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UN CASO DI MISSIONARIETÀ MONOFISITA IN ASIA MINORE (VI SECOLO) NELL'INVIO DI GIUSTINIANO. ASPETTI STORICO-GIURIDICI Lontani come siamo dai secoli passati, possiamo oggi analizzare con occhi più sereni e distaccati dei processi avvenuti un tempo e trarne cosi quelle motivazioni storiche che li hanno causati. Si scorge, allora, non sol- tanto la rilevanza storica dei risultati avutisi, ma si intravede anche la natu- ra, se non altro complessa, delle ragioni sottostanti, ragioni che soltanto in una oggettiva composizione di tempo e luogo trovano la loro consistenza. Nel caso di una decisione imperiale, non patriarcale о episcopale, l'invio in missione risponde ad istanze che sorpassano le categorie odierne utiliz- zate nel campo della teologia della missione: la politica imperiale di Bisan- zio, per l'intrinseca qualità e status dell'autokrator, sposa regolandone l'ambito religioso, e la messa in opera del potere imperiale a volte tocca, come sarà il caso che presenteremo, anche la teologia e il diritto. Non sorprende il fatto che l'impero romano dopo Costantino possa essere chiamato e ritenuto giuridicamente cristiano: la storia da una parte, e le leggende agiografiche dall'altra, ci informano come una volontà impe- riale, causata simbolicamente da un evento vissuto dal reggitore, divenga legge per il popolo. Si tratta sempre, diceva Duchesne oltre un secolo fa, della conversione di un regno che invariabilmente si proponeva con iden- tiche circostanze: «le roi païen (Abgar [sul quale torneremo]), ou même persécuteur (Tirida- te, Constantin) est atteint d'une maladie honteuse, la lepre, ou la folie, que la me- dicine et la magie sont impuissantes à guérir: IL faut avoir recours à l'apôtre de Dieu (Adda , Grégoire, Silvestre) qui guérit le malade en le baptisant et convertit du même coup tout le royaume» 1 . 1 L. D. DUCHESNE, Le Liber Ponti/icalis, I, Paris, 1886, p. CXVIII; A. L. FROTHINGHAM, L'omelia di Giovanni di Sarûg sul battesimo di Costantino Imperatore, in Reale Accademia dei Lincei, Memorie ser. III (Roma, 1882) 3-52 (si noti la natura cristologica delle preghiere battesimali). Introduzione Vincenzo Ruggeri - Natale Loda ED ARCHEOLOGICI «APOLLINARIS», Anno LXXI, 1998, Fascicolo 1-2

Un caso di missionarietà monofisita in Asia Minore (VI secolo). Aspetti storico-giuridici ed archeologici

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UN CASO DI MISSIONARIETÀ MONOFISITA IN ASIA MINORE (VI SECOLO) NELL'INVIO DI GIUSTINIANO. ASPETTI STORICO-GIURIDICI

Lontani come siamo dai secoli passati, possiamo oggi analizzare con occhi più sereni e distaccati dei processi avvenuti un tempo e trarne cosi quelle motivazioni storiche che li hanno causati. Si scorge, allora, non sol-tanto la rilevanza storica dei risultati avutisi, ma si intravede anche la natu-ra, se non altro complessa, delle ragioni sottostanti, ragioni che soltanto in una oggettiva composizione di tempo e luogo trovano la loro consistenza. Nel caso di una decisione imperiale, non patriarcale о episcopale, l'invio in missione risponde ad istanze che sorpassano le categorie odierne utiliz-zate nel campo della teologia della missione: la politica imperiale di Bisan-zio, per l'intrinseca qualità e status dell'autokrator, sposa regolandone l'ambito religioso, e la messa in opera del potere imperiale a volte tocca, come sarà il caso che presenteremo, anche la teologia e il diritto.

Non sorprende il fatto che l'impero romano dopo Costantino possa essere chiamato e ritenuto giuridicamente cristiano: la storia da una parte, e le leggende agiografiche dall'altra, ci informano come una volontà impe-riale, causata simbolicamente da un evento vissuto dal reggitore, divenga legge per il popolo. Si tratta sempre, diceva Duchesne oltre un secolo fa, della conversione di un regno che invariabilmente si proponeva con iden-tiche circostanze:

«le roi païen (Abgar [sul quale torneremo]), ou même persécuteur (Tirida-te, Constantin) est atteint d'une maladie honteuse, la lepre, ou la folie, que la me-dicine et la magie sont impuissantes à guérir: IL faut avoir recours à l'apôtre de Dieu (Adda , Grégoire, Silvestre) qui guérit le malade en le baptisant et convertit du même coup tout le royaume»1.

1 L. D . DUCHESNE, Le Liber Ponti/icalis, I, Paris, 1886, p. C X V I I I ; A. L. FROTHINGHAM, L'omelia di Giovanni di Sarûg sul battesimo di Costantino Imperatore, in Reale Accademia dei Lincei, Memorie ser. III (Roma, 1882) 3-52 (si noti la natura cristologica delle preghiere battesimali).

Introduzione

Vincenzo Ruggeri - Natale Loda

ED ARCHEOLOGICI

«APOLLINARIS», Anno LXXI, 1998, Fascicolo 1-2

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La conversione comportava, soprattutto nella tipologia agiografica, la riorganizzazione religiosa delle città e della loro popolazione, dalla ri-strutturazione del parcellario urbano alla inclusione del vescovo nella vita amministrativa urbana. Sembra oltremodo giusto affermare che con la vittoria del cristianesimo sul paganesimo, la nuova religione assunse al-l'interno della vita urbana una funzione unificante e centralizzante quale quella attuata precedentemente dal paganesimo2. Quanto meraviglia, piuttosto, è la persistenza del paganesimo secoli dopo che la conversione dell'impero fosse già ufficialmente compiuta: ci riferiamo qui, in modo particolare, agli Hellenes (pagani3), о alla Έλλενική πλάνη4 attestati nella prima metà del VI secolo. Per brevità e per restringere і confini geo-grafici dell'impero, ci fermiamo a considerare la missionarietà nell'area orientale dell'impero, al tempo sede della capitale e del trono imperiale. Faremo ricorso a qualche sicuro testo storico, ben sapendo, tuttavia, che non solo і testi storici e letterari о scavi archeologici (si consideri il profu-so costume di trasformare il tempio in chiesa e il relativo rito creatosi per questa cerimonia5), ma anche grandi ed influenti pagine agiografiche (si pensi alla Vita di S. Nicola di Sione) lasciano, benché non apertamente, trasparire culti pagani antichi esistenti soprattutto nelle località rurali. L'imperatore, nel nostro caso sarà Giustiniano, è consapevole che rientra nel suo dovere-diritto intervenire sicché la giusta fede - e qui si intende quella emessa a Calcedonia, soprattutto la cristologia - splenda ovunque nelYoikoumene. Lungi dal soffermarci sul nodoso connubbio di propa-ganda politica e religione nel fenomeno della missione, plesso delicato af-frontato in passato7, ci fermeremo a considerare invece dei problemi dot-

2 H. J. W. DRIJVERS, Cults and Beliefs at Edessa, Leiden, 1980, 196; per questa città, cfr. J. B. SE-GAL, Edessa «the Blessed City», Oxford 1970. Per questa tematica si vedano gli utili lavori di R. LANE Fox, Pagans and Christians, New York 1987; Il conflitto tra paganesimo e cristianesimo nel secolo IV, a cura di A. Momigliano, Torino, 1975; Vagani e Cristiani da Giuliano l'Apostata al sacco di Roma, At-ti del Conv. Inter, di Studi, Rende 12/13 Nov. 1993, a cura di F. ELA CONSOLINO, Soveria Mannelli-Messina 1995.

3 Per l'uso e significato di paganus e hellene, cfr. H. CHADWICK, The Early Church, Harmon -dsworth, 1967, 152 e n. 1.

4 C. I, 5, 18 (4), e I, 11, 9. Cfr. E. STEIN, Histoire du Bas Empire II, Paris-Bruxelles-Amsterdam, 1949, spec. 369-373. Si ricordi che la immolatio hostiae si considerava ad exemplum maiestatis reus: С. Th. XVI, 10, 12 (8 Nov. 392); il libro XVI, 10 del С. Th. ha trovato una buona traduzione italiana in L. STORONI MAZZOLANI, Sant'Agostino e i pagani, Palermo 19882, 118-136.

5 Per la cerimonia, cfr. V. RUGGIERI, Consacrazione e dedicazione di chiesa, secondo il Barberinia-nus graecus 336, in «Orien. Christ. Periodica» 54 (1988) 79-118; FROTHINGHAM, L'omelia di Giovan-ni di Sarßg, 51 e nota 1; per il Partenone, di recente, vedi C. MANGO, The Conversion of the Parthenon into a Church: the Tübingen Theosophy, Deltivon th=ò Cristianikh=ò jArceol. JEtaireivaò 18 (1995) 201-201 con bibi. precedente.

6 G . ANRICH, Hagios Nikolaos. Der heilige Nikolaos in der griechischen Kirche, I -II , Leipzig-Ber-lin, 1913-1917; le vicende di questa agiografia licia avvenivano propinque al territorio che affronte-remo in seguito.

7 H.-G. BECK, Christliche Mission und politische Propaganda im byzantinischen Reich, in La con-

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trinali e canonici non spesso ritenuti dalla letteratura precedente; per que-sto scopo interverrà un documento archeologico8 che offre nuova materia di riflessione.

Giustiniano Imperatore: Ortodossia e missione

Non è certo nostro intendimento dare un giudizio о addirittura una pa-rola definitiva sulla figura e opera di Giustiniano9, ma per quanto riguarda la "missione" necessita inserirla nel contesto politico-ortodosso e decisionale in cui lo stesso Imperatore tirannizzò la Chiesa secondo un'intolleranza dogma-tica, ritenendo gli interessi propri dell'Impero uniti inseparabilmente a quelli della Chiesa, anche se dall'altra parte sia stato pressoché difficilissimo mettere sullo stesso piano і fini e gli interessi della Chiesa con l'Impero. Si ricorda co-me l'Impero bizantino tout court non sia mai stato ortodosso nella sua totali-tà, in quanto insieme e frutto di variegate realtà sociali, culturali e situazionali su piani nettamente differenti. In tal senso si è notato un certo qual consolida-mento del potere imperiale attraverso la Chiesa anche nella chora, mentre l'Imperatore si manteneva pienamente al suo servizio per aiutarla a capire la sua missione rendendo il vero culto a Dio ed estendendo l'opera di salvezza di Cristo verso і pagani e Giudei, facendo penetrare і principi della fede cristiana nelle istituzioni dello Stato.

Giustiniano però, in tale contesto, a fronte di opposte e variegate idee con l'avvicendarsi delle diverse fazioni, non volle о non fu capace di innalzarsi sopra le parti rivali, anzi si lasciava convincere a più riprese da chi più avesse insistito. Invero, è noto come a fronte del monofisismo del-l'imperatrice Teodora favorì tale gruppo secondo differenti modi ed aspetti: in primo luogo perché personalmente ci teneva, anche per le insi-stenze della moglie stessa, e perché praticamente trovava più religiosità che non nelle file della Chiesa ortodossa stessa10.

versione al cristianesimo nell'Europa dell'Alto Medioevo, Settimane di Studio del Centro It. di Stu-di sull'Alto Medioevo, XIV, Spoleto, 1967, 649-674. Più attinente alla nostra problematica e geogra-fia, I. ENGELHARDT, Mission und Politik in Byzanz. Ein Beitrag zur Strukturanalyse byzantinischer Mission zurZeit Justins und Justinians, Misceli. Byz.-Monacensia 19, München, 1974.

8 Per le chiese, di cui diremo in seguito, cfr. V. RUGGIERI e F. GIORDANO, La penisola di Alicarnas-so in età bizantina, II Parte Le chiese di Tavsan Adasi e Monastir Dag, in stampa in Orientalia Chr. Pe-riodica 1998.

9 Soprattutto in materia religiosa cfr.. C. CAPIZZI, Giustiniano I tra politica e religione, Messina 1994 con bibliografia. M. AMELOTTI, Giustiniano tra teologia e diritto, in L'Imperatore Giustiniano. Storia e Mito. Giornate di studio a Ravenna. 14-16 ottobre 1976, Roma 1978, 133-160. Seppure in un contesto differente di pensiero si veda ancora: B. BIONDI, Giustiniano I principe e legislatore cattoli-co, Milano 1936.

10 H.-G. BECK, Storia della Chiesa, in La civiltà bizantina dal IV al IX secolo. Aspetti e problemi, Ba-ri 1977, 232-276, quivi 264 .

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Tale comportamento attuativo giustinianeo si confà alla concezione allora predominante del Basileus о Imperatore, laddove Giustiniano stes-so riassumeva le teorie di Agapito secondo il quale il re sta al mondo come dono di Dio agli uomini per amministrare ciò che è utile. L'imperatore è quindi simile a Dio per la potenza della sua dignità dovendo realizzare in terra un regno simile al Regno di Dio, mentre per la sua persona realizza assolutamente quella di Dio11. Se la sovranità era vista derivante unica-mente da Dio e dal Logos divino12: l'Imperatore doveva costruire il Regno di Dio, secondo una visione e concezione che giustificavano così la volon-tà della missione nell'Impero13.

In tale situazione dell'impero romano d'Oriente laddove emerge una differenziazione coabitativa di popolazioni autoctone con varietà di etnie, civilizzazione e tradizioni culturali14, non rilevava una distinzione delle due società: esisteva infatti un'unica societas Christiana con al vertice l'imperatore sotto la guida di Dio, e la gerarchia ecclesiastica che collabo-rava in un più grande disegno. In tale contesto il monarca era ritenuto creare la Legge15. Il Basileus era a capo della basileìa come un unico orga-nismo statale ed ecclesiastico in cui Y imperium ed il sacerdotium procedo-

11 A. PERTUSI, Storia del pensiero politico, in La civiltà bizantina, cit., 31-85, quivi 44. Vengono ana-lizzati і titoli e le appartenenze dell'Imperatore con l'incoronazione che corrispondeva ad un'ordi-nazione, così il titolo di Apostolo in P . CHRISTOU, The missionary task of the byzantine Emperor, in Byzantina 3 (1971), 279-286.

12 Tali idee furono riprese dal filosofo cristiano platonizzante Filone che riteneva l'imperatore partecipasse dell'anima eccezionale (le altre erano ordinarie) ed attraverso l'ascesa, a Dio, divenendo ed agendo come intermediario tra Dio e l'uomo. Anche Eusebio di Cesarea vedeva l'autorità del-l'Imperatore derivante dal logos divino per cui lo stesso sarebbe stato in possesso della scienza delle cose umane e divine soprattutto in rapporto a quella società umana "che sta fuori dal perimetro del tempio (A. PERTUSI, 47, interpreta in questa parte come relativa alla figura dei laici, mentre potreb-be estensivamente ritenere quegli uomini a cui ancora non sia stata rivelata la Buona Novella), per-ché a lui Dio ha rivelato "le cose occulte" con il comando di richiamare il genere umano alla cono-scenza della verità.

13 P . CHRISTOU, 282 . 14 G. BARDY, Asie, Depuis les débuts de la prédication chrétienne jusqu'à l'invasion de l'Islam. III.

L'Asie mineure, in Dictionnaire d'Histoire et de Geographie Ecclésiastiques, Paris 1925, vol. IV, coll. 966-988.

15 Ma era lui stesso la legge rifacendosi al pensiero di Platone ed Aristotele; il monarca è la legge animata ed osservante della lex secondo il pensiero di Clemente Alessandrino e Cicerone. A tal pro-posito ci si può riferire alla Novella 105 quando si afferma che: «Omnibus enim a nobis dictis impera-toris excipiatur fortuna, cui et ipsas deus leges subiecit, legem animatam eum mittens hominihus: eo quod imperatori quidem iugis indesinens [est] consulatus omnibus civitatibus et populis gentibusque in singulis quae placent distribuenti, advenit autem cum ipse annuerit trabea, ideoque et imperii consula-tus per omnia sit sequens sceptra». Il Basileus è unico sovrano universale ed unico legislatore, unico interprete della legge ma vincolato però alla legge per cui in materia ecclesiastica non può andare contro le decisioni e definizioni dei Concili perché l'attività legislativa in tale parte ha solo un carat-tere ricognitivo e sanzionatorio. In tal senso gli Imperatori bizantini nell'intronizzazione erano tenu-ti a prestare giuramento di fedeltà alla Chiesa, e di obbedienza ai suoi dogmi ed alla sua ortodossia. Nella storia si inizia con il caso di Anastasio I, nel 491: C. CAPIZZI, L'imperatore Anastasio II (491-518). Studio sulla sua vita, la sua opera e la sua personalità, in Orientalia Chr. Analecta 184, Roma 1969, 80-86 con bibliografia.

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no entrambi da Dio e pur distinti nelle loro competenze terrene debbono trovare la loro armonia per dare agli uomini tutto ciò che sia utile mate-rialmente e spiritualmente16. Secondo tale concezione seguivano le dottri-ne fondamentali del potere imperiale di Bisanzio sancendo la base teorica per la missione in quanto l'imperatore era ritenuto con Cristo colui che avesse il potere sull'oicumene regnando insieme con Cristo ed ispirato dallo Spirito Santo17.

In tale ottica le guerre non potevano essere intese in senso di con-quista о rivendicazione, ma parte del dovere fondamentale dell'Imperato-re di portare і pagani alla fede in Cristo18 costruendo e mantenendo l'orto-dossia19 nella difesa dei singoli e della società nel suo complesso20. Si assi-ste ad un mutamento già nel 380 laddove con un decreto tutti і popoli del-l'Impero sono obbligati ad essere ortodossi, altrimenti destinati alla de-mentia et insania, votati all'infamia secondo il Diritto romano, non essen-dovi più nessun diritto di culto, ed in caso di insistenza sono addirittura cacciati dalla città21.

Il basileus doveva nella sua attività essere sempre il primo inviato e missionario, organizzando la missione ortodossa inserendola, integrando-la e modificandola secondo la precedente organizzazione amministrativa dell'impero che peraltro continuava nella sua esistenza. In tal senso si giu-

16 Si veda circa l'incoronazione degli imperatori A. PERTUSI, 70. 17 A. PERTUSI, 59. 18 Rimane famosa l'ira del legislatore come in Nov. 129, I, praef. Si veda pure la Nov. 45, praef.

«Verbo nobis tua retulit eminentia, quosdam inter curiales esse Iudaeos forte aut Samantas aut Montañistas aut aliter respuendos homines, quibus nondum hactenus recta et immaculata fides il-luxit, sed in tenebris sedent animarum vera non sentientes sacramenta: et quoniam haereticos odio habemus, putant per earn occasionem liberi curialium esse functionum et quae competunt his decli-nare». Per quanto riguarda la punizione dell'esercizio del culto pagano si veda C. 1,5,12: «Manicha-ei undique expelluntor et capite puniuntor. Reliqui autem haeretici (haereticus est omnis non or-thodoxus), et Graeci (seu pagani) et Judaei, et Samaritae prohibentur magistratum gerere, et digni-tatem habere, aut jus dicere, aut defensores, aut patres civitatum fieri (ne habeant licentiam vexare, aut judicare Christianos, aut Episcopos). Item militare quoque prohibentur, praeterquam si ex ge-nere cohortalinorum sunt: hi enim manent, onera quidem sustinentes: non offendentes autem, ne-que in orthodoxos quid exequentes in publicis vel privatis causis». Si veda J. JARRY, Hérésies et fac-tions dans l'Empire byzantin du IV au VII siècle, Le Caire 1968, 154 e ss.

19 Circa l'ortodossia si vedano le Nov. 43 e 45,1 in fine e Nov. 109 e 132 chiamata anche "l'editto della fede costantinopolitana".

20 Si rilevano queste motivazioni ed espressioni in B. BIONDI, Il Diritto Romano Cristiano, I. Orientamento religioso della legislazione, Milano 1952, 253 e ss. Da rilevare come tale testo con toni linguistici differenti dalla sensibilità odierna, pur non togliendo nulla al valore dell'opera monu-mentale, ancora faccia onore al suo Autore.

21 C. 1,1 «Hanc legem sequentes, Christianorum Catholicorum nomen jubemus amplecti: reliquos ve-ro dementes vesanosque judicantes, haereticis dogmatis infamiam sustinere: divina primum vindicta, post etiam motus (animi) nostri, quem ex coelesti arbitrio sumserimus, ultione plectendos». Così C. 1,5.

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stifica l'affermazione che і Vescovi, secondo Giovanni Crisostomo erano tenuti alla fedele sottomissione all'autorità dell'Imperatore22.

La missione ai pagani dell'Asia Minore: il fatto

Nell'orizzonte politico e religioso dell'impero romano d'Oriente, l'anno 451, anno del concilio di Calcedonia, suona come una spada che la-cera non soltanto le coscienza teologica dell'Oriente, ma che ne intacca pure la coesistenza politica. All'avvento al trono di Giustiniano s'era chiu-sa la prima esperienza severiana della corrente monofisita, ma si erano create, dopo la morte di Anastasio I e l'ascesa al trono di Giustino, le pre-messe per una nuova gerarchia monofisita in Asia Minore23.

Giustiniano affidò nel 542 una missione a .Giovanni d'Efeso quando costui era ancora diacono: cristianizzare і pagani nelle province d'Asia, di Caria, della Lidia e Frigia24, province che erano state i caposaldi dell'elle-nismo e sede degli antichi culti indigeni anatolici. Il termine "missione" da noi utilizzato è qui inteso in modo proprio, aderente al carattere batte-simale della missione apostolica (ττορβιτθβντβς ούν μαθητβύσατβ πάντα τα έ'θνη, βατττίζοντβς αυτούς βίς το δνομα του ττατρος και...: Mt 28, 19 e paralleli): le fonti, anche quelle parellele a quella che noi pre-senteremo e commenteremo, evidenziano e ricalcano dati che sen-

22 Cit. da A. PERTUSI, 66. С. CAPIZZI, Potere e ideologia imperiale da Zenone a Giustiniano (474-527), in L'Imperatore Giustiniano, cit., 3-35. I modi per esprimere l'ortodossia e per favorire il culto passavano necessariamente attraverso la legislazione imperiale a favore da una parte del clero ed і monaci con immunità e privilegi, mentre per і cristiani si offrivano, secondo un accesso facilitato, і mezzi finanziari dello Stato. Furono in tale contesto favorite altresì le edificazioni delle Chiese ac-cordando beni e facendo ereditare ciò che era confiscato agli eretici con sopravvenienze pecuniarie da varie fonti о casse. Si noti che si favoriva questa politica avendo sempre riguardo alle soluzioni di problematiche nella provincia.Varie leggi concordanti fanno emergere una decisiva evoluzione ed intenzione nei piani di politica imperiale e spirituale-ecclesiale, con un perfezionamento della legi-slazione relativa alla famiglia, sollecitudine verso і fanciulli, schiavi e liberazione nelle Chiesa con semplificazione della procedura, fino alle liberalità in senso più ampio verso і poveri, deboli, prigio-nieri, condannati. Per la parte anteriore, valida come riferimento si veda P. P. JOANNOU, La legisla-tion imperiale et la Christianisation de l'Empire romain (311-476), Orientalia Chr. Analecta 192, Ro-ma 1972.

23 Cfr. W . H . C. FREND, Severus of Antioch and the Origins of the Monophysite Hierarchy, in The Heritage of the Early Church, ed. by D. Neiman and N. Schatkin, Orientalia Chr. Analecta 195, Roma 1973, 261-275; per il clima storico e concettuale degli anni 484-512, ID., The Rise of the Monophysite Movement. Chapters in the History of the Church in the Fifth and Sixth Centuries, Cambridge 1972, spec. 184-220; ID., The Monophysites and the Transition between the Ancient World and the Middle Ages, in Variorum Reprints, London 1988, XVI, 339-365.

24 Le fonti sono state criticamente discusse da E. HONIGMANN, Evêques et Evêchés monophysites d'Asie Mineure antérieure au Vie siècle, Corpus Script. Christ. Orient. 127, Sub 2, Louvain 1951, 208; E. STEIN, Histoire du Bas-Empire, Paris-Bruxelles-Amsterdam 1949, II, 370-72. Inaccesibile ci è ri-masto: J.-J. VAN GINKEL, John of Ephesus: a Monophysite historian in the sixth-century Byzantium, Ph. D. thesis, Univ. of Groningen, 1995. Per la Frigia, si veda il caso di Colossi: F. NAU, Le Miracle de Saint Michel à Colosses, in Patr. Orientalis IV (1908) 542-562.

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za ombra di dubbio sottolineano il carattere fondamentalmente religioso deirinvio. L'impegno profuso da Giovanni e compagni perdurò per oltre trenta anni, dal 542 al 576 e, come si diceva, quando Giovanni cominciò la sua missione non era vescovo, né alcuno dei suoi aiutanti. A questi va ag-giunto Giacomo Baradeo, metropolita di Edessa, che consacrò Giovanni per la sede metropolitana di Efeso nel 558 ed all'opera anch'egli in questa impresa25. V'è una questione che è bene porre prima di presentare e com-mentare il testo siriaco. Pur supponendo che l'imperatore Giustiniano sottovalutasse о ritenesse di poca forza il monofisismo di Giovanni d'Efe-so, non creava egli la possibilità di restaurare una gerarchia monofisita, antagonista di quella ufficiale ortodossa, nelle regioni anatoliche? Le fonti non riportano nessun atteggiamento di fervore missionario all'interno dell'episcopato ortodosso, e sembra quasi che questa gerarchia non regi-strasse il retaggio pagano presente nel proprio territorio26. E vero che for-malmente l'imperatore dette l'incarico a Giovanni quando costui non era ancora vescovo, ma è pur vero che sapeva dell'atteggiamento apertamente filo-monofisita di sua moglie Teodora e dell'operare di Giacomo Baradeo, in viaggio a ordinare preti e vescovi. Un tentativo di risposta si può forse desumere dai fatti: Giustiniano riteneva che mentre l'episcopato monofi-sita poteva essere indotto ad una unione per vie decisamente risolutone ed autoritative27, lo zelo e la sorprendente mobilità evangelica del clero si-riano (i primi "missionari" erano diaconi, preti e monaci) offrivano un mezzo efficace e capillare per affrontare і residui pagani soprattutto nelle zone rurali. Quanto detto, tuttavia, non chiarisce о giustifica del tutto la procedura canonica già assodata in quel tempo. Infatti, v'è da chiedersi: qual era la canonicità dell'operare del clero monofisita considerando che esso non era in comunione con il patriarca о il vescovo del luogo? La de-posizione di Paolo come metropolita di Aphrodisias di Caria e la sua ri-consacrazione come vescovo28, questa volta ortodosso di Antiochia al Me-

25 Su questo straordinario personaggio, cfr. di recente D. D. BUNDY, Jacob Baradaeus. The State of research, a review of Sources and a new Approach, in Le Muséon 91 (1979) 45-86.

26 Domande a riguardo furono puntualmente poste da I . ENGELHARDT, Mission und Politik 182. Un'analisi strutturale e comparativa sulle preghiere àûYEuchologion bizantino non è stata ancora fatta; quanto risulta evidente, comunque, è la stimolante analisi delle preghiere riportare dalle anti-che fonti agiografiche causate in molti casi delle istanze di sopravvivenza di riti pagani.

2 7 ED. SCHWARTZ, Drei dogmatische Schriften Justinians, in Abh. der bay. Akad. der Wiss. N. F. 18, München 1939, 7-43 (trattato dogmatico); HONIGMANN, Évêques et évêchés 171.

28 Suona significativo e crediamo appositamente documentato da Giovanni d'Efeso il caso di Paolo ad Afrodisia per denunziare situazioni canoniche insostenibili createsi nel miscuglio delle ge-rarchie: «En patriarcha me episcopatuum tuum tibi abrograre iussit, teque denuo creare». Qui [Paolo], cum audivisset, lamentari incepit et dicere: «O homines, pagani estis. lam multi anni sunt a quo creatus sum et episcopus sum, et secundum ordinem cononum a tribus episcopis creatus sum; et nunc cur contra canonem deponor, et denuo impie ordinor? Et, si sacerdotium meum abrogatis et me denuo creatis, ergo et baptismum meum etiam primo abroga, et me denuo baptízate». IOHANNIS EPHESINI, Historia Eccle-siastica, pars III, lib. II, 42, ed. da E. W. Brooks, Corpus Script. Christ. Orient. 106, Syri 55, Lovanii, 1936, 80.

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nadro, e ancora, l'ordinazione episcopale di Deuterios, a cui fu confidato il mandato su tutte le chiese e і monasteri monofisiti di Caria, quale peso queste scelte assumono nel diritto ecclesiastico costituito29? Ci si accorge che l'infrangimento del diritto viene qui causato da una imperialis vis ma-jor: l'urgenza e il dovere di assestare il cristianesimo nell'impero giustifica l'uso di manodopera siriana ed una politica d'unione, pur se nel compro-messo giuridico (e teologico, come vedremo).

Dalla Cronaca dello Pseudo-Dionigi di Tel-Mahre, così scorre la pro-sa dell'evento che ci riguarda:

«ПЄІГ853 la grazia [taibutho] di Dio visitò l'Asia, la Caria, la Lidia e la Fri-gia grazie allo zelo del vincitore Giustiniano e per l'opera del suo umile servitore [Giovanni di Efeso]. Cosi per la potenza dello Spirito Santo [bailo] 70.000 anime furono istruite e abbandonarono gli errori del paganesimo, l'adorazione degli idoli e і templi dei demoni per la conoscenza della verità. Tutti si convertirono, rinnegarono gli errori dei loro padri, furono segnati [ethhthem] e battezzati nel nome del Nostro Signore Gesù Cristo e furono aggiunti al numero dei cristiani. Il vittorioso (imperatore) pagò le spese e gli abiti del battesimo, ed ebbe inoltre cura di concedere un tramsin [τριμίτιον] a ciascuno d'essi [dei battezzati]. Quando Dio ebbe loro aperto le menti e fece loro conoscere la verità, ci aiutarono con le loro stesse mani a distruggere і loro templi, a rovesciare і loro idoli, a estirpare і sa-crifici che esistevano [sdirotho] dovunque, ad abbattere і loro altari macchiati dal sangue dei sacrifici offerti ai demoni e a tagliare gli innumerevoli alberi ch'essi adoravano, giacché essi si allontanarono da tutti gli errori dei loro padri. Il segno salvifico della croce fu piantato fra essi ovunque, e chiese di Dio furono fondate in ogni luogo. Esse furono costruite ed erette - fino ad un totale di novantasei - con grande cura e grande zelo sulle alte e scoscese montagne e nelle pianure, in tutti і luoghi ove esisteva il paganesimo. Dodici monasteri furono anche fondati in que-sti luoghi ove esisteva il paganesimo e dove giammai il nome di cristiano fu udito dall'inizio del mondo fino ad ora. Cinquantacinque chiese furono costruite a spe-se del tesoro pubblico [δημόσιον] e quarantuno a spese dei nuovi cristiani. Il vit-torioso imperatore dette volentieri con abbondanza dal tesoro pubblico (δημόσιον) per mezzo della nostra umiltà vasi [utensili] d'argento [simo], і [pa-ramenti di] lino, і libri ed [utensili? di] bronzo30.

29 Per l'unicità del vescovo nella città: Nicea I, can., VIII; Calcedonia, can. XVII; la legge di Zeno-ne, ripresa dal С. I, 3, 35. Cfr. D. FEISSEL, L'évèque, titre et fonctions d'après les inscriptions grecques jusqu'au Vile siècle, in Actes du Xle Congrès Int. d'Archéologie Chrétienne I (Roma, 1989) 801-828; К. L. NOETHLICH, Materialen гит Bischofsbild aus den spätantiken Rechtsquellen, in Jahrb. für Anti-ke und Christentum 16 (1973) spec. 36-39.

30 Incerti auctori Chronicon Ps.-Dionysianum vulgo dictum, ed. I.B. CHABOT, CSCO, Syri 33, ser. III, t. II, 77-78; per alcune varianti, cfr. F. NAU, Analyse de la seconde partie inédite de l'"Histore Ecclésia-stique" de ]ean d'Asie patriarche jacobite de Constantinople, ROC 2 (1897) 480-483, e Pseudo-Dio-nysius of Teh-Mahre, Chronicle (known also as the Chronicle ofZuqnin), part III, ed. da W. Witako-wski, Liverpool 1996, 72-3. A parte la divergenza sul numero dei monasteri, chiese e sinagoghe di-strutte, divergenza fra il racconto dello Pseudo-Dionigi e quello offerto dalle Vitae (ed. E. W. Broo-

Missionarietà monofisita 317

La prosa scarna ma essenziale rileva: a) una accentuata cadenza neotestamentaria all'inizio ("la grazia di Dio", "per la potenza dello Spiri-to" [Act. 2,38: Mt 28,19 e parali.]); b) struttura battesimale, abnegazione-signatio-battesimo31; c) formula cristologica del battesimo; d) iscrizione nel numero dei cristiani; e) culti pagani presso templi, are ed alberi; f) co-struzioni chiesiastiche a carico del tesoro imperiale e dei nuovi cristiani; g) dono di utensili per uso liturgico. Traspare la natura essenzialmente reli-giosa che questa missione assunse: catechesi cristiana destinata al battesi-mo, cambiamento da "uomo vecchio" (substrato cultico antico) a "uomo nuovo" (fondazione del nuovo culto). Alla natura propriamente sacra-mentale della liturgia del battesimo, і missionari adducevano ancora gli altri strumenti necessari per la nuova vita sociale e comunitaria, quali era-no le chiese e і centri monastici, quest'ultimi intesi anche come potenti centri di propulsione cristiana nei territori più inaccessibili. La struttura del rito battesimale è quella antica, e segue le successioni catechetiche del rito; la formula sintetica del testo ("nel nome del nostro Signore Gesù Cri-sto"), più che nominare canonicamente quella utilizzata di fatto nel rito (questa era trinitaria, e utilizzata più nella forma passiva), riassume le for-mule di rinunzia-adesione (αττοτάσσομαι-σ-υντάσσομαι) pretta-mente cristologiche, svolte nella prima parte della cerimonia. Non si tra-disce il testo se riteniamo che l'opera missionaria dei monofisiti abbia in-taccato eventi culmine della vita sociale di queste contrade. Se il termine teologico della missione è il battesimo, essa ha, tuttavia, comportato la ri-voluzione del mondo cultico piantando il segno salvifico della croce (то ξυλον της Φωης) lì ove si ergeva un simulalcro pagano (του ієрояЗ)32. Le chiese sono divenute і nuovi poli di congregazione sociale, di raggruppa-mento zonale nelle campagne oltre ad adempiere lo scalino finale del rito

ks, PO 18 [1924] 479), e tralasciando l'influenza e la scuola di pensiero create da Giuliano di Alicar-nasso, si ricordi che v'erano monasteri in Caria attorno al 520: The sixth hook of the selected Letter es of Severus, Patriarch of Antioch, in the Syriac version of Athanasius of Nisibis, ed. E. W. Brooks, I, 10, London 1902, 198-213 [179-191); ZACCHARIA Lo SCOLASTICO, Vie de Sevère, ed. M.-A. Kugener, Pa-ir. Orientalis II (1907) 43 (Atanasio, amico di Paralios, si mise anch'egli a convertire e battezzare pa-gani usando il suo monastero come logistico punto di riferimento).

31 F. C. CONYBEARE and A. J. MACLEAN, Rituale Armenorum, Oxford 1905, 389-406 (dal Barb. gr. 336)·, E. С. WHITAKER, Documents of the Baptismal Liturgy, London 1970; J. MATEOS, Théologie du baptême dans le formulaire de Sévère d'Antioche, in Symposium Syriacum 1972, Orintalia Chr. Analec-ta 197, Roma 1974, 135-161.

32 то lepó ν ξυλον era abitato da spiriti immondi, e al suo abbattimento e ν τώ ονόματι του κυρίου μου Ίεσοΰ Χριστοί) per opera di Nicola di Sion, risponde la proclamazione di fede del popolo: εις 'θεός. Cfr. Vita Nicolai Sionitae 17-18 (G. ANRICH, Heilige Nikolaos I, 14-15). Per questa tematica, cfr. E. DlNKLER-VON SCHUBERT, CTAYPOC: vom «Wort vom Kreuz» (1 Kor. 1, 18) zum Kreuz-Sym-bol, in Byzantine East, Latin West. Art-Historical Studies in honor of К. W eitzmann, ed. by Ch. Moss and К. Kiefer, Princeton Univ. Press 1995, 29-38; 0 . HjORT, Augustus Christianus - Livia Christiana: Sphragis and Roman Portrait Sculpture, in Aspects of Late Antiquity and Early Byzantium, ed. by L. Rydén and J. O. Rosenqvist, Uppsala 1993, 99-112; E. DlNKLER und E. DlNKLER-VON SCHUBERT, Kreuz, in Reallexikon zur byz. Kunst V (1991) 1-219.

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di iniziazione avutosi col battesimo (luogo per l'eucaristia). Che un nuovo impulso sia stato di fatto immesso in queste comunità lo si deduce, oltre che dal propagandistico zelo imperiale nell'elargire doni dal tesoro impe-riale, soprattutto dalla partecipazione dei nuovi cristiani al finanziamento delle costruzioni ecclesiastiche, incluse, beninteso, anche la decorazione e suppellettile liturgica degli edifici. Che la missione monofisita ebbe suc-cesso, non si evince, crediamo, dalle cifre ridondanti per le costruzioni fatte e persone convertite, quanto dal fatto che il fenomeno del paganesi-mo non traspare più nelle scarse fonti posteriori, e, elemento di una rile-vante entità, dalla persistenza di una particolare tradizione teologica che trova le sue radici nella cristologia monofisita.

Per esercitare quanto di fatto accadde, Giovanni ed і suoi amici ave-vano, come detto, tutto l'avvallo imperiale: l'imperatore, ovviamente, ri-chiedeva che la dottrina cristiana da impartire fosse quella di Calcedo-nia33, il che è quanto dire: il kerygma cristologico doveva essere formal-mente quello calcedoniense mediato tuttavia da linguaggio e mente siria-ca. Ben si sia come la Caria sia stata al tempo di Severo d'Antiochia una fu-cina ove il monofisismo ebbe illustri fautori - evochiamo Giuliano di Ali-carnasso, Eufemio di Afrodisia, Menofane di Antiochia al Meandro, Zeu-xis di Alabanda, Pietro di Alinda34 - ma su quanto sia lo Pseudo-Dionisio, come Giovanni d'Efeso e Michele il Siro sembrano calcare la mano nelle rispettive loro narrazioni risulta essere il fenomeno del paganesimo diffu-so. La documentazione epigrafica ed archeologica relativa ad Afrodisia, sede metropolitana della provincia caria, benché la città sia ancora in faso di scavo, lascia intendere il fenomeno come significativo nell'equilibrio sociale e culturale della città nel V secolo e agli inizi del VP5, e se l'eviden-

33 Chronique de Michele le Syrien, ed. J.-B. Chabot, II (Paris, 1901) 207 «ils furent instruits selon l'opinion de Chalcédoine, parce que le saint qui les convertissait (= Giovanni di Efeso) jugeait qu'il valait mieux qu'ils quittassent l'erreur du paganisme même pour le Chalcédonisme»), Ci sembra op-portuno dubitare di questa trasparenza di intensioni cosi come espressa da Michele il Siro. Su que-sto cfr. S. ASHBROOK HARVEY, Asceticism and Society in Crisis. John of Ephesus and the Lives of the Eastern Saints, Berkely 1990, 82 e 99-100. Diverso, infatti, fu il risultato in Nubia: E. R. HARDY, Chri-stian Egypt. Church and People, New York 1952, 141-143; W. H. C. FREND, The Rise of the Mono-physite Movement: Chapters in the History of the Church in the Fifth and Sixth Centuries, Cambridge 1972, 297-303; A. GRILLMEIR, Jesus der Christus im Glauben der Kirche. 2/4. Die Kirche von Alexan-drien mit Nubien und Äthiopien nach 451, Freiburg-Basel-Wien 1990, spec. 272-282. La prima parte del racconto segue di pari passo le vicende rubricali dell'eucologio bizantino relative al battesimo.

34 HONIGMANN, ib. 147; crediamo che a questa lista sia da aggiungere anche Mylasa. 35 Ch. ROUECHE, Aphrodisias in Late Antiquity, London 1989, nn. 53-54 (p.87-93); per Asclepio-

doto, filosofo-retore, cfr. Vie de Sevère 39-43; R. R. SMITH, Late Roman Philosopher Portraits from Aphrodisias, in JRS 80 (1990) spec. 153-5. Per statuette, ceramica e lampade nella «north Byz. Hou-se» di Afrodisia, K. ERIM, Recent work at Aphrodisias 1986-1988, in Aphrodisias Papers. Recent work on architecture and sculpture [Jour, of Roman Archaeology, Suppl. series 1] (Ann Arbor, Mi., 1990) 27. A Mileto, all'inizio del VI secolo, si ha il caso illustre ed Esichio: cfr.. C. MANGO, L'attitude byzantine à l'égard des antiquités gréco-romaines, in Byzance et les images, ed. A. Guillou et J. Du-rand, Paris 1994, 100.

Missionarietà monofisita 319

za archeologica e testuale nella metropoli echeggia un certo paganesimo elitario, la cadenza del racconto da noi presentato, benché non puntualiz-zi la geografia della missione, sembra evocare più і distretti rurali (monta-gne e pianure).

Il Vescovo come inviato nella missione

Se da una parte Giustiniano esercita una sollicitudo sentendo come primo dovere quale sovrano36 di "conservare intatta la pure fede cristiana, di difendere contro ogni perturbazione lo stato della santissima Chiesa cattolica ed apostolica37, dall'altra nella realizzazione di tali intenti ritene-va di inserire gli episcopi anche nell'apparato dell'amministrazione dello Stato, pretendendo nel contempo di associare l'impero all'amministrazio-ne della Chiesa e viceversa. Si esplicava così un progetto di rivendicazione dell'autorità non solamente su persone, ma sulle cose e nella disciplina del dogma38. In tal modo le questioni religiose furono inserite e commiste nel-la politica secondo una reciprocità che aveva quale centro e fulcro ai mar-gini il ruolo episcopale.

Se già Giustino riteneva che il buon ordine della Chiesa fosse il so-stegno dell'impero39 conseguentemente nell'unione delle varie regioni ve-niva determinata minuziosamente dalla legge sia l'elezione del nuovo ve-scovo come pure quelle condizioni di moralità e le garanzie di onestà che richiedevano la nomina stessa40.

E noto come in tale contesto la Chiesa fin dai primi tempi della sua esistenza si fosse uniformata alla divisione politica dello Stato romano, con un principio di accomodement dell'organizzazione amministrativa ro-mana che di fatto era stata introdotta dagli Apostoli stessi. Il cammino ec-clesiale aveva visto un adattamento progressivo all'organizzazione politi-ca esistente finché l'importanza religiosa che acquisiva una fondazione episcopale in una città non avesse come riferimento e base la città civile.

Giustiniano riteneva il Vescovo non solo come colui che avesse una

36 Giustiniano neìYEpistula adversus Theodorum Mopsuestiae così dice: «Semper quidem studium fuit orthodoxis et piis imperatorihus patribus nostris, pro tempore exortas haereses per congregationem religiosissimorum sacerdotum. amputare, et recta sincere praedicta, in pace sanctam Oei Ecclesiam cu-stodire» PG 86, 1036 (cfr. con le medesime parole il Decretum Justiniani Imperatoris РІ 69, 30).

37 PG 86, 946-947: famoso è Xincipit·. «Nobis semper studio fuit, atque etiam nunc est, rectam et irre-prehensibilem Christianorum fidem, statumque sanctissimae Oei catholicae et apostolicae Ecclesiae, perturbationum expetem usquequaque custodiri».

3 8 C. DIEHL, ]ustinien et la civilisation Byzantine au Vie siècle, Paris 1901, 315 E ss. 39 Per tutti: С. 1,3,42; e 1,4,34. 40 С. 1,3,41(42) e 47(48); Nov. 123.

320 Vincenzo Ruggeri - Natale Loda

certa qual dipendenza e riferimento mentre per quanto riguardava il Ve-scovo della capitale era il referente principale nei rapporti e contatti con la Chiesa stessa e per le province. Si dava applicazione alla statuizione del c. 4 del I Concilio di Nicea che già prevedeva un'organizzazione territoriale della Chiesa che si basava sulla divisione amministrativa dell'Impero.

In tale contesto di determinazione ed insediamento episcopale Giu-stiniano si è detto come mirasse al progetto di unità tra religione e politica avendo quale obiettivo lo sradicare il paganesimo, detestando gli eretici41

ma alla fine trattando diversamente le varie sette, notandosi una mitiga-zione della severità con i Nestoriani e monofisiti, soprattutto con questi ultimi, anche a causa del loro numero ragguardevole in Oriente e la po-tenza che ne derivava42. L'imperatore si ritrovava nel dubbio se proscri-verli oppure no in quanto ne potevano derivare pericoli per la monar-chia43.

Nasceva così una politica di compromesso, che si faceva esitante, contraddittoria e complessa. Infatti era pacifico che Giustiniano fin dall'i-nizio del suo regno per і motivi che abbiamo addotto sopra regolasse mi-nuziosamente і dettagli della disciplina ecclesiastica, modificando con or-dinanze non solamente і limiti delle circoscrizioni episcopali ma anche le gerarchie ed і vari dignitari della Chiesa tutta44, instituendo nuovi episco-pati, deponendo Vescovi conferendo il pallium agli stessi fino alla messa a disposizione del braccio secolare alle condanne canoniche.

Il ruolo del vescovo secondo la prospettiva e programmazione giu-stinianea diviene rilevante anche per quanto riguarda la missione. Secon-do Giustiniano il Vescovo è l'autorità, parte integrante della costituzione cittadina, tanto che è "ufficiale dell'Impero". In tal senso si spinge perché le fidelissimae civitates riconoscano la figura ed il ruolo di rappresentante dell'universitas Civium. Il vescovo è inviato nei vari luoghi per perseguire la regolamentazione giuridica e nell'inserimento dell'organizzazione sta-tuale secondo un ampio e semplice sistema di controllo e vigilanza, po-nendosi nella rapportualità tra Sacro Palazzo e Civitas in un legame che fa nascere YEpiscopus civitatis5.

41 Si rimanda alla prefazione della Nov. 45 ed all'efficace: "quoniam haereticos odio habemus". M. P. BACCARI, Comunione e cittadinanza (a proposito della posizione giuridica di ereticiapostati, Giudei e pagani secondo і Codici di Teodosio II e Giustiniano I), in Studia et Documenta Historiae et Iuris 57(1991) 264-286.

42 Erano detti "esitanti" o diacrinoménoi in PG 86,51. Rileva anche la Nov. 109, soprattutto la praef.

4 3 C. DIEHL, 331 e ss. 44 Nov. 11; e 131 circa і titoli ecclesiastici. 45 Per il periodo antecedente ma con attenzione e puntualizzazione: G. FOWDEN, Bishops and

Temples in the Eastern Roman Empire A.D. 320-435, in Journal of Theological Studies, η. s. 29 (1978), 53-78. W . TELFER, The office of a Bishop, London 1962.

Missionarietà monofisita 321

Il Vescovo insediato ed intronizzato avrà così poteri pubblici con attività defensionale in senso phisicus e iuridicus della città e dell'ordine antico; ancora la sua attività protettiva si estenderà a tutti і cittadini nelle diverse classi sociali, con un avvicinamento dei contatti tra la popolazio-ne. Emergono così anche quelle funzioni che divengono extraecclesiasti-che: la cura e Γ amministrazione dei beni vescovili; la sovraintendenza del-le opere sociali; l'amministrazione della giustizia con vigilanza e controllo dei giudici ordinari, delle magistrature cittadine e nel caso 1 ordine di so-stituzione;vigilanza e controllo sull'amministrazione finanziaria urbana46, fino al pieno consolidamento giurisdizionale come giudice di grado supe-riore dell'episcopalis audientia della Nov. 8647.

Ancora, per tutte le persone che facevano parte della Chiesa esiste-va una giurisdizione speciale48 ma era il Vescovo il solo giudice, tanto che il tribunale laico non poteva conoscere le cause di cui і vescovi fossero in-teressati, ed і capi della Chiesa esercitavano il controllo sull'amministra-zione civile convenendola ai vescovi49 con privilegi speciali facendoli dive-nire non solo capi delle diocesi e chiese, ma pure protettori dei poveri, dei prigionieri, delle vittime e degli schiavi.

Missione e documenti archeologici

In cima all'isola di Tavşan, a nord della penisola di Alicarnasso, sor-ge ancora oggi una chiesa in rovina che, benché abbandonata, conserva estese tracce della sua primitiva bellezza e ricchezza decorativa. Essa è una basilica a tre navate, con tre absidi circolari terminanti ad est. Un'al-tra identica, gemella chiesa si trova sui pendii rocciosi della penisola di Alicarnasso, su un pianoro nel bosco: si chiama Monastir Dağ. Pur se ap-paiono lievi differenze di muratura, ambo le chiese appartengono ad una stessa maestranza di operai, e quasi certamenti gli stessi erano і pittori al lavoro in esse. Le due chiese sono inoltre accomunate da un'altra impor-tante caratteristica: esse sorgono su fondazioni carie, pre-romane, occu-

Si veda la Nov. 8 S. Мосні ONORY, Vescovi e città (sec. IV-VI), Bologna 1933. Anche se riguar-da la parte relativa ali Impero d'Occidente questo testo ha quei riferimenti giustinianei secondo la bisogna: quivi 300 e ss.

47 Tale novella era titolata: «Ut différentes indices audire interpellantium allegations cogantur ab tpiscopis hoc agere; et ut quando in suspicionem habuerint iudicem, pariter audiat causam et civitatis episcopus; et de cautela quam oportet omnino episcopum agere». G. VISMARA, Episcopalis Audientia L attività giurisdizionale del Vescovo per la risoluzione delle controversie private tra laici nel Diritto Komano e nella Storia del Dirito Italiano fino al secolo nono, Milano 1937, quivi 134 e ss

48 C. 1,4,29; Nov. 79 e 123. 49 Ancora il riferimento va alla statuizione di C.1,4.

322 Vincenzo Ruggeri - Natale Loda

pando cioè un'area pagana ed ergendosi esattamente sul posto dell'edifi-cio preesistente. Della chiesa di Monastir Dağ ben poca cosa si è conser-vato degli affreschi originali; quella di Tavşan, invece, ha ritenuto degli splendidi esempi di affreschi di cui quelli presenti nella navata sud sono accostati in tale modo da "raccontare" un ciclo catechetico. Tre grandi pannelli (170 per 165 cm) sono affrescati e disposti ad altezza d'uomo, cioè partendo dal calpestio originale della chiesa50. Questa iniziale nota ci immette in un livello "discorsivo", diremmo di dialogo catechetico, in quanto il fedele, colui che entrava nella navata, si vedeva interpellato dal-l'immagine posta allo stesso suo livello di altezza. Avessero і pannelli avu-to una funzione esemplare о presentare cicli vetero-neo-testamentari, li avremmo trovati posti ad un'altezza superiore, quali imposte о volte; qui, invece, il fedele si trova interpellato da scene narrative, "storiche" nella mentalità del suo tempo. Un primo pannello presenta tre personaggi in piedi, splendidamente vestiti: S. Agauros, S. Teodoro e S. Giorgio. Di fronte ai tre, un altro pannello rappresenta due personaggi, un uomo e una donna, і cui nomi ci restano sconosciuti. Ambedue sono accomunati dalla palma che s'erge da sotto indicandoli come martiri. Lei, infatti, dovi-ziosamente vestita, reca in mano il flagrum (flagellum)\ lui, ieratico e sere-no il viso, viene avvolto dalle fiamme che s'alzano da sotto. Il terzo pan-nello, accanto al primo, raffigure due uomini: a sinistra Giovanni Battista che regge un cartiglio recante Gv. 1, 29b (ecce agnus Dei...); a destra l'Em-manuele51. Un paio di evidenze suonano strane richiamando subito l'at-tenzione: l'Emmanuele (il nostro è il più antico esempio in affresco), in posizione epifanica quale appunto il testo di Giovanni testifica, ed Abga-ros, il re di Edessa, come santo52.

La presenza di questo re, per quanto ci è dato sapere, risulta scono-sciuta all'interno di un ciclo affrescato propriamente "bizantino", e spo-sta la lettura del suo pannello verso la sua città, ad Edessa, città non estra-nea al culto di San Teodoro e San Giorgio53. Il re accompagna і due santi

50 Lo stile e le lettere delle iscrizioni datano gli affreschi all'epoca giustinianea (stessa data per la muratura). Due persone, un certo Teodoro e il monaco Giovanni, sono і donatori del Io e 3° pannel-lo.

51 Fra Giovanni e Cristo Emmanuele scorre una preghiera con incipit cristologico: Χριστή, ó θεός και ττιττός...

52 Vasta la bibliografia sul personaggio. Si veda J. SEIBERT, S. V. Abgar, in Lexikon der Chr. Ikonogr. I, 18-19; G. ELDAROV, S. V., Bibi. Sanct. I, 75-76; cfr. l'icona sinaitica, К. WEITZMANN, The Monastery of Saint Catherine at Mount Sinai. The Icons, I. From the Sixth to the Tenth Century, Princeton, New Jersey 1976, 94 e ss, pl. В 58 diverso dal nostro.

53 J. B. SEGAL, Edessa «the Blessed City», Oxford 1970, 75, 190. Nessuna referenza ci è stata possi-bile reperire per і due martiri: dell'uomo manca qualsiasi accenno scritto, benché il fuoco ricorda il ben noto martirio di Habbib 'Άβιβος Abiboò: O. VON GEBHARDT und E. VON DOBSCHUETZ, in Die Akten der edessenischen Bekenner Gurjas, Samonas und Abibos, TU 37/2, Leipzig 1911, 16, 21-22; 110, 14-15; J.B. Segal, ib. 85-6.

Missionarietà monofisita 323

guerrieri che non solo sono vestiti a modo militare (con tunica e chlamys), ma mostrano apertamente la loro arma di combattimento, la spada. Il re e і due soldati sono accostati nel comune intento di combattere і pagani. Gli atti antichi di San Giorgio e San Teodoro evidenziano infatti, nel testo del loro martirio, come una grande moltitudine di soldati pagani optino per la retta fede; dall'altra parte la salute fisica acquistata da Abgar grazie all'a-postolo di Dio, fa convogliare al battesimo e alla nuova fede lui come il suo popolo pagano54. L'oggetto-soggetto della nuova fede è il rappresen-tato ed additato του 'Εμμανουήλ, e il transito dall'antico al nuovo (Anti-co/Nuovo Testamento; paganesimo [Ebrei-Elleni]/cristianesimo) avvie-ne attraverso il battesimo di sangue, il martirio, attestato dal cartiglio del Battista (Gv 1, 29b), incipit della pericope battesimale del IV Vangelo55. Il martirio è allora visualizzato "storicamente" da due martiri, a noi scono-sciuti, ma ben noti al fedele del tempo. Nella breve, ma completa nella sua rappresentazione catechetica, storia teologica di questa navata, pensiamo di ritrovare un cardine teologico della grande tradizione monofisita, altri-mento detto il kerygma dell'Emmanuele come annunzio fatto all' "elle-no". Non si ritenga estraneo alla mentalità monofisita la presenza dell'im-magine: lungi dall'essere un ostacolo teologico, l'immagine affre-

54 A. DELEHAYE, Les légendes grecques des Saints Militaires, Paris 1909, 28 e 52; L. DUCHESNE, Le Liber Pontificalis I, Paris 1886, CXVIII. Delehaye ebbe al tempo un'intuizione felice che ben s'ac-corda con il caso delle nostre due chiese sorte su fondazioni pagane e ben remote: «... un martyr cé-lèbre est toujours l'héritier d'un dieu: mais il n'en est pas nécessairement la transformation, et son culte n'est pas pour cela la continuation d'un culte ïdolatrique» {ib. 114). Si noti, inoltre, il rapporto «de figurisme entre la victoire de Yahweh sur les assiriens et le triomphe final de l'Emmanuel sur tous les ennemis...»:cfr., Emmanuel (s. v.), Diet, de la Bible, Suppl. II (Paris, 1934) 1049 e l'esegesi di Teodoreto di Ciro, Commentaire sur Isaïe I, SC 21 в, ed. da D.-Ν. Guinot (Paris, 1980) 286 e ss.

55 II tema esegetico-teologico dell'Emmanuele è capitale per il pensiero teologico monofisita: μιά 7<xp ύποττάσεως όμολθ7θυμενης του 'Εμμανουήλ, άκολόυθον μίαν φΰτιν όμολου7€ΐν του θεοϋ λό-yov τεταρκομενην: Ερ. ad Paulum di SEVERO (Mansi XI, 444CD; = «unam naturam incar-natam Deum Verbum confitemur»: CH. MOELLER, Un fragment du "Type" de l'empereur Anastase I, in Studia Patristica III, ed. da F. L. Cross, TU 78 [Berlin 1961] 240); di Severo, si veda l'uso apologe-tico-teologico di Emmanuele nell'inno in onore di Costantino il Grande («of those who divide Em-manuel into two natures»: James of Edessa, The Hymns of Severus of Antioch and others, ed. by E. W. Brooks, PO VII, 604-5) e l'uso teologico ed esegetico nella sua polemica antigiulianista (si tratta del vescovo Giuliano di Alicarnasso!): Sevère d'Antioche, La polemique antijulianiste. III. L'Apolo-gie du Philalètbe, ed. da R. HESPEL, CSCO 319, Syri 137, Louvain 1971; essenziale nel pensiero di Fi-losseno: A. DE HALLEUX, Philoxène de Mabbog. Commentaire du prologue joannique (Ms. Br. Mus. Add. 14.514), CSCO 381, Syri 166, Louvain 1977, 54; Philoxeni Mab. Tractatus de Trinitate et Incar-natone, ed. da A. VASCHALDE, CSCO 9, Paris 1907; ritenuto ancora un caposaldo nella teologia po-steriore; cfr. PH. LUISIER, La Lettre du Patriarche Copte Jean XI au Pape Eugène IV. Nouvelle Edition, in Orientalia Chr. Periodica 60 (1994) 119; ID., Jean Xle, 89ème patriarche copte: Commentaire..., in Orientalia Chr. Periodica 60 (1994) 526-7; G. LEVI DELLA VIDA, Documenti intorno alle relazioni delle Chiese Orientali con la S. Sede durante il pontificato di Gregorio XIII, Studi e Testi 143, Città del Vati-cano 1948, 157-158. Strana traduzione di «Emmanuele» come «Figlio di Dio» da parte di Giovanni II di Gerusalemme («traduction évidemment incorrecte ... pourrait faire partie d'un targum chri-stianisant»: M. VAN ESBROECK, Jean II de Jérusalem et les cultes de S. Etienne, de la Sainte-Sion et de la Croix, in Analecta Bollandiana 102 [1984] 102 e n. 20). Importanti, infine, le pagine di J. LEBON, La christologie du monophysisme syrien, in A. Grillmeier - H. Bacht, Das Konzil von Chalkedon. Geschi-chte und Gegenwart, I, Würzburg, 1951, sopr. 485-486.

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seata, è uno strumento cristologia)56. La disposizione delle nostre imma-gini ad altezza d'uomo sottolineano il carattere viatorio della catechesi vi-siva: v'era un rapporto frontale del vedente e veduto, di ben altra fattura, proporzione ed intenzionalità rispetto ai programmi absidali57 ove stessi temi potevano essere rappresentati. L'immagine, pur se tecnicamente e pittoricamente terminata, non era finita giacché tocca al dinamismo del fedele portare a compimento, forse meglio фге "cercare di portare a com-pimento", la completezza dell'immagine stessa58.

Le immagini e la loro intrinseca dinamica catechetico-dogmatica ci danno un esempio peculiare del contenuto "discorsivo" della missione quale prevista dal dettame imperiale e trascritta nel testo dello Pseudo-Dionisio. La missionarietà della chiesa monofisita ha creato non pochi problemi canonici relati soprattutto alle ordinazioni, ma ha innervato teo-logicamente il territorio cario fondandosi non su temi ascetici о pietistici, quanto sul kerygma cristologico probabilmente di conio severiano.

56 A. DESREUMAUX, La doctrine d'Addai) l'image du Christ et les monophysites, in Nicée II, 787-1987. Douze siècles d'images religieuses, ed. da F. Boespflug et N. Lossky, Paris 1987, 79.

57 Diversa è la lettura teologica desunta dall'impaginazione che l'Emmanuele assumeva in Cappa-docia: C. JOLIVET-LEVY, Les églises byzantines de Cappadoce. Le programme iconographique de l'absi-de et de ses abords, Paris 1991, 158, 174 con η. 9, 196; cfr. la lettura tardiva su questo tema fatta da G. MILLET, La Dalmatique du Vatican. Les élus images et croyances, Paris 1945, 61-81. Cfr. N . P. SEVCEN-KO, Emmanuel (s. v.), in The Oxford Diet, of Byzantium I, 437-8; E. LUCCHESI-PALLI, S.V. (Christus. E/l ) in Lexikon der Christ. Ikonogr. I, 390-392.

58 Processo altrimenti detto da G. DAGRON, L'image de culte et le portrait, in Byzance et les images, ed. da A. Guillou et J. Durand, Paris 1994, 146.