta in Ar­gumenteren voor juristen.

2.1. L'autore

Come detto, l'atto di citazione italiano deve risultare redatto e sottoscritto dal procuratore dell'attore o dallo stesso attore (nei rari casi in cui può stare personalmente in giudizio), mentre in Olanda citazione e notificazione (betekening) sono eseguite dall'uf­ficiale giudiziario (deurwaarder) su richiesta dell'attore, il quale deve essere comunque rappresentato da un procuratore costituito (salvi i rari casi in cui egli può stare personalmente in giudizio). La citazione senza costituzione di procuratore (procureurstelling) è nulla (artt. 133, 137 e 138 Rv). In Italia quindi la citazione è atto della parte, mentre in Olanda è formalmente atto dell'ufficiale giu­diziario e solo mediatamente atto di parte. Nell'atto di citazione olandese pertanto il procuratore dell'attore non risulta l'autore del testo; chi comunica è l'ufficiale giudiziario e il testo è quindi me­tacomunicativo.

Tale differenza trova la sua ragione d'essere nel codice di procedura civile olandese (art.5.2 e art. il quale prescrive che l'atto di citazione deve contenere le indicazioni per la indivi­duazione della persona (professione, sede, indirizzo) dell'ufficiale giudiziario e che l'atto stesso sia da lui sottoscritto. La natura del rapporto che intercorre tra i partecipanti alla comunicazione è quindi complessa. Il legislatore, che determina il quadro istituzio­nale, può essere considerato partecipante alla comunicazione, per­ché prescrive quali atti linguistici devono essere eseguiti dall'au-

145

tore del testo e stabilisce il ruolo di relazione sociale tra tutti gli altri partecipanti alla interazione comunicativa.

L'ordine gerarchico è allora:

legislatore (autorità sociale e linguistico)+-~>giudic~procura­

tore+-~>ufficiale giudiziario+-~>destinatario.

2.2. La tematica

La tematica è prescritta dai codici di procedura (art.S Rv.; art.163 c.p.c.) ed è quindi anch'essa istituzionalizzata.

Dal confronto tra la citazione olandese e quella italiana risulta la diversità delle macrostrutture pragmatiche; ne consegue che un atto di citazione, tradotto dall'olandese con la struttura del testo di partenza inalterata, non potrebbe trovare applicazione, cioè effetto giuridico, secondo il sistema giuridico italiano e viceversa.

D'altronde in nessun caso il traduttore potrebbe riformulare validamente l'atto secondo quanto prescritto dalle norme di pro­cedura propria del sistema giuridico d'arrivo, per tentare di con­ferire ali' atto tradotto i requisiti della validità, perché egli non è rappresentante della parte.

La citazione olandese (Cfr. l'esempio riportato in fine di que­sto capitolo) è incorporata nella relazione di notificazione della quale forma parte integrante. La struttura globale del testo (macra­struttura pragmatica) è composta quindi da più parti.

La prima parte consiste nella descrizione di due atti dichiara-ti vi:

/H eden ... ten verzoeke van heb ik ... aan ... betekend ... gedagvaard­... ten einde .. ./

'Oggi... a richiesta di. .. io ... ho notificato ... a ... , inoltre bo ci­tato... al fine di. .. '

La struttura globale della prima parte è lineare e si presenta graficamente con sottotitoli per una più agevole identificazione

146

della macrostruttura di superficie; questa strutturazione grafica è convenzionale.

La seconda parte (da VII.1) (contenente la richiesta) ha invece la struttura globale di una argomentazione; l'art. 5.-3 del codice di procedura olandese prescrive infatti che l'atto di citazione deve contenere:

/"De middelen en het onderwerp van den eisch, met eene duide­lijke en bepaalde conclusie" l 'I mezzi di prova e la determinazione della cosa oggetto della domanda, con chiare e determinate con­clusioni'.

Sostanzialmente non diversa è la norma all'art. 163 del c.p.c. italiano.

Si può affermare quindi che nella prima fase del confronto l'argomentazione non è mista, poiché l'antagonista non ha ancora esposto il proprio punto di vista negativo. La struttura globale del­l'argomentazione contenuta nella citazione contiene in linea di massima le categorie proposte da van Dijk (1978a:155 sgg.), con­siderate ad ogni modo dall'Autore ancora perfettibilì, così come i termini per indicarle. (ibid. :157).

L'argomentazione consiste infatti in una ''giustificazione" (recbtvaardiging) e in una "conclusione" (gevolgtrekking). La giu­stificazione inizia con la specificazione della situazione (setting): "l'attrice ... ha concluso con la convenuta un contratto per ... " (VII, l) e prosegue con la precisazione dei "dati di fatto" (gegeven) (VII, 2-VII,9), che sono suddivisi in "punti di vista" (uitgangspunten) (VII, 7 e VII,8) e in "fatti" (feiten) (VII, 2-7). I punti di vista sono ulte­riormente suddivisi in motivi o argomenti (gronden) (VII 7 e 8 a) e in argomenti a sostegno ( ondersteuning) (VII,8 b). Seguono le conclusioni, introdotte con evidenza dalla locuzione "ne conse­gue" (bieruit volgt) (VII 9-VIII), e specificate e formulate nella forma di richiesta (VIII 1-3).

Le conclusioni introdotte da ne consegue possono essere con­siderate tuttavia anche quale conferma dei punti di vista: "dat ge-

147

daagde thans gehouden is ... " ("che la convenuta è tenuta ora ... "), che potrebbero essere messi in dubbio dalla parte convenuta (nella comparsa di risposta). Lo schema globale della seconda parte della macrostruttura pragmatica può essere rappresentato allora come segue:

giustificazione~ (conclusione

~ (VII,9-V~

'setting' (VII, l) dati di fatto (VII, 1-9) specificazione

~ (VIII, 1-3)

punti di vista (VII, 7, 8a, b) fatti (VII,2-7)

~ motivi (VII, 7,8a) sostegno (VII,8b)

La struttura globale dell'atto di citazione nel diritto vigente in Italia, se confrontata con quella dell'atto olandese, presenta la dif­ferenza che l'atto del citare appare come collegato alla conclusione; infatti, si può leggere: "tutto ciò premesso e ritenuto, il dott. X, in rappresentanza del signor Y, cita ... "

2.3. Il destinatario

Primo destinatario dell'atto di citazione è il convenuto (ge­daagde), al quale viene notificata copia dell'atto. L'originale però deve essere depositato dal procuratore dell'attore nella cancelleria dell'ufficio giudiziario per essere iscritto sul ruolo. Destinatario perciò deve essere considerato anche il giudice al quale si rivolge il messaggio che richiede la pronuncia. La specificazione delle conclusioni infatti è una richiesta rivolta all'organo giudiziario: het der Rechtbank behage (''piaccia al Tribunale").

La categoria destinatario si presenta quindi anche qui com­plessa. Anche in Olanda il primo destinatario (convenuto) deve

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nominare un procuratore e se compare personalmente, senza averlo nominato, la decisione viene emessa in contumacia (bij verstek).

Un procuratore del convenuto è quindi prèfigurato fin dalla prima fase come virtuale terzo destinatario del testo.

Il fenomeno per cui un unico atto si rivolge a più destinatari aventi ruoli sociali diversi già implica un virtuale conflitto socio­linguistico: è evidente che l'uso linguistico tende a consentire al convenuto il riconoscimento della tematica del messaggio, nel men­tre il testo nella ,sua interezza (tematica, macrostruttura semantica e macrostruttura di superficie) ha quali destinatari i giuristi (magi­strati e avvocati).

La complessità delle relazioni di ruolo sociale, che intercor­rono tra i diversi destinatari dell'atto, obbliga all'adeguamento della formulazione del messaggio e l'uso linguistico è determinato dal­l' adeguamento a forme di comunicazione imposte in vista del rag­giungimento di fini sociali ben determinati dalle istituzioni.

Le istituzioni sono infatti, secondo la definizione di Ehlich e Rehbein " ... Formen des gesellschaflichen Verkehrs zur Bearbeitung gesellschaftlicher Zwecke" (1980:338) e richiedono forme comu­nicative specifiche tra gli attanti, sia 'protagonisti' (i quali eseguono gli atti linguistici) sia 'beneficiari' (nei confronti dei quali gli atti linguistici vengono eseguiti).

La distanza istituzionalizzata tra i ruoli sociali, che caratterizza la specifica interazione comunicativa, si evidenzia nel testo, tra al­tro con la formula di cortesia E.A. Heer President ("Ecc.mo Signor Presidente").

2 .4. Il medium

Lo scritto è istituzionalizzato e l'attualizzazione delle inten­zioni dell'autore mediante titoli e sottotitoli indica l'esecuzione degli atti linguistici istituzionalizzati. Anche la frequente suddivi­sione in paragrafi numerati rappresenta nel testo tratti che possono essere considerati semantici, in quanto segnali della macrostruttura semantica, e l'aspetto grafico assolve quindi una funzione cogni­tiva, contribuendo a far riconoscere il testo come appartenente al tipo e al genere (Cfr. van Dijk 1978a:166).

149

2.5. Le categorie spazio e tempo

Le differenze tra la procedura olandese e quella italiana, e perciò tra le diverse macrostrutture pragmatiche degli atti intro­duttivi dei procedimenti, sono da rapportare all'aspetto spazio­temporale: i codici di procedura civile olandese e italiano risalgono ad epoche diverse e le norme di procedura hanno conosciuto quindi evoluzioni diverse. L'aspetto spazio-temporale è evidente anche a livello grammaticale e lessicale: in questo tipo di testo olandese le formule, rituali anche perché ancorate al tempo, pre­sentano caratteristiche stilisticamente più auliche di quelle ricor­renti in un analogo testo italiano. Spesso infatti si notano nel testo olandese dativi e genitivi dal punto di vista sincronico ormai in­consueti: te dezer zake (I); ajschrift dezes (II) ecc.

2.6. L'intenzione comunicativa

Il testo olandese consiste nella descrizione di due diversi atti linguistici: "ho notificato", "ho citato" che contengono due verbi esplicitamente perjormativi. La stessa forma linguistica dei due atti linguistici, così come in tutti i contesti istituzionalizzati, appare quindi vincolata. Vincolata dalla procedura è la forma degli atti linguistici contenuti nella citazione prevista dal codice di proce­dura italiano (il dott. X, quale rappresentante in giudizio[ ... ] CITA il signor Y); laddove il testo non consiste nella descrizione di un atto linguistico se non nella sola relazione di notificazione.

L'atto linguistico della richiesta al giudice contiene una for­mula esplicitamente performativa: het der Rechtbank behage (''piaccia al Tribunale").

Meno semplice è l'assegnare uno piuttosto che altro macra­atto illocutivo all'intero testo olandese. Considerato tuttavia che qualsiasi testo contenente prescrizioni di comportamenti implicite o esplicite, la non osservanza delle quali può comportare sanzioni, anche il testo della citazione olandese dovrebbe essere inteso come macra-atto comunicativo di un comando, atto direttivo, quindi, determinato dal rapporto che intercorre tra i partecipanti alla co­municazione più che dalla forma grammaticale (Cfr. Kastle

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1975:139); mentre la citazione italiana può essere intesa come macro-atto sia dichiarativo sia direttivo. L'atto direttivo è rivolto a colui che è chiamato in giudizio ma anche al giudice in quanto sollicitato a conoscere della causa.

2. 7. La funzione del testo

Per l'aspetto intralinguistico (di conseguenza intragiuridico) l'applicazione del testo è riservata al giudice che ne considera la utilizzazione funzionale in rapporto alle regole costitutive del di­ritto processuale; l'uso spetta invece al destinatario 'antagonista' (procuratore del convenuto) che a fronte dell'esposizione dei punti di vista positt'vi dell'attore formula i punti di vista negativi del convenuto.

Un testo introduttivo del procedimento tradotto nella strut­tura originaria non potrebbe trovare, come già detto, applicazione secondo il diritto processuale proprio di un sistema giuridico di­verso. Peraltro l'atto così tradotto può trovare uso anche per il destinatario della traduzione che sia giurista estraneo al sistema giuridico proprio dell'autore del testo tradotto.

In tali casi frequentissimi (basti pensare alla citazione di un cittadino di stato diverso da quello dove deve essere celebrato il processo) il testo trova il proprio uso in quanto mantiene, anche nella sua traduzione, la sua struttura originaria. Solo così tradotto esso conserva quindi la propria funzione.

2.8. L'uso linguistico

Ogni testo rivela la strategia testuale adottata in vista dello scopo che l'autore si prefigge di raggiungere nel contesto situazio­nale; scopo, contesto e tipo di testo determinano a loro volta l'im­piego delle tre macrofunzioni sistemiche del linguaggio individuate da Halliday. Poiché la tematica del testo è stabilita dalla norma, si può ritenere che la componente ideazionale del linguaggio, ma­nifesta e attualizzata a livello del registro, è nel testo l'espressione

151

dei requisiti previsti dal codice di procedura al quale la citazione deve conformarsi.

In testi simili, con macrostruttura pragmatica convenzionale, la componente ideazionale può essere considerata allora (almeno in parte) come altrettanto 'convenzionale'.

Tuttavia, considerando che la parte contenente la richiesta pre­senta la struttura globale dell'argomentazione, può essere individuata, a livello intratestuale, anche la componente interpersonale che espri­me gli atteggiamenti ed i giudizi dell'autore (non convenzionali) e che manifesta i diversi ruoli di relazione sociale (convenzionali).

Vi sono evidenti segnali della componente interpersonale nel­l'esempio di citazione, interamente riprodotto e tradotto, riportato in fine di questo capitolo; così: gedaagde weigert evenwel ("tuttavia la convenuta rifiuta"; VII,8a); en onttrekt zich daarmede (''e con ciò essa impedisce"); gedaagde thans is gehouden (''la convenuta è tenuta ora"; VII 9a); behoort gedaagde te worden veroordeeld (''la convenuta dovrà essere condannata"; VII 9b) het der Rechtbank behage (''piaccia al Tribunale").

La componente testuale della parte contenente la richiesta può essere considerata l'attualizzazione di quanto programmato dall'autore, sulla base di scelte prioritarie, per la struttura informa­tiva e consente di valutare sia la coesione del testo di superficie che la coerenza della macrostruttura semantica. La componente testuale, interrelata come è a quella ideazionale ed a quella inter­personale, rivela a livello dell'intero testo la 'tessitura' e quindi il dinamismo comunicativo determinato dalla funzione che il testo deve assolvere.

L'analisi tematica, anche limitata a brevi passi del testo (i primi cinque punti della parte contenente la richiesta), può far ricono­scere la distribuzione progressiva dell'informazione e come sia la componente ideazionale che quella testuale concorrano a confe­rire al testo lo status di documento.

l. Eiseres, verder ook S. te noemen ("l'attrice da nominare più avanti anche S"): tema non marcato;

2. Bij die overeenkomst van 19 januari (''In quel contratto del 19 gennaio"): tema marcato con l'elemento anaforico die e con ri-

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correnza totale di overeenkomst van 19 januari; scelto per svi­luppare l'informazione nuova nel punto 2.

3. (a) Het onder a genoemde bedrag groot ("L'importo indicato sub a), ammontante a lire"): tema non marcato in costrutto passivo con specificazione dell'agente, con l'elemento anaforico onder a) genoemde recuperabile perciò nella parte rematica del punto 2.

(b) Ter betaling van de volgende termijnen ("Per il pagamento delle rate successive"): tema marcato, con ricorrenza parziale (semantica-lessicale) di voldaan ("corrisposto") mediante beta­ling ("pagamento"), e di bedrag (''importo") mediante termijnen (''rate"); qui l'elemento anaforico è rappresentato da volgende ("successive"). La scelta del tema marcato rinvia il lettore sia alla parte remati ca della frase che precede sia a quella del punto 2.

4. De wissel, voor het onder b. bedoelde bedrag (''La cambiale, per l'importo previsto sub b"): tema non marcato in costrutto pas­sivo con agente non specificato e ricorrenza totale di wissel ("cambiale"), che rinvia alla parte rematica di 3b); la postmodi­ficazione rinvia anaforicamente ("previsto sub b") al punto 2.

S. (a) Alle andere wissels (''tutte le altre cambiali"): tema non mar­cato in costrutto passivo con la specificazione dell'agente sul quale cade il fuoco di informazione non marcato; ricorrenza to­tale di wissels ("cambiali")

(b) Te dien aanzien bepaalt de overeenkomst ("stabilisce a tale proposito il contratto"): tema marcato deittico a livello dell'in­tero periodo, che riprende il rema del capoverso che precede.

Questa pur breve analisi consente di riconoscere come il sa­pere ideazionale del destinatario del testo venga progressivamente ampliato mediante la funzione testuale.

il tema non marcato e il contenuto nel testo che segue in VII.l, permette di individuare in questo passo l'argomento del discorso sul quale l'informazione specifica viene fornita gradualmente.

In ogni enunciato la costituente, che nell'enunciato prece­dente è rematica, può essere recuperata sia con il tema marcato che non marcato.

153

La scelta tra tema marcato e tema non marcato è il risultato quindi di una decisione dell'autore per i costituenti che veicolano un maggiore grado di dinamismo comunicativo e aggiungono in­formazioni sempre più dettagliate sull'argomento del discorso.

La scelta del tema marcato quale punto di partenza della se­quenza rappresenta (anche in olandese) una 'messa in primo pia­no', parafrasabile con 'per quanto riguarda' (Halliday 1987:284). Ciò è particolarmente evidente, ad esempio, in 5 (b): nella sequenza, te dien aanzien (a tale proposito) sarebbe parafrasa bile con wat dat betreft (''per quanto riguarda ciò"). La scelta del tema marcato consente di conferire un maggiore valore comunicativo a bepaalt de overeenkomst ("stabilisce il contratto").

Per la traduzione verso l'italiano esistono più alternative; ad esempio tra: "stabilisce a tale proposito il contratto" e "a tale pro­posito stabilisce il contratto".

Con la scelta del tema marcato la lingua olandese non con­sente però ordine sintattico diverso da quello presente nella frase, perché nella proposizione principale il Vf non può che occupare la seconda posizione.

2.9. Effetto, reazione e traduzione

L'effetto giuridico è la perlocuzione dell'atto del citare. Il feed-back del ricevente-giurista de~ testo tradotto influirà sul testo della fase successiva del processo (comparsa di risposta, conclusie van antwoord) .

Va anche qui ricordato che il traduttore, oltre a operare una selezione fra le possibili interpretazioni di ogni unità di informa­zione del testo di partenza, seleziona anche tra le potenziali espres­sioni della LA (van den Broek e Lefevere 1979: 114; Wills 1988) affinché il risultato della traduzione possa consentire il feed-back al testo di partenza.

Svolta la descrizione del testo ed esaminata la situazione comu­nicativa, la traduzione per essere pragmaticamente felice deve essere adeguata alla situazione del destinatario-procuratore del convenuto. Ricordata tuttavia la diversità delle macrostrutture pragmatiche degli

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atti introduttivi dei procedimenti nei diversi sistemi giuridici, l'equi­valenza testuale-normativa, menzionata da Koller (1983: 187, 190), può essere raggiunta quasi esclusivamente a livello della micro-strut­tura e a quello linguistico-stilistico, perché solo a questi livelli al tra­duttore è consentito di scegliere, tra il potenziale semantico (giuri­dico) della LA, le opzioni stilistico-pragmatiche più appropriate.

Ad esempio: om baar in na te melden geding te vertegen­woordigen può essere tradotto con la formula italiana per rappre­sentar/a nel giudizio, anziché con "per rappresentarla nella causa che in seguito verrà descritta".

Ci si rende conto tuttavia che, nel trasferire un qualsiasi mes­saggio da una lingua all'altra, la norma (intesa come realizzazione della langue) si impone anche a livello della macrostruttura pra­gmatica. Nella traduzione verso l'italiano del testo olandese intro­duttivo del procedimento, la parte IV del testo di partenza deve essere necessariamente anteposta alla III: "HO NOTIFICATO a. un atto di ricorso ... ; b. un atto del aiutante ufficiale giudiziario ... " (IV) "A la società di diritto italiano ... " (III).

La traduzione, quanto alla componente ideazionale, è quasi interamente semantica e quanto alla componente interpersonale è semantica limitatamente all'atteggiamento dell'autore verso le pro­prie affermazioni. La parte della componente interpersonale che riflette la relazione di ruolo sociale, tra i partecipanti alla comuni­cazione, riferita alla speech situation, può essere infine trasferita applicando il cultura/ filter (House 1977).

La componente testuale, che è vincolata alle convenzioni lingui­stiche, deve trovare nella LA la stessa funzionalità che essa presenta nel testo di partenza, essendo parte integrante della strategia testuale dell'autore e dipendente dai fattori situazionali che hanno determi­nato la scelta tra virtuali alternative (Cfr. Enkvist 1987).

La situazione nella quale viene formulato l'atto introduttivo del processo deve far presumere che la decisione dell'autore per una determinata strategia piuttosto che per altra, sia sempre il ri­sultato di un alto grado di consapevolezza.

Nella formulazione del testo d'arrivo la strategia testuale del traduttore deve perciò tendere a seguire specularmente quella del­l'autore del testo di partenza. Solo così il valore comunicativo del

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testo di partenza e quello del testo d'arrivo potranno dirsi equi­valenti, anche se la traduzione sarà sempre riconoscibile come tale e mai potrà apparire come un testo direttamente redatto nella LA.

TESTO

I Heden, vier september negentienhonderdnegenenzestig, ten verzoeke van de besloten vennootschap met beperkte aan­sprakelijkheid X ... B. V., (destijds geheten: X ... B. V.), gevestigd en kantoorhoudende te Amsterdam, te dezer zake woonplaats kiezende aldaar aan de ... weg 7 ten kantore van de advocaat en procureur Mr L. H., die ten deze door mijn requirante tot procureur wordt gesteld om haar als zodanig in na te melden geding te vertegenwoordigen,

II Heb ik, C.):, wonende te Amsterdam, als kandidaat-deurwaar­der werkzaam ten kantore van P Q, deurwaarder bij de Ar­rondissements-Rechtbank te Amsterdam, wonende te Castri­curo en kantoorhoudende te Amsterdam aan de ... straat 11;

AAN:

III de vennootschap naar Italiaans recht Y S.p.A., gevestigd te 30146 A (Italie), zonder bekende verblijfplaats in het Konink­rijk, mitsdien mijn exploit doende, sprekende met en afschrift dezes alsmede van de ten deze betekende stukken latende aan de E.A. Heer Officier van Justitie bij de Arrondissements­Rechtbank te Amsterdam, die het oorspronkelijk dezes met "gezien" heeft getekend;

BETEKEND:

IV a. een verzoekschrift van mijn requirante van 27 augustus 1969 aan de E.A. Heer President van de Arrondissements-R~cht-

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bank te Amsterdam met de daar op diezelfde dag door Z.E.A. gestelde beschikking;

b. een exploit van de kandidaat-deurwaarder C.]. te Amster­dam van 27 augustus 1969, houdende een uit krachte van de onder a. bedoelde beschikking onder de Amsterdam­Rotterdam Bank N.V. te Amsterdam ten laste van gelnsi­nueerde gelegd conservatoir derden beslag.

V Voorts heb ik, deurwaarder, mijn exploit doende, sprekende, afschriften latend,e, met woonplaatskeuze en procureurstelling als voren gerelateerd, de vennootschap naar Italiaans recht Y S.p.A. voornoemd,

GEDAGVAARD

VI om op woensdag zeven oktober negentienhonderdnegenen­zestig des morgens te half tien (9.30 uur) vertegenwoordigd door een procureur te verschijnen ter openbare terechtzitting voor burgerlijke zaken van de Eerste Enkelvoudige Kamer van de Arrondissements-Rechtbank te Amsterdam, welke zal wor­den gehouden in het Paleis van Justitie aan de Prinsengracht 436, aldaar,

TENEINDE

VII alsdan te horen eis doen en concluderen:

l. Eiseres - verder ook "X .... " te noemen - heeft o p 19 fe­bruari 1969 met gedaagde een overeenkomst gesloten ter vervanging van de daaraan gehechte, op 5 januari 1969 tussen partijen gesloten overeenkomst, tot het leveren, monteren en in bedrijf stellen door X van een installatie bestemd tot het winnen van olie uit druivenpitten.

2. Bij die overeenkomst van 19 februari 1969 heeft gedaagde zich verbonden om op de navolgende data de navolgende bedragen aan X te betalen:

157

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a. 31.12.68 b.

Lires I t. ..

c. d. e. Totaal derhalve Lires It ....

3. (a) Het onder a. genoemde bedrag groot lt. Lires ... is on­verwijld door gedaagde voldaan.

(b) Ter betaling van de volgende termijnen heeft gedaag­de wissels afgegeven, waarvan de voldoening door een bankgarantie is verzekerd.

4. De wissel, voor het onder b. bedoelde bedrag groot It. lires ... is volgens overeenkomst onmiddellijk ter beschik- · king van X gesteld, zodat haar vordering thans nog be­loopt l t. Lires ...

5. (a) Alle andere wissels zijn eveneens volgens overeenkomst door gedaagde gedeponeerd bij de Amsterdam Rotterdam Bank N.V. te Amsterdam.

(b) Te dien aanzien bepaalt de overeenkomst, da t zij aan X zullen worden afgegeven, indien deze v66r 30 augustus 1969 het bewijs overlegt, dat gedaagde de installatie heeft aanvaard, maar dat zij door de bank aan gedaagde zullen worden teruggegeven, indien X daarmede in· gebreke mocht blijven.

6. In dat geval zal de bank daarenboven uit krachtens een tweetal door haar op verzoek van X ten behoeve van ge­daagde gestelde garanties de waarde van de twee eerste betalingen (It. Lires ... en It, Lires ... ) desgevorderd aan gedaagde terugbetalen.

7. X heeft voor zover mogelijk aan haar verplichtingen uit de overeenkomst voldaan. Zij stelt zich op het standpunt, dat de installatie, zoals deze door haar bij gedaagde is opgesteld, voldoet aan de daaraan contractueel gestelde eisen.

8. (a) Gedaagde weigert evenwel X in de gelegenheid te stel­len de installatie onder behoorlijk toezicht te doen proe­fdraaien om zulks aan te tonen en onttrekt zich daarmede aan het afgeven van het bewijs van aanvaarding daarvan.

(b) Inmiddels heeft gedaagde de installati e wel zelf in be­drijf gesteld en in gebruik genomen.

9. (a) Hieruit volgt, da t gedaagde thans gehouden is alle nog bij de Amsterdam Rotterdam Bank N.V. gedeponeerde wissels aan X af te geven.

(b) Subsidiair, voor het geval de bank deze wissels niet meer in haar bezit mocht hebben en reeds ingevolge de door haar gestelde garanties de tegenwaarde van de beide eerste wissels mocht hebben terugbetaald, behoort gedaa­gde te worden veroordeeld om de hoofdsom in haar ge­heel te voldoen.

l O. H et do or X o n der de Amsterdam Rotterdam Bank N. V. gelegde en ten deze betekende conservatoir derden be­slag behoort te worden van waarde verklaard.

MITSDIEN

VIII het der Rechtbank behage bij vonnis, voor zover mogelijk uit­voerbaar bij voorraad,

l. primair: gedaagde te veroordelen om aan eiseres door afgifte van de door haar bij de Amsterdam Rotterdam Bank N.V. te Amsterdam gedeponeerde wissels dan wel anderszins te beta­len de som van .... .Italiaanse Lires, althans de tegenwaarde van dit bedrag in Nederlandse courant berekend tegen de koers van de dag van betaling, verhoogd met de wettelijke rente over dat bedrag berekend van de dag van deze dagvaarding tot die der algehele voldoening; subsidiair: gedaagde te veroordelen om aan eiseres te voldoen de somma van ... .Italiaanse Lires, althans de tegenwaarde van dat bedrag in Nederlandse courant berekend tegen de koers van

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de dag van betaling, verhoogd met de wettelijke rente over dat bedrag berekend van de dag van deze dagvaarding tot die der algehele voldoening;

2. van waarde te verklaren h et ten deze betekende, do or X o p 2 7 augustus 1969 o n der de Amsterdam Rotterdam Bank N. V. ten laste van gedaagde gelegd conservatoir derden beslag.

De kosten dezes voor mij, deurwaarder, zijn f ....

Gezien en afschrift dezes met bijlagen overgenomen door Ons, Officier van ]ustitie bij voormelde Rechtbank, ten dage als boven vermeld.

Voor fotocopie conform aan het origineel. De Griffier der Arrondisse­mentsrechtbank te Amsterdam.

TRADUZIONE

Oggi, quattro settembre millenovecentosessantanove, a richie­sta della X AMSTERDAM B.V., società a responsabilità limitata di diritto olandese, già denominata X B.V., con sede ed uffici in Amsterdam, con domicilio eletto per la presente causa in via .... , presso lo studio del proc. avv .... il quale dalla richiedente con il presente atto viene costituito procuratore, per rappre­sentarla nel giudizio.

Io, C.J. domiciliato in Amsterdam, nella mia qualità di Aiut. Uff. Giud. addetto all'ufficio del signor P.Q., Uff. Giud. presso lo Arrondissementsrechtbank in Amsterdam, con domicilio in Cas­tricum ed ufficio in Amsterdam in via .... ;

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HO NOTIFICATO:

IV a. un ricorso presentato, da chi mi richiede il presente atto, all'Ecc. mo Signor Presidente dell'Arrondissementsrecht­bank di Amsterdam, il ventisette agosto 1969, con pedise­quo decreto adottato lo stesso giorno da Sua Eccellenza il Signor Presidente;

b. un atto compiuto in Amsterdam il ventisette agosto 1969 dall'Aiut. Uff. Giud.- ... , contenente un sequestro conserva­tivo presso terzi a carico della convenuta e presso la Am­sterdam Rotterdam Bank N. V. in forza del decreto sub a;

A:

III la Società Y S.p.A. con sede in .... (Italia), senza noto indirizzo nel Regno, eseguendo pertanto il mio atto, parlando e lasciando copia di esso nonché degli atti allo scopo notificati, all'Ecc. mo Signor Procuratore della Regina presso lo Arrondissementsre­chtbank di Amsterdam, il quale ne ha sottoscritto l'originale con "visto".

V Inoltre, eseguendo il mio atto, parlando e lasciando copie con la indicazione del domicilio eletto e del domiciliatario come soprarelazionato, io Uff. Giud.

HO CITATO:

VI la soprannominata società Y S.p.A. a comparire il martedì sette novembre millenovecentosessantanove alla ore novetrenta (ore 9.30), rappresentata da un procuratore, àlla pubblica udienza per le cause civili del giudice di ruolo della prima sezione dell'Arrondis-sements-Rechtbank in Amsterdam, che ivi sarà tenuta nel Palazzo di Giustizia nella Prinsengracht 436,

AL FINE:

VII di sentire in quella sede richiedere e concludere:

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l. l'attrice - da essere nominata più avanti anche X - il 19 febbraio 1969 ha concluso con la convenuta un contratto, sostitutivo del contratto ad esso allegato e tra le parti con­cluso il 5 gennaio 1969, per la consegna, il montaggio e la messa in funzione, da parte della X di un impianto desti­nato alla estrazione dell'olio da semi d'uva.

2. In questo contratto del 19 gennaio 1969 la convenuta si era obbligata a pagare nelle seguenti date i seguenti importi:

a. 31.12. 682 b. c. d e.

lire

3. (a) L'importo indicato sub a), ammontante a lire ... , è stato corrisposto dalla convenuta puntualmente.

(b) Per il pagamento delle rate successive la convenuta ha rilasciato cambiali, il pagamento delle quali è garantito da una fideiussione bancaria.

4. La cambiale, per l'importo previsto sub b) ammontante a lire ... è stata immediatamente messa a disposizione della X secondo contratto, cosicché la pretesa ammonta ora ad ancora lire ...

5. (a) Tutte le altre cambiali sono state depositate dalla conve­nuta, ugualmente secondo contratto, presso la Amsterdam Rotterdam Bank N.V. in Amsterdam.

(b) Stabilisce a tale proposito il contratto che esse siano con­segnate alla X, se prima del 30 settembre 1969, questa forni­sca la prova che la convenuta ha accettato l'impianto, ma che esse siano restituite dalla banca alla convenuta se la X dovesse in ciò venir meno.

6. In tal caso inoltre la banca, in virtù di un insieme di due fi­deuissioni da essa costituite su domanda della X a favore della

convenuta, se richiesta, restituirebbe alla convenuta l'equiva­lente dei due primi pagamenti.

7. La X ha adempiuto per quanto era possibile alle proprie ob­bligazioni contrattuali. Essa sostiene che l'impianto, così come da essa installato presso la convenuta, soddisfa ai requisiti per esso contrattualmente stabiliti.

8. Tuttavia la convenuta rifiuta di consentire alla X la verifica del funzionamento dell'impianto, sotto adeguato controllo, per dimostrare un tanto e con ciò essa impedisce la consegna della prova dell'accettazione.

Frattanto la convenuta però ha messo da se stessa in esercizio e ha incominciato a utilizzare l'impianto.

9. (a) Ne segue che la convenuta è tenuta ora a consegnare alla X tutte le cambiali ancora depositate presso la Amsterdam Rotterdam Bank N .V.

(b) Subordinatamente, per il caso la banca non dovesse più possedere dette cambiali e dovesse avere già restituito il con­trovalore di ambedue le prime cambiali per effetto delle fi­deiussioni da essa costituite, la convenuta dovrà essere con­dannata a pagar~ la somma totale dovuta nella sua interezza.

10. Il sequestro conservativo presso terzi eseguito dalla X presso la Amsterdam Rotterdam Bank N. V. e a tal fine notificato dovrà essere convalidato.

PERTANTO

Piaccia al Tribunale, con sentenza immediatamente esecutiva, ricorrendone i presupposti,

l. in via principale: condannare la convenuta a pagare all'attrice, mediante la consegna delle cambiali da essa depositate presso

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la Amsterdam Rotterdam Bank N. V., la somma di lire ... oppure alternativamente almeno il controvalore di tale importo, da es­sere calcolato in valu_ta olandese al corso del cambio del giorno del pagamento, oltre agli interessi legali, calcolati su detto im­porto dal giorno della presente citazione a quello dell'integrale pagamento; in via subordinata: condannare la convenuta a pa­gare all'attrice la somma di lire ... , o almeno il controvalore di tale importo, calcolato in valuta olandese al corso di cambio del giorno del pagamento, oltre agli interessi legali calcolati su detto importo dal giorno della presente citazione a quello del­l'integrale pagamento;

2. convalidare il sequestro conservativo presso terzi, eseguito dalla X a carico della convenuta presso la Amsterdam Rotterdam Bank N.V. e a tale fine notificato;

3. condannare la convenuta alle spese della presente causa i vi comprese quelle del sequestro.

Le spese del presente atto, per me Uff. Giud., sono di Nlg ...

Visto e ricevuto copia con allegati del presente atto da me, Procuratore della Regina presso il sopra indicato Tribunale, il giorno come sopra indicato.

fto (illegibile) Per copia conforme all'originale. Il Cancelliere dello Arrondissementsrechtbank di Amsterdam

fto (illeggibile)

3. Le scritture difensive

3.0. Generalità

Nel procedimento civile olandese, continuando a considerare

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il processo come una discussione critica, la fase argomentativa ini­zia, come detto, già con la dagvaarding ("citazione") che appar­tiene alla fase di confronto (Cfr. van Eemeren et al. 1987). Nel pro­cedimento di primo grado olandese, alla citazione segue una me­moria dell'attore, chiamata conclusie van eis (memoria dell'atto­re"), che accompagna il deposito della dagvaarding notificata dal­l'ufficiale giudiziario.

La conclusie van eis è anche formalmente il primo scritto del procuratore, poiché la citazione, come si è visto, è atto dell'uffi­ciale giudiziario. All'udienza di prima comparizione (rolzitting) la parte convenuta, se comparendo costituisce un procuratore, pre­senta la conclusie van antwoord ("comparsa di risposta"), conte­nente i punti di vista negativi, opposti ai punti di vista positivi dell'attore, e, in determinati casi, eventuali propri punti di vista positivi, a sostegno di una pretesa propria, formulando una eis in reconventie (''domanda riconvenzionale").

La fase del confronto, nel corso della quale i partecipanti alla discussione critica convengono sull'oggetto del contrasto si esau­risce, quindi nel processo civile, con la comparsa di risposta.

Dopo la prima udienza, definiti i ruoli ed esaurita così la fase di apertura, prosegue la fase esclusivamente argomentativa del processo.

Memoria di replica (conclusie van repliek) e memoria di con­troreplica (conclusie van dupliek) appartengono quindi in pieno alla fase argomentativa del processo.

Va osservato che mentre nel procedimento civile italiano, dopo memorie di replica e di controreplica e dopo l'udienza fis­sata per la precisazione delle conclusioni, si possono produrre atti scritti (comparse conclusionali e repliche alle comparse conclusio­nali), nel procedimento civile olandese alle memorie di replica e di controreplica può seguire una discussione orale (pleidooi) e, solo se la richiesta delle parti è unanime, viene concesso dal giudice lo scambio di ulteriori memorie (Cfr. Hugenholtz/Heemskerk 1988:72).

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3.1. L'autore

L'autore della memoria di replica (nel giudizio di primo grado davanti all'Arrondissementsrechtbank: conclusie van repliek) è l'avvocato (advocaat) dell'attore o il procuratore (procureur) co­stituito con la dagvaarding ("citazione").

La comparsa di risposta ( conclusie v an antwoord) e la me­moria di controreplica (conclusie van dupliek) vengono presen­tate dall'avvocato o dal procuratore del convenuto costituitosi al­l'udienza di prima comparizione. Come nel procedimento civile italiano le funzioni dell'avvocato e quelle del procuratore non si cumulano necessariamente nella stessa persona: avvocato è colui che stende le scritture difensive e che rappresenta la parte durante l'eventuale discussione orale (pleidooi). Egli è abilitato ad eserci­tare la professione nell'ambito dell'intero territorio nazionale. Il procuratore invece esercita le proprie funzioni di rappresentanza della parte solo nel circondario dell' arrondissement al cui albo è iscritto e sottoscrive e deposita tutti gli atti e gli scritti difepsivi.

Quando il convenuto avanti al giudice di uno Stato è citta­dino straniero o persona giuridica straniera, è molto frequente la collaborazione tra avvocati e procuratori legali dei diversi paesi.

Nel caso che parte in un processo davanti al giudice olandese sia un cittadino italiano, un ente, una società di diritto italiano o quando un cittadino olandese sia parte (attore o convenuto) in processo civile italiano, gli scritti difensivi, sottoscritti dall'avvo­cato in cui si celebra il processo, vengono spesso redatti in colla­borazione dagli avvocati appartenenti ai diversi sistemi giuridici, i quali quanto meno concordano sulla difesa del loro assistito.

In simili casi quindi può essere valida la distinzione tra pro­ducente e mittente del testo (Cfr. infra, IV,2), essendo ben possi­bile che l'avvocato del convenuto cittadino straniero sia il mittente di una memoria difensiva e che l'avvocato o il procuratore dell'al­tro paese ne sia il producente.

È ben vero che con riguardo alle intenzioni comunicative il producente del testo svolge di norma un ruolo secondario rispetto a quello del mittente del testo, poiché le intenzioni non sono da ascrivere direttamente al producente, ma è da presumere che in

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ogni caso il testo difensivo venga prodotto sulla base dei propo­nimenti comuni dei legali appartenenti ai due diversi paesi, cosicché ambedue ne sono i mittenti.

La traduzione di una conclusie van repliek (''memoria di re­plica"), in risposta ad una conclusie van antwoord ("comparsa di risposta"), non può perciò trascurare il fatto che la produzione del testo di partenza (conclusie van repliek) deve essere considerata anche risultato del feed-back del precedente messaggio (comparsa di risposta: conclusie van antwoord), elaborato da un producente sulla base delle indicazioni di un mittente.

Soltanto mediante la traduzione degli atti del producente (l'av­vocato o il procuratore nel paese in cui si celebra il processo) il mittente (l'avvocato del convenuto cittadino straniero) può verifi­care in quale misura i suoi messaggi sono stati compresi e se tutte le caratteristiche dell'atto corrispondono alle sue intenzioni comu­nicative.

Soltanto quindi sulla base, ad esempio, della traduzione della conclusie van repliek il difensore italiano del convenuto può svol­gere successivamente il ruolo di mittente della conclusie van du­pliek (comparsa di controreplica), il cui producente è però nuova­mente l'avvocato olandese.

3.2. La tematica

Nell'esame della tematica di uno scritto difensivo, in termini di macrostruttura pragmatica e/o macrostruttura semantica, ci si rende subito conto della complessità delle strutture argomentative giuridiche, che rappresentano alcune delle maggiori difficoltà per la traduzione di un qualsiasi atto processuale. Difficoltà questa an­che avvertita dai traduttori-giuristi presso la Corte di Giustizia delle Comunità Europee, secondo i quali " ... gli ostacoli da superare non riguardano principalmente il lessico o la grammatica; riguardano la struttura del ragionamento, prima ancora che il modo di perioda­re" (Capotorti 1988:243-244).

Nell'esaminare la macrostruttura pragmatica, vale a dire la struttura globale del ragionamento, risulta evidente quanto nel te-

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sto difensivo la macrostruttura semantica sia intrinseca alla macra­struttura pragmatica, così come il contenuto lo è alla tematica.

Per individuare la struttura globale del testo si deve anzitutto procedere all'analisi dei punti di vista, degli argomenti e della re­lazione tra gli argomenti (paragone, causa ecc.).

Nel pieno svolgimento della fase argomentativa di un processo si possono riconoscere allora le diverse strutture argomentative del tipo di quelle esposte da van Eemeren et al. (1987:71 sgg.).

Possono essere presenti ad esempio: l) l'argomentazione mul­tipla (meervoudige argumentatie): più argomenti alternativi ven­gono posti a sostegno di uno stesso punto di vista;2) l'argomen­tazione coordinata (nevenschikkende argomentatie): una serie di argomenti viene posta a sostegno di un punto di vista; 3) l'argo­mentazione subordinata (onderschikkende argomentatie): una se­rie di argomenti viene posta a sostegno di un singolo argomento in via graduale.

Anche qui lo schema proposto da van Dijk (Cfr. infra VI.2.2) può però essere sufficiente al traduttore per una prima individua­zione della struttura globale del testo.

Valga qui l'esempio della conclusie van repliek in un proce­dimento davanti all' Arrondissementsrechtbank di Amsterdam (causa nr. 79/5135), riprodotta in appendice.

Quando il traduttore ne affronti l'analisi, ricorrendo allo sche­ma di van Dijk, gli risulta evidente dove termina la giustificazione e dove inizia la conclusione dell'argomentazione.

ESEMPIO:

/Op deze gronden heeft eiseres in conventie tevens gedaagde in reconventie de eer te concltideren:/ (45b)

'In base a queste ragioni l'attrice in via principale, nonché convenuta in via riconvenzionale, ha l'onore di concludere: '

Tuttavia può essere notato, che nello svolgimento dell'argo­mentazione la conclusione può anche essere anticipata, almeno parzialmente, ad una giustificazione successiva; come avviene in 23a:

168

ESEMPIO:

/Uit het voorgaande volgt, dat niet X maar Y in gebreke is geweest, zodat haar tegenvorderingen reeds daarom niet kunnen worden toegewezen./

'Da quanto sopra consegue, che non la X ma la Y è stata ina­dempiente, sicché le sue domande riconvenzionali già per questo non possono essere accolte.'

Segue l'indicatore di argomentazione complessa e multipla volledigheidshalve (''per completezza"):

ESEMPIO:

N olledigheidshalve doet X dienaangaande nog h et volgende op­merken./

'Per completezza la X fa rilevare, a questo proposito, ancora quanto segue.'

I punti successivi devono essere considerati quindi altrettanti ar­gomenti ulteriori a sostegno di quelli già presentati in opposizione ai punti di vista positz'vi della controparte; di ciò si trova già indizio nel sottotitolo in reconventie, voorts (''in via riconvenzionale, poi"), con­siderato voorts (poz) indicatore di argomenti ulteriori.

La specificazione della situazione (setting) e i datz' di fatto che comprendono la individuazione del punto di vista, o dei punti di vista oggetto di controversia, non possono essere ricavati quindi soltanto dalla singola memoria ma devono essere identificati an­che attraverso la lettura di tutti gli atti precedenti: citazione, me­moria dell'attore e comparsa di risposta ("dagvaarding, conclusie van eis, conclusie van antwoord").

La nozione di intertestualità (Cfr. De Beaugrande e Dressler 1981) deve essere quindi di guida per il traduttore nella compren­sione della interdipendenza di tutti i testi riguardanti un processo.

La complessità della struttura risulta ancora dal fatto che nor­malmente l'argomentazione nel testo difensivo inizia contempora-

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neamente con una pro-argomentazione (i punti di vista dell'attore) e con una contro-argomentazione (i punti di vista opposti a quelli negativi del convenuto), alle quali fanno seguito ulteriori contro­argomentazioni (i punti di vista negativi opposti alla domanda in via riconvenzionale e cioè ai punti di vista positivi del convenuto).

Nei numeri da l) a 23) della memoria riprodotta in appendice viene presentata anzitutto lagiusttficazione della prima conclusione (tutto il n.23) e la giustificazione ulteriore, che con la prima porta alle conclusioni finali presenti nei numeri da 23) a 45):

ESEMPIO:

in conventie: /dat zij persisteert bij haar bereids genomen conclusien;l (45c) in reconventie: /dat het der Rechtbank behage eiseres in haar vordering niet ont­vankelijk te verklaren althans haar die te ontzeggen, kosten rech­tens/ (45d) in via principale: che essa insiste nelle proprie di già prese conclusioni; in via riconvenzionale: che piaccia al Tribunale dichiarare non ricevibili le domande del­l'attrice, quanto meno respingerle; spese di diritto'.

3.3. Il destinatario

Nell'esame del fattore a chi della catena pragmatica (Cfr. in­fra IV. l. l.) possono presentarsi, per il traduttore di un testo pro­cessuale, alcuni problemi di non facile soluzione. Alla domanda, che il traduttore si deve porre, se gli argomenti sono rivolti sol­tanto al giudice o anche alle parti (Cfr. Henket 1988: 189) si deve rispondere con il rilievo che il ruolo di relazione sociale tra i par­tecipanti, oltre che istituzionalizzato, è anche asimmetrico.

Nella discussione giudiziaria, a differenza di quanto avviene nelle discussioni non istituzionalizzate, una delle parti svolge un

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ruolo particolare e diverso da tutte le altre ed è costituita dal giu­dice. Tra ciascuna delle parti private, quindi, e tra queste e il giu­dice, esiste durante il processo differenza d'opinione, nel senso che almeno inizialmente il giudice, in ragione del ruolo giudicante, dubita istituzionalmente della fondatezza dei punti di vista di cia­scuna delle altre parti (van Eemeren et al. 1987:20). Le parti si ri­volgono perciò in primo luogo al giudice, ciascuna per ottenere l'accettazione dei propri argomenti come validi.

L'autore del testo di parte cerca quindi, per il proprio argo­mentare, premesse che siano accettabili per il giudice. Ciò permette di rilevare che nello scritto difensivo della parte siano presenti ar­gomenti che l'antagonista ritiene non accettabili, contrariamente a quanto avviene in una comune discussione critica che è condizio­nata invece dall'opinione che il locutore ha dell'accettabilità (da parte dell'antagonista) dei propri argomenti posti a sostegno dei suoi punti di vista (Cfr. Henket 1988: 190).

3.4. Il medium

In un testo di questo tipo, prodotto in un contesto istituzio­nalizzato e ritualizzato, il medium scritto concorre allo stile for­male che si rivela anche nella ricorrenza di elementi comunemente detti aulici (che possono fornire spesso indicazioni anche sulla personalità dell'autore).

ESEMPIO:

IX biedt van al haar stellingen bewijs aan door alle middelen rechtens inzonderheid door middel van getuigen, indien en voor zover o p haar enige bewijslast mocht rusten./ ( 45a)

'La X di tutte le proprie allegazioni offre prova mediante ogni mezzo di diritto segnatamente mediante testi, se e in quanto ad essa dovesse incombere un qualsiasi onere'.

In testi del genere lo stile aulico formale si realizza spesso mediante sintagmi convenzionali o altre combinazioni fraseologi-

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che che sono differenti però da lingua a lingua. Il traduttore, nel caso non dovesse essere possibile trasferire direttamente la colo­ritura stilistica del testo di partenza, può tentare allora di com­pensare (Cfr. Newmark 1981) la inevitabile perdità di stile, con di­verso mezzo 'aulico' in altra parte dello stesso periodo, rispettando così la fraseologia giuridica della LA.

In un testo scritto di stile formale la ipotassi prevale spesso sulla paratassi; l'uso di congiunzioni subordinanti si rivela quindi dominante rispetto a quello di congiunzioni coordinanti. Ciò tanto più appare in un testo argomentativo che è vincolato dal diritto processuale e dalle regole probatorie: l'autore cerca allora di es­sere esplicito e chiaro nell'anticipare eventuali confutazioni del contraddittore.

L'esigenza della chiarezza obbliga a conferire al testo deter­minate caratteristiche formali: fatti, punti di vista, argomenti a so­stegno e a contrario vengono quasi sempre numerati.

Anche gli elementi grafici (numerazione, spaziatura e sottoli­neatura) vanno considerati quindi come parti integranti delle in­tenzioni comunicative dell'autore del testo. Essi indirizzano il let­tore nell'interpretazione dello svolgimento dei fatti e tendono, nella composizione dinamica dell'argomentazione scritta, alla coerenza cronologica. Il non osservarli nella traduzione può pregiudicare la autentica riproduzione del pensiero e può influire sulla distribu­zione dell'attenzione del lettore del testo tradotto.

Alcuni degli aspetti grafici possono essere considerati però come appartenenti esclusivamente a tradizioni o a consuetudini. La parte del testo che precede la argomentazione (e che in una scrittura difensiva rappresenta la fase di apertura, nella quale ven­gono esposti i ruoli dei partecipanti), è collocata, in un testo olan­dese, sulla destra della prima pagina. Negli analoghi testi italiani l'esposizione è distribuita sulla intera prima pagina. Questo aspetto grafico del testo di partenza non è da ascrivere però alle intenzioni dell'autore e il traduttore può allora decidere di seguire la consue­tudine della LA quando preferisce non richiamare con troppa im­mediatezza l'attenzione sulla diversità delle consuetudini grafiche.

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3.5. Le categorie spazio e tempo

Nel testo scritto l'autore cerca sempre di superare la distanza spazio-temporale tra se stesso e il destinatario, affinché ogni aspetto delle sue intenzioni comunicative venga recepito nel modo più immediato.

Le categorie spazio, tempo e medium sono quindi interre­late; possono essere utili perciò alcune riflessioni sul modo con il quale l'autore della argomentazione scritta cerca di ovviare alla ri­cezione non immediata delle intenzioni comunicative. Nelle com­parse e nelle memorie difensive può essere notata, ad esempio, una separazione abbastanza netta tra l'azione del 'narrare' fatti ed eventi e quella dell'argomentare'. Nel testo olandese la prima viene espressa prevalentemente con il tempo del preferito, da essere tra­dotto verso l'italiano con l'imperfetto o con il passato remoto.

ESEMPIO:

/Eind 1978 bleek, dat een deel van de door X ontwikkelde instal­latie --:- het zgn. extractie deel - niet aan de verwachtingen van partijen voldeed./ (3)

'Alla fine del 1978 risultò che una parte dell'impianto realiz­zato dalla X - la parte cosiddetta di estrazione - non era con­forme alle aspettative delle parti. '

In altri casi viene usato il perfectum che evidenzia spesso, più di quanto lo faccia il passato prossimo italiano, la partecipazione emotiva dell'autore e/o il significato iterativo dell'azione; come ri­sulta dal seguente esempio che riferisce un punto in cui viene in­trodotta per la prima volta la partecipazione anche emotiva.

ESEMPIO:

IX heeft toen inderdaad een aantal alternatieven aangegeven en zich bereid verklaard de daaraan verbonden kosten voor haar re-

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kening te nemen, mits haar door Y deugdelijke waarborgen zou­den worden gegeven voor de betaling van de installatie ... / (6)

'La X in effetti aveva indicato allora una serie di alternative e si era dichiarata disposta ad assumere a proprio carico le conse­guenti spese, alla condizione che le fossero date serie garanzie di pagamento dell'impianto ... '

Al tempo praesens è invece la formula introduttiva doet zeg­gen en concluderen (''fa dire e concludere"), inesistente in italiano, che sottolinea l'intervento del procuratore e suggerisce una espo­sizione oggettiva.

Nella memoria difensiva la distanza nel tempo e nello spazio tra autore e destinatario tende ad essere superata anche mediante la netta evidenziazione dei punti di vista, introdotti per lo più con il praesens.

ESEMPIO:

/Deze houding geeft X bovendien het recht zich op het standpunt te stellen, .. . l (14)

'Questo comportamento dà inoltre alla X il diritto di soste­nere l'assunto che ... '

3.6. L'intenzione comunicativa

A volere ancora seguire le teorie di van Eemeren et al. ( 1987) può essere detto che il testo difensivo rappresenta il macro-atto illocutivo dell'argomentare: atto che può avere l'effetto interazio­nale (interactioneel effect) della m era accettazione.

L'autore del testo difensivo, eseguendo l'atto dell' argomen­tare, cerca di far accettare le proprie ragioni adattando il proprio discorso al giudice chiamato a decidere, sia con la scelta degli ar­gomenti che con la formulazione del proprio discorso.

Per quanto la struttura dell'argomentazione del testo difen­sivo presenti alcune analogie con quella del testo sentenza, i modi

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con i quali vengono realizzate le argomentazioni nei due discorsi non sono tuttavia uguali e la disuguaglianza dipende dalla diversità dei destinatari (uditorio).

Può ben essere vero che nell'ambito della motivazione delle sentenze "la volgarizzazione delle tesi di Perelman intorno al ra­gionamento giuridico come argomentazione persuasiva, ha finito col costituire una sorta di legittimazione culturale della confusione, piuttosto che uno stimolo ad una migliore comprensione di ciò che è insito nel 'dovere di motivare"' (Taruffo 1988: 186-187), ma può rimanere utile la distinzione tra discorso persuasivo e discorso convincente (Perelman 1981 :21 sgg.) al fine di consentire al tra­duttore di stabilire le analogie e di individuare le differenze tra i testi giuridici persuasivi e quelli convincenti. Secondo Perelmann (ibid. ) il discorso rivolto ad un uditorio particolare mira a per­suadere, mentre quello rivolto ad un uditorio virtualmente uni­versale mira a convincere.

Il testo difensivo, destinato come è in primo luogo al giudice, può essere considerato quindi un discorso rivolto ad un uditorio particolare, avente perciò solo alcuni aspetti in comune con altri discorsi persuasivi o conativi.

Dal punto di vista psicologico qualsiasi testo argomentativo può essere considerato infatti conativo, perché con esso l'autore cerca di influenzare il comportamento altrui. Tutti i testi conativi del resto hanno in comune l'obiettivo di far accettare un ragiona­mento.

L'attualizzazione dell'effetto perlocutivo dell'atto dell'argo­mentare dipende però dàl destinatario (cioè dall'uditorio) che in­fluisce sul modo in cui si argomenta, vale a dire sugli stessi mezzi linguistici che si adoperano nell'esprimere l'intenzione comunica­tiva.

Anche Searle (1976:50), quando afferma "argomentando posso persuadere o convincere", sembra distinguere tra argomentazione persuasiva e argomentazione convincente. Il testo difensivo, che è rivolto anzitutto allo specialista (cioè al giudice), è strutturato con argomentazione basata su tesi che si ritengono da lui accettabili e dovrebbe essere considerato mirante all'effetto_ perlocutorio del persuadere della giustezza di punti di vista.

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3. 7. La funzione del testo

Il testo difensivo è un testo di consumo (Lausberg 1969:16); viene cioè utilizzato in un contesto e non trova applicazione in contesti diversi. Il contenuto, la scelta e l'esposizione dei fatti, de­gli argomenti e delle anticipazioni ad eventuali confutazioni ten­dono a concorrere alla formazione del libero convincimento del giudice, il quale fonda le proprie decisioni nel caso concreto, ap­plicando le regole del diritto.

L'utilizzazione del testo difensivo avviene quindi a vantaggio dell'amministrazione della giustizia e la sua funzione è istituzionale­sociale.

La traduzione di un testo difensivo rappresenta testo di con­sumo anche per il destinatario che è parte nel processo; egli lo utilizzerà per la formulazione di eventali ulteriori difese.

Il testo tradotto quindi può avere, così come il testo di par­tenza, anche la funzione informativa sullo svolgimento della causa.

3.8. L'uso linguistico

Ogni traduttore compie una propria valutazione del testo che si accinge a tradurre; egli si accorge così che alcuni testi sono 'mi­gliori' in confronto ad altri e che alcuni autori usano la lingua in modo più appropriato per il raggiungimento di uno scopo comu­nicativo determinato. Il traduttore si forma quindi una opinione propria sul significato globale del messaggio-testo.

Ciò significa che il traduttore di un testo, il cui autore intende far accettare i propri argomenti a un uditorio particolare (la posizione del quale è imparziale durante la fase argomentativa del processo), deve esaminare la qualità linguistica della argomentazione ed indivi­duare il modo e la misura in cui le componenti ideazionali, interper­sonali e testuali rivelino aver conferito significato al testo.

Il destinatario della traduzione di un testo difensivo aspira sempre a confrontare ciò che risulta detto con ciò che, a suo pa­rere, avrebbe potuto essere detto a sostegno delle tesi avversarie. È anche possibile che dallo stesso autore del testo di partenza ven­gano sottaciuti alcuni elementi e sottolineati invece altri, perché il

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suo interesse è di presentare le proprie tesi in modo da far otte­nere vittoria alla parte patrocinata. Ciò gli impone di porre pre­messe che possano essere accettabili e quindi una scelta pre-testuale, riconducibile alla componente interpersonale (Cfr. Coulthard 1987). Dopo la scelta pre-testuale, la decisione presa dall'autore a favore di determinati argomenti piuttosto che a fa­vori .di altri appartiene alla componente ideazionale empirica del testo. Quando Halliday (1978) individua, le macra-funzioni nella pluralità potenziale alla base di un qualsiasi uso della lingua e di­stingue la macrofunzione ideazionale in empirica e logica, sostan­zialmente afferma che contenuto e forma vanno considerati come interdipendenti.

Ciò risulta evidente nel discorso argomentativo delle parti ed è per questo che la sintassi è spesso più semplice nel testo difen­sivo che in quello giurisprudenziale. L'autore del testo difensivo tende infatti ad esaurire l'intero spazio dell'interpretazione giuri­dica, nell'intento di impegnare con immediatezza l'attenzione del destinatario. Il ricorso a periodi sintatticamente troppo complessi viene perciò normalmente evitato.

È quindi la scelta degli argomenti a sostegno dei punti di vista a dare coerenza al testo difensivo e la minore o maggiore coerenza co­stituisce essa stessa uno dei fattori di minore o maggiore forza per­suasiva. È indispensabile perciò che il traduttore riconosca come nel testo difensivo sono distribuiti gli indicatori dei diversi punti di vista e gli indicatori di argomento, tenendo ancora presente che alcuni in­dicatori possono essere sia anaforici che cataforici.

Ad esempio dus (''quindi") può introdurre un punto di vista; in tale caso esso determina anche l'ordine tra argomento e punto di vista e con ciò l'ordine sin tattico tra diverse proposizioni; al­lora, quando nella traduzione l'ordine sin tattico venga invertito ri­spetto al testo di partenza, argomenti e punti di vista possono es­sere tra di loro scambiati o, quanto meno, la struttura stessa del­l'argomentazione può apparire non più quella con la quale l'au­tore ha inteso propugnare il proprio punto di vista.

Così, nel testo riprodotto in appendice, il primo indicatore di punto di vista che si incontra (dus) è da considerare cataforica­mente anche indicatore di argomento.

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ESEMPIO:

/Beide partijen waren er zich dus van bewust, dat het ging om een prototype, waarvan de uitvoerbaarheid en capaciteit nog zouden moeten blijken/ (lb)

'Entrambe le parti erano quindi consapevoli che si trattava di un prototipo, la realizzabilità e la potenzialità del quale sarebbero dovute appena risultare'.

Gli indicatori dei punti di vista sono indicatori anche della componente interpersonale del significato. Ciò risulta chiaro per gli indicatori di argomentazione cosiddetta complessa subordinan­te. Proseguendo con il testo riprodotto in appendice si ha:

ESEMPIO:

!Zelfs indien men dit contract zo zou moeten lezen, dat ook het proefdraaien uiterlijk 31 augustus 1979 moet hebben plaatsgevon­den en tot een beslissing moet hebben geleid des neen - dan nog staat vast, dat Y zowel v66r als na eind augustus 1979 heeft geweigerd X in de gelegenheid te stellen een behoorlijke proef uit te voeren en op grand daarvan - eventueel, in geval van onvol­doende capaciteit, onder verbeurte van de overeengekomen boete - de installatie op te leveren./ (9)

!Evenzeer staat vast, dat Y zowel toen als ook sedertdien voortdurend m et de installati e heeft gewerkt, zonder hulp of voor­kennis van X./ (l O)

'Perfino se questo contratto fosse da leggere nel senso che anche la prova di buon funzionamento avrebbe dovuto aver luogo e portare ad una decisione al più tardì al 31 agosto 1979 - ma così non è -, comunque è certo che sia prima che dopo la fine dell'agosto 1979 la Y si è rifiutata di offrire alla X la occasione di svolgere una prova a regola d'arte e di consegnare l'impianto in base ad essa, eventualmente, nel caso di insufficiente potenzialità, con la sanzione della convenuta penalità.'

'È altrettanto certo che la Y, sia allora che da allora, ha ope­rato continuamente con l'impianto, senza l'assistenza o la previa conoscenza della X.'

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Indicatori di argomentazione complessa e coordinante, come ad es. ten overvloede ("oltrettutto") e volledigheidshalve (''per com­pletezza"), possono essere considerati altrettanti indicatori della componente interpersonale. Con essi l'autore del testo difensivo cerca di orientare l'attenzione del destinatario per fargli condivi­dere le premesse dell'argomentazione ed accettare il ragionamento come valido.

L'autore del testo difensivo può avvalersi anche di alcuni altri mezzi di persuasione, ma cerca sempre di evitare ogni vaghezza semantica (contrariamente a quanto avviene nei testi del tipo co­siddetto conati v o esaminati da Reiss 1983 ).

I neologismi ricorrono di solito in minima misura e la ten­denza è verso l'uso di termini che si ritengono convenzionalmente noti al destinatario (compresi 'arcaismi', espressioni latine ecc.)

Per quanto riguarda la rottura dello stile, mezzo di persua­sione che è spesso tratto distintivo del testo del tipo conativo (Reiss 1983:47) può essere osservato che lo stile aulico e formale (ad. es., nel testo riprodotto in appendice, la locuzione des neen "ma così non è", n.9) può essere talvolta interrotto da espressioni idioma­tiche proprie dello stile della lingua comune. La rottura dello stile allora richiama l'attenzione del destinatario su di un particolare punto della tesi sostenuta ed è quindi da rapportare alla compo­nente interpersonale. Il fenomeno sembra meno frequente nei te­sti difensivi italiani che in quelli olandesi. In ogni caso si può os­servare una diversa frequenza della rottura dello stile a seconda · del grado di giurisdizione.

ESEMPIO:

/De stelling dat X "de draaiende Technik onttrekkingsinstallatie had voorzien van een schadelijke apparatuur, waardoor zij een te grote hoeveelheid "farines produceerde", is volstrekt uit de lucht gegre­penl (30)

'L'affermazione che la X "aveva munito l'impianto d'estrazione Technik quando era in funzione di una apparecchiatura pregiudi­zievole, a causa della quale esso produceva una eccessiva quantità di 'farines"', è campata in aria'.

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Poiché l'espressione idiomatica "campata in aria" non trova facile riscontro nel registro giuridico italiano, il traduttore potrebbe anche decidere di trasferire il senso dell'espressione idiomatica olandese optando per una soluzione diversa, come ad esempio è completamente gratuita, oppure per una espressione di valore più tenue come, ad esempio, è del tutto infondata. Così traducendo verrebbe preservata la componente interpersonale del significato del testo di partenza ma comunque ridotto il valore conativo e/o espressivo dell'espressione idiomatica olandese, anche se la ridu­zione potrebbe risultare compensata, almeno parzialmente, dalle locuzioni avverbiali del tutto o completamente.

È da tener presente che, quando una espressione idiomatica nel testo di partenza è estranea al registro giuridico della LA, l' ef­fetto della rottura dello stile nel testo tradotto potrebbe risultare l'esatto contrario di quello voluto dall'autore.

Considerato il fine che l'autore di un testo difensivo si pro­pone di raggiungere, è evidente che egli tenta di oggettivare le proprie tesi, tendendo a far prevalere la componente ideazionale del significato. Può essere osservata infatti, esaminando un qual­siasi testo difensivo, la presenza, nella componente ideazionale del linguaggio, della semi-modalità (o modulazione) come descritta da Halliday (1987:295-329). Mentre la modalità attiene, come noto, all'atteggiamento del parlante e si qualifica come espressione della funzione interpersonale del linguaggio, la semi-modalità (o modu­lazione), che fa parte delle tesi sostenute dall'autore, contribuisce ad oggettivare il discorso (Cfr. Halliday 1987: 316). Modalità e semi­modalità, dal punto di vista semantico, sono in un certo senso molto simili e, in un contesto ipotetico, la distinzione tende ad essere neutralizzata, come dice lo stesso Halliday (1987:319). L'at­tualizzazione della modalità e della modulazione è stata esaminata da Halliday soprattutto nei discorsi di stile colloquiale; l' attualiz­zazione naturalmente varia da lingua a lingua.

Può essere osservato tuttavia che nei testi scritti di stile for­male ritualizzato e dove il contesto situazionale presenta paralleli­smi ed analogie, come avviene per i testi scritti che sono atti pro­cessuali, i sistemi della modalità e della semi-modalità vengono at­tualizzati nelle diverse lingue secondo certe costanti.

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Il distinguere la modalità dalla semi-modalità nel testo di par­tenza agevola il traduttore del testo difensivo nel riconoscere l'at­tualizzazione delle intenzioni comunicative dell'autore in vista della funzione che il testo deve assolvere nella situazione specifica.

ESEMPIO:

/In verband hiermede behelsde de overeenkomst in art.8.1 o.a. de bepaling, dat, indien de capaciteit beneden bepaalde grenzen zou blijven:

"Y aurait le dro i t. .. " l (2a)/ Zou Y van dit recht gebruik maken, dan zou zij geen recht hebben op contractuele boeten, die X haar wel verschuldigd zou zijn, als Y de installatie zou behouden, hoewel haar capaciteit beneden de gestelde grens bleek te liggen./ (2b)

'A tale riguardo il contratto conteneva nell'art.8.1 la clausola che, se la potenzialità fosse rimasta al di sotto di certi limiti:

"Y aurait le droit ... " 'Se si fosse avvalsa di questo diritto, la Y non avrebbe avuto allora diritto alle penalità previste dal contratto che invece la X ad essa avrebbe dovuto se la Y avesse trattenuto l'impianto, anche se la sua potenzialità fosse risultata al di sotto del limite stabilito'.

Il primo periodo ipotetico, riferito al contenuto della clau­sola contrattuale, esprime una condizione formulata dall'autore del testo come contro-fattuale, indipendente dal tempo, ed è quindi una modulazione, da rapportare alla componente ideazionale.

Nel secondo periodo ipotetico, invece, viene introdotto, me­diante l'avverbio wel (''invece") di valore avversativo, un elemento di commento, cosicché vi si può riconoscere anche la componente interpersonale. Dopo quanto esposto si può affermare che l'argo­mentazione svolta dalle parti nel processo segue una strategia te­stuale, adottata dall'autore per equilibrare le componenti interper­sonale, ideazionale e testuale. Un'analisi volta a svelare la 'tessitu­ra' delle tre componenti del significato può essere quindi d'ausilio

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al traduttore per riconoscere i mezzi linguistici che l'autore del te­sto ha impiegato per eseguire l'atto dell'argomentare.

3.9. Effetto, reazione e traduzione

All'atto dell'argomentare, che consiste nel sostenere e nel di­mostrare, fa seguito normalmente l'effetto associato (perlocutorio) del persuadere e/o del convincere, che è la ragione logica dell'ar­gomentare. Per persuadere o convincere, l'autore cerca anzitutto di far accettare le proprie ragioni, così come osserva Cohen (1987:139) quando afferma che "non si deve pensare a una perlo­cuzione come a ciò che con l'illocuzione si tenta di fare [ ... ] ma nei termini di quella che i partecipanti reciprocamente ritengono essere la possibilità che la perlocuzione associata si verifichi". Le parti nel processo (attore, convenuto e giudice) semplicemente ri­tengono possibile che l'effetto associato all'argomentare (persua­dere o convincere) si verifichi; lo ritengono possibile anzitutto le parti private, le quali argomentano sulla base della maggiore o mi­nore intensità illocutiva dei reciproci scritti difensivi per 'impedi­re' che si verifichi l'effetto associato all'altrui argomentare.

Il testo difensivo tradotto costituisce quindi sempre un'orien­tamento per l'ulteriore argomentazione e tra esso e la eventuale 'risposta' si genera una relazione di fine/mezzo, nel senso che la parte avversaria si serve del testo tradotto per realizzare la propria contro-argomentazione con mezzi linguistici e giuridici appropriati.

Il testo processuale è infatti, come qualsiasi altro testo, la ri­sultante di un processo decisionale da rapportare ad una relazione fine/mezzo e "da bei geht es nicht nur darum, ein Ziel zu erreichen, sondern sich diesem Ziel auf optimalem Weg (mit dem jeweils not­wendigen Mass an Effektivitat und im Rahmen des von der jewei­ligen Kommunikationssituation vorgeschriebenen Arbeitstempos) zu nahern" (Wills 1988:95).

Il traduttore del testo difensivo deve prevedere quindi le conseguenze e i risultati che le sue scelte e le sue decisioni avranno per i partecipanti alla comunicazione, poiché il feed-back del de­stinatario di un testo difensivo tradotto risulta dal testo di 'rispo­sta' che dipende quindi dalla traduzione.

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Va detto allora che i testi difensivi, benché annoverabili tra i testi realizzati nell'ambito di linguaggi settoriali, non possono es­sere considerati per il traduttore 'poveri di rischi'. Al traduttore del testo difensivo è impossibile operare con 'equivalenti standard' (Wills 1988 lo afferma a proposito di testi nell'ambito di altri lin­guaggi settoriali), come invece è talvolta possibile nella traduzione di altri testi realizzati nell'ambito dei linguaggi settoriali diversi.

In un testo difensivo si deve sempre distinguere tra le parti contenenti il dimostrare e quelle contenenti il sostenere e mentre nel dimostrare è più frequente un uso più tecnico del linguaggio giuridico, nel sostenere può essere più frequente il ricorso alle ri­sorse della lingua comune.

Si manifesta quindi sempre, nella traduzione di un testo di­fensivo, una più intensa tensione tra creatività, proiettata verso la situazione d'arrivo, e ricreatività, rivolta alla situazione di partenza: ambedue concorrono a quella creatività traduttiva che non è mai del tutto oggettivabile, né con il metodo induttivo, né con il me­todo deduttivo (Wills 1988:110 sgg.).

Il traduttore del testo difensivo deve essere, di fronte alla propria creatività traduttiva, estremamente prudente e ben con­sapevole che il testo di partenza è già la risultante di un processo decisionale e la manifestazione di una strategia comunicativa. Solo così l'argomentazione contenuta nel testo di partenza potrà non subire nella traduzione una manipolazione della qualità (in senso positivo o in senso negativo) con conseguente alterazione dell'ef­fetto, che rischierebbe di ripercuotersi su una o più fasi del pro­cesso e di pregiudicare la soluzione della causa.

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VII - IL TESTO GIURISPRUDENZIALE

l. La sentenza

1.0. Generalità

Per testo giurisprudenziale si intende il prodotto dell'attività del giudice (sentenza, ordinanza, decreto). Quello che può essere consi­derato testo giurisprudenziale per eccellenza, come processo/prodotto dell'attività giurisdizionale, è la sentenza, atto con il quale il giudice esprime il proprio potere decisionale (definitivamente o non defini­tivamenteldefinitief of voorlopig), nel caso concreto.

Il termine olandese vonnis si riferisce alle decisioni (sentenze) dell' arrondissementsrecbtbank e del kantongerecht; quando è pro­nunciata dal Gerecbtshof o dal Hoge Raad der Nederlanden (o in genere dalle magistrature superiori), la decisione che conclude il giudizio è chiamata arrest e quando è pronunciata dai giudici mi­litari sententie. Arrest è denominata anche la sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee.

Si può affermare che la caratteristica principale della sentenza è quella della formulazione di concrete prescrizioni comportamen­tali, mediante applicazione al caso concreto di regole giuridiche generali ed astratte. La sentenza assume così il carattere di norma· giuridica individuale, concretizzando la produzione del diritto dal generale all'individuale/particolare (Cfr. Kelsen 1984); va quindi annoverata tra i testi normativi.

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La scelta òperata dal giudice nel testo-sentenza si riassume nel risultato di un processo di ponderazione tra diverse alternative, sulla base di una valutazione che viene giustificata con una scelta di argomenti (Cfr. Wortmann 1985:135). Il testo ha quindi carat­tere valutativo e argomentativo oltre che normativa.

Paragonando ancora il processo ad una discussione critica, la sentenza può essere definita il prodotto della fase conclusiva della discussione critica nel processo. Alla fine del processo il giudice non è più infatti parte 'neutrale' e decide da protagonista se le pre­tese o contropretese argomentate dalle parti vanno accolte oppure respinte.

1.1. L'autore

Per l'individuazione dei caratteri specifici che differenziano la sentenza da altri testi giuridici, anche processuali, devono es­sere ricordate le tre variabili sempre rilevanti nella categoria au­tore: il ruolo dell'autore nell'attuazione del testo, lo specifico con­testo sociale in cui l'autore opera e lo status dell'autore, cioè la sua posizione comunicativa nella comunità culturale-linguistica.

Quanto al ruolo che ha l'autore nell' attuazione del testo giu­risprudenziale, va anche osservato che nel giudizio collegiale la sentenza è pronunciata sempre dal collegio anche quando appare sottoscritta dal solo presidente e dal giudice estensore, al quale sono affidate la relazione e la stesura dell'atto. L'estensore è quindi pro­ducente del testo, mentre l'intero collegio è il mittente.

Il ruolo del giudice estensore non può tuttavia essere consi­derato subordinato a quello del mittente perché, diversamente da quanto può avvenire nella produzione di testi di tipo diverso, l'e­stensore trasferisce la intenzione comunicativa anche propria ed è l'autore di quella parte della sentenza nella quale vengono mani­festate le ragioni che hanno indotto il collegio a pronunciare una piuttosto che altre decisioni e che costituisce la motivazione della sentenza.

La sentenza, quindi, da un lato rappresenta la fase conclusiva di una discussione critica e dall'altro è il prodotto della valutazione comune del collegio.

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Considerato che nel contesto istituzionale vige il dogma della segretezza della deliberazione del giudice collegiale, " .. .la conse­guente esclusione del voto e dell'eventuale motivazione dissen­ziente ( ... ], implicano che la motivazione della sentenza sia un'ar­gomentazione neutrale, oggettiva e .spersonalizzata" (Taruffo 1988:208).

È necessario perciò che il traduttore, nell'analizzare il testo sentenza, colga il modo nel quale la persona dell'estensore ha vo­luto garantire l'attualizzazione della intenzione comunicativa del collegio nel suo complesso. La constatazione che lo status del giu~ dice è istituzionalizzato obbliga talvolta il traduttore a risolvere al­cuni problemi affatto semplici. Egli si trova di fronte alla necessità di analizzare, nel testo di partenza, il generale e l'individuale, il contenuto e la forma, in relazione di reciprocità continua.

L'individuale e la forma sono infatti espressione dello stile e della componente interpersonale del significato del testo, mentre il generale e il contenuto riflettono la valutazione comune del col­legio e sono ricollegabili a differenze socio-culturali, che possono essere anche non riconducibili esclusivamente alle diversità dei si­stemi giuridici.

2.2. La tematica

La struttura globale della sentenza è convenzionale ed ha una funzione socio-pragmatica.

Nella comparazione tra la macrostruttura pragmatica della sen­tenza olandese e quella della sentenza italiana non si riscontrano differenze particolari; sia nella sentenza italiana che in quella olan­dese si possono riconoscere normalmente tre parti fondamentali: la narrazione dello svolgimento del processo, la motivazione e il dispositivo.

Alla sentenza, considerata come argomentazione, si può ap­plicare lo schema globale della macrostruttura pragmatica dell'ar­gomentazione, quale proposto da van Dijk (Cfr. infra Vl.2.2.).

Lo svolgimento del processo e la motivazione costituiscono allora la giustificazione dell'argomentazione. Lo svolgimento del

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processo può essere considerato il setting, cioè la specificazione della situazione, e la motivazione il dato di fatto nel quale sono riconoscibili i punti di vista e i fatti argomentativi. Il dispositivo, infine, è la conclusione dell'argomentazione.

Come detto, seguendo questo schema globale, lo svolgimento del processo viene a far parte della giustificazione, nonostante qualche incertezza sulla funzione che ha nella sentenza l'esposi­zione dello svolgimento del processo: se si tratti cioè " ... di m era narrazione informativa o anche di parziale giustificazione della de­cisione, almeno quando essa riguardi questioni attinenti al proces­so" (Taruffo 1988:191).

In termini di macrostruttura pragmatica pare tuttavia ragio­nevole considerare l'esposizione dello svolgimento del processo come parte della giustificaztone, perché una qualsiasi relazione tra le diverse categorie della struttura globale dell'argomentazione in tanto può sussistere in quanto esista una situazione specifica; la situazione specifica è rappresentata, nella sentenza, dal contenuto dello svolgimento del processo che nel contesto istituzionale deve essere sempre esplicitata (van Dijk 1978a: 156-159).

Lo svolgimento del processo è la parte della sentenza che consente al traduttore il primo orientamento nella raccolta e _nella classificazione di materiale informativo relativo allo specifico og­getto della causa, quale ad esempio codici, trattati e convenzioni internazionali, dizionari e glossari tecnico-scientifici ecc.

Estrarre dalla motivazione la macrostruttura semanttca è ope­razione non sempre facile anche perché, non solo per quanto riguarda la sentenza italiana, " .. .la decisione tende ad essere presentata come se fosse il prodotto logicamente necessario di una catena di argomen­tazioni logicamente strutturate" (Taruffo 1988:197), cosicché ogni in­formazione potrebbe apparire come specifica e quindi necessaria, con conseguenti problemi per l'applicazione delle quattro regole propo­ste da van Dijk (Cfr. infra: IV.2.2.).

l. 3. I destinatari

L'individuazione dei destinatari, essenziale per la compren­sione e per la descrizione del testo di partenza ai fini della tradu-

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zione, continua a suscitare pareri discordi nell'esame del testo giu­risprudenziale.

Immediati destinatari sono le parti destinate a subire le con­seguenze della decisione; il fatto tuttavia che il giudice argomenta la propria scelta anche prefigurando la sua argomentazione come suscettibile di discussione e di vaglio critico, induce a ritenere che la situazione comunicativa sia più complessa.

Le sentenze infatti sono censurabili non solo nei casi di man­canza o di insufficienza della motivazione ma anche quando la motivazione sia contraddittoria nelle ragioni poste a fondamento della decisione, cosicché non sia possibile l'individuazione delle ragioni della decisione, che appare pertanto inesplicabile (Cfr. van der Klaauw-Koops e Sprey-Sanders 1985:331).

La censurabilità della sentenza presuppone quindi anche altri destinatari, diversi da quelli che portano le conseguenze immediate della decisione, che sono tutti coloro che concorrono a formare il mondo dei giuristi (i giudici dell'impugnazione, i difensori delle parti e gli esponenti della dottrina).

Va ricordato infine che le sentenze possono fungere da mo­dello per future decisioni solo nell'ambito della società nella quale esse vengono prodotte. Raramente perciò le sentenze nazionali rappresentano testi redatti in vista di una loro traduzione, contra­riamente a quanto avviene, ad esempio, per le sentenze della Corte di Giustizia delle Comunità Europee che, redatte in lingua fran­cese, postulano già in partenza la loro traducibilità (Cfr. Capotorti 1988:244).

1.4. Il medium

Nella sentenza, al medium scritto si ricollegano determinati aspetti formali che contribuiscono alla semantica e alla funzione comunicativa del testo. L'inizio delle diverse fasi dell'argomenta­zione appaiono per lo più indicate in modo chiaro, con sottoli­neature e/o in carattere maiuscolo; la demarcazione formale me­diante spaziature e/o enumerazioni contribuisce generalmente allo svolgimento della struttura del ragionamento, che dipende anche

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dall'ordine nel quale vengono presentate le singole argomentazioni a sostegno di un punto di vista.

Nella sentenza olandese la consuetudine grafico-formale è spesso diversa da quella seguita nella sentenza italiana: nella sen­tenza olandese la motivazione in fatto viene di solito distinta chia­ramente dalla motivazione in diritto, per lo più mediante spazia­tura e sottotitoli in caratteri maiuscoli; nella sentenza italiana non sempre; le due parti della motivazione vengono ugualmente distinte.

l. 5. Le categorie spazio e tempo

Per quanto riguarda l'aspetto spazio-temporale è da osservare che la funzione propria del testo giurisprudenziale perdura nel tempo e che una sentenza tradotta può essere anche strumento di diritto comparato, così come un testo dottrinale tradotto.

La sentenza tradotta può allora acquistare virtuale valore do­cumentale del sistema e della cultura giuridica in cui è prodotto il testo di partenza.

Valgono infine anche per la sentenza tradotta le osservazioni contenute nel cap. IV n. 1.6.

1.6. L'intenzione comunicativa

Considerata la sentenza come macra-atto illoc.utivo complesso dell'argomentare, l'intenzione comunicativa dell'autore si rivela nella pretesa di far accettare le tesi da lui proposte.

È opportuno individuare allora la differenza tra l'atto dell' ar­gomentare del giudice e l'atto dell'argomentare della parte, rico­noscendo la diversa perlocuzione associata o la diversa ragion d'essere degli atti (Cohen 1987) a seconda che i partecipanti alla comunicazione ritengano possibile il verificarsi dell'effetto perlo­cutorio del persuadere o quello del convincere.

Van Eemeren et al. (1987:153 sgg.) ritengono che l'autore di un testo mira a persuadere quando adopera espedienti retorici e che mira invece a risolvere una controversia quando adopera mezzi dialettici, per quanto espedienti e mezzi non siano tra di loro in-

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compatibili e possano coesistere quando l'autore del testo cerca di far accettare un proprio punto di vista con argomenti che fanno appello al ragionamento.

Secondo gli autori si dovrebbe poter affermare che, quando decide in una causa, il giudice risolve una controversia in un 'certo senso' (ibid. :29-30), adoperando quindi mezzi dialettici.

All'opinione di van Eemeren et al. è stato però obiettato che non sempre il giudice, chiamato a decidere in una causa, risolve de­finitivamente la controversia, essendo ben possibile l'impugnazione della sentenza. L'attività del giudice nel processo non potrebbe es­sere mai paragonabile, pertanto, ad un intervento in una comune di­scussione critica di carattere dialettico (Cfr. Henket 1988).

Comunque sia, le differenze tra i mezzi linguistici adoperati dai difensori delle parti nei testi difensivi e quelli impiegati dal giu­dice nell'estensione dei propri provvedimenti sono consistenti e la loro individuazione può essere quindi utile per la descrizione del testo-sentenza in funzione di una sua traduzione.

Una delle ragioni delle differenze può essere riconosciuta nella diversità dei fattori della categoria destinatario tra il testo prodotto dal giudice e quello difensivo.

L'approccio di van Eemeren et al. è già pragmatico e i feno­meni linguistici del testo del giudice, nel modello da loro propo­sto, vengono analizzati considerando il contesto giuridico. Può es­sere opportuno però per l'individuazione dei mezzi linguistici che vengono adoperati dal giudice nell'atto conclusivo del procedi­mento, considerare il contestp nel quale la sentenza viene realiz­zata come non limitato al solo processo ma esteso fino a ricom­prendervi, per quanto riguarda il fattore destinatario, i destinatari non presenti nella situazione processuale specifica.

Soccorre allora ancora la distinzione, abbastanza precisa, tra uditorio particolare e uditorio universale, suggerita da Perelman (1981 :29), secondo il quale "un discorso convincente è quello le cui premesse e i cui argomenti sono universalizzabili, vale a dire accet­tabili, in linea di principio, da tutti i membri dell'uditorio universale".

Si potrebbe pertanto concludere che la posizione del giudice in un processo è anzitutto quella di un 'ascoltatore particolare', che sente il discorso persuasivo di ciascuna delle parti che viene a

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lui rivolto come 'uditorio particolare' e che successivamente il giudice svolge il ruolo di 'oratore', di fronte ad un 'uditorio uni­versale', con un discorso di tipo convincente.

Che il discorso del giudice sia diretto ad un 'uditorio universale' e cerchi quindi di convincere sulla base di premesse e di argomenti accettabili da l'uditorio universale, avvicina l'agire del giudice a quello del filosofo. Nell'applicazione al caso concreto di una regola giuri­dica, applicazione che si concretizza nell'effetto normativa della sen­tenza, c'è la ricerca di fatti, verità e valori universali.

Considerare la sentenza come macra-atto illocutivo dell'argo­mentare è sufficiente quindi solo per comprenderne la struttura ma non per riconoscerne il carattere plurifunzionale; perciò è opportuna anche la ricerca degli atti illocutivi che possono essere realizzati in ciascuna delle tre parti che compongono il testo sentenza.

L'esposizione dello svolgimento del processo può essere con­siderato allora, seguendo la tassonomia di Searle (1976), atto rap­presentativo, perché valutabile e suscettibile di verificazione ve­ro/falso.

La motivazione, considerati il contesto processuale e il richia­mo e l'applicazione delle norme, può essere ritenuta atto dichia­rativo oltre che rappresentativo (Cfr. anche van den Hoven 1988).

Il dispositivo, che segue la motivazione, è introdotto nella sentenza olandese da una formula esplicitamente performativa (rechtdoende l "definitivamente decidendo"), che rende direttivi gli atti dichiarativi che seguono (il Tribunale condanna, conferma l'impugnata sentenza ecc.)

Simili formule, che fungono da indicatori illocutivi, si trovano in ogni contesto convenzionalizzato, nel quale la stessa forma lin­guistica dell'enunciato è parte integrante di una procedura in una istituzione organizzata (Cfr. Ehrlich e Saile 1975:260).

Al dispositivo, considerato l'effetto normativa, dovrebbero po­tere essere attribuiti sia lo status direttivo che quello dichiarativo.

1. 7. La funzione del testo

Dal risultato dell'esame delle categorie destinatario e inten­zione comunicativa, in particolare dei rapporti intercorrenti tra

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autore e destinatari che sono parti del processo e destinatari del­l"uditorio' virtualmente universale, si evince abbastanza chiara­mente la funzione del testo sentenza.

La sentenza trova la sua applicazione nei confronti delle parti del processo ('uditorio particolare') e il proprio uso, oltre che presso le parti direttamente interessate, anche presso un qualsiasi desti­natario dell"uditorio universale' che ne riceva comunicazione.

Un giudice d'appello, ad esempio, per formare il proprio giu­dizio, fa uso della sentenza dei primi giudici, esaminandone even­tuali vizi e sottoponendola al proprio vaglio critico. Uso di un te­sto sentenza avviene anche quando l'interpretazione di una norma giuridica in essa riportata viene a costituire modello per altre de­cisioni o viene ritenuta meritevole di annotazioni negli studi dot­trinali.

I giudici dei tribunali di grado diverso dal Hoge Raad in Olanda, e quelli di grado diverso dalla Corte di Cassazione in Ita­lia, spesso sono condizionati, ad esempio, dall'interpretazione delle regole giuridiche contenute nelle sentenze di queste Alte Corti, avuto riguardo alla funzione giurisdizionale regolatrice propria dei giudici di legittimità.

La traduzione di una sentenza emessa dal giudice di uno stato straniero e della quale si vuole ottenere l'applicazione in uno stato diverso concorre all'uso del testo sentenza di partenza da parte del giudice di quel medesimo stato, mentre l'applicazione è quella propria ed esclusiva del testo sentenza del giudice straniero.

Il giudice davanti al quale deve essere proposta la domanda di efficacia della sentenza straniera accerta la sussistenza di tutti i requisiti richiesti per l'applicazione del testo-sentenza straniera sulla base della sua traduzione nel caso non conosca la LP.

Ciò ancora una volta dimostra che nessun testo giuridico su­bisce cambiamento nella sua funzione a seconda del mutamento del fattore destinatario della catena pragmatica di Mentrup.

1.8. L'uso linguistico

Le funzioni della lingua sono dipendenti dalla intenzione co­municativa e sono diverse in ciascuna delle parti del testo, perché

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diversa è la 'ragione d'essere' di ciascuna parte, per quanto sem­pre determinata dalla funzione globale del testo.

Il contenuto di significato ideazionale del testo sentenza può essere considerato sempre la risultante di un processo decisionale pre-testuale, correlato all'intenzione comunicativa dell'autore e alla categoria destinatario.

Le decisioni dell'autore relativamente all'oggetto del discorso e sull'utilità di ripetere concetti e nozioni eventualmente già noti al destinatario (decisioni quindi di carattere cognitivo-pragmatico ), emergono nel testo dal contenuto di significato ideazionale empi­rico. È così che qualsiasi testo, ideato per determinati destinatari, definisce il proprio 'uditorio'. Decisioni di questo tipo, una volta manifestate nel testo, già sono da considerare appartenenti alla componente interpersonale (Cfr. Coulthard 1987).

È possibile comprendere allora il modo in cui sono attualiz­zate le diverse parti della sentenza, quando si osservi come la nar­razione dello svolgimento del processo ripeta, per quanto riguarda la componente ideazionale empirica, anche ciò che appartiene alla conoscenza comune dell'autore e di alcuni dei destinatari (delle parti, cioè, e dei loro difensori).

Se mediante l'individuazione di un determinato contenuto di significato ideazionale empirico possono essere definiti i destina­tari del testo di partenza, individuando il contenuto di significato ideazionale presente nel testo tradotto, si definiscono i destinatari della traduzione. Ciò può giustificare talvolta anche l'applicazione del procedimento tecnico (indicato pure da Newmark, 1981 ), con il quale si inseriscono nel testo d'arrivo sintagmi o frasi secondarie per definire il contenuto di un concetto non noto al destinatario della traduzione.

Con l'esplicitazione del contenuto ideazionale empirico noto all'autore, ma non noto al destinatario della traduzione, il testo giuridico tradotto, definisce i destinatari come appartenenti ad una comunità culturale-giuridica diversa e permette che siano stabilite almeno alcune delle differenze esistenti tra i diversi sistemi giuri­dici.

Come nel testo di partenza le scelte relative al contenuto di significato ideazionale empirico sono decisioni pre-testuali dell'au-

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t ore, così nella traduzione le decisioni sull'esplicitazione del con­tenuto ideazionale empirico fanno parte del processo (iniziale) della traduzione. Le decisioni del traduttore sono condizionate, oltre che dalla relazione di presupposizione pragmatica che intercorre tra autore e destinatario nella LP, anche dalla relazione ipotetica che intercorre tra autore del testo di partenza e destinatario della tra­duzione.

Coulthard (1987:185) ritiene importante rispondere all'inter­rogativo sul perché gli elementi, dati e/o noti ai destinatari ven­gono dall'autore di un determinato testo alcune volte ripresentati ed altre no. A tale riguardo si può notare talvolta una certa diffe­renza tra il contenuto ideazionale empirico presente nella sentenza di secondo grado olandese e quello presente invece nella sentenza di secondo grado italiana.

La differenza è da ricondurre però non alla diversità di 'udi­torio' ma alla differenza tra disposizioni contenute nei due codici di procedura civile.

L'art. 132 del codice di procedura civile italiano, ad esempio, prescrive infatti per la sentenza, oltre alla motivazione in fatto e in diritto, "la concisa esposizione dello svolgimento del processo"; tale prescrizione non è presente negli artt. 59 e 62 del codice di procedura olandese riguardanti il contenuto delle sentenze. È pos­sibile perciò che, per l'esposizione dello svolgimento del processo del primo grado, in una sentenza olandese d'appello si rinvii sem­plicemente alla sentenza emessa in primo grado.

ESEMPIO:

N oor h et verloop van h et geding in eerste aanleg verwijst h et Hof naar hetgeen de rechtbank in genoemd vonnis daaromtrent heeft vermeld/ (Gerechtshof 's-Gravenhage 23.5.86)

'Per lo svolgimento del processo in primo grado la Corte rinvia a quanto il Tribunale a tale proposito ha esposto in detta sentenza'

Ciò non avviene mai in una sentenza italiana di secondo grado, nella quale viene riportato, per quanto concisamente, anche lo svolgimento del processo di primo grado del giudizio.

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Le diverse normative quindi già preannunciano differenze di fisionomia tra una sentenza di secondo grado olandese e una sen­tenza d:appello italiana, differenza di macrostruttura pragmatica.

Nelle sentenze di primo grado non si notano invece differenze sostanziali; la motivazione in fatto e lo svolgimento del processo possono infatti sovrapporsi, sia nella sentenza olandese che in quella italiana.

L'impronta del tutto impersonale della parte della sentenza che descrive lo svolgimento del processo, priva come è normal­mente di elementi rapportabili alla componente interpersonale, spiega la frequenza della costruzione passiva. Viene sempre speci­ficato tuttavia l'agente dell'azione o dell'evento quando questi è una delle parti in causa. La specificazione dell'agente è necessaria perché nella narrazione dello svolgimento del processo non si può rimuovere il contesto che è e deve rimanere circostanziato, o tra­scurare l'indicazione dei protagonisti delle azioni, ma al contrario si devono evidenziare gli interventi e le azioni ascrivibili all'una e all'altra delle parti. Ciò spiega la tendenza a far coincidere il fuoco informativo della sequenza con gli eventi o con le azioni delle stesse parti processuali.

ESEMPIO:

/La S.a.s. X, assumendo di aver affidato alla Y S.p.A. di Trieste il trasporto di 420 sacchi di caffé da Rotterdam a Trieste, e che, l'in­carico non era stato portato a termine perché il camion che tra­sportava la merce era stato rubato a Verona, conveniva la detta Società davanti al Tribunale di Trieste per sentirla condannare al pagamento di [ ... ].

Costituitasi in giudizio, la convenuta eccepiva di non avere assunto il trasporto in proprio, ma a mezzo di subvettori e chie­deva, pertanto, di essere autorizzata a chiamare in causa sia i sub­vettori sia le compagnie di assicurazioni/ (Corte di Appello di Trie­ste, 24.2.1982)

'De commanditaire vennootschap naar Italiaans recht X S.a.s. (società in accomandita semplice), aanvoerende dat zij de naam-

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loze vennootschap naar Italiaans recht Y S. p .A. (Società per Azioni) te Triest het vervoer van 420 zakken koffie van Rotterdam naar Triest had opgedragen en dat de opdracht niet ten uitvoer was gebracht omdat de vrachtwagen die de goederen vervoerde te Ve­rona was gestolen, dagvaardde genoemde vennootschap voor de rechtbank van Triest om haar te horen veroordelen tot betaling van [ ... ].

In rechte verschenen, voerde gedaagde als verweer aan dat zij het vervoer niet zelf had uitgevoerd, doch door middel van ondervervoerders en vroeg derhalve gemachtigd te worden zowel deze ondervervoerders als de verzekeringsmaatschappijen in vrij­waring op te roepen'.

Nell'esempio di cui sopra i costrutti passivi denotano l'ellissi dell'agente, il che focalizza le azioni poste in essere dall'attore e dal convenuto. Le costruzioni participiali rendono la frase mag­giormente condensata e concorrono all'aggettivazione dell'espo­sizione.

Dal punto di vista del contenuto ideazionale empirico appare anche evidente la diversa consuetudine processuale che distingue il contesto situazionale italiano da quello olandese e che può in­ferire sull'equivalenza di effetto comunicativo tra il testo di par­tenza e il testo d'arrivo. La società convenuta nel processo avanti al giudice italiano ha ·chiesto infatti di essere autorizzata a chia­mare in causa le compagnie di assicurazione ma, per quanto an­che in Olanda esista il diritto alla chiamata in causa degli assicura­tori (cioè in garanzia: vrijwaring), ciò non si verifica quasi mai nel processo civile olandese, perché ritenuto un'inutile 'complicazione processuale'. In Olanda le compagnie di assicurazione intervengono a favore dell'assicurato, nei casi di condanna, normalmente senza contestazioni; in Italia invece è costume chiamare sempre in causa gli assicuratori per una più spedita definizione dei rapporti di ga­ranzia.

Di fronte a differenti consuetudini processuali il traduttore deve allora ricordare che la nozione di coerenza comunicativa (Colby 1987) di un testo implica coerenza tra testo, contesto e de-

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stinatari e che il contesto va inteso non soltanto come contesto istituzionale giuridico, ma come comprensivo del contesto sociale che, comportando presupposizioni ed implicazioni di natura prag­matica, si rivela effettivamente come il sistema semiotico di livello superiore.

Nella motivazione della sentenza è inevitabile la presenza, a livello della frase, della componente interpersonale, oltre che della componente ideazionale. Nella motivazione si svolge infatti l'ar­gomentazione vera e propria a sostegno dei punti di vista, esposti dall'autore della sentenza mediante riconoscibili indicatori di ar­gomentazione.

ESEMPIO:

/Als enerzijds gesteld en anderzijds erkend of niet (voldoende) weersproken alsmede blijkens overgelegde en in zoverre niet be­streden bewijsstukken staat in dit geding in elk geval het volgende vast ... / (Arr. rb. Amsterdam nr.79.5135)

'Come da una parte sostenuto e dall'altra parte riconosciuto o non (sufficientemente) contestato, nonché come risultante dai documenti probatori e in quanto non confutati, in ogni caso è certo in questa causa quanto segue ... '

ESEMPIO:

/L'appellante X S.p.A. ripropone in sostanza le stesse tesi soste­nute in primo grado e cioè: [ ... ] L'appellante Y, a sua volta, sosteneva che il Tribunale aveva er­rato: . ./ (Trib. Trieste, n.ll0/82)

'Appellante X S.p.A. voert infeite weer dezelfde stellingen aan als verdedigd in eerste aanleg en w el: [ ... ] Appellante Y stelde op haar beurt dat de Rechtbank ten onrechte had beslist dat ... '

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In entrambi gli esempi, che introducono il riassunto di de­terminati fatti svoltisi durante il processo, si trovano indicatori di argomentazione: nell'esempio tratto dalla sentenza olandese indi­catore di argomentazione è enerzijds ... anderzijds (''da una parte ... dall'altra parte''); nell'esempio italiano in sostanza (''in feite") è forse indicatore meno chiaro ma rivela comunque l'atteggiamento proposizionale (Arcaini 1988) dell'autore.

Negli esempi di cui sopra, sia gli indicatori di argomentazione che l'indicatore (cataforico) del punto di vista, individuabile nel­l'esempio olandese staat ... vast certo"), sono marche specifi­che dell'azione e dell'atteggiamento proposizionale dell'autore nel testo-enunciato e perciò appartengono alla componente interper­sonale del significato.

La motivazione attinente al fatto è seguita, il più delle volte, da una anticipazione della decisione sulla discussione critica; anti­cipazione che pertanto può essere considerata punto di vista. Così ad esempio: "entrambi gli appelli sono infondati" ("beide grieven zijn ongegrond") oppure: Dit verweer wordt door X vergeefs be­streden (''Questa difesa viene confutata dalla X invano" l "invano la X controdeduce a questa difesa").

Tutti questi enunciati fungono da punti di vista che l'autore cerca di rendere accettabili dai destinatari con successiva motiva­zione; seguono infatti gli argomenti a sostegno, nei quali si pos­sono individuare gli indicatori di argomento che denotano la pre­senza anche della componente interpersonale.

ESEMPIO:

/Il rapporto costituitosi tra la X e la Y S.p.A. è stato esattamente inquadrato dal Tribunale nell'ambito del contratto di trasporto: donde l'infondatezza del primo motivo dell'appello della Y e del primo motivo di quello della Z./ (Trib. Trieste n.ll0/82)

'De tussen X en Y S.p.A. tot stand gekomen overeenkomst is door de Rechtbank terecht gekwalificeerd als vervoerovereen­komst: vandaar het ongegrond zijn van de eerste grief van Y en van de eerste grief van Z'

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ESEMPIO:

/De vaststaande feiten en in het bijzonder de daarin [verweer] geciteerde gedeelten van deze overeenkomsten stellen buiten twij­fel dat tussen de oorspronkelijke overeenkomst van 5 januari 1977 en het "Accord" van 19 januari 1979, zoals bij dat van 12 maart 1979 gewijzigd en aangevuld, niet alleen - zoals X het zelf uit­drukt - onmiskenbaar verband bestaat maar dat de opstellers daarvan hebben beoogd dat deze overeenkomsten één geheel zou­den vormen, met dien verstande dat bij tegenstrijdige bepalingen de latere boven de eerdere prevaleren/

'I fatti accertati e in particolare le parti di questi contratti ci­tate in essa [difesa], non soltanto mettono fuori dubbio che fra il contratto originario del 5 gennaio 1977 e l'"Accord" del 19 gen­naio 1979, come modificato e integrato con quello del 12 marzo 1979, esiste, come si esprime La X stessa, (un) nesso innegabile, ma che gli estensori di essi hanno prefigurato che questi contratti formassero un unico insieme, nel senso che, in caso di clausole contradittorie, le ultime prevalessero sulle prime'

In ciascuno di questi esempi è presente un indicatore di ar­gomentazione: donde ("vandaar") rispettivamente stellen buiten twijfel (''mettono fuori dubbio") presentano cataforicamente i punti di vista e rivelano la presenza della componente interpersonale.

Il fatto che la forza comunicativa dell'atto illocutivo complesso dell'argomentare trova collocazione a livello dell'intero testo, con­trariamente a quanto avviene per i cosiddetti atti sempliCi che possono essere situati a livello della frase (van Eemeren et al. 1987), trova la propria conferma nell'insieme degli elementi rivelatori della componente testuale. Nell'esempio della sentenza olandese, ripro­dotta in appendice, vaststaande feiten (''fatti accertati") si riferisce anaforicamente a quanto già esposto precedentemente, così come l'elemento di coesione daarin ("in essa") fa riferimento anaforica­mente al punto di vista: Dit verweer wordt door X vergeefs be­streden (''Questa difesa viene confutata dalla X invano").

Tra argomenti e punti di vista si crea così nel discorso una coerenza logica, sia di natura semantica che di natura pragmatica, imposta dalla situazione comunicativa giuridica.

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La coerenza di natura semantica e pragmatica del discorso si riconosce anche dal fatto che, nella rappresentazione del ragiona­mento del giudice, ricorrono con massima frequenza le forme ti­piche del ragionamento logico e cioè il modus ponens, per giusti­ficare una proposizione in modo valido e logico, e il modus tol­lens, per confutare le proposizioni che non vengono accettate.

Questo si spiega alla luce del requisito della verificabilità del­l'argomentazione del giudice, che è riconducibile all'esigenza di razionalità (Loth 1984).

ESEMPIO:

/L'inverosimiglianza della prova, poi, deriva dal fatto che la più volte citata convenzione C.M.R. all'art. 5 prescrive che la lettera di vettura deve essere compilata in tre esemplari originari, firmati dal mittente e dal vettore: di questi, il primo dev'essere consegnato al mittente, il secondo deve accompagnare la merce, il terzo dev'es­sere trattenuto dal vettore.

Ne consegue che se una lettera di vettura fosse stata vera­mente compilata, un esemplare di essa lo avrebbe dovuto avere la X come vettore. E se avesse avuto soltanto il ruolo di spedizio­niere (come essa sostiene), un esemplare lo avrebbe dovuto reca­pitare alla mittente Y.

L'inesistenza di questi esemplari prova inequz'vocabilmente che nessuna lettera di vettura era stata compilata:/ (Corte di Ap­pello, Trieste 11 0/82)

'Daarbij vloei~ de onwaarschijnlijkheid van het bewijs voort uit het feit dat art. 5 van het meermaals geciteerde Verdrag C.M.R. voorschrijft dat de vrachtbrief in drie oorspronkelijke exemplaren moet worden opgemaakt, ondertekend door de afzender en de vervoerder: hiervan wordt het eerste exemplaar overhandigd aan . de afzender, h et tweede begeleidt de goederen en h et der de word t door de vervoerder behouden.

Hieruit volgt dat als er werkelijk een vrachtbrief opgemaakt zou zijn, één exemplaar daarvan in het bezit had moeten zijn van X als vervoerder. En als zij slechts de rol van expediteur zou heb-

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ben gehad (zoals zij beweert), dan had één exemplaar de afzender Y moeten bereiken.

Het niet bestaan van deze exemplaren bewijst op ondubbel­zinnige wijze dat er geen enkele vrachtbrief was opgemaakt'

In questo esempio di modus tollens, forma di ragionamento basata su una inferenza logica (se p, allora q; non q; quindi: non p), le apodosi sono presentate come false e i periodi ipotetici ap­paiono quindi controjattuali, cioè ... " ... né p, né q descrivono in quanto proposizioni stati di cose del mondo reale, presente o pas­sato" (Manzotti 1988:83). In questi casi le apodosi pongono una ipotesi contraria agli eventi verificatisi.

Nell'esempio in esame, con il ragionamento logico in forma di modus tollens, si determina una aggettivazione delle tesi pre­sentate. Nei due periodi ipotetici in costrutto passivo viene espressa quindi, dal punto di vista semantico, una semi-modalità che testi­monia la componente ideazionale del significato.

Nonostante l'aggettivazione del discorso spesso si può notare però, nell'argomentazione del giudice, come nell'esempio citato, la presenza della componente interpersonale.

L'avverbio poi ("daarbij"), quale indicatore di una ulteriore argomentazione, denota una successione ideale ed assume quindi l'aspetto di un avverbio di modo e, in quanto collocato a sinistra del predicato, può essere considerato anche segnale rematico. Per questa ragione sembra preferibile scegliere, per la traduzione del­l'esempio qui riportata, l'avverbio daarbij, anziché bovendien ("poi/inoltre"), perché quest'ultimo, sia che apparisse in prima po­sizione che tra le parti del predicato, indicherebbe argomentazione coordinante piuttosto che multipla.

L'ambiguità grammaticale di daarbij viene risolta nel co-testo; i punti di vista sono infatti espressi precedentemente nel testo.

ESEMPIO:

/La lagnanza è infondata perché si tratta di prova affetta da inammissibilità e da inverosimiglianza/

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'De klacht is ongegrond, omdat er sprake is van een ontoe­laatbaar en onwaarschijnlijk bewijsmiddel'.

Nello stesso esempio l'avverbio veramente ("werkelijk"), raf­forzativo e indicante certezza cioè fattualità, modifica il valore del predicato nel periodo ipotetico (fosse stata compilata: "opgemaakt zou zijn"), conferendo al modus tollens una maggiore inferenza logica che rafforza di conseguenza la controfattualità.

Il modus tollens dell'esempio citato, in quanto mezzo di ar­gomentazione a sostegno di un punto di vista, contiene evidenti elementi di significato interpersonale, che rivelano l'intenzione comunicativa, rafforzata nella sequenza anche dall'ultimo avverbio inequivocabilmente ("op ondubbelzinnige wijze").

Si può concludere quindi che nella sentenza l'effetto cona­tivo viene realizzato mediante un uso delle funzioni della lingua diverso da quello mediante il quale esso può essere raggiunto in altri testi giuridici.

Il giudice cerca non soltanto di fare accettare le proprie tesi ma informa e argomenta per convincere. Informa sullo svolgi­mento del processo e sul contenuto, e nell'informazione spesso si riconosce la funzione metalinguistica e argomenta facendo appello al ragionamento logico.

Nel confronto con i testi difensivi, le probabilità di riscon­trare in una sentenza elementi di persuasione, quali ad esempio rotture di stile o iperboli, sono quindi decisamente minori.

1.9. Effetto, reazione e traduzione

Le conseguenze sociali che la sentenza produce sugli imme­diati destinatari possono essere considerate l'effetto perlocutorio del testo (Loth 1984).

La perlocuzione associata o 'ragion d'essere' dell'argomenta­zione del giudice è quella del convincere.

Il feed-back della comunicazione tra giudice e 'uditorio' è il giudizio sul se e in che misura la perlocuzione associata dell'argo­mentare del giudice si è verificata nel testo sentenza. Una delle

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difficoltà per la traduzione di una sentenza risiede nella ricerca dell'equivalenza di effetto comunicativo tra il testo di partenza e il testo d'arrivo, perché una sentenza tradotta dovrebbe essere con­vincente nella stessa misura in cui lo è l'originale.

La traduzione di una sentenza assume sempre, a maggior forza quando deve essere autenticata, lo status di documento. È noto che un testo, la cui traduzione può assolvere nella LA la funzione di documento, deve essere tradotto in modo che i destinatari nella comunità della LA possano riconoscere anche differenze tra la propria cultura e quella degli appartenenti alla comunità linguistica del testo di partenza. Ciò riduce la libertà del traduttore nel pro­cedere ad adattamenti ai diversi livelli e quindi difficilmente la tra­duzione di una sentenza può aspirare all'equivalenza dell'effetto comunicativo.

Così come avviene per qualsiasi testo scritto, anche la tradu­zione di un testo documento deve essere preceduta da decisioni iniziali del traduttore, che implicano la scelta tra due alternative: se il testo debba essere tradotto privilegiando le norme linguisti­che e culturali della LA oppure le norme linguistiche e culturali del sistema in cui è stato realizzato il testo di partenza (Cfr. van den Broeck e Lefevere 1979).

Lo status di documento della sentenza, e degli atti giuridici in genere, deve fare prevalere la decisione per una traduzione che sia quanto più possibile rispettosa almeno delle norme culturali del sistema di partenza. L'equivalenza tra il testo d'arrivo e quello di partenza dovrebbe tendere allora ad essere più formale, così come intesa da Nida (1964:165) e cioè " ... reveal as much as possible of the form and content of the originai message".

È chiaro tuttavia che neanche il concetto di equivalenza for­male di Nida possiede il carattere di assolutezza poiché il criterio as much as posst'ble non dà ancora risposta alla domanda in quale misura si possa o si debba decidere per l'equivalenza formale.

Prevalentemente orientato verso la lingua e la cultura di par­tenza è il metodo semantico di traduzione (semantic translation) indicato da Newmark (1981), che farebbe approdare ad una tradu­zione, paragonabile negli effetti a quella chiamata da House

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( 1977: 194 sgg) overt translation, idonea a documentare eventuali differenze di cultura.

Newmark afferma (ibid:47) che i documenti giuridici devono essere tradotti con il metodo semantico e che "the syntax in se­mantic translation which gives the text its stresses an d rhythm ( ... ] is as sacred as words,".

Nella traduzione semantica il livello sintattico, per quanto ri­guarda sia la microstruttura che la macrostruttura del testo di su­perficie, può costituire un fattore senza dubbio determinante nella situazione conflittuale del processo decisionale che il traduttore deve percorrere. Spesso infatti si tende a trascurare che la sintassi del testo giuridico concorre alla manifestazione del pensiero e del ragionamento in misura non minore del lessico giuridico, ritenen­dosi imprecisamente essenziale nel linguaggio giuridico la termi­nologia, opinione questa denunciata come erronea anche da Gémar (1988:306).

Lo stesso Gémar (ibid. ) indica e critica ugualmente tre altre opinioni, abbastanza diffuse soprattutto tra giuristi: che soltanto il giurista sia in grado di tradurre un testo giuridico; che il 'giuri­dico' debba sempre prevalere sulla 'traduzione'; che insegnare la traduzione giuridica a profani non sia possibile e che, quando lo fosse, il traduttore dovrebbe operare all'ombra del giurista.

Per un'ulteriore considerazione della prima delle opinioni, già 'denunciate' da Gémar, può essere osservato che una completa padronanza della materia trattata può anche far prevalere un'inter­pretazione troppo soggettiva del testo da tradurre, perché fin dalla prima lettura l'esperto si avvicina al testo con lo scopo non solo di " ... spiegare interpretativamente ciò che penetra l'intenzione della comunicazione" (Arcaini 1986: 14), ma anche di soddisfare il pro­prio interesse professionale per l'interpretazione giuridica.

L'esperto può tendere a rendere più agevole la lettura del te­sto tradotto, privilegiando equivalenze funzionali a scapito di quel­le formali anche là dove queste potrebbero essere necessarie per consentire al destinatario del testo tradotto una interpretazione giuridica propria; in tal caso, allora, l'esperto rischia di trascurare nella traduzione l'intenzione comunicativa dell'autore del testo di partenza.

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La diffusione dell'idea che soltanto il giurista sia in grado di eseguire una traduzione giuridica è dovuta non tanto ad una certa 'diffidenza' dei giuristi nei confronti dei traduttori, quanto forse piuttosto ad un pregiudiziale atteggiamento di imbarazzo dei tra­duttori di fronte al linguaggio giuridico; atteggiamento che è di ostacolo all'obiettività necessaria al traduttore per lo svolgimento del suo compito (Cfr. Wills 1988:96).

La seconda opinione denunciata da Gémar, secondo la quale il 'giuridico' dovrebbe prevalere sulla traduzione, riguarda l'intero processo decisionale e coinvolge quindi tutte norme a base dei metodi di traduzione. Quando però si ammetta che la traduzione deve essere semantica ci si deve rassegnare al fatto che, almeno in taluni casi, il testo tradotto può essere accettabile anche se non sempre può risultare del tutto appropriato rispetto al linguaggio e alla cultura giuridica d'arrivo.

Ciò significa che una traduzione semantica può anche non essere pienamente conforme alle aspettative del destinatario, per quanto riguarda le sue conoscenze convenzionali delle situazioni giuridiche, linguistiche e culturali, per cui il destinat~rio stesso dovrà comunque ricostruire il mondo testuale (del prodotto della traduzione) mediante inferenza, aggiungendo alle esperienze e­spresse nel testo tradotto, il proprio sapere (Cfr. De Beaugrande e Dressler 1981).

D'altronde una traduzione che mira alla sola equivalenzafun­zionale (Pigeon 1982), benché possa fare risultare la traduzione oltre che accettabile anche appropriata rispetto alla situazione d'arrivo, non sempre è adeguata con riferimento al testo e alla situazione di partenza.

Sia che miri ad una equivalenza funzionale, sia che decida per l'equivalenza semantica, il traduttore dovrà comunque valu­tare sempre le conseguenze delle proprie decisioni, con la consa­pevolezza che ogni simile decisione è soggetta a condizionamenti e che le conseguenze e/o i risultati di una determinata scelta po­tranno dipendere anche dai fattori che condizionano il contesto storico-sociale del destinatario della traduzione (Cfr. Rossi-Landi 1968:147).

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ESEMPIO:

/La Corte di Appello

in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Trieste di data 22.9.1981, appellata dalla X S.p.A. nei confronti dalla Y S.a.S., nonché dalla Z nei confronti della X e della Z, in accoglimento dell'appello incidentale della Y, condanna la X a rifondere alla Z le spese di primo grado del giudizio ... ( ... ] - condanna X e Y a rifondere in solido alla Z le spese del primo grado di giudizio .. .! (Corte di Appello di Trieste; 110/82)

Traduzione l 'Het Hof van Beroep:

veroordeelt met gedeeltelijke herziening van het vonnis van de Rechtbank van Triest d.d. 22.9.1979, bestreden door X s·.p.A. te­genover Y, alsmede door Z tegenover X e Y in aanvaarding van het incidentele beroep van Y, X S.p.A. tot vergoeding van de ko­sten in eerste instantie ... ( ... ] - veroordeelt X en Y tot hoofdelijke vergoeding van de kosten van deze instantie aan Z ... '

Traduzione 2 'Het Hof van Beroep:

veroordeelt X aan Y te betalen de kosten van de eerste instantie ( ... ], met gedeeltelijke herziening van het vonnis van de Rechtbank van Triest d.d. 22.9.1979, waarvan beroep door X ten opzichte van Y, alsmede door Z tegenover X en Y, met bekrachtiging van het incidenteel appèl van Y; ( ... ]veroordeelt X en Z hoofdelijk, des de een betalende de ander zal zijn bevrijd tot vergoeding aan Y ... van de kosten van deze instantie; '

La traduzione l è semantica, mentre, come si può notare, la traduzione 2 è semantica-funzionale.

Una traduzione che fosse del tutto funzionale consisterebbe in un discorso secondario ed in confronto ad una traduzione del tutto semantica, riporterebbe il contenuto del messaggio ma non trasferirebbe per intero ciò che è compreso nel testo di partenza.

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Il risultato di una tale traduzione sarebbe un testo conforme al criterio della appropriatezza al contesto giuridico e linguistico olandese: la conseguenza sarebbe però uno stile diverso da quello del messaggio originario e ciò renderebbe meno riconoscibile la differenza tra il modo di ragionare del giudice italiano e quello del giudice olandese.

Il risultato di una traduzione del tutto semantica sarebbe in­vece un testo comprensibile e accettabile, ma meno appropriato e di più difficile lettura per il giurista olandese: non sarebbe nello stile del linguaggio giuridico olandese e non seguirebbe quindi il primo dei criteri della traduzione del testo giuridico, quello cioè di tradurre da linguaggio giuridico in linguaggio giuridico.

Per quanto riguarda il condizionamento del risultato delle scelte del traduttore, si può dire quindi che la traduzione diretta all'equivalenzajunzionale mette il destinatario nella condizione di .. .,..,,.,., •. .,. come se il modo di ragionare dell'autore del testo di par-tenza fosse identico al suo, nel mentre la traduzione semantica può 'condizionare' il destinatario in senso contrario.

È indispensabile comunque che nelle proprie decisioni e scelte il traduttore tenga conto anche di quanto afferma il giurista Gorla (1967:315) e cioè che " ... non si può seriamente affrontare i pro­blemi dell'interpretazione della sentenza, della valutazione di essa come precedente, dei suoi rapporti con altri precedenti, del co­noscere e dell'informare il pubblico, del pubblicare del testo inte­grale della sentenza, se prima non si è affrontato quello dello stile e della struttura della sentenza e dello stile e delle difese degli av­vocati".

Struttura e stile costituiscono altrettanti fattori importanti del sistema giuridico nel quale la sentenza viene formata, fattori che contribuiscono alla comprensione dello spirito di un determinato sistema giuridico, e " ... chi sia interessato per ragioni teoriche o pratiche a conoscere [ ... ] la giurisprudenza di un dato paese stra-niero deve conoscere anche lo stile delle sentenze: altrimenti corre il rischio di non comprenderne esattamente il contenuto" (Gorla ibid:341).

Anche per la traduzione di una sentenza, così come per ogni altro testo giuridico, si pone quindi sempre, in misura minore o maggiore a seconda dei casi, il problema del riduttivismo pra-

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gmatico: se e entro quali limiti sia concesso al traduttore di cen­surare certi aspetti del testo di partenza per illuminare una piutto­sto che altra delle dimensioni che il testo giuridico rappresenta come strumento di cultura nella LP.

Ciò perché la traduzione stessa è strumento di cultura e perché la sua funzione può essere intesa sia in senso soggettivo che in senso oggettivo " .. .in rapporto a ciò che esprime e in rapporto ai suoi risultati anche ulteriori alla sfera dell'utente" (Lantella 1979:339).

Si ritiene talvolta che, ripetendo stile e struttura del testo di partenza, non propri nell'uso del linguaggio giuridico d'arrivo, po­trebbe risultare compromessa la comprensibilità del messaggio da parte del destinatario della traduzione (Cfr. Stolze 1982:260-261), il quale sarebbe condizionato dalla tradizione linguistica giuridica propria e difficilmente potrebbe comprendere le tradizioni lingui­stiche giuridiche proprie ed esclusive dell'autore del testo di par­tenza.

Una tale opinione riduttiva è peraltro essa stessa il risultato di una scelta e/o decisione (o norma preliminare come intesa da van den Broeck e Lefevere 1979) del traduttore tra quanto sia da con­siderare di facile e quanto di difficile comprensione tra apparte­nenti a sistemi giuridici e linguistici differenti.

In ultima analisi l'opinione postula, per la strategia della tra­duzione, una considerazione della capacità di comprensione del destinatario della traduzione e già suppone un giudizio compara­tivo tra struttura e stile del testo di partenza e struttura e stile dei testi della cultura giuridica della lingua d'arrivo.

Nel giudizio di comparazione che sta alla base della scelta della strategia traduttiva, il traduttore, proseguendo nel ragionamento di Stolze, non potrebbe esimersi quindi dallo svolgere una inter­pretazione giuridica del testo di partenza, estendendo la interpre­tazione in funzione della traduzione all'interpretazione giuridica comparatistica.

La traduzione/prodotto potrebbe però risultare, così operan­do, o riduttiva o estensiva rispetto al testo di partenza e ciò va evitato nel modo più assoluto, perché al traduttore non spetta mai di interpretare il contenuto giuridico del messaggio (Lane

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1982:223); perché esiste sempre il pericolo che operando infatti in tal senso il traduttore inserisca nel testo d'arrivo la propria espe­rienza (giuridica) riducendo e limitando così quella del ricevente il testo tradotto.

Considerato allora l'avvertimento di Gorla, si deve conclu­dere che non solo le scelte lessicali ma anche le scelte sintattiche sono l'espressione del pensierò dell'estensore di un testo giuridico e del pensiero giuridico della comunità culturale.

È opportuno esaminare allora, dopo le osservazioni già fatte (infra II), l'aspetto sintattico della traduzione semantica, sia a li­vello della microstruttura che a livello della macrostruttura del te­sto di superficie.

Giustamente osserva Dodds (1985:223 sgg.) che è essenziale, per il traduttore, tenere sempre presente l'opposizione binaria tra uso marcato e uso non-marcato della lingua e che l'equivalenza sintattica all'interno di un testo, intesa come frequenza di frasi strutturalmente equivalenti, è uno dei tratti stilistici distintivi più ignorati dai traduttori.

Spesso la mancata attenzione all'uso marcato e all'uso non marcato della lingua è causa di traduzioni che non rispettano sem­pre in modo opportuno i tratti distintivi del testo di partenza, come può avvenire quando ad esempio lo stile cosiddetto nominale o quello cosiddetto verbale non viene individuato dal traduttore come uso marcato o non marcato della lingua.

L'osservazione di Dodds pare tanto più esatta quando si con­sideri che nel testo giuridico inglese (Maley 1987:40), in quello olandese (van Eemeren et al. 1987: l 73) e in quello tedesco (Stolze 1982:260), la nominalizzazione è indice di uso marcato, tratto di­stintivo del testo giuridico. Osserva infatti Maley (ibid. ) "nomina­lisations objectivy the process and make it possible to be treated as something which is apart from persons and time, and which is a part of or a step in legai procedure". In termini analoghi si espri­mono van Eemeren et al. e Stolze.

È chiaro che nel tradurre un testo giuridico italiano in una delle lingue nelle quali la nominalizzazione è indice di uso mar­cato, il traduttore deve esaminare anzitutto se la nominalizzazione nel testo di partenza è funzionale, fattore quindi indicante un uso

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marcato, o se al contrario, nel testo italiano la nominalizzazione è da considerare uso non-marcato.

L'analisi è possibile però soltanto riconoscendo a quale de­terminato genere o tipo il testo appartiene, con la consapevolezza che l'appartenenza è data più dalla funzione nella comunicazione che dal testo di superficie (Cfr. De Beaugrande e Dressler 1981:191 ).

Di conseguenza, solo qualora l'uso marcato della lingua nel testo giuridico italiano sia in funzione della aggettivazione del pro­cesso e stia ad indicare una fase della procedura con astrazione delle persone e del tempo, si deve optare per la nominalizzazione anche nella lingua d'arrivo.

A proposito della componente sintattica della macrostruttura del testo di superficie, va ricordato che negli ultimi anni le sen­tenze olandesi sono formulate frequentemente nel discorso diretto. Viene evitato quindi il discorso indiretto introdotto dalla formula overwegende dat ("considerando che") che è da ricondurre almo­dello francese (" considérant que"). In tal modo la sintassi tende ad una semplificazione senza dubbio preferita dalle generazioni più giovani dei giuristi olandesi, perché considerata più conforme ad un uso non-marcato della lingua.

Non sempre però la semplificazione sembra realizzabile. Si può notare infatti una relazione tra complessità della causa e comples­sità della macrostruttura del testo di superficie, il che si comprende se si considera che una causa complessa richiede spesso un'argo­mentazione complessa.

Nelle sentenze che seguono ancora il modello francese, ogni frase introdotta da overwegende dat rappresenta un argomento nuovo. La frase italiana sintatticamente complessa non necessaria­mente è indice di uso marcato della lingua; il traduttore del testo giuridico, traducendo la frase complessa in una lingua come l'o­landese, per la quale la complessità sintattica è considerata appar­tenere all'uso marcato della lingua, potrebbe essere indotto allora a modificare anche la macrostruttura del testo di superficie di par­tenza, ricorrendo, ad esempio, al procedimento chiamato da New­mark (1981) recasting sentences.

Tale procedimento è da considerare però opportuno soltanto a determinate condizioni e di fronte a determinate forme di orga-

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nizzazione del discorso, che non sono state ancora oggetto di in­dagini specifiche negli studi sulla traduzione da e verso la lingua italiana. Giustamente Newmark raccomanda la massima cautela nella adozione di tale procedimento, avvertendo che nel caso di dubbio il traduttore " ... should trust the writer, not the 'language', which is a sum of abstractions" (1981:40).

Infatti qualora si volesse semplificare una frase complessa, in­tesa come organizzazione di discorso complesso della LP, il punto di partenza di ogni reggente, che nella traduzione trasformasse una subordinata, dovrebbe coincidere possibilmente con il punto di partenza che possiede la subordinata nell'ordine lineare dei costi­tuenti della frase complessa. Il punto di partenza della reggente, che nella traduzione sostituisce la subordinata, dovrebbe avere cioè un valore non-nuovo.

La scelta del tema, punto di partenza della nuova frase, do­vrebbe essere perciò motivata dal discorso che precede e cioè re­cuperabile anaforicamente. Così coesione e coerenza del discorso resterebbero pressocché invariate.

Tuttavia, interrompendo nella traduzione il discorso verrebbe interrotto anche il processo di sviluppo del senso del testo di par­tenza, con conseguente compressione dell'equivalenza di effetto comunicativo globale.

Il traduttore si verrebbe a trovare così di fronte al dilemma: optando per l'interruzione (o almeno per una modifica) del processo di sviluppo del senso del testo potrebbe compromettere l'equivalenza dell'effetto comunicativo globale, e trasferendo la linearità simmetrica del testo di partenza in alcuni casi potrebbe venire a mancare proprio l'effetto comunicativo globale. (Cfr. Dressler 1987).

ESEMPIO:

/In materia di responsabilità del vettore per furto della merce tra~ sportata vale il principio per il quale il furto della cosa trasportata· può costituire caso fortuito solo se ricorre l'estremo della sua as­soluta inevitabilità di guisa che, attesa la particolare diligenza che è imposta al vettore nella custodia delle cose affidategli, il furto

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non accompagnato da violenza o minaccia non integra gli estremi del fortuito quale causa di esonero della responsabilità/ (Corte di Appello, Trieste 11 0/82)

Caso fortuito, costituente che si trova in posizione rematica, viene gradualmente svolto mediante la subordinata limitativa, che è se­manticamente interpretabile come 'riserva'; cosicché il senso da attribuire a caso fortuito nel contesto, risulta da: caso fortuito = soltanto assoluta inevitabilità, che nel caso specifico richiede furto accompagnato da violenza o minaccia. Di conseguenza caso for­tut'to = soltanto assoluta lnevltablUtà = furto accompagnato da violenza o minaccia.

In tal modo furto accompagnato da violenza o minaccia può essere scelto come tema, cioè come punto di partenza di una reg­gente, perché può essere fatto derivare dal contesto precedente.

Qualora si volesse semplificare la sintassi del periodo com­plesso del testo italiano, la traduzione potrebbe essere la seguente.

ESEMPIO:

'Inzake aansprakelijkheid van de vervoerder voor diefstal van de vervoerde goederen, geldt het beginsel volgens hetwelk hij alleen dan een beroep kan doen op overmacbt wanneer sprake is van voor hem absolute onvermijdelijkbeld. De niet van geweld of dreiglng met geweld gepaard gaande diefstal betreft dus niet -gelet op de bijzondere. zorgverplichting van de vervoerder inzake de bewaring van de aan hem toevertrouwde goederen - een zo­danige omstandigheid die hem een beroep op overmacht toestaat als oorzaak voor ontheffing van aansprakelijkheid'.

Una traduzione che aderisse alla sintassi del testo di partenza, ma di più difficile lettura, potrebbe essere invece:

'Inzake aansprakelijkheid van de vervoerder voor diefstal van de vervoerde goederen, geldt het beginsel volgens hetwelk hij al-

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leen dan een beroep kan doen op overmacht wanneer sprake is van voor hem absolute onvermijdelijkheid, zodat - gelet op de bijzondere zorgverplichting van de vervoerder inzake de bewaring van de aan hem toevertrouwde goederen - de niet van geweld of dreiging met geweld gepaard gaande diefstal niet een zodanige omstandigheid betreft die hem een beroep op overmacht toestaat als oorzaak voor ontheffing van aansprakelijkheid. '

Nemmeno la seconda traduzione può essere considerata però del tutto semantica; è anche funzionale (o comunicativa), fra altro nella parte che risolve la polisemia del verbo costituire del testo di partenza, verbo che, benché non qualificato secondo norme, fa parte di numerosi sintagmi convenzionali giuridici (costituire ser­vitù, procuratore ecc.) e ricorre con frequenza nel linguaggio giu­ridico italiano.

Quanto sopra conferma che nemmeno nell'ambito della tra­duzione dei testi giuridici può essere considerata assoluta la dico­tomia fra traduzione semantica e traduzione comunicativa e fra equivalenza formale e equivalenza dinamica (o funzionale).

Del resto, accanto all'area di tensione tra equivalenza formale ed equivalenza funzionale, un ruolo decisamente importante è svolto nella traduzione giuridica anche dall'area di tensione tra equivalenza opzionale e equivalenza obbligatoria (Nida 1964:171).

I fattori situazionali che si impongono nella traduzione del testo giuridico obbligano il traduttore ad affrontare, anche nella traduzione di un solo testo, ciascuna delle due aree di tensione.

La scelta tra equivalenza formale e equivalenza funzionale ri­guarda infatti non soltanto il lessico, ma anche, come si è visto, la sintassi, per la quale è particolarmente avvertita la tensione tra quanto è opzionale e quanto è obbligatorio. Ciò che in un testo giuridico può sembrare opzionale può essere invece obbligatorio; ed anche le scelte nell'ambito dell' opzionale sono soggette sem­pre a limitazioni. Su queste linee è stata condotta l'indagine fin qui proposta.

Le scelte del traduttore dipendono infine in larga misura dalla conoscenza che egli ha della cultura del destinatario della tradu­zione, nonché dalla disponibilità del destinatario a ricevere mes-

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saggi nuovi; importante è ancora l'esperienza eventualmente già acquisita dal destinatario stesso riguardo al sistema di partenza me­diante la lettura di traduzioni di testi di un determinato tipo e ge­nere.

La posizione o lo status che un determinato tipo o genere di testo già occupa nella comunità della LA (Cfr. Toury 1980) è perciò fattore influente su ogni scelta del traduttore di un testo giuridico.

Questo fattore può variare notevolmente a seconda della dif­fusione delle lingue: il giurista olandese e quello italiano hanno avuto minori occasioni di conoscere in traduzione testi giuridici dei reciproci paesi che testi giuridici prodotti in altre lingue di dif­fusione meno limitata.

La traduzione del testo giuridico italiano in Olanda e quella del testo giuridico olandese in Italia occupano una posizione cer­tamente ancora secondaria, tanto è vero che non è molto facile reperirne esempi (De Groot 1987a:27).

Generalmente nè il destinatario olandese di un testo italiano tradotto nè il destinatario italiano di un testo olandese tradotto hanno grande conoscenza di testi giuridici realizzati nei reciproci paesi. Ciò può essere allora per il traduttore occasione, tanto pre­ziosa quanto stimolante, per concorrere responsabilmente alla mi­gliore conoscenza, tra i giuristi dei due paesi, delle convergenze e delle divergenze tra le due culture giuridiche.

Allora la traduzione giuridica potrà essere considerata tanto più riuscita quando il pensiero giuridico, prodotto di una cultura diversa, potrà essere meglio interpretato dal destinatario del testo, senza che necessariamente risulti annullata ogni distanza tra le due culture.

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Arrondissements-Rechtbank AMSTERDAM Derde Kamer Dinsdag l 7 aprii 1981 Rolnr. 79/5135

APPENDICI

CONCLUSIE V AN REPLIEK IN CONVENTIE

tevens CONCLUSIE VAN ANTWOORD

IN RECONVENTIE inzake:

de besloten vennootschap met beperkte aansprakelijkheid X B.V., gevestigd en kantoorhoudende te Amsterdam

Eiseres in conventie Gedaagde in reconventie

Procureur Mr. C.D.

tegen:

de vennootschap naar Italiaans recht Y S.P.A., gevestigd te A (Italie),

Gedaagde in conventie Eiseres in reconventie Procureur Mr. M.L.

Eiseres in conventie tevens gedaagde in reconventie, doet zeggen en con­cluderen:

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In conventie en reconventie l. _(a) De overeenkomst van 5 januari 1977, zoals in enkele onderdelen gewijzigd op 23 mei 1977, beoogde:

"exécuter l' étude et la livraison d'une installation pour la production d'huile de pépins de raisins",

d.w.z. het uitdenken (ontwerpen) en leveren van zodanige installatie.

(b) Bei de partijen waren zich er dus van bewust, da t h et ging o m een prototype, waarvan de uitvoerbaarheid en capaciteit nog zouden moeten blijken.

2. (a) In verband hiermede behelsde de overeenkomst in art.8. l o.a. de bepaling, dat, indien de capaciteit beneden bepaalde grenzen zou blijven:

"Y aurait le droit de ne pas accepter l'installation mais Y e X pourraient trouver une solution différente acceptable pour l es deux parti es".

(b) Zou Y van di t recht gebruik maken, dan zou zij geen recht hebben op contractuele boeten, die X haar wel verschuldigd zou zijn, als Y de in­stallatie zou behouden, hoewel haar capaciteit beneden de gestelde grens bleek te liggen.

3. Eind 1978 bleek, dat een deel van de door X ontwikkelde installati e het zgn. extractie deel niet aan de verwachtingen van partijen voldeed. Een schema van de gehele installatie met toelichting wordt hierbij over­gelegd (prad. l. 2).

4. Hoewel de installatie voor het overige goed werkte, had Y niettemin wellicht op grond van deze onvolkomenheid gebruik kunnen maken van art. 8.1.

5. In plaats daarvan gaf zij er evenwel de voorkeur aan met X naar "une solution différente acceptable pour les deux parties" te zoeken.

6. X heeft toen inderdaad een aantal alternatieven aangegeven en zich bereid verklaard de daaraan verbonden kosten voor haar rekening te ne­men, mits haar door Y deugdelijke waarborgen zouden worden gegeven voor de betrouwbaarheid van de installatie - omdat hieraan in het ver­leden wel wat had geschort en mits een voor haar aanvaardbare rege­ling zou worden getroffen voor het geval ook deze tweede ronde niet geheel tot het beoogde resultaat zou leiden.

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7. (a) Y heeft een en an der wel bewust aanvaard blijkens der partijen aver­eenkamst van 19 januari 1979.

Daarin regelt art. 6 de wijze, waarop Y in termijnen betaalt, t.w. een deel in cantanten en de rest in achtereenvolgens vervallende wissels, gedepa­neerd bij de Amsterdam Rotterdam Bank N.V. te Amsterdam en doar deze aan X te overhandigen tegen overlegging van "un certificat d'acceptation", zulks uiterlijk 30 september 1979.

8. In art. 7. l is een doar X vOorgestelde wijziging van de installatie om­schreven, welke hierop neerkamt, da t X een tweede e:xtractor, merk Extraktians-Technik, zau aanbrengen en een en ander in werking zau stellen v66r e in d augustus 1979.

9. Zelfs indien men di t contract zo zau maeten lezen, da t oak het proef­draaien uiterlijk 31 augustus 1979 moet hebben plaatsgevonden en tot een beslissing moet hebben geleid des neen dan nog staat vast, dat Y zawel v66r als nà eind augustus 1979 heeft geweigerd X in de gele­genheid te stellen een behaarlijke praef uit te voeren en ap grand daar­van - eventueel, in geval van anvoldoende capaciteit, onder verbeurte van de avereengekomen boete de installatie ap te leveren.

l O. Evenzeer staat vast, dat Y zawel toen alsaok sedertdien voortdurend met de installatie heeft gewerkt, zonder hulp af voorkennis van X.

11. Aan de bepaling van art. 7.2 (bindend advies van deskundigen in ge­val van verschil van mening aver de aplevering) kan dus evenmin uit­voering warden gegeven.

12. H et is duidelijk, dat Y door aldus de aplevering - eventueel na des­kundigenonderzoek - heeft ontweken om te bereiken, dat X niet v66r eind september 1979 een bewijs van aanvaarding aan de Amsterdam Rot­terdam Bank zou kunnen averleggen en de bank de wissels dus aan Y zou moeten teruggeven.

13. Deze houding heeft X genoopt om tijdig canservatoir beslag onder de bank te doen leggen en deze zaak bij Uw Rechtbank aanhangig te maken.

14. Deze hauding geeft X bovendien het recht zich op het standpunt te stellen, dat de contractuele voarwaarde daor taedoen van Y voor ver­vuld gehouden moet warden o.m. art. 9.7 van het contract van 5 januari 1977):

"[ ...... ]''

15. De vordering in conventie - waarvan de berekening niet doar ge­daagde is betwist - ligt dus vaar onmiddellijke taewijzing gereed.

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16. Het onmiskenbaar verband tussen de overeenkomsten van 19 januari 1979 en 5 januari 1977 met name ten aanzien van de aard van de over­eenkomst, de technische omschrijving van de installatie, de eisen waar­aan zij moet voldoen, de beperking respectievelijk uitsluitng van aanspra­kelijkheid e.d. - neemt niet weg, dat de overeenkomst van 19 januari tevens is een nieuwe overeenkomst, die partijen hebben gesloten nadat de in de overeenkomst van 5 januari 1977 overeengekomen fase van her­nieuwd overleg was ingetreden. In haar verzoek om arbitrage (p.2, al.8) spreekt Y eveneens van "een nieuwe overeenkomst".

l 7. Deze nieuwe overeenkomst behelst geen arbitraal beding, doch al­leen de hierboven reeds aangehaalde bindend-advies clausule, die in de overeenkomst van 5 januari 1977 niet voorkwam. '

18. Ten overvloede volgt uit het feit, dat de Rechtbank zich bij vonnis van 5 december 1979 bevoegd heeft verklaard, dat geen andere rechter of arbiter meer bevoegd is om van dit geschil kennis te nemen.

19. Y ha d tegen da t vonnis slechts kunnen opkomen door daartegen in verzet te komen binnen veertien dagen na het plegen van enige daad, waaruit noodzakelijk voortvloeide, dat dat vonnis haar bekend was.

20. Deze daad heeft zij bij herhaling gepleegd (zie haar telex van 5 juni 1980 aan X en de brief van de Internationale Kamer van Koophandel van 2 juni 1980 aan Mr. C.D. waaruit blijkt, dat Y het vonnis van 5 december 1979 aan de Kamer had toegezonden (prod. 3 en 4).

21 . H et vonnis van 5 december is dus onaantastbaar geworden.

22. Er is geen reden om aan te nemen, dat de nieuwe overeenkomst door Frans recht wordt beheerst, nu reeds voor de vervanging van het - aan­vankelijk op de oude overeenkomst toepasselijk verklaarde - Nederland­se recht door Frans recht geen enkele goede reden is aan te voeren, zo­dat deze rechtskeuze genegeerd moet worden. Voor zover deze over­eenkomst een koopovereenkomst is, zou zij onder de eenvormige wet inzake de internationale koop van roerende lichamelijke zaken vallen.

In reconventie, voorts: 23. Uit hetvoorgaande volgt, dat niet X maar Y in gebreke is geweest, zodat haar tegenvorderingen reeds daarom niet kunnen worden toege­wezen.

Volledigheidhalve doet X dienaangaande nog het volgende opmerken.

24. Alleen de Nederlandse vertaling van het overgelegde "verzoek tot ar-

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bitrage" kan in aanmerking worden genomen in dit geding, waarin het Nederlands de procestaal is.

De daarin bedoelde telexen en andere bescheiden heeft X niet bij het aan haar overgelegde exemplaar aangetroffen, zodat zij zich te dien aanzien alle weren voorbehoudt.

2 5. X betwist alle door Y gestelde feiten voor zover zij de juistheid daar­van niet met zoveel woorden toegeeft, zulks met een beroep op de on­splitsbaarheid van haar erkentenis.

26. In het bijzonder ook begeeft X zich niet in een afzonderlijke bespre­king van de beschouwingen van Y omtrent de inhoud van de verschil­lende overeenkomsten, nu deze voor zover nodig, reeds in het boven­staande zijn resp. in hetgeen hierna volgt nog worden weerlegd.

27. Indien X de stelling van Y goed begrijpt, verwijt zij X thans, dat deze te eniger tijd heeft voorgesteld de installatie te doen werken met de extractor van Extraktions-Technik maar zonder die van X zelf.

Zo ja, dan is dat verwijt onterecht en in strijd met de overeenkomst van 19 januari 1979.

28. Y geeft nu kennelijk toe dat de installatie- de extractor van Extrak-tions Technik wel degelijk werkt.

29. Haar eenzijdige mededelingen omtrent de daarmede behaalde capa­citeit zijn niet terzake omdat zij X niet in de gelegenheid heeft gesteld behoorlijk proef te draaien en op te leveren.

30. De stelling (p. 6, al. 3), dat X "de draaiençle Technik onttrekkingsin­stallatie had voorzien van een schadelijke apparatuur, waardoor hij een te grate hoeveelheid "farines" produceerde", is volstrekt uit de lucht gegre­pen.

31. De door de Amsterdam Rotterdam Bank op verzoek van X gestelde garanties zijn zonder aanmerking door Y aanvaard.

Haar bewoordingen sluiten aan bij de overeenkomst van 9 januari 1979, ook waar deze (art. 7.2) de oplevering eventueel athankelijk stelt van een bindend advies van deskundigen.

32. X tast in h et duister ten aanzien van de door Y bedoelde facturen ten belope van [ ... ] Lire en verzoekt haar die in het geding te brengen. X behoudt zich te dien aanzien alle weren voor.

33. Indien Y het debat over de capaciteit van de door haar in gebruik

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genomen installatie niet zelf had geconcipieerd en indien op de overeen­gekomen wijze was komen vast te staan, dat die capaciteit onvoldoende was, zou X haar alleen de daarmede corresponderende vergoeding ver­schuldigd zijn volgens de overeenkomst van 12 maart 1979 en niets meer.

34. Het ontgaat X, waarom deze boetebepaling, "duidelijk frauduleus" zou zijn (p. 8, bovenaan).

3 5. Zij is geschreven voor h et geval de installai te w el werkt, hetgeen zij, naar vaststaat, inderdaad doet - maar me t onvoldoende capaciteit en geeft voor dat geval een verrekeningstabel.

36. Of dit prototype ooit zou werken en zo ja, met welke capaciteit, kon niemand van tevoren weten en deze onzekerheid is van meet af aan in de contracten voorzien geweest.

37. De tenslotte door Y gevorderde gevolgschade, (winstderving, verho­ging van de vaste boeten, andere kosten, schade voortvloeiende uit opslag van waren, verlies van verdienste en/of andere schade) ontbeert elk be­gin van bewijs. Zij is bovendien in strijd met het feit, dat X haar aanspra­kelijkheid voor dergelijke schade uitdrukkelijk heeft uitgesloten.

38. Het petitum van Y is evenmin begrijpelijk.

39. Blijkbaar wil zij de installatie behouden, maar dan is zij ook gebon­den aan hetgeen daaromtrent is overeengekomen en zou in het bijzonder de door X verschuldigde boete het enige zijn, wat zij zou kunnen vor­deren, gesteld, dat X in gebreke zou zijn geweest en dit op behoorlijke wijze zou zijn vastgesteld.

40. V an verbouw v an de installatie door Y op kosten v an X kan geen sprake zijn.

41. Een rechterlijk verbod van compensatie berust op wet noch overeen­komst.

42. Ontbinding van een overeenkomst "uitsluitend ten nadele van X" is ondenkbaar en - in Nederland in strijd met de wet en de goede ze­den.

43. Een vonnis, waarbij Y het recht krijgt haar schade nader te schatten is eveneens ondenkbaar.

44. Het is niet duidelijk, hoe Y tot de door haar per saldo gevorderde bedragen van ( ... ] resp. [ ... ] Lire is gekomen.

In afwachting van een verduidelijking van deze cijfers en berekeningen, waarop zij berusten, behoudt X zich alle weren voor.

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In conventie en in reconventie, tenslotte:

45. X biedt van al haar stellingen bewijs aan door alle middelen rechtens inzonderheid door middel van getuigen, indien en voor zover op haar enige bewijslast mocht rusten.

Op deze gronden heeft eiseres in conventie tevens gedaagde in recon­ventie, de eer te concluderen:

in conventie. dat zij persisteert bij haar bereids genomen conclusien;

in reconventie: dat het der Rechtbank behage eiseres in haar vorderingen niet ontvanke­lijk te verklaren althans haar die te ontzeggen, kosten rechtens.

222

532 MR

IN NAAM DER KONINGIN

vonnis 2 5 maart 1981

DE ARRONDISSEMENTSRECHTBANK TE AMSTERDAM, DERDE KAMER; In de zaak rolnummer 79.513 5 v an: de besloten vennootschap met beperkte aansprakelijkheid X B.V., (destijds geheten X.P. B.V.), gevestigd te Amsterdam e i s e r e s in conventie bij dagvaarding van 4 oktober 1979 g e d a a g d e in reconventie, procureur mr. C.D.,

tegen:

de vennootschap naar ltaliaans recht Y S.p.A., gevestigd te A. (Italie), g e d a a g d e in conventie, e i s e r e s in reconventie bij conclusie van 26 februari 1980, procureur mr. M. L.;

Opnieuw gezien de door partijen, hierna X en Y te noemen, voor vonniswijzing overgelegde stukken, waaronder het in deze zaak bij verstek gewezen tussenvonnis van deze rechtbank, tweede enkel­voudige kamer, van 5 december 1979, waarvan een fotocopie aan dit vonnis is gehecht;

OVERWEGENDE TEN AANZIEN VAN DE FEITEN:

in conventie:

Na voormeld tussenvonnis van 5 december 1979 heeft X een akte met 2 produkties genomen.

Y is hierna alsnog in rechte verschenen en heeft bij conclusie van antwoord met 4 produkties verweer gevoerd en geconcludeerd primair tot niet-ontvankelijk verklaring van X in haar hoofd­vordering en tot aanhouding van de beslissing omtrent de gevord­erde vanwaardeverklaring totdat in het voor de Internationale Ka­mer van Koophandel te Parijs aanhangig gemaakte arbitrale ge-

223

ding een eindbeslissing zal zijn gegeven, en subsidiair tot afwijzing van de vorderingen van X, kosten rechtens.

Bij repliek met 4 produkties en dupliek hebben partijen haar eer­dere stellingen nader toegelicht en gehandhaafd, met dien verstande dat Y nader heeft geconcludeerd primair tot niet-ontvankelijk-ver­klaring van eiseres in conventie althans tot onbevoegdverklaring van de Rechtbank wat betreft de hoofdvorderingen van X en tot aanhouding van de beslissing van de Rechtbank omtrent de gevor­derde vanwaardeverklaring van het gelegde beslag, totdat in het inmiddels voor de Internationale Kamer van Koophandel te Parijs aanhangig gemaakte arbitrale beding een eindbeslissing zal zijn gegeven.

II in reconventie:

Tegelijk met de conclusie van antwoord in conventie heeft Y voor­waardelijk - uitsluitend voor het geval de rechtbank het beroep op niet-ontvankelijkheid van X in conventie zou verwerpen- bij con­clusie van eis, met voormelde produkties, gesteld en gevorderd overeenkomstig aangehechte fotocopie van deze conclusie.

Bij conclusie van antwoord met voormelde produkties heeft X verweer gevoerd en geconcludeerd tot afwijzing van de vordering en veroordeling van Y in de kosten.

Bij repliek en dupliek hebben partijen haar eerdere stellingen na­der toegelicht en gehandhaafd.

III in conventie en in reconventie:

224

Tenslotte hebben partijen in het bijzonder de ontvankelijkheids­en bevoegdheidsvragen door haar procureurs doen bepleiten over­eenkomstig de overgelegde pleitnota's.

Beide partijen hebben daarbij nog een akte genomen, X met 9 pro­dukties en Y met 8 produkties, terwijl Y daarenboven haar pri­maire en voorwaardelijke eis in reconventie als volgt heeft vermeerderd:

a) de als voorwaarde gestelde aanhef dient te worden aangevuld m et de zinsnede: ", voorzover mogelijk uitvoerbaar bij voorraad op de minuut en op alle dagen en uren,"

b) h et sub 2. van h et subsidiaire petitum gevorderde dient opgevat te worden als een afzonderlijk petitum, dat zowel primair als sub­sidiair wordt gesteld.

en haar subsidiare en voorwaardelijke eis tot: en voor het geval de Rechtbank van de hoofdzaak kennis neemt, evenwel daarbij Frans recht niet, maar Italiaans, althans Nederlands recht wèl van toepassing verklarende, voorzover mogelijk uitvoer­baar bij voorraad op de minuut. en op alle dagen en uren,

IV primair l.a) X te gelasten haar contractuele verplichtingen nate komen en b) haar te veroordelen tot betaling aan Y tegen behoorlijk bewijs van kwijtjng van een bedrag van [ ... ] Italiaanse lires of de tegen­wa4rde daarvan in Nederlands courant, te .vermeerderen met v66r het wijzen van het eindvonnis nog op te geven rente en overige schadeposten,

V subsidiair v.oor het geval de Rechtbank termen aanwezig zal achten het primair gevorderde niet toe te wijzen en/of X te kennen zal hebben gegeven, dat niet wil c.q. kan nakomen als primair gevorderd 2.a) de overeenkomst (en) tussen partijen met ingang van de da­tum, waarop X geacht moet worden jegens Y wanprestatie te heb­ben gepleegd, te ontbinden, b) X te veroordelen tot betaling aan Y tegen bewijs van kwijting van een bedrag van [ ... ] Italìaanse lires of de tegenwaarde daarvan in Nederlands courant, te vermeerderen met v66r het wijzen van een eindvonnis nog op te geven rente en overige schadeposten, e n c) X te veroordelen tot betaling van een nader bij staat op te ma­ken en volgens de w et te vereffenen schadevergoeding aan Y,

3. primair en subsidiair voor recht te verklaren, da t de tussen par­tijen overeengekomen bepaling tot beperking van de aansprakeli­jkheid van X niet van toepassing is, althans dat X door de goede trouw volledig althans gedeeltelijk beperkt wordt in haar beroep o p deze bepaling kosten rechtens.

VI OVERWEGENDE TEN AANZIEN VAN HET RECHT:

in conventie en in reconventie:

l. Met betrekking tot het conservatoir derden-beslag onder de naamloze vennootschap AMSTERDAM-ROTTERDAM BANK N.V. zijn de wettelijke formaliteiten en termijnen in acht genomen.

2. Als enerzijds gesteld en anderzijds erkend of niet (voldoende) weersproken alsmede blijkens overgelegde en in zoverre niet be-

225

226

streden bewijsstukken staat in dit geding in elk geval het navol­gende vast:

a. Bij schriftelijke overeenkomst van 5 januari 1977 zijn partijen onder meer de levering, montage en in bedrijfstelling door X over­eengekomen van een installatie voor het onttrekken van olie aan druivenpitten (verder: de installatie) ten bedrage van in totaal Lit. [ ... ]. Dit contract is bij overeenkomst van 23 mei 1977 op enige punten gewijzigd en aangevuld, waarbij onder meer Frans recht in plaats van Nederlands recht van toepassing is verklaard (artikel 20.2).

b. Artikel 18 van de overeenkomst van 5 januari 1977 - dat niet is gewijzigd - luidt:

"Arbitrage

Tous litiges se produisant pendant la durée [ ... ]"

c. Na de evering en de plaatsing in de loop van 1977 bleek de in­stallatie niet te functioneren overeenkomstig de contractuele maatstaven.

d. Partijen hebben bij schriftelijke overeenkomst gedateerd 19 ja­nuari 1979 en 8 februari 1979 ondertekend een regeling getroffen voor de daaruit voortvloeiende situatie. De considerans van dit zo­genoemd "Accord" luidt:

"que l es parti es ont passé d eu x contrats de v ente ( ... ]"

en artikel 7.2:

"Conditions d'acceptation

[ ... ]" e. Dit contract is bij een tweede "Accord, gedateerd 12 maart 1979, op enige punten gewijzigd en aangevuld. Het slotartikel 16 luidt:

"Cet accord est un complément à l'accord du 8.2.1979 signé par Y et X et en constitue partie indissociable. [ ... ]"

f. In januari 1980 heeft Y overeenkomstig artikel 18 van het con­tract van 5 januari 1977 een arbitrage bij de lnternationale Kamer van Koophandel te Parijs aanhangig gemaakt onder meer op grond dat de installati e ook op 3 l augustus 1979 niet overeenkomstig de contracutele maatstaven functioneerde.

VII voorts in conventie:

3. Y beroept zich tot haar verweer allereerst o p h et o n der 2. b geciteerde arbitraal beding, stellende dat X deswege niet in haar hoofdvordering kan worden ontvangen omdat het haar niet vrij­staat om het daaraan ten grondslag liggende geschil terzake van dè tenuitvoerlegging van de tussen partijen bestaande overeenkom­sten ter beoordeling aan de gewone rechter voor te leggen. De be­slissing op de vordering tot vanwaardeverklaring zal moeten wor­den aangehouden totdat in de arbitrage is beslist.

4. Dit verweer wordt door X vergeefs bestreden. De vaststaande feiten en in het bijzop.der de daarin geciteerde ge­deelten van deze overeenkomsten stellen buiten twijfel dat tussen de oorspronkelijke overeenkomst van 5 januari 1977 en het "Ac­cord" van 19 januari 1979, zoals bij dat van 12 maart 1979 gewi­jzigd en aangevuld, niet alleen een - zoals X het zelf uitdrukt - on­miskenbaar verband bestaat maar dat de opstellers daarvan heb­ben beoogd dat deze overeenkomsten één geheel zouden vormen, met dien verstànde, dat bij tegenstrijdige bepalingen de latere bo­ven de eerdere prevalerer. De enkele omstandigheid dat de latere accoorden, die.dus niet zoals X wil als een "nieuwe overeenkomst" kunnen worden beschouwd, geen arbitraal beding inhouden kan dan ook niet tot de door X verdedigde conclusie leiden dat dit beding geen gelding met be­trekking tot de huidige, mede door bedoelde accoorden beheer­ste, rechtsverhouding tussen partijen (meer) heeft.

Ook tevergeefs beroept X zich in dit verband op de in het aangehe­chte bij verstek gewezen tussenvonnis voorkomende overweging:

"dat de rechtbank bevoegd is van de zaak kennis te nemen aange­zien de betrekkelijke wissels zijn getrokken te Amsterdam. "

Wat er van deze overweging ook zij, in elk geval heeft zij geen betrekking op de thans te beslissen vraag naar de ontvankelijkhed van X in het licht van het - uiteraard eerst na het verstekvonnis -door Y gedaan beroep op voormeld arbitraal beding.

5. Voor het eerst bij pleidooi heeft X tenslotte nog betoogd dat -omdat dat wilde - in het akkoord van 19 januari 1979 opzette­lijk geen arbitraal beding meer is opgenomen maar alleen nog een bindend advies clausule, teneinde bij verschil van mening een voor partijen bindende vaststelling omtrent de al dan niet deugdelijke

227

werking van de installatie te verkrijgen gekoppeld aan de gewijzig­de betalingsregeling door middel van de bij de Amrobank gedepo­neerde wissels. Ook dit, door Y uitdrukkelijk bestreden en niet van een bewijsaan­bod door X vergezelde, betoog moet in het licht van de duidelijke tekst van de onderhavige overeenkomsten worden. verworpen. De bindend advies clausule in het eerste akkoord heeft een duidelijk beperkte strekking ter beslechting van één (technisch) onderdeel van de overeenkomst en kan daarom, behoudens een daartoe strek­kende uitdrukkelijke wilsovereenstemming tussen partijen waarom­trent niets is gesteld of gebleken, niet als een kennelijke (want niet met zoveel woorden tot uitdrukking gebrachte) vervanging van de zeer ruime arbitrale dausule- "Tous litiges se produisant pendant la durée du présent contrat ou étant en rapport avec lui. .. " worden aangemerkt.

6. De gegrondbevinding van haar primaire verweer maakt een be­spreking van het door Y uitdrukkelijk subsidiair gedaan beroep op de onbevoegdheid van deze rechtbank op grond van artikel 5 lid l van het E.E.G.-Executieverdrag overbodig. Overigens had aan dit beroep toch voorbij moeten worden gegaan omdat het in strijd met artikel 154 lid 2 van het Wetboek van Bur­gerlijke Rechtsvordering niet voor alle weren is gedaan.

7. Nu X niet-ontvankelijk in haar hoofdvorderingen is, moet het verder over en weer gestelde - ook in de voorwaardelijke recon­ventie - buiten bespreking blijven. In deze reconventie kan iedere beslissing a'chterwege blijven, ook ten aanzien van de kosten. In de conventie wordt de beslissing omtrent de vanwaardeverkla­ring van het beslag en de beslag-kosten aangehouden tot na afloop van de arbitrage. De overige proceskosten komen ten laste van X.

VIII RECHTDOENDE:

228

in conventie:

l. Verklaart X in haar hoofdvorderingen (petitufi?. sub l) niet ontvankelijk;

2. Veroordeelt X in de kosten van het geding, met uitzondering van die betrekking hebbende op het beslag, tot aan deze uitspraak aan de zijde van Y begroot op f. [ ... ],

en alvorens verder te beslissen:

3. Reserveert de beslissing m et betrekking tot de o n der 2 e n 3 ge­vorderde vanwaardeverklaring en de veroordeling van Y in de be­slagkosten tot na afloop van de arbitrageprocedure bij de Interna­tionale Kamer van Koophandel te Parijs;

in reconventie:

Verstaat dat ten aanzien van de voorwaardelijke tegenvorderingen van Y thans geen beslissing behoeft te worden genomen. Gewezen door mrs B., V. e n P., l eden van genoemde kamer, en uitgesproken ter openbare terechtzitting van 25 maart 1981, in te­genwoordigheid van de griffier.

UITGEGEVEN VOOR GROSSE; De Griffier der Arrondissements-Rechtbank te Amsterdam

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