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Frege
• I fondamenti dell’aritmetica (1884)
• Senso e significato (1892)
• Funzione e concetto (1892)
• Il pensiero – Una ricerca logica (1918)
Frege 1892
(A) Aristotele è il maestro di Alessandro
Magno
(B) Aristotele è Aristotele
Che differenza c’è?
Frege 1892
Da un certo punto di vista (A) e (B) “dicono la stessa
cosa”, perché si ottengono l’uno dall’altro
sostituendo a un’espressione un’espressione
equivalente.
Eppure (A) e (B) hanno diverso «valore conoscitivo»:
- (A) è informativo e (vero) a posteriori
- (B) è non informativo e (vero) a priori
Come dare conto di questa differenza?
Frege 1892
L’idea di Frege è che non c’è una sola proprietà semantica,
bensì due.
- A un livello “più basilare” il valore semantico di
un’espressione è l’oggetto a cui quella parola si applica (=
l’oggetto designato dalla parola).
- A un secondo ma non meno importante livello, è una
proprietà semantica anche «il modo di darsi di ciò che è
designato», ovvero il modo in cui è descritto l’oggetto: a
descrizioni diverse dello stesso oggetto fanno riscontro
(intuitivamente) significati differenti.
Frege chiama Bedeutung la prima proprietà e Sinn la
seconda.
Noi traduciamo, rispettivamente, con Riferimento e Senso
Frege 1892
Aristotele = il maestro di Alessandro Magno
Oslo = la capitale della Norvegia
La stella del mattino = La stella della sera (=
Venere)
- Stesso riferimento (Bedeutung,
letteralmente: significato)
- Diverso senso (Sinn)
Attenzione alla terminologia…
La nozione intuitiva di significato (= meaning) non
corrisponde né a quella di Sinn né a quella di
Bedeutung (pur essendo più vicina alla prima).
Frege SINN BEDEUTUNG
Trad. ingl. standard SENSE REFERENCE
Trad. ital. letterale SENSO SIGNIFICATO
Tr. it. più perspicua SENSO RIFERIMENTO
Termini singolari
(nomi propri, descrizioni definite)
Riferimento = oggetto designato, ciò a cui il nome
o la descrizione si applica univocamente
Senso = modo di dare, di “presentare” l’oggetto
Il senso fissa il riferimento: dato un senso, il
riferimento è univocamente determinato ma
non viceversa.
Descrizioni improprie
Caso 1: Non c’è un unico individuo che le soddisfa (cui si applicano), quindi non hanno un riferimento determinato.
Es. “Il ponte sull’Adda”
“La città italiana con più di 1 milione di abitanti”
Caso 2: non c’è nessun individuo che le soddisfa, quindi non hanno riferimento (descrizioni “vuote”).
Es. “La città del Piemonte con più di 1 milione di abitanti”
“Ulisse”, “Paolino Paperino” (secondo Frege)
Enunciati
Hanno anch’essi due proprietà semantiche: senso e
riferimento. Deve essere così “per simmetria”: alle
differenze semantiche al livello delle parole
faranno riscontro differenze analoghe al livello
degli enunciati.
Ad esempio, se ‘Espero’ ha senso diverso da
‘Fosforo’, allora ‘Espero è Fosforo’ dovrà avere
senso diverso da ‘Espero è Espero’ (anche se i
due enunciati dicono, a livello basilare, la stessa
cosa)
Che cosa sono senso e riferimento degli enunciati?
Enunciati
(i) Un enunciato contiene o esprime un pensiero;
(ii) Il pensiero è il contenuto del giudizio (nonché di altri atti mentali)
(iii) L’atto del giudicare consiste nell’asserire il vero o il falso.
Senso di un enunciato = pensiero espresso dall’enunciato
Riferimento di un enunciato = valore di verità dell’enunciato (il Vero oppure il Falso)
Enunciati
(A) Espero è Espero
(B) Espero è Fosforo
I termini ‘Espero’ e ‘Fosforo’ hanno stesso
riferimento ma diverso senso. E’ quindi
ragionevole che (A) e (B) abbiano stesso
riferimento ma diverso senso. Infatti:
- Il valore di verità di (A) e (B) è lo stesso
- Il pensiero espresso da (A) è diverso da quello
espresso da (B)
Enunciati e Pensieri
«Ci sono … due tipi di atti mentali che Frege menziona
perché gli preme sottolinearne la differenza: l’afferrare
[fassen] un pensiero e il giudicarlo [urteilen] vero.
L’atto del giudicare presuppone quello dell’afferrare
ma non viceversa.» (Casalegno 1997, p. 33)
Cfr. comprendere un enunciato (= comprendere le
condizioni di verità) vs. determinare se, o credere che,
un enunciato sia vero.
Quando proferisco un enunciato (dichiarativo), esprimo un
pensiero e allo stesso tempo lo giudico vero.
L’enunciato dichiarativo è cioè l’espressione (la
controparte sensibile) del giudizio.
Enunciati
Che tipo di azione linguistica faccio proferendo un
enunciato?
Dipende dal tipo di enunciato. Nel caso degli enunciati
dichiarativi l’azione consiste nel dire le cose come
stanno. O, meglio, nel dire come io credo che le cose
stiano (asserzione)
Che tipo di azione linguistica faccio proferendo una parola?
Nessuna. Le parole sono solo i “mattoni” con cui costruiamo
enunciati
Il valore semantico di una parola è il contributo che
quella parola porta al valore semantico di un enunciato.
Perché il riferimento di un enunciato è il suo valore
di verità? (ovvero: perché gli enunciati sono nomi di valori di verità?)
Noi vogliamo che i termini singolari abbiano un riferimento (e consideriamo il riferimento una proprietà semantica cruciale), in quanto siamo interessati a conoscere il valore di verità dei nostri pensieri, e per sapere se un certo enunciato (pensiero) è vero o falso, dobbiamo sapere a che cosa si riferiscono i termini singolari che in esso compaiono.
«La relazione che lega un nome proprio all’oggetto nominato o una descrizione definita all’oggetto descritto appartiene, per così dire, al medesimo livello di analisi semantica cui appartengono l’essere vero e l’essere falso degli enunciati.» (Casalegno 1997, p. 35).
Perché il riferimento di un enunciato è il
suo valore di verità?
(A) “L’autore de Il libro della jungla” era astemio”
(B) “Il vincitore del premio Nobel per la letteratura del 1907 era astemio”
Il valore di verità di un enunciato come A (o B) dipende dal riferimento della descrizione, non dal suo senso.
Anche se noi ignoriamo il valore di verità di A e B, se sappiamo che le due descrizioni hanno lo stesso riferimento, allora sappiamo anche che A e B hanno lo stesso valore di verità.
Poiché il riferimento di un termine singolare è un oggetto, anche il riferimento di un enunciato sarà un oggetto. (l’essere un oggetto è nella natura logica della nozione di riferimento)
Significato lessicale ed enunciativo
Sono gli enunciati a ereditare il significato dalle parole o viceversa?
Principio del contesto: una parola acquista un significato determinato soltanto nel contesto di un enunciato
Principio di composizionalità: il significato di un enunciato dipende dal significato dei suoi costituenti e dalla sua struttura (da come i costituenti sono composti)
Significato lessicale ed enunciativo
Proposta di armonizzazione dei due principi:
Le parole hanno un significato anche in
isolamento, ma questo significato è “aperto”,
non completamente determinato. La piena
determinazione avviene solo nei singoli usi
all’interno dell’enunciato, in virtù della
relazione con altre parole.
Der Gedanke in 5 tesi
1) Le leggi e l’oggetto della logica sono indipendenti dalle leggi e
dall’oggetto della psicologia.
2) La verità (il predicato ‘vero’) si applica ai pensieri e i pensieri sono i
sensi degli enunciati (dunque il predicato ‘vero’ si applica, in seconda
battuta, anche agli enunciati).
3) E’ possibile esprimere un pensiero senza presentarlo come vero
(ovvero: ci sono diversi tipi di enunciato, e solo l’enunciato dichiarativo o
assertorio lo presenta come vero).
4) Si danno casi in cui uno stesso enunciato può esprimere pensieri
diversi per diverse persone.
5) I pensieri non sono rappresentazioni mentali (quindi, non essendo
nemmeno oggetti sensibili, appartengono a un “terzo regno”, né fisico né
mentale).
Antipsicologismo
• La logica non può essere “ridotta” alla psicologia
• Distinzione atto/contenuto: un conto sono i processi di pensiero, un altro sono i contenuti di pensiero (= i pensieri)
• Il significato non può essere soggettivo/privato altrimenti non potremmo comunicare
• Lo studio dei processi psicologici (e delle rappresentazioni) è irrilevante per la semantica
• “Svolta linguistica”: 1) il pensiero si può studiare solo attraverso il linguaggio; 2) “Riduzione” della metafisica alla semantica; 3) Rilevanza/priorità della semantica per l’epistemologia.
Dalla svolta linguistica alla svolta cognitiva
A partire dagli anni Sessanta/Settanta del secolo
scorso, le tesi caratteristiche della svolta linguistica
vengono messe in discussione, soprattutto
l’antipsicologismo. Già qualche anno prima la
metafisica era ritornata in auge.
Ne parleremo a tempo debito…
Pensiero
- È il portatore primario (= originario) del
valore di verità (truth-bearer). Gli
enunciati ereditano il valore di verità dal
pensiero che essi esprimono.
- Il valore di verità di un pensiero è oggettivo
e stabile.
- In alcuni casi un enunciato esprime un
pensiero solo una volta fissato un
contesto di proferimento ( indicali)
Pensiero
I pensieri sono enti astratti, che “abitano” un “terzo
regno”, né fisico né mentale.
( cfr. idee di Platone)
I pensieri si afferrano (entrano nelle teste delle
persone tramite un atto cognitivo)
I pensieri sono i contenuti di atti mentali
( Pensiero come contenuto ≠ Pensiero come atto o
processo - thought ≠ thinking)
Ambiguità della nozione di pensiero
(= senso di un enunciato)
a) Pensiero come qualcosa di simile alla nozione di condizioni di verità: la proposizione o stato di cose espresso dall’enunciato .
NB I fatti sono pensieri veri, non entità che rendono veri i pensieri.
b) Pensiero come valore cognitivo: ciò che determina l’atteggiamento (di assenso o di rifiuto) di un parlante nei riguardi dell’enunciato (se parlante accetta A ma rifiuta B, A e B hanno diverso valore cognitivo).
Tensione: due enunciati possono avere stesse condizioni di verità ma diverso valore cognitivo
Criteri di identità per i pensieri
(A) Il monte che sovrasta Courmayeur è alto più di 5000 metri
(B) Il monte che sovrasta Chamonix è alto più di 5000 metri
Stesso valore di verità (il FALSO), stesse
condizioni di verità (lo stato di cose o proposizione
che il Monte Bianco è alto più di 5000 metri),
diverso pensiero (perché il senso associato alle
due descrizioni definite è diverso si può credere
vera A e credere falsa B).
Criteri di identità per i pensieri
(C) Giorgio Napolitano è napoletano
(D) Giorgio Napolitano è partenopeo
Stesso valore di verità (il VERO), stesse condizioni di verità
(G.N. è originario di Napoli), diverso pensiero? (è difficile
sostenere che ‘napoletano’ e ‘partenopeo’ abbiano diverso
senso; nondimeno si può credere vera C e credere falsa D.
Criteri di identità per i pensieri
(C) Giorgio Napolitano è napoletano
(D) Giorgio Napolitano è partenopeo
Stesso valore di verità (il VERO), stesse condizioni di verità
(G.N. è originario di Napoli), diverso pensiero? (è difficile
sostenere che ‘napoletano’ e ‘partenopeo’ abbiano diverso
senso; nondimeno si può credere vera C e credere falsa D.
Risposta possibile: il pensiero è lo stesso. Chi non sa che
‘napoletano’ e ‘partenopeo’ hanno lo stesso senso è
linguisticamente incompetente. Quindi chi crede falsa D
non afferra il pensiero (= ha afferrato un altro pensiero?).
Criteri di identità per i pensieri
(A) Io sono l’amministratore delegato della Apple
[detto da me]
(B) A. P. è l’amministratore delegato della Apple
Stesso valore di verità (il FALSO), stesse
condizioni di verità (che A.P. sia a.d. della Apple),
diverso pensiero (perché il senso associato a ‘io’ è
diverso da quello associato ad ‘A.P.’)
si può credere vera A e credere falsa B, per
esempio se sono impazzito).
Oggettività dei pensieri
NB Il fatto che Frege ricorra al criterio dell’identità
vs. differenza di “atteggiamento epistemico” per
decidere se il pensiero è lo stesso oppure no (=
dati i pensieri X e Y, se è possibile credere vero X
e credere falso Y, allora X e Y sono pensieri
diversi) non implica che il pensiero è soggettivo.
Problema: che vuol dire “afferrare un pensiero”?
Nel momento in cui un pensiero “entra nella mia
testa” non diventa in qualche modo “soggettivo”?
Principio di composizionalità
Poiché ci sono due proprietà semantiche, il
principio è duplice:
1) Il riferimento di un enunciato dipende dal
riferimento dei suoi costituenti e dalla struttura
sintattica.
2) Il senso di un enunciato dipende dal senso dei
suoi costituenti e dalla struttura sintattica.
Problemi con 1…
Il fallimento (?) del principio di
composizionalità
Dato un enunciato con un certo valore di verità
(della forma, p. es., a è F), se si sostituisce a
un costituente dell’enunciato un’espressione
linguistica che ha lo stesso riferimento (p. es.
b, dove a=b), il valore di verità dell’enunciato
non muta (analogamente per il senso).
Ora, questo apparentemente ragionevolissimo
principio si espone a numerosi controesempi,
come quelli dei contesti di credenza o più in
generale di attegg. prop., e dei contesti modali:
Il fallimento (?) del principio di
composizionalità
Necessariamente nove è maggiore di sette (VERO)
Necessariamente il numero dei pianeti è maggiore di sette (FALSO)
Giulio credeva che il Nilo fosse in Africa (VERO)
Giulio credeva che il fiume più lungo del mondo fosse in Africa (FALSO)
Edipo voleva sposare Giocasta (VERO)
Edipo voleva sposare sua madre (FALSO)
Si possono fare esempi anche con i subenunciati:
Copernico credeva che le orbite dei pianeti fossero cerchi (VERO [F])
Copernico credeva che la luna fosse fatta di formaggio (FALSO [F->F])
Soluzioni?
Frege: nei contesti indiretti (F. pensava in particolare ai contesti citazionali e di credenza) il riferimento di un enunciato è il suo senso abituale. L’idea è che il contenuto di un atteggiamento non è un valore di verità, ma un modo di dare quel valore di verità, appunto il pensiero espresso: non si crede il vero o il falso ma che qualcosa è vero o falso.
Problemi:
- violazione della cosiddetta innocenza semantica
- non si capisce più che cosa è il senso degli enunciati incassati quando il loro riferimento diventa il senso abituale.
Da Carnap in poi: il principio fallisce per il riferimento, ma vale per il senso.
Frege: riassunto
SENSO RIFERIMENTO
Termini
singolari
Modo di dare
l’oggetto
Oggetto
particolare
Enunciati Pensiero Valore di verità