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Avvenire - 09/09/2018 Pagina : A14

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Avvenire - 09/09/2018 Pagina : A21

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L’intervista

Il presidente della Ceiracconta l’«amico» martire«Combattere povertàe ignoranza su cui la criminalità fa leva».La “vita buona” «è legalitàe apertura dell’altro,incluso il migrante»

GIACOMO GAMBASSI

ra a Palermo il 15 settembredello scorso anno, nell’anni-versario dell’assassinio di pa-

dre Pino Puglisi. A pochi mesi dallasua nomina a presidente della Cei, ilcardinale Gualtiero Bassetti avevascelto di rendere omaggio al “prete distrada” beato. «Sono entrato com-mosso nella sua casa a Brancaccio, difronte alla quale è stato ucciso da Co-sa Nostra – spiega ad Avvenire l’arci-vescovo di Perugia-Città della Pieve –. Oggi è un museo che ci racconta ilprimo martire di mafia che la Chiesaha elevato all’onore degli altari. Ecco,fra quelle quattro stanze povere in cuiha trascorso gran parte della sua vitae anche i tre anni da parroco nel suorione d’origine, ho come toccato conmano la sua profezia. Una profeziaconcreta, segnata dal Vangelo che si favita, che entra fra le ferite della storiae di un agglomerato difficile com’èBrancaccio, che scuote le coscienze,che vince l’indifferenza e l’apatia, chealimentata dalla Parola e dall’Eucari-stia contribuisce al riscatto dell’uomoin ogni sua dimensione: da quella spi-rituale a quella materiale, da quella af-fettiva a quella civica». Il presidente della Cei ha conosciutodi persona il prete che ha fatto trema-re la mafia. «Don Puglisi mi è un vol-to familiare. L’ho incontrato più voltefra gli anni Settanta e Ottanta. Ero ret-tore del Seminario di Firenze e ancheresponsabile del Centro regionale perle vocazioni in Toscana. Anche donPino era impegnato in Seminario e nel

E

Centro vocazioni. Ci vedevamo agliappuntamenti nazionali. Ne ricordo ilsorriso, lo sguardo, la dedizione tota-le al Signore che si traduceva soprat-tutto nella vicinanza e nell’attenzioneai giovani». I giovani, un tema caro aBassetti. «Una sua frase indirizzata a-gli universitari della Fuci mi ha sem-

pre colpito: “Il mondo si salva parten-do dai ragazzi”. Perciò i ragazzi nonpossono essere ingannati con falsi ri-chiami o con lusinghe meschine dipotere, successo o soldi, come fanno

tenerezza contro la malavita». Quin-di il cardinale aggiunge: «Padre Pinoè stato davvero un grande educatore.Ha formato le persone, a cominciaredai piccoli, al Vangelo di Cristo nellaterra della mafia. Ecco perché sul suoesempio siamo chiamati a impegnar-ci nell’educare alla “vita buona” che èlegalità, rispetto della convivenza ci-vile, apertura dell’altro, compreso ilmigrante o il profugo che arriva neinostri porti». Fra meno di una settimana, sabato 15settembre, papa Bergoglio giungerà aPalermo nel giorno del 25° anniversa-rio del martirio. «Con le sue visite in I-talia Francesco sta disegnando unageografia di “Chiesa accanto al popo-lo” recandosi nei luoghi di preti e pa-stori che si sono spesi con tutto lorostessi per la gente, seppur con stili esensibilità diverse. Penso a don PrimoMazzolari, don Lorenzo Milani, donZeno Saltini, il vescovo Tonino Bello.Modelli di servizio ma con uno sguar-do che andava oltre, che era capace dileggere in anticipo i segni dei tempi etradurli in una pastorale “rivoluzio-naria”. Accanto a loro c’è padre Pugli-si. Lo definirei uno dei “santi sociali”che ha illuminato il nostro Paese e hatestimoniato che non ci può essere al-cun legame fra il Signore e chi fa del-la prepotenza, della sopraffazione,della violenza la sua ragione d’essere.Fra la mafia e il Vangelo non può es-serci connivenza, contatto, “inchino”.Chi vive nelle organizzazioni crimi-nali è fuori della comunione ecclesia-le anche se si ammanta di religiosità».Il cardinale ricorda il magistero degliultimi Pontefici. «Proprio 25 anni fa,dalla Sicilia, san Giovanni Paolo IIgridò a gran voce ai mafiosi: “Conver-titevi”. Benedetto XVI ha ribadito a Pa-lermo che la mafia è “incompatibile”con il Vangelo. E Francesco in Cala-bria ha affermato con vigore che “imafiosi sono scomunicati”. Chi è undiscepolo di Cristo, chi è figlio dellaluce è tenuto a denunciare le tenebre,quindi le organizzazioni criminali. De-nunciarle con le parole, ma anche coni gesti quotidiani e con un impegnocostante che parta dal basso, come ciinsegna padre Puglisi». E subito Bas-setti chiarisce: «Don Pino è stato dav-vero un padre per tantissima gente:dai ragazzi che salvava dalla strada, aiparrocchiani di cui è stato una guidasalda, dai seminaristi a cui ha fattoscoprire la bellezza del sacerdozio, achi ha voluto allontanare dai tentaco-li della mafia. Per questo come Chie-sa siamo chiamati a contrastare con laforza del Vangelo la criminalità orga-nizzata che è presente in varie aree delPaese. Sono zone che non apparten-gono soltanto al Mezzogiorno ma an-che al Centro e al Nord Italia dove lecosche si insinuano nel tessuto socia-le, economico e politico». Il tono delpresidente della Cei si fa deciso. «Lamafia è morte – avverte Bassetti –. Ealimenta la sua cultura di morte inmolteplici modi: continuando a ucci-dere, ricorrendo alla paura e alle inti-midazioni, infiltrandosi nelle istitu-zioni, alterando l’economia con cor-ruzione e malaffare, alimentando icommerci di sostanze stupefacenti earmi. Certo, le organizzazioni crimi-nali sfruttano talvolta le carenze so-ciali e così trovano un terreno fertileper realizzare i loro deplorevoli pro-getti. Pertanto tutti, a cominciare dal-lo Stato ma anche noi comunità cri-stiana, dobbiamo combattere la po-vertà e l’ignoranza su cui la malavitapuò attecchire. Don Puglisi lo avevaintuito con lungimiranza. E nella suaBrancaccio, anticipando quella op-zione per gli ultimi su cui insiste Fran-cesco, aveva voluto scuole, centri diaggregazione, campi sportivi. E oggi vain quella direzione il progetto dell’a-silo nido sognato da don Pino che in-tende essere un segno tangibile percelebrare i 25 anni della sua uccisio-ne e mostrare come il sangue dei mar-tiri continui a portare frutto».

(5 - Fine. Le precedenti puntatesono uscite il 15 e il 28 luglio,

il 12 agosto e il 2 settembre)© RIPRODUZIONE RISERVATA

Bergoglio sulla santità. «Papa France-sco ci ricorda “quanta gente è stataperseguitata semplicemente per averlottato per la giustizia“ e spiega che“vivere le Beatitudini può essere ad-dirittura una cosa malvista, sospetta”.È quanto accaduto a don Puglisi cheha battuto le vie della cultura e della

le organizzazioni criminali. Don Pinone era ben cosciente e si è speso finoa versare il suo sangue per aprire gli oc-chi della sua comunità, di ogni uomoe donna della nostra Italia di fronte al-le seduzioni perverse delle mafie e del-la corruzione». Quindi il richiamo al-la Gaudete et exsultate, l’enciclica di

Un gesto concreto di solidarietà per celebrareil 25° anniversario del martirio del beato PinoPuglisi, il prete siciliano ucciso dalla mafia il15 settembre 1993 di fronte alla sua casa diPalermo. Il Centro di Accoglienza Padre Nostro, voluto dallo stessopadre Puglisi nel capoluogo siciliano, e la Fondazione GiovanniPaolo II, insieme con l’arcidiocesi di Palermo, il Comune di Palermoe Avvenire intendono realizzare l’ultimo sogno del sacerdote“profeta” per il suo quartiere Brancaccio a Palermo: la costruzionedel nuovo asilo nido. I lettori di Avvenire sono invitati a posareinsieme la prima pietra.È possibile contribuire al “sogno” di padre Pino Puglisi attraverso: - bonifico bancario intestato a Fondazione Giovanni Paolo IIutilizzando il seguente IBAN IT84U0503403259000000160407 (vainserito anche l’indirizzo di chi versa nel campo causale);- bollettino sul conto corrente postale n. 95695854 intestato aFondazione Giovanni Paolo II, via Roma, 3 - 52015 Pratovecchio Stia(AR). Causale: “Asilo Don Puglisi”;- carta di credito o PayPal sul sito www.ipiccolidi3p.it.

Partecipa al progetto con la tua parrocchia oassociazione, con i tuoi familiari o amici.Facendo una donazione si avrà diritto alleagevolazioni fiscali previste dalla legge. I datisaranno trattati ai sensi dell’art.13,regolamento europeo 679/2016 (c.d. “GDPR”).

IL GESTO

Con i lettori di Avvenireper l’asilo nido di “3P”che nascerà a Palermo

Per i “figli della strada” un angolo di paradiso allo ZenDALL’INVIATO A PALERMO

i sono bambini che in pieno inverno cam-minano a piedi scalzi. Oppure quelli che acinque anni raccontano di essere caduti in

carcere mentre andavano a trovare il padre dete-nuto. O ancora ragazzine di dieci che confidano dipreparare ogni giorno da sole il pranzo per il fra-tellino. Storie di un’infanzia difficile, se non addi-rittura negata, in una delle periferie più degradatedi Palermo. È il quartiere San Filippo Neri, più no-to come lo Zen. File di casermoni tutti uguali, de-cadenti, color giallo ocra, che qui chiamano “padi-glioni”, dove in ognuno vivono almeno 250 fami-glie. E in uno dei dodici enormi condomini allun-gati, nascosto fra le saracinesche abbassate dietrocui dovrebbero esserci negozi che non si sono maivisti, ecco la sede distaccata del Centro Padre No-stro, il presidio d’accoglienza fondato da padre Pi-no Puglisi nella periferia all’altro capo della città,Brancaccio. «Sì, siamo una succursale – racconta laresponsabile Pietra Casisa –. Ma ci anima lo stesso

Cspirito che è poi il lascito di don Puglisi: essere un ri-ferimento per le famiglie disagiate e soprattutto to-gliere dalla strada i bambini, come faceva don Pino».Il punto sociale è formato da un unico salone condue tavoli, una scrivania, una manciata di sedie. Suuna parete, accanto alle foto del prete beato, la sago-ma di un albero dipinto con decine di impronte. “Lenostre mani per la legalità”, si legge sotto. «È all’ordi-ne del giorno nelle case dell’abitato – prosegue Pie-tra – che il padre sia agli arresti mentre la madre nonabbia un soldo per tirare avanti e non sia in grado dibadare ai figli che devono crescere in fretta altrimentirischiano di essere esclusi». La responsabile vive nelrione. «Ed è una benedizione – confida –. Conosco tut-

ti. Di me si fidano. Porto a scuola i bambini. Vengopersino chiamata dalle insegnanti quando un a-lunno ha problemi in classe. Una volta al mese di-stribuisco la spesa a chi ha più bisogno... Sono pic-cole iniziative ma dicono alla gente che non è ab-bandonata». A catalizzare l’attenzione sono anzi-tutto i ragazzi. Si va dal recupero scolastico agli sva-ghi, passando per qualche escursione. «Da noi nonc’è nessun apparato tecnologico. Ancora ci affidia-mo alla tombola o ai giochi di società», fa sapere Pie-tra. E Teresa Scelta che è l’altra operatrice aggiun-ge: «Quando i piccoli varcano questa soglia, di-menticano indigenza e fatiche. E per qualche orapossono tornare a essere davvero bambini». Cosìper i “figli della strada” i pomeriggi sui passi di pa-dre Puglisi appaiono come un angolo di paradisoin mezzo a un inferno di mura scrostate, discari-che a cielo aperto, carcasse di auto, recinzioni pri-vate che bloccano gli accessi. Marchi di una bor-gata segnata dalla miseria e dall’assenza di regole.

Giacomo Gambassi© RIPRODUZIONE RISERVATA

Fra casermoni decadenti, rifiuti ecarcasse di auto, la sfida di restituiredignità ai piccoli dall’infanzia negata

Storie di rinascita«Noi, ex detenuti, che in un campoabbiamo trovato il nostro tesoro»

DALL’INVIATO A PALERMO

l silenzio della natura aiuta ariflettere. Anche sulle sceltesbagliate della propria vita».

Giovanni Montalbano ha finito discontare la sua pena a gennaio. E og-gi è a tutti gli effetti un ex detenuto.Con una mano indica il centro di Pa-lermo che da questa collina appenasopra la città si scorge fin troppo be-ne. Ai piedi ha un paio di stivali. E alsuo fianco c’è Totò Camarda, anchelui segnato dai problemi con la giusti-zia. Sono loro gli “artigiani della terra”che stanno facendo rinascere un ap-pezzamento abbandonato e trasfor-mato grazie al loro impegno e al lorosudore in un orto “bio”. Un fondo cherisorge. Come la vita di Totò e Giovan-ni. A dare loro una chance è il CentroPadre Nostro, il presidio di riscatto fon-dato a Brancaccio da don Puglisi. «No,non ho mai conosciuto padre Pino –racconta Montalbano –. Ma ho lettomolto di lui quando ero in cella. E a-

desso mi sento di far parte di coloroche testimoniano la sua eredità». Il ri-ferimento è appunto al Centro che liha accolti fra i collaboratori.Pomodori e mandarini sono i primiprodotti che il terreno ha regalato lo-ro. «Abbiamo a disposizione duemilametri quadrati che fino a pochi mesifa erano pieni di sterpaglie – spiegaGiovanni –. Li stiamo ripulendo sol-tanto con le nostre braccia e due zap-pe». Ascoltando i due ex carcerati vie-ne in mente quel campo narrato daiVangeli dove un uomo trova il suo te-soro e pieno di gioia vende tutto peracquistarlo. «Il tesoro che questo cam-po ci ha donato – dicono i due “con-tadini” – è don Puglisi. Noi siamo quigrazie a lui. Se un santo come padre Pi-no entra nella tua mente, non puoi checambiare fin nel profondo e impe-gnarti per il bene». Non hanno esperienza come agricol-tori i due. «Ma ci mettiamo in gioco»,sorridono. E Montalbano aggiunge:«Facciamo vivere di nuovo la natura

in un angolo che a nessuno interessa-va». Metafora, forse, di Brancaccio, ilquartiere del degrado che il sacerdo-te beato voleva liberare dall’emargi-nazione, dall’ignoranza, dall’illegalità.E Giovanni sussurra: «Quanto sareb-be importante che altri detenuti po-tessero venire qui per fare un esame dicoscienza e ripartire». (G.Gamb.)

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Il presidio di aiuto nel quartiere Zen

Bassetti: il profeta don PuglisiNessun inchino alla mafia

«Un santo sociale perseguitato per la giustizia»

A sinistra,una manifestazionedi giovani a Palermo per ricordare don PuglisiSotto, il cardinaleGualtiero Bassettinella casa-museodel sacerdote beatoa Brancaccioil 15 settembre 2017

(Centro Padre Nostro)

21Domenica9 Settembre 2018 C A T H O L I C A