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sosta a... TRASTEVERE g4FRECCE c # 2 al di là del ponte storia - mappa - itinerario - racconto - fumetto - curiosità

4Frecce - Supplemento di Settestrade

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4 frecce - supplemento di Settestrade, la rivista dei soci dell'AC Roma

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Page 1: 4Frecce - Supplemento di Settestrade

sosta a... TRASTEVERE

g4FRECCEc# 2

al di là del pontestoria - mappa - itinerario - racconto - fumetto - curiosità

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CoNtaCHILoMEtRI SOMMARIO

km 03

km 04

km 06

km 08

km 10

km 12

km 14

km 16

km 17

km 18

km 20

km 24

contagiri editoriale

retromarcia storia

retrovisore passato presente

tergicristallo foto

autostop racconto

navigatore mappa

scuola guida itinerario

autoradio playlist

frizione cultura

marmitta fumetto

revisione memorie a confronto

lunotto citazione

p

e

T

g

n

A

4FRECCESupplemento di SETTESTRADEAnno X n. 3 giugno 2011http://[email protected]

Direttore ResponsabileUmberto Cutolo

Redazione, testi e progetto graficoMichela Carpi, Andrea Provinciali

Hanno collaboratoEnrica Murru e Clara Galanti

StampaPoLigraf srlVia Vaccareccia, 41/b Pomezia (RM)www.poligrafsrl.it

SETTESTRADEBimestrale dell’Automobile Club di RomaAnno X n. 3 giugno 2011Registrazione Tribunale di Roma n. 184 del 17.05.2001EditoreAcinservice SrlSede legale, pubblicità e redazioneVia C. Colombo, 261 – 00147 – Roma

Foto e illustrazioni di copertina rispettivamente di Michela Carpi e Clara Galanti

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EDITORIALE CoNtaGIRI

Piace ai romani, piace ai gio-vani e agli anziani, piace lamattina per il mercato, il po-meriggio per il gelato, piace lanotte, soprattutto quando è

calda l’estate, piacciono i vicoli lepiazze gli angoletti gli anfratti, piac-ciono i baci sotto le pergole, piaccionole pergole, piacciono le gonne cortedelle turiste piacciono i sanpietrini no-nostante i tacchio i motorini, pi -ac ciono i coloripastello l’acquache sgorga dal -le fontane, piacciono le chiese, i loroampi cortili, piace tutta Trastevere, etutto le si perdona, come a una donnabella la svagatezza, l’irrimediabile di-strazione. Le perdoniamo ore perseper raggiungerla in cerca di un par-cheggio, e le perdoniamo le multe, leperdoniamo quell’aria un po’ radical-chic che ha messo su da un po’, e lasfacciata franchezza, il vociare chias-

soso, le perdoniamo gli stranieri a cuisi è concessa, i loft-pied-à-terre-man -sarde-soppalchi-cantine-soffitte che havenduto, i negozi del kitsch e dei prezziesorbitanti, i menù in quattro lingueescluso l’italiano, perdoniamo lei e i tra-steverini e i non trasteverini, perdo-niamo noi stessi, sì, soprattutto noistessi, che nonostante tutto l’amiamo.C’è l’antica Roma qui sepolta, basta

scendere nellecripte delle chie -se per vederlatutta, e ci sonostorie di martiri e

di gran dame, storie di battaglie chehanno fatto l’Italia, ci sono i racconti discrittori e artisti e cineasti che oggi,come due secoli fa, ne celebrano gra-zia ferocia e bellezza. Noi ci siamo fer-mati qui, ad ascoltare quelloche è stato detto, a osser-vare tutto quello che ancorac’è. Venite ad azionare4frecce con noi.

Ponte Sisto, di M. Carpi

g

ga

Raccontateci il vostro quartiere

inviando foto o testi a

[email protected]

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4g4FRECCEc

Al termine dell’attuale via delPorto, all’altezza del complessodel San Michele, si trovava il

ponte più antico di Roma, il Sublicio,unico a collegare – con assi di legnofacilmente smontabili – la città con leterre al di là del Tevere, trans Tiberim,appunto, da cui il nome Trastevere.Terra appartenente agli etruschi, con-quistata per controllare e difenderemeglio il proprio territorio, non divennemai parte integrante della città. Il San-tuario Siriaco sul Gianicolo testimoniail grande afflusso – in età repubblicana– di immigrati dall’Oriente (in partico-lare, appunto, ebrei e siriani), che an-darono a infoltire quella periferiadell’urbe fatta di marinai e pescatori.Soltanto in età imperiale la regio tran-siberina – come venne denominata

sotto Augusto – iniziò ad acquistarequalche considerazione: l’imperatoreAureliano, nel III sec. a.C., fece esten-dere le mura della città fino a includerequest’area, e importanti personalitàdell’epoca vi edificarono le proprie ville(tra cui Clodia, forse amata da Catullo,sicuramente vilipesa da Cicerone). I resti di antiche ville romane si tro-vano oggi sotto le Chiese di Santa Ce-cilia e San Crisogono, sotto l'exConservatorio di San Pasquale Baylonin via dei Genovesi. Trastevere medioevale era già un la-birinto di vie strette e tortuose, non la-stricate, su cui si affacciavano casemodeste e ricchi palazzi dei signori.Ancora relativamente isolata rispettoalla città, avrebbe affrontato i secolisenza venire sfiorata dalla Storia.

REtRoMaRCIa STORIA

San Crisogono, sotterranei, di E. Averina

DI LÀ DAL TEVERETra santi, nobili e repubblicani

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a

Nell’Ottocento, quando è ormai unrione a sé stante, Trastevere si pre-senta densamente popolato, vivace eindustrioso, con pochi palazzi nobiliarie molti popolari, con chiese, mona-steri, conventi, e anche ospizi, conser-vatori, ospedali, confraternite.Nell’estate del 1849, nel fervore delleGuerre d’Indipendenza e sotto il brevema glorioso periodo della RepubblicaRomana, Trastevere ospitò nelle pro-prie cantine repubblicani e garibaldinipronti a difendere la città dalle truppefrancesi. Passarono di qui Mazzini eGaribaldi, con la città per un mesesotto assedio, seguirono una man-ciata di giorni eroici, innumerevolimorti e feriti, e poi la resa: il due luglioi francesi passano per (l’attuale) viaGaribaldi occupando Trastevere ePorta Portese. Nello stesso giorno inCampidoglio venne letta al popolo laCostituzione appena approvata, chenon sarebbe mai entrata in vigore.

FONTANA DELLA BOTTE

Nel quartiere delle osterie e delvino non poteva non esserci una“fontana della botte”: realizzata nel’27 dall’architetto Pietro Lombardi,la si trova tra via della Cisterna evia San Francesco a Ripa. La fontana ha la forma di un cara-tello (botte usata un tempo per tra-sportare il vino dei Castelli) dallacui parte centrale esce l'acqua cheviene raccolta in un tino; ai lati sitrovano due brocche, le stesse dacui ancora oggi viene servito nelleosterie il vino della casa, da cuipure sgorga acqua potabile… epeccato non sia vino.

S. Cecilia, di M. Carpi

Fontana della botte, di M. Carpi

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REtRoVIsoRE PASSATO PRESENTE

SONO PASSATI DI QUAUomini e donne emblemi del rione

AL FOLKSTUDIO

Pareti insonorizzate con sacchi diiuta, un piccolo bar, uno stanzonecon la pedana bassa a fare da

palco: non era che un’umida cantina nelcuore di Trastevere, ma se all’inizio deiSessanta volevi ascoltare musica ame-ricana, o i nuovi cantautori italiani, dovevivenire qua, al Folkstudio di via Garibaldi.Padroni di casa erano Harold Bradley,pittore e musicista afroamericano, nero,che faceva l’attore nei kolossal, e Gian-carlo Cesaroni, chimico con la passionedella musica e dei cavalli: i due avreb-bero ospitato musicisti d’oltreoceano (tracui un allora sconosciuto Bob Dylan) finoal 1967, quando Bradley tornò in Ame-rica lasciando a Cesaroni la direzione(come testimonia il simbolo del locale,una mano bianca che stringe una nera).Da allora la programmazione spaziòdalla musica popolare al jazz a gospel espiritual, ma fu la canzone d’autore ita-liana che ne segnò la storia: al Folkstu-dio hanno suonato, ai loro esordi,

Antonello Venditti e Francesco De Gre-gori, Mimmo Locasciulli, Sergio Caputo,Grazia Di Michele, Stefano Rosso, RinoGaetano, Gianni Togni, Giovanna Marini,tanto per dirne alcuni. «Erano tempi lentie con poche auto, erano passeggiate dafarsi placidamente a piedi, avventure damordere a fondo – notti comprese – frabar, cantine, ristoranti, librerie, gallerie einiziative... luoghi umani ed artistici legatistrettamente dallo stesso spirito neo-ro-mantico», ricorda Antonello Venditti,«erano tempi – sana nostalgia per la gio-vinezza a parte – in cui Roma Capocciadominava sul mondo infame dall'altodella sua rivoluzione culturale e il Fol-kstudio in via Garibaldi (con annesso il li-mitrofo Bar delle Rose) era unmicrocosmo capace di far convivereguitti intellettuali e popolo, hyppies glo-betrotters e politici, ceti razze ed età,tutte unificate dal jazz, dal folk, dalla san-grilla e dall'amicizia grande, fatta digrande complicità» (A. Venditti, prefa-zione a Canzoni pennelli bandiere sup-

plì, di E. Bassignano). a

L. Dalla e F. De Gregori al Folkstudio, da Google

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CORPI DI DONNE, MANI DI UOMINI

È un dolore che travolge e afferra lo stomaco, quello che combatte lagiovane Ludovica, un dolore di spasmi e contorsioni, le mani al petto, levesti disordinate, la testa reclinata sui cuscini e contratta in un grido si-lenzioso, le ginocchia piegate, i piedi tesi, un dolore inimmaginabile emortale che fa chiudere gli occhi di stupore, e socchiudere la bocca perun ultimo respiro. L'ha resa eterna il Bernini, questa estasi di dolore,scolpendo la Beata Ludovica Albertoni, splendida e terribile, nel mo-mento in cui morte la vince.Più pudico ma non meno stupefacente il corpo di Santa Cecilia, reclinatosu un fianco, quasi accucciato, quasi come appena sopito, le mani chesembrano aver appena fatto scivolare un libro, o un oggetto prezioso,in attesa di qualcuno che prima che sia notte lo raccolga, la testa inso-litamente ritorta all'indietro, quasi a voler nascondersi, a sottrarsi allosguardo, a imporre un no, non mi guardate ora. La scolpì all'inizio delSeicento Stefano Maderno, allora ventitreenne: le spoglie della martire(suppliziata milletrecento anni prima) erano appena state rinvenute mi-racolosamente intatte, e furono esattamente riprodotte. Una sofferenzapacata, pacificata, bianca e fragile, che invita al riposo.L'una la si può vedere in una cripta di San Francesco a Ripa, l'altra sottol’altare maggiore dell'omonima chiesa, la Basilica di Santa Cecilia.a

Santa Cecilia, di M. Carpi

Beata Ludovica Albertoni, da Google

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tERGICRIstaLLo FOTO

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RAMBLAS di Michela Carpi

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Le era sfuggita una ciocca scolo-rita dalla crocchia che si facevasulla sommità della nuca mentre

leggeva.- A me sembra assai sciocca comecosa da odiare. Cioè, come se qual-cuno si disturbasse a odiare i fiori re-cisi: ma fammi il piacere Giù!

Intanto sentiva rantolare sui sampie-trini sconnessi di via del Politeama lelatte vuote e le bottiglie di birra abban-donate che i netturbini spazzavano via.Una litania quotidiana che interrom-peva ogni momento di riposo, ognigiorno, sempre uguale. La udiva peròcome una cosa distante, fastidiosacerto, che interrompeva gli arpeggimorbidi di Bill Callahan. Giulia seguivale note con uno sguardo sognante cheLuca percepiva appena fra le ciglia an-nerite di mascara.- Senti ma adesso perché devi cavil-lare su quello che odio o non odio?Stavo leggendo in pace, arrivi tu, santodio, a fare polemica. Sai proprio essereintollerabile.Non aveva appoggiato il libro, speravaancora di finire la seconda parte di unatrilogia che avrebbe amato se nonfosse uscita in libreria a distanza dianni. Digressioni lunghe, frasi ampie,una sequela interminabile di subordi-nate, matrioske sintattiche che si rin-correvano sulla pagina. Midcultqualcuno lo aveva definito. Odiava i fi-lologi, a volte.- È che non sopporto questa tua pacio-sità da mucca scema. Non è possibileessere così buoni e accondiscendenti:o sei una finta buonista o una grossaipocrita. Oppure, peggio ancora, seisemplicemente troppo insicura peresprimere un giudizio su qualsiasicosa.Il senso di nausea e ansia non lo ab-bandonavano dal mattino, da quando,

BIANCO E NERO E GRIGIOdi Enrica Murru

aUtostoP RACCONTO

- Non so, allora diciamo che odio i fiori recisi.E lo diceva con quello sguardo serio ma distratto che Lucaconosceva bene.

Vicolo del Cedro, di M. Carpi

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fra il quotidiano del giorno prima e latazza di caffellatte, non era riuscito astaccarsi di dosso quella leggera sen-sazione di perdita d’equilibrio, troppopacata per diventare vertigine, troppopersistente per essere scacciata comeuna mosca col rovescio della mano.- Eh no, non insultarmi pureora. Vacca paciosa ci saraitu. Non è che tutti dobbiamoavere bisogno come te delpastello rosso/blu per se-gnare gli errori. Cazzo, micaè tutto bianco e nero. Niente è cosìsemplice.Era dal mattino che ciondolava in casacon fare svogliato e fintamente man-sueto, si vedeva che c’era qualcosache lo rendeva inquieto, ma lei non sisarebbe lasciata trascinare in una diquelle inutili discussioni sul filo di unaretorica contorta, che finivano puntual-mente per sfiancarla e intristirla.- Sì invece: è bianco l’amore, è nerol’odio. Io ti amavo e ora nemmeno tiodio più. Quindi sarei grigio, secondo

la tua dialettica stringente? Ora lo avrebbe mandato al diavolo, neera certo. Anzi no, avrebbe frignato.Oppure sarebbe scesa in strada a fardeflagrare la disperazione. I netturbinil’avrebbero guardata attoniti mentrecorreva inciampando sulla strada as-

solata. I turisti ammorbati dal-l’afa delle 3 del pomeriggiosarebbero rimasti imbalsa-mati come trofei di caccia.Avrebbero fissato attoniti levie trasteverine smettendo di

girare come forsennati ogni angolopronti a scattare foto. E a lei sarebbecolato il trucco, quel mascara passatosulle ciglia una ad una.Giulia era rimasta senza fiato un at-timo, un attimo solo. Il tempo necessa-rio ad elaborare le informazioni, aricondurle nella casella assegnata alleemozioni astratte nel suo cervello.Sciolse i capelli. Rifece con meticolo-sità la crocchia e girò pagina. Loavrebbe finito quel libro oggi. Che luitacesse o no.

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a

Via del Politeama, di M. Carpi

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NaVIGatoRE MAPPA

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g4FRECCEchttp://4frecce.wordpress.com

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sCUoLa GUIDa ITINERARIO

La fine di Trastevere è il punto incui molte esistenze ribelli sono fi-nite relegate, dove sono ubicati i

più noti 3 scalini di Roma, oggetto per-sino di un motto popolare «A via de laLungara ce sta 'n gradino chi nun sali-sce quelo nun è romano, nun è ro-mano e né trasteverino»: ne è degnadestinataria una Circe che sa comelambire gli Argonauti, Regina Coeli.Scendendo su via della Lungara si ar-riva ad un luogo di culto laico fra i piùbelli di Roma, Palazzo Corsini, sededell’Accademia dei Lincei, magnificabiblioteca che ebbe tra i suoi primi soci

Galileo Galilei. Impossibile a questopunto non dedicarsi ad un’altra reli-gione invisa alla Chiesa, quella animi-sta, che troverebbe idoli ideali nell’OrtoBotanico di Roma, in Largo Cristina diSvezia, un parco di 30 ettari che ospitaalcune specie rare di piante e un giar-dino giapponese con tanto di alberi diginko biloba e pagoda. Difficile udire lostrimpellare dei più feroci automobilistiromani, quelli del lungotevere, qualchemetro più in alto: la natura riesce an-cora a difendersi.Proseguendo su via della Lungara ci siaddentra finalmente nel cuore del

À REBOURSdi Enrica Murru

A ritroso come piacerebbe a Huysmans: un ideale itinerario,di qualsiasi natura, dovrebbe partire sempre dalla fine peraddentrarsi poi nel profondo.

S. Maria in Trastevere, di M. Carpi

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rione, varcando Porta Settimiana, cro-cevia cardine di Trastevere: a sinistrasi inerpica via Garibaldi, strada checonduce a due note vie rifugio dei fi-danzatini in vena di romanticismi chedi questi tempi sarebbero additati peroltraggio al pubblico pudore: via diPorta San Pancrazio e Salita delBosco Parrasio. Per sciogliere le ultimeinibizioni può essere utile passare alBaretto, in cima a via Garibaldi, unavetrata da vertigine e un cortile im-merso nel verde.Ridiscendendo per via Garibaldi si in-crocia via Mameli, costeggiata da unascalinata ripida che riscende nei mean-dri di Trastevere. Sbucherete in unodei vicoli più caratteristici e fortunosa-mente deserti del quartiere, vicolo delLeopardo, colorato dai panni stesi, daifiori, dalle luci da presepe. Da esso sitorna su via della Scala. Qui, al civico64, si incontra il regno incontrastato delbuon bere, facilmente riconoscibile perl’antica insegna di marmo che recita“vini e olii” e per la botte piazzata al-l’esterno a mo di tavolino. Si arriva poia piazza Sant’Egidio (vale una visitail Museo in Trastevere), ultima contraf-forte della minutezza delle antichepiazze trasteverine prima dell’immer-sione nella munifica Santa Maria inTrastevere, piazza a pianta centralecon tanto di fontana e piccioni. Si pro-segue poi alla volta di San Calisto. Aquesto punto tappa obbligata è via deiFienaroli. È qui che trovate Bibli, li-breria fornitissima e caffè con deliziosocortile interno, dove gustare torte fattein casa in porzioni generose per tenerecompagnia nella lettura. Per sfociarenella parte di Trastevere più nascostabasta attraversare viale Trasteverepercorrendo via S. Francesco a Ripa.Ogni stradina vale la pena di esserepercorsa, fra edere e tetti che dise-

gnano uno skyline frastagliato. Consi-gliata poi una tappa all’Accademia diSanta Cecilia, nell’omonima piazza, evia a rifocillarsi da Roma sparita: car-ciofi alla romana e tonnarelli cacio epepe vi imporranno la tipica passeg-giata digestiva. È d’obbligo a questopunto una capatina nella famosapiazza Trilussa: dopo cena enologicoda Ferrara o brasiliano con mohito ori-ginale da Bum Bum di Mel (via delMoro 17), riconoscibile per il cartelloelettronico esterno che indica quale deinumerosi frozen preparati da Ana è de-stinato a voi.Se a questo punto avrete da smaltiresbornie non resta che salire su PonteSisto e vedere la città sottosopra ri-flessa nel “biondo Tevere”. Voltarsi in-dietro a rimirare Trastevere è d’obbligo.La nostalgia qui non è un optional. a

Ponte Sisto, di M. Carpi

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aUtoRaDIo PLAYLIST

RADIO 4FRECCE

XYZMNPQRSTUVtitolo: trastevere durata: 36 ‘

on air: www.youtube.com/user/radio4frecce

01 - claudio villa - casetta de trastevere (3 ‘ 41 ‘’)

02 - stefano rosso - letto 26 (3 ‘ 29 ‘’)

03 - alvaro amici - ciumachella de trastevere (3 ‘ 05 ‘’)

04 - franco califano - roma nuda (3 ‘ 07 ’’)

05 - nino manfredi - trastevere (3 ’ 10 ’’)

06 - lando fiorini - barcarolo romano (3 ’ 59 ’’)

07 - claudio lolli - folkstudio (3 ’ 17 ’’)

08 - antonello venditti - dove (7 ’ 04 ’’)

09 - francesco de gregori - arlecchino (2 ’ 21 ’’)

10 - corveleno - trastevere (3 ’ 06 ’’)

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CULTURA FRIZIoNE

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XYZMNPQRSTUVIN POESIA

Trastevere ricorda i poeti popolari eromaneschi, con le statue di Giu-seppe Gioacchino Belli e di Tri-lussa – nell’omonima piazza – e lapoesia si è fatta strada tra i vicoli delquartiere con gli occhi di Dario Bel-lezza e Sandro Onofri, che conside-rava piazza San Cosimato – al tempodelle canzoni di Claudio Villa – comeil vero cuore di Trastevere.

Rafael Alberti

Roma, pericolo

per i viandanti

(Passigli)

SimoneCaltabellotaIl giardino

elettrico

(Bompiani)

LIBRI

NEL CINEMA

Anna Longhi attrice e comica (la buz-zicona moglie di Alberto Sordi) erauna trasteverina verace; Alvaro Vitali,il pierino e gianburrasca della com-media sexy all’italiana (ma anche Co-techiño centravanti di sfondamento)nacque a Trastevere nel Cinquanta;il regista Valerio Zurlini frequentava ilbar di Marzio col suo cane; oggiNanni Moretti ha in Trastevere il suoNuovo Sacher e Sergio Leone ri-mase colpito dal quartiere al punto daimmedesimarsene.

Statua Trilussa, da Goo

gle

FILM

Trastevere, di Fausto Tozzi (1971); Roma, di Federico Fellini (1972); Un sacco bello, di Carlo Verdone (1980); In nome del popolo sovrano, diLuigi Magni (1990)

Targa S. L

eone

in viale G

lorio

so, d

i M. C

arpi

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MaRMItta FUMETTO

COME ACCADEdi Clara Galanti

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REVIsIoNE MEMORIE A CONFRONTO

Trastevere fine Ottocento: «Mache vai a Roma?», era solitochiedere un trasteverino all’altro

se lo vedeva «passare ponte», oltre-passare il Tevere, ché il rione appariva,rispetto al resto della città, come ungrande e distaccato villaggio. Lo popo-lava gente di estrazione plebea mafiera di un lignaggio antico, che non in-tendeva compromettere abitudini e lin-guaggio con quelli di là dal fiume. «Spesso biondo, colla pupilla azzurra,rozzo e montanaro» è il trasteverinodescritto, in contrapposizione al monti-ciano, nelle Memorie inutili (1875) di Al-fredo Oriani: «meno pronto alloscherzo ma più difficile al coltello, ap-partato, coi forestieri poco garbato, nonli calcola perchè non li sfrutta, non li os-serva perchè li ha sempre veduti; ge-loso delle proprie donne fino al delittocontro chi osa corteggiarle senza per-messo, ma proclive a venderle; igno-rante, ozioso, contemplativo sul generedei lazzaroni napoletani». Altrettantolazzarone, nelle pagine dello stesso au-tore, le trasteverine: «floride anchetroppo nel sembiante, forme rotonde,pupille nere, labbra rosse, le gote can-didissime e soffuse d'incarnato, treccenere, portamento provocante, volto sta-tuario non molto simpatico, preste a ri-spondere con una insolenza ad uncomplimento arrischiato con soverchiatemerità, eppure famigliari anche diprimo tempo, niente affatto casalinghe,orgogliose più della fierezza che dellaonestà». Niente affatto casalinga lagente di Trastevere, che viveva preva-lentemente fuori casa e avrebbe conti-nuato a farlo per i decenni a seguire, traosterie, vicoli, piazze. Di giorno donne

e uomini affaccendati nei più vari me-stieri, come li aveva visti e poi descrittiGiacomo Leopardi nella lettera al fra-tello Carlo del 1823 quando, risalendoil Gianicolo per visitare la tomba delTasso, si trovò ad attraversare le strettevie popolari alle sue pendici: «[Lastrada] risuona dello strepito de’ telai ed’altri tali istrumenti, e del canto delledonne e degli operai occupati al lavoro.In una città oziosa, dissipata, senzametodo, come sono le capitali, è purbello il considerare l’immagine dellavita raccolta, ordinata, e occupata inprofessioni utili. Anche le fisionomie ele maniere della gente che s’incontraper quella via, hanno un non so che dipiù semplice e di più umano, che quelledegli altri, e dimostrano i costumi e il

PIÙ SEMO E MEJIO STAMODue secoli di Trasteverini

Via della Paglia, di M. Carpi

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carattere di persone la cui vita si fondasul vero e non sul falso, cioè che vivonodi travaglio e non d’intrigo, d’impostura,e d’inganno, come la gran parte diquella popolazione».Trasteverini riversati tra i vicoli, si di-ceva, con le sedie fuori dai portoncini,lunghe tavolate apparecchiate per sé eper gli amici, con taverne affollate finoa tarda notte, tra partite a carte, stor-nelli e risse. «Nella sera si darà forsepiù di una coltellata, poiché‚ è giorno fe-stivo; ma noi godremo dello spettacolosenza correre alcun rischio», raccon-tava lo scrittore e critico d’arte franceseEdmond About nel suo pamphlet sulla“Roma Contemporanea”: «Vedrete uo-mini robusti come tori e non meno ira-scibili, che scagliano un pugno collafacilità con che da noi si tracanna unbicchiere d'acqua […]. Ma voi poteteandare e venire in mezzo a loro, spen-der molto, pagar in oro, far risuonare la

vostra borsa, ed uscire dopo mezzanotte nelle vie più oscure, senza timoreche venga in mente ad alcuno d'atten-tare al vostro danaro. Anzi, può dirsimeglio: questa gente vi accoglierebbevolentieri e si ristringerebbe per farviposto» (Rome Contemporaine, 1860).Trasteverini dalla doppia anima – dauna parte chiusi e sospettosi verso glialtri romani, dall’altra tolleranti verso glistranieri – d’altronde: «Semo romani,trasteverini / Semo signori senza qua-trini / Ma er core nostro è na capanna /Core sincero che nun t'inganna», comericorda lo stornello… ma per quantotempo ancora? Romolo, barista nel filmdi Fausto Tozzi Trastevere (1971), la-menta al Conte venuto dal Nord:«Ormai qui se ne vedono de tutti li co-lori. Trastevere, che ‘na vorta era comeun paese, è diventato un porto demare. ‘Na volta se conoscemmio tuttida quando eravamo neonati, crescem-

Piazza San Cosimato, di M. Carpi

«Ormai qui se ne vedono de tutti li colori. Trastevere, che ‘na vorta era come un paese, è diventato un porto

de mare. ‘Na volta se conoscemmio tutti»

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mio insieme, come ‘na famija, mo’ t’ari-vano li stranieri, l’artisti, li capelloni…pagheno ‘ste case – certe fabbriche debacherozzi – a peso d’oro, e li trasteve-rini, piano piano se ne vanno. Io pure,dico ‘a verità non me ce aritrovo più, vaa finì che da ‘n giorno all’altro piantobaracca e burattini e me ne vado pureio. […] Io vorrebbe sape’ che ce tro-vano, che ce trovate in Trastevere, chevenite tutti qui». Già, che ci trovano?«Bacherozzi, ladri, figli di mignotte, ma-gnaccia, topi… ma almeno ‘ze zenteruspante!» (risponde il Conte).Già da una decina d’anni il cinemaaveva fatto di Trastevere il simbolodella Roma popolare (contrapposto aquella trasognante della Dolce vita) edei trasteverini una specie di razza asé. Nel 1961, in via della Luce, si pote-vano incontrare Marcello Mastroianni eil francese Jacques Perrin tra una ri-

presa e l’altra del film Cronaca fami-

liare di Valerio Zurlini, regista che neglianni Cinquanta aveva reso omaggio aTrastevere con il cortometraggio Rac-

conto del quartiere (1950). Da allorascrittori, artisti e intellettuali, ma anchegente della moda e del cinema, avreb-bero scelto Trastevere come propriacasa, trasformando lo stile di vita e leabitudini del rione. Giuseppe Ungaretti, Pier Paolo Paso-lini e Vittorio Gassman frequentavanol’appartamento in via Garibaldi 88 diRafael Alberti, il poeta spagnolo amicodi Picasso, comunista, antifranchista inesilio, che usciva per le strade di Tra-stevere munito di vernice a scrivere«Franco assassino» e che ci ha la-sciato alcune tra le più commoventi pa-gine sul quartiere. Era la metà deglianni Sessanta e il poeta aveva fattodella sua casa una scuola di poesia, unpunto di ritrovo per gli artisti e intellet-tuali spagnoli di passaggio, per scrittori,cineasti, pittori della sinistra italiana. ATrastevere Rafael Alberti imparò “a to-rear il traffico” che tanto temeva, inna-morandosi del rione fino a definirlo «lavera capitale d’Italia», cuore dellaRoma popolare «piccola, non gran-diosa, con i ragazzini per le strade, lebottegucce degli artigiani, le scritte suimuri. E questa gente così genuina, ge-nerosa, chiassosa, politica, molto poli-tica anche. Gente che grida fino aldelirio, esplode in risse, con una libertàpiena che si manifesta anche nel ve-stire», gente, quella di Trastevere inparticolare «la più viva ed autentica delmondo».Gente viva e autentica, che non haperso, nonostante l’invasione della bor-ghesia romana e degli stranieri, la pro-pria anima goliardica. «Er mejoparaculo de Trastevere» era il padre diBombolo/Venticello in Squadra Anti-

S. Maria in Trastevere, di M. Carpi

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truffa, citato da Venticello stesso primadi andare a messa: un padre che imejio colpi li faceva tutti in Chiesa. Pas-sando di fronte al bar Settimiano, in viadi Porta Settimana, non si può non ri-cordare Un sacco bello di Carlo Ver-done – e la scena in cui una bottigliad’olio viene rotta di fronta a Marisol, incerca dell’ “hotel della Juventus” – cosìcome le serate estive e la festa de ‘no-antri, tra la folla e i turisti per i vicoli delrione, ricordano la Roma di FedericoFellini, con la passeggiata al suono distornelli e serenate, l’incontro di pugi-lato a Piazza de’ Renzi in un ring mon-tato in strada, con il monologo delloscrittore Gore Vidal sulla fine delmondo a Roma: «Mi domandate per-ché mai uno scrittore americano viva aRoma… prima di tutto perché mi piacei romani – che si frega niente se seivivo o morto – sono neutrali, comegatti. Roma è la città delle illusioni, nona caso qui c’è la Chiesa, il Governo e ilCinema, tutte cose che producono illu-sione, come fa tu, come fa io, semprepiù il mondo si avvicina alla fine perchétroppo popolato, e quale posto miglioredi questa città morta tante volte e tantevolte rinata, quale posto più tranquilloper aspettare la fine da inquinamento,sovrappopolazione? È il posto idealeper vedere se tutto finisce oppure no».

Trasteverini genuini generosi e chias-sosi, che accolgono ancora oggi colcanto festoso di uno stornello, «Romabella, Roma mia, / Te se vonno portàvia / Er Colosseo co' Sampietro / Già lostanno a contrattà / Qui se vonnovenne tutto / Cielo sole e staria fresca /Ma la fava romanesca / Gliela potemoarigalà / Venite tutti a Roma v'aspet-tamo / Se dice che più semo e mejiostamo / Se dice che più semo e mejiostamo».

MEMORIE A CONFRONTO REVIsIoNE

a

RINGRAZIAMENTI

La Redazione di 4frecce ringrazia tutti coloro che con segnalazioni, ricordi,racconti, hanno reso possibile la realizzazione di questo numero. In particolare ringraziamo Raffaelle Mozzillo per averci fatto scoprire latarga a Sergio Leone; ringraziamo Ekaterina Averina per le sue foto diRoma antica, e poi i collaboratori di questo numero: Enrica Murru e ClaraGalanti. Adottata da Roma, Clara Galanti ama l'illustrazione, le parole e ilabirinti come Trastevere; Enrica Murru scrive, è una trasteverina conver-tita, entrambe le cose la rendono felice.

Ponte Sisto, di M. Carpi

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LUNOTTO

Piazza Trilussa, di E. Murru

«Checco! Ah Checco! Ma qua c’è ‘na

puzza, ma proprio er tavolo vicino al tom-

bino ce dovevi da’ stasera?», «A biondona,

questa è l’odore de’ li secoli!»(Federico Fellini, Roma)