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Capitolo tredicesimo IL BILANCIO: ASPETTI GENERALI 13.1 Introduzione: il bilancio d’esercizio Il bilancio d’esercizio, detto anche ordinario o di funzionamento, è il documento di sintesi che le imprese redigono al termine di ciascun periodo amministrativo per illustrare il proprio andamento economico, patrimoniale e finanziario. L’architettura della contabilità generale è rivolta ad analizzare le operazioni di gestione con l’obiettivo primario di determinare due grandezze complesse al termine del periodo amministrativo: il reddito d’esercizio ed il collegato capitale di funzionamento 1 . La tradizionale funzione del bilancio d’esercizio è appunto di illustrare l’entità e la composizione del capitale di funzionamento mediante il prospetto dello stato patrimoniale e l’entità e la composizione del reddito d’esercizio attraverso lo schema di conto economico 2 . Nello stato patrimoniale sono esposti gli elementi attivi e passivi del capitale di funzionamento: gli elementi reali del patrimonio. La loro differenza, se positiva, indica l’entità del patrimonio netto aziendale; se negativa, indica l’entità del deficit patrimoniale, ossia di quanto il valore degli elementi passivi supera il valore di quelli attivi. Sia il patrimonio netto sia gli elementi reali che lo compongono sono grandezze fondo. Esse, infatti, fotografano la ricchezza aziendale e i suoi elementi in un dato istante: alla fine del periodo amministrativo. 1 « …si ritiene per norma conveniente di assegnare al sistema della contabilità ge- nerale almeno come compito principale la periodica determinazione sia del reddito d’esercizio sia del patrimonio, determinato, a sua volta, per configurare il detto reddito. » P. ONIDA, Economia d’azienda, Giuffrè, ristampa, 1985, p. 567. 2 « Il conto generale di «Profitti e perdite» (comunemente chiamato anche «Conto economico») e lo «Stato patrimoniale» formano insieme il complesso bilancio d’esercizio ». P. ONIDA, La logica e il sistema delle rilevazioni quantitative d’azienda, Giuffrè, 2 a ed., 1970, p. 137.

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Capitolo tredicesimo

IL BILANCIO: ASPETTI GENERALI

13.1 Introduzione: il bilancio d’esercizio

Il bilancio d’esercizio, detto anche ordinario o di funzionamento, è il

documento di sintesi che le imprese redigono al termine di ciascun

periodo amministrativo per illustrare il proprio andamento economico,

patrimoniale e finanziario.

L’architettura della contabilità generale è rivolta ad analizzare le

operazioni di gestione con l’obiettivo primario di determinare due

grandezze complesse al termine del periodo amministrativo: il reddito

d’esercizio ed il collegato capitale di funzionamento1. La tradizionale

funzione del bilancio d’esercizio è appunto di illustrare l’entità e la

composizione del capitale di funzionamento mediante il prospetto dello

stato patrimoniale e l’entità e la composizione del reddito d’esercizio

attraverso lo schema di conto economico2.

Nello stato patrimoniale sono esposti gli elementi attivi e passivi del

capitale di funzionamento: gli elementi reali del patrimonio. La loro

differenza, se positiva, indica l’entità del patrimonio netto aziendale; se

negativa, indica l’entità del deficit patrimoniale, ossia di quanto il

valore degli elementi passivi supera il valore di quelli attivi. Sia il

patrimonio netto sia gli elementi reali che lo compongono sono

grandezze fondo. Esse, infatti, fotografano la ricchezza aziendale e i

suoi elementi in un dato istante: alla fine del periodo amministrativo.

1 « …si ritiene per norma conveniente di assegnare al sistema della contabilità ge-

nerale — almeno come compito principale — la periodica determinazione sia del

reddito d’esercizio sia del patrimonio, determinato, a sua volta, per configurare il

detto reddito. » P. ONIDA, Economia d’azienda, Giuffrè, ristampa, 1985, p. 567. 2 « Il conto generale di «Profitti e perdite» (comunemente chiamato anche «Conto

economico») e lo «Stato patrimoniale» formano insieme il complesso bilancio

d’esercizio ». P. ONIDA, La logica e il sistema delle rilevazioni quantitative

d’azienda, Giuffrè, 2a ed., 1970, p. 137.

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Capitolo XIII 418

Inoltre, nello stato patrimoniale sono esposti gli elementi ideali tra cui

si può scomporre lo stesso patrimonio netto: il capitale sociale, le

riserve, gli utili e le perdite portate a nuovo e gli utili e le perdite

dell’esercizio. Lo stato patrimoniale illustra, quindi, lo stato e la

composizione della ricchezza aziendale al termine del periodo

amministrativo, oltre a fornire ulteriori dati che, opportunamente

elaborati e integrati, consentono sia di giudicare la struttura finanziaria

dell’impresa3 sia di allargare il giudizio sulla sua situazione economica.

Nel conto economico trovano esposizione i componenti positivi e

negativi che formano il reddito d’esercizio4; esso indica come il

patrimonio netto si sia accresciuto o ridotto per effetto dell’attività

aziendale. Per questa ragione si afferma che il reddito d’esercizio ed i

suoi componenti siano grandezze flusso: sono variazioni economiche

attribuibili al periodo amministrato in esame. Il reddito d’esercizio

segnala l’efficienza economica con cui è stata condotta la gestione

d’impresa nell’esercizio trascorso. Più in particolare, il reddito

d’esercizio indica la differenza tra il valore della produzione ottenuta

durante l’anno e quello dei fattori produttivi consumati per realizzarla5.

Se tale differenza è positiva indica la presenza di un utile d’esercizio, se

è negativa una perdita. Nel conto economico possono trovare

3 « La struttura finanziaria dell’impresa per lo più esprime la varia composizione

del fabbisogno di capitale, inteso come complesso di fabbisogni elementari diversifi-

cati nei loro caratteri, e parallelamente la varia configurazione della correlata copertu-

ra con forme di congiunto finanziamento della gestione. L’analisi della struttura in

oggetto consiste dunque nell’individuare ed interpretare le diverse e mutevoli relazio-

ni che nell’impresa si istituiscono fra entità e strutture di investimento, da un lato, e

tra entità e strutture di finanziamento, dall’altro ». G. FERRERO, F. DEZZANI, Manuale

delle analisi di bilancio. Indici e flussi, Giuffrè, 1979, p. 20. 4 « … Infatti, il momento fondamentale del processo di formazione di questo bi-

lancio — ossia il momento per il quale si pone l’accento sull’«aspetto sostanziale» di

tale processo — è in ogni caso quello in cui si pongono e si risolvono i complessi

problemi di valutazione finalizzati alla determinazione del reddito d’esercizio e del

correlato capitale di gestione, entrambi «quantificati», oltre che nei rispettivi «valori

netti», anche nei loro componenti positivi e negativi ». G. FERRERO, La valutazione

del capitale di bilancio, Giuffrè, 1988, p. 4. 5 Cfr. U. DE DOMINICIS, Lezioni di ragioneria generale. La contabilità generale e

la contabilità analitica d’esercizio nelle imprese, Vol. 5°, 2a ed., 1984, p. 664.

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Il bilancio: aspetti generali 419

esposizione ulteriori risultati economici intermedi riferiti a determinate

aree della gestione, a seconda della forma espositiva prescelta6.

L’esame sull’andamento patrimoniale dell’impresa viene

approfondito con un ulteriore schema contabile: il prospetto delle

variazioni del patrimonio netto. Questo prospetto ha come punto di

partenza il valore del patrimonio netto e dei suoi elementi ideali

all’inizio del periodo amministrativo e come punto d’arrivo il valore

del patrimonio netto e degli stessi elementi al termine dello stesso

periodo. Le variazioni globali e analitiche intervenute, rispettivamente,

nel patrimonio netto e nei suoi componenti, spiegano l’evoluzione del

patrimonio netto e delle sue parti ideali durante l’esercizio. Come

chiarito in precedenza, l’aumento o la diminuzione del patrimonio netto

è dovuta al formarsi del reddito d’esercizio e/o agli aumenti o riduzioni

del capitale avvenuti mediante scambi di risorse tra la società e i soci. Il

prospetto delle variazioni nel patrimonio netto, quindi, rappresenta

l’anello di congiunzione tra lo stato patrimoniale ed il conto

economico.

A questi schemi contabili, nella tradizione dei bilanci anglosassoni, e

ora anche nella realtà italiana, se ne affianca un altro: il rendiconto

finanziario. Si tratta di un prospetto che accoglie in modo organico le

cause che hanno comportato variazioni che si sono verificate in una

data risorsa finanziaria — tipicamente la liquidità7 — durante il periodo

amministrativo. Anche tali variazioni rappresentanto grandezze flusso,

ma a differenze del conco economico, si tratta di flussi che si verificano

nelle risorse finanziarie. In particolare si tratta di un documento che

analizza le cause che hanno comportato aumenti e diminuzioni nella

liquidità distinguentole tra quelle dovute all’attività operativa,

all’attività di investimento e all’attività di finanziamento. La sua

funzione è di integrare le informazioni sull’andamento economico e

patrimoniale ottenibili dalla lettura, rispettivamente, del conto

economico e dello stato patrimoniale, con l’analisi della situazione

finanziaria. La dottrina economico-aziendale8, così come i principi

6 Sulla diversa capacità informativa delle varie forme del conto economico si ve-

da: A. VIVARELLI, Strutture e forme del conto economico delle imprese, Cedam,

1983. 7 O, più di rado, il capitale circolante netto.

8 Tra gli altri contributi si segnalano: P. CAPALDO, Il «cash flow» e le analisi fi-

nanziarie nella gestione d’impresa, Rivista dei Dottori Commercialisti, n. 6, 1971; I.

FACCHINETTI, Analisi dei flussi finanziari, Il Sole 24 ore, 1997, pp. 115-116; G.

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Capitolo XIII 420

contabili italiani, da tempo incoraggiavano la redazione di questo

ulteriore prospetto come parte integrante del bilancio d’esercizio;

finalmente, allo stato attuale, non solo il legislatore comunitario obbliga

le imprese quotate in mercati regolamentati alla redazione del

rendiconto finanziario, ma anche il legislatore italiano ha reso

obbligatoria la redazione del rendiconto per le imprese non quotate a

decorrere dal primo gennaio 20169.

L’informativa di bilancio si completa poi con un documento in

forma prevalentemente descrittiva e tabellare che ha il ruolo di chiarire,

spiegare e integrare le informazioni contenute negli schemi contabili. Si

tratta della cosiddettà Nota Integrativa, per quanto riguarda la

normativa del codice civile, e delle Note esplicative per quanto riguarda

l’impostazione dei principi internazionali.

13.2 Differenze tra il bilancio ordinario d’esercizio e i bilanci

straordinari

FERRERO, F. DEZZANI, Manuale delle analisi di bilancio. Indici e flussi, Giuffrè,

1979; A. MATACENA, F. PASI, Il rendiconto finanziario: metodiche di costruzione,

contenuti e scopi, Clueb, 1995; P. MELLA, Analisi delle fonti e degli impieghi dei

mezzi monetari di impresa, Isedi, 1977; U. SÒSTERO, P. FERRARESE, Il rendiconto fi-

nanziario. Logiche di costruzione e suo utilizzo per l’informativa esterna, Cosa &

Come, 1995; C. CARAMIELLO, Il rendiconto finanziario. Analisi dei flussi di capitale

circolante e di cassa, Ipsoa, 1988.

9 Si tratta di un’importante modifica del codice civile conseguente al recepimento

della direttiva 2013/34/UE, con cui si spegne definitivamente il dibattito dottrinario

sul reale obbligo di redigere il rendiconto finanziario. Da un lato, infatti, alcuni autori

ritenevano che l’obbligatorietà del rendiconto finanziario fosse già implicita nel detta-

to normativo preesistente, ancorandosi alla norma che richiede agli amministratori di

dare una rappresentazione veritiera e corretta anche della situazione finanziaria.

Dall’altro, questa posizione mal si conciliava con la scarsa applicazione del rendicon-

to nella prassi aziendale e con le convincenti argomentazioni elaborate a suo tempo da

Santesso e Sòstero: «Ci si potrebbe chiedere, d’altro canto, per quale motivo il legisla-

tore avrebbe voluto introdurre l’obbligo di redigere il rendiconto finanziario in un

modo così surrettizio, evitando perfino di nominarlo. Perciò la questione

dell’obbligatorietà del rendiconto finanziario rimane assai controversa» E. SANTESSO,

U. SÒSTERO, I principi contabili per il bilancio di esercizio, Il Sole24ore, 2006, p. 80.

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Il bilancio: aspetti generali 421

Dal bilancio ordinario d’esercizio10

si differenziano i bilanci

straordinari redatti in occasioni particolari della vita aziendale: la

cessione dell’azienda o di un ramo aziendale, la trasformazione della

società, la fusione con altre società, la liquidazione volontaria o coatta,

ecc.11

I bilanci straordinari sono redatti con criteri appositamente

elaborati per determinare il valore del capitale dell’impresa in quella

data circostanza e per quella specifica finalità.

Ad esempio, quando l’impresa cessa di operare, volontariamente o

per il sopravvenire di patologie (fallimento o altre procedure

concorsuali) si adottano criteri di liquidazione. In questo caso, la

finalità del bilancio straordinario è di individuare il presumibile valore

di liquidazione degli elementi patrimoniali su cui possono trovare

10

«Nella prassi comune il complemento di specificazione “d’esercizio” serve […]

da un altro lato, a differenziare il bilancio di una singola azienda dal bilancio consoli-

dato di un aggregato economico composto da più aziende giuridicamente distinte » E.

SANTESSO, U. SÒSTERO, I principi contabili per il bilancio di esercizio Il Sole24ore,

2006, pp. 2-3. Spesso, agli stessi fini si distingue tra bilancio separato e bilancio di

gruppo. 11

Per un approfondimento sul tema dei bilanci straordinari si rinvia all’amplia let-

teratura esistente; tra gli altri contributi si segnalano: M. CARATOZZOLO, I bilanci

straordinari: profili economici, civilistici e tributari, Giuffrè, 1996; L.M. MARI, Ge-

stione e rilevazione delle operazioni straordinarie di impresa, Giappichelli, 2001; M.

PAOLONI, F.M. CESARONI, I bilanci straordinari, Cedam, 1999; L. POTITO, Bilanci

straordinari, in T. BIANCHI, V. CODA, G. MAZZA, O. PAGANELLI, G. PELLICELLI, Trat-

tato di economia d'azienda'', 2a ed, volume 2°, Utet, 1993; R. PEROTTA, G.M.

GAREGNANI, Le operazioni di gestione straordinaria, Giuffrè, 1999.

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Capitolo XIII 422

soddisfacimento i diritti dei creditori e dei soci12

. Infatti in queste

circostanze vi è un nuovo e diverso interesse dei soci da tutelare:

«quello alla monetizzazione, nel minor tempo possibile, del loro

investimento, tutelando anche gli interessi dei creditori»13

.

Quando l’impresa è oggetto di trasferimento a terzi, si redige un

bilancio straordinario mediante criteri di cessione per evidenziare il

valore economico del capitale aziendale14

. Si tratta del valore che tiene

conto delle capacità prospettiche dell’impresa di produrre frutti in

futuro15

. Analogamente, in presenza di una trasformazione aziendale,

quando cioè l’impresa cambia la propria veste giuridica, ad esempio

abbandonando la veste di società in nome collettivo e acquisendo

quella di società a responsabilità limitata, si rende necessario redigere

12

« Nel passaggio dal bilancio di funzionamento a quello di liquidazione, il capi-

tale può largamente mutare nella specie e nel valore dei singoli suoi componenti e

quindi nel suo valore netto. Alcune poste attive e passive del bilancio di funzionamen-

to non trovano riscontro nel bilancio di liquidazione: tali sono, ad es., fra le attività, i

costi ammortizzabili non riferiti ad alcun bene vendibile […]; e fra le passività, i fondi

di ammortamento, i fondi spese di manutenzione e riparazione, i fondi di rinnovamen-

to, i fondi rischi, i fondi oscillazione prezzi, e via dicendo.

Nel bilancio di liquidazione, per contrario, possono trovarsi poste che non compa-

rivano nel bilancio di funzionamento: ad es., fra le attività, ricavi presumibilmente ot-

tenibili dalla vendita di segreti di fabbricazione o di notizie sulla clientela in dati e

mercati; e, fra le passività, debiti o stanziamenti per oneri di liquidazione » P. ONIDA,

Economia d’azienda, Giuffrè, ristampa, 1985, p. 640. Sulle tematiche della liquida-

zione si vedano, tra gli altri: M.S. AVI, M. DORIA, S. FRANCHIN, La liquidazione delle

società, Il Sole-24 Ore, 2005 G. CAGNONI, Liquidazione di società: i “criteri” per il

bilancio iniziale, in Amministrazione & finanza, Milano, n. 20, 1997; M. DE SARNO,

Economia dell'impresa in liquidazione, Cedam, 1997; M. FRASCARELLI, La liquida-

zione delle società, Edizioni FAG, 2004; G. PAOLONE, La cessazione aziendale nelle

sue tipiche forme di manifestazione, Giappichelli, 2000; A. VIGANÒ, I bilanci inter-

medi di liquidazione: alcune riflessioni, in Rivista dei Dottori Commercialisti, Mila-

no, n. 3, 2002, pp. 369-370. 13

Sugli specifici aspetti operativi per l’applicazione dei criteri di liquidazione si

rimanda alle prescrizioni dei principi contabili nazionali: OIC 5, Bilanci di liquida-

zione, Giuffrè, 2008, p. 40. 14

Sulle complesse problematiche di valutazione del capitale economico

dell’azienda si rimanda, tra gli altri, ai seguenti lavori: C. CARAMIELLO, La valutazio-

ne dell’azienda. Prime riflessioni introduttive, Giuffè, 1993; L. GUATRI, M. BINI,

Nuovo trattato sulla valutazione delle aziende, Università Bocconi, 2005; G. ZANDA,

M. LACCHINI, T. ONESTI, La valutazione delle aziende, Giappichelli, 4a ed., 2001.

15 Siano tali frutti rappresentati da flussi economici o finanziari a seconda della

specifica metodologia di valutazione impiegata.

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Il bilancio: aspetti generali 423

un bilancio straordinario per individuare il suo capitale di

trasformazione16

.

Diversamente, il bilancio ordinario d’esercizio viene determinato

annualmente con criteri che fanno riferimento a prospettive di

prosecuzione delle operazioni aziendali in condizioni di operatività

normali, ossia con criteri di funzionamento. Il capitale di

funzionamento che ne scaturisce, come sarà chiarito nelle pagine

successive, non è una configurazione con un suo significato autonomo,

come invece accade per il capitale di liquidazione o il capitale

economico, ma è in realtà una configurazione strumentale alla

determinazione del reddito.

Tipi di Bilancio Momento vita

Aziendale

Criteri di

valutazione

Configurazione

del capitale Ordinario d’esercizio Al termine di ciascun

periodo amministrativo

Criteri di

funzionamento

Capitale di

funzionamento

Straordinario di

liquidazione

Al momento della

liquidazione volontaria

o coatta, procedure

concorsuali, ecc.)

Criteri di

liquidazione

Capitale di

liquidazione

Straordinario di

cessione

Al momento della

cessione (vendita,

fusione, scissione ecc.)

Criteri di cessione Capitale economico

Straordinario di

trasformazione

Al momento della

trasformazione di

società di persone in

società di capitali

Criteri di cessione Capitale di

trasformazione

13.3 La redazione del bilancio d’esercizio: un problema

indeterminato

13.3.1 I valori di bilancio: le quantità oggettive

16

A rigore, secondo taluni autori, in questi casi sarebbe improprio definire bilan-

cio il documento che viene redatto per la determinazione del valore economico del

capitale. Si tratta infatti soltanto di una situazione patrimoniale senza la compilazione

del conto economico. Inoltre, la determinazione del valore economico potrebbe avve-

nire attraverso un semplice prospetto di raccordo con il patrimonio netto di funziona-

mento. Cfr. AA.VV. (a cura di F. Poddighe), Manuale di tecnica professionale. Valu-

tazione d’azienda, operazioni straordinarie, controllo legale dei conti, reddito

d’impresa ed I.R.A.P., Cedam, Padova, 2000, pp. 112-113.

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Capitolo XIII 424

Le grandezze complesse rappresentate dal reddito d’esercizio e dal

collegato capitale di funzionamento, lo si ricorda, sono grandezze

astratte: esse scaturiscono da un processo di rilevazione e di

valutazione in cui concorrono solo in parte valori certi oggettivamente

misurabili; a questi si accompagnano gli ineliminabili valori stimati e

congetturati.

I valori certi oggettivi, il cui ammontare è riscontrabile con certezza

a prescindere dall’evolversi delle condizioni di gestione e dalla

specifica posizione di chi li misura, sono tipici delle rilevazioni di

contabilità generale che si registrano durante l’esercizio e sono regolate

in moneta di conto. Si è visto, infatti, che la regola fondamentale

durante l’esercizio è di rilevare le operazioni di gestione esterna che

hanno avuto manifestazione finanziaria: hanno cioè comportato

variazioni nell’entità della cassa, dei valori ad essa assimilati e/o nei

crediti e debiti di ogni specie. I valori finanziari (aspetto originario) e i

collegati valori economici (aspetto derivato), così identificati, sono

oggettivamente misurabili e verificabili mediante il riscontro con i

relativi documenti probatori (fatture, cedolini stipendi, assegni, ecc.) e

con i conteggi fisici. Per tali determinazioni esiste una misura unica,

non opinabile, tale che eventuali valori differenti da essa sono

propriamente qualificabili come errati o falsi, non veri17

.

13.3.2. I valori di bilancio: le quantità stimate

Diversamente, con le scritture di assestamento e le connesse

valutazioni che si rendono necessarie al termine del periodo

amministrativo si determinano prevalentemente quantità prive del

17

Cfr. P. ONIDA, La logica e il sistema delle rilevazioni quantitative d’azienda,

Giuffrè, 2a ed., 1970, p. 22. Fanno eccezione, nell’ambito delle rilevazioni d’esercizio,

gli acquisti e le vendite regolate con la concessione di debiti e crediti in moneta este-

ra. I relativi valori finanziari e economici sono infatti provvisoriamente misurati in

moneta di conto in base al cambio del giorno in cui è avvenuto lo scambio; si tratta di

quantità stimate, la cui maggiore o minore approssimazione al vero potrà essere veri-

ficata solamente alla scadenza dei relativi crediti e debiti, quando si conoscerà il cam-

bio effettivo che misurerà l’effettiva variazione di denaro.

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Il bilancio: aspetti generali 425

carattere di oggettività: si tratta di quantità stimate e congetturate (o

astratte)18

.

Ciò accade poiché tali rilevazioni e valutazioni riguardano

operazioni di gestione che al termine del periodo amministrativo non

sono ancora concluse. L’essenza del problema valutativo sta nella

necessità di ipotizzare come tali operazioni si concluderanno e come

poter ripartire i loro effetti economici e patrimoniali tra l’esercizio in

chiusura e i successivi. Così facendo, si realizza la finzione di spezzare

la gestione, che in realtà è inscindibile poiché economicamente unitaria

nel tempo e nello spazio19

.

Il carattere astratto20

delle grandezze espresse nel bilancio

d’esercizio deriva proprio dalle ipotesi con cui si prevede l’esito di tutte

quelle operazioni di gestione che al termine del periodo amministrativo

non sono ancora concluse — ipotesi di previsione — e con cui si

18

« Le quantità-misure stimate tendono a coincidere con le quantità quali risulte-

rebbero o potranno risultare da una effettiva misurazione, attuale o futura, scevra di

errori. Esse possono approssimarsi più o meno a questo limite in funzione, tra l’altro,

di apprezzamenti subiettivi degli estimatori più o meno esperti ed accurati e delle tec-

niche di stima ». P. ONIDA, La logica e il sistema delle rilevazioni quantitative

d’azienda, Giuffrè, 2a ed., 1970, pp. 20-21.

19 Come chiarisce l’Onida: « La gestione d’azienda, venga essa considerata

nell’aspetto monetario, finanziario od economico, nei fenomeni di scambio o in quelli

di gestione interna, costituisce, come più volte abbiamo detto, un sistema o un com-

plesso esteso nello spazio e nel tempo ed economicamente unitario, nonostante la

molteplicità e la mutabilità degli elementi che lo costituiscono » P. ONIDA, Economia

d’azienda, Giuffrè, ristampa, 1985, p. 254. 20

Più in particolare l’astrattezza del reddito d’esercizio può essere intesa anche

secondo un ulteriore significato, meno rilevante per la comprensione del suo valore,

secondo cui « … il reddito d’esercizio si qualifica come quantità astratta in quanto

non si materializza in dati specifici beni, aggiunti o sottratti al patrimonio d’azienda:

esso è propriamente un puro valore, il saldo del conto generale di profitti e perdite, la

somma algebrica di molteplici componenti positivi o negativi, la differenza tra il capi-

tale netto finale e quello iniziale d’esercizio ». P. ONIDA, Economia d’azienda, Utet,

3a ed., 1971, p. 595.

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Capitolo XIII 426

ripartiscono tra i diversi esercizi i relativi ricavi e costi — ipotesi di

scindibilità21

.

Tali problematiche valutative possono essere affrontate con svariati

criteri, senza possibilità, purtroppo, di poterli graduare in termini di

correttezza e verità: si tratta di problemi le cui soluzioni sono

caratterizzate dall’incertezza e dall’indeterminazione22

. Più in

particolare, quando la valutazione di un’operazione di gestione in corso

di svolgimento al termine dell’esercizio richiede la formulazione di

ipotesi di previsione, si è nell’ambito dei valori stimati, caratterizzati

dall’attributo dell’incertezza. La verifica del valore attribuito in base

alla previsione sarà possibile solo a posteriori, una volta che

l’operazione è conclusa. Si pensi ad una controversia legale sorta per

un fatto accaduto nell’esercizio ma ancora in corso di definizione al

termine dello stesso periodo amministrativo. L’esito del procedimento

giudiziario si conoscerà in futuro, però al termine dell’esercizio si rende

necessario prevedere e quantificare prudentemente l’importo che

presumibilmente l’impresa sarà chiamata a pagare. Tale valore

influenzerà la formazione del reddito dell’esercizio in chiusura

mediante l’attribuzione di un componente negativo e contestualmente

la formazione del capitale di funzionamento con un elemento passivo.

Per il semplice fatto che la definizione della vertenza avverrà in

futuro, ed il futuro è ignoto, il valore che viene iscritto in bilancio

21

Con le più puntuali parole del Ferrero: «Tipiche ipotesi di congetturazione con-

nesse con la materia del bilancio d’esercizio sono anzitutto quelle tendenti a supporre

una «divisibilità» laddove la natura sistemica della quantità da valutare implica invece

l’«unitarietà». Al riguardo, di notevole rilevanza sono le varie ipotesi di scindibilità

della gestione nel tempo e nello spazio: ipotesi su cui si fondano «astrattamente» ri-

partiti «valori di gestione» che sono comuni a due o più esercizi successivi o invece

comuni ad oggetti di riferimento variamente configurati nella loro simultaneità di os-

servazione. […] Congiuntamente alle indicate ipotesi di scindibilità, agli effetti del bi-

lancio è necessario porre anche delle ipotesi di previsione, giacché la formazione del

bilancio stesso, per quanto determinazione «di ordine consuntivo», non può ignorare

che, stante l’unità economica della gestione nel tempo, ogni esercizio si ricollega non

solo al passato, ma anche al futuro. Trattasi delle ipotesi di futuro funzionamento

dell’impresa nelle connesse prospettive di mercato e d’ambiente, estese al lasso di

tempo futuro entro il quale avranno presumibile compimento i «processi di gestione»

in corso all’epoca di bilancio». G. FERRERO, La valutazione del capitale di bilancio,

Giuffrè, 1988, p. 24-25. 22 Per un approfondimento monografico su questi aspetti si rinvia, su tutti, a: M.

CATTANEO, Le misurazioni d’azienda. Aspetti di errore, di indeterminazione e di in-

certezza, Giuffrè, 1959.

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Il bilancio: aspetti generali 427

assume il carattere dell’incertezza; qualsiasi scelta valutativa si faccia,

la si potrà verificare soltanto a posteriori, quando effettivamente

l’operazione sarà conclusa.

13.3.3. I valori di bilancio: le quantità congetturate

Quando la valutazione di un’operazione in corso di svolgimento,

oltre alle ipotesi di previsione, richiede anche la formulazione di ipotesi

di scissione, il valore che ne deriva diventa una quantità congetturata.

In queste circostanze, infatti, la verifica del valore attribuito

all’operazione in corso non sarà possibile neanche a posteriori. A

questo proposito, si pensi al processo d’ammortamento per ripartire il

costo di un fattore produttivo strutturale, ad esempio un macchinario,

lungo la sua vita utile. Il valore della quota d’ammortamento che in

ciascun anno viene determinata influenzerà la formazione del reddito

d’esercizio mediante l’attribuzione di un componente negativo e, allo

stesso tempo, la formazione del capitale di funzionamento mediante un

minor valore degli elementi dell’attivo. La determinazione di tali quote

sconta tutta una serie di ipotesi relative al tempo e alle condizioni di

utilizzo del bene in ciascun esercizio, la cui correttezza non potrà mai

essere verificata, neanche a posteriori23

. Si tratta, infatti, di una

ripartizione di un costo comune a più esercizi che solo

convenzionalmente e soggettivamente può essere realizzata. Si è in

(23) « Queste quote di ammortamento possono determinarsi con criteri svaria-

ti e mutevoli in relazione, tra l’altro, al significato economico che si intende attri-buire alla loro imputazione; ma nessun criterio permetterà mai di determinare la quota di ammortamento che in senso assoluto e a ogni effetto possa dirsi di per-tinenza di ciascun esercizio o di ciascun prodotto » P. ONIDA, La logica e il sistema delle rilevazioni quantitative d’azienda, Giuffrè, 2a ed., 1970, pp. 22-23.

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Capitolo XIII 428

presenza, in queste circostanze, di valori congetturati24

, caratterizzati

dal requisito dell’indeterminazione.

Per queste ragioni, i valori stimati e congetturati non possono essere

qualificati come veri o falsi al momento della loro determinazione

come accade per i valori oggettivi. Più in particolare, con riguardo ai

valori stimati si può solo giudicare l’aderenza al vero delle relative

ipotesi di previsione, mentre con riferimento ai valori congetturati si

può solo giudicare la congruenza e razionalità delle ipotesi di

scindibilità su cui sono basati25

. Più semplicemente, in presenza di

valori stimati e congetturati si può solo giudicare il grado di

attendibilità del relativo processo di misurazione26

.

13.3.4. L’astrattezza del reddito d’esercizio e del capitale di

funzionamento

I caratteri dell’incertezza e dell’indeterminazione che

contraddistinguono i valori stimati e congetturati necessari per valutare

24

Per tali valori « … le ipotesi di soggettiva interpretazione del «vero», e perciò le

connesse astrazioni e congetture, costituiscono l’unico fondamento della loro sogget-

tiva determinazione e della loro varia espressività come quantità di bilancio. Data la

loro natura di quantità opinabili, esse non sono suscettibili di alcuna alterazione: sono

invece passibili soltanto di varia congetturazione, la quale può fondarsi su ipotesi più

o meno congrue o addirittura non congrue. Ne consegue che le connesse determina-

zioni quantitative non possono essere giudicate «false», «non verifiche» o «vere» sol-

tanto in funzione del vario giudizio, sempre opinabile, sotto questo profilo riferito a

corrispondenti quantità congetturali » G. FERRERO, La valutazione del capitale di bi-

lancio, Giuffrè, 1988, p. 24. 25

« L’elemento che accomuna stime e congetture riposa sul venir meno di un “ve-

ro”, impossibile a raggiungersi nel momento della misurazione, e nella sua sostituzio-

ne in forza di ipotesi di approssimazione al vero riscontrabili a posteriori (nel caso

delle stime) o in forza di ipotesi-finzione refrattarie a qualsiasi successiva verificazio-

ne quantitativa (nel caso delle congetture). Le congetture, in particolare, sono verifi-

cabili solo sul piano logico ma sono svincolate dalla pretesa di un controllo quantita-

tivo in quanto postulano una scelta tra una pluralità di numeri attribuibili ad una me-

desima grandezza… » S. CORBELLA, L’attendibilità del bilancio d’esercizio. Posizio-

ni consolidate e nuove prospettive interpretative, FrancoAngeli, 2008, p. 34. 26

In tal senso e per gli opportuni approfondimenti si vedano: M. CATTANEO, Le

misurazioni d’azienda. Aspetti di errore, di indeterminazione e di incertezza, Giuffrè,

1959; p. 207; G. FERRERO, Istituzioni di Economia d’Azienda, Giuffrè, 1968; G.

MELIS, Elementi di economia aziendale, Giuffrè, 2005, p. 186; A. SALZANO, Studio

sull’attendibilità delle rilevazioni aziendali, Ferri, 1955, p. 34.

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Il bilancio: aspetti generali 429

le operazioni in corso di svolgimento al termine dell’esercizio, si

trasmettono inevitabilmente alla determinazione del reddito d’esercizio

e del capitale di funzionamento, conferendo ad essi la natura di quantità

astratte.

Si tenga ben presente, peraltro, che i valori attribuiti alle operazioni

di gestione in corso di svolgimento al termine del periodo

amministrativo non esauriscono i loro riflessi nella formazione del

relativo reddito d’esercizio e del capitale di funzionamento, ma

influenzano logicamente anche quella degli esercizi successivi. Ad

esempio il valore attribuito alle rimanenze di magazzino alla fine di un

esercizio è anche il valore delle rimanenze iniziali dell’esercizio

successivo: è un componente positivo del reddito di questo esercizio,

ma anche un componente negativo di reddito dell’esercizio successivo.

In altri termini, la formazione del reddito dell’esercizio e del capitale

di funzionamento di un dato periodo amministrativo è influenzata non

solo dalle stime e congetture necessarie per determinare i valori

attribuiti alle operazioni in corso di svolgimento al termine del

medesimo esercizio, ma anche dalle stime adottate in passato per

valutare le operazioni in corso dei precedenti esercizi.

Come conseguenza delle considerazioni appena svolte, la redazione

del bilancio d’esercizio, il cui fulcro è rappresentato dalla

determinazione del reddito d’esercizio e del capitale di funzionamento,

rappresenta un problema indeterminato, ossia che ammette infinite

soluzioni. Si tratta di tante soluzioni quante sono le ipotesi soggettive

che si possono combinare per valutare le operazione di gestione in

corso di svolgimento al termine dell’esercizio al fine di determinare le

due grandezze del reddito d’esercizio e del capitale di funzionamento 27

.

27

Più efficacemente l’Onida, riferendosi al reddito d’esercizio, affermava che esso

« … non costituisce una quantità ben definita ed unica, oggettivamente misurabile,

come può dirsi, ad esempio, di una quantità fisica almeno in date condizioni di rile-

vamento. Esso forma piuttosto una quantità astratta, variamente configurabile nel suo

valore, in funzioni delle ipotesi, delle astrazioni e delle congetture che si ammettono

quando si determina, in modo diretto indiretto, per i vari componenti di reddito, la lo-

ro competenza economica in ragione d’esercizio.

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Capitolo XIII 430

13.4 L’indeterminazione del bilancio e gli effetti di valutazioni

alternative

Per sintetizzare quanto sinora affermato si consideri il caso seguente,

che, pur estremamente semplificato, può risultare emblematico in

proposito.

Si ipotizzi che un’impresa mercantile si sia costituita con un capitale

di 100, interamente versato in denaro, in data 1/1 dell’anno t.

Il suo patrimonio di costituzione si presenta così composto:

Stato patrimoniale al 1/1/anno t

Attività Passività e netto

Cassa 100 Capitale sociale 100

Totale attività 100 Totale passività e netto 100

Durante l’anno t si acquistano e si pagano con denaro contante merci

per un valore di 100 (100 kg di merce al prezzo di 1 €) che risultano

interamente in giacenza al termine del periodo amministrativo. Dal

listino dell’impresa risulta che tali beni hanno un prezzo di vendita di €

1,2 al Kg.

Si tratta, quindi, di un’operazione di gestione iniziata nell’anno t ma

non ancora conclusa al termine dello stesso.

Nell’esercizio t+1 si vendono effettivamente tutte le merci al prezzo

complessivo di 120, si incassa l’intero corrispettivo in contanti e non

accadono altri fatti amministrativi. Non si trascuri il fatto che queste

informazioni sull’esercizio t+1 saranno note con certezza solo quando

si verificheranno. Si ipotizza, infine, che il potere d’acquisto della

moneta rimanga immutato durante i due periodi amministrativi

considerati.

Al termine dell’esercizio t, quindi, occorre stabilire come valutare

l’operazione in corso per determinare il reddito d’esercizio ed il

collegato capitale di funzionamento. È necessario ipotizzare sia come si

concluderà l’operazione — ipotesi di previsione — sia come ripartire il

relativo risultato economico — ipotesi di scissione — tra i due esercizi.

Da tali ipotesi di previsione e scissione deriva il criterio con cui

attribuire da un lato i costi e i ricavi delle operazioni di gestione in

corso ai diversi esercizi (competenza economica), dall’altro il valore da

attribuire agli elementi del patrimonio.

In merito all’ipotesi di previsione, sulla base di positivi contatti avuti

con i clienti, è ragionevole prevedere di concludere l’operazione nel

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Il bilancio: aspetti generali 431

prossimo esercizio (t+1) in base ai prezzi di listino: vale a dire, con la

vendita di tutta la merce al prezzo complessivo di € 120. Secondo

questa ipotesi di previsione, l’operazione in questione, una volta

conclusa, genererebbe un risultato lordo di 20, pari alla differenza tra il

ricavo di vendita di 120 ed il costo d’acquisto di 100. Rimane da

stabilire come ripartire questo risultato economico di 20 tra i due

esercizi (t e t+1) in cui si svolge l’operazione.

Pur mantenendo ferma l’ipotesi di previsione, si possono associare

diverse ipotesi di scissione:

Ipotesi 1) si potrebbe rinviare all’esercizio successivo l’intero

risultato economico dell’operazione attraverso la valutazione dell’intera

rimanenza di magazzino al termine dell’esercizio t al suo prezzo di

costo di 100 (1×100 kg). Infatti il reddito d’esercizio si presenterebbe

nei due esercizi nel modo seguente:

Conto economico al 31/12/anno t

Costi t Ricavi t

Acquisto merci 100 Vendita merci 0

Utile d’esercizio

0

Variaz. rimanenze merci 100

Totale costi 100 Totale ricavi 100

Conto economico al 31/12/anno t+1

Costi t Ricavi t

Acquisto merci

Variazione rimanenze merci

0

100

Vendita merci 120

Utile d’esercizio 20

Totale costi 120 Totale ricavi 120

Si noti che nella soluzione appena prospettata, accade che il costo

sostenuto sul piano finanziario nell’esercizio t e il ricavo conseguito sul

piano finanziario nell’esercizio t+1 si trovano entrambi contrapposti nel

conto economico dell’esercizio t+1. La correlazione tra costi e ricavi è

stata ottenuta mediante il rinvio del costo dall’esercizio t all’esercizio

t+1 per inseguire il correlato ricavo.

Il collegato capitale di funzionamento, a sua volta, si presenta come

indicato di seguito:

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Capitolo XIII 432

Stato patrimoniale al 31/12/anno t

Attività t Passività e netto t

Cassa 0 Capitale sociale 100

Magazzino merci 100 Utile d’esercizio 0

Capitale netto 100

Totale attività 100 Totale passività e netto 100

Stato patrimoniale al 31/12/anno t+1

Attività t Passività e netto t

Cassa 120 Capitale sociale 100

Magazzino merci 0 Utile d’esercizio 20

Capitale netto 120

Totale attività 120 Totale passività e netto 120

Sul piano patrimoniale, l’attribuzione di un valore pari al prezzo di

costo alle rimanenze di merci nell’esercizio t, comporta che il capitale

netto cresca per il risultato dell’operazione soltanto nell’esercizio t+1.

Ipotesi 2) Alternativamente si potrebbe anticipare all’esercizio t

l’intero risultato economico attraverso l’attribuzione di un valore alle

rimanenze pari al loro prezzo di vendita, ossia 120 (1,2 × 100 kg).

Il reddito d’esercizio si presenterebbe nei due esercizi nel modo

seguente:

Conto economico al 31/12/anno t

Costi t Ricavi t

Acquisto merci 100 Vendita merci 0

Utile d’esercizio 20 Variaz. rimanenze merci 120

Totale costi 120 Totale ricavi 120

Conto economico al 31/12/anno t+1

Costi t Ricavi t

Acquisto merci

Variazione rimanenze merci

0

120

Vendita merci 120

Utile d’esercizio 0

Totale costi 120 Totale ricavi 120

In questa soluzione si noti che il costo sostenuto sul piano

finanziario nell’esercizio t e il ricavo conseguito sul piano finanziario

nell’esercizio t+1 si trovano entrambi contrapposti nel conto economico

dell’esercizio t. La correlazione tra costi e ricavi è stata ottenuta

mediante l’anticipazione del ricavo, previsto finanziariamente

nell’esercizio t+1, per essere associato al relativo costo.

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Il bilancio: aspetti generali 433

Stato patrimoniale al 31/12/anno t

Attività t Passività e netto t

Cassa 0 Capitale sociale 100

Magazzino merci 120 Utile d’esercizio 20

Capitale netto 120

Totale attività 120 Totale passività e netto 120

Stato patrimoniale al 31/12/anno t+1

Attività t Passività e netto t

Cassa 120 Capitale sociale 100

Magazzino merci 0 Utile a nuovo

Utile d’esercizio 20

0

Capitale netto 120

Totale attività 120 Totale passività e netto 120

Sul piano patrimoniale, la differenza fondamentale sta nel fatto che

il capitale netto in questa soluzione risulta accresciuto già al termine

dell’esercizio t. Infatti, grazie all’attribuzione del valore delle rimanen-

ze pari al prezzo di vendita, l’esito dell’operazione viene anticipato al

termine dell’esercizio t.

Ipotesi 3) Ancora, si potrebbe ripartire il risultato economico tra

l’esercizio t e l’esercizio t+1 attribuendo alle rimanenze di beni un va-

lore intermedio tra il prezzo di acquisto e quello di vendita, ad esempio

110 (1,1 x 100 kg); in questo caso il margine sarebbe equamente ripar-

tito tra i due esercizi.

Il reddito d’esercizio ed il collegato capitale di funzionamento si

presenterebbero nel modo seguente:

Conto economico al 31/12/anno t

Costi t Ricavi t

Acquisto merci 100 Vendita merci 0

Utile d’esercizio 10 Variaz. rimanenze merci 110

Totale costi 110 Totale ricavi 110

Conto economico al 31/12/anno t+1

Costi t Ricavi t

Acquisto merci

Variazione rimanenze merci

0

110

Vendita merci 120

Utile d’esercizio 10

Totale costi 120 Totale ricavi 120

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Capitolo XIII 434

Stato patrimoniale al 31/12/anno t

Attività t Passività e netto t

Cassa 0 Capitale sociale 100

Magazzino merci 110 Utile d’esercizio 10

Capitale netto 110

Totale attività 110 Totale passività e netto 110

Stato patrimoniale al 31/12/anno t+1

Attività t Passività e netto t

Cassa 120 Capitale sociale 100

Magazzino merci 0 Utile a nuovo

Utile d’esercizio 10

10

Capitale netto 120

Totale attività 120 Totale passività e netto 120

Con questa soluzione, sul piano reddituale si realizza un

livellamento dei redditi nei due esercizi (10 e 10), mentre sul piano

patrimoniale si evidenzia un graduale rafforzamento del capitale (in

parte nell’esercizio t ed in parte nell’esercizio t+1)

Naturalmente si potrebbero utilizzare tanti altri valori intermedi tra

prezzo d’acquisto e prezzo di vendita per attribuire un valore alle

rimanenze di beni. Modificando anche le ipotesi di previsione sulla

conclusione dell’operazione, si aprirebbe un nuovo spettro di possibili

valori. Ad esempio ipotizzando di non riuscire a vendere a prezzi di

listino la merce acquistata, perché magari si intravedono una

congiuntura negativa e serie difficoltà nei mercati di sbocco, si

potrebbero attribuire valori inferiori anche al prezzo di acquisto, sino al

caso limite in cui non si dà alcun valore alle rimanenze perché si ritiene

di non riuscire a venderle affatto.

Il caso esposto, pur nella sua estrema semplificazione, racchiude le

problematiche precedentemente individuate in merito alla natura dei

valori di bilancio ed alla indeterminazione dello stesso.

Si noti che i valori certi e oggettivi, nel nostro caso il conferimento

in denaro al momento della costituzione, gli acquisti e le vendite

regolate in denaro, rispettivamente, nell’anno t e t+1, presentano valori

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Il bilancio: aspetti generali 435

univoci28

; è stata sufficiente un’unica operazione di gestione in corso di

svolgimento al termine dell’esercizio per aprire un vasto scenario di

valutazioni alternative29

.

Si noti ancora che la somma degli utili risulta uguale (20) nei tre casi

contemplati, ma si modifica la sua ripartizione tra i due esercizi.

Analogamente, il capitale netto finale è sempre lo stesso (120), ma si

accresce in tempi diversi. Purtroppo, questa diversa ripartizione non è

28

Vi è da aggiungere che anche nell’irrealistico caso di presenza esclusiva di valo-

ri certi oggettivi possono sorgere problemi valutativi a causa dei possibili cambiamen-

ti del potere d’acquisto della moneta. Infatti, nella stessa soluzione prospettata al pun-

to 2, se cadesse l’ipotesi di invarianza del potere d’acquisto della moneta posta alla

base del caso, il valore del ricavo anticipato dall’esercizio t+1 all’esercizio t dovrebbe

essere modificato per tener conto del valore che il ricavo ha al tempo t attraverso un

processo di attualizzazione finanziaria.

Questa apparentemente innocua circostanza è in realtà densa di complicazioni per

l’espressività dei bilanci, soprattutto nei periodi di forti oscillazioni della moneta. Sto-

ricamente ed a livello sia nazionale sia internazionale, la dottrina contabile, gli orga-

nismi deputati all’emanazione di principi contabili e la prassi aziendale hanno cercato

soluzioni in grado di risolvere tali problematiche senza mai pervenire ad

un’impostazione ampiamente condivisa. Per un approfondimento sul tema si vedano:

F. ALOI, Contabilità per l’inflazione, Etas libri, 1975; S. DAVIDSON, C. P. STICKNEY,

R. L. WEIL, Inflation accounting: a guide for the accountant and the financial a-

nalyst, McGraw Hill Book, 1976; U. De DOMINICIS, I bilanci delle imprese nei perio-

di nei periodi di oscillazione del valore della moneta, Leprotto & Bella, 1959; S. DI

MARINO, L'adeguamento dei valori di bilancio in periodi di inflazione: il correttivo

contabile parziale completo, Arti grafiche siciliane, 1983; M. FANNI, Le condizioni di

omogeneità monetaria e d’integrità patrimoniale nella contabilità ordinaria

d’esercizio: analisi in periodi d’inflazione, Del Bianco, 1978; G. FERRERO, Bilancio e

contabilità per l’inflazione, Giuffrè, 1977; A. PROVASOLI, Inflazione e risultati d'a-

zienda, Giuffrè, 1983; R. W. SCAPENS, Accounting in an inflationary environment,

Macmillan, 1981; D. TWEEDIE, G. WHITTINGTON, The debate on inflation accounting,

Cambridge University Press, 1984. 29 È opportuno sottolineare che le notevoli semplificazioni alla base del caso pro-

posto non devono far dimenticare che la gestione d’impresa « … è il sistema delle o-

perazioni simultanee e successive che dinamicamente si dispiega, finché l’azienda ha

vita…» (P. ONIDA, Economia d’azienda, Utet, 1971, p. 251). L’analisi degli effetti

sulla formazione del reddito e del patrimonio che derivano da scelte valutative alter-

native è conseguentemente assai più complessa nella realtà operativa rispetto a quella

proposta nel modello, proprio per la dinamica interazione e interdipendenza generata

da operazioni simultanee e successive. Per un approfondimento di questi aspetti si ri-

manda all’analisi comparativa e alle conseguenti proposizioni contenute in : A.

MURA, G. ROBERTO, Nature and duration of the accounting differences between Ita-

lian and US GAAP: A case study on conservatism, Journal of Applied Accounting

Research, Vol.15, n.1, 2014.

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Capitolo XIII 436

irrilevante. A titolo di esempio, si pensi al caso in cui tra un anno e

l’altro si modifichi la compagine sociale: è evidente che i soci dell’anno

t rispetto a quelli dell’anno t+1, a seconda dei casi, si troverebbero in

una posizione di relativo vantaggio, svantaggio o indifferenza sulla

possibile distribuzione degli utili.

Inoltre, se si adottasse, ad esempio, l’ipotesi di cui al punto 2 e i soci

dell’anno t decidessero di distribuire interamente l’utile dell’esercizio, i

soci dell’esercizio t+1 non solo si troverebbero nell’impossibilità di

percepire utili, ma si troverebbero anche un capitale minore per

continuare le operazioni di gestione.

Oppure, si considerino gli effetti altrettanto mutevoli delle diverse

soluzioni nel caso in cui l’informazione sull’andamento del reddito

fosse adoperata per giudicare le condizioni di economicità dell’impresa,

o l’operato dell’imprenditore e/o dei manager.

Ancora, si pensi al caso in cui da un anno all’altro ci sia un aumento

delle aliquote delle imposte sul reddito: l’impresa sarebbe chiamata a

pagare un importo diverso a titolo di imposta a seconda delle scelte di

bilancio effettuate!30

La caratteristica dell’indeterminazione dei problemi valutativi del

bilancio d’esercizio, peraltro, pur rappresentando l’aspetto

maggiormente critico per la sua redazione, non esaurisce gli aspetti di

discrezionalità. Sono numerose e differenti anche le scelte possibili per

individuare gli aspetti formali per la sua esposizione: vale a dire la

scelta della forma e della struttura dello stato patrimoniale, del conto

economico, del rendiconto finanziario; la scelta di esposizione delle

parti descrittive che illustrano il contenuto dei vari schemi, ecc.

30

« A questo punto ci si potrebbe chiedere: ma allora perché non fare a meno dei

valori stimati e dei valori congetturati nel redigere un bilancio d’esercizio? Occorre

prendere atto che dei valori stimati e dei valori congetturati non si può assolutamente

fare a meno se realmente si desidera che le conoscenze fornite dal bilancio risultino

sensate ed affidabili. Ciò è conseguenza del fatto che nella realtà la gestione è conti-

nua: è soltanto per soddisfare con una data frequenza le esigenze conoscitive a cui ri-

sponde il bilancio che si fissano “artificiosamente” i confini di tempo di un dato peri-

odo amministrativo (solitamente della durata di dodici mesi) … » A. PROVASOLI, Bi-

lancio d’esercizio e Bilancio consolidato, Egea, 2004, pp. 11-12.

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Il bilancio: aspetti generali 437

13.5 Bilanci a costi storici e bilanci al “fair value”

Le prime due soluzioni adottate nel paragrafo precedente per dare

una risposta al problema della determinazione del reddito d’esercizio e

del capitale sono emblematiche. Infatti, nonostante il caso applicativo

fosse estremamente semplificato dalla presenza di un’unica operazione

in corso, danno un’idea di due « logiche » individuate dalla dottrina

economico-aziendale come casi-limite per risolvere il problema della

competenza economica dei costi e dei ricavi. Esse sono rispettivamente

denominate:

— la logica del rinvio dei costi;

— la logica dell’anticipazione dei ricavi31.

Si tratta di due logiche molto differenti che, se applicate integral-

mente e continuativamente a tutte le operazioni in corso di svolgimento

di una data impresa, portano alla determinazione di configurazioni di

reddito e capitale differenti.

13.5.1 La logica del rinvio dei costi e i bilanci a costi storici

Nell’impostazione che si basa sulla “logica del rinvio dei costi” il

processo di formazione del reddito ha come punto di riferimento il

riconoscimento dei ricavi nell’esercizio in cui essi sono maturati. Ciò

avviene quando i beni prodotti dall’impresa sono stati consegnati ai

clienti e/o le prestazioni dei servizi sono state ultimate. I costi, a loro

volta, competono a quello stesso esercizio se sono collegati a tali ricavi.

Pertanto, quei costi che sono associati a ricavi non ancora maturati

nell’esercizio sono rinviati agli esercizi successivi, a patto che gli stessi

costi siano recuperabili. In altri termini, i costi sostenuti in un dato

esercizio competono allo stesso esercizio:

- nel caso siano correlati ai ricavi maturati in quell’esercizio;

- nel caso non esistano ricavi futuri sufficienti per reintegrarli;

- nel caso non esistono ricavi futuri a cui contrapporli.

Se invece i costi sostenuti in un esercizio sono collegati a ricavi che

matureranno in futuro e che saranno in grado di reintegrarli, tali costi

vanno rinviati a quegli esercizi proprio per poter essere contrapposti a

31

Ci si riferisce all’impostazione ideata dal Capaldo. Si veda più diffusamente: P.

Capaldo, Reddito, Capitale e Bilancio, Giuffè, 1998, pp. 52-167.

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Capitolo XIII 438

quei ricavi. L’ipotesi 1 adottata nel paragrafo precedente per valutare i

beni in rimanenza, unica operazione di gestione in corso di svolgimento

al termine dell’esercizio, ricalca questa impostazione. Nella logica del

rinvio dei costi, il costo d’acquisto delle merci che si manifesta

finanziariamente nell’esercizio t è rinviato all’esercizio t+1 per essere

contrapposto al correlato ricavo che matura nell’esercizio t+1, quando

effettivamente le merci saranno vendute. Allo stesso tempo e nello

stesso esempio, il costo d’acquisto delle merci rinviato all’esercizio t+1

esprime il valore dell’elemento attivo del patrimonio rappresentato

dalle merci in magazzino. «Alla base di questa «logica», vi è l’assunto

che nell’impresa si possa parlare di reddito solo in presenza di

operazioni concluse e nei limiti di queste operazioni» 32

.

Il rispetto rigoroso di questa logica porta alla redazione del bilancio

a costi storici nella sua forma più pura, impostazione nota come

“historical cost accounting”. In questa impostazione, la formazione del

reddito, e, quindi, il conto economico rappresentano il focus

dell’informazione prodotta. Il reddito che scaturisce dalla

contrapposizione dei costi e ricavi secondo questa procedura esprime il

valore che l’impresa ha generato o distrutto per effetto del processo di

produzione economica che ha sviluppato in quel dato periodo

amministrativo. Il valore che l’impresa ha creato o distrutto con le

operazioni di acquisizione dei fattori produttivi dai propri fornitori a un

dato prezzo, di trasformazione economico-tecnica degli stessi fattori

per ottenere i prodotti e/o servizi e di vendita di questi ultimi ai propri

clienti ad un altro prezzo 33

. È un valore che sintetizza come l’impresa

ha saputo combinare le politiche dei prezzi e delle quantità nei mercati

di approvvigionamento con il proprio modello di gestione per la

trasformazione dei fattori produttivi in prodotti finiti e con le politiche

di prezzi e quantità nei mercati di sbocco. Il reddito che ne consegue

esprime la produzione di nuova ricchezza che è possibile distribuire

senza compromettere l’integrità economica del capitale.

Diversamente, lo stato patrimoniale ed il patrimonio netto in esso

rappresentato svolgono un ruolo secondario. Gran parte degli elementi

attivi del patrimonio risultano valutati al loro costo storico di acquisi-

zione. Più in generale, gli elementi attivi e passivi del patrimonio espo-

32

P. Capaldo, Reddito, Capitale e Bilancio, Giuffè, 1998, p. 53. 33

Cfr. S. Penman, Financial reporting quality: is fair value a plus or a minus, Ac-

counting and Business Research, 2007, p. 36

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Il bilancio: aspetti generali 439

sti nello stato patrimoniale non forniscono un valore autonomo del ca-

pitale, proprio perché sono funzionali alla determinazione del reddito.

Tale configurazione del capitale, denominata capitale di funzionamen-

to, è quindi piegata alle esigenze di determinazione del reddito e alla

logica del rinvio dei costi. Nell’ambito delle attività e passività appaio-

no valori che trovano giustificazione proprio da questo processo di cor-

relazione in cui i costi inseguono i correlati ricavi.

Si pensi ad esempio ai risconti attivi con cui si rinviano agli esercizi

successivi quote di costo già manifestatesi finanziariamente per con-

trapporli ai relativi ricavi che si manifesteranno in futuro. Oppure si

pensi a quegli elementi del passivo rappresentati da costi o quote di co-

sti non ancora manifestatesi finanziariamente, ma collegati a vendite

già effettuate, come ad esempio un fondo rischi per garanzia prodotti o

i ratei passivi.

13.5.2. La logica dell’anticipazione dei ricavi e i bilanci a “fair

value”

All’estremo opposto vi è la soluzione del problema della competen-

za economica dei costi e ricavi secondo la logica dell’anticipazione dei

ricavi. In questa visione, tutti i costi che si manifestano finanziariamen-

te in un dato periodo amministrativo sono considerati di competenza

economica dello stesso esercizio. Ad essi vanno contrapposti non solo i

ricavi correlati che si manifestano in quello stesso esercizio, ma anche

il valore attuale dei ricavi che verranno conseguiti in futuro grazie a

quei costi.

In questo caso, quindi, sono i ricavi che inseguono i correlati costi e

ciò porta ad anticipare all’esercizio in chiusura il risultato economico di

tutte le operazioni che al termine dello stesso sono semplicemente ini-

ziate, anche se non ancora concluse. La sistematica applicazione di

questa logica a tutte le operazioni di gestione in corso di svolgimento al

termine dell’esercizio, porta alla determinazione del capitale economi-

co. Ossia la configurazione del capitale che tiene conto delle capacità

prospettiche dell’impresa di produrre frutti in futuro. Si abbandona la

configurazione del capitale di funzionamento, valore non autonomo ma

derivato dalla logica di determinazione del reddito prodotto, per passare

alla configurazione del capitale economico dell’impresa.

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Capitolo XIII 440

Ritornando all’esempio semplificato riportato nel precedente para-

grafo, la procedura di cui all’ipotesi 2 opera in questo modo. Il risultato

dell’unica operazione in corso è anticipato all’esercizio t, ed il capitale

netto risulta accresciuto con un anno di anticipo. In altri termini, anzi-

ché attendere il completamento delle operazioni per poter accertare la

presenza di un reddito, si anticipa l’esito futuro delle operazioni in cor-

so di svolgimento all’esercizio in cui le stesse sono iniziate.

Il reddito che consegue da questa impostazione rappresenta

l’incremento o il decremento che ha subito il capitale economico in

quel dato esercizio.

Da un punto di vista esclusivamente concettuale e prescindendo dal-

le problematiche operative di misurazione, la logica dell’anticipazione

dei ricavi appare molto vicina alla logica di redazione del bilancio basa-

ta sulle valutazioni a “fair value”. Astraendoci dalle innumerevoli sfu-

mature che il concetto può assumere e dalle difficoltà di tradurre in

modo univoco gli stessi termini nella lingua italiana, valutare al fair va-

lue significa attribuire agli elementi patrimoniali un valore che verrebbe

riconosciuto agli stessi in un regolare mercato di sbocco34

. Anche in

questa circostanza, l’impostazione dell’ipotesi 2 del precedente para-

grafo può aiutare a coglierne il significato sostanziale. In quel caso le

attività patrimoniali rappresentate dalle rimanenze di beni sono valutate

al prezzo a cui tali beni potranno essere collocati presso la clientela. Il

valore viene quindi sganciato dai prezzi di acquisto e/o di produzione

che si sono sostenuti nei mercati di approvvigionamento e nel processo

di trasformazione, viene cioè abbandonato il criterio del costo, e si ade-

risce ai valori di mercato. E nella concezione dei bilanci secondo il fair

value questa procedura si applica a prescindere dal fatto che la conclu-

sione delle operazioni possa essere positiva o negativa. Ciò significa

che l’adozione del fair value se da un lato porta ad anticipare utili in

formazione quando le prospettive di mercato sono positive, dall’altro

porta ad anticipare perdite quando le prospettive di mercato sono nega-

tive.

L’impostazione dei bilanci a costi storici e quella al “fair value”, ov-

vero l’historical cost accounting ed il fair value accounting rappresen-

tano due concezioni contrapposte che animano da tempo un acceso di-

34 L’International Accounting Standard Board (IASB) attualmente definisce il fair

value come «il prezzo che si percepirebbe per la vendita di un’attività ovvero che si

pagherebbe per il trasferimento di una passività in una regolare operazione tra opera-

tori di mercato alla data di valutazione». IFRS 13, par. 9.

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Il bilancio: aspetti generali 441

battito. Attualmente tale dibattito risulta quanto mai fervido oltre che

distante da una soluzione condivisa. Folte schiere di sostenitori dell’una

e dell’altra impostazione sono riscontrabili non solo tra gli accademici,

ma anche negli organismi nazionali e internazionali preposti

all’emanazione di principi contabili, nonché tra i redattori e utilizzatori

dei bilanci. Esula dagli obiettivi di questo lavoro qualsiasi tentativo di

intervenire sul dibattito, ma è parso opportuno illustrare sommariamen-

te gli aspetti concettuali che differenziano le due impostazioni per far

comprendere i termini generali della questione ed in particolare i rifles-

si nella formazione del reddito e del capitale.

Chiariti grossolanamente questi aspetti, si consideri che mentre sugli

aspetti teorici la distinzione tra i due modelli è relativamente agevole, e

la distinzione tra la logica del rinvio dei costi e dell’anticipazione dei

ricavi può risultare congeniale per intravederne le diverse conseguenze,

quando l’analisi si sposta sugli aspetti pratici e deve necessariamente

affrontare operativamente i problemi della misurazione i confini diven-

tano molto meno definiti e più problematici.

Infatti, vi è un punto fermo che occorre esplicitare. Le due

impostazioni nella loro forma pura non trovano applicazione integrale

negli ordinamenti e nelle prassi nazionali e internazionali. Di fatto, gli

ordinamenti contabili presenti nella realtà sono sistemi in cui dosi

differenti di entrambe le impostazioni si combinano facendo perdere in

modo più o meno accentuato il rigore nelle relative configurazioni di

reddito e di capitale.

A livello internazionale, i due più importanti organismi deputati

all’emanazione dei principi contabili sono il Financial Accounting

Standards Board (FASB) che disciplina il comportamento contabile

delle imprese che operano nei mercati finanziari degli Stati Uniti

d’America e l’International Accounting Standard Board (IASB) il cui

raggio d’azione va espandendosi sempre più: imprese quotate operanti

nei mercati europei, asiatici, ecc. Entrambi sono impegnati in un ambi-

zioso progetto di armonizzazione delle loro regole che risulta caratte-

rizzato dall’innesto crescente nei rispettivi corpus di principi contabili

di soluzioni che prevedono il ricorso al fair value. Pur con le dovute

differenze, in entrambi i sistemi la valutazione ai costi storici continua

ad essere prevista per alcune poste di bilancio, in altre il fair value è

ammesso come valida alternativa, in altre ancora imposto come unica

soluzione e non mancano i casi in cui il fair value è un semplice termi-

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Capitolo XIII 442

ne di paragone per verificare la possibilità di mantenere il criterio del

costo.

Un crescente numero di studi teorici ed empirici indaga sui reali

vantaggi che tale maggior ricorso alla logica del fair value possa real-

mente aver generato nella redazione dei conti annuali, ma i risultati non

sono concordi. Complessi aspetti metodologici, diversità dei contesti i-

stituzionali di riferimento e difficoltà a isolare l’influenza del fair value

da un sistema così complesso come quello delle valutazioni di bilancio

sono solo alcuni ostacoli che inducono a dubitare che questo dibattito

possa avere delle risposte univoche.

13.6 I destinatari e i fini del bilancio

13.6.1. I destinatari del bilancio d’esercizio

La ricerca di una chiave di interpretazione per orientarsi tra le varie

soluzioni possibili per la redazione del bilancio è complicata

dall’esigenza di trovare una sintesi alle varie e, a volte, conflittuali

esigenze informative dei potenziali destinatari dello stesso. Infatti, i

soggetti interessati alle informazioni contenute nel bilancio d’esercizio

si differenziano tra loro per specifici interessi che intendono soddisfare

a cui sono collegati specifici obiettivi conoscitivi.

Questi soggetti, comunemente denominati con neologismo inglese

stakeholder — detentori di quote, di interessi — cercano nel bilancio

d’esercizio determinate informazioni sull’andamento aziendale per

comprendere quali siano le prospettive di vedere soddisfatte le proprie

attese e salvaguardati e tutelati i propri interessi particolari. Si tratta di

una numerosissima platea di soggetti, all’interno della quale si possono

innanzitutto distinguere due grandi gruppi35

:

— i soggetti interni;

— i soggetti esterni.

I soggetti interni sono potenzialmente coinvolti nel processo di

formazione e redazione del bilancio e, quindi, sono nelle condizioni di

poterlo influenzare e indirizzare direttamente, mentre i soggetti esterni

ne sono estranei.

35 La classificazione e le categorie di stakeholder di seguito riportate, ricalcano so-

stanzialmente l’impostazione adottata in G. MELIS, P. CONGIU, Il bilancio d’esercizio

delle imprese industriali, mercantili e di servizi, Giuffrè, 2a ed., 2006, pp. 14-19.

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Il bilancio: aspetti generali 443

Nel primo gruppo si possono annoverare il soggetto economico

dell’impresa e l’Alta direzione.

Il soggetto economico36

, ossia la persona o il gruppo di persone che

di fatto impongono la propria volontà nelle scelte di indirizzo

aziendale, è tipicamente rappresentato dal titolare nelle imprese

individuali, dal socio o gruppo di soci che detiene la maggioranza

relativa delle quote di capitale nelle imprese collettive. Pur avendo a

disposizione l’intero sistema informativo aziendale, il soggetto

economico ricerca nel bilancio d’esercizio innanzitutto informazioni

sull’entità del risultato economico conseguito per valutare quanta parte

di esso può essere destinata a remunerare il capitale di rischio e quanta

parte debba essere trattenuta all’interno dell’impresa. Più in generale, il

soggetto economico è interessato a conoscere l’evoluzione delle

condizioni di economicità della propria impresa da cui dipende la

sopravvivenza della stessa: le condizioni di equilibrio economico,

patrimoniale, finanziario e monetario.

Esigenze informative analoghe caratterizzano i componenti dell’Alta

direzione (amministratori e dirigenti apicali), il cui interesse primario è

che i risultati economici, patrimoniali e finanziari siano in linea con le

aspettative del soggetto economico, e, quindi, tali da preservare, o

anche, migliorare la propria specifica posizione contrattuale. Rispetto al

soggetto economico, essi, però, hanno generalmente un orizzonte

temporale limitato dalle scadenze del proprio contratto: questo aspetto

può differenziare notevolmente le proprie aspettative sui risultati

aziendali rispetto al soggetto economico. Le scelte strategiche e

operative intraprese da amministratori protesi a migliorare la

performance aziendale nel breve periodo e le collegate scelte valutative

di bilancio, possono non essere congeniali per il raggiungimento degli

obiettivi di lungo periodo ricercati dal soggetto economico, o

addirittura comprometterli.

Nell’ambito dei soggetti esterni si possono annoverare innanzitutto i

soci di minoranza. Essi, generalmente disinteressati alla diretta

partecipazione alle vicende gestionali societarie, ricercano nel bilancio

36

« Chiamiamo soggetto economico dell’azienda la persona o il gruppo di persone

che di fatto ha ed esercita il supremo potere nell’azienda, subordinatamente solo ai

vincoli d’ordine giuridico e morale ai quali deve o dovrebbe sottoporsi. Il soggetto

economico costituisce un organo dell’amministrazione e, precisamente, l’organo nel

quale si accentra o al quale fa capo di fatto, il supremo potere volitivo ». P. ONIDA,

Economia d’azienda, Giuffrè, ristampa, 1985, p. 21.

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Capitolo XIII 444

d’esercizio informazioni sulla potenziale redditività del proprio

investimento. La conoscenza degli utili potenzialmente distribuibili

(dividendi nel caso di società azionarie) e delle prospettive di realizzo

delle proprie quote di capitale (dei corsi delle loro azioni nel caso si

tratti di un’impresa quotata in un mercato regolamentato) rappresentano

i loro interesse primario37

.

I finanziatori di capitale di credito ricercano nel bilancio d’esercizio

informazioni sulla solidità patrimoniale e sulla situazione finanziaria

dell’impresa per comprendere quali sono le prospettive di vedere

ripagati i propri crediti alle scadenze convenute e valutare se concedere

nuovi prestiti, rinnovare o revocare quelli esistenti.

I dipendenti e, più in generale, i collaboratori dell’impresa sono

interessati a conoscere le prospettive di continuità aziendale ed i riflessi

che esse avranno sul proprio posto di lavoro o attività di

collaborazione.

Analogamente i clienti e i fornitori sono interessati a conoscere le

prospettive di sopravvivenza dell’impresa: i clienti hanno interesse a

conoscere i riflessi sulla possibilità di continuare a disporre dei beni e

dei servizi allestiti dalla stessa; i fornitori sono interessati ai riflessi

sulla possibilità di poter continuare ad approvvigionare l’impresa e

vedere congruamente remunerati i propri prodotti e servizi, ecc.

Un altro importante soggetto esterno interessato all’informativa di

bilancio è la pubblica amministrazione. Gli obiettivi conoscitivi che

quest’ultima si attende di vedere soddisfatti nel bilancio d’esercizio

riguardano le prospettive sul mantenimento, incremento o decremento

della base occupazionale che sarà generato dall’andamento

dell’impresa; inoltre, dal bilancio d’esercizio, in particolare dal risultato

economico ante imposte, parte il meccanismo per individuare il reddito

tributario su cui è commisurato il prelievo fiscale.

Un’ultima categoria da citare, senza pretesa di essere stati esaustivi,

è composta dagli analisti finanziari. Si tratta di figure professionali

(

37) « Le attese conoscitive degli azionisti non coinvolti nella gestione non sono

peraltro omogenee, ma variamente articolate a seconda delle motivazioni e degli inte-

ressi specifici di ciascuno di essi. Ad esempio, gli interessi di chi possiede azioni con

diritto di voto possono essere differenti e le esigenze conoscitive da quelli di chi ha

solo azioni di risparmio. Analogamente, gli interessi e le esigenze conoscitive di un

grande investitore istituzionale possono essere diversi da quelli di un piccolo azionista

privato » A. MELIS, La qualità dell’informazione esterna. Principi contabili ed evi-

denze empiriche, Giuffrè, p. 21

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Il bilancio: aspetti generali 445

specializzate nell’interpretazione dell’informativa economica-

finanziaria di impresa che operano al servizio di istituzioni finanziarie e

creditizie, mercati finanziari, ecc. Le loro analisi mirano ad interpretare

lo stato di salute di singole imprese, del settore produttivo di

riferimento, del settore geografico. Essi ricercano nel bilancio

d’esercizio una fonte d’informazione imparziale, comprensibile e

completa sull’operato aziendale poiché da esse dipende l’affidabilità

delle loro analisi.

Di fronte a questa forte varietà di attese conoscitive da parte dei

diversi destinatari del bilancio sorge il problema fondamentale che le

stesse possono anche essere in conflitto tra loro così come gli interessi

in attesa di soddisfazione.

A titolo d’esempio, risulta evidente che l’esigenza dei soggetti

interni e in particolare del soggetto economico di contenere il reddito

d’esercizio per ridurre al minimo il carico tributario dell’esercizio e

preservare le risorse da destinare piuttosto all’autofinanziamento o alla

distribuzione ai soci, si scontra con l’esigenza opposta della pubblica

amministrazione di non vedere eroso il reddito imponibile su cui è

commisurato il calcolo delle imposte. Si pensi inoltre come l’esigenza

dei soci di maggioranza e minoranza di vedere distribuiti congrui

dividendi sia in chiaro contrasto con l’aspettativa dei finanziatori di

vedere le stesse risorse trattenute in azienda in modo da irrobustire la

struttura patrimoniale e finanziaria dell’impresa e non compromettere

la capacità di rimborso dei prestiti; o ancora, si pensi come l’esigenza

dei soggetti interni di mostrare un positivo andamento reddituale a

finanziatori e analisti finanziari per generare fiducia nell’impresa sia in

contrasto con la loro stessa esigenza di mostrare un andamento meno

brillante ai soci di minoranza per evitare richieste di distribuzione di

dividendi da parte degli stessi, ecc.

Si segnala infine che l’articolazione delle diverse categorie di

stakeholder sopra esposte, si semplifica enormemente in presenza di

imprese non quotate di piccole e medie dimensioni. Peraltro, queste

tipologie di imprese sono quelle di gran lunga più diffuse nel panorama

nazionale, nonché quelle a cui è prevalentemente rivolta l’attenzione di

questo lavoro nella successiva trattazione della normativa di bilancio.

Laddove la separazione tra proprietà e gestione è solo embrionale o

del tutto assente, la necessità di conciliare i bisogni informativi di

soggetto economico e alta direzione tende a scomparire. Analogamente

quando la compagine sociale è poco articolata, i rapporti tra soci di

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Capitolo XIII 446

maggioranza e minoranza si semplificano notevolmente. Si pensi ad

esempio, all’agilità con cui può operare una società a responsabilità

limitata con un unico socio. La convenienza di un regime di

responsabilità per le obbligazioni sociali limitata al patrimonio

conferito nella società si combina con l’assenza della pluralità dei soci

e la possibilità per lo stesso socio di amministrare direttamente la

propria società. Inoltre, il fatto di non ricorrere al collocamento delle

proprie azioni nei mercati regolamentati per reperire il capitale di

rischio riduce ulteriormente il numero degli interessati alle vicende

societarie: tendono ad attenuarsi o scomparire le attenzioni di analisti

finanziari, investitori istituzionali, organi di sorveglianza della borsa,

ecc.

Nondimeno, in questi casi permane comunque in tutta la sua

rilevanza e problematicità l’esigenza di bilanciare gli obiettivi

potenzialmente contrastanti tra soggetto economico e finanziatori di

capitale di credito, tra soggetto economico e pubblica amministrazione,

tra soggetto economico e dipendenti, ecc. Per di più, in queste

condizioni, le piccole e medie imprese non quotate, a conduzione

personale o familiare, si ritrovano con assetti di governo meno

sofisticati, un minor numero di stakeholder con cui interagire e

procedure meno stringenti per il controllo e la sorveglianza del loro

operato. La maggiore snellezza che ne deriva può generare maggiore

aggressività in eventuali comportamenti opportunistici di

manipolazione dell’informazione di bilancio per assecondare le

esigenze informative e influenzare le decisioni dei destinatari di

bilancio spesso più importanti per queste imprese: finanziatori (banche

e istituti finanziari) e autorità fiscali.

13.6.2. I fini del bilancio d’esercizio

Chiariti gli aspetti dell’indeterminazione dei problemi valutativi del

bilancio d’esercizio da un lato, la varietà e la potenziale conflittualità

delle attese conoscitive degli stakeholder dall’altro, si fa cenno ora alle

principali impostazioni per affrontare il tema della formazione del

bilancio. Da tempo, la dottrina economico-aziendale prevalente

riconosce nella prioritaria esplicitazione del fine del bilancio

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Il bilancio: aspetti generali 447

d’esercizio l’approccio metodologico più valido per affrontare la

questione38

.

In sostanza, l’identificazione del fine del bilancio, e, quindi,

l’identificazione della configurazione di reddito e di capitale più

congeniale al raggiungimento di tale fine, rappresenterebbe la scelta

propedeutica all’individuazione dei principi generali e dei criteri

analitici per regolare gli aspetti di esposizione e valutazione del

bilancio. «L’individuazione del fine riposa largamente sulla

comprensione del fatto che esistono differenti tipologie di fruitori del

bilancio che avanzano proprie istanze, spesso in conflitto tra loro e

variamente equilibrabili»39

.

Le soluzioni proposte dalla dottrina40

e dalle prassi nazionali e

internazionali sono innumerevoli, come dimostrano gli studi

comparativi teorici e empirici che evidenziano e quantificano le

differenze tra le diverse impostazioni. Tale varietà di soluzioni va da

impostazioni flessibili ed elastiche con ampi margini di discrezionalità

38

In merito il Lacchini osserva: «Tale concezione costituisce il portato di una af-

fermata dottrina che si diparte dalle pionieristiche affermazioni del Pantaleoni,

dell’Einaudi, dello Zappa sino alla sistematizzazione compiuta soprattutto ad opera di

Onida, di Capaldo e di altri importanti studiosi che hanno ripreso e sviluppato questa

corrente di ricerca: la fissazione del fine (che è, in sostanza, la scelta di una chiave di

lettura e investigazione della realtà) è propedeutica ed informa di sé tutte le successive

norme contabili » M. LACCHINI, Modelli teorico-contabili e principi di redazione del

bilancio. Riflessioni economico-aziendali sull’innovato codice civile, Giappichelli,

1994, pp. 34-35.

(39) M. LACCHINI, Modelli teorico-contabili e principi di redazione del bilancio. Rifles-sioni economico-aziendali sull’innovato codice civile, Giappichelli, 1994, p. 35.

40 Due nozioni di reddito hanno avuto ampia rilevanza negli studi economico-

aziendali: il reddito consumabile (o distribuibile) e il reddito prodotto. La nozione di

reddito consumabile è strumentale al fine di individuare la capacità media

dell’impresa di generare redditi nel tempo, mediando appunto tra gli alterni andamenti

congiunturali. Il principio della competenza economica è basato sulla nozione di

«tempo economico», nel senso che gli accadimenti aziendali sono apprezzati con una

visione temporale di lungo periodo. Di contro, la nozione di reddito prodotto, basata

sul «tempo fisico» mira a conoscere la specifica redditività attribuibile distintamente a

ciascun esercizio. Il principio della prudenza e della costanza di applicazione dei cri-

teri di valutazione sono alla base di questa configurazione e da essi discendono, ri-

spettivamente, la tutela dell’integrità del capitale e la comparabilità dei risultati nel

tempo. Sulla teorizzazione della nozione di reddito consumabile si rimanda a P.

ONIDA, Il bilancio delle imprese, cit., p. 54 e ss; mentre con riguardo alla nozione di

reddito prodotto si rinvia a U. De DOMINICIS, Lezioni di ragioneria generale, vol. III,

parte prima, p. 473 e ss.

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Capitolo XIII 448

nelle mani del redattore del bilancio a impostazioni rigide e codificate

in ogni minimo aspetto.

Ad un estremo, è doveroso citare la suggestiva e, probabilmente,

utopistica proposta del Capaldo41

di presentare un bilancio «aperto». I

valori stimati e congetturati non sono identificati in questa concezione

di bilancio, ma sono delineate le ipotesi alternative di previsione e

scissione delle operazioni in corso, lasciando il compito gravoso di

chiudere il bilancio al lettore, secondo il suo specifico fine. All’altro

estremo, si può citare la tradizionale impostazione francese che codifica

minuziosamente i diversi aspetti della redazione del bilancio,

spingendosi persino ad imporre un piano dei conti di contabilità

generale uniforme mediante una rigorosa e capillare articolazione e

adattamento per settori produttivi valida per tutte le imprese (le plan

comptable général)42

.

Con riguardo alla specifica esperienza nazionale, su un aspetto

dottrina, prassi e anche la legislazione vigente hanno raggiunto una

posizione condivisa: il bilancio di esercizio rappresenta uno strumento

di informazione; una base informativa minima comune ai vari

destinatari di bilancio43

. La concezione del bilancio come strumento di

comportamento, da redigersi in base a specifici obiettivi operativi, pur

strenuamente difesa in passato, pare attualmente superata44

.

41 P. CAPALDO, Qualche riflessione sull'informazione esterna d'impresa, in Rivista

dei Dottori Commercialisti, n.5, 1975, p.848 e ss. 42

S. ANGELONI, Contabilità generale e bilancio di esercizio in Francia. Cedam,

2001. 43

«Il bilancio di esercizio può venire inteso come:

a) uno strumento di informazione (o di conoscenza) per i soggetti che, direttamente o

indirettamente, hanno interessi nell’impresa;

b) uno strumento di comportamento, da parte del soggetto che di fatto governa

l’impresa, inteso a facilitare il raggiungimento di prescelti obiettivi operativi”. F.

DEZZANI, La certificazione del bilancio di esercizio, Giuffrè, 1974, pp. 18–19 44

« Scopo preminente della sua redazione, diviene così, la diffusione di conoscen-

ze sugli andamenti gestionali dell’impresa, che possono risultare utili ai vari portatori

di interessi; non il raggiungimento di prescelti obiettivi operativi da parte del soggetto

economico » F. RANALLI, Il bilancio d’esercizio. Il modello del reddito realizzato.

Aracne, 2005, p. 18.

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Il bilancio: aspetti generali 449

13.7 Le discipline di bilancio applicabili alle imprese italiane

Le norme per la redazione del bilancio d’esercizio applicabili alle

imprese operanti in Italia si presentano differenziate in base alle

specifiche caratteristiche che le stesse imprese possono assumere:

quotazione o meno in mercati regolamentati; appartenenza al settore

lucrativo o cooperativo; forma giuridica; parametri dimensionali e

settore produttivo di appartenenza.

Il quadro è ulteriormente complicato dal fatto che soprattutto

nell’ultimo decennio, tali normative sono state e continuano ad essere

oggetto di continue modifiche in stretta dipendenza con il processo di

standardizzazione e armonizzazione delle regole di formazione dei

conti annuali da tempo in atto a livello internazionale. Si tratta della

diffusione dei principi contabili internazionali emanati

dall’International Accounting Standard Board (IASB) noti con

l’acronimo IAS/IFRS che sta, rispettivamente, per International

Accounting Standards e International Financial Reporting Standards45

.

Questo corpus di principi contabili gradualmente si sta diffondendo

sempre più a livello mondiale, pur con qualche difficoltà. Per quanto

riguarda più da vicino la realtà italiana, l’Unione Europea (UE), con il

regolamento UE 1606/2002 ha recepito e reso obbligatorio

l’applicazione dei principi IAS/IFRS per tutte le imprese quotate in

mercati regolamentati appartenenti all’UE già dall’esercizio 2005 per la

45

I primi, gli IAS, furono emanati dal precedente organismo internazionale Inter-

national Accounting Standard Committee (IASC) e integralmente recepiti dallo IASB

all’atto della sua istituzione. Gli IFRS sono invece i nuovi stanard emanati dallo

IASB nella sua successiva attività in sostituzione o di aggiunta ai preesistenti IAS.

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Capitolo XIII 450

redazione del bilancio consolidato46

. Il legislatore italiano con il

Decreto Legislativo n. 38/05 ha esteso l’obbligo di applicazione dei

principi IAS/IFRS anche per la redazione del bilancio d’esercizio a

partire dal 2006 per:

- società quotate in mercati regolamentati;

- società con strumenti finanziari diffusi presso il pubblico;

- banche e intermediari finanziari soggetti alla Vigilanza;

- assicurazioni (solo per il bilancio consolidato; ma se queste

sono quotate e non redigono il bilancio consolidato l’obbligo è esteso

anche al bilancio d’esercizio).

Le altre società non quotate possono volontariamente adottare gli

IAS/IFRS purché non siano al di sotto dei parametri per redigere il

bilancio in forma abbreviata. Quest’ultimo rappresenta un’opzione di

redazione del bilancio con diverse semplificazioni che il legislatore

concede alle imprese che non raggiungono determinati limiti

dimensionali.

In estrema sintesi, la normativa applicabile in materia di bilancio

risulta oggi così differenziata:

46 Si tratta di un particolare bilancio redatto in presenza di gruppi di imprese al fi-

ne di illustrare con visione d’insieme l’andamento patrimoniale, finanziario ed eco-

nomico dell’intero gruppo. In estrema sintesi, esso scaturisce da un processo di inte-

grazione dei bilanci delle singole imprese appartenenti al gruppo, denominato proces-

so di consolidamento: con esso si sommano le diverse attività e passività, i costi e ri-

cavi, i flussi di liquidità delle diverse imprese appartenenti al gruppo in modo da per-

venire ad un unico stato patrimoniale, conto economico e rendiconto finanziario per

l’intera aggregazione. In questa processo di consolidamento svolge un ruolo cruciale

l’eliminazione dei componenti patrimoniali, reddituali e finanziari scaturenti da ope-

razioni infragruppo, ossia operazioni che intercorrono tra le imprese appartenenti al

gruppo. Ciò al fine di evitare duplicazioni. Per approfondimenti sul tema del bilancio

consolidato si rinvia all’ampia letteratura esistente. Tra gli altri lavori si segnalano: N.

DI CAGNO, Il bilancio consolidato, Cacucci, 1993; L. MARCHI, M. FROLI, Il bilancio

consolidato, EBC, 1987; L. MARCHI, M. ZAVANI, Economia dei gruppi e bilancio

consolidato, Giappichelli, 1998; L. MASSARI, Gruppi aziendali e proposta modificata

di VII direttiva comunitaria sul bilancio consolidato, Cacucci, Bari, 1979; A.

MONTRONE, Il bilancio consolidato: evoluzione normativa e metodologia di redazio-

ne, FrancoAngeli, 2004; A. MUSERRA, Il bilancio consolidato, Cacucci, Bari, 1995; P.

PISONI, Il bilancio consolidato, Giuffrè, 2000, A. PRENCIPE, P. TETTAMANZI, Bilancio

Consolidato, Egea, 2002; C. TEODORI, Il bilancio consolidato: la metodologia di co-

struzione e il profilo normativo, Giuffrè, 2003; S. TERZANI, Il bilancio consolidato,

IV ed., Cedam, Padova, 1992.

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Il bilancio: aspetti generali 451

— le imprese quotate in mercati regolamentati e le istituzioni

finanziarie sono obbligate alla pubblicazione del bilancio d’esercizio e

del bilancio consolidato secondo i principi contabili IAS/IFRS;

— le imprese non quotate, che hanno la forma giuridica di società di

capitali (s.p.a., s.r.l., s.a.p.a.) e di società cooperative47

, ad eccezione di

banche ed assicurazioni per le quali è prevista una normativa specifica,

devono pubblicare il bilancio d’esercizio secondo le norme stabilite dal

legislatore agli artt. 2423 e seguenti del cod. civile, a meno che non

optino per l’adozione degli IAS/IFRS;

— all’interno delle imprese non quotate identificate in quest’ultimo

raggruppamento, vi sono imprese che hanno la facoltà di redigere il

bilancio d’esercizio in forma abbreviata: ossia con determinate

semplificazioni e omissioni di informazioni (individuate all’art. 2435-

bis del codice civile) rispetto alle disposizioni del codice civile per il

bilancio in forma integrale. Si tratta di imprese di dimensioni minori

che per due esercizi consecutivi non raggiungono due dei seguenti

parametri: € 4.400.000,00 di Attivo dello Stato Patrimoniale, €

8.800.000,00 di ricavi di vendita e un numero medio di 50 dipendenti.

— sempre nell’ambito delle imprese non quotate, vi sono poi le micro-

imprese. Esse rappresentano una nuova categoria di imprese individua-

te con la recente introduzione dell’art. 2435-ter del codice civile e per

le quali è prevista una normativa di bilancio ancora più semplificata ri-

spetto al regime del bilancio in forma abbreviata. Più specificamente, le

micro-imprese sono le società che nel primo esercizio, o successiva-

mente, per due esercizi consecutivi non hanno superato due dei seguen-

ti limiti: totale dell’attivo patrimoniale € 175.000, ricavi delle vendite e

delle prestazioni € 350.000, numero medio dei dipendenti durante

l’esercizio pari a 5.

47

Più in particolare, le società cooperative sono tenute alla redazione del bilancio

d’esercizio secondo la disciplina della società per azioni in base al rinvio previsto

all’art. 2519 del codice civile, in quanto compatibile con le loro peculiarità gestionali

e normative. Sulle specificità gestionali e di redazione del bilancio d’esercizio che

contraddistinguono le imprese cooperative si rimanda, tra gli altri, ai seguenti lavori:

P. CONGIU, Il bilancio d’esercizio delle imprese cooperative, Giuffrè, 2005; G.

MELIS, Il bilancio nell’economia delle società cooperative, Cedam, 1983.

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Capitolo XIII 452

Discipline di bilancio applicabili alle imprese operanti in Italia Disciplina

IAS/IFRS

Disciplina

Codice Civile-

OIC

Bilancio abbreviato

(art. 2435-bis c.c.)

Bilancio micro-

imprese

(art. 2435-ter)

Obbligatorio

per:

società quotate

in mercati

regolamentati;

società con

strumenti

finanziari diffusi

presso il

pubblico;

banche e

intermediari

finanziari

soggetti alla

Vigilanza;

- assicurazioni

Per opzione:

Società di

capitali non

quotate

- Società di capitali

non quotate (S.p.a;

S.r.l., S.a.p.a.)

Società cooperative

(con opportuni

adattamenti)

Per opzione:

società di capitali non

quotate che per due

esercizi consecutivi non

raggiungono 2 dei

seguenti parametri:

€ 4.400.000 Attivo Stato

Patrimoniale;

€ 8.800.00 Ricavi

vendita.

- Numero medio

dipendenti 50 unità

società di capitali

non quotate che per

due esercizi

consecutivi non

raggiungono 2 dei

seguenti parametri:

€ 175.000 Attivo

Stato Patrimoniale;

€ 350.000 Ricavi

vendita;

Numero medio

dipendenti 5 unità.

— vi sono poi le imprese che operano in forma di società di persone

(s.n.c., s.a.s, s.s.) ed in forma di aziende individuali, anch’esse assai

numerose nella realtà italiana. Queste imprese, pur obbligate alla

redazione del bilancio, non sono tenute alla sua pubblicazione. Esse

attuano comportamenti assai disomogenei che dipendono dalla

sensibilità dello specifico redattore del bilancio. Si va da scelte virtuose

in cui è applicata la normativa civilistica prescritta per le società di

capitali, a frequentissimi casi in cui ci si limita alla redazione di un

pragmatico bilancio di derivazione contabile. Tipicamente, uno Stato

patrimoniale e un Conto economico in forma a sezioni divise derivanti

da più o meno contenute rielaborazioni dei rispettivi conti di mastro.

Nei casi in cui le norme tributarie non impongono la tenuta della

contabilità ordinaria (ossia la contabilità generale), ma solamente la

cosiddetta contabilità semplificata, gli adempimenti di bilancio sono

ancora più limitati. Rimane comunque anche per queste realtà l’obbligo

di rispettare i criteri di valutazione indicati all’art. 2426 del codice

civile.

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Il bilancio: aspetti generali 453

Nell’ambito di questo lavoro, l’analisi sarà concentrata sulla

normativa di bilancio disciplinata dal codice civile per le società di

capitali non quotate in mercati regolamentati, poiché rappresentano la

realtà più frequente e rilevante del nostro attuale sistema

imprenditoriale. Tuttavia, nel corso dell’analisi, si farà cenno alle più

rilevanti differenze rispetto all’impostazione prescritta dai principi

contabili internazionali IAS/IFRS48

.

48

Tali informazioni verranno riportate in nota per evitare l’appesantimento del te-

sto.

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Capitolo quattordicesimo

IL BILANCIO SECONDO IL CODICE CIVILE: CLAUSOLA GENERALE E PRINCIPI DI REDAZIONE

14.1 La composizione del bilancio

Le norme del codice civile che disciplinano la formazione del

bilancio d’esercizio delle società per azioni sono contenute agli articoli

2423 e successivi. Mediante degli espliciti rimandi, tali norme si

estendono alla generalità delle società di capitali (s.p.a., s.a.p.a. e s.r.l.)

e delle società cooperative49

.

L’art. 2423 del codice civile al primo comma recita: «Gli

amministratori devono redigere il bilancio d’esercizio, composto dallo

Stato patrimoniale, dal Conto economico, dal Rendiconto finanziario e

dalla Nota Integrativa».

Il bilancio d’esercizio è quindi composto da quattro documenti:

— il Conto economico è lo schema contabile che illustra l’entità e la

composizione del reddito d’esercizio;

— lo Stato patrimoniale rappresenta lo schema contabile che illustra

l’entità e la composizione del capitale di funzionamento;

— il Rendiconto finanziario rappresenta lo schema contabile che

illustra la variazione della liquidità avventua nell’esercizio e le cause

che l’hanno generata;

— la Nota Integrativa costituisce un documento in forma descrittiva

e tabellare con la funzione di spiegare il contenuto degli schemi

contabili precedenti e di arricchirne la capacità informativa.

Il prospetto delle variazioni del patrimonio netto, anche se per esso

non è previsto uno schema autonomo da affiancare allo Stato

patrimoniale, al Conto economico ed al Rendiconto finanziario, è

49

Tali rimandi sono contenuti nel codice civile agli art. 2491, 2454 e 2516 con ri-

guardo, rispettivamente, alle s.r.l, s.a.p.a. e società cooperative.

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Capitolo XIV 458

comunque obbligatorio e trova collocazione all’interno della Nota

Integrativa. Così prescrive l’art. 2427 comma 7-bis del codice civile50

.

Vi sono poi degli altri documenti che pur non facendo parte

integrante del bilancio d’esercizio, rientrano nel cosiddetto «fascicolo»

di bilancio e sono anche essi destinati a pubblicazione:

— la Relazione sulla Gestione, con cui gli amministratori esaminano

l’andamento della gestione e forniscono le diverse informazioni

previste all’art. 2428 del codice civile;

— il verbale dell’assemblea ordinaria relativo alla deliberazione con

cui i soci approvano il bilancio presentato dagli amministratori

unitamente alle modalità di ripartizione del relativo utile dell’esercizio

o di copertura della perdita;

— il verbale del Collegio sindacale (se presente) contenente il

relativo parere sul bilancio;

— il verbale della società di revisione (se presente), che certifica la

conformità del bilancio alla normativa vigente.

14.2 L’iter di redazione del bilancio e i soggetti coinvolti

Come indicato al primo comma dell’art. 2423 del codice civile, gli

amministratori — l’amministratore unico o il consiglio di

amministrazione a seconda dei casi — hanno il compito di redigere il

bilancio d’esercizio.

50

Grazie al recente recepimento della direttiva 2013/34/UE, avvenuto con il D.

Lgs n.139 del 18/8/2015, l’impostazione del codice civile sotto il profilo della compo-

sizione del bilancio d’esercizio è ora sostanzialmente allineata ai principi contabili

IAS-IFRS; come già rimarcato, il rendiconto finanziario è adesso esplicitamente no-

minato dal codice civile, rappresenta un documento obbligatorio, con schema auto-

nomo, facente parte integrante del bilancio d’esercizio.

Secondo lo IAS 1 il bilancio d’esercizio è composto da:

— prospetto della situazione patrimoniale e finanziaria;

— prospetto di conto economico complessivo;

— prospetto delle variazioni di patrimonio netto

— rendiconto finanziario;

— note.

(Cfr. IAS 1, Presentazione del bilancio, par. 10)

.

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Il bilancio secondo il Codice Civile 459

L’iter di redazione del bilancio ruota intorno alla data fissata per

l’approvazione dello stesso bilancio da parte dell’assemblea dei soci.

L’art. 2364 del codice civile, infatti, indica tra i compiti dell’assemblea

ordinaria l’approvazione del bilancio e richiede che tale assemblea

debba «essere convocata almeno una volta l'anno, entro il termine

stabilito dallo statuto e comunque non superiore a centoventi giorni

dalla chiusura dell'esercizio sociale. Lo statuto può prevedere un

maggior termine, comunque non superiore a centottanta giorni, nel caso

di società tenute alla redazione del bilancio consolidato ovvero quando

lo richiedono particolari esigenze relative alla struttura ed all'oggetto

della società … ».

Questa è la data centrale che scandisce i tempi delle fasi precedenti e

successive sino alla pubblicazione del bilancio. La procedura ha inizio

con la comunicazione del progetto (o bozza) di bilancio da parte degli

amministratori, unitamente ad una proposta di ripartizione dell’utile o

di copertura della perdita d’esercizio, al Collegio Sindacale e al

soggetto incaricato della revisione dei conti, se presenti. Ciò deve

avvenire entro i trenta giorni che precedono la data fissata per la

discussione del bilancio da parte dell’assemblea (art. 2429 cod. civile).

Iter di formazione del bilancio

Fase Chi Quando

Predisposizione e comuni-

cazione progetto bilancio al

Collegio Sindacale

Amministratori Almeno 30 gg prima della data fissa-

ta per l'assemblea ordinaria che ap-

prova il bilancio

Formulazione parere pre-

ventivo

Collegio Sindacale e/o

Soggetto incaricato della

revisione legale dei con-

ti51

Entro 15 gg prima della data fissata

per l'assemblea ordinaria che appro-

va il bilancio

Approvazione bilancio Assemblea Ordinaria Non oltre 120 gg dalla chiusura

dell’esercizio (180 in caso di partico-

lari ragioni)

Pubblicazione bilancio Amministratori Entro i 30 gg. successivi all’ appro-

vazione del bilancio

51

Più specificamente, nelle società per azioni, ai sensi dell’art. 2409 bis, « la revi-

sione legale dei conti sulla società è esercitata da un revisore legale dei conti o da una

società di revisione legale iscritti nell'apposito registro. Lo statuto delle società che

non siano tenute alla redazione del bilancio consolidato può prevedere che la revisio-

ne legale dei conti sia esercitata dal collegio sindacale. In tal caso il collegio sindacale

è costituito da revisori legali iscritti nell'apposito registro».

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Capitolo XIV 460

Il Collegio Sindacale e il soggetto incaricato della revisione legale

dei conti, a loro volta, devono predisporre la propria relazione entro i

quindici giorni successivi alla ricezione del documento. A quel punto, il

documento di bilancio, integrato con la relazione degli amministratori,

del Collegio sindacale e del soggetto incaricato della revisione, va

depositato presso la sede della società in modo che ne possano prendere

visione i soci durante i 15 giorni che precedono la data fissata per

l’approvazione da parte dell’assemblea ordinaria. Infine, entro i trenta

giorni successivi alla data di approvazione del bilancio, l’intero

fascicolo (bilancio d’esercizio, relazione sulla gestione, relazione del

Collegio Sindacale e verbale assemblea ordinaria) deve essere

depositato presso l’ufficio del Registro delle Imprese per la

pubblicazione (art. 2435 cod. civile).

In sintesi, se ad esempio il periodo amministrativo coincide con

l’anno solare e l’assemblea discute l’approvazione del bilancio entro i

termini ordinari (120 giorni dalla fine dell’esercizio), la data di

approvazione sarà fissata entro la fine di aprile. Gli amministratori

dovranno presentare il progetto di bilancio entro la fine di marzo ed il

Collegio Sindacale si dovrà esprimere entro i 15 giorni successivi. Il

deposito per la pubblicazione avverrà entro la fine di maggio.

Naturalmente, se la società si avvale della proroga dei termini

prevista dall’art. 2364 (180 giorni dalla chiusura dell’esercizio),

ciascuna di queste date potrà essere posticipata per un periodo massimo

di sessanta giorni.

14.3 L’articolazione delle norme sul bilancio e il ruolo dei principi

contabili nazionali

Le norme del codice civile sul bilancio d’esercizio sono ordinate

gerarchicamente. La figura sotto riportata schematizza l’articolazione di

tali norme su tre livelli distinti.

All’apice vi è la cosiddetta «clausola generale», contenuta nel

secondo comma dell’art. 2423 del cod. civile, che così recita: «il

bilancio d’esercizio deve essere redatto con chiarezza e deve

rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e

finanziaria della società e il risultato economico dell’esercizio».

Due principali attributi, pur indissolubilmente legati, sono

identificabili all’interno della clausola generale:

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Il bilancio secondo il Codice Civile 461

— la chiarezza, che riguarda gli aspetti di esposizione formale del

bilancio relativi agli schemi contabili e al contenuto della nota

integrativa;

— la rappresentazione veritiera e corretta, che riguarda gli aspetti

sostanziali che il bilancio deve possedere ed è collegata ai principi di

redazione e ai criteri di valutazione delle diverse poste di bilancio.

L’osservanza di tali principi e criteri non è però assoluta, ma può venire

meno in presenza di operazioni di gestione che hanno effetti irrilevanti

nella rappresentazione veritiera e corretta e deve addirittura essere

distattesa in casi eccezionali 52

.

Al di sotto della clausola generale, in una posizione intermedia, vi

sono i principi di redazione del bilancio dettati dall’art. 2423 bis del

codice civile. Essi sono così sintetizzabili:

— la prudenza;

— la continuazione dell’attività;

— la prevalenza della sostanza dell’operazione o del contratto;

— la competenza economica;

— la valutazione separata di elementi eterogenei;

— la continuità dei criteri di valutazione.

Tali principi costituiscono le linee guida per dare attuazione alla

clausola generale e, in particolare, alla rappresentazione veritiera e

corretta. Infatti, individuano i principi generali che indirizzano le

specifiche valutazioni di bilancio. Essi rappresentano l’anello di

congiunzione tra la clausola generale e i più analitici criteri di

valutazione contenuti nell’art. 2426 del codice civile.

Questi ultimi, collocabili tra le norme di terzo livello, indicano con

maggior grado di approfondimento le specifiche regole che il redattore

del bilancio deve seguire nella valutazione delle diverse poste del

bilancio: le immobilizzazioni materiali, immateriali e finanziarie; le

rimanenze di beni; i crediti, ecc.

Sempre alla base della gerarchia delle norme del codice civile, vi

sono anche i criteri di esposizione formale del bilancio d’esercizio, il

cui rispetto consente di realizzare l’attributo della chiarezza richiesto

dalla clausola generale. Più specificamente, l’art. 2423 ter fornisce

indicazioni generali su aspetti di esposizione sia dello stato

patrimoniale sia del conto economico; gli art. 2424 e 2424 bis

disciplinano dettagliatamente lo schema di Stato Patrimoniale, mentre

52

Questi aspetti verranno chiariti nel paragrafo 14.4.

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Capitolo XIV 462

gli art. 2425 e 2425 bis contengono disposizione analitiche e specifihe

per la redazione dello schema di Conto Economico.

Articolazione delle norme del codice civile sul bilancio d’esercizio

e ruolo integrativo dei principi contabili:

clausola

generale:

(art. 2423)

- chiarezza

- rappresentazione

veritiera e corretta

(rilevanza)

principi di redazione

del bilancio

(art. 2423 bis)

criteri di valutazione

(art. 2426)

criteri di esposizione

(art. 2423 ter - 2424 - 2424 bis

2425 - 2425 bis – 2425 ter - 2427)

Principi contabili nazionali OIC

L’art. 2425 ter, disciplina il contentuto del rendiconto finanziario,

ossia il terzo schema di bilancio. A differenza dello Stato Patrimoniale

e del Conto Economico, il codice civile in questo caso non impone uno

schema analitico, ma si limita a individuare il suo contenuto e

articolazione in modo sintetico.

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Il bilancio secondo il Codice Civile 463

L’art. 2427, unitamente ad altre norme diluite nel dettato del codice

civile, disciplina analiticamente il contenuto che deve possedere la

Nota Integrativa. Le informazioni presenti in questo quarto documento

sono strumentali sia al raggiungimento della chiarezza, laddove

specificano e articolano ulteriormente gli aspetti formali di esposizione,

sia della rappresentazione veritiera e corretta, ogni qual volta spiegano

e approfondiscono aspetti valutativi.

Man mano che ci si sposta dalla clausola generale verso le norme di

secondo e terzo livello, l’analisi del legislatore è gradualmente

maggiore. Tuttavia, tali norme non sono esaustive e necessitano di

essere completate ed interpretate mediante norme “tecniche” più

dettagliate. In Italia, tale compito viene svolto dall’Organismo Italiano

di Contabilità (OIC): esso rappresenta lo standard setter nazionale,

ossia l’organismo preposto all’emanazione dei principi contabili

nazionali per la redazione del bilancio delle imprese. Si tratta di

specifici documenti che forniscono norme maggiormente dettagliate

rispetto al codice civile sugli aspetti di rilevazione, valutazione e

esposizione in bilancio delle diverse operazioni di gestione.

Più specificamente, l’OIC, costituito nel 2001, ha preso il posto del

Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e Consiglio Nazionale

dei Ragionieri che sino a quel momento aveva svolto il ruolo di

standard setter con l’emanazione di venti «principi contabili

nazionali». L’OIC, rispetto al suo predecessore si differenzia sia per

avere una più ampia composizione, rappresentativa delle diverse

categorie private53

, sia perchè il suo ruolo e le sue funzioni sono ora

esplicitamente riconosciute dal legislatore nazionale54

.

53

I fondatori sono infatti le principali organizzazioni nazionali rappresentative

delle diverse categorie private interessate alla disciplina contabile: non solo categorie

rappresentative della professione contabile (l’Assirevi, il Consiglio Nazionale dei

Dottori Commercialisti e il Consiglio Nazionale dei Ragionieri), ma anche dei sogget-

ti che materialmente redigono i bilanci (l’Abi, l’Andaf, l’Ania, l’Assilea, l’Assonime,

la Confagricoltura, la Confapi, la Confcommercio, la Confcooperative, la Confindu-

stria e la Lega delle Cooperative) e li utilizzano (l’Aiaf, l’Assogestioni e la Centrale

Bilanci; per i mercati mobiliari, la Borsa Italiana). 54

L’art. 20 del d.l. n. 21 del 24/6/2014 convertito dalla legge n.116

11/08/2014, identifica tra le principali funzioni che spettano all’Organismo I-

taliano di Contabilità, le seguenti: emanazione dei principi contabili nazionali;

supporto al legislatore in materia di normativa contabile; partecipazione al

processo di elaborazione dei principi contabili internazionali adottati in Euro-

pa.

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Capitolo XIV 464

In particolare l’O.I.C ha recepito e adattato i venti principi

originariamente proposti dal precedente standard setter alle modifiche

intervenute successivamente nel codice civile (in particolare in

occasione della cosiddetta riforma del diritto societario del 2004). e ha

emanato ulteriori principi su aspetti non disciplinati in precedenza. Nel

complesso, i principi contabili attualmente vigenti in Italia per le

imprese mercantili, industriali e di servizi sono riassumibili in base al

seguente schema:

Oic 1 I principali effetti della riforma del diritto

societario sul bilancio d'esercizio. Pubblicata

nel marzo 2005 l'Appendice di aggiorna-

mento al principio contabile Oic 1

2004 (nuova serie)

Oic 2 Patrimoni e finanziamenti destinati ad uno

specifico affare

2005 (nuova serie)

Oic 3 Le informazioni sugli strumenti finanziari da

includere nella nota integrativa e nella

relazione sulla gestione (artt. 2427- bis e

2428, comma 2, n. 6-bis c.c.)

2006 (nuova serie)

Oic 4 Fusione e scissione 2007 (nuova serie) Oic 5 Bilanci di liquidazione 2008 (nuova serie) Oic 6 Ristrutturazione del debito e informativa di

bilancio

2011 (nuova serie)

Oic 7 I certificati verdi 2013 (nuova serie) Oic 8 Le quote di emissione di gas ad effetto ser-

ra

2014 (nuova serie)

Oic 9 Svalutazione per perdite durevoli di valore

delle attività materiali e immateriali

2014 (nuova serie)

Oic 10 Il rendiconto finanziario 2014 (nuova serie)

Oic 11 Bilancio d'esercizio. Finalità e postulate Rivisto 2005

Oic 12 Composizione e schemi del bilancio

d'esercizio

Rivisto 2014

Oic 13 Le rimanenze di magazzino Rivisto 2014 Oic 14 Disponibilità liquid Rivisto 2014 Oic 15 I crediti Rivisto 2014 Oic 16 Le immobilizzazioni materiali Rivisto 2014

Oic 17 Il bilancio consolidato e metodo del

patrimonio netto

Rivisto 2014

Oic 18 Ratei e risconti Rivisto 2014 Oic 19 I debiti Rivisto 2014 Oic 20 Titoli di debito Rivisto 2014 Oic 21 Partecipazioni e azioni proprie Rivisto 2014 Oic 22 Conti d'ordine Rivisto 2014

Oic 23 Lavori in corso su ordinazione Rivisto 2014 Oic 24 Le immobilizzazioni immateriali Rivisto 2005

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Il bilancio secondo il Codice Civile 465

Oic 25 Imposte sul reddito Rivisto 2014 Oic 26 Operazioni, attività e passività in valuta Rivisto 2005

Estera

Oic 27 Introduzione dell'euro quale moneta di

conto

1999

Oic 28 Patrimonio netto Rivisto 2005 Oic 29 Cambiamenti di principi contabili. Cam-

biamenti di stime contabili. Correzione di

errori. Eventi e operazioni straordinari. Fatti

intervenuti dopo la chiusura dell'esercizio

Rivisto 2005

Oic 30 I bilanci intermedi Rivisto 2006

Oic 31 Fondi per rischi e oneri e trattamento di fine

rapporto

Rivisto 2014

Il grado di diffusione e applicazione dei principi contabili,

nonostante l’autorevolezza dell’OIC, ed in precedenza del Consiglio

nazionale dei Dottori Commercialisti e dei Ragionieri, sconta una

difficoltà all’origine dovuta al fatto che tali norme non hanno forza di

legge. Negli ordinamenti giuridici cosiddetti di Civil Law, come il

nostro, basati su un sistema codicistico, ciò rappresenta un ostacolo alla

loro piena diffusione. Un secondo ordine di problemi riguarda la

difficoltà, da parte dell’OIC, di garantire un aggiornamento tempestivo

dei principi contabili rispetto alla stessa normativa di bilancio delineata

nel codice civile, poichè quest’ultima è strettamente legata ai ritmi del

processo di armonizzazione contabile al livello europeo, attraverso il

recepimento delle direttive dell’UE55

.

Diversamente, tali problematiche non riguardano i principi contabili

internazionali emanati dallo IASB e recepiti mediante regolamento

avente forza di legge nei diversi paesi dell’Unione Europea: essi sono

obbligatori per la generalità delle imprese quotate nei mercati

regolamentati dell’Unione Europea.

Nel prosieguo del lavoro sono analizzate le diverse norme del codice

civile, con l’integrazione delle indicazioni fornite dai principi contabili

nazionali OIC.

55

Quel che è accaduto in questa fase congiunturale è estremamente emblematico.

Nell’agosto 2014 l’OIC ha portato a termine un importante lavoro di revisione e ag-

giornamento dei principi contabili OIC; tuttavia, nell’agosto 2015, l’emanazione del

D.lgs 139 del 18/8/2015 ha introdotto rilevanti modifiche nella normativa del bilancio

del Codice Civile per il recepimento della direttiva 2013/34/UE rendendo obsolete

numerose parti dei principi contabili OIC appena revisionati.

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Capitolo XIV 466

14.4. Il ruolo sovraordinato della “clausola generale”

Come premesso, la cosiddetta «clausola generale», contenuta nel

secondo comma dell’art. 2423 del cod. civile, prevede che: « il bilancio

d’esercizio deve essere redatto con chiarezza e deve rappresentare in

modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della

società e il risultato economico dell’esercizio ».

Il ruolo fondamentale che svolge tale norma è chiarito dallo stesso

legislatore nei successivi commi; in particolare nel terzo comma

dell’art. 2423 viene specificato: «Se le informazioni richieste da

specifiche disposizioni di legge non sono sufficienti a dare una

rappresentazione veritiera e corretta, si devono fornire le informazioni

complementari necessarie allo scopo».

In altri termini, il rispetto della clausola generale e, in particolare, il

rispetto dell’attributo della «rappresentazione veritiera e corretta», è

così permeante che per il suo raggiungimento il redattore è obbligato ad

integrare le prescrizioni dello stesso legislatore qualora queste non

siano in grado di raggiungere tale scopo.

14.4.1. Il criterio della rilevanza

Allo stesso tempo, l’ossequioso rispetto di tutti gli obblighi di

rilevazione, valutazione, presentazione e informativa viene meno

quando non abbia rilevanza sulla rappresentazione veritiera e corretta

delle operazioni di gestione. Così prescrive il quarto comma dell’art.

2423, nella nuova formulazione conseguente al recepimento della

direttiva 2013/34/UE56

. Il legislatore specifica comunque che anche in

caso di operazioni di gestione che hanno un’influenza irrilevante nella

formazione del bilancio «rimangono fermi gli obblighi in termini di

regolare tenuta delle scritture contabili», nonchè l’obbligo di spiegare

in Nota Integrativa come si è interpretata la norma in questi casi.

Tuttavia, non vi sono altre indicazioni operative su come vada

quantificata l’influenza rilevante nella rappresentazione veritiera e

corretta della situazione patrimoniale, finanziaria ed economica delle

56

Recepimento avvenuto con l’emanazione D. Lgs n.139 del 18/8/2015

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Il bilancio secondo il Codice Civile 467

imprese. Chi redige il bilancio è quindi chiamato a definire i contorrni

di questo criterio, sulla base della propria sensibilità e capacità di

giudizio.

Il criterio della rilevanza è noto da tempo sia nell’impostazione dei

principi contabili internazionali sia nazionali. In particolare l’OIC 12 fa

riferimento esplcito al postulato di bilancio della significatività e

rilevanza dei fatti economici e esplicita che «errori, semplificazioni e

arrotondamenti sono tecnicamente inevitabili e trovano il loro limite nel

concetto di rilevanza; essi cioè non devono essere di portata tale da

avere un effetto rilevante sui dati di bilancio e sul loro significato per i

destinatari»57

. Rimane il fatto che questa novità del codice civile

aggiunge un uleriore elemento di discrezionalità nelle stime e

congetture che portanto all’identificazione della rappresentazione

veritiera e corretta.

14.4.2. Le rivalutazioni economiche nei casi eccezionali

Nello stabilire il ruolo fondamentale della clausola generale, il

legislatore va oltre, e specifica che chi redige il bilancio è addirittura

obbligato a disattendere le successive norme del codice civile nei casi

eccezionali in cui le stesse non consentano il rispetto della

rappresentazione veritiera e corretta. Così il testo del quinto comma

dell’art. 2423: «Se, in casi eccezionali, l’applicazione di una

disposizione degli articoli seguenti è incompatibile con la

rappresentazione veritiera e corretta, la disposizione non deve essere

applicata. La nota integrativa deve motivare la deroga e deve indicarne

l’influenza sulla rappresentazione della situazione patrimoniale,

finanziaria e del risultato economico. Gli eventuali utili derivanti dalla

deroga devono essere iscritti in una riserva non distribuibile se non in

misura corrispondente al valore recuperato ».

Questa impostazione deriva dal processo di armonizzazione della

normativa di bilancio a suo tempo realizzato dalla Comunità

Economica Europea (CEE), che tanto fu influenzato dall’impostazione

del Regno Unito. In particolare, la concezione secondo cui la clausola

generale della «chiarezza» e della «rappresentazione veritiera e

corretta» — termini con cui sono stati tradotti in lingua italiana quelli

57

Oic 11, Bilancio d'esercizio. Finalità e postulati, Giuffrè, 2005, p. 16

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Capitolo XIV 468

di true and fair view contenuti nel testo originale della IV direttiva CEE

— costituisce una norma sovraordinata, con forza prevalente su tutte le

altre norme di bilancio, è nota come overriding concept.

Per meglio comprendere la portata del quinto comma dell’art. 2423 è

opportuno qualche chiarimento sul piano applicativo. Innanzitutto, il

legislatore fa riferimento a casi eccezionali in cui si deve derogare alle

norme sul bilancio per il raggiungimento della rappresentazione

veritiera e corretta. Lo stesso legislatore si preoccupò di chiarire (per il

tramite della Relazione Ministeriale di accompagnamento al d.lgs

127/91 con cui fu recepita la IV direttiva CEE) che non possono

costituire casi eccezionali i fenomeni inflazionistici: non sono quindi

ammesse deroghe ai criteri di valutazione per adeguare i valori al

mutato potere d’acquisto della moneta58

.

Allo stesso tempo, però, non è possibile elaborare un elenco

esaustivo dei casi eccezionali in cui si deve derogare alle norme di

bilancio che non consentono il rispetto della rappresentazione veritiera

corretta, a causa del carattere stesso dell’eccezionalità che non pare

inquadrabile in confini rigidi e prevedibili.

Tuttavia, la dottrina economico-aziendale identifica alcuni casi

ricorrenti che, concordemente, paiono inquadrare la fattispecie

individuata dal legislatore59

. Gli esempi classici riguardano il caso di

58

Sui diversi orientamenti dottrinali in merito all’individuazione dei casi eccezio-

nali si vedano: M. DE SARNO, Le “rivalutazioni economiche” nei conti e nei bilanci

d’impresa. Qualche profilo interpretativo, in AA.VV., Scritti di economia aziendale

in memoria di Raffaele D’Oriano, Tomo primo, Cedam, 1997, p. 405; K. GIUSEPPONI,

Le deroghe ai principi civilistici di bilancio, in Revisione Contabile, n. 17, 1997, pp.

8-9; L. OLIVOTTO, Alcune considerazioni sul comma 4° dell’articolo 2423 del D.Lgs.

9 aprile 1991 n. 127, in AA.VV., Scritti di economia aziendale in memoria di Raffae-

le D’Oriano, Tomo primo, Cedam, 1997, p. 979; S. PIVATO, «Quadro fedele» e «spe-

ciali ragioni» con riferimento ai prospetti di bilancio e alla relazioni degli ammini-

stratori, in Rivista Italiana di Ragioneria e di Economia Aziendale, n 9/10, 1999, p.

43. 59 Il Giunta ed il Pisani riassumono le posizioni prevalenti in dottrina in questi

termini: « … l’eccezionalità dell’evento, al fine dell’applicazione della deroga, deve

presentare simultaneamente i seguenti attributi: a) L’evento deve avere carattere og-

gettivo e deve quindi riferirsi a uno specifico bene o categoria di beni. Non può atte-

nere alla situazione soggettiva dell’impresa. Caso eccezionale è quello che coinvolge

uno specifico impianto, un terreno, un immobile di proprietà. Non può essere caso ec-

cezionale una situazione di perdita della società che interviene dopo svariati esercizi

chiusi in utile. b) L’evento deve avere natura assolutamente anomala rispetto ai nor-

mali accadimenti gestionali dell’impresa. È, tuttavia, opportuno sottolineare che deve

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Il bilancio secondo il Codice Civile 469

immobilizzazioni il cui valore corrente si discosta notevolmente dal

minor valore di costo, con cui furono originariamente iscritte in

bilancio, a causa di circostanze generalmente inconsuete e non

ripetibili: ad es. un terreno nel cui sottosuolo si rinviene un giacimento

di materiali preziosi; un terreno agricolo che diventa edificabile a

seguito dell’emanazione di un nuova normativa; l’acquisto di un

gruppo di immobilizzazioni ad un prezzo di stralcio particolarmente

ribassato rispetto alle attuali condizioni di mercato, ecc.

Un caso applicativo può agevolare la comprensione della procedura

prevista dal legislatore per realizzare la deroga:

L’impresa Ibidem s.r.l. ha tra le proprie attività patrimoniali un

terreno agricolo acquistato al prezzo di € 10.000,00 nel 1985 e attualmente iscritto a tale valore in bilancio.

Stato patrimoniale al 31/12/t

Attività Passività e netto

Terreni 10.000 Capitale sociale 8.000

Cassa 5.000 Totale capitale netto 8.000

Fornitori 7.000

Totale attività 15.000 Totale passività e netto 15.000

Nel corso dell’esercizio t+1 l’approvazione del piano urbanistico

comunale ha modificato la destinazione d’uso del bene consentendo la sua edificabilità. Alle attuali condizioni di mercato il valore del bene è di € 500.000.

Come sarà chiarito più avanti con l’esame dei diversi aspetti di

valutazione, il criterio ricorrente adoperato dal legislatore per la

valutazione degli elementi patrimoniali è rappresentato dal costo. In

linea generale non sono ammessi allontanamenti da tale criterio salvo

per riconoscere prudentemente dei minori valori per svalutazioni. Gli

trattarsi di un’anormalità assoluta e non relativa alla gestione di una specifica impresa.

Ciò significa che l’evento deve sì configurarsi come anomalo per una specifica impre-

sa, ma tale dovrebbe risultare per qualunque altra impresa nella quale esso dovesse

manifestarsi. Insomma, una situazione del tutto eccezionale per la gestione di una

specifica azienda, ma normalmente ricorrente nella vita della generalità delle imprese

non costituisce valido presupposto per derogare. c) L’evento deve avere scarsa o nes-

suna probabilità di ripetizione. Non c’è dubbio infatti, che eventi anomali che si ma-

nifestassero con una qualche frequenza non potrebbero considerarsi eccezionali ». F.

GIUNTA, M PISANI, Il bilancio, Apogeo, 2005, pp. 110-111.

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Capitolo XIV 470

incrementi di valore, invece, ossia le cosiddette rivalutazioni, non sono

ammessi se non per espressa previsione di leggi speciali60

. La

circostanza in esame rappresenta un caso eccezionale in cui il

legislatore non solo ammette, ma obbliga ad abbandonare il valore di

costo dell’immobilizzazione per innalzarlo sino al suo valore corrente

di € 500.000; a tal fine si deve procedere ad una rivalutazione

economica di € 490.000 (pari alla differenza tra 500.000 valore corrente

e 10.000 costo storico).

Come prescritto dal legislatore, la contropartita di tale valore deve

essere una riserva, «… non distribuibile se non in misura

corrispondente al valore recuperato » (art. 2423 cod. civ., c. 4).

Lo stato patrimoniale risulterà così modificato:

Stato patrimoniale al 31/12/t+1

Attività Passività e netto

Terreni 500.000 Capitale sociale 8.000

Cassa 5.000 Riserva di rivalutazione 490.000

Totale capitale netto 498.000

Fornitori 7.000

Totale attività 505.000 Totale passività e netto 505.000

In sostanza, con questa procedura, il legislatore da un lato impone il

riconoscimento di questo maggiore valore sul piano patrimoniale,

dall’altro vieta che lo stesso valore possa essere distribuito, ossia possa

fuoriuscire dall’economia dell’impresa, prima che lo stesso sia stato

recuperato. Come già accennato e come sarà approfondito più avanti, il

realizzo di un’immobilizzazione può avvenire in modo diretto

attraverso la vendita sul mercato, in modo indiretto con l’uso della

stessa nei processi produttivi aziendali quando i ricavi di vendita sono

60

Nell’ambito delle rivalutazioni, si distinguono le rivalutazioni economiche e le

rivalutazioni monetarie. Le rivalutazioni economiche sono quelle esaminate in questo

paragrafo, ossia legate a fenomeni economici di portata eccezionale in cui si deve de-

rogare alle norme del codice civile; le rivalutazioni monetarie, o meglio, le rivaluta-

zioni da leggi speciali, sono quelle occasionalmente previste da specifiche leggi per

adeguare i valori di bilancio al mutato potere d’acquisto della moneta. Al di là della

semplicità di questa distinzione sul piano teorico, nella pratica «… è sempre difficile

distinguere quale parte dell’incremento dei valori dei beni sia da attribuire

all’inflazione e quale parte sia da assegnare a fenomeni economici.» Zanda G. e Lac-

chini M., Rivalutazioni dei beni aziendali ed utilizzo di poste del patrimonio netto,

Giappichelli, 1993, p. 27

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Il bilancio secondo il Codice Civile 471

in grado di reintegrare tutti i costi dell’impresa, comprese le quote di

ammortamento.

Un altro aspetto riguarda la modalità con cui procedere alla

costituzione della riserva. Dal contenuto letterale del codice civile si

evince che tale riserva debba essere iscritta direttamente in

contropartita del maggior valore del bene senza influenzare la

formazione del conto economico. Questa procedura è denominata

rivalutazione «fuori esercizio» perché non interessa la formazione del

reddito ed è quella maggiormente apprezzata in letteratura61

. Negli

studi internazionali, il saldo della riserva così formata, è considerato un

classico esempio di “dirty surplus” Alternativamente, la rivalutazione

può essere realizzata influenzando il risultato economico mediante

l’iscrizione di un componente positivo di reddito da iscrivere in

contropartita del maggior valore dell’immobilizzazione62

.

Per ultimo, è opportuno segnalare che è davvero raro trovare traccia

di rivalutazioni economiche nei casi eccezionali (di cui al quinto

comma dell’art. 2423 del Codice Civile) nella prassi dei bilanci delle

imprese. Probabilmente, il sempre maggiore ricorso da parte del

legislatore all’emanazione di leggi speciali che consentono la

rivalutazione delle immobilizzazioni, spesso con connessi vantaggi

fiscali, spoglia di attrattività e urgenza la rivalutazione economica dei

beni in casi eccezioanli63

.

61

La rivalutazione fuori esercizio può essere realizzata anche secondo un’altra

modalità operativa: « … la contropartita dell’incremento di valore del cespite è costi-

tuita da una plusvalenza da rivalutazione da indicare tra i componenti straordinari di

reddito. Successivamente la plusvalenza da rivalutazione viene neutralizzata attraver-

so un accantonamento, da indicare tra gli oneri straordinari, avente come contropartita

la riserva di rivalutazione » G. ROBERTO, Le svalutazioni e le rivalutazioni non mone-

tarie delle immobilizzazioni materiali, Aracne, 2004, pp. 152-153. In tal senso si ve-

dano: I. FACCHINETTI, Guida al bilancio d’esercizio, Il Sole 24 ore, 1998, pp. 170-

171; A. MUSAIO Il capitale di “rischio”, Giuffrè, 1993, pp. 189-190. 62

Cfr. A. VIVARELLI, I componenti straordinari del reddito d’impresa, Società

Editoriale Italiana, 1969, pp. 25-26. G. ROBERTO, Le svalutazioni e le rivalutazioni

non monetarie delle immobilizzazioni materiali, Aracne, 2004, pp. 154-155. 63

Per un’analisi empirica dell’utilizzo delle rivalutazioni da leggi speciali da parte

delle imprese nazionali, si rimanda a: F. Piras, A. Mura, Le rivalutazioni da leggi spe-

ciali: l’evidenza empirica nei bilanci delle imprese italiane, Rivista dei Dottori

Commercialisti, Vol. 1 2015, pp. 27-55.

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Capitolo XIV 472

14.5 La chiarezza e la rappresentazione veritiera corretta

Norme di I livello

clausola

generale:

(art. 2423)

- chiarezza

- rappresentazione

veritiera e corretta

14.5.1. La chiarezza

Come anticipato, nell’ambito della clausola generale si possono

distinguere due principali attributi che deve possedere il bilancio

d’esercizio:

la chiarezza;

la rappresentazione veritiera e corretta.

La chiarezza riguarda la capacità del bilancio di esprimere in modo

intellegibile l’oggetto rappresentato — ossia la situazione patrimoniale,

finanziaria ed economica dell’impresa — e «di farsi comprendere dai

destinatari»; si tratta di una qualità indispensabile per uno strumento di

informazione. La chiarezza ha comunque una portata sempre limitata,

nel senso che il legislatore non pretende che il bilancio sia

comprensibile a qualsiasi destinatario, a prescindere dal suo livello di

conoscenze, poiché si tratta comunque di un documento tecnico. Il

lettore deve possedere le conoscenze ragionieristiche e economico-

aziendali di base imprescindibili per la comprensione delle

informazioni contenute nel bilancio64

.

64

Si tratta delle argomentazioni efficacemente elaborate dal Caramiello al-

le quali si rimanda per gli opportuni approfondimenti: C. Caramiello, Il bilan-

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Il bilancio secondo il Codice Civile 473

La chiarezza si riferisce convenzionalmente ai requisiti formali che

deve possedere il bilancio d’esercizio nell’esporre il suo contenuto.

Essa si raggiunge mediante il rispetto dei criteri di esposizione forniti

dallo stesso legislatore per la redazione degli schemi di stato

patrimoniale e conto economico individuati, rispettivamente, agli

articoli 2424 e 2425 del codice civile e mediante il rispetto del

contenuto della nota integrativa di cui all’art. 2427 del codice civile.

L’articolo 2423-ter al primo comma delinea in modo

sostanzialmente rigido il rispetto degli schemi di stato patrimoniale e

conto economico imponendo di iscrivere separatamente e nell’ordine

indicato le voci previste negli schemi e vietando la compensazione di

partite tra voci che vanno esposte separatamente. Tuttavia, in

determinate circostanze e su alcuni livelli di voci, introduce la

possibilità o l’obbligo, a seconda dei casi65

, di procedere a suddivisioni,

raggruppamenti, aggiunte e adattamenti al fine di favorire la stessa

chiarezza del bilancio.

14.5.2. La rappresentazione veritiera e corretta

La rappresentazione veritiera e corretta riguarda l’attributo

sostanziale che deve avere il contenuto del bilancio, ossia si riferisce

alle modalità di quantificazione della situazione patrimoniale,

finanziaria e del risultato economico.

Nel precedente capitolo ci si è soffermati sulla natura indeterminata

delle grandezze oggetto di studio del bilancio dell’esercizio. Le varie

ipotesi alternative di previsione e scissione necessarie per attribuire i

valori di gran parte degli elementi del patrimonio riducono la presenza

di valori oggettivi a pochi e limitati casi. Ed è solo in queste circostanze

che la correttezza a cui si riferisce il legislatore rileva. Il denaro in

forma di banconote e monete metalliche espresse in moneta di conto

rappresenta un valore incontrovertibile, ma generalmente irrilevante

rispetto al totale dell’attivo patrimoniale. In un periodo di forti turbative

nella finanza internazionale ed in particolare nel settore bancario

persino il valore delle disponibilità monetarie presso gli istituti di

cio di esercizio, ieri e oggi. Brevi note per un confronto, Giuffrè, Milano,

1994, pp. 13-17 65

Sui quali si tornerà con maggiore analisi successivamente al par. 15.2.

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Capitolo XIV 474

credito può presentare elementi di incertezza. A maggior ragione per

attribuire un valore ai crediti, alle rimanenze di beni, alle

immobilizzazioni materiali, immateriali e finanziarie, così come per la

definizione del valore delle passività, sono necessarie valutazioni

soggettive.

Da ciò discende che la verità a cui si riferisce il codice civile non

può essere intesa in senso assoluto e oggettivo poiché inesistente. Si

tratta, invece, di una verità che si raggiunge convenzionalmente

attraverso il rispetto dei principi di redazione del bilancio contenuti

all’art. 2423 bis e i criteri di valutazione contenuti all’art. 2426 del

codice civile.

Al di fuori dei casi eccezionali di cui si è accennato più sopra, le

valutazioni di bilancio devono essere realizzate lungo il solco tracciato

dal legislatore. Tale tracciato include delle opzioni e dei margini di

discrezionalità e rappresenta lo spazio entro cui il redattore di bilancio

può esprimere la propria sensibilità. Di conseguenza, con riferimento

ad una stessa impresa ed uno stesso periodo amministrativo potranno

redigersi bilanci diversi al variare di questa sensibilità, ma ugualmente

veritieri nel senso inteso dal legislatore, ossia nel rispetto dei principi di

redazione e dei criteri di valutazione del codice civile. Come sarà

approfondito, il principio di continuità nei criteri di valutazione pone

degli argini a questa discrezionalità, cosi come la stesso principio della

continuità dei valori contabili, secondo cui i valori del patrimonio

aziendale all’inizio di un esercizio coincidono con quelli del patrimonio

alla fine dell’esercizio precedente. Tuttavia gli spazi di manovra non

mancano, e qui il lettore del bilancio deve assumere piena

consapevolezza di ciò che il bilancio può rilevare e ciò che non può

rilevare.

14.6 I principi di redazione del bilancio

Norme di II livello

principi di redazione del bilancio (art. 2423 bis)

- Prudenza

- Continuazione attività aziendale

- Prevalenza della sostanza

- Competenza economica

- Continuità dei criteri di valutazione

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Il bilancio secondo il Codice Civile 475

14.6.1. La prudenza

Nell’ambito dei principi di redazione del bilancio indicati all’art.

2423 bis, ossia le norme di secondo livello che si collocano tra il

principio della rappresentazione veritiera e corretta (art. 2423) e i criteri

di valutazione (art. 2426) del cod. civile, il principio della prudenza è il

primo ad essere citato dal legislatore. Si tratta di un principio che

storicamente ha svolto un ruolo fondamentale nella formazione dei

bilanci delle imprese, sin dall’epoca medioevale (Basu).

Il legislatore al punto 1) dell’articolo 2423 bis del codice civile

stabilisce che « la valutazione delle voci deve essere fatta con prudenza

…»; al punto 2) chiarisce che « si possono indicare esclusivamente gli

utili realizzati alla data di chiusura dell’esercizio » ed al punto 4)

aggiunge che « si deve tener conto dei rischi e delle perdite di

competenza dell’esercizio, anche se conosciuti dopo la chiusura di

questo ».

Come ulteriormente specificato dai principi contabili OIC, queste

indicazioni identificano un comportamento asimmetrico che il redattore

del bilancio deve tenere nel valutare le operazioni di gestione che al

termine dell’esercizio non si sono ancora concluse. In particolare, se

l’ipotesi di conclusione dell’operazione in corso fa intravedere un

risultato negativo, una perdita, essa deve essere immediatamente

contabilizzata, anche se non vi è certezza di tale esito, e anche se la

conoscenza si accerta dopo la fine del periodo amministrativo.

Diversamente, quando l’ipotesi di conclusione dell’operazione

evidenzia un risultato positivo, lo stesso non può essere contabilizzato,

a prescindere dall’attendibilità dell’ipotesi. Gli utili che appaiono in

bilancio, quindi, riguardano unicamente operazioni che si sono già

concluse entro la chiusura del bilancio.

Comincia, quindi, a delinearsi in modo assai marcato l’orientamento

che il legislatore e i principi contabili richiedono nella valutazione delle

operazioni in corso. Riprendendo il caso semplificato della valutazione

delle rimanenze al termine dell’esercizio proposto nel capitolo

precedente, si possono chiarire gli aspetti operativi del principio della

prudenza:

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Capitolo XIV 476

Es. utile non ancora realizzato Si ipotizza che un’impresa

mercantile si sia costituita con un capitale di 100, interamente versato in denaro, in data 1/1 dell’anno t. Durante l’anno t acquista merci per un valore di 100 (100 kg di merce al prezzo di 1 €) che risultano interamente in giacenza al termine del periodo amministrativo. Dal listino dell’impresa risulta che tali beni hanno un prezzo di vendita di € 1,2 il Kg e apposite ricerche di mercato confermano la fattibilità delle vendite.

Al momento di redigere il bilancio d’esercizio al 31/12/anno t, si

prevede di riuscire a vendere interamente i beni in giacenza ai prezzi di

listino. Secondo questa ipotesi di previsione, l’operazione in questione,

una volta conclusa, genererebbe un risultato lordo positivo di 20, pari

alla differenza tra il ricavo di vendita di 120 (1,2×120 kg) ed il costo

d’acquisto di 100 (1×100 kg). Tuttavia, questo risultato non è ancora

maturato, poiché lo scambio non si è ancora manifestato.

Il legislatore e i principi contabili, in queste circostanze, pretendono

che tale risultato positivo non vada evidenziato nel reddito e nel

capitale riferiti all’anno t. L’intera rimanenza di magazzino va quindi

valutata, in armonia con il principio della prudenza, al suo prezzo di

costo di 100. In questo modo l’intero risultato economico viene rinviato

all’esercizio successivo. Infatti il reddito d’esercizio ed il collegato

capitale di funzionamento si presentano nel modo seguente:

Conto economico al 31/12/anno t

Costi t Ricavi t

Acquisto merci 100 Vendita merci 0

Variazione rimanenze

merci

100

Totale costi 100

Utile d’esercizio 0

Totale a pareggio 100 Totale ricavi 100

Stato patrimoniale al 31/12/anno t

Attività t Passività e netto t

Cassa 0 Capitale sociale 100

Rimanenze merci 100 Utile d’esercizio 0

Totale attività 100 Totale passività e netto 100

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Il bilancio secondo il Codice Civile 477

Il reddito risulta pari a zero poiché i costi d’acquisto dell’esercizio

sono rinviati all’esercizio successivo grazie allo storno degli stessi con

la rilevazione delle rimanenze finali al valore di costo tra i componenti

positivi di reddito. Allo stesso modo sul piano patrimoniale, il capitale

netto non si modifica rispetto all’inizio dell’esercizio poiché

l’attribuzione del valore di costo alle rimanenze di magazzino comporta

il mancato riconoscimento del risultato positivo che l’operazione non

ancora conclusa potenzialmente può generare.

Con tale scelta il legislatore mira ad evitare che si verifichino

pericolosi annacquamenti del capitale netto. Si tratta di incrementi del

capitale netto che possono non corrispondere a reali apporti di

ricchezza. Nello stesso esempio appena fatto, ciò si verificherebbe nel

caso in cui si disattendesse la prescrizione del legislatore di valutare le

rimanenze al prezzo di costo di 100 e si optasse per la valutazione al

prezzo di vendita di 120. Il reddito ed il capitale risulterebbero i

seguenti:

Conto economico al 31/12/anno t

Costi t Ricavi t

Acquisto merci 100 Vendita merci 0

Variazione rimanenze

merci

120

Totale costi 100

Utile d’esercizio 20

Totale a pareggio 120 Totale ricavi 120

Stato patrimoniale al 31/12/anno t

Attività t Passività e netto t

Cassa 0 Capitale sociale 100

Rimanenze merci 120 Utile d’esercizio 20

Totale attività 120 Totale passività e netto 120

Il capitale netto si accrescerebbe di 20 per effetto dell’utile di pari

importo. Ecco, se i soci decidessero di distribuirsi tale reddito di 20 e

nell’esercizio t+1 un’imprevista congiuntura sfavorevole non

consentisse altra alternativa che vendere quelle merci al prezzo di costo

di 100, il presunto margine positivo si azzererebbe del tutto. A

posteriori risulterebbe che i soci non si sono distribuiti un reddito di 20,

ma bensì si sono distribuiti una parte del capitale preesistente. Quel

presunto maggior valore di 20 del capitale rappresenta perciò un

annacquamento del capitale, con effetti deleteri sulla sopravvivenza

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Capitolo XIV 478

dell’impresa. Valutare al prezzo di costo in queste circostanze significa

tutelare l’integrità del capitale.

Da questo esempio, si comprende il perché la valutazione dei beni al

costo si sposi armoniosamente con il principio della prudenza ed il

perché la scelta del criterio del costo sia adoperata con frequenza dal

legislatore e dai principi contabili per gran parte delle valutazione degli

elementi attivi del patrimonio aziendale.

Es. perdita non ancora realizzata Lasciando immutati tutti gli

elementi del caso precedente, si consideri una diversa ipotesi di conclusione dell’operazione in corso: condizioni avverse di mercato indicano che le merci potranno essere vendute ad un prezzo di vendita di € 0,9 al Kg.

Queste informazioni modificano l’ipotesi di previsione

dell’operazione prefigurando una conclusione negativa della stessa. I

beni acquistati a 100 nell’esercizio potranno essere rivenduti

nell’esercizio t+l al prezzo complessivo di 90 generando una perdita

complessiva di 10. L’asimmetria valutativa imposta dal codice civile si

concretizza nell’obbligo di rilevare interamente la perdita in formazione

già nell’esercizio t. In questo caso il costo di 100 non può essere

adottato per valutare le rimanenze di magazzino, ma si deve ricorrere al

minor valore di realizzo delle stesse ossia 90. Si tratta della cosiddetta

regola del minore tra valore di costo e valore di mercato che consente

di evitare di rinviare agli esercizi successivi perdite non ancora

manifestatesi ma già previste. Il reddito d’esercizio ed il collegato

capitale di funzionamento si presentano nel modo seguente:

Conto economico al 31/12/anno t e t+1

Costi t Ricavi t

Acquisto merci 100 Vendita merci 0

Rimanenze iniziali merci 0 Rimanenze finali merci 90

Totale costi 100

0 Perdita d’esercizio 10

Totale a pareggio 100 Totale ricavi 100

Stato patrimoniale al 31/12/anno t

Attività t Passività e netto t

Cassa 0 Capitale sociale 100

Rimanenze merci 90 (-) Perdita d’esercizio -10

Totale attività 90 Totale passività e netto 90

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Il bilancio secondo il Codice Civile 479

Il risultato negativo è così interamente anticipato all’esercizio in cui

se ne è venuti a conoscenza, senza attendere la conclusione

dell’operazione.

I principi contabili nazionali (OIC) specificano che devono essere

evitati eccessi nell’interpretazione del principio della prudenza perché «

pregiudizievoli per gli interessi degli azionisti e [perché] rendono il

bilancio inattendibile e non corretto. Il principio della prudenza,

pertanto, deve rappresentare non l'arbitraria riduzione di redditi e di

patrimonio, bensì quella qualità di giudizi a cui deve informarsi il

procedimento valutativo di formazione del bilancio; ciò soprattutto

nella valutazione delle incertezze e dei rischi connessi con l'andamento

operativo aziendale al fine di assicurare che ragionevoli stanziamenti

vengano effettuati in previsione di perdite potenziali da sostenersi nel

realizzo dell'attivo di bilancio e nella definizione di passività reali e

potenziali »66

. È opportuno sottolineare che i termini “qualità di

giudizi” e “ragionevoli stanziamenti” risultano fondamentali per evitare

i temuti eccessi e paiono allo stesso tempo alquanto indefiniti. Si tratta

di uno spazio interpretativo che di fatto verrà riempito da ciascun

redattore di bilancio secondo la sua specifica inclinazione.

14.6.2. La valutazione separata di elementi eterogenei

Per salvaguardare ulteriormente il principio della prudenza, l’art.

2423 bis del cod. civile al punto 5 impone che « gli elementi eterogenei

ricompresi nelle singole voci devono essere valutati separatamente ».

La finalità di questo principio, infatti, è di evitare valutazioni

complessive delle diverse operazioni di gestione in corso di

svolgimento al termine dell’esercizio che possano portare alla

compensazione di utili non ancora realizzati, collegati a date

operazioni, con perdite presunte relative ad altre operazioni in corso. Si

tratta di garantire il rispetto della asimmetria valutativa prevista dal

principio della prudenza in modo rigoroso, senza mescolare elementi

patrimoniali di diversa natura. Anche in questo caso un esempio

collegato alla valutazione delle rimanenze può essere d’aiuto.

66

Oic 11, Bilancio d'esercizio. Finalità e postulati, Giuffrè, 2005, p. 13.

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Capitolo XIV 480

Es. valutazione elementi eterogenei L’impresa mercantile Negotiatur presenta al 31/12 dell’anno t due tipologie di beni in rimanenza: 200 Kg di riso e 300 Kg di grano. Il riso è stato acquistato a € 1 il Kg e ha un prezzo di vendita di € 1,5 il kg. Il grano è stato acquistato € 1 il Kg e ha un prezzo di vendita di € 0,9 il Kg.

Il prospetto seguente riassume le informazioni necessarie per la

valutazione delle merci dell’impresa Negotiatur.

Prezzo di acquisto Prezzo di vendita Minore tra costo e

mercato

Riso (200 x 1) = 200 (200 x 1,5) = 300

Grano (300 x 1) = 300 (300 x 0,9) = 270

Tot. 500 Tot. 570 500

In assenza del principio di redazione sotto esame, il redattore del

bilancio potrebbe essere tentato di confrontare cumulativamente i valori

di costo, nell’esempio 500 (la somma di 300+200), e i valori di realizzo

(570 = 300+270) e scegliere quindi di valutare complessivamente le

rimanenze di riso e grano a € 500, il complessivo valore di costo. In

questo modo, il rispetto del principio della prudenza sarebbe in parte

pregiudicato proprio perché si compenserebbe un utile potenziale

collegato alla compravendita di grano con la perdita potenziale

collegata alla compravendita di riso.

Il legislatore richiede, in questa circostanza, che il riso e il grano

vadano valutati separatamente poiché presentano conseguenze

economiche eterogenee.

Prezzo di acquisto Prezzo di vendita Minore tra costo e

mercato

Riso (200 x 1) = 200 (200 x 1,5) = 300 200

Grano (300 x 1) = 300 (300 x 0,9) = 270 270

Totale 470

Come si evince dal prospetto sopra riportato, il riso va valutato al

costo di 200, per evitare di attribuire un utile non ancora realizzato di

100, mentre il grano va valutato al minor valore di mercato di 270 in

modo da incorporare la perdita prevista di 30. La valutazione

complessiva di riso e grano è quindi pari a 470.

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Il bilancio secondo il Codice Civile 481

Il principio in esame così evita di annacquare il capitale con

l’attribuzione un utile non ancora realizzato e consente di rispettare il

principio della prudenza e, di conseguenza, la rappresentazione

veritiera e corretta.

14.6.3. La continuazione dell’attività aziendale

Il cod. civile richiede, sempre al punto 1 dell’art. 2423 bis del codice

civile, che « la valutazione delle voci deve essere fatta … nella prospet-

tiva della continuazione dell'attività…». Questo principio, anche noto

con terminologia anglosassone “going concern principle”, richiede al

redattore di bilancio, da un lato di accertarsi che l’impresa sia in grado

di continuare ad operare in futuro secondo condizioni di normale fun-

zionamento e dall’altro di utilizzare questa stessa ottica nel valutare

l’esito delle operazioni di gestione in corso di svolgimento al termine

dell’esercizio.

Il presupposto della continuazione dell’attività aziendale richiede

quindi che non vi sia la volontà o la necessità da parte della direzione

aziendale di ricorrere a operazioni di cessazione aziendale e che nel va-

lutare le operazioni di gestione non si utilizzino criteri di liquidazione

né tantomeno criteri per la valutazione del capitale economico come

nelle ipotesi di cessione aziendale. Questi criteri alternativi per valutare

il capitale aziendale, infatti, vanno adoperati per la redazione dei bilanci

straordinari relativi a momenti straordinari della vita d’impresa: liqui-

dazione volontaria o coatta, cessione, fusione, ecc.

L’impresa in funzionamento realizza continuativamente e simulta-

neamente investimenti che sono perpetuamente rinnovati alla loro sca-

denza. L’esito delle operazioni di gestione in corso di svolgimento va

ipotizzato nell’ottica chiarita dallo Zappa, secondo cui l’azienda è un i-

stituto economico destinato a perdurare nel tempo.

14.6.4. La competenza economica

Il cod. civile specifica inoltre che « si deve tener conto dei proventi e

degli oneri di competenza dell'esercizio, indipendentemente dalla data

dell'incasso o del pagamento » (art. 2423 bis, punto 3). Si tratta del

fondamentale principio della competenza economica, il cui compito è

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Capitolo XIV 482

di orientare il redattore del bilancio su come attribuire i costi e i ricavi

al periodo amministrativo cui si riferisce il bilancio. Le sintetiche

indicazioni del legislatore si limitano a chiarire che la manifestazione

monetaria dei costi e ricavi è irrilevante ai fini della loro partecipazione

alla formazione del reddito d’esercizio. Non si tratta, quindi, di una

competenza di cassa. Allo stesso tempo, però, tali indicazioni non

identificano regole più analitiche su come riconoscere i costi e i ricavi

nel conto economico e su come poterli contrapporre. In altri termini, il

legislatore non fornisce un criterio operativo per impostare il cosiddetto

principio della correlazione dei costi e ricavi (o matching principle).

Non rimane che ricorrere ai principi contabili per avere dei riferimenti

puntuali su questi aspetti.

I ricavi: il criterio di riconoscimento

I principi contabili italiani (OIC) definiscono i diversi aspetti della

questione individuando innanzitutto un criterio per il riconoscimento

dei ricavi e fissando poi le regole affinché i costi siano correlati ai

relativi ricavi. Quindi, una volta identificati i ricavi, su di essi ruota il

processo di correlazione dei costi.

In particolare, i ricavi sono riconosciuti nel conto economico quando

sussistono due requisiti:

«1) il processo produttivo dei beni o dei servizi è stato completato;

2) lo scambio è già avvenuto, si è cioè verificato il passaggio

sostanziale e non formale del titolo di proprietà. Tale momento è

convenzionalmente rappresentato dalla spedizione o dal momento in

cui i servizi sono resi e sono fatturabili »67

.

In alcuni casi, però, questa regola subisce delle eccezioni, come nel

caso della valutazione dei lavori in corso su ordinazione di lunga

durata. Si pensi al caso di opere edili impegnative come la costruzione

di una diga, un’autostrada, ecc. che possono richiedere anche diversi

anni per il loro compimento. In questi casi e a determinate condizioni,

il legislatore, e coerentemente i principi contabili, ammettono la

possibilità di attribuire i ricavi o una porzione degli stessi ben prima

che il processo di produzione sia completato.

67 Oic 11, Bilancio d'esercizio. Finalità e postulati, Giuffrè, par.

2005, p. 15.

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Il bilancio secondo il Codice Civile 483

I costi: il principio della correlazione ai ricavi

Una volta individuati i ricavi che partecipano alla formazione del

reddito d’esercizio, questi rappresentano il punto di riferimento per

identificare i costi che vi devono essere contrapposti. Deve trattarsi di

costi, certi o presunti, sostenuti o ancora da sostenere per ottenere quei

ricavi.

Le tre modalità individuate dai principi contabili nazionali per

identificare i costi da correlare ai relativi ricavi, sono le seguenti:

« 1) per associazione di causa ad effetto;

2) per ripartizione dell'utilità o funzionalità pluriennale su base raziona-

le e sistematica, in mancanza di una più diretta associazione. Tipico e-

sempio è rappresentato dall'ammortamento;

3) per imputazione diretta di costi al conto economico dell'esercizio o

perché associati al tempo o perché sia venuta meno l'utilità o la funzio-

nalità del costo »68.

Il punto 1) fa riferimento ad un’associazione diretta di causa ad

effetto che si presenta ad esempio quando i costi riguardano materie

prime che si incorporano nei prodotti finiti o servizi da vendere, come

accade, rispettivamente, nelle imprese industriali e di servizi; oppure in

presenza di costi d’acquisto delle merci da associare ai ricavi di vendita

delle stesse merci. Si pensi, ad esempio, in un’impresa produttrice di

automobili ai costi d’acquisto degli pneumatici che vanno associati ai

ricavi delle vetture vendute in cui gli stessi sono stati montati, o i costi

d’acquisto delle derrate alimentari utilizzati per allestire i pasti nel

settore della ristorazione, ecc.

Al termine del periodo amministrativo accadrà che non tutti i costi

delle materie prime, sussidiarie, di consumo e merci acquistate

nell’esercizio o in esercizi precedenti siano associabili ai ricavi maturati

nello stesso anno. La rilevazione delle rimanenze finali dei beni in

magazzino rappresenta la procedura contabile che ha lo scopo di

rinviare i relativi costi d’acquisto agli esercizi successivi in cui si

verificherà la maturazione dei ricavi di vendita.

Il punto 2) si verifica in presenza di fattori produttivi utilizzati

congiuntamente per la trasformazione fisico-tecnica e/o economica di

più produzioni di beni e servizi. In questi casi l’associazione che si

68

Oic 11, Bilancio d'esercizio. Finalità e postulati, Giuffrè, par. 2005, p. 16.

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Capitolo XIV 484

ricerca è indiretta e avviene tra i costi e i periodi in cui si conseguono i

relativi ricavi. L’esempio del costo degli immobili ad uso alberghiero

risulta emblematico in proposito. Si tratta infatti di costi ingenti che

l’impresa alberghiera generalmente sostiene finanziariamente nella fase

di avviamento, mentre l’utilizzo dell’immobile, indispensabile per la

generazione dei ricavi dei servizi di alloggio, si protrae per periodi

assai lunghi, se non per l’intera vita dell’impresa. Come si è già

approfondito sul piano della rilevazione e come chiariremo

ulteriormente sul piano valutativo, il processo d’ammortamento

rappresenta la procedura contabile che consente di ripartire un costo

pluriennale tra i diversi esercizi in cui il fattore produttivo verrà

utilmente impiegato dall’impresa, in modo da essere contrapposto ai

ricavi di vendita dei beni e/o servizi che lo stesso fattore contribuirà a

realizzare.

Il punto 3) prevede l’imputazione diretta al conto economico del

costo quando lo stesso è legato al decorrere del tempo oppure quando il

fattore produttivo non ha più utilità. I costi per gli oneri finanziari,

come ad esempio gli interessi passivi su mutui, rappresentano il tipico

esempio della prima tipologia, visto che la loro entità varia

proporzionalmente al decorrere del tempo. Da qui, la necessità di

ricorrere alla tecnica dei ratei o dei risconti, a seconda dei casi, per

attribuire le quote di costo ai periodi temporali in cui gli interessi sono

maturati a prescindere dal momento del loro pagamento. La seconda

fattispecie si verifica in presenza di fattori produttivi che hanno cessato

la loro utilità; come ad esempio in presenza di derrate alimentari che

risultano deperite prima del loro utilizzo, oppure si pensi ad un tour

operator che non riesce a vendere dei pacchetti di viaggio confezionati

con la disponibilità di camere alberghiere acquistate preventivamente

con la clausola “vuoto per pieno”. In questi casi, il costo dei fattori

produttivi deve necessariamente essere imputato all’esercizio perché in

futuro non vi sarà alcun ricavo ad esso correlabile.

Quanto illustrato chiarisce come il legislatore e i principi contabili

accolgano, in linea generale, la «logica del rinvio dei costi» per

impostare il principio della competenza economica e il costo storico

come criterio di riferimento per la valutazione degli elementi

patrimoniali69

. Tuttavia, non mancano i casi in cui lo stesso legislatore

69

Si rimanda al precedente paragrafo 13.5 per una sintetica illustrazione della lo-

gica del rinvio dei costi e dei bilanci a costi storici.

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Il bilancio secondo il Codice Civile 485

e i principi contabili si discostano da questi criteri. Sono già stati citati i

casi delle rimanenze di beni e servizi delle imprese che operano su

commessa che possono essere valorizzate in base ai ricavi e le deroghe

previste per il rispetto della clausola della rappresentazione veritiera e

corretta che consentono di ricorrere ai valori correnti mediante

rivalutazioni economiche; si considerino inoltre che deroghe

assimilabili sono previste in caso di rivalutazioni di elementi

patrimoniali previste da leggi speciali (tutt’altro che inusuali nel recente

passato!), oppure in caso di valutazione delle partecipazioni

immobilizzate in imprese controllate e collegate con il metodo del

patrimonio netto.

14.6.5 La valutazione in base alla prevalenza della sostanza

dell’operazione o del contratto.

L’art. 2423 bis del cod. civile, al punto 1 bis), dispone inoltre che «la

rilevazione e la presentazione delle voci è effettuata tenendo conto della

sostanza dell’operazione o del contratto».

Si tratta di un principio introdotto con una diversa formulazione con

la riforma del diritto societario del 2004, ma già presente nei principi

contabili nazionali con la denominazione di principio della prevalenza

della sostanza sulla forma. In linea generale, questo principio diviene

importante in presenza di operazioni di gestione in cui la sostanza

economica dell’operazione diverge dalla sua forma legale ed impone

che la rappresentazione in bilancio ricalchi la sostanza economica.

Tuttavia, il rigoroso rispetto di questo principio non appare scevro

da complicazioni soprattutto quando la rappresentazione della sostanza

economica porti a delle conseguenze negative sul piano della tassazione

o al mancato rispetto delle stesse norme del codice civile.

Il caso delle operazioni di leasing finanziario aiuta a comprendere i

diversi aspetti della questione. Infatti, una fedele applicazione del

principio in esame dovrebbe portare alla contabilizzazione

dell’operazione secondo il cosiddetto metodo finanziario. Come visto70

,

quest’ultimo ricalca la sostanza economica dell’operazione ossia

l’acquisizione della disponibilità di un bene strumentale mediante un

70

La spiegazione delle alternative per la contabilizzazione delle operazioni di

leasing finanziario è contenuta al par. 7.8 di questo lavoro.

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Capitolo XIV 486

finanziamento della società di leasing, dando rilevanza al fatto che i

rischi e i benefici sono trasferiti all’impresa utilizzatrice. Il cosiddetto

metodo patrimoniale, invece, ricalca l’aspetto legale dell’operazione, in

quanto prevede che il bene non compaia tra le attività patrimoniali

dell’impresa utilizzatrice, se non al termine del contratto in caso si opti

per il pagamento del prezzo di riscatto.

Il legislatore, in proposito, ha fatto una scelta ibrida dal momento

che prevede implicitamente l’adozione del metodo patrimoniale per la

redazione degli schemi di conto economico e stato patrimoniale, mentre

al punto 21 della nota integrativa richiede una serie di informazioni

sull’operazione di leasing che di fatto consentono di ricostruire

l’operazione secondo il metodo finanziario.

14.6.6 La continuità dei criteri di valutazione

L’articolo 2423 bis al punto 6 sancisce che «… i criteri di

valutazione non possono essere modificati da un esercizio all'altro». Si

tratta del principio di continuità di applicazione dei criteri di

valutazione con cui il legislatore mira a contenere la discrezionalità del

redattore nell’utilizzare le opzioni valutative che ha a disposizione. Una

volta effettuate le scelte tra le alternative presenti nel dettato normativo

sulle varie poste di bilancio, queste devono essere coerentemente

mantenute nel tempo, senza possibilità di modificarle di volta in volta

in base a specifici obiettivi di comodo.

Il rispetto di questo criterio consente di raggiungere diversi vantaggi

per i destinatari del bilancio:

— innanzitutto la comparabilità dei bilanci nel tempo. Il lettore può

confrontare i bilanci di anno in anno per verificare l’andamento

reddituale, patrimoniale e finanziario dell’impresa nella consapevolezza

che esso scaturisce da valutazioni omogenee, realizzate con uno stesso

metro di riferimento;

— l’individuazione del reddito prodotto, mettendo in luce l’operato

degli amministratori e gli effetti della congiuntura, proprio perché la

costanza dei criteri riduce la possibilità di effettuare stime e congetture

che portino al livellamento dei redditi tra periodi sfavorevoli e periodi

favorevoli. Le cosiddette «politiche di bilancio», con cui di volta

involta si stanziano generosi accantonamenti al conto economico nei

periodi di congiuntura favorevole per utilizzarli nelle fasi di crisi, sono

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Il bilancio secondo il Codice Civile 487

naturalmente contrastate dall’obbligo di garantire la continuità dei

criteri di valutazione. A titolo d’esempio, si consideri che il legislatore

caldeggia esplicitamente l’attribuzione di quote ammortamento costanti

per ripartire il costo pluriennale delle immobilizzazioni, al fine di

evitare opportunistici incrementi e decrementi per prefigurare graditi

risultati reddituali71

.

— la neutralità del bilancio. Si è riferito dell’ampia platea di soggetti

interessati al bilancio d’esercizio, ai loro interessi e aspettative

potenzialmente contrastanti e alla difficoltà di conciliare tali

aspettative. In quest’ottica, l’obbligo di mantenere le stesse

impostazioni valutative rappresenta un serio ostacolo alle tentazioni di

tutelare in modo sistematico una determinata categoria di stakeholder a

discapito delle altre. Il principio della neutralità, denominato anche

dell’imparzialità, è esplicitamente menzionato dai principi contabili

nazionali che lo collocano tra i postulati del bilancio72

.

Il cod. civile, tuttavia, ammette la possibilità di derogare al principio

in esame in presenza di casi eccezionali, nei quali è comunque richiesta

un’adeguata motivazione in Nota Integrativa unitamente alla

quantificazione degli effetti prodotti sulla situazione patrimoniale,

finanziaria e sul risultato economico

Come esempio di caso eccezionale in cui si ritiene ammissibile la

deroga alla continuità dei criteri di valutazione, si pensi ad un’impresa

che cessa di operare autonomamente sul mercato a seguito del suo

ingresso in un gruppo di imprese. In queste circostanze può accadere

che l’impresa capogruppo richieda alle diverse imprese da lei

controllate e facenti parte dello stesso gruppo di uniformare i propri

criteri di valutazione al fine di consentire la redazione del bilancio

consolidato su basi omogenee.

71

È quanto lo stesso legislatore indicò nella relazione di accompagnamento al d.

lgs. 191/92 con cui fu recepita nel nostro ordinamento la IV direttiva CEE. 72

Cfr.: Oic 11, Bilancio d'esercizio. Finalità e postulati, Giuffrè, par. 2005, pp.12-

13.