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Capitolo tredicesimo
IL BILANCIO: ASPETTI GENERALI
13.1 Introduzione: il bilancio d’esercizio
Il bilancio d’esercizio, detto anche ordinario o di funzionamento, è il
documento di sintesi che le imprese redigono al termine di ciascun
periodo amministrativo per illustrare il proprio andamento economico,
patrimoniale e finanziario.
L’architettura della contabilità generale è rivolta ad analizzare le
operazioni di gestione con l’obiettivo primario di determinare due
grandezze complesse al termine del periodo amministrativo: il reddito
d’esercizio ed il collegato capitale di funzionamento1. La tradizionale
funzione del bilancio d’esercizio è appunto di illustrare l’entità e la
composizione del capitale di funzionamento mediante il prospetto dello
stato patrimoniale e l’entità e la composizione del reddito d’esercizio
attraverso lo schema di conto economico2.
Nello stato patrimoniale sono esposti gli elementi attivi e passivi del
capitale di funzionamento: gli elementi reali del patrimonio. La loro
differenza, se positiva, indica l’entità del patrimonio netto aziendale; se
negativa, indica l’entità del deficit patrimoniale, ossia di quanto il
valore degli elementi passivi supera il valore di quelli attivi. Sia il
patrimonio netto sia gli elementi reali che lo compongono sono
grandezze fondo. Esse, infatti, fotografano la ricchezza aziendale e i
suoi elementi in un dato istante: alla fine del periodo amministrativo.
1 « …si ritiene per norma conveniente di assegnare al sistema della contabilità ge-
nerale — almeno come compito principale — la periodica determinazione sia del
reddito d’esercizio sia del patrimonio, determinato, a sua volta, per configurare il
detto reddito. » P. ONIDA, Economia d’azienda, Giuffrè, ristampa, 1985, p. 567. 2 « Il conto generale di «Profitti e perdite» (comunemente chiamato anche «Conto
economico») e lo «Stato patrimoniale» formano insieme il complesso bilancio
d’esercizio ». P. ONIDA, La logica e il sistema delle rilevazioni quantitative
d’azienda, Giuffrè, 2a ed., 1970, p. 137.
Capitolo XIII 418
Inoltre, nello stato patrimoniale sono esposti gli elementi ideali tra cui
si può scomporre lo stesso patrimonio netto: il capitale sociale, le
riserve, gli utili e le perdite portate a nuovo e gli utili e le perdite
dell’esercizio. Lo stato patrimoniale illustra, quindi, lo stato e la
composizione della ricchezza aziendale al termine del periodo
amministrativo, oltre a fornire ulteriori dati che, opportunamente
elaborati e integrati, consentono sia di giudicare la struttura finanziaria
dell’impresa3 sia di allargare il giudizio sulla sua situazione economica.
Nel conto economico trovano esposizione i componenti positivi e
negativi che formano il reddito d’esercizio4; esso indica come il
patrimonio netto si sia accresciuto o ridotto per effetto dell’attività
aziendale. Per questa ragione si afferma che il reddito d’esercizio ed i
suoi componenti siano grandezze flusso: sono variazioni economiche
attribuibili al periodo amministrato in esame. Il reddito d’esercizio
segnala l’efficienza economica con cui è stata condotta la gestione
d’impresa nell’esercizio trascorso. Più in particolare, il reddito
d’esercizio indica la differenza tra il valore della produzione ottenuta
durante l’anno e quello dei fattori produttivi consumati per realizzarla5.
Se tale differenza è positiva indica la presenza di un utile d’esercizio, se
è negativa una perdita. Nel conto economico possono trovare
3 « La struttura finanziaria dell’impresa per lo più esprime la varia composizione
del fabbisogno di capitale, inteso come complesso di fabbisogni elementari diversifi-
cati nei loro caratteri, e parallelamente la varia configurazione della correlata copertu-
ra con forme di congiunto finanziamento della gestione. L’analisi della struttura in
oggetto consiste dunque nell’individuare ed interpretare le diverse e mutevoli relazio-
ni che nell’impresa si istituiscono fra entità e strutture di investimento, da un lato, e
tra entità e strutture di finanziamento, dall’altro ». G. FERRERO, F. DEZZANI, Manuale
delle analisi di bilancio. Indici e flussi, Giuffrè, 1979, p. 20. 4 « … Infatti, il momento fondamentale del processo di formazione di questo bi-
lancio — ossia il momento per il quale si pone l’accento sull’«aspetto sostanziale» di
tale processo — è in ogni caso quello in cui si pongono e si risolvono i complessi
problemi di valutazione finalizzati alla determinazione del reddito d’esercizio e del
correlato capitale di gestione, entrambi «quantificati», oltre che nei rispettivi «valori
netti», anche nei loro componenti positivi e negativi ». G. FERRERO, La valutazione
del capitale di bilancio, Giuffrè, 1988, p. 4. 5 Cfr. U. DE DOMINICIS, Lezioni di ragioneria generale. La contabilità generale e
la contabilità analitica d’esercizio nelle imprese, Vol. 5°, 2a ed., 1984, p. 664.
Il bilancio: aspetti generali 419
esposizione ulteriori risultati economici intermedi riferiti a determinate
aree della gestione, a seconda della forma espositiva prescelta6.
L’esame sull’andamento patrimoniale dell’impresa viene
approfondito con un ulteriore schema contabile: il prospetto delle
variazioni del patrimonio netto. Questo prospetto ha come punto di
partenza il valore del patrimonio netto e dei suoi elementi ideali
all’inizio del periodo amministrativo e come punto d’arrivo il valore
del patrimonio netto e degli stessi elementi al termine dello stesso
periodo. Le variazioni globali e analitiche intervenute, rispettivamente,
nel patrimonio netto e nei suoi componenti, spiegano l’evoluzione del
patrimonio netto e delle sue parti ideali durante l’esercizio. Come
chiarito in precedenza, l’aumento o la diminuzione del patrimonio netto
è dovuta al formarsi del reddito d’esercizio e/o agli aumenti o riduzioni
del capitale avvenuti mediante scambi di risorse tra la società e i soci. Il
prospetto delle variazioni nel patrimonio netto, quindi, rappresenta
l’anello di congiunzione tra lo stato patrimoniale ed il conto
economico.
A questi schemi contabili, nella tradizione dei bilanci anglosassoni, e
ora anche nella realtà italiana, se ne affianca un altro: il rendiconto
finanziario. Si tratta di un prospetto che accoglie in modo organico le
cause che hanno comportato variazioni che si sono verificate in una
data risorsa finanziaria — tipicamente la liquidità7 — durante il periodo
amministrativo. Anche tali variazioni rappresentanto grandezze flusso,
ma a differenze del conco economico, si tratta di flussi che si verificano
nelle risorse finanziarie. In particolare si tratta di un documento che
analizza le cause che hanno comportato aumenti e diminuzioni nella
liquidità distinguentole tra quelle dovute all’attività operativa,
all’attività di investimento e all’attività di finanziamento. La sua
funzione è di integrare le informazioni sull’andamento economico e
patrimoniale ottenibili dalla lettura, rispettivamente, del conto
economico e dello stato patrimoniale, con l’analisi della situazione
finanziaria. La dottrina economico-aziendale8, così come i principi
6 Sulla diversa capacità informativa delle varie forme del conto economico si ve-
da: A. VIVARELLI, Strutture e forme del conto economico delle imprese, Cedam,
1983. 7 O, più di rado, il capitale circolante netto.
8 Tra gli altri contributi si segnalano: P. CAPALDO, Il «cash flow» e le analisi fi-
nanziarie nella gestione d’impresa, Rivista dei Dottori Commercialisti, n. 6, 1971; I.
FACCHINETTI, Analisi dei flussi finanziari, Il Sole 24 ore, 1997, pp. 115-116; G.
Capitolo XIII 420
contabili italiani, da tempo incoraggiavano la redazione di questo
ulteriore prospetto come parte integrante del bilancio d’esercizio;
finalmente, allo stato attuale, non solo il legislatore comunitario obbliga
le imprese quotate in mercati regolamentati alla redazione del
rendiconto finanziario, ma anche il legislatore italiano ha reso
obbligatoria la redazione del rendiconto per le imprese non quotate a
decorrere dal primo gennaio 20169.
L’informativa di bilancio si completa poi con un documento in
forma prevalentemente descrittiva e tabellare che ha il ruolo di chiarire,
spiegare e integrare le informazioni contenute negli schemi contabili. Si
tratta della cosiddettà Nota Integrativa, per quanto riguarda la
normativa del codice civile, e delle Note esplicative per quanto riguarda
l’impostazione dei principi internazionali.
13.2 Differenze tra il bilancio ordinario d’esercizio e i bilanci
straordinari
FERRERO, F. DEZZANI, Manuale delle analisi di bilancio. Indici e flussi, Giuffrè,
1979; A. MATACENA, F. PASI, Il rendiconto finanziario: metodiche di costruzione,
contenuti e scopi, Clueb, 1995; P. MELLA, Analisi delle fonti e degli impieghi dei
mezzi monetari di impresa, Isedi, 1977; U. SÒSTERO, P. FERRARESE, Il rendiconto fi-
nanziario. Logiche di costruzione e suo utilizzo per l’informativa esterna, Cosa &
Come, 1995; C. CARAMIELLO, Il rendiconto finanziario. Analisi dei flussi di capitale
circolante e di cassa, Ipsoa, 1988.
9 Si tratta di un’importante modifica del codice civile conseguente al recepimento
della direttiva 2013/34/UE, con cui si spegne definitivamente il dibattito dottrinario
sul reale obbligo di redigere il rendiconto finanziario. Da un lato, infatti, alcuni autori
ritenevano che l’obbligatorietà del rendiconto finanziario fosse già implicita nel detta-
to normativo preesistente, ancorandosi alla norma che richiede agli amministratori di
dare una rappresentazione veritiera e corretta anche della situazione finanziaria.
Dall’altro, questa posizione mal si conciliava con la scarsa applicazione del rendicon-
to nella prassi aziendale e con le convincenti argomentazioni elaborate a suo tempo da
Santesso e Sòstero: «Ci si potrebbe chiedere, d’altro canto, per quale motivo il legisla-
tore avrebbe voluto introdurre l’obbligo di redigere il rendiconto finanziario in un
modo così surrettizio, evitando perfino di nominarlo. Perciò la questione
dell’obbligatorietà del rendiconto finanziario rimane assai controversa» E. SANTESSO,
U. SÒSTERO, I principi contabili per il bilancio di esercizio, Il Sole24ore, 2006, p. 80.
Il bilancio: aspetti generali 421
Dal bilancio ordinario d’esercizio10
si differenziano i bilanci
straordinari redatti in occasioni particolari della vita aziendale: la
cessione dell’azienda o di un ramo aziendale, la trasformazione della
società, la fusione con altre società, la liquidazione volontaria o coatta,
ecc.11
I bilanci straordinari sono redatti con criteri appositamente
elaborati per determinare il valore del capitale dell’impresa in quella
data circostanza e per quella specifica finalità.
Ad esempio, quando l’impresa cessa di operare, volontariamente o
per il sopravvenire di patologie (fallimento o altre procedure
concorsuali) si adottano criteri di liquidazione. In questo caso, la
finalità del bilancio straordinario è di individuare il presumibile valore
di liquidazione degli elementi patrimoniali su cui possono trovare
10
«Nella prassi comune il complemento di specificazione “d’esercizio” serve […]
da un altro lato, a differenziare il bilancio di una singola azienda dal bilancio consoli-
dato di un aggregato economico composto da più aziende giuridicamente distinte » E.
SANTESSO, U. SÒSTERO, I principi contabili per il bilancio di esercizio Il Sole24ore,
2006, pp. 2-3. Spesso, agli stessi fini si distingue tra bilancio separato e bilancio di
gruppo. 11
Per un approfondimento sul tema dei bilanci straordinari si rinvia all’amplia let-
teratura esistente; tra gli altri contributi si segnalano: M. CARATOZZOLO, I bilanci
straordinari: profili economici, civilistici e tributari, Giuffrè, 1996; L.M. MARI, Ge-
stione e rilevazione delle operazioni straordinarie di impresa, Giappichelli, 2001; M.
PAOLONI, F.M. CESARONI, I bilanci straordinari, Cedam, 1999; L. POTITO, Bilanci
straordinari, in T. BIANCHI, V. CODA, G. MAZZA, O. PAGANELLI, G. PELLICELLI, Trat-
tato di economia d'azienda'', 2a ed, volume 2°, Utet, 1993; R. PEROTTA, G.M.
GAREGNANI, Le operazioni di gestione straordinaria, Giuffrè, 1999.
Capitolo XIII 422
soddisfacimento i diritti dei creditori e dei soci12
. Infatti in queste
circostanze vi è un nuovo e diverso interesse dei soci da tutelare:
«quello alla monetizzazione, nel minor tempo possibile, del loro
investimento, tutelando anche gli interessi dei creditori»13
.
Quando l’impresa è oggetto di trasferimento a terzi, si redige un
bilancio straordinario mediante criteri di cessione per evidenziare il
valore economico del capitale aziendale14
. Si tratta del valore che tiene
conto delle capacità prospettiche dell’impresa di produrre frutti in
futuro15
. Analogamente, in presenza di una trasformazione aziendale,
quando cioè l’impresa cambia la propria veste giuridica, ad esempio
abbandonando la veste di società in nome collettivo e acquisendo
quella di società a responsabilità limitata, si rende necessario redigere
12
« Nel passaggio dal bilancio di funzionamento a quello di liquidazione, il capi-
tale può largamente mutare nella specie e nel valore dei singoli suoi componenti e
quindi nel suo valore netto. Alcune poste attive e passive del bilancio di funzionamen-
to non trovano riscontro nel bilancio di liquidazione: tali sono, ad es., fra le attività, i
costi ammortizzabili non riferiti ad alcun bene vendibile […]; e fra le passività, i fondi
di ammortamento, i fondi spese di manutenzione e riparazione, i fondi di rinnovamen-
to, i fondi rischi, i fondi oscillazione prezzi, e via dicendo.
Nel bilancio di liquidazione, per contrario, possono trovarsi poste che non compa-
rivano nel bilancio di funzionamento: ad es., fra le attività, ricavi presumibilmente ot-
tenibili dalla vendita di segreti di fabbricazione o di notizie sulla clientela in dati e
mercati; e, fra le passività, debiti o stanziamenti per oneri di liquidazione » P. ONIDA,
Economia d’azienda, Giuffrè, ristampa, 1985, p. 640. Sulle tematiche della liquida-
zione si vedano, tra gli altri: M.S. AVI, M. DORIA, S. FRANCHIN, La liquidazione delle
società, Il Sole-24 Ore, 2005 G. CAGNONI, Liquidazione di società: i “criteri” per il
bilancio iniziale, in Amministrazione & finanza, Milano, n. 20, 1997; M. DE SARNO,
Economia dell'impresa in liquidazione, Cedam, 1997; M. FRASCARELLI, La liquida-
zione delle società, Edizioni FAG, 2004; G. PAOLONE, La cessazione aziendale nelle
sue tipiche forme di manifestazione, Giappichelli, 2000; A. VIGANÒ, I bilanci inter-
medi di liquidazione: alcune riflessioni, in Rivista dei Dottori Commercialisti, Mila-
no, n. 3, 2002, pp. 369-370. 13
Sugli specifici aspetti operativi per l’applicazione dei criteri di liquidazione si
rimanda alle prescrizioni dei principi contabili nazionali: OIC 5, Bilanci di liquida-
zione, Giuffrè, 2008, p. 40. 14
Sulle complesse problematiche di valutazione del capitale economico
dell’azienda si rimanda, tra gli altri, ai seguenti lavori: C. CARAMIELLO, La valutazio-
ne dell’azienda. Prime riflessioni introduttive, Giuffè, 1993; L. GUATRI, M. BINI,
Nuovo trattato sulla valutazione delle aziende, Università Bocconi, 2005; G. ZANDA,
M. LACCHINI, T. ONESTI, La valutazione delle aziende, Giappichelli, 4a ed., 2001.
15 Siano tali frutti rappresentati da flussi economici o finanziari a seconda della
specifica metodologia di valutazione impiegata.
Il bilancio: aspetti generali 423
un bilancio straordinario per individuare il suo capitale di
trasformazione16
.
Diversamente, il bilancio ordinario d’esercizio viene determinato
annualmente con criteri che fanno riferimento a prospettive di
prosecuzione delle operazioni aziendali in condizioni di operatività
normali, ossia con criteri di funzionamento. Il capitale di
funzionamento che ne scaturisce, come sarà chiarito nelle pagine
successive, non è una configurazione con un suo significato autonomo,
come invece accade per il capitale di liquidazione o il capitale
economico, ma è in realtà una configurazione strumentale alla
determinazione del reddito.
Tipi di Bilancio Momento vita
Aziendale
Criteri di
valutazione
Configurazione
del capitale Ordinario d’esercizio Al termine di ciascun
periodo amministrativo
Criteri di
funzionamento
Capitale di
funzionamento
Straordinario di
liquidazione
Al momento della
liquidazione volontaria
o coatta, procedure
concorsuali, ecc.)
Criteri di
liquidazione
Capitale di
liquidazione
Straordinario di
cessione
Al momento della
cessione (vendita,
fusione, scissione ecc.)
Criteri di cessione Capitale economico
Straordinario di
trasformazione
Al momento della
trasformazione di
società di persone in
società di capitali
Criteri di cessione Capitale di
trasformazione
13.3 La redazione del bilancio d’esercizio: un problema
indeterminato
13.3.1 I valori di bilancio: le quantità oggettive
16
A rigore, secondo taluni autori, in questi casi sarebbe improprio definire bilan-
cio il documento che viene redatto per la determinazione del valore economico del
capitale. Si tratta infatti soltanto di una situazione patrimoniale senza la compilazione
del conto economico. Inoltre, la determinazione del valore economico potrebbe avve-
nire attraverso un semplice prospetto di raccordo con il patrimonio netto di funziona-
mento. Cfr. AA.VV. (a cura di F. Poddighe), Manuale di tecnica professionale. Valu-
tazione d’azienda, operazioni straordinarie, controllo legale dei conti, reddito
d’impresa ed I.R.A.P., Cedam, Padova, 2000, pp. 112-113.
Capitolo XIII 424
Le grandezze complesse rappresentate dal reddito d’esercizio e dal
collegato capitale di funzionamento, lo si ricorda, sono grandezze
astratte: esse scaturiscono da un processo di rilevazione e di
valutazione in cui concorrono solo in parte valori certi oggettivamente
misurabili; a questi si accompagnano gli ineliminabili valori stimati e
congetturati.
I valori certi oggettivi, il cui ammontare è riscontrabile con certezza
a prescindere dall’evolversi delle condizioni di gestione e dalla
specifica posizione di chi li misura, sono tipici delle rilevazioni di
contabilità generale che si registrano durante l’esercizio e sono regolate
in moneta di conto. Si è visto, infatti, che la regola fondamentale
durante l’esercizio è di rilevare le operazioni di gestione esterna che
hanno avuto manifestazione finanziaria: hanno cioè comportato
variazioni nell’entità della cassa, dei valori ad essa assimilati e/o nei
crediti e debiti di ogni specie. I valori finanziari (aspetto originario) e i
collegati valori economici (aspetto derivato), così identificati, sono
oggettivamente misurabili e verificabili mediante il riscontro con i
relativi documenti probatori (fatture, cedolini stipendi, assegni, ecc.) e
con i conteggi fisici. Per tali determinazioni esiste una misura unica,
non opinabile, tale che eventuali valori differenti da essa sono
propriamente qualificabili come errati o falsi, non veri17
.
13.3.2. I valori di bilancio: le quantità stimate
Diversamente, con le scritture di assestamento e le connesse
valutazioni che si rendono necessarie al termine del periodo
amministrativo si determinano prevalentemente quantità prive del
17
Cfr. P. ONIDA, La logica e il sistema delle rilevazioni quantitative d’azienda,
Giuffrè, 2a ed., 1970, p. 22. Fanno eccezione, nell’ambito delle rilevazioni d’esercizio,
gli acquisti e le vendite regolate con la concessione di debiti e crediti in moneta este-
ra. I relativi valori finanziari e economici sono infatti provvisoriamente misurati in
moneta di conto in base al cambio del giorno in cui è avvenuto lo scambio; si tratta di
quantità stimate, la cui maggiore o minore approssimazione al vero potrà essere veri-
ficata solamente alla scadenza dei relativi crediti e debiti, quando si conoscerà il cam-
bio effettivo che misurerà l’effettiva variazione di denaro.
Il bilancio: aspetti generali 425
carattere di oggettività: si tratta di quantità stimate e congetturate (o
astratte)18
.
Ciò accade poiché tali rilevazioni e valutazioni riguardano
operazioni di gestione che al termine del periodo amministrativo non
sono ancora concluse. L’essenza del problema valutativo sta nella
necessità di ipotizzare come tali operazioni si concluderanno e come
poter ripartire i loro effetti economici e patrimoniali tra l’esercizio in
chiusura e i successivi. Così facendo, si realizza la finzione di spezzare
la gestione, che in realtà è inscindibile poiché economicamente unitaria
nel tempo e nello spazio19
.
Il carattere astratto20
delle grandezze espresse nel bilancio
d’esercizio deriva proprio dalle ipotesi con cui si prevede l’esito di tutte
quelle operazioni di gestione che al termine del periodo amministrativo
non sono ancora concluse — ipotesi di previsione — e con cui si
18
« Le quantità-misure stimate tendono a coincidere con le quantità quali risulte-
rebbero o potranno risultare da una effettiva misurazione, attuale o futura, scevra di
errori. Esse possono approssimarsi più o meno a questo limite in funzione, tra l’altro,
di apprezzamenti subiettivi degli estimatori più o meno esperti ed accurati e delle tec-
niche di stima ». P. ONIDA, La logica e il sistema delle rilevazioni quantitative
d’azienda, Giuffrè, 2a ed., 1970, pp. 20-21.
19 Come chiarisce l’Onida: « La gestione d’azienda, venga essa considerata
nell’aspetto monetario, finanziario od economico, nei fenomeni di scambio o in quelli
di gestione interna, costituisce, come più volte abbiamo detto, un sistema o un com-
plesso esteso nello spazio e nel tempo ed economicamente unitario, nonostante la
molteplicità e la mutabilità degli elementi che lo costituiscono » P. ONIDA, Economia
d’azienda, Giuffrè, ristampa, 1985, p. 254. 20
Più in particolare l’astrattezza del reddito d’esercizio può essere intesa anche
secondo un ulteriore significato, meno rilevante per la comprensione del suo valore,
secondo cui « … il reddito d’esercizio si qualifica come quantità astratta in quanto
non si materializza in dati specifici beni, aggiunti o sottratti al patrimonio d’azienda:
esso è propriamente un puro valore, il saldo del conto generale di profitti e perdite, la
somma algebrica di molteplici componenti positivi o negativi, la differenza tra il capi-
tale netto finale e quello iniziale d’esercizio ». P. ONIDA, Economia d’azienda, Utet,
3a ed., 1971, p. 595.
Capitolo XIII 426
ripartiscono tra i diversi esercizi i relativi ricavi e costi — ipotesi di
scindibilità21
.
Tali problematiche valutative possono essere affrontate con svariati
criteri, senza possibilità, purtroppo, di poterli graduare in termini di
correttezza e verità: si tratta di problemi le cui soluzioni sono
caratterizzate dall’incertezza e dall’indeterminazione22
. Più in
particolare, quando la valutazione di un’operazione di gestione in corso
di svolgimento al termine dell’esercizio richiede la formulazione di
ipotesi di previsione, si è nell’ambito dei valori stimati, caratterizzati
dall’attributo dell’incertezza. La verifica del valore attribuito in base
alla previsione sarà possibile solo a posteriori, una volta che
l’operazione è conclusa. Si pensi ad una controversia legale sorta per
un fatto accaduto nell’esercizio ma ancora in corso di definizione al
termine dello stesso periodo amministrativo. L’esito del procedimento
giudiziario si conoscerà in futuro, però al termine dell’esercizio si rende
necessario prevedere e quantificare prudentemente l’importo che
presumibilmente l’impresa sarà chiamata a pagare. Tale valore
influenzerà la formazione del reddito dell’esercizio in chiusura
mediante l’attribuzione di un componente negativo e contestualmente
la formazione del capitale di funzionamento con un elemento passivo.
Per il semplice fatto che la definizione della vertenza avverrà in
futuro, ed il futuro è ignoto, il valore che viene iscritto in bilancio
21
Con le più puntuali parole del Ferrero: «Tipiche ipotesi di congetturazione con-
nesse con la materia del bilancio d’esercizio sono anzitutto quelle tendenti a supporre
una «divisibilità» laddove la natura sistemica della quantità da valutare implica invece
l’«unitarietà». Al riguardo, di notevole rilevanza sono le varie ipotesi di scindibilità
della gestione nel tempo e nello spazio: ipotesi su cui si fondano «astrattamente» ri-
partiti «valori di gestione» che sono comuni a due o più esercizi successivi o invece
comuni ad oggetti di riferimento variamente configurati nella loro simultaneità di os-
servazione. […] Congiuntamente alle indicate ipotesi di scindibilità, agli effetti del bi-
lancio è necessario porre anche delle ipotesi di previsione, giacché la formazione del
bilancio stesso, per quanto determinazione «di ordine consuntivo», non può ignorare
che, stante l’unità economica della gestione nel tempo, ogni esercizio si ricollega non
solo al passato, ma anche al futuro. Trattasi delle ipotesi di futuro funzionamento
dell’impresa nelle connesse prospettive di mercato e d’ambiente, estese al lasso di
tempo futuro entro il quale avranno presumibile compimento i «processi di gestione»
in corso all’epoca di bilancio». G. FERRERO, La valutazione del capitale di bilancio,
Giuffrè, 1988, p. 24-25. 22 Per un approfondimento monografico su questi aspetti si rinvia, su tutti, a: M.
CATTANEO, Le misurazioni d’azienda. Aspetti di errore, di indeterminazione e di in-
certezza, Giuffrè, 1959.
Il bilancio: aspetti generali 427
assume il carattere dell’incertezza; qualsiasi scelta valutativa si faccia,
la si potrà verificare soltanto a posteriori, quando effettivamente
l’operazione sarà conclusa.
13.3.3. I valori di bilancio: le quantità congetturate
Quando la valutazione di un’operazione in corso di svolgimento,
oltre alle ipotesi di previsione, richiede anche la formulazione di ipotesi
di scissione, il valore che ne deriva diventa una quantità congetturata.
In queste circostanze, infatti, la verifica del valore attribuito
all’operazione in corso non sarà possibile neanche a posteriori. A
questo proposito, si pensi al processo d’ammortamento per ripartire il
costo di un fattore produttivo strutturale, ad esempio un macchinario,
lungo la sua vita utile. Il valore della quota d’ammortamento che in
ciascun anno viene determinata influenzerà la formazione del reddito
d’esercizio mediante l’attribuzione di un componente negativo e, allo
stesso tempo, la formazione del capitale di funzionamento mediante un
minor valore degli elementi dell’attivo. La determinazione di tali quote
sconta tutta una serie di ipotesi relative al tempo e alle condizioni di
utilizzo del bene in ciascun esercizio, la cui correttezza non potrà mai
essere verificata, neanche a posteriori23
. Si tratta, infatti, di una
ripartizione di un costo comune a più esercizi che solo
convenzionalmente e soggettivamente può essere realizzata. Si è in
(23) « Queste quote di ammortamento possono determinarsi con criteri svaria-
ti e mutevoli in relazione, tra l’altro, al significato economico che si intende attri-buire alla loro imputazione; ma nessun criterio permetterà mai di determinare la quota di ammortamento che in senso assoluto e a ogni effetto possa dirsi di per-tinenza di ciascun esercizio o di ciascun prodotto » P. ONIDA, La logica e il sistema delle rilevazioni quantitative d’azienda, Giuffrè, 2a ed., 1970, pp. 22-23.
Capitolo XIII 428
presenza, in queste circostanze, di valori congetturati24
, caratterizzati
dal requisito dell’indeterminazione.
Per queste ragioni, i valori stimati e congetturati non possono essere
qualificati come veri o falsi al momento della loro determinazione
come accade per i valori oggettivi. Più in particolare, con riguardo ai
valori stimati si può solo giudicare l’aderenza al vero delle relative
ipotesi di previsione, mentre con riferimento ai valori congetturati si
può solo giudicare la congruenza e razionalità delle ipotesi di
scindibilità su cui sono basati25
. Più semplicemente, in presenza di
valori stimati e congetturati si può solo giudicare il grado di
attendibilità del relativo processo di misurazione26
.
13.3.4. L’astrattezza del reddito d’esercizio e del capitale di
funzionamento
I caratteri dell’incertezza e dell’indeterminazione che
contraddistinguono i valori stimati e congetturati necessari per valutare
24
Per tali valori « … le ipotesi di soggettiva interpretazione del «vero», e perciò le
connesse astrazioni e congetture, costituiscono l’unico fondamento della loro sogget-
tiva determinazione e della loro varia espressività come quantità di bilancio. Data la
loro natura di quantità opinabili, esse non sono suscettibili di alcuna alterazione: sono
invece passibili soltanto di varia congetturazione, la quale può fondarsi su ipotesi più
o meno congrue o addirittura non congrue. Ne consegue che le connesse determina-
zioni quantitative non possono essere giudicate «false», «non verifiche» o «vere» sol-
tanto in funzione del vario giudizio, sempre opinabile, sotto questo profilo riferito a
corrispondenti quantità congetturali » G. FERRERO, La valutazione del capitale di bi-
lancio, Giuffrè, 1988, p. 24. 25
« L’elemento che accomuna stime e congetture riposa sul venir meno di un “ve-
ro”, impossibile a raggiungersi nel momento della misurazione, e nella sua sostituzio-
ne in forza di ipotesi di approssimazione al vero riscontrabili a posteriori (nel caso
delle stime) o in forza di ipotesi-finzione refrattarie a qualsiasi successiva verificazio-
ne quantitativa (nel caso delle congetture). Le congetture, in particolare, sono verifi-
cabili solo sul piano logico ma sono svincolate dalla pretesa di un controllo quantita-
tivo in quanto postulano una scelta tra una pluralità di numeri attribuibili ad una me-
desima grandezza… » S. CORBELLA, L’attendibilità del bilancio d’esercizio. Posizio-
ni consolidate e nuove prospettive interpretative, FrancoAngeli, 2008, p. 34. 26
In tal senso e per gli opportuni approfondimenti si vedano: M. CATTANEO, Le
misurazioni d’azienda. Aspetti di errore, di indeterminazione e di incertezza, Giuffrè,
1959; p. 207; G. FERRERO, Istituzioni di Economia d’Azienda, Giuffrè, 1968; G.
MELIS, Elementi di economia aziendale, Giuffrè, 2005, p. 186; A. SALZANO, Studio
sull’attendibilità delle rilevazioni aziendali, Ferri, 1955, p. 34.
Il bilancio: aspetti generali 429
le operazioni in corso di svolgimento al termine dell’esercizio, si
trasmettono inevitabilmente alla determinazione del reddito d’esercizio
e del capitale di funzionamento, conferendo ad essi la natura di quantità
astratte.
Si tenga ben presente, peraltro, che i valori attribuiti alle operazioni
di gestione in corso di svolgimento al termine del periodo
amministrativo non esauriscono i loro riflessi nella formazione del
relativo reddito d’esercizio e del capitale di funzionamento, ma
influenzano logicamente anche quella degli esercizi successivi. Ad
esempio il valore attribuito alle rimanenze di magazzino alla fine di un
esercizio è anche il valore delle rimanenze iniziali dell’esercizio
successivo: è un componente positivo del reddito di questo esercizio,
ma anche un componente negativo di reddito dell’esercizio successivo.
In altri termini, la formazione del reddito dell’esercizio e del capitale
di funzionamento di un dato periodo amministrativo è influenzata non
solo dalle stime e congetture necessarie per determinare i valori
attribuiti alle operazioni in corso di svolgimento al termine del
medesimo esercizio, ma anche dalle stime adottate in passato per
valutare le operazioni in corso dei precedenti esercizi.
Come conseguenza delle considerazioni appena svolte, la redazione
del bilancio d’esercizio, il cui fulcro è rappresentato dalla
determinazione del reddito d’esercizio e del capitale di funzionamento,
rappresenta un problema indeterminato, ossia che ammette infinite
soluzioni. Si tratta di tante soluzioni quante sono le ipotesi soggettive
che si possono combinare per valutare le operazione di gestione in
corso di svolgimento al termine dell’esercizio al fine di determinare le
due grandezze del reddito d’esercizio e del capitale di funzionamento 27
.
27
Più efficacemente l’Onida, riferendosi al reddito d’esercizio, affermava che esso
« … non costituisce una quantità ben definita ed unica, oggettivamente misurabile,
come può dirsi, ad esempio, di una quantità fisica almeno in date condizioni di rile-
vamento. Esso forma piuttosto una quantità astratta, variamente configurabile nel suo
valore, in funzioni delle ipotesi, delle astrazioni e delle congetture che si ammettono
quando si determina, in modo diretto indiretto, per i vari componenti di reddito, la lo-
ro competenza economica in ragione d’esercizio.
Capitolo XIII 430
13.4 L’indeterminazione del bilancio e gli effetti di valutazioni
alternative
Per sintetizzare quanto sinora affermato si consideri il caso seguente,
che, pur estremamente semplificato, può risultare emblematico in
proposito.
Si ipotizzi che un’impresa mercantile si sia costituita con un capitale
di 100, interamente versato in denaro, in data 1/1 dell’anno t.
Il suo patrimonio di costituzione si presenta così composto:
Stato patrimoniale al 1/1/anno t
Attività Passività e netto
Cassa 100 Capitale sociale 100
Totale attività 100 Totale passività e netto 100
Durante l’anno t si acquistano e si pagano con denaro contante merci
per un valore di 100 (100 kg di merce al prezzo di 1 €) che risultano
interamente in giacenza al termine del periodo amministrativo. Dal
listino dell’impresa risulta che tali beni hanno un prezzo di vendita di €
1,2 al Kg.
Si tratta, quindi, di un’operazione di gestione iniziata nell’anno t ma
non ancora conclusa al termine dello stesso.
Nell’esercizio t+1 si vendono effettivamente tutte le merci al prezzo
complessivo di 120, si incassa l’intero corrispettivo in contanti e non
accadono altri fatti amministrativi. Non si trascuri il fatto che queste
informazioni sull’esercizio t+1 saranno note con certezza solo quando
si verificheranno. Si ipotizza, infine, che il potere d’acquisto della
moneta rimanga immutato durante i due periodi amministrativi
considerati.
Al termine dell’esercizio t, quindi, occorre stabilire come valutare
l’operazione in corso per determinare il reddito d’esercizio ed il
collegato capitale di funzionamento. È necessario ipotizzare sia come si
concluderà l’operazione — ipotesi di previsione — sia come ripartire il
relativo risultato economico — ipotesi di scissione — tra i due esercizi.
Da tali ipotesi di previsione e scissione deriva il criterio con cui
attribuire da un lato i costi e i ricavi delle operazioni di gestione in
corso ai diversi esercizi (competenza economica), dall’altro il valore da
attribuire agli elementi del patrimonio.
In merito all’ipotesi di previsione, sulla base di positivi contatti avuti
con i clienti, è ragionevole prevedere di concludere l’operazione nel
Il bilancio: aspetti generali 431
prossimo esercizio (t+1) in base ai prezzi di listino: vale a dire, con la
vendita di tutta la merce al prezzo complessivo di € 120. Secondo
questa ipotesi di previsione, l’operazione in questione, una volta
conclusa, genererebbe un risultato lordo di 20, pari alla differenza tra il
ricavo di vendita di 120 ed il costo d’acquisto di 100. Rimane da
stabilire come ripartire questo risultato economico di 20 tra i due
esercizi (t e t+1) in cui si svolge l’operazione.
Pur mantenendo ferma l’ipotesi di previsione, si possono associare
diverse ipotesi di scissione:
Ipotesi 1) si potrebbe rinviare all’esercizio successivo l’intero
risultato economico dell’operazione attraverso la valutazione dell’intera
rimanenza di magazzino al termine dell’esercizio t al suo prezzo di
costo di 100 (1×100 kg). Infatti il reddito d’esercizio si presenterebbe
nei due esercizi nel modo seguente:
Conto economico al 31/12/anno t
Costi t Ricavi t
Acquisto merci 100 Vendita merci 0
Utile d’esercizio
0
Variaz. rimanenze merci 100
Totale costi 100 Totale ricavi 100
Conto economico al 31/12/anno t+1
Costi t Ricavi t
Acquisto merci
Variazione rimanenze merci
0
100
Vendita merci 120
Utile d’esercizio 20
Totale costi 120 Totale ricavi 120
Si noti che nella soluzione appena prospettata, accade che il costo
sostenuto sul piano finanziario nell’esercizio t e il ricavo conseguito sul
piano finanziario nell’esercizio t+1 si trovano entrambi contrapposti nel
conto economico dell’esercizio t+1. La correlazione tra costi e ricavi è
stata ottenuta mediante il rinvio del costo dall’esercizio t all’esercizio
t+1 per inseguire il correlato ricavo.
Il collegato capitale di funzionamento, a sua volta, si presenta come
indicato di seguito:
Capitolo XIII 432
Stato patrimoniale al 31/12/anno t
Attività t Passività e netto t
Cassa 0 Capitale sociale 100
Magazzino merci 100 Utile d’esercizio 0
Capitale netto 100
Totale attività 100 Totale passività e netto 100
Stato patrimoniale al 31/12/anno t+1
Attività t Passività e netto t
Cassa 120 Capitale sociale 100
Magazzino merci 0 Utile d’esercizio 20
Capitale netto 120
Totale attività 120 Totale passività e netto 120
Sul piano patrimoniale, l’attribuzione di un valore pari al prezzo di
costo alle rimanenze di merci nell’esercizio t, comporta che il capitale
netto cresca per il risultato dell’operazione soltanto nell’esercizio t+1.
Ipotesi 2) Alternativamente si potrebbe anticipare all’esercizio t
l’intero risultato economico attraverso l’attribuzione di un valore alle
rimanenze pari al loro prezzo di vendita, ossia 120 (1,2 × 100 kg).
Il reddito d’esercizio si presenterebbe nei due esercizi nel modo
seguente:
Conto economico al 31/12/anno t
Costi t Ricavi t
Acquisto merci 100 Vendita merci 0
Utile d’esercizio 20 Variaz. rimanenze merci 120
Totale costi 120 Totale ricavi 120
Conto economico al 31/12/anno t+1
Costi t Ricavi t
Acquisto merci
Variazione rimanenze merci
0
120
Vendita merci 120
Utile d’esercizio 0
Totale costi 120 Totale ricavi 120
In questa soluzione si noti che il costo sostenuto sul piano
finanziario nell’esercizio t e il ricavo conseguito sul piano finanziario
nell’esercizio t+1 si trovano entrambi contrapposti nel conto economico
dell’esercizio t. La correlazione tra costi e ricavi è stata ottenuta
mediante l’anticipazione del ricavo, previsto finanziariamente
nell’esercizio t+1, per essere associato al relativo costo.
Il bilancio: aspetti generali 433
Stato patrimoniale al 31/12/anno t
Attività t Passività e netto t
Cassa 0 Capitale sociale 100
Magazzino merci 120 Utile d’esercizio 20
Capitale netto 120
Totale attività 120 Totale passività e netto 120
Stato patrimoniale al 31/12/anno t+1
Attività t Passività e netto t
Cassa 120 Capitale sociale 100
Magazzino merci 0 Utile a nuovo
Utile d’esercizio 20
0
Capitale netto 120
Totale attività 120 Totale passività e netto 120
Sul piano patrimoniale, la differenza fondamentale sta nel fatto che
il capitale netto in questa soluzione risulta accresciuto già al termine
dell’esercizio t. Infatti, grazie all’attribuzione del valore delle rimanen-
ze pari al prezzo di vendita, l’esito dell’operazione viene anticipato al
termine dell’esercizio t.
Ipotesi 3) Ancora, si potrebbe ripartire il risultato economico tra
l’esercizio t e l’esercizio t+1 attribuendo alle rimanenze di beni un va-
lore intermedio tra il prezzo di acquisto e quello di vendita, ad esempio
110 (1,1 x 100 kg); in questo caso il margine sarebbe equamente ripar-
tito tra i due esercizi.
Il reddito d’esercizio ed il collegato capitale di funzionamento si
presenterebbero nel modo seguente:
Conto economico al 31/12/anno t
Costi t Ricavi t
Acquisto merci 100 Vendita merci 0
Utile d’esercizio 10 Variaz. rimanenze merci 110
Totale costi 110 Totale ricavi 110
Conto economico al 31/12/anno t+1
Costi t Ricavi t
Acquisto merci
Variazione rimanenze merci
0
110
Vendita merci 120
Utile d’esercizio 10
Totale costi 120 Totale ricavi 120
Capitolo XIII 434
Stato patrimoniale al 31/12/anno t
Attività t Passività e netto t
Cassa 0 Capitale sociale 100
Magazzino merci 110 Utile d’esercizio 10
Capitale netto 110
Totale attività 110 Totale passività e netto 110
Stato patrimoniale al 31/12/anno t+1
Attività t Passività e netto t
Cassa 120 Capitale sociale 100
Magazzino merci 0 Utile a nuovo
Utile d’esercizio 10
10
Capitale netto 120
Totale attività 120 Totale passività e netto 120
Con questa soluzione, sul piano reddituale si realizza un
livellamento dei redditi nei due esercizi (10 e 10), mentre sul piano
patrimoniale si evidenzia un graduale rafforzamento del capitale (in
parte nell’esercizio t ed in parte nell’esercizio t+1)
Naturalmente si potrebbero utilizzare tanti altri valori intermedi tra
prezzo d’acquisto e prezzo di vendita per attribuire un valore alle
rimanenze di beni. Modificando anche le ipotesi di previsione sulla
conclusione dell’operazione, si aprirebbe un nuovo spettro di possibili
valori. Ad esempio ipotizzando di non riuscire a vendere a prezzi di
listino la merce acquistata, perché magari si intravedono una
congiuntura negativa e serie difficoltà nei mercati di sbocco, si
potrebbero attribuire valori inferiori anche al prezzo di acquisto, sino al
caso limite in cui non si dà alcun valore alle rimanenze perché si ritiene
di non riuscire a venderle affatto.
Il caso esposto, pur nella sua estrema semplificazione, racchiude le
problematiche precedentemente individuate in merito alla natura dei
valori di bilancio ed alla indeterminazione dello stesso.
Si noti che i valori certi e oggettivi, nel nostro caso il conferimento
in denaro al momento della costituzione, gli acquisti e le vendite
regolate in denaro, rispettivamente, nell’anno t e t+1, presentano valori
Il bilancio: aspetti generali 435
univoci28
; è stata sufficiente un’unica operazione di gestione in corso di
svolgimento al termine dell’esercizio per aprire un vasto scenario di
valutazioni alternative29
.
Si noti ancora che la somma degli utili risulta uguale (20) nei tre casi
contemplati, ma si modifica la sua ripartizione tra i due esercizi.
Analogamente, il capitale netto finale è sempre lo stesso (120), ma si
accresce in tempi diversi. Purtroppo, questa diversa ripartizione non è
28
Vi è da aggiungere che anche nell’irrealistico caso di presenza esclusiva di valo-
ri certi oggettivi possono sorgere problemi valutativi a causa dei possibili cambiamen-
ti del potere d’acquisto della moneta. Infatti, nella stessa soluzione prospettata al pun-
to 2, se cadesse l’ipotesi di invarianza del potere d’acquisto della moneta posta alla
base del caso, il valore del ricavo anticipato dall’esercizio t+1 all’esercizio t dovrebbe
essere modificato per tener conto del valore che il ricavo ha al tempo t attraverso un
processo di attualizzazione finanziaria.
Questa apparentemente innocua circostanza è in realtà densa di complicazioni per
l’espressività dei bilanci, soprattutto nei periodi di forti oscillazioni della moneta. Sto-
ricamente ed a livello sia nazionale sia internazionale, la dottrina contabile, gli orga-
nismi deputati all’emanazione di principi contabili e la prassi aziendale hanno cercato
soluzioni in grado di risolvere tali problematiche senza mai pervenire ad
un’impostazione ampiamente condivisa. Per un approfondimento sul tema si vedano:
F. ALOI, Contabilità per l’inflazione, Etas libri, 1975; S. DAVIDSON, C. P. STICKNEY,
R. L. WEIL, Inflation accounting: a guide for the accountant and the financial a-
nalyst, McGraw Hill Book, 1976; U. De DOMINICIS, I bilanci delle imprese nei perio-
di nei periodi di oscillazione del valore della moneta, Leprotto & Bella, 1959; S. DI
MARINO, L'adeguamento dei valori di bilancio in periodi di inflazione: il correttivo
contabile parziale completo, Arti grafiche siciliane, 1983; M. FANNI, Le condizioni di
omogeneità monetaria e d’integrità patrimoniale nella contabilità ordinaria
d’esercizio: analisi in periodi d’inflazione, Del Bianco, 1978; G. FERRERO, Bilancio e
contabilità per l’inflazione, Giuffrè, 1977; A. PROVASOLI, Inflazione e risultati d'a-
zienda, Giuffrè, 1983; R. W. SCAPENS, Accounting in an inflationary environment,
Macmillan, 1981; D. TWEEDIE, G. WHITTINGTON, The debate on inflation accounting,
Cambridge University Press, 1984. 29 È opportuno sottolineare che le notevoli semplificazioni alla base del caso pro-
posto non devono far dimenticare che la gestione d’impresa « … è il sistema delle o-
perazioni simultanee e successive che dinamicamente si dispiega, finché l’azienda ha
vita…» (P. ONIDA, Economia d’azienda, Utet, 1971, p. 251). L’analisi degli effetti
sulla formazione del reddito e del patrimonio che derivano da scelte valutative alter-
native è conseguentemente assai più complessa nella realtà operativa rispetto a quella
proposta nel modello, proprio per la dinamica interazione e interdipendenza generata
da operazioni simultanee e successive. Per un approfondimento di questi aspetti si ri-
manda all’analisi comparativa e alle conseguenti proposizioni contenute in : A.
MURA, G. ROBERTO, Nature and duration of the accounting differences between Ita-
lian and US GAAP: A case study on conservatism, Journal of Applied Accounting
Research, Vol.15, n.1, 2014.
Capitolo XIII 436
irrilevante. A titolo di esempio, si pensi al caso in cui tra un anno e
l’altro si modifichi la compagine sociale: è evidente che i soci dell’anno
t rispetto a quelli dell’anno t+1, a seconda dei casi, si troverebbero in
una posizione di relativo vantaggio, svantaggio o indifferenza sulla
possibile distribuzione degli utili.
Inoltre, se si adottasse, ad esempio, l’ipotesi di cui al punto 2 e i soci
dell’anno t decidessero di distribuire interamente l’utile dell’esercizio, i
soci dell’esercizio t+1 non solo si troverebbero nell’impossibilità di
percepire utili, ma si troverebbero anche un capitale minore per
continuare le operazioni di gestione.
Oppure, si considerino gli effetti altrettanto mutevoli delle diverse
soluzioni nel caso in cui l’informazione sull’andamento del reddito
fosse adoperata per giudicare le condizioni di economicità dell’impresa,
o l’operato dell’imprenditore e/o dei manager.
Ancora, si pensi al caso in cui da un anno all’altro ci sia un aumento
delle aliquote delle imposte sul reddito: l’impresa sarebbe chiamata a
pagare un importo diverso a titolo di imposta a seconda delle scelte di
bilancio effettuate!30
La caratteristica dell’indeterminazione dei problemi valutativi del
bilancio d’esercizio, peraltro, pur rappresentando l’aspetto
maggiormente critico per la sua redazione, non esaurisce gli aspetti di
discrezionalità. Sono numerose e differenti anche le scelte possibili per
individuare gli aspetti formali per la sua esposizione: vale a dire la
scelta della forma e della struttura dello stato patrimoniale, del conto
economico, del rendiconto finanziario; la scelta di esposizione delle
parti descrittive che illustrano il contenuto dei vari schemi, ecc.
30
« A questo punto ci si potrebbe chiedere: ma allora perché non fare a meno dei
valori stimati e dei valori congetturati nel redigere un bilancio d’esercizio? Occorre
prendere atto che dei valori stimati e dei valori congetturati non si può assolutamente
fare a meno se realmente si desidera che le conoscenze fornite dal bilancio risultino
sensate ed affidabili. Ciò è conseguenza del fatto che nella realtà la gestione è conti-
nua: è soltanto per soddisfare con una data frequenza le esigenze conoscitive a cui ri-
sponde il bilancio che si fissano “artificiosamente” i confini di tempo di un dato peri-
odo amministrativo (solitamente della durata di dodici mesi) … » A. PROVASOLI, Bi-
lancio d’esercizio e Bilancio consolidato, Egea, 2004, pp. 11-12.
Il bilancio: aspetti generali 437
13.5 Bilanci a costi storici e bilanci al “fair value”
Le prime due soluzioni adottate nel paragrafo precedente per dare
una risposta al problema della determinazione del reddito d’esercizio e
del capitale sono emblematiche. Infatti, nonostante il caso applicativo
fosse estremamente semplificato dalla presenza di un’unica operazione
in corso, danno un’idea di due « logiche » individuate dalla dottrina
economico-aziendale come casi-limite per risolvere il problema della
competenza economica dei costi e dei ricavi. Esse sono rispettivamente
denominate:
— la logica del rinvio dei costi;
— la logica dell’anticipazione dei ricavi31.
Si tratta di due logiche molto differenti che, se applicate integral-
mente e continuativamente a tutte le operazioni in corso di svolgimento
di una data impresa, portano alla determinazione di configurazioni di
reddito e capitale differenti.
13.5.1 La logica del rinvio dei costi e i bilanci a costi storici
Nell’impostazione che si basa sulla “logica del rinvio dei costi” il
processo di formazione del reddito ha come punto di riferimento il
riconoscimento dei ricavi nell’esercizio in cui essi sono maturati. Ciò
avviene quando i beni prodotti dall’impresa sono stati consegnati ai
clienti e/o le prestazioni dei servizi sono state ultimate. I costi, a loro
volta, competono a quello stesso esercizio se sono collegati a tali ricavi.
Pertanto, quei costi che sono associati a ricavi non ancora maturati
nell’esercizio sono rinviati agli esercizi successivi, a patto che gli stessi
costi siano recuperabili. In altri termini, i costi sostenuti in un dato
esercizio competono allo stesso esercizio:
- nel caso siano correlati ai ricavi maturati in quell’esercizio;
- nel caso non esistano ricavi futuri sufficienti per reintegrarli;
- nel caso non esistono ricavi futuri a cui contrapporli.
Se invece i costi sostenuti in un esercizio sono collegati a ricavi che
matureranno in futuro e che saranno in grado di reintegrarli, tali costi
vanno rinviati a quegli esercizi proprio per poter essere contrapposti a
31
Ci si riferisce all’impostazione ideata dal Capaldo. Si veda più diffusamente: P.
Capaldo, Reddito, Capitale e Bilancio, Giuffè, 1998, pp. 52-167.
Capitolo XIII 438
quei ricavi. L’ipotesi 1 adottata nel paragrafo precedente per valutare i
beni in rimanenza, unica operazione di gestione in corso di svolgimento
al termine dell’esercizio, ricalca questa impostazione. Nella logica del
rinvio dei costi, il costo d’acquisto delle merci che si manifesta
finanziariamente nell’esercizio t è rinviato all’esercizio t+1 per essere
contrapposto al correlato ricavo che matura nell’esercizio t+1, quando
effettivamente le merci saranno vendute. Allo stesso tempo e nello
stesso esempio, il costo d’acquisto delle merci rinviato all’esercizio t+1
esprime il valore dell’elemento attivo del patrimonio rappresentato
dalle merci in magazzino. «Alla base di questa «logica», vi è l’assunto
che nell’impresa si possa parlare di reddito solo in presenza di
operazioni concluse e nei limiti di queste operazioni» 32
.
Il rispetto rigoroso di questa logica porta alla redazione del bilancio
a costi storici nella sua forma più pura, impostazione nota come
“historical cost accounting”. In questa impostazione, la formazione del
reddito, e, quindi, il conto economico rappresentano il focus
dell’informazione prodotta. Il reddito che scaturisce dalla
contrapposizione dei costi e ricavi secondo questa procedura esprime il
valore che l’impresa ha generato o distrutto per effetto del processo di
produzione economica che ha sviluppato in quel dato periodo
amministrativo. Il valore che l’impresa ha creato o distrutto con le
operazioni di acquisizione dei fattori produttivi dai propri fornitori a un
dato prezzo, di trasformazione economico-tecnica degli stessi fattori
per ottenere i prodotti e/o servizi e di vendita di questi ultimi ai propri
clienti ad un altro prezzo 33
. È un valore che sintetizza come l’impresa
ha saputo combinare le politiche dei prezzi e delle quantità nei mercati
di approvvigionamento con il proprio modello di gestione per la
trasformazione dei fattori produttivi in prodotti finiti e con le politiche
di prezzi e quantità nei mercati di sbocco. Il reddito che ne consegue
esprime la produzione di nuova ricchezza che è possibile distribuire
senza compromettere l’integrità economica del capitale.
Diversamente, lo stato patrimoniale ed il patrimonio netto in esso
rappresentato svolgono un ruolo secondario. Gran parte degli elementi
attivi del patrimonio risultano valutati al loro costo storico di acquisi-
zione. Più in generale, gli elementi attivi e passivi del patrimonio espo-
32
P. Capaldo, Reddito, Capitale e Bilancio, Giuffè, 1998, p. 53. 33
Cfr. S. Penman, Financial reporting quality: is fair value a plus or a minus, Ac-
counting and Business Research, 2007, p. 36
Il bilancio: aspetti generali 439
sti nello stato patrimoniale non forniscono un valore autonomo del ca-
pitale, proprio perché sono funzionali alla determinazione del reddito.
Tale configurazione del capitale, denominata capitale di funzionamen-
to, è quindi piegata alle esigenze di determinazione del reddito e alla
logica del rinvio dei costi. Nell’ambito delle attività e passività appaio-
no valori che trovano giustificazione proprio da questo processo di cor-
relazione in cui i costi inseguono i correlati ricavi.
Si pensi ad esempio ai risconti attivi con cui si rinviano agli esercizi
successivi quote di costo già manifestatesi finanziariamente per con-
trapporli ai relativi ricavi che si manifesteranno in futuro. Oppure si
pensi a quegli elementi del passivo rappresentati da costi o quote di co-
sti non ancora manifestatesi finanziariamente, ma collegati a vendite
già effettuate, come ad esempio un fondo rischi per garanzia prodotti o
i ratei passivi.
13.5.2. La logica dell’anticipazione dei ricavi e i bilanci a “fair
value”
All’estremo opposto vi è la soluzione del problema della competen-
za economica dei costi e ricavi secondo la logica dell’anticipazione dei
ricavi. In questa visione, tutti i costi che si manifestano finanziariamen-
te in un dato periodo amministrativo sono considerati di competenza
economica dello stesso esercizio. Ad essi vanno contrapposti non solo i
ricavi correlati che si manifestano in quello stesso esercizio, ma anche
il valore attuale dei ricavi che verranno conseguiti in futuro grazie a
quei costi.
In questo caso, quindi, sono i ricavi che inseguono i correlati costi e
ciò porta ad anticipare all’esercizio in chiusura il risultato economico di
tutte le operazioni che al termine dello stesso sono semplicemente ini-
ziate, anche se non ancora concluse. La sistematica applicazione di
questa logica a tutte le operazioni di gestione in corso di svolgimento al
termine dell’esercizio, porta alla determinazione del capitale economi-
co. Ossia la configurazione del capitale che tiene conto delle capacità
prospettiche dell’impresa di produrre frutti in futuro. Si abbandona la
configurazione del capitale di funzionamento, valore non autonomo ma
derivato dalla logica di determinazione del reddito prodotto, per passare
alla configurazione del capitale economico dell’impresa.
Capitolo XIII 440
Ritornando all’esempio semplificato riportato nel precedente para-
grafo, la procedura di cui all’ipotesi 2 opera in questo modo. Il risultato
dell’unica operazione in corso è anticipato all’esercizio t, ed il capitale
netto risulta accresciuto con un anno di anticipo. In altri termini, anzi-
ché attendere il completamento delle operazioni per poter accertare la
presenza di un reddito, si anticipa l’esito futuro delle operazioni in cor-
so di svolgimento all’esercizio in cui le stesse sono iniziate.
Il reddito che consegue da questa impostazione rappresenta
l’incremento o il decremento che ha subito il capitale economico in
quel dato esercizio.
Da un punto di vista esclusivamente concettuale e prescindendo dal-
le problematiche operative di misurazione, la logica dell’anticipazione
dei ricavi appare molto vicina alla logica di redazione del bilancio basa-
ta sulle valutazioni a “fair value”. Astraendoci dalle innumerevoli sfu-
mature che il concetto può assumere e dalle difficoltà di tradurre in
modo univoco gli stessi termini nella lingua italiana, valutare al fair va-
lue significa attribuire agli elementi patrimoniali un valore che verrebbe
riconosciuto agli stessi in un regolare mercato di sbocco34
. Anche in
questa circostanza, l’impostazione dell’ipotesi 2 del precedente para-
grafo può aiutare a coglierne il significato sostanziale. In quel caso le
attività patrimoniali rappresentate dalle rimanenze di beni sono valutate
al prezzo a cui tali beni potranno essere collocati presso la clientela. Il
valore viene quindi sganciato dai prezzi di acquisto e/o di produzione
che si sono sostenuti nei mercati di approvvigionamento e nel processo
di trasformazione, viene cioè abbandonato il criterio del costo, e si ade-
risce ai valori di mercato. E nella concezione dei bilanci secondo il fair
value questa procedura si applica a prescindere dal fatto che la conclu-
sione delle operazioni possa essere positiva o negativa. Ciò significa
che l’adozione del fair value se da un lato porta ad anticipare utili in
formazione quando le prospettive di mercato sono positive, dall’altro
porta ad anticipare perdite quando le prospettive di mercato sono nega-
tive.
L’impostazione dei bilanci a costi storici e quella al “fair value”, ov-
vero l’historical cost accounting ed il fair value accounting rappresen-
tano due concezioni contrapposte che animano da tempo un acceso di-
34 L’International Accounting Standard Board (IASB) attualmente definisce il fair
value come «il prezzo che si percepirebbe per la vendita di un’attività ovvero che si
pagherebbe per il trasferimento di una passività in una regolare operazione tra opera-
tori di mercato alla data di valutazione». IFRS 13, par. 9.
Il bilancio: aspetti generali 441
battito. Attualmente tale dibattito risulta quanto mai fervido oltre che
distante da una soluzione condivisa. Folte schiere di sostenitori dell’una
e dell’altra impostazione sono riscontrabili non solo tra gli accademici,
ma anche negli organismi nazionali e internazionali preposti
all’emanazione di principi contabili, nonché tra i redattori e utilizzatori
dei bilanci. Esula dagli obiettivi di questo lavoro qualsiasi tentativo di
intervenire sul dibattito, ma è parso opportuno illustrare sommariamen-
te gli aspetti concettuali che differenziano le due impostazioni per far
comprendere i termini generali della questione ed in particolare i rifles-
si nella formazione del reddito e del capitale.
Chiariti grossolanamente questi aspetti, si consideri che mentre sugli
aspetti teorici la distinzione tra i due modelli è relativamente agevole, e
la distinzione tra la logica del rinvio dei costi e dell’anticipazione dei
ricavi può risultare congeniale per intravederne le diverse conseguenze,
quando l’analisi si sposta sugli aspetti pratici e deve necessariamente
affrontare operativamente i problemi della misurazione i confini diven-
tano molto meno definiti e più problematici.
Infatti, vi è un punto fermo che occorre esplicitare. Le due
impostazioni nella loro forma pura non trovano applicazione integrale
negli ordinamenti e nelle prassi nazionali e internazionali. Di fatto, gli
ordinamenti contabili presenti nella realtà sono sistemi in cui dosi
differenti di entrambe le impostazioni si combinano facendo perdere in
modo più o meno accentuato il rigore nelle relative configurazioni di
reddito e di capitale.
A livello internazionale, i due più importanti organismi deputati
all’emanazione dei principi contabili sono il Financial Accounting
Standards Board (FASB) che disciplina il comportamento contabile
delle imprese che operano nei mercati finanziari degli Stati Uniti
d’America e l’International Accounting Standard Board (IASB) il cui
raggio d’azione va espandendosi sempre più: imprese quotate operanti
nei mercati europei, asiatici, ecc. Entrambi sono impegnati in un ambi-
zioso progetto di armonizzazione delle loro regole che risulta caratte-
rizzato dall’innesto crescente nei rispettivi corpus di principi contabili
di soluzioni che prevedono il ricorso al fair value. Pur con le dovute
differenze, in entrambi i sistemi la valutazione ai costi storici continua
ad essere prevista per alcune poste di bilancio, in altre il fair value è
ammesso come valida alternativa, in altre ancora imposto come unica
soluzione e non mancano i casi in cui il fair value è un semplice termi-
Capitolo XIII 442
ne di paragone per verificare la possibilità di mantenere il criterio del
costo.
Un crescente numero di studi teorici ed empirici indaga sui reali
vantaggi che tale maggior ricorso alla logica del fair value possa real-
mente aver generato nella redazione dei conti annuali, ma i risultati non
sono concordi. Complessi aspetti metodologici, diversità dei contesti i-
stituzionali di riferimento e difficoltà a isolare l’influenza del fair value
da un sistema così complesso come quello delle valutazioni di bilancio
sono solo alcuni ostacoli che inducono a dubitare che questo dibattito
possa avere delle risposte univoche.
13.6 I destinatari e i fini del bilancio
13.6.1. I destinatari del bilancio d’esercizio
La ricerca di una chiave di interpretazione per orientarsi tra le varie
soluzioni possibili per la redazione del bilancio è complicata
dall’esigenza di trovare una sintesi alle varie e, a volte, conflittuali
esigenze informative dei potenziali destinatari dello stesso. Infatti, i
soggetti interessati alle informazioni contenute nel bilancio d’esercizio
si differenziano tra loro per specifici interessi che intendono soddisfare
a cui sono collegati specifici obiettivi conoscitivi.
Questi soggetti, comunemente denominati con neologismo inglese
stakeholder — detentori di quote, di interessi — cercano nel bilancio
d’esercizio determinate informazioni sull’andamento aziendale per
comprendere quali siano le prospettive di vedere soddisfatte le proprie
attese e salvaguardati e tutelati i propri interessi particolari. Si tratta di
una numerosissima platea di soggetti, all’interno della quale si possono
innanzitutto distinguere due grandi gruppi35
:
— i soggetti interni;
— i soggetti esterni.
I soggetti interni sono potenzialmente coinvolti nel processo di
formazione e redazione del bilancio e, quindi, sono nelle condizioni di
poterlo influenzare e indirizzare direttamente, mentre i soggetti esterni
ne sono estranei.
35 La classificazione e le categorie di stakeholder di seguito riportate, ricalcano so-
stanzialmente l’impostazione adottata in G. MELIS, P. CONGIU, Il bilancio d’esercizio
delle imprese industriali, mercantili e di servizi, Giuffrè, 2a ed., 2006, pp. 14-19.
Il bilancio: aspetti generali 443
Nel primo gruppo si possono annoverare il soggetto economico
dell’impresa e l’Alta direzione.
Il soggetto economico36
, ossia la persona o il gruppo di persone che
di fatto impongono la propria volontà nelle scelte di indirizzo
aziendale, è tipicamente rappresentato dal titolare nelle imprese
individuali, dal socio o gruppo di soci che detiene la maggioranza
relativa delle quote di capitale nelle imprese collettive. Pur avendo a
disposizione l’intero sistema informativo aziendale, il soggetto
economico ricerca nel bilancio d’esercizio innanzitutto informazioni
sull’entità del risultato economico conseguito per valutare quanta parte
di esso può essere destinata a remunerare il capitale di rischio e quanta
parte debba essere trattenuta all’interno dell’impresa. Più in generale, il
soggetto economico è interessato a conoscere l’evoluzione delle
condizioni di economicità della propria impresa da cui dipende la
sopravvivenza della stessa: le condizioni di equilibrio economico,
patrimoniale, finanziario e monetario.
Esigenze informative analoghe caratterizzano i componenti dell’Alta
direzione (amministratori e dirigenti apicali), il cui interesse primario è
che i risultati economici, patrimoniali e finanziari siano in linea con le
aspettative del soggetto economico, e, quindi, tali da preservare, o
anche, migliorare la propria specifica posizione contrattuale. Rispetto al
soggetto economico, essi, però, hanno generalmente un orizzonte
temporale limitato dalle scadenze del proprio contratto: questo aspetto
può differenziare notevolmente le proprie aspettative sui risultati
aziendali rispetto al soggetto economico. Le scelte strategiche e
operative intraprese da amministratori protesi a migliorare la
performance aziendale nel breve periodo e le collegate scelte valutative
di bilancio, possono non essere congeniali per il raggiungimento degli
obiettivi di lungo periodo ricercati dal soggetto economico, o
addirittura comprometterli.
Nell’ambito dei soggetti esterni si possono annoverare innanzitutto i
soci di minoranza. Essi, generalmente disinteressati alla diretta
partecipazione alle vicende gestionali societarie, ricercano nel bilancio
36
« Chiamiamo soggetto economico dell’azienda la persona o il gruppo di persone
che di fatto ha ed esercita il supremo potere nell’azienda, subordinatamente solo ai
vincoli d’ordine giuridico e morale ai quali deve o dovrebbe sottoporsi. Il soggetto
economico costituisce un organo dell’amministrazione e, precisamente, l’organo nel
quale si accentra o al quale fa capo di fatto, il supremo potere volitivo ». P. ONIDA,
Economia d’azienda, Giuffrè, ristampa, 1985, p. 21.
Capitolo XIII 444
d’esercizio informazioni sulla potenziale redditività del proprio
investimento. La conoscenza degli utili potenzialmente distribuibili
(dividendi nel caso di società azionarie) e delle prospettive di realizzo
delle proprie quote di capitale (dei corsi delle loro azioni nel caso si
tratti di un’impresa quotata in un mercato regolamentato) rappresentano
i loro interesse primario37
.
I finanziatori di capitale di credito ricercano nel bilancio d’esercizio
informazioni sulla solidità patrimoniale e sulla situazione finanziaria
dell’impresa per comprendere quali sono le prospettive di vedere
ripagati i propri crediti alle scadenze convenute e valutare se concedere
nuovi prestiti, rinnovare o revocare quelli esistenti.
I dipendenti e, più in generale, i collaboratori dell’impresa sono
interessati a conoscere le prospettive di continuità aziendale ed i riflessi
che esse avranno sul proprio posto di lavoro o attività di
collaborazione.
Analogamente i clienti e i fornitori sono interessati a conoscere le
prospettive di sopravvivenza dell’impresa: i clienti hanno interesse a
conoscere i riflessi sulla possibilità di continuare a disporre dei beni e
dei servizi allestiti dalla stessa; i fornitori sono interessati ai riflessi
sulla possibilità di poter continuare ad approvvigionare l’impresa e
vedere congruamente remunerati i propri prodotti e servizi, ecc.
Un altro importante soggetto esterno interessato all’informativa di
bilancio è la pubblica amministrazione. Gli obiettivi conoscitivi che
quest’ultima si attende di vedere soddisfatti nel bilancio d’esercizio
riguardano le prospettive sul mantenimento, incremento o decremento
della base occupazionale che sarà generato dall’andamento
dell’impresa; inoltre, dal bilancio d’esercizio, in particolare dal risultato
economico ante imposte, parte il meccanismo per individuare il reddito
tributario su cui è commisurato il prelievo fiscale.
Un’ultima categoria da citare, senza pretesa di essere stati esaustivi,
è composta dagli analisti finanziari. Si tratta di figure professionali
(
37) « Le attese conoscitive degli azionisti non coinvolti nella gestione non sono
peraltro omogenee, ma variamente articolate a seconda delle motivazioni e degli inte-
ressi specifici di ciascuno di essi. Ad esempio, gli interessi di chi possiede azioni con
diritto di voto possono essere differenti e le esigenze conoscitive da quelli di chi ha
solo azioni di risparmio. Analogamente, gli interessi e le esigenze conoscitive di un
grande investitore istituzionale possono essere diversi da quelli di un piccolo azionista
privato » A. MELIS, La qualità dell’informazione esterna. Principi contabili ed evi-
denze empiriche, Giuffrè, p. 21
Il bilancio: aspetti generali 445
specializzate nell’interpretazione dell’informativa economica-
finanziaria di impresa che operano al servizio di istituzioni finanziarie e
creditizie, mercati finanziari, ecc. Le loro analisi mirano ad interpretare
lo stato di salute di singole imprese, del settore produttivo di
riferimento, del settore geografico. Essi ricercano nel bilancio
d’esercizio una fonte d’informazione imparziale, comprensibile e
completa sull’operato aziendale poiché da esse dipende l’affidabilità
delle loro analisi.
Di fronte a questa forte varietà di attese conoscitive da parte dei
diversi destinatari del bilancio sorge il problema fondamentale che le
stesse possono anche essere in conflitto tra loro così come gli interessi
in attesa di soddisfazione.
A titolo d’esempio, risulta evidente che l’esigenza dei soggetti
interni e in particolare del soggetto economico di contenere il reddito
d’esercizio per ridurre al minimo il carico tributario dell’esercizio e
preservare le risorse da destinare piuttosto all’autofinanziamento o alla
distribuzione ai soci, si scontra con l’esigenza opposta della pubblica
amministrazione di non vedere eroso il reddito imponibile su cui è
commisurato il calcolo delle imposte. Si pensi inoltre come l’esigenza
dei soci di maggioranza e minoranza di vedere distribuiti congrui
dividendi sia in chiaro contrasto con l’aspettativa dei finanziatori di
vedere le stesse risorse trattenute in azienda in modo da irrobustire la
struttura patrimoniale e finanziaria dell’impresa e non compromettere
la capacità di rimborso dei prestiti; o ancora, si pensi come l’esigenza
dei soggetti interni di mostrare un positivo andamento reddituale a
finanziatori e analisti finanziari per generare fiducia nell’impresa sia in
contrasto con la loro stessa esigenza di mostrare un andamento meno
brillante ai soci di minoranza per evitare richieste di distribuzione di
dividendi da parte degli stessi, ecc.
Si segnala infine che l’articolazione delle diverse categorie di
stakeholder sopra esposte, si semplifica enormemente in presenza di
imprese non quotate di piccole e medie dimensioni. Peraltro, queste
tipologie di imprese sono quelle di gran lunga più diffuse nel panorama
nazionale, nonché quelle a cui è prevalentemente rivolta l’attenzione di
questo lavoro nella successiva trattazione della normativa di bilancio.
Laddove la separazione tra proprietà e gestione è solo embrionale o
del tutto assente, la necessità di conciliare i bisogni informativi di
soggetto economico e alta direzione tende a scomparire. Analogamente
quando la compagine sociale è poco articolata, i rapporti tra soci di
Capitolo XIII 446
maggioranza e minoranza si semplificano notevolmente. Si pensi ad
esempio, all’agilità con cui può operare una società a responsabilità
limitata con un unico socio. La convenienza di un regime di
responsabilità per le obbligazioni sociali limitata al patrimonio
conferito nella società si combina con l’assenza della pluralità dei soci
e la possibilità per lo stesso socio di amministrare direttamente la
propria società. Inoltre, il fatto di non ricorrere al collocamento delle
proprie azioni nei mercati regolamentati per reperire il capitale di
rischio riduce ulteriormente il numero degli interessati alle vicende
societarie: tendono ad attenuarsi o scomparire le attenzioni di analisti
finanziari, investitori istituzionali, organi di sorveglianza della borsa,
ecc.
Nondimeno, in questi casi permane comunque in tutta la sua
rilevanza e problematicità l’esigenza di bilanciare gli obiettivi
potenzialmente contrastanti tra soggetto economico e finanziatori di
capitale di credito, tra soggetto economico e pubblica amministrazione,
tra soggetto economico e dipendenti, ecc. Per di più, in queste
condizioni, le piccole e medie imprese non quotate, a conduzione
personale o familiare, si ritrovano con assetti di governo meno
sofisticati, un minor numero di stakeholder con cui interagire e
procedure meno stringenti per il controllo e la sorveglianza del loro
operato. La maggiore snellezza che ne deriva può generare maggiore
aggressività in eventuali comportamenti opportunistici di
manipolazione dell’informazione di bilancio per assecondare le
esigenze informative e influenzare le decisioni dei destinatari di
bilancio spesso più importanti per queste imprese: finanziatori (banche
e istituti finanziari) e autorità fiscali.
13.6.2. I fini del bilancio d’esercizio
Chiariti gli aspetti dell’indeterminazione dei problemi valutativi del
bilancio d’esercizio da un lato, la varietà e la potenziale conflittualità
delle attese conoscitive degli stakeholder dall’altro, si fa cenno ora alle
principali impostazioni per affrontare il tema della formazione del
bilancio. Da tempo, la dottrina economico-aziendale prevalente
riconosce nella prioritaria esplicitazione del fine del bilancio
Il bilancio: aspetti generali 447
d’esercizio l’approccio metodologico più valido per affrontare la
questione38
.
In sostanza, l’identificazione del fine del bilancio, e, quindi,
l’identificazione della configurazione di reddito e di capitale più
congeniale al raggiungimento di tale fine, rappresenterebbe la scelta
propedeutica all’individuazione dei principi generali e dei criteri
analitici per regolare gli aspetti di esposizione e valutazione del
bilancio. «L’individuazione del fine riposa largamente sulla
comprensione del fatto che esistono differenti tipologie di fruitori del
bilancio che avanzano proprie istanze, spesso in conflitto tra loro e
variamente equilibrabili»39
.
Le soluzioni proposte dalla dottrina40
e dalle prassi nazionali e
internazionali sono innumerevoli, come dimostrano gli studi
comparativi teorici e empirici che evidenziano e quantificano le
differenze tra le diverse impostazioni. Tale varietà di soluzioni va da
impostazioni flessibili ed elastiche con ampi margini di discrezionalità
38
In merito il Lacchini osserva: «Tale concezione costituisce il portato di una af-
fermata dottrina che si diparte dalle pionieristiche affermazioni del Pantaleoni,
dell’Einaudi, dello Zappa sino alla sistematizzazione compiuta soprattutto ad opera di
Onida, di Capaldo e di altri importanti studiosi che hanno ripreso e sviluppato questa
corrente di ricerca: la fissazione del fine (che è, in sostanza, la scelta di una chiave di
lettura e investigazione della realtà) è propedeutica ed informa di sé tutte le successive
norme contabili » M. LACCHINI, Modelli teorico-contabili e principi di redazione del
bilancio. Riflessioni economico-aziendali sull’innovato codice civile, Giappichelli,
1994, pp. 34-35.
(39) M. LACCHINI, Modelli teorico-contabili e principi di redazione del bilancio. Rifles-sioni economico-aziendali sull’innovato codice civile, Giappichelli, 1994, p. 35.
40 Due nozioni di reddito hanno avuto ampia rilevanza negli studi economico-
aziendali: il reddito consumabile (o distribuibile) e il reddito prodotto. La nozione di
reddito consumabile è strumentale al fine di individuare la capacità media
dell’impresa di generare redditi nel tempo, mediando appunto tra gli alterni andamenti
congiunturali. Il principio della competenza economica è basato sulla nozione di
«tempo economico», nel senso che gli accadimenti aziendali sono apprezzati con una
visione temporale di lungo periodo. Di contro, la nozione di reddito prodotto, basata
sul «tempo fisico» mira a conoscere la specifica redditività attribuibile distintamente a
ciascun esercizio. Il principio della prudenza e della costanza di applicazione dei cri-
teri di valutazione sono alla base di questa configurazione e da essi discendono, ri-
spettivamente, la tutela dell’integrità del capitale e la comparabilità dei risultati nel
tempo. Sulla teorizzazione della nozione di reddito consumabile si rimanda a P.
ONIDA, Il bilancio delle imprese, cit., p. 54 e ss; mentre con riguardo alla nozione di
reddito prodotto si rinvia a U. De DOMINICIS, Lezioni di ragioneria generale, vol. III,
parte prima, p. 473 e ss.
Capitolo XIII 448
nelle mani del redattore del bilancio a impostazioni rigide e codificate
in ogni minimo aspetto.
Ad un estremo, è doveroso citare la suggestiva e, probabilmente,
utopistica proposta del Capaldo41
di presentare un bilancio «aperto». I
valori stimati e congetturati non sono identificati in questa concezione
di bilancio, ma sono delineate le ipotesi alternative di previsione e
scissione delle operazioni in corso, lasciando il compito gravoso di
chiudere il bilancio al lettore, secondo il suo specifico fine. All’altro
estremo, si può citare la tradizionale impostazione francese che codifica
minuziosamente i diversi aspetti della redazione del bilancio,
spingendosi persino ad imporre un piano dei conti di contabilità
generale uniforme mediante una rigorosa e capillare articolazione e
adattamento per settori produttivi valida per tutte le imprese (le plan
comptable général)42
.
Con riguardo alla specifica esperienza nazionale, su un aspetto
dottrina, prassi e anche la legislazione vigente hanno raggiunto una
posizione condivisa: il bilancio di esercizio rappresenta uno strumento
di informazione; una base informativa minima comune ai vari
destinatari di bilancio43
. La concezione del bilancio come strumento di
comportamento, da redigersi in base a specifici obiettivi operativi, pur
strenuamente difesa in passato, pare attualmente superata44
.
41 P. CAPALDO, Qualche riflessione sull'informazione esterna d'impresa, in Rivista
dei Dottori Commercialisti, n.5, 1975, p.848 e ss. 42
S. ANGELONI, Contabilità generale e bilancio di esercizio in Francia. Cedam,
2001. 43
«Il bilancio di esercizio può venire inteso come:
a) uno strumento di informazione (o di conoscenza) per i soggetti che, direttamente o
indirettamente, hanno interessi nell’impresa;
b) uno strumento di comportamento, da parte del soggetto che di fatto governa
l’impresa, inteso a facilitare il raggiungimento di prescelti obiettivi operativi”. F.
DEZZANI, La certificazione del bilancio di esercizio, Giuffrè, 1974, pp. 18–19 44
« Scopo preminente della sua redazione, diviene così, la diffusione di conoscen-
ze sugli andamenti gestionali dell’impresa, che possono risultare utili ai vari portatori
di interessi; non il raggiungimento di prescelti obiettivi operativi da parte del soggetto
economico » F. RANALLI, Il bilancio d’esercizio. Il modello del reddito realizzato.
Aracne, 2005, p. 18.
Il bilancio: aspetti generali 449
13.7 Le discipline di bilancio applicabili alle imprese italiane
Le norme per la redazione del bilancio d’esercizio applicabili alle
imprese operanti in Italia si presentano differenziate in base alle
specifiche caratteristiche che le stesse imprese possono assumere:
quotazione o meno in mercati regolamentati; appartenenza al settore
lucrativo o cooperativo; forma giuridica; parametri dimensionali e
settore produttivo di appartenenza.
Il quadro è ulteriormente complicato dal fatto che soprattutto
nell’ultimo decennio, tali normative sono state e continuano ad essere
oggetto di continue modifiche in stretta dipendenza con il processo di
standardizzazione e armonizzazione delle regole di formazione dei
conti annuali da tempo in atto a livello internazionale. Si tratta della
diffusione dei principi contabili internazionali emanati
dall’International Accounting Standard Board (IASB) noti con
l’acronimo IAS/IFRS che sta, rispettivamente, per International
Accounting Standards e International Financial Reporting Standards45
.
Questo corpus di principi contabili gradualmente si sta diffondendo
sempre più a livello mondiale, pur con qualche difficoltà. Per quanto
riguarda più da vicino la realtà italiana, l’Unione Europea (UE), con il
regolamento UE 1606/2002 ha recepito e reso obbligatorio
l’applicazione dei principi IAS/IFRS per tutte le imprese quotate in
mercati regolamentati appartenenti all’UE già dall’esercizio 2005 per la
45
I primi, gli IAS, furono emanati dal precedente organismo internazionale Inter-
national Accounting Standard Committee (IASC) e integralmente recepiti dallo IASB
all’atto della sua istituzione. Gli IFRS sono invece i nuovi stanard emanati dallo
IASB nella sua successiva attività in sostituzione o di aggiunta ai preesistenti IAS.
Capitolo XIII 450
redazione del bilancio consolidato46
. Il legislatore italiano con il
Decreto Legislativo n. 38/05 ha esteso l’obbligo di applicazione dei
principi IAS/IFRS anche per la redazione del bilancio d’esercizio a
partire dal 2006 per:
- società quotate in mercati regolamentati;
- società con strumenti finanziari diffusi presso il pubblico;
- banche e intermediari finanziari soggetti alla Vigilanza;
- assicurazioni (solo per il bilancio consolidato; ma se queste
sono quotate e non redigono il bilancio consolidato l’obbligo è esteso
anche al bilancio d’esercizio).
Le altre società non quotate possono volontariamente adottare gli
IAS/IFRS purché non siano al di sotto dei parametri per redigere il
bilancio in forma abbreviata. Quest’ultimo rappresenta un’opzione di
redazione del bilancio con diverse semplificazioni che il legislatore
concede alle imprese che non raggiungono determinati limiti
dimensionali.
In estrema sintesi, la normativa applicabile in materia di bilancio
risulta oggi così differenziata:
46 Si tratta di un particolare bilancio redatto in presenza di gruppi di imprese al fi-
ne di illustrare con visione d’insieme l’andamento patrimoniale, finanziario ed eco-
nomico dell’intero gruppo. In estrema sintesi, esso scaturisce da un processo di inte-
grazione dei bilanci delle singole imprese appartenenti al gruppo, denominato proces-
so di consolidamento: con esso si sommano le diverse attività e passività, i costi e ri-
cavi, i flussi di liquidità delle diverse imprese appartenenti al gruppo in modo da per-
venire ad un unico stato patrimoniale, conto economico e rendiconto finanziario per
l’intera aggregazione. In questa processo di consolidamento svolge un ruolo cruciale
l’eliminazione dei componenti patrimoniali, reddituali e finanziari scaturenti da ope-
razioni infragruppo, ossia operazioni che intercorrono tra le imprese appartenenti al
gruppo. Ciò al fine di evitare duplicazioni. Per approfondimenti sul tema del bilancio
consolidato si rinvia all’ampia letteratura esistente. Tra gli altri lavori si segnalano: N.
DI CAGNO, Il bilancio consolidato, Cacucci, 1993; L. MARCHI, M. FROLI, Il bilancio
consolidato, EBC, 1987; L. MARCHI, M. ZAVANI, Economia dei gruppi e bilancio
consolidato, Giappichelli, 1998; L. MASSARI, Gruppi aziendali e proposta modificata
di VII direttiva comunitaria sul bilancio consolidato, Cacucci, Bari, 1979; A.
MONTRONE, Il bilancio consolidato: evoluzione normativa e metodologia di redazio-
ne, FrancoAngeli, 2004; A. MUSERRA, Il bilancio consolidato, Cacucci, Bari, 1995; P.
PISONI, Il bilancio consolidato, Giuffrè, 2000, A. PRENCIPE, P. TETTAMANZI, Bilancio
Consolidato, Egea, 2002; C. TEODORI, Il bilancio consolidato: la metodologia di co-
struzione e il profilo normativo, Giuffrè, 2003; S. TERZANI, Il bilancio consolidato,
IV ed., Cedam, Padova, 1992.
Il bilancio: aspetti generali 451
— le imprese quotate in mercati regolamentati e le istituzioni
finanziarie sono obbligate alla pubblicazione del bilancio d’esercizio e
del bilancio consolidato secondo i principi contabili IAS/IFRS;
— le imprese non quotate, che hanno la forma giuridica di società di
capitali (s.p.a., s.r.l., s.a.p.a.) e di società cooperative47
, ad eccezione di
banche ed assicurazioni per le quali è prevista una normativa specifica,
devono pubblicare il bilancio d’esercizio secondo le norme stabilite dal
legislatore agli artt. 2423 e seguenti del cod. civile, a meno che non
optino per l’adozione degli IAS/IFRS;
— all’interno delle imprese non quotate identificate in quest’ultimo
raggruppamento, vi sono imprese che hanno la facoltà di redigere il
bilancio d’esercizio in forma abbreviata: ossia con determinate
semplificazioni e omissioni di informazioni (individuate all’art. 2435-
bis del codice civile) rispetto alle disposizioni del codice civile per il
bilancio in forma integrale. Si tratta di imprese di dimensioni minori
che per due esercizi consecutivi non raggiungono due dei seguenti
parametri: € 4.400.000,00 di Attivo dello Stato Patrimoniale, €
8.800.000,00 di ricavi di vendita e un numero medio di 50 dipendenti.
— sempre nell’ambito delle imprese non quotate, vi sono poi le micro-
imprese. Esse rappresentano una nuova categoria di imprese individua-
te con la recente introduzione dell’art. 2435-ter del codice civile e per
le quali è prevista una normativa di bilancio ancora più semplificata ri-
spetto al regime del bilancio in forma abbreviata. Più specificamente, le
micro-imprese sono le società che nel primo esercizio, o successiva-
mente, per due esercizi consecutivi non hanno superato due dei seguen-
ti limiti: totale dell’attivo patrimoniale € 175.000, ricavi delle vendite e
delle prestazioni € 350.000, numero medio dei dipendenti durante
l’esercizio pari a 5.
47
Più in particolare, le società cooperative sono tenute alla redazione del bilancio
d’esercizio secondo la disciplina della società per azioni in base al rinvio previsto
all’art. 2519 del codice civile, in quanto compatibile con le loro peculiarità gestionali
e normative. Sulle specificità gestionali e di redazione del bilancio d’esercizio che
contraddistinguono le imprese cooperative si rimanda, tra gli altri, ai seguenti lavori:
P. CONGIU, Il bilancio d’esercizio delle imprese cooperative, Giuffrè, 2005; G.
MELIS, Il bilancio nell’economia delle società cooperative, Cedam, 1983.
Capitolo XIII 452
Discipline di bilancio applicabili alle imprese operanti in Italia Disciplina
IAS/IFRS
Disciplina
Codice Civile-
OIC
Bilancio abbreviato
(art. 2435-bis c.c.)
Bilancio micro-
imprese
(art. 2435-ter)
Obbligatorio
per:
società quotate
in mercati
regolamentati;
società con
strumenti
finanziari diffusi
presso il
pubblico;
banche e
intermediari
finanziari
soggetti alla
Vigilanza;
- assicurazioni
Per opzione:
Società di
capitali non
quotate
- Società di capitali
non quotate (S.p.a;
S.r.l., S.a.p.a.)
Società cooperative
(con opportuni
adattamenti)
Per opzione:
società di capitali non
quotate che per due
esercizi consecutivi non
raggiungono 2 dei
seguenti parametri:
€ 4.400.000 Attivo Stato
Patrimoniale;
€ 8.800.00 Ricavi
vendita.
- Numero medio
dipendenti 50 unità
società di capitali
non quotate che per
due esercizi
consecutivi non
raggiungono 2 dei
seguenti parametri:
€ 175.000 Attivo
Stato Patrimoniale;
€ 350.000 Ricavi
vendita;
Numero medio
dipendenti 5 unità.
— vi sono poi le imprese che operano in forma di società di persone
(s.n.c., s.a.s, s.s.) ed in forma di aziende individuali, anch’esse assai
numerose nella realtà italiana. Queste imprese, pur obbligate alla
redazione del bilancio, non sono tenute alla sua pubblicazione. Esse
attuano comportamenti assai disomogenei che dipendono dalla
sensibilità dello specifico redattore del bilancio. Si va da scelte virtuose
in cui è applicata la normativa civilistica prescritta per le società di
capitali, a frequentissimi casi in cui ci si limita alla redazione di un
pragmatico bilancio di derivazione contabile. Tipicamente, uno Stato
patrimoniale e un Conto economico in forma a sezioni divise derivanti
da più o meno contenute rielaborazioni dei rispettivi conti di mastro.
Nei casi in cui le norme tributarie non impongono la tenuta della
contabilità ordinaria (ossia la contabilità generale), ma solamente la
cosiddetta contabilità semplificata, gli adempimenti di bilancio sono
ancora più limitati. Rimane comunque anche per queste realtà l’obbligo
di rispettare i criteri di valutazione indicati all’art. 2426 del codice
civile.
Il bilancio: aspetti generali 453
Nell’ambito di questo lavoro, l’analisi sarà concentrata sulla
normativa di bilancio disciplinata dal codice civile per le società di
capitali non quotate in mercati regolamentati, poiché rappresentano la
realtà più frequente e rilevante del nostro attuale sistema
imprenditoriale. Tuttavia, nel corso dell’analisi, si farà cenno alle più
rilevanti differenze rispetto all’impostazione prescritta dai principi
contabili internazionali IAS/IFRS48
.
48
Tali informazioni verranno riportate in nota per evitare l’appesantimento del te-
sto.
Capitolo quattordicesimo
IL BILANCIO SECONDO IL CODICE CIVILE: CLAUSOLA GENERALE E PRINCIPI DI REDAZIONE
14.1 La composizione del bilancio
Le norme del codice civile che disciplinano la formazione del
bilancio d’esercizio delle società per azioni sono contenute agli articoli
2423 e successivi. Mediante degli espliciti rimandi, tali norme si
estendono alla generalità delle società di capitali (s.p.a., s.a.p.a. e s.r.l.)
e delle società cooperative49
.
L’art. 2423 del codice civile al primo comma recita: «Gli
amministratori devono redigere il bilancio d’esercizio, composto dallo
Stato patrimoniale, dal Conto economico, dal Rendiconto finanziario e
dalla Nota Integrativa».
Il bilancio d’esercizio è quindi composto da quattro documenti:
— il Conto economico è lo schema contabile che illustra l’entità e la
composizione del reddito d’esercizio;
— lo Stato patrimoniale rappresenta lo schema contabile che illustra
l’entità e la composizione del capitale di funzionamento;
— il Rendiconto finanziario rappresenta lo schema contabile che
illustra la variazione della liquidità avventua nell’esercizio e le cause
che l’hanno generata;
— la Nota Integrativa costituisce un documento in forma descrittiva
e tabellare con la funzione di spiegare il contenuto degli schemi
contabili precedenti e di arricchirne la capacità informativa.
Il prospetto delle variazioni del patrimonio netto, anche se per esso
non è previsto uno schema autonomo da affiancare allo Stato
patrimoniale, al Conto economico ed al Rendiconto finanziario, è
49
Tali rimandi sono contenuti nel codice civile agli art. 2491, 2454 e 2516 con ri-
guardo, rispettivamente, alle s.r.l, s.a.p.a. e società cooperative.
Capitolo XIV 458
comunque obbligatorio e trova collocazione all’interno della Nota
Integrativa. Così prescrive l’art. 2427 comma 7-bis del codice civile50
.
Vi sono poi degli altri documenti che pur non facendo parte
integrante del bilancio d’esercizio, rientrano nel cosiddetto «fascicolo»
di bilancio e sono anche essi destinati a pubblicazione:
— la Relazione sulla Gestione, con cui gli amministratori esaminano
l’andamento della gestione e forniscono le diverse informazioni
previste all’art. 2428 del codice civile;
— il verbale dell’assemblea ordinaria relativo alla deliberazione con
cui i soci approvano il bilancio presentato dagli amministratori
unitamente alle modalità di ripartizione del relativo utile dell’esercizio
o di copertura della perdita;
— il verbale del Collegio sindacale (se presente) contenente il
relativo parere sul bilancio;
— il verbale della società di revisione (se presente), che certifica la
conformità del bilancio alla normativa vigente.
14.2 L’iter di redazione del bilancio e i soggetti coinvolti
Come indicato al primo comma dell’art. 2423 del codice civile, gli
amministratori — l’amministratore unico o il consiglio di
amministrazione a seconda dei casi — hanno il compito di redigere il
bilancio d’esercizio.
50
Grazie al recente recepimento della direttiva 2013/34/UE, avvenuto con il D.
Lgs n.139 del 18/8/2015, l’impostazione del codice civile sotto il profilo della compo-
sizione del bilancio d’esercizio è ora sostanzialmente allineata ai principi contabili
IAS-IFRS; come già rimarcato, il rendiconto finanziario è adesso esplicitamente no-
minato dal codice civile, rappresenta un documento obbligatorio, con schema auto-
nomo, facente parte integrante del bilancio d’esercizio.
Secondo lo IAS 1 il bilancio d’esercizio è composto da:
— prospetto della situazione patrimoniale e finanziaria;
— prospetto di conto economico complessivo;
— prospetto delle variazioni di patrimonio netto
— rendiconto finanziario;
— note.
(Cfr. IAS 1, Presentazione del bilancio, par. 10)
.
Il bilancio secondo il Codice Civile 459
L’iter di redazione del bilancio ruota intorno alla data fissata per
l’approvazione dello stesso bilancio da parte dell’assemblea dei soci.
L’art. 2364 del codice civile, infatti, indica tra i compiti dell’assemblea
ordinaria l’approvazione del bilancio e richiede che tale assemblea
debba «essere convocata almeno una volta l'anno, entro il termine
stabilito dallo statuto e comunque non superiore a centoventi giorni
dalla chiusura dell'esercizio sociale. Lo statuto può prevedere un
maggior termine, comunque non superiore a centottanta giorni, nel caso
di società tenute alla redazione del bilancio consolidato ovvero quando
lo richiedono particolari esigenze relative alla struttura ed all'oggetto
della società … ».
Questa è la data centrale che scandisce i tempi delle fasi precedenti e
successive sino alla pubblicazione del bilancio. La procedura ha inizio
con la comunicazione del progetto (o bozza) di bilancio da parte degli
amministratori, unitamente ad una proposta di ripartizione dell’utile o
di copertura della perdita d’esercizio, al Collegio Sindacale e al
soggetto incaricato della revisione dei conti, se presenti. Ciò deve
avvenire entro i trenta giorni che precedono la data fissata per la
discussione del bilancio da parte dell’assemblea (art. 2429 cod. civile).
Iter di formazione del bilancio
Fase Chi Quando
Predisposizione e comuni-
cazione progetto bilancio al
Collegio Sindacale
Amministratori Almeno 30 gg prima della data fissa-
ta per l'assemblea ordinaria che ap-
prova il bilancio
Formulazione parere pre-
ventivo
Collegio Sindacale e/o
Soggetto incaricato della
revisione legale dei con-
ti51
Entro 15 gg prima della data fissata
per l'assemblea ordinaria che appro-
va il bilancio
Approvazione bilancio Assemblea Ordinaria Non oltre 120 gg dalla chiusura
dell’esercizio (180 in caso di partico-
lari ragioni)
Pubblicazione bilancio Amministratori Entro i 30 gg. successivi all’ appro-
vazione del bilancio
51
Più specificamente, nelle società per azioni, ai sensi dell’art. 2409 bis, « la revi-
sione legale dei conti sulla società è esercitata da un revisore legale dei conti o da una
società di revisione legale iscritti nell'apposito registro. Lo statuto delle società che
non siano tenute alla redazione del bilancio consolidato può prevedere che la revisio-
ne legale dei conti sia esercitata dal collegio sindacale. In tal caso il collegio sindacale
è costituito da revisori legali iscritti nell'apposito registro».
Capitolo XIV 460
Il Collegio Sindacale e il soggetto incaricato della revisione legale
dei conti, a loro volta, devono predisporre la propria relazione entro i
quindici giorni successivi alla ricezione del documento. A quel punto, il
documento di bilancio, integrato con la relazione degli amministratori,
del Collegio sindacale e del soggetto incaricato della revisione, va
depositato presso la sede della società in modo che ne possano prendere
visione i soci durante i 15 giorni che precedono la data fissata per
l’approvazione da parte dell’assemblea ordinaria. Infine, entro i trenta
giorni successivi alla data di approvazione del bilancio, l’intero
fascicolo (bilancio d’esercizio, relazione sulla gestione, relazione del
Collegio Sindacale e verbale assemblea ordinaria) deve essere
depositato presso l’ufficio del Registro delle Imprese per la
pubblicazione (art. 2435 cod. civile).
In sintesi, se ad esempio il periodo amministrativo coincide con
l’anno solare e l’assemblea discute l’approvazione del bilancio entro i
termini ordinari (120 giorni dalla fine dell’esercizio), la data di
approvazione sarà fissata entro la fine di aprile. Gli amministratori
dovranno presentare il progetto di bilancio entro la fine di marzo ed il
Collegio Sindacale si dovrà esprimere entro i 15 giorni successivi. Il
deposito per la pubblicazione avverrà entro la fine di maggio.
Naturalmente, se la società si avvale della proroga dei termini
prevista dall’art. 2364 (180 giorni dalla chiusura dell’esercizio),
ciascuna di queste date potrà essere posticipata per un periodo massimo
di sessanta giorni.
14.3 L’articolazione delle norme sul bilancio e il ruolo dei principi
contabili nazionali
Le norme del codice civile sul bilancio d’esercizio sono ordinate
gerarchicamente. La figura sotto riportata schematizza l’articolazione di
tali norme su tre livelli distinti.
All’apice vi è la cosiddetta «clausola generale», contenuta nel
secondo comma dell’art. 2423 del cod. civile, che così recita: «il
bilancio d’esercizio deve essere redatto con chiarezza e deve
rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e
finanziaria della società e il risultato economico dell’esercizio».
Due principali attributi, pur indissolubilmente legati, sono
identificabili all’interno della clausola generale:
Il bilancio secondo il Codice Civile 461
— la chiarezza, che riguarda gli aspetti di esposizione formale del
bilancio relativi agli schemi contabili e al contenuto della nota
integrativa;
— la rappresentazione veritiera e corretta, che riguarda gli aspetti
sostanziali che il bilancio deve possedere ed è collegata ai principi di
redazione e ai criteri di valutazione delle diverse poste di bilancio.
L’osservanza di tali principi e criteri non è però assoluta, ma può venire
meno in presenza di operazioni di gestione che hanno effetti irrilevanti
nella rappresentazione veritiera e corretta e deve addirittura essere
distattesa in casi eccezionali 52
.
Al di sotto della clausola generale, in una posizione intermedia, vi
sono i principi di redazione del bilancio dettati dall’art. 2423 bis del
codice civile. Essi sono così sintetizzabili:
— la prudenza;
— la continuazione dell’attività;
— la prevalenza della sostanza dell’operazione o del contratto;
— la competenza economica;
— la valutazione separata di elementi eterogenei;
— la continuità dei criteri di valutazione.
Tali principi costituiscono le linee guida per dare attuazione alla
clausola generale e, in particolare, alla rappresentazione veritiera e
corretta. Infatti, individuano i principi generali che indirizzano le
specifiche valutazioni di bilancio. Essi rappresentano l’anello di
congiunzione tra la clausola generale e i più analitici criteri di
valutazione contenuti nell’art. 2426 del codice civile.
Questi ultimi, collocabili tra le norme di terzo livello, indicano con
maggior grado di approfondimento le specifiche regole che il redattore
del bilancio deve seguire nella valutazione delle diverse poste del
bilancio: le immobilizzazioni materiali, immateriali e finanziarie; le
rimanenze di beni; i crediti, ecc.
Sempre alla base della gerarchia delle norme del codice civile, vi
sono anche i criteri di esposizione formale del bilancio d’esercizio, il
cui rispetto consente di realizzare l’attributo della chiarezza richiesto
dalla clausola generale. Più specificamente, l’art. 2423 ter fornisce
indicazioni generali su aspetti di esposizione sia dello stato
patrimoniale sia del conto economico; gli art. 2424 e 2424 bis
disciplinano dettagliatamente lo schema di Stato Patrimoniale, mentre
52
Questi aspetti verranno chiariti nel paragrafo 14.4.
Capitolo XIV 462
gli art. 2425 e 2425 bis contengono disposizione analitiche e specifihe
per la redazione dello schema di Conto Economico.
Articolazione delle norme del codice civile sul bilancio d’esercizio
e ruolo integrativo dei principi contabili:
clausola
generale:
(art. 2423)
- chiarezza
- rappresentazione
veritiera e corretta
(rilevanza)
principi di redazione
del bilancio
(art. 2423 bis)
criteri di valutazione
(art. 2426)
criteri di esposizione
(art. 2423 ter - 2424 - 2424 bis
2425 - 2425 bis – 2425 ter - 2427)
Principi contabili nazionali OIC
L’art. 2425 ter, disciplina il contentuto del rendiconto finanziario,
ossia il terzo schema di bilancio. A differenza dello Stato Patrimoniale
e del Conto Economico, il codice civile in questo caso non impone uno
schema analitico, ma si limita a individuare il suo contenuto e
articolazione in modo sintetico.
Il bilancio secondo il Codice Civile 463
L’art. 2427, unitamente ad altre norme diluite nel dettato del codice
civile, disciplina analiticamente il contenuto che deve possedere la
Nota Integrativa. Le informazioni presenti in questo quarto documento
sono strumentali sia al raggiungimento della chiarezza, laddove
specificano e articolano ulteriormente gli aspetti formali di esposizione,
sia della rappresentazione veritiera e corretta, ogni qual volta spiegano
e approfondiscono aspetti valutativi.
Man mano che ci si sposta dalla clausola generale verso le norme di
secondo e terzo livello, l’analisi del legislatore è gradualmente
maggiore. Tuttavia, tali norme non sono esaustive e necessitano di
essere completate ed interpretate mediante norme “tecniche” più
dettagliate. In Italia, tale compito viene svolto dall’Organismo Italiano
di Contabilità (OIC): esso rappresenta lo standard setter nazionale,
ossia l’organismo preposto all’emanazione dei principi contabili
nazionali per la redazione del bilancio delle imprese. Si tratta di
specifici documenti che forniscono norme maggiormente dettagliate
rispetto al codice civile sugli aspetti di rilevazione, valutazione e
esposizione in bilancio delle diverse operazioni di gestione.
Più specificamente, l’OIC, costituito nel 2001, ha preso il posto del
Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e Consiglio Nazionale
dei Ragionieri che sino a quel momento aveva svolto il ruolo di
standard setter con l’emanazione di venti «principi contabili
nazionali». L’OIC, rispetto al suo predecessore si differenzia sia per
avere una più ampia composizione, rappresentativa delle diverse
categorie private53
, sia perchè il suo ruolo e le sue funzioni sono ora
esplicitamente riconosciute dal legislatore nazionale54
.
53
I fondatori sono infatti le principali organizzazioni nazionali rappresentative
delle diverse categorie private interessate alla disciplina contabile: non solo categorie
rappresentative della professione contabile (l’Assirevi, il Consiglio Nazionale dei
Dottori Commercialisti e il Consiglio Nazionale dei Ragionieri), ma anche dei sogget-
ti che materialmente redigono i bilanci (l’Abi, l’Andaf, l’Ania, l’Assilea, l’Assonime,
la Confagricoltura, la Confapi, la Confcommercio, la Confcooperative, la Confindu-
stria e la Lega delle Cooperative) e li utilizzano (l’Aiaf, l’Assogestioni e la Centrale
Bilanci; per i mercati mobiliari, la Borsa Italiana). 54
L’art. 20 del d.l. n. 21 del 24/6/2014 convertito dalla legge n.116
11/08/2014, identifica tra le principali funzioni che spettano all’Organismo I-
taliano di Contabilità, le seguenti: emanazione dei principi contabili nazionali;
supporto al legislatore in materia di normativa contabile; partecipazione al
processo di elaborazione dei principi contabili internazionali adottati in Euro-
pa.
Capitolo XIV 464
In particolare l’O.I.C ha recepito e adattato i venti principi
originariamente proposti dal precedente standard setter alle modifiche
intervenute successivamente nel codice civile (in particolare in
occasione della cosiddetta riforma del diritto societario del 2004). e ha
emanato ulteriori principi su aspetti non disciplinati in precedenza. Nel
complesso, i principi contabili attualmente vigenti in Italia per le
imprese mercantili, industriali e di servizi sono riassumibili in base al
seguente schema:
Oic 1 I principali effetti della riforma del diritto
societario sul bilancio d'esercizio. Pubblicata
nel marzo 2005 l'Appendice di aggiorna-
mento al principio contabile Oic 1
2004 (nuova serie)
Oic 2 Patrimoni e finanziamenti destinati ad uno
specifico affare
2005 (nuova serie)
Oic 3 Le informazioni sugli strumenti finanziari da
includere nella nota integrativa e nella
relazione sulla gestione (artt. 2427- bis e
2428, comma 2, n. 6-bis c.c.)
2006 (nuova serie)
Oic 4 Fusione e scissione 2007 (nuova serie) Oic 5 Bilanci di liquidazione 2008 (nuova serie) Oic 6 Ristrutturazione del debito e informativa di
bilancio
2011 (nuova serie)
Oic 7 I certificati verdi 2013 (nuova serie) Oic 8 Le quote di emissione di gas ad effetto ser-
ra
2014 (nuova serie)
Oic 9 Svalutazione per perdite durevoli di valore
delle attività materiali e immateriali
2014 (nuova serie)
Oic 10 Il rendiconto finanziario 2014 (nuova serie)
Oic 11 Bilancio d'esercizio. Finalità e postulate Rivisto 2005
Oic 12 Composizione e schemi del bilancio
d'esercizio
Rivisto 2014
Oic 13 Le rimanenze di magazzino Rivisto 2014 Oic 14 Disponibilità liquid Rivisto 2014 Oic 15 I crediti Rivisto 2014 Oic 16 Le immobilizzazioni materiali Rivisto 2014
Oic 17 Il bilancio consolidato e metodo del
patrimonio netto
Rivisto 2014
Oic 18 Ratei e risconti Rivisto 2014 Oic 19 I debiti Rivisto 2014 Oic 20 Titoli di debito Rivisto 2014 Oic 21 Partecipazioni e azioni proprie Rivisto 2014 Oic 22 Conti d'ordine Rivisto 2014
Oic 23 Lavori in corso su ordinazione Rivisto 2014 Oic 24 Le immobilizzazioni immateriali Rivisto 2005
Il bilancio secondo il Codice Civile 465
Oic 25 Imposte sul reddito Rivisto 2014 Oic 26 Operazioni, attività e passività in valuta Rivisto 2005
Estera
Oic 27 Introduzione dell'euro quale moneta di
conto
1999
Oic 28 Patrimonio netto Rivisto 2005 Oic 29 Cambiamenti di principi contabili. Cam-
biamenti di stime contabili. Correzione di
errori. Eventi e operazioni straordinari. Fatti
intervenuti dopo la chiusura dell'esercizio
Rivisto 2005
Oic 30 I bilanci intermedi Rivisto 2006
Oic 31 Fondi per rischi e oneri e trattamento di fine
rapporto
Rivisto 2014
Il grado di diffusione e applicazione dei principi contabili,
nonostante l’autorevolezza dell’OIC, ed in precedenza del Consiglio
nazionale dei Dottori Commercialisti e dei Ragionieri, sconta una
difficoltà all’origine dovuta al fatto che tali norme non hanno forza di
legge. Negli ordinamenti giuridici cosiddetti di Civil Law, come il
nostro, basati su un sistema codicistico, ciò rappresenta un ostacolo alla
loro piena diffusione. Un secondo ordine di problemi riguarda la
difficoltà, da parte dell’OIC, di garantire un aggiornamento tempestivo
dei principi contabili rispetto alla stessa normativa di bilancio delineata
nel codice civile, poichè quest’ultima è strettamente legata ai ritmi del
processo di armonizzazione contabile al livello europeo, attraverso il
recepimento delle direttive dell’UE55
.
Diversamente, tali problematiche non riguardano i principi contabili
internazionali emanati dallo IASB e recepiti mediante regolamento
avente forza di legge nei diversi paesi dell’Unione Europea: essi sono
obbligatori per la generalità delle imprese quotate nei mercati
regolamentati dell’Unione Europea.
Nel prosieguo del lavoro sono analizzate le diverse norme del codice
civile, con l’integrazione delle indicazioni fornite dai principi contabili
nazionali OIC.
55
Quel che è accaduto in questa fase congiunturale è estremamente emblematico.
Nell’agosto 2014 l’OIC ha portato a termine un importante lavoro di revisione e ag-
giornamento dei principi contabili OIC; tuttavia, nell’agosto 2015, l’emanazione del
D.lgs 139 del 18/8/2015 ha introdotto rilevanti modifiche nella normativa del bilancio
del Codice Civile per il recepimento della direttiva 2013/34/UE rendendo obsolete
numerose parti dei principi contabili OIC appena revisionati.
Capitolo XIV 466
14.4. Il ruolo sovraordinato della “clausola generale”
Come premesso, la cosiddetta «clausola generale», contenuta nel
secondo comma dell’art. 2423 del cod. civile, prevede che: « il bilancio
d’esercizio deve essere redatto con chiarezza e deve rappresentare in
modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della
società e il risultato economico dell’esercizio ».
Il ruolo fondamentale che svolge tale norma è chiarito dallo stesso
legislatore nei successivi commi; in particolare nel terzo comma
dell’art. 2423 viene specificato: «Se le informazioni richieste da
specifiche disposizioni di legge non sono sufficienti a dare una
rappresentazione veritiera e corretta, si devono fornire le informazioni
complementari necessarie allo scopo».
In altri termini, il rispetto della clausola generale e, in particolare, il
rispetto dell’attributo della «rappresentazione veritiera e corretta», è
così permeante che per il suo raggiungimento il redattore è obbligato ad
integrare le prescrizioni dello stesso legislatore qualora queste non
siano in grado di raggiungere tale scopo.
14.4.1. Il criterio della rilevanza
Allo stesso tempo, l’ossequioso rispetto di tutti gli obblighi di
rilevazione, valutazione, presentazione e informativa viene meno
quando non abbia rilevanza sulla rappresentazione veritiera e corretta
delle operazioni di gestione. Così prescrive il quarto comma dell’art.
2423, nella nuova formulazione conseguente al recepimento della
direttiva 2013/34/UE56
. Il legislatore specifica comunque che anche in
caso di operazioni di gestione che hanno un’influenza irrilevante nella
formazione del bilancio «rimangono fermi gli obblighi in termini di
regolare tenuta delle scritture contabili», nonchè l’obbligo di spiegare
in Nota Integrativa come si è interpretata la norma in questi casi.
Tuttavia, non vi sono altre indicazioni operative su come vada
quantificata l’influenza rilevante nella rappresentazione veritiera e
corretta della situazione patrimoniale, finanziaria ed economica delle
56
Recepimento avvenuto con l’emanazione D. Lgs n.139 del 18/8/2015
Il bilancio secondo il Codice Civile 467
imprese. Chi redige il bilancio è quindi chiamato a definire i contorrni
di questo criterio, sulla base della propria sensibilità e capacità di
giudizio.
Il criterio della rilevanza è noto da tempo sia nell’impostazione dei
principi contabili internazionali sia nazionali. In particolare l’OIC 12 fa
riferimento esplcito al postulato di bilancio della significatività e
rilevanza dei fatti economici e esplicita che «errori, semplificazioni e
arrotondamenti sono tecnicamente inevitabili e trovano il loro limite nel
concetto di rilevanza; essi cioè non devono essere di portata tale da
avere un effetto rilevante sui dati di bilancio e sul loro significato per i
destinatari»57
. Rimane il fatto che questa novità del codice civile
aggiunge un uleriore elemento di discrezionalità nelle stime e
congetture che portanto all’identificazione della rappresentazione
veritiera e corretta.
14.4.2. Le rivalutazioni economiche nei casi eccezionali
Nello stabilire il ruolo fondamentale della clausola generale, il
legislatore va oltre, e specifica che chi redige il bilancio è addirittura
obbligato a disattendere le successive norme del codice civile nei casi
eccezionali in cui le stesse non consentano il rispetto della
rappresentazione veritiera e corretta. Così il testo del quinto comma
dell’art. 2423: «Se, in casi eccezionali, l’applicazione di una
disposizione degli articoli seguenti è incompatibile con la
rappresentazione veritiera e corretta, la disposizione non deve essere
applicata. La nota integrativa deve motivare la deroga e deve indicarne
l’influenza sulla rappresentazione della situazione patrimoniale,
finanziaria e del risultato economico. Gli eventuali utili derivanti dalla
deroga devono essere iscritti in una riserva non distribuibile se non in
misura corrispondente al valore recuperato ».
Questa impostazione deriva dal processo di armonizzazione della
normativa di bilancio a suo tempo realizzato dalla Comunità
Economica Europea (CEE), che tanto fu influenzato dall’impostazione
del Regno Unito. In particolare, la concezione secondo cui la clausola
generale della «chiarezza» e della «rappresentazione veritiera e
corretta» — termini con cui sono stati tradotti in lingua italiana quelli
57
Oic 11, Bilancio d'esercizio. Finalità e postulati, Giuffrè, 2005, p. 16
Capitolo XIV 468
di true and fair view contenuti nel testo originale della IV direttiva CEE
— costituisce una norma sovraordinata, con forza prevalente su tutte le
altre norme di bilancio, è nota come overriding concept.
Per meglio comprendere la portata del quinto comma dell’art. 2423 è
opportuno qualche chiarimento sul piano applicativo. Innanzitutto, il
legislatore fa riferimento a casi eccezionali in cui si deve derogare alle
norme sul bilancio per il raggiungimento della rappresentazione
veritiera e corretta. Lo stesso legislatore si preoccupò di chiarire (per il
tramite della Relazione Ministeriale di accompagnamento al d.lgs
127/91 con cui fu recepita la IV direttiva CEE) che non possono
costituire casi eccezionali i fenomeni inflazionistici: non sono quindi
ammesse deroghe ai criteri di valutazione per adeguare i valori al
mutato potere d’acquisto della moneta58
.
Allo stesso tempo, però, non è possibile elaborare un elenco
esaustivo dei casi eccezionali in cui si deve derogare alle norme di
bilancio che non consentono il rispetto della rappresentazione veritiera
corretta, a causa del carattere stesso dell’eccezionalità che non pare
inquadrabile in confini rigidi e prevedibili.
Tuttavia, la dottrina economico-aziendale identifica alcuni casi
ricorrenti che, concordemente, paiono inquadrare la fattispecie
individuata dal legislatore59
. Gli esempi classici riguardano il caso di
58
Sui diversi orientamenti dottrinali in merito all’individuazione dei casi eccezio-
nali si vedano: M. DE SARNO, Le “rivalutazioni economiche” nei conti e nei bilanci
d’impresa. Qualche profilo interpretativo, in AA.VV., Scritti di economia aziendale
in memoria di Raffaele D’Oriano, Tomo primo, Cedam, 1997, p. 405; K. GIUSEPPONI,
Le deroghe ai principi civilistici di bilancio, in Revisione Contabile, n. 17, 1997, pp.
8-9; L. OLIVOTTO, Alcune considerazioni sul comma 4° dell’articolo 2423 del D.Lgs.
9 aprile 1991 n. 127, in AA.VV., Scritti di economia aziendale in memoria di Raffae-
le D’Oriano, Tomo primo, Cedam, 1997, p. 979; S. PIVATO, «Quadro fedele» e «spe-
ciali ragioni» con riferimento ai prospetti di bilancio e alla relazioni degli ammini-
stratori, in Rivista Italiana di Ragioneria e di Economia Aziendale, n 9/10, 1999, p.
43. 59 Il Giunta ed il Pisani riassumono le posizioni prevalenti in dottrina in questi
termini: « … l’eccezionalità dell’evento, al fine dell’applicazione della deroga, deve
presentare simultaneamente i seguenti attributi: a) L’evento deve avere carattere og-
gettivo e deve quindi riferirsi a uno specifico bene o categoria di beni. Non può atte-
nere alla situazione soggettiva dell’impresa. Caso eccezionale è quello che coinvolge
uno specifico impianto, un terreno, un immobile di proprietà. Non può essere caso ec-
cezionale una situazione di perdita della società che interviene dopo svariati esercizi
chiusi in utile. b) L’evento deve avere natura assolutamente anomala rispetto ai nor-
mali accadimenti gestionali dell’impresa. È, tuttavia, opportuno sottolineare che deve
Il bilancio secondo il Codice Civile 469
immobilizzazioni il cui valore corrente si discosta notevolmente dal
minor valore di costo, con cui furono originariamente iscritte in
bilancio, a causa di circostanze generalmente inconsuete e non
ripetibili: ad es. un terreno nel cui sottosuolo si rinviene un giacimento
di materiali preziosi; un terreno agricolo che diventa edificabile a
seguito dell’emanazione di un nuova normativa; l’acquisto di un
gruppo di immobilizzazioni ad un prezzo di stralcio particolarmente
ribassato rispetto alle attuali condizioni di mercato, ecc.
Un caso applicativo può agevolare la comprensione della procedura
prevista dal legislatore per realizzare la deroga:
L’impresa Ibidem s.r.l. ha tra le proprie attività patrimoniali un
terreno agricolo acquistato al prezzo di € 10.000,00 nel 1985 e attualmente iscritto a tale valore in bilancio.
Stato patrimoniale al 31/12/t
Attività Passività e netto
Terreni 10.000 Capitale sociale 8.000
Cassa 5.000 Totale capitale netto 8.000
Fornitori 7.000
Totale attività 15.000 Totale passività e netto 15.000
Nel corso dell’esercizio t+1 l’approvazione del piano urbanistico
comunale ha modificato la destinazione d’uso del bene consentendo la sua edificabilità. Alle attuali condizioni di mercato il valore del bene è di € 500.000.
Come sarà chiarito più avanti con l’esame dei diversi aspetti di
valutazione, il criterio ricorrente adoperato dal legislatore per la
valutazione degli elementi patrimoniali è rappresentato dal costo. In
linea generale non sono ammessi allontanamenti da tale criterio salvo
per riconoscere prudentemente dei minori valori per svalutazioni. Gli
trattarsi di un’anormalità assoluta e non relativa alla gestione di una specifica impresa.
Ciò significa che l’evento deve sì configurarsi come anomalo per una specifica impre-
sa, ma tale dovrebbe risultare per qualunque altra impresa nella quale esso dovesse
manifestarsi. Insomma, una situazione del tutto eccezionale per la gestione di una
specifica azienda, ma normalmente ricorrente nella vita della generalità delle imprese
non costituisce valido presupposto per derogare. c) L’evento deve avere scarsa o nes-
suna probabilità di ripetizione. Non c’è dubbio infatti, che eventi anomali che si ma-
nifestassero con una qualche frequenza non potrebbero considerarsi eccezionali ». F.
GIUNTA, M PISANI, Il bilancio, Apogeo, 2005, pp. 110-111.
Capitolo XIV 470
incrementi di valore, invece, ossia le cosiddette rivalutazioni, non sono
ammessi se non per espressa previsione di leggi speciali60
. La
circostanza in esame rappresenta un caso eccezionale in cui il
legislatore non solo ammette, ma obbliga ad abbandonare il valore di
costo dell’immobilizzazione per innalzarlo sino al suo valore corrente
di € 500.000; a tal fine si deve procedere ad una rivalutazione
economica di € 490.000 (pari alla differenza tra 500.000 valore corrente
e 10.000 costo storico).
Come prescritto dal legislatore, la contropartita di tale valore deve
essere una riserva, «… non distribuibile se non in misura
corrispondente al valore recuperato » (art. 2423 cod. civ., c. 4).
Lo stato patrimoniale risulterà così modificato:
Stato patrimoniale al 31/12/t+1
Attività Passività e netto
Terreni 500.000 Capitale sociale 8.000
Cassa 5.000 Riserva di rivalutazione 490.000
Totale capitale netto 498.000
Fornitori 7.000
Totale attività 505.000 Totale passività e netto 505.000
In sostanza, con questa procedura, il legislatore da un lato impone il
riconoscimento di questo maggiore valore sul piano patrimoniale,
dall’altro vieta che lo stesso valore possa essere distribuito, ossia possa
fuoriuscire dall’economia dell’impresa, prima che lo stesso sia stato
recuperato. Come già accennato e come sarà approfondito più avanti, il
realizzo di un’immobilizzazione può avvenire in modo diretto
attraverso la vendita sul mercato, in modo indiretto con l’uso della
stessa nei processi produttivi aziendali quando i ricavi di vendita sono
60
Nell’ambito delle rivalutazioni, si distinguono le rivalutazioni economiche e le
rivalutazioni monetarie. Le rivalutazioni economiche sono quelle esaminate in questo
paragrafo, ossia legate a fenomeni economici di portata eccezionale in cui si deve de-
rogare alle norme del codice civile; le rivalutazioni monetarie, o meglio, le rivaluta-
zioni da leggi speciali, sono quelle occasionalmente previste da specifiche leggi per
adeguare i valori di bilancio al mutato potere d’acquisto della moneta. Al di là della
semplicità di questa distinzione sul piano teorico, nella pratica «… è sempre difficile
distinguere quale parte dell’incremento dei valori dei beni sia da attribuire
all’inflazione e quale parte sia da assegnare a fenomeni economici.» Zanda G. e Lac-
chini M., Rivalutazioni dei beni aziendali ed utilizzo di poste del patrimonio netto,
Giappichelli, 1993, p. 27
Il bilancio secondo il Codice Civile 471
in grado di reintegrare tutti i costi dell’impresa, comprese le quote di
ammortamento.
Un altro aspetto riguarda la modalità con cui procedere alla
costituzione della riserva. Dal contenuto letterale del codice civile si
evince che tale riserva debba essere iscritta direttamente in
contropartita del maggior valore del bene senza influenzare la
formazione del conto economico. Questa procedura è denominata
rivalutazione «fuori esercizio» perché non interessa la formazione del
reddito ed è quella maggiormente apprezzata in letteratura61
. Negli
studi internazionali, il saldo della riserva così formata, è considerato un
classico esempio di “dirty surplus” Alternativamente, la rivalutazione
può essere realizzata influenzando il risultato economico mediante
l’iscrizione di un componente positivo di reddito da iscrivere in
contropartita del maggior valore dell’immobilizzazione62
.
Per ultimo, è opportuno segnalare che è davvero raro trovare traccia
di rivalutazioni economiche nei casi eccezionali (di cui al quinto
comma dell’art. 2423 del Codice Civile) nella prassi dei bilanci delle
imprese. Probabilmente, il sempre maggiore ricorso da parte del
legislatore all’emanazione di leggi speciali che consentono la
rivalutazione delle immobilizzazioni, spesso con connessi vantaggi
fiscali, spoglia di attrattività e urgenza la rivalutazione economica dei
beni in casi eccezioanli63
.
61
La rivalutazione fuori esercizio può essere realizzata anche secondo un’altra
modalità operativa: « … la contropartita dell’incremento di valore del cespite è costi-
tuita da una plusvalenza da rivalutazione da indicare tra i componenti straordinari di
reddito. Successivamente la plusvalenza da rivalutazione viene neutralizzata attraver-
so un accantonamento, da indicare tra gli oneri straordinari, avente come contropartita
la riserva di rivalutazione » G. ROBERTO, Le svalutazioni e le rivalutazioni non mone-
tarie delle immobilizzazioni materiali, Aracne, 2004, pp. 152-153. In tal senso si ve-
dano: I. FACCHINETTI, Guida al bilancio d’esercizio, Il Sole 24 ore, 1998, pp. 170-
171; A. MUSAIO Il capitale di “rischio”, Giuffrè, 1993, pp. 189-190. 62
Cfr. A. VIVARELLI, I componenti straordinari del reddito d’impresa, Società
Editoriale Italiana, 1969, pp. 25-26. G. ROBERTO, Le svalutazioni e le rivalutazioni
non monetarie delle immobilizzazioni materiali, Aracne, 2004, pp. 154-155. 63
Per un’analisi empirica dell’utilizzo delle rivalutazioni da leggi speciali da parte
delle imprese nazionali, si rimanda a: F. Piras, A. Mura, Le rivalutazioni da leggi spe-
ciali: l’evidenza empirica nei bilanci delle imprese italiane, Rivista dei Dottori
Commercialisti, Vol. 1 2015, pp. 27-55.
Capitolo XIV 472
14.5 La chiarezza e la rappresentazione veritiera corretta
Norme di I livello
clausola
generale:
(art. 2423)
- chiarezza
- rappresentazione
veritiera e corretta
14.5.1. La chiarezza
Come anticipato, nell’ambito della clausola generale si possono
distinguere due principali attributi che deve possedere il bilancio
d’esercizio:
la chiarezza;
la rappresentazione veritiera e corretta.
La chiarezza riguarda la capacità del bilancio di esprimere in modo
intellegibile l’oggetto rappresentato — ossia la situazione patrimoniale,
finanziaria ed economica dell’impresa — e «di farsi comprendere dai
destinatari»; si tratta di una qualità indispensabile per uno strumento di
informazione. La chiarezza ha comunque una portata sempre limitata,
nel senso che il legislatore non pretende che il bilancio sia
comprensibile a qualsiasi destinatario, a prescindere dal suo livello di
conoscenze, poiché si tratta comunque di un documento tecnico. Il
lettore deve possedere le conoscenze ragionieristiche e economico-
aziendali di base imprescindibili per la comprensione delle
informazioni contenute nel bilancio64
.
64
Si tratta delle argomentazioni efficacemente elaborate dal Caramiello al-
le quali si rimanda per gli opportuni approfondimenti: C. Caramiello, Il bilan-
Il bilancio secondo il Codice Civile 473
La chiarezza si riferisce convenzionalmente ai requisiti formali che
deve possedere il bilancio d’esercizio nell’esporre il suo contenuto.
Essa si raggiunge mediante il rispetto dei criteri di esposizione forniti
dallo stesso legislatore per la redazione degli schemi di stato
patrimoniale e conto economico individuati, rispettivamente, agli
articoli 2424 e 2425 del codice civile e mediante il rispetto del
contenuto della nota integrativa di cui all’art. 2427 del codice civile.
L’articolo 2423-ter al primo comma delinea in modo
sostanzialmente rigido il rispetto degli schemi di stato patrimoniale e
conto economico imponendo di iscrivere separatamente e nell’ordine
indicato le voci previste negli schemi e vietando la compensazione di
partite tra voci che vanno esposte separatamente. Tuttavia, in
determinate circostanze e su alcuni livelli di voci, introduce la
possibilità o l’obbligo, a seconda dei casi65
, di procedere a suddivisioni,
raggruppamenti, aggiunte e adattamenti al fine di favorire la stessa
chiarezza del bilancio.
14.5.2. La rappresentazione veritiera e corretta
La rappresentazione veritiera e corretta riguarda l’attributo
sostanziale che deve avere il contenuto del bilancio, ossia si riferisce
alle modalità di quantificazione della situazione patrimoniale,
finanziaria e del risultato economico.
Nel precedente capitolo ci si è soffermati sulla natura indeterminata
delle grandezze oggetto di studio del bilancio dell’esercizio. Le varie
ipotesi alternative di previsione e scissione necessarie per attribuire i
valori di gran parte degli elementi del patrimonio riducono la presenza
di valori oggettivi a pochi e limitati casi. Ed è solo in queste circostanze
che la correttezza a cui si riferisce il legislatore rileva. Il denaro in
forma di banconote e monete metalliche espresse in moneta di conto
rappresenta un valore incontrovertibile, ma generalmente irrilevante
rispetto al totale dell’attivo patrimoniale. In un periodo di forti turbative
nella finanza internazionale ed in particolare nel settore bancario
persino il valore delle disponibilità monetarie presso gli istituti di
cio di esercizio, ieri e oggi. Brevi note per un confronto, Giuffrè, Milano,
1994, pp. 13-17 65
Sui quali si tornerà con maggiore analisi successivamente al par. 15.2.
Capitolo XIV 474
credito può presentare elementi di incertezza. A maggior ragione per
attribuire un valore ai crediti, alle rimanenze di beni, alle
immobilizzazioni materiali, immateriali e finanziarie, così come per la
definizione del valore delle passività, sono necessarie valutazioni
soggettive.
Da ciò discende che la verità a cui si riferisce il codice civile non
può essere intesa in senso assoluto e oggettivo poiché inesistente. Si
tratta, invece, di una verità che si raggiunge convenzionalmente
attraverso il rispetto dei principi di redazione del bilancio contenuti
all’art. 2423 bis e i criteri di valutazione contenuti all’art. 2426 del
codice civile.
Al di fuori dei casi eccezionali di cui si è accennato più sopra, le
valutazioni di bilancio devono essere realizzate lungo il solco tracciato
dal legislatore. Tale tracciato include delle opzioni e dei margini di
discrezionalità e rappresenta lo spazio entro cui il redattore di bilancio
può esprimere la propria sensibilità. Di conseguenza, con riferimento
ad una stessa impresa ed uno stesso periodo amministrativo potranno
redigersi bilanci diversi al variare di questa sensibilità, ma ugualmente
veritieri nel senso inteso dal legislatore, ossia nel rispetto dei principi di
redazione e dei criteri di valutazione del codice civile. Come sarà
approfondito, il principio di continuità nei criteri di valutazione pone
degli argini a questa discrezionalità, cosi come la stesso principio della
continuità dei valori contabili, secondo cui i valori del patrimonio
aziendale all’inizio di un esercizio coincidono con quelli del patrimonio
alla fine dell’esercizio precedente. Tuttavia gli spazi di manovra non
mancano, e qui il lettore del bilancio deve assumere piena
consapevolezza di ciò che il bilancio può rilevare e ciò che non può
rilevare.
14.6 I principi di redazione del bilancio
Norme di II livello
principi di redazione del bilancio (art. 2423 bis)
- Prudenza
- Continuazione attività aziendale
- Prevalenza della sostanza
- Competenza economica
- Continuità dei criteri di valutazione
Il bilancio secondo il Codice Civile 475
14.6.1. La prudenza
Nell’ambito dei principi di redazione del bilancio indicati all’art.
2423 bis, ossia le norme di secondo livello che si collocano tra il
principio della rappresentazione veritiera e corretta (art. 2423) e i criteri
di valutazione (art. 2426) del cod. civile, il principio della prudenza è il
primo ad essere citato dal legislatore. Si tratta di un principio che
storicamente ha svolto un ruolo fondamentale nella formazione dei
bilanci delle imprese, sin dall’epoca medioevale (Basu).
Il legislatore al punto 1) dell’articolo 2423 bis del codice civile
stabilisce che « la valutazione delle voci deve essere fatta con prudenza
…»; al punto 2) chiarisce che « si possono indicare esclusivamente gli
utili realizzati alla data di chiusura dell’esercizio » ed al punto 4)
aggiunge che « si deve tener conto dei rischi e delle perdite di
competenza dell’esercizio, anche se conosciuti dopo la chiusura di
questo ».
Come ulteriormente specificato dai principi contabili OIC, queste
indicazioni identificano un comportamento asimmetrico che il redattore
del bilancio deve tenere nel valutare le operazioni di gestione che al
termine dell’esercizio non si sono ancora concluse. In particolare, se
l’ipotesi di conclusione dell’operazione in corso fa intravedere un
risultato negativo, una perdita, essa deve essere immediatamente
contabilizzata, anche se non vi è certezza di tale esito, e anche se la
conoscenza si accerta dopo la fine del periodo amministrativo.
Diversamente, quando l’ipotesi di conclusione dell’operazione
evidenzia un risultato positivo, lo stesso non può essere contabilizzato,
a prescindere dall’attendibilità dell’ipotesi. Gli utili che appaiono in
bilancio, quindi, riguardano unicamente operazioni che si sono già
concluse entro la chiusura del bilancio.
Comincia, quindi, a delinearsi in modo assai marcato l’orientamento
che il legislatore e i principi contabili richiedono nella valutazione delle
operazioni in corso. Riprendendo il caso semplificato della valutazione
delle rimanenze al termine dell’esercizio proposto nel capitolo
precedente, si possono chiarire gli aspetti operativi del principio della
prudenza:
Capitolo XIV 476
Es. utile non ancora realizzato Si ipotizza che un’impresa
mercantile si sia costituita con un capitale di 100, interamente versato in denaro, in data 1/1 dell’anno t. Durante l’anno t acquista merci per un valore di 100 (100 kg di merce al prezzo di 1 €) che risultano interamente in giacenza al termine del periodo amministrativo. Dal listino dell’impresa risulta che tali beni hanno un prezzo di vendita di € 1,2 il Kg e apposite ricerche di mercato confermano la fattibilità delle vendite.
Al momento di redigere il bilancio d’esercizio al 31/12/anno t, si
prevede di riuscire a vendere interamente i beni in giacenza ai prezzi di
listino. Secondo questa ipotesi di previsione, l’operazione in questione,
una volta conclusa, genererebbe un risultato lordo positivo di 20, pari
alla differenza tra il ricavo di vendita di 120 (1,2×120 kg) ed il costo
d’acquisto di 100 (1×100 kg). Tuttavia, questo risultato non è ancora
maturato, poiché lo scambio non si è ancora manifestato.
Il legislatore e i principi contabili, in queste circostanze, pretendono
che tale risultato positivo non vada evidenziato nel reddito e nel
capitale riferiti all’anno t. L’intera rimanenza di magazzino va quindi
valutata, in armonia con il principio della prudenza, al suo prezzo di
costo di 100. In questo modo l’intero risultato economico viene rinviato
all’esercizio successivo. Infatti il reddito d’esercizio ed il collegato
capitale di funzionamento si presentano nel modo seguente:
Conto economico al 31/12/anno t
Costi t Ricavi t
Acquisto merci 100 Vendita merci 0
Variazione rimanenze
merci
100
Totale costi 100
Utile d’esercizio 0
Totale a pareggio 100 Totale ricavi 100
Stato patrimoniale al 31/12/anno t
Attività t Passività e netto t
Cassa 0 Capitale sociale 100
Rimanenze merci 100 Utile d’esercizio 0
Totale attività 100 Totale passività e netto 100
Il bilancio secondo il Codice Civile 477
Il reddito risulta pari a zero poiché i costi d’acquisto dell’esercizio
sono rinviati all’esercizio successivo grazie allo storno degli stessi con
la rilevazione delle rimanenze finali al valore di costo tra i componenti
positivi di reddito. Allo stesso modo sul piano patrimoniale, il capitale
netto non si modifica rispetto all’inizio dell’esercizio poiché
l’attribuzione del valore di costo alle rimanenze di magazzino comporta
il mancato riconoscimento del risultato positivo che l’operazione non
ancora conclusa potenzialmente può generare.
Con tale scelta il legislatore mira ad evitare che si verifichino
pericolosi annacquamenti del capitale netto. Si tratta di incrementi del
capitale netto che possono non corrispondere a reali apporti di
ricchezza. Nello stesso esempio appena fatto, ciò si verificherebbe nel
caso in cui si disattendesse la prescrizione del legislatore di valutare le
rimanenze al prezzo di costo di 100 e si optasse per la valutazione al
prezzo di vendita di 120. Il reddito ed il capitale risulterebbero i
seguenti:
Conto economico al 31/12/anno t
Costi t Ricavi t
Acquisto merci 100 Vendita merci 0
Variazione rimanenze
merci
120
Totale costi 100
Utile d’esercizio 20
Totale a pareggio 120 Totale ricavi 120
Stato patrimoniale al 31/12/anno t
Attività t Passività e netto t
Cassa 0 Capitale sociale 100
Rimanenze merci 120 Utile d’esercizio 20
Totale attività 120 Totale passività e netto 120
Il capitale netto si accrescerebbe di 20 per effetto dell’utile di pari
importo. Ecco, se i soci decidessero di distribuirsi tale reddito di 20 e
nell’esercizio t+1 un’imprevista congiuntura sfavorevole non
consentisse altra alternativa che vendere quelle merci al prezzo di costo
di 100, il presunto margine positivo si azzererebbe del tutto. A
posteriori risulterebbe che i soci non si sono distribuiti un reddito di 20,
ma bensì si sono distribuiti una parte del capitale preesistente. Quel
presunto maggior valore di 20 del capitale rappresenta perciò un
annacquamento del capitale, con effetti deleteri sulla sopravvivenza
Capitolo XIV 478
dell’impresa. Valutare al prezzo di costo in queste circostanze significa
tutelare l’integrità del capitale.
Da questo esempio, si comprende il perché la valutazione dei beni al
costo si sposi armoniosamente con il principio della prudenza ed il
perché la scelta del criterio del costo sia adoperata con frequenza dal
legislatore e dai principi contabili per gran parte delle valutazione degli
elementi attivi del patrimonio aziendale.
Es. perdita non ancora realizzata Lasciando immutati tutti gli
elementi del caso precedente, si consideri una diversa ipotesi di conclusione dell’operazione in corso: condizioni avverse di mercato indicano che le merci potranno essere vendute ad un prezzo di vendita di € 0,9 al Kg.
Queste informazioni modificano l’ipotesi di previsione
dell’operazione prefigurando una conclusione negativa della stessa. I
beni acquistati a 100 nell’esercizio potranno essere rivenduti
nell’esercizio t+l al prezzo complessivo di 90 generando una perdita
complessiva di 10. L’asimmetria valutativa imposta dal codice civile si
concretizza nell’obbligo di rilevare interamente la perdita in formazione
già nell’esercizio t. In questo caso il costo di 100 non può essere
adottato per valutare le rimanenze di magazzino, ma si deve ricorrere al
minor valore di realizzo delle stesse ossia 90. Si tratta della cosiddetta
regola del minore tra valore di costo e valore di mercato che consente
di evitare di rinviare agli esercizi successivi perdite non ancora
manifestatesi ma già previste. Il reddito d’esercizio ed il collegato
capitale di funzionamento si presentano nel modo seguente:
Conto economico al 31/12/anno t e t+1
Costi t Ricavi t
Acquisto merci 100 Vendita merci 0
Rimanenze iniziali merci 0 Rimanenze finali merci 90
Totale costi 100
0 Perdita d’esercizio 10
Totale a pareggio 100 Totale ricavi 100
Stato patrimoniale al 31/12/anno t
Attività t Passività e netto t
Cassa 0 Capitale sociale 100
Rimanenze merci 90 (-) Perdita d’esercizio -10
Totale attività 90 Totale passività e netto 90
Il bilancio secondo il Codice Civile 479
Il risultato negativo è così interamente anticipato all’esercizio in cui
se ne è venuti a conoscenza, senza attendere la conclusione
dell’operazione.
I principi contabili nazionali (OIC) specificano che devono essere
evitati eccessi nell’interpretazione del principio della prudenza perché «
pregiudizievoli per gli interessi degli azionisti e [perché] rendono il
bilancio inattendibile e non corretto. Il principio della prudenza,
pertanto, deve rappresentare non l'arbitraria riduzione di redditi e di
patrimonio, bensì quella qualità di giudizi a cui deve informarsi il
procedimento valutativo di formazione del bilancio; ciò soprattutto
nella valutazione delle incertezze e dei rischi connessi con l'andamento
operativo aziendale al fine di assicurare che ragionevoli stanziamenti
vengano effettuati in previsione di perdite potenziali da sostenersi nel
realizzo dell'attivo di bilancio e nella definizione di passività reali e
potenziali »66
. È opportuno sottolineare che i termini “qualità di
giudizi” e “ragionevoli stanziamenti” risultano fondamentali per evitare
i temuti eccessi e paiono allo stesso tempo alquanto indefiniti. Si tratta
di uno spazio interpretativo che di fatto verrà riempito da ciascun
redattore di bilancio secondo la sua specifica inclinazione.
14.6.2. La valutazione separata di elementi eterogenei
Per salvaguardare ulteriormente il principio della prudenza, l’art.
2423 bis del cod. civile al punto 5 impone che « gli elementi eterogenei
ricompresi nelle singole voci devono essere valutati separatamente ».
La finalità di questo principio, infatti, è di evitare valutazioni
complessive delle diverse operazioni di gestione in corso di
svolgimento al termine dell’esercizio che possano portare alla
compensazione di utili non ancora realizzati, collegati a date
operazioni, con perdite presunte relative ad altre operazioni in corso. Si
tratta di garantire il rispetto della asimmetria valutativa prevista dal
principio della prudenza in modo rigoroso, senza mescolare elementi
patrimoniali di diversa natura. Anche in questo caso un esempio
collegato alla valutazione delle rimanenze può essere d’aiuto.
66
Oic 11, Bilancio d'esercizio. Finalità e postulati, Giuffrè, 2005, p. 13.
Capitolo XIV 480
Es. valutazione elementi eterogenei L’impresa mercantile Negotiatur presenta al 31/12 dell’anno t due tipologie di beni in rimanenza: 200 Kg di riso e 300 Kg di grano. Il riso è stato acquistato a € 1 il Kg e ha un prezzo di vendita di € 1,5 il kg. Il grano è stato acquistato € 1 il Kg e ha un prezzo di vendita di € 0,9 il Kg.
Il prospetto seguente riassume le informazioni necessarie per la
valutazione delle merci dell’impresa Negotiatur.
Prezzo di acquisto Prezzo di vendita Minore tra costo e
mercato
Riso (200 x 1) = 200 (200 x 1,5) = 300
Grano (300 x 1) = 300 (300 x 0,9) = 270
Tot. 500 Tot. 570 500
In assenza del principio di redazione sotto esame, il redattore del
bilancio potrebbe essere tentato di confrontare cumulativamente i valori
di costo, nell’esempio 500 (la somma di 300+200), e i valori di realizzo
(570 = 300+270) e scegliere quindi di valutare complessivamente le
rimanenze di riso e grano a € 500, il complessivo valore di costo. In
questo modo, il rispetto del principio della prudenza sarebbe in parte
pregiudicato proprio perché si compenserebbe un utile potenziale
collegato alla compravendita di grano con la perdita potenziale
collegata alla compravendita di riso.
Il legislatore richiede, in questa circostanza, che il riso e il grano
vadano valutati separatamente poiché presentano conseguenze
economiche eterogenee.
Prezzo di acquisto Prezzo di vendita Minore tra costo e
mercato
Riso (200 x 1) = 200 (200 x 1,5) = 300 200
Grano (300 x 1) = 300 (300 x 0,9) = 270 270
Totale 470
Come si evince dal prospetto sopra riportato, il riso va valutato al
costo di 200, per evitare di attribuire un utile non ancora realizzato di
100, mentre il grano va valutato al minor valore di mercato di 270 in
modo da incorporare la perdita prevista di 30. La valutazione
complessiva di riso e grano è quindi pari a 470.
Il bilancio secondo il Codice Civile 481
Il principio in esame così evita di annacquare il capitale con
l’attribuzione un utile non ancora realizzato e consente di rispettare il
principio della prudenza e, di conseguenza, la rappresentazione
veritiera e corretta.
14.6.3. La continuazione dell’attività aziendale
Il cod. civile richiede, sempre al punto 1 dell’art. 2423 bis del codice
civile, che « la valutazione delle voci deve essere fatta … nella prospet-
tiva della continuazione dell'attività…». Questo principio, anche noto
con terminologia anglosassone “going concern principle”, richiede al
redattore di bilancio, da un lato di accertarsi che l’impresa sia in grado
di continuare ad operare in futuro secondo condizioni di normale fun-
zionamento e dall’altro di utilizzare questa stessa ottica nel valutare
l’esito delle operazioni di gestione in corso di svolgimento al termine
dell’esercizio.
Il presupposto della continuazione dell’attività aziendale richiede
quindi che non vi sia la volontà o la necessità da parte della direzione
aziendale di ricorrere a operazioni di cessazione aziendale e che nel va-
lutare le operazioni di gestione non si utilizzino criteri di liquidazione
né tantomeno criteri per la valutazione del capitale economico come
nelle ipotesi di cessione aziendale. Questi criteri alternativi per valutare
il capitale aziendale, infatti, vanno adoperati per la redazione dei bilanci
straordinari relativi a momenti straordinari della vita d’impresa: liqui-
dazione volontaria o coatta, cessione, fusione, ecc.
L’impresa in funzionamento realizza continuativamente e simulta-
neamente investimenti che sono perpetuamente rinnovati alla loro sca-
denza. L’esito delle operazioni di gestione in corso di svolgimento va
ipotizzato nell’ottica chiarita dallo Zappa, secondo cui l’azienda è un i-
stituto economico destinato a perdurare nel tempo.
14.6.4. La competenza economica
Il cod. civile specifica inoltre che « si deve tener conto dei proventi e
degli oneri di competenza dell'esercizio, indipendentemente dalla data
dell'incasso o del pagamento » (art. 2423 bis, punto 3). Si tratta del
fondamentale principio della competenza economica, il cui compito è
Capitolo XIV 482
di orientare il redattore del bilancio su come attribuire i costi e i ricavi
al periodo amministrativo cui si riferisce il bilancio. Le sintetiche
indicazioni del legislatore si limitano a chiarire che la manifestazione
monetaria dei costi e ricavi è irrilevante ai fini della loro partecipazione
alla formazione del reddito d’esercizio. Non si tratta, quindi, di una
competenza di cassa. Allo stesso tempo, però, tali indicazioni non
identificano regole più analitiche su come riconoscere i costi e i ricavi
nel conto economico e su come poterli contrapporre. In altri termini, il
legislatore non fornisce un criterio operativo per impostare il cosiddetto
principio della correlazione dei costi e ricavi (o matching principle).
Non rimane che ricorrere ai principi contabili per avere dei riferimenti
puntuali su questi aspetti.
I ricavi: il criterio di riconoscimento
I principi contabili italiani (OIC) definiscono i diversi aspetti della
questione individuando innanzitutto un criterio per il riconoscimento
dei ricavi e fissando poi le regole affinché i costi siano correlati ai
relativi ricavi. Quindi, una volta identificati i ricavi, su di essi ruota il
processo di correlazione dei costi.
In particolare, i ricavi sono riconosciuti nel conto economico quando
sussistono due requisiti:
«1) il processo produttivo dei beni o dei servizi è stato completato;
2) lo scambio è già avvenuto, si è cioè verificato il passaggio
sostanziale e non formale del titolo di proprietà. Tale momento è
convenzionalmente rappresentato dalla spedizione o dal momento in
cui i servizi sono resi e sono fatturabili »67
.
In alcuni casi, però, questa regola subisce delle eccezioni, come nel
caso della valutazione dei lavori in corso su ordinazione di lunga
durata. Si pensi al caso di opere edili impegnative come la costruzione
di una diga, un’autostrada, ecc. che possono richiedere anche diversi
anni per il loro compimento. In questi casi e a determinate condizioni,
il legislatore, e coerentemente i principi contabili, ammettono la
possibilità di attribuire i ricavi o una porzione degli stessi ben prima
che il processo di produzione sia completato.
67 Oic 11, Bilancio d'esercizio. Finalità e postulati, Giuffrè, par.
2005, p. 15.
Il bilancio secondo il Codice Civile 483
I costi: il principio della correlazione ai ricavi
Una volta individuati i ricavi che partecipano alla formazione del
reddito d’esercizio, questi rappresentano il punto di riferimento per
identificare i costi che vi devono essere contrapposti. Deve trattarsi di
costi, certi o presunti, sostenuti o ancora da sostenere per ottenere quei
ricavi.
Le tre modalità individuate dai principi contabili nazionali per
identificare i costi da correlare ai relativi ricavi, sono le seguenti:
« 1) per associazione di causa ad effetto;
2) per ripartizione dell'utilità o funzionalità pluriennale su base raziona-
le e sistematica, in mancanza di una più diretta associazione. Tipico e-
sempio è rappresentato dall'ammortamento;
3) per imputazione diretta di costi al conto economico dell'esercizio o
perché associati al tempo o perché sia venuta meno l'utilità o la funzio-
nalità del costo »68.
Il punto 1) fa riferimento ad un’associazione diretta di causa ad
effetto che si presenta ad esempio quando i costi riguardano materie
prime che si incorporano nei prodotti finiti o servizi da vendere, come
accade, rispettivamente, nelle imprese industriali e di servizi; oppure in
presenza di costi d’acquisto delle merci da associare ai ricavi di vendita
delle stesse merci. Si pensi, ad esempio, in un’impresa produttrice di
automobili ai costi d’acquisto degli pneumatici che vanno associati ai
ricavi delle vetture vendute in cui gli stessi sono stati montati, o i costi
d’acquisto delle derrate alimentari utilizzati per allestire i pasti nel
settore della ristorazione, ecc.
Al termine del periodo amministrativo accadrà che non tutti i costi
delle materie prime, sussidiarie, di consumo e merci acquistate
nell’esercizio o in esercizi precedenti siano associabili ai ricavi maturati
nello stesso anno. La rilevazione delle rimanenze finali dei beni in
magazzino rappresenta la procedura contabile che ha lo scopo di
rinviare i relativi costi d’acquisto agli esercizi successivi in cui si
verificherà la maturazione dei ricavi di vendita.
Il punto 2) si verifica in presenza di fattori produttivi utilizzati
congiuntamente per la trasformazione fisico-tecnica e/o economica di
più produzioni di beni e servizi. In questi casi l’associazione che si
68
Oic 11, Bilancio d'esercizio. Finalità e postulati, Giuffrè, par. 2005, p. 16.
Capitolo XIV 484
ricerca è indiretta e avviene tra i costi e i periodi in cui si conseguono i
relativi ricavi. L’esempio del costo degli immobili ad uso alberghiero
risulta emblematico in proposito. Si tratta infatti di costi ingenti che
l’impresa alberghiera generalmente sostiene finanziariamente nella fase
di avviamento, mentre l’utilizzo dell’immobile, indispensabile per la
generazione dei ricavi dei servizi di alloggio, si protrae per periodi
assai lunghi, se non per l’intera vita dell’impresa. Come si è già
approfondito sul piano della rilevazione e come chiariremo
ulteriormente sul piano valutativo, il processo d’ammortamento
rappresenta la procedura contabile che consente di ripartire un costo
pluriennale tra i diversi esercizi in cui il fattore produttivo verrà
utilmente impiegato dall’impresa, in modo da essere contrapposto ai
ricavi di vendita dei beni e/o servizi che lo stesso fattore contribuirà a
realizzare.
Il punto 3) prevede l’imputazione diretta al conto economico del
costo quando lo stesso è legato al decorrere del tempo oppure quando il
fattore produttivo non ha più utilità. I costi per gli oneri finanziari,
come ad esempio gli interessi passivi su mutui, rappresentano il tipico
esempio della prima tipologia, visto che la loro entità varia
proporzionalmente al decorrere del tempo. Da qui, la necessità di
ricorrere alla tecnica dei ratei o dei risconti, a seconda dei casi, per
attribuire le quote di costo ai periodi temporali in cui gli interessi sono
maturati a prescindere dal momento del loro pagamento. La seconda
fattispecie si verifica in presenza di fattori produttivi che hanno cessato
la loro utilità; come ad esempio in presenza di derrate alimentari che
risultano deperite prima del loro utilizzo, oppure si pensi ad un tour
operator che non riesce a vendere dei pacchetti di viaggio confezionati
con la disponibilità di camere alberghiere acquistate preventivamente
con la clausola “vuoto per pieno”. In questi casi, il costo dei fattori
produttivi deve necessariamente essere imputato all’esercizio perché in
futuro non vi sarà alcun ricavo ad esso correlabile.
Quanto illustrato chiarisce come il legislatore e i principi contabili
accolgano, in linea generale, la «logica del rinvio dei costi» per
impostare il principio della competenza economica e il costo storico
come criterio di riferimento per la valutazione degli elementi
patrimoniali69
. Tuttavia, non mancano i casi in cui lo stesso legislatore
69
Si rimanda al precedente paragrafo 13.5 per una sintetica illustrazione della lo-
gica del rinvio dei costi e dei bilanci a costi storici.
Il bilancio secondo il Codice Civile 485
e i principi contabili si discostano da questi criteri. Sono già stati citati i
casi delle rimanenze di beni e servizi delle imprese che operano su
commessa che possono essere valorizzate in base ai ricavi e le deroghe
previste per il rispetto della clausola della rappresentazione veritiera e
corretta che consentono di ricorrere ai valori correnti mediante
rivalutazioni economiche; si considerino inoltre che deroghe
assimilabili sono previste in caso di rivalutazioni di elementi
patrimoniali previste da leggi speciali (tutt’altro che inusuali nel recente
passato!), oppure in caso di valutazione delle partecipazioni
immobilizzate in imprese controllate e collegate con il metodo del
patrimonio netto.
14.6.5 La valutazione in base alla prevalenza della sostanza
dell’operazione o del contratto.
L’art. 2423 bis del cod. civile, al punto 1 bis), dispone inoltre che «la
rilevazione e la presentazione delle voci è effettuata tenendo conto della
sostanza dell’operazione o del contratto».
Si tratta di un principio introdotto con una diversa formulazione con
la riforma del diritto societario del 2004, ma già presente nei principi
contabili nazionali con la denominazione di principio della prevalenza
della sostanza sulla forma. In linea generale, questo principio diviene
importante in presenza di operazioni di gestione in cui la sostanza
economica dell’operazione diverge dalla sua forma legale ed impone
che la rappresentazione in bilancio ricalchi la sostanza economica.
Tuttavia, il rigoroso rispetto di questo principio non appare scevro
da complicazioni soprattutto quando la rappresentazione della sostanza
economica porti a delle conseguenze negative sul piano della tassazione
o al mancato rispetto delle stesse norme del codice civile.
Il caso delle operazioni di leasing finanziario aiuta a comprendere i
diversi aspetti della questione. Infatti, una fedele applicazione del
principio in esame dovrebbe portare alla contabilizzazione
dell’operazione secondo il cosiddetto metodo finanziario. Come visto70
,
quest’ultimo ricalca la sostanza economica dell’operazione ossia
l’acquisizione della disponibilità di un bene strumentale mediante un
70
La spiegazione delle alternative per la contabilizzazione delle operazioni di
leasing finanziario è contenuta al par. 7.8 di questo lavoro.
Capitolo XIV 486
finanziamento della società di leasing, dando rilevanza al fatto che i
rischi e i benefici sono trasferiti all’impresa utilizzatrice. Il cosiddetto
metodo patrimoniale, invece, ricalca l’aspetto legale dell’operazione, in
quanto prevede che il bene non compaia tra le attività patrimoniali
dell’impresa utilizzatrice, se non al termine del contratto in caso si opti
per il pagamento del prezzo di riscatto.
Il legislatore, in proposito, ha fatto una scelta ibrida dal momento
che prevede implicitamente l’adozione del metodo patrimoniale per la
redazione degli schemi di conto economico e stato patrimoniale, mentre
al punto 21 della nota integrativa richiede una serie di informazioni
sull’operazione di leasing che di fatto consentono di ricostruire
l’operazione secondo il metodo finanziario.
14.6.6 La continuità dei criteri di valutazione
L’articolo 2423 bis al punto 6 sancisce che «… i criteri di
valutazione non possono essere modificati da un esercizio all'altro». Si
tratta del principio di continuità di applicazione dei criteri di
valutazione con cui il legislatore mira a contenere la discrezionalità del
redattore nell’utilizzare le opzioni valutative che ha a disposizione. Una
volta effettuate le scelte tra le alternative presenti nel dettato normativo
sulle varie poste di bilancio, queste devono essere coerentemente
mantenute nel tempo, senza possibilità di modificarle di volta in volta
in base a specifici obiettivi di comodo.
Il rispetto di questo criterio consente di raggiungere diversi vantaggi
per i destinatari del bilancio:
— innanzitutto la comparabilità dei bilanci nel tempo. Il lettore può
confrontare i bilanci di anno in anno per verificare l’andamento
reddituale, patrimoniale e finanziario dell’impresa nella consapevolezza
che esso scaturisce da valutazioni omogenee, realizzate con uno stesso
metro di riferimento;
— l’individuazione del reddito prodotto, mettendo in luce l’operato
degli amministratori e gli effetti della congiuntura, proprio perché la
costanza dei criteri riduce la possibilità di effettuare stime e congetture
che portino al livellamento dei redditi tra periodi sfavorevoli e periodi
favorevoli. Le cosiddette «politiche di bilancio», con cui di volta
involta si stanziano generosi accantonamenti al conto economico nei
periodi di congiuntura favorevole per utilizzarli nelle fasi di crisi, sono
Il bilancio secondo il Codice Civile 487
naturalmente contrastate dall’obbligo di garantire la continuità dei
criteri di valutazione. A titolo d’esempio, si consideri che il legislatore
caldeggia esplicitamente l’attribuzione di quote ammortamento costanti
per ripartire il costo pluriennale delle immobilizzazioni, al fine di
evitare opportunistici incrementi e decrementi per prefigurare graditi
risultati reddituali71
.
— la neutralità del bilancio. Si è riferito dell’ampia platea di soggetti
interessati al bilancio d’esercizio, ai loro interessi e aspettative
potenzialmente contrastanti e alla difficoltà di conciliare tali
aspettative. In quest’ottica, l’obbligo di mantenere le stesse
impostazioni valutative rappresenta un serio ostacolo alle tentazioni di
tutelare in modo sistematico una determinata categoria di stakeholder a
discapito delle altre. Il principio della neutralità, denominato anche
dell’imparzialità, è esplicitamente menzionato dai principi contabili
nazionali che lo collocano tra i postulati del bilancio72
.
Il cod. civile, tuttavia, ammette la possibilità di derogare al principio
in esame in presenza di casi eccezionali, nei quali è comunque richiesta
un’adeguata motivazione in Nota Integrativa unitamente alla
quantificazione degli effetti prodotti sulla situazione patrimoniale,
finanziaria e sul risultato economico
Come esempio di caso eccezionale in cui si ritiene ammissibile la
deroga alla continuità dei criteri di valutazione, si pensi ad un’impresa
che cessa di operare autonomamente sul mercato a seguito del suo
ingresso in un gruppo di imprese. In queste circostanze può accadere
che l’impresa capogruppo richieda alle diverse imprese da lei
controllate e facenti parte dello stesso gruppo di uniformare i propri
criteri di valutazione al fine di consentire la redazione del bilancio
consolidato su basi omogenee.
71
È quanto lo stesso legislatore indicò nella relazione di accompagnamento al d.
lgs. 191/92 con cui fu recepita nel nostro ordinamento la IV direttiva CEE. 72
Cfr.: Oic 11, Bilancio d'esercizio. Finalità e postulati, Giuffrè, par. 2005, pp.12-
13.