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LA NUOVA GIURISPRUDENZA CIVILE COMMENTATA CLAUDIA SCOGNAMIGLIO Il danno morale soggettivo Estratto: ISSN 1593-7305 N. 5 MAGGIO 2010 Anno XXVI RIVISTA MENSILE de Le Nuove Leggi Civili Commentate

LA NUOVA GIURISPRUDENZA CIVILE - giustizia.roma.it danno...dimento dogmatico e sistematico del concetto di danno (1), e, da un punto di vista che po-tremmo definire funzionale, l’imperniarsi

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LA NUOVAGIURISPRUDENZA

CIVILECOMMENTATA

cLaUDIa scOGnaMIGLIO

Il danno morale soggettivo

Estratto:

ISSN 1593-7305N. 5 MAGGIO 2010 • Anno XXVIRIVISTA MENSILEde Le Nuove Leggi Civili Commentate

Studi e Opinioni

IL DANNO MORALE SOGGETTIVO

di Claudio Scognamiglio

Sommario: 1. Tutela risarcitoria del valore dellapersona e danno. – 2. La storia recente del dan-no non patrimoniale: verso il crepuscolo del dan-no morale soggettivo? – 3. Il doppio paradossodel danno morale soggettivo. – 4. La funzionesanzionatoria e deterrente della condanna risar-citoria per danno morale soggettivo: profili criti-ci e di comparazione. – 5. Segue: la funzione san-zionatoria e deterrente della condanna risarcito-ria per danno morale soggettivo: profili rico-struttivi. – 6. Danno morale soggettivo e dignitàdella persona.

1. Tutela risarcitoria del valore dellapersona e danno. Chi si volgesse a considera-re l’ultimo mezzo secolo della riflessione dot-trinale sulla responsabilità civile non avrebbedifficoltà ad individuare, tra gli snodi fonda-mentali della stessa, innanzi tutto, l’approfon-dimento dogmatico e sistematico del concettodi danno (1), e, da un punto di vista che po-

tremmo definire funzionale, l’imperniarsi deldiscorso dottrinale, e della elaborazione giuri-sprudenziale, sul problema del danno alla per-sona (2).

(1) Per questa notazione, cfr. già Busnelli, Pro-blemi di inquadramento sistematico del danno allapersona, in Riv. crit. dir. priv., 1987, 27, che indivi-dua tre stagioni nello studio della responsabilità ci-vile: la prima caratterizzata dallo sforzo di supera-mento della vecchia massima «nessuna responsabili-tà senza colpa»; la seconda contraddistinta dal ten-tativo di ampliare l’ambito degli interessi protetti incaso di lesione; la terza, appunto, da un approfondi-mento sempre più consapevole dei temi del danno(ma proprio in quanto il danno è stato studiato dalladottrina più recente in stretta connessione con qua-lificazioni relative alla persona o a suoi attributi, Ca-stronovo, «Danno biologico» senza miti, in Riv.crit. dir. priv., 1988, 20 osserva che «non è la que-stione del danno alla salute a subire l’influenza deglistudi nuovi sul danno, ma sono questi ultimi che ri-sultano in misura maggiore o minore condizionatidalla prima, in particolare per ciò che attiene allaqualificazione patrimoniale - non patrimoniale»; e si

veda anche, più di recente, Id., Danno biologico –Un itinerario di diritto giurisprudenziale, Giuffrè,1998, 20 ss.). Non a caso, uno degli approdi più si-gnificativi della dottrina italiana in materia di re-sponsabilità civile della fine del secolo scorso è rap-presentato proprio dalla voce «Danno giuridico» diMessinetti, in Enc. del dir., (aggiornamento), I,Giuffrè, 1997, ed in particolare, nella prospettivache qui rileva, 476 s., dove si afferma che «con l’uti-lizzazione generalizzata della nozione di danno nonpatrimoniale si apre la fase della modernità, perquanto riguarda gli sviluppi del sistema della re-sponsabilità extracontrattuale. La spinta per unarinnovata produzione di conoscenze, in ordine airapporti compresi in tale sistema, è impressa dallaformazione di nuove relazioni del soggetto con ilmondo della vita, che aumentano la complessità so-ciale». La dottrina di questi ultimi decenni (pren-dendo a riferimento una norma, come quella del-l’art. 2059 cod. civ., nata da un tipo di problematicaparticolare e storicamente condizionata) ha costrui-to questi nuovi aspetti della realtà mediante il con-cetto fondamentale che la modernità dei sistemi ri-sarcitori è contrassegnata dalla dinamica peculiaredi patrimonialità e non patrimonialità degli interes-si, per la quale ognuno dei due ambiti contiene unproprio centro di rapporti.

(2) Si veda, in particolare, sul punto Busnelli,Problemi di inquadramento sistematico del danno al-la persona, 27 ss.; Id., La parabola della responsabili-tà civile, in Riv. crit. dir. priv., 1988, 652, dove si par-la senz’altro di una «doppia metamorfosi del danno,sintetizzabile nel ribaltamento del rapporto tra dan-no al patrimonio (inteso come “somma di proprie-tà”) e danno alla persona e, quanto a quest’ultimo,nello spostamento del relativo “fulcro” da un dannoparametrato sul guadagno a un danno rapportato al

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Al raggiungimento di quest’ultimo risultatohanno concorso, a ben vedere, alcuni fattori disviluppo di sicuro rilievo e soltanto in parte in-terdipendenti (3): da un lato, lo slittamento, re-so possibile da una ricostruzione del problemadella responsabilità civile interamente sgancia-ta dalla prospettiva dell’illecito, del baricentrodel giudizio di responsabilità aquiliana dallaposizione dell’autore del fatto lesivo a quelladella vittima di esso (4), slittamento che sembratrovare forma tecnica nella diretta relazioneposta tra danno ed ingiustizia, tale da far passa-re in primo piano il fatto obiettivo della lesione(5); dall’altro, l’utilizzazione sempre più larga,dapprima come stregue di valutazione dell’in-giustizia del danno, poi anche quali criteri diimputazione dell’obbligo risarcitorio, dei prin-cipi e delle norme formalizzati nella Costitu-zione repubblicana del 1948 (6), che pone, co-

m’è noto, al sommo della propria graduatoriadi valori, la tutela della persona umana (7). Edè del resto facile notare, con una recente dot-trina, che la «difficoltà di argomentare dall’in-

“valore uomo” nella sua concreta dimensione» e taleda ravvivare altresì la discussione sulla nozione stes-sa di danno.

(3) Come attesta, tra l’altro, la circostanza chel’indirizzo della dottrina italiana in materia in questadirezione è principalmente influenzato dai due aa.,cui va riconosciuto il merito di un radicale rinnova-mento degli studi in tema di responsabilità civile eche svolsero tuttavia i loro contributi secondo diret-trici e metodi niente affatto coincidenti, in particola-re per quel che concerne la valorizzazione del datocostituzionale, assai forte nell’uno (Rodotà), quasidel tutto assente nell’altro (R. Scognamiglio): cfr.,sul punto, Salvi, Il paradosso della responsabilità ci-vile, in Riv. crit. dir. priv., 1983, 124.

(4) Cfr. le considerazioni, al riguardo, di Rodo-ta’, Modelli e funzioni della responsabilità civile, inRiv. crit. dir. priv., 1984, 598.

(5) Così Rodotà, Il problema della responsabilitàcivile, Giuffrè, 1964, 107.

(6) È fin troppo ovvio notare che la riflessionecirca la responsabilità civile non potrebbe prescin-dere dalla considerazione delle relazioni che inter-corrono tra tutela aquiliana e sistema costituzionale:non soltanto per l’ovvia constatazione della posizio-ne della Carta costituzionale all’interno della gerar-chia delle fonti del vigente diritto obiettivo, ma an-che per la struttura stessa della norma dell’art. 2043cod. civ., che, se si condivide la sua qualificazionecome norma generale, tale da attribuire rilevanza, afini risarcitori, ad interessi già oggetto di protezionenormativa, impone il rinvio – per la individuazionedelle ipotesi in cui il danno possa reputarsi ingiusto

– alla ricognizione delle situazioni giuridiche sogget-tive rilevanti e solleva, dunque, il quesito circa lapossibilità che la norma costituzionale venga in con-siderazione come attributiva di situazioni giuridichesoggettive, suscettibili di attivare la protezione aqui-liana. Si vedano, fin d’ora, per una approfondita ri-flessione sul punto, Salvi, Il danno extracontrattua-le. Modelli e funzioni, Jovene, 1985, 17 ss., 153 ss. eLibertini, Le nuove frontiere del danno risarcibile,in Contr. e impr., 1987, 87 s. nonché, per l’utilizza-zione della categoria dei diritti inviolabili, nella pro-spettiva della funzione direttiva dei principi costitu-zionali, secondo uno schema destinato a riemergerenella più recente giurisprudenza in materia, Navar-retta, Diritti inviolabili e risarcimento del danno,Giappichelli, 1996, 51 ss. Gli approdi ultimi dellaelaborazione giurisprudenziale del danno non patri-moniale, con la costruzione di un concetto di ingiu-stizia del danno costituzionalmente qualificata (se-condo la notissima impostazione di Cass., sez. un.,11.11.2008, n. 26972, in Resp. civ. e prev., 2009, 38,sulla quale si avrà ovviamente modo di ritornare)costituiscono, del resto, la migliore conferma delfatto che non è ormai neppure possibile «pensare» ildanno non patrimoniale, e dunque anche il dannomorale soggettivo, al di fuori del dato normativo co-stituzionale.

(7) Cfr., in particolare, Castronovo, «Dannobiologico» senza miti, 3 ss. e, più di recente, Id.,Danno biologico, 1 ss., per la inequivoca affermazio-ne della persona come il nucleo cui convergono tuttigli altri ambiti di disciplina della Carta fondamenta-le. Nel quadro di una rigorosa individuazione deimodi attraverso cui il valore della persona è oggettodi qualificazione giuridica da parte dell’ordinamen-to, si veda anche Messinetti, voce «Personalità (di-ritti della)», in Enc. del dir., XXXIII, Giuffrè, 1983,361 ss. In una prospettiva più generale, l’affermazio-ne della centralità della persona umana nel vigenteordinamento costituzionale è particolarmente chiaragià nei notissimi, ed ormai risalenti, contributi diPerlingieri, La personalità umana nell’ordinamen-to giuridico, Jovene, s.d. (ma 1972), 12 ss.; Id., Il di-ritto civile nella legalità costituzionale, Esi, 1984, 77ss., 347 ss. (anche per il rilievo della inadeguatezzadi una tutela giuridica della persona umana che siesaurisce nel profilo strettamente privatistico del ri-sarcimento del danno). Si veda, poi, Mengoni, Latutela giuridica della vita materiale nelle varie età del-l’uomo, in Diritto e valori, 133 ss.

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terno stesso del sistema di responsabilitàl’estensione della tutela aquiliana oltre il tradi-zionale danno patrimoniale ed insieme, e piùancora, la preoccupazione che un’argomenta-zione meramente “interna” (cioè articolata so-lo sulla reinterpretazione dell’art. 2043) potes-se rendere problematico il mantenimento diquesta apertura entro il limite del danno biolo-gico spiegano, in buona parte, il tentativo di farleva sull’art. 32 Cost.», attraverso quella che èstata definita la via costituzionale alla depatri-monializzazione della responsabilità civile (8).

Non è difficile rendersi conto che questisvolgimenti hanno richiesto l’elaborazione diconcezioni del danno extracontrattuale pro-fondamente innovative (9) e tali da influenzareanche settori della riflessione in materia aqui-liana da essi, a prima vista, assai lontani (10).

Gli esiti di questa vicenda culturale, certo trale più importanti nello sviluppo del diritto pri-vato italiano della seconda metà del secoloscorso, sono largamente noti e la loro appro-fondita analisi risulterebbe, del resto, eccentri-ca rispetto all’oggetto specifico di questo scrit-to.

Basti qui rammentare – per sfiorare sol-tanto sviluppi dottrinali e giurisprudenzialicollocati sullo scorcio finale del secolo scorsoe che ben possono dirsi costituire un capito-lo della recente storia del nostro diritto del-la responsabilità civile – che, attraversoun’evoluzione dottrinale (11) e giurispru-

denziale (12) non semprelineare e coeren-

(8) Così Barcellona, Il danno non patrimoniale,Giuffrè, 2008, 25 ss.

(9) Si pensi, in particolare, alla originale propostaricostruttiva di Scognamiglio, Il danno morale(contributo alla teoria del danno extracontrattuale),in Riv. dir. civ., 1957, I, 277 ss.; Id., Appunti sullanozione di danno, in Studi in onore di GioacchinoScaduto, Cedam, 1969 (estratto), 14 ss., dove si per-viene ad una nozione di danno (che sarà oggetto dipiù approfondita riflessione tra breve) come qualsia-si forma dell’abolizione o alterazione di un bene ovantaggio, apprezzabile secondo le valutazioni dellacomune coscienza.

(10) Si vedano ad esempio gli sviluppi della con-cezione citata alla nota precedente nel settore deldanno da concorrenza sleale: cfr., per un primo ri-scontro, Libertini, Le nuove frontiere del danno ri-sarcibile, 97 ss.

(11) Sul punto si è sviluppata, com’è noto, una

letteratura vastissima. In questa sede, è il caso di ri-cordare soprattutto, tra i contributi ormai più risa-lenti, i numerosi scritti di Busnelli, da Diritto allasalute e tutela risarcitoria, in Tutela della salute e di-ritto privato, Giuffrè, 1978, 517 ss. a Problemi di in-quadramento sistematico del danno alla persona, 27ss., a La parabola della responsabilità civile, 652 ss.; icontributi di Alpa (v., per tutti, Danno biologico -Percorso di un’idea, Cedam, 1987); le monografie diMastropaolo, Il risarcimento del danno alla salute,Jovene, 1983; Paradiso, Il danno alla persona,Giuffrè, 1981; Bonilini, Il danno non patrimoniale,Giuffrè, 1983; l’importante saggio di Castronovo,«Danno biologico» senza miti, passim, poi trasfuso,in Id., Danno biologico; la rassegna di De Giorgi,voce «Danno II. Danno alla persona», in Enc. giur.Treccani, X, Ed. Enc. it., 1988, 2.4. - 2.5 e, più di re-cente, la diffusa, meditata sistemazione di Franzo-ni, Dei fatti illeciti, nel Commentario Scialoja-Bran-ca, Zanichelli-Foro it., 2004 (suppl.), 318 ss. Da ulti-mo, si vedano Barcellona, Il danno non patrimo-niale, 9 ss.; Cricenti, Persona e risarcimento, Ce-dam, 2005, 38 ss.; Id., Il danno non patrimoniale,Cedam, 2006, 219 ss.

(12) A partire dalle celebri decisioni del Tribuna-le di Genova (cfr., in particolare, Trib. Genova,25.5.1974, in Giur. it., 1975, I, 2, 54 ss., con nota diBessone-Roppo, Lesione dell’integrità fisica e «di-ritto alla salute». Una giurisprudenza innovativa intema di valutazione del danno alla persona; Trib.Genova, 20.10.1975, ivi, 1976, I, 2, 444, con notadi Alpa, Danno «biologico» e diritto alla salute.Un’ipotesi di applicazione diretta dell’art. 32 Cost.;Trib. Genova, 15.12.1975, in Foro it., 1976, I,1997), giurisprudenza che doveva peraltro sollevare,com’è noto, anche vivaci reazioni critiche (cfr., adesempio, Scalfi, Errare humanum est, perseverarediabolicum, in Resp. civ. e prev., 1976, 466 ss. e lasentenza App. Genova, 17.7.1975, in Giur. it.,1976, I, 2, 442), attraverso numerose pronunzie del-la Corte di cassazione (cfr., in particolare, Cass.,6.6.1981 n. 3675, in Foro it., 1981, I, 1884, partico-larmente chiara nell’affermare che la lesione dell’in-tegrità fisica costituisce di per sé danno risarcibile;Cass., 6.4.1983 n. 2396, in Giur. it., 1984, I, 1, 537,con nota di Mastropaolo, Tutela della salute, risar-cimento del «danno biologico» e difesa dalle immis-sioni) e gli interventi della Corte costituzionale, daquelli, ormai risalenti, del 1979 (Corte cost.,26.7.1979, nn. 87 e 88, in Foro it., 1979, I, 2543 ss.,con annotazione di Giardina e Santilli: in questesentenze si era negata la illegittimità costituzionaledell’art. 2059 cod. civ., sotto il profilo della limita-

Danno morale soggettivo

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te (13), si è giunti alla enucleazione di una ca- tegoria – quella del c.d. danno biologico – ingrado, ad avviso di chi l’ha tratteggiata e so-stenuta, di fornire finalmente una adeguataprotezione, sul terreno risarcitorio, alla salutedella persona, considerata in sé e per sé ed aprescindere dalle ripercussioni dell’evento le-sivo della salute sulla capacità di guadagnodell’individuo (14), sfuggendo – attraverso laconfigurazione del danno biologico comedanno patrimoniale – alle strettoie originaria-mente sancite, quanto alla risarcibilità deldanno non patrimoniale, dalla proposizionenormativa di cui all’art. 2059 cod. civ. (15); si

zione che questa norma avrebbe introdotto alla ri-sarcibilità del danno alla salute, di per sé considera-to; in particolare, nella sentenza n. 88, decisivo erastato, nella considerazione della Corte, il rilievo che– ricorrendo nel caso gli estremi dell’illecito penal-mente rilevante – non vi era, in effetti, alcuna limita-zione, indotta dall’art. 2059 cod. civ., alla piena ri-sarcibilità del danno alla salute; nella sentenza n. 87,dove peraltro non era stato invocato come parame-tro di costituzionalità l’art. 32 Cost., si era, in sostan-za, ritenuta la limitazione del risarcimento del dan-no non patrimoniale ai soli casi in cui il fatto costi-tuisse reato manifestazione di discrezionalità legisla-tiva, incensurabile in quanto non pregiudicante inte-ressi costituzionalmente protetti) alla fondamentaledecisione del 1986 (Corte cost., 14.7.1986, n. 184,pubblicata, tra gli altri luoghi, in Foro it., 1986, I,2053 ss., con nota di Ponzanelli, La Corte costitu-zionale, il danno non patrimoniale e il danno alla sa-lute ed in questa Rivista, 1986, I, 534 ss. con nota diAlpa) – tra i numerosissimi commenti suscitati dallaquale, vedi gli scritti di Alpa, Bonilini, De Cupis,G.B. Ferri, Paradiso, Ravazzoni, Scalfi, Vin-

cenzi Amato, Visintini, pubblicati in Dir. inf.,1986; quello di Busnelli, In difesa della sentenza n.184/86 della Corte Costituzionale sul danno biologi-co e il danno non patrimoniale, ivi, 1987, 443 ss. e so-prattutto l’approfondita riflessione critica di Ca-stronovo, «Danno biologico» senza miti, 8 ss. finoalla sentenza della Corte cost., 27.10.1994, n. 372(vedila, tra i numerosi altri luoghi, in Castronovo,Danno biologico, 248 ss.).

(13) Così, come vedremo meglio tra breve, si èpotuto obiettare, in particolare, alla prima fase disviluppo della dottrina, l’ascrizione del danno biolo-gico - ingiusto ex art. 32 Cost. – alla norma dell’art.2043 cod. civ., mentre una lettura sistematica delledisposizioni in tema di responsabilità aquiliana (edin particolare dell’art. 2059 cod. civ.) avrebbe resoevidente l’impossibilità di individuare un tertium ge-nus tra danno patrimoniale e non patrimoniale; inol-tre, l’affermazione della natura patrimoniale deldanno biologico, necessaria per scansare la difficoltàappena cennata, ha prestato, a sua volta, il fianco acritiche di non poco peso (in ordine a questi profili,si veda Castronovo, «Danno biologico» senza miti,18 ss.; Id., Danno biologico, 26 ss.). Dal canto loro,le argomentazioni della giurisprudenza sono stateesse pure sovente criticate per la troppo sbrigativaaffermazione della natura patrimoniale del danno al-la salute (cfr., ancora, Castronovo, «Danno biolo-gico» senza miti, 27 ss.; Id., Le frontiere nobili dellaresponsabilità civile, in Riv. crit. dir. priv., 1989, 546

ss., con specifico riferimento a Cass., 6.4.1985, n.1130, in Giur. it., 1985, I, 1, 1980); mentre la messaa punto della materia ad opera della sentenza dellaCorte costituzionale n. 184/86 è apparsa talora frut-to di un’indebita applicazione, alla materia della re-sponsabilità civile, di schemi teorici propri dell’ille-cito penalistico (così, ad esempio, Visintini, in Dir.inf., cit.) e comunque viziato dalla utilizzazione (di-scutibile in un giudizio di legittimità costituzionale)dell’argomento ex diritto vivente (così Castrono-vo,«Danno biologico» senza miti, 13 ss.; Id., Dannobiologico, 26 ss.). Questa vicenda dottrinale-giuri-sprudenziale è, da ultimo, ripercorsa da Barcello-na, Il danno non patrimoniale, 20 ss.: dove la si de-scrive come la via ordinaria della depatrimonializza-zione della responsabilità civile, «la prima ad esse-re messa in campo dalla giurisprudenza nella pri-ma metà degli anni ’80 del secolo appena trascorsosull’abbrivio della “scoperta” dell’“ingiustizia” deldanno avvenuta nel ventennio precedente e dellaconvinzione che essa offrisse un passe - partout aqualsiasi rinnovamento della materia aquiliana», os-servandosi che «essa, escogitata all’inizio al solo sco-po di dare tutela aquiliana al danno biologico, suc-cessivamente, ossia allorquando tale primo obiettivoappariva già definitivamente conseguito, viene ri-presa per argomentare un oltrepassamento di questaprima frontiera nella direzione della rilevanza anchedel danno esistenziale e di una generalizzata tutelaaquiliana della persona».

(14) L’istanza di politica del diritto sottesa allaelaborazione della categoria del danno biologico èparticolarmente chiara in Busnelli, Problemi di in-quadramento sistematico del danno alla persona, 28ss.

(15) È noto come, di fronte alla previsione del-l’art. 2059 cod. civ. – che limita il risarcimento deldanno non patrimoniale alle sole ipotesi previstedalla legge – fosse apparso alla prevalente dottrinaun passaggio obbligato, al fine di realizzare il risulta-

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è pervenuti altresì, sia pure a prezzo di unamoltiplicazione di categorie di danno di dub-bia consistenza dogmatica e normativa (16), ad

to di una più penetrante tutela della persona umana,proporre ricostruzioni del contenuto precettivo diquella norma, in grado di sganciare la risarcibilitàdel danno non patrimoniale dalla ricorrenza di unafattispecie penalmente illecita: e si tratta di una ten-denza che si è delineata non solo in materia di dan-no biologico, ma anche in relazione alle varie ipotesidi lesione dei diritti della personalità fino al momen-to in cui il definitivo maturare della lettura costitu-zionalmente orientata dell’art. 2059 cod. civ. – attra-verso le sentenze della Corte di cassazione: Cass.,31.5.2003, nn. 8827 e 8828, pubblicate, tra gli altriluoghi, in Foro it., 2003, I, 2272 ss., con nota di Na-varretta, Danni non patrimoniali: il dogma infran-to e il nuovo diritto vivente, la sentenza della Cortecost., 11.7.2003 n. 233, in Foro it., 2003, I, 2201 ss.,con nota di Navarretta, La Corte Costituzionale eil danno alla persona «in fieri» e, da ultimo, la sen-tenza di Cass., sez. un., 11.11.2008, n. 26972, cit.Rendere conto in una nota di tutta la letteratura sulpunto sarebbe ovviamente impossibile e, per certiversi, anche inutile, trattandosi di passaggi ovvia-mente ben noti. Si vedano, comunque, limitandol’attenzione alla letteratura che assume maggiore ri-lievo nella prospettiva di un discorso sul danno mo-rale soggettivo, i contributi di Scognamiglio, Ildanno morale, 277 ss., 303 ss.; Id., Appunti sulla no-zione di danno, 15 ss. (dell’estratto); Cataudella,La tutela civile della vita privata, Giuffrè, 1972, 55ss.; Paradiso, Il danno alla persona, Giuffrè, 1981,spec., 76 ss.; Bonilini, Il danno non patrimoniale,Giuffrè, 1983, 68 ss., 198 ss.; G.B. Ferri, Oggettodel diritto della personalità e danno non patrimonia-le, in Riv. dir. comm., 1984, I, nonché Id., Persona eformalismo giuridico, Maggioli, 1985, 355 ss. Si ve-dano pure l’efficace messa a punto di Libertini, Lenuove frontiere del danno risarcibile, 90 ss. e l’equili-brata proposta di Salvi, Il danno extracontrattuale,169 ss., attenta, in particolare, al modo in cui l’argo-mento costituzionale può influire nella soluzione delproblema della risarcibilità del danno non patrimo-niale. Fondamentale, da ultimo, la ricostruzione ditali sviluppi dottrinali che si legge in Barcellona,Il danno non patrimoniale, 20 ss.

(16) Preziose, in questo ordine di idee, già le ri-flessioni di G.B. Ferri, Diritto all’informazione e di-ritto all’oblìo, in Riv. dir. civ., 1990, I, 802: dove si ri-leva come la cultura giuridica italiana, scoperto il te-ma della persona umana, si sia abbandonata ad unasorta di caccia ai diritti della personalità, «cercandodi scovarne indiscriminatamente, in ogni atteggia-

mento, vorrei dire in ogni piega del cuore» e, sullascia di alcune considerazioni di Messinetti (ora nelgià citato Recenti orientamenti sulla tutela della per-sona. La moltiplicazione dei diritti e dei danni, pas-sim), si reputano questi orientamenti come manife-stazioni di un «neodogmatismo debole», incline acontaminare, con risultati culturalmente del tuttoinattendibili, il metodo sociologico con il metododogmatico (e sul punto si veda, da ultimo, ancheBarcellona, Il danno non patrimoniale, 25, dove siosserva che la rilettura dell’art. 2043 cod. civ., pureconcepita in funzione della risarcibilità del solo dan-no biologico, interpretando il «termine danno comegenus di molteplici species, una delle quali soltanto(= quella del c.d. danno morale soggettivo) sottopo-sta alle restrizioni dell’art. 2059 c.c., apre la tutelaaquiliana non solo al danno biologico ma a qualsiasispecie di pregiudizio. E fa temere, perciò, una proli-ferazione incontrollabile delle azioni di danno edun’espansione indiscriminata della responsabilità ci-vile)». Le affermazioni di Messinetti poc’anzi richia-mate, formulate con espresso riferimento al tema delc.d. «diritto ad essere informati», possono ben adat-tarsi a taluni degli svolgimenti della dottrina e dellagiurisprudenza in materia di tutela della personalitàumana. Anche prescindendo da alcuni orientamentipiù stravaganti della giurisprudenza a cavallo tra glianni ’80 e ’90 del secolo passato, oggetto di puntualicritiche in dottrina (dalla individuazione di un dirit-to-dovere della persona coniugata al rapporto ses-suale, suscettibile di essere leso dal terzo, che, arre-cando lesioni al’altro coniuge, renda impossibilel’esplicazione di attività sessuale della coppia: Cass.,11.11.1986 n. 6607, in Giust. civ., 1986, I, 3031 ss. e,ivi, 1987, 572 ss., la nota di Alpa, Lesione del ius incorpus e danno biologico del «creditore», e di Bot-to, Ius in corpus tra coniugi e risarcibilità per fattolesivo del terzo, 575 ss., alla affermazione di un dirit-to... a non vedere umiliato «il lavoro oscuro e solita-rio fatto di studi decennali» affermato da Trib. Ro-ma, 20.3.1987, in Foro it., 1987, I, 2855 ss.), si è direcente revocato in dubbio, con argomenti di indub-bia suggestione, il carattere di effettiva novità teori-co-sistematica di quel diritto all’identità personale,che pure sembrava uno dei corollari più felici diquella clausola generale di tutela della personalità,che si è soliti ravvisare nell’art. 2 Cost. (e si veda lanozione del diritto all’identità personale propostada Macioce, Tutela civile della persona e identitàpersonale, Cedam, 1984, 8; da Zeno Zencovich,Onore e reputazione nel sistema del diritto civile, Jo-vene, 1985, 345 ss. e la fondamentale pronunzia del-la Cass., 22.6.1985 n. 3769, in Foro it., 1985, I,2211): cfr., infatti, Castronovo, Le frontiere nobili

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apprestare una tutela sempre più articolata al-la personalità dell’individuo, nelle sue varieesplicazioni morali, sociali e culturali, svol-gendo così, forse anche al di là di quanto erastato prefigurato dalla dottrina, tutte le possi-bili implicazioni del precetto dell’art. 2 Cost.(17).

Sarebbe agevole trarre, da un materiale giu-risprudenziale, qual è quello che tante volte èvenuto ad emersione negli ultimi due decennidel XX secolo, fragile nelle premesse teoricheed incerto nelle conseguenze applicative, esem-pi significativi di quanto si è poc’anzi osservatoin ordine alla singolare moltiplicazione delle fi-gure di danno, alla quale si è pervenuti nella ri-flessione sulla tutela aquiliana della personaumana (18). Certamente, come si accennava

poc’anzi, si è trattato di processi in cui l’istanzadi politica del diritto divisata – l’assicurare unapenetrante tutela, sotto il profilo risarcitorio, ai«beni» della persona, reputati socialmente ap-prezzabili – ha fatto talvolta premio sul rigoreteorico e sulla coerenza sistematica.

Così, è stato oggetto di critica serrata (19) epersuasiva, l’itinerario dottrinale che, in pre-senza della limitazione legislativa al risarcimen-to del danno non patrimoniale, aveva condot-to, attraverso l’affermazione della ingiustiziadel danno alla salute, in virtù del combinato di-sposto dell’art. 2043 cod. civ. e dell’art. 32 del-la Cost., alla qualificazione di esso come dannopatrimoniale, in ipotesi alla stregua di una va-lutazione sociale tipica (20). E si è osservato al-

della responsabilità civile, 621, secondo cui l’ordina-mento da sempre conosceva il c.d. diritto all’identitàpersonale sotto il nome di reputazione.

(17) Appare significativa, al riguardo, la posizionedi uno degli aa. più attenti nel fornire un solido fon-damento dogmatico e normativo all’esigenza di tute-la della persona: cfr., infatti, Busnelli, La paraboladella responsabilità civile, 661 ss., il quale – nel con-testo di un’acuta considerazione critica della nozio-ne di danno, che la Corte costituzionale è venutaelaborando – rileva la tendenza ad attribuire alla tu-tela aquiliana il ruolo di protezione minima necessa-ria e costante di tutti i diritti e interessi dalla Costi-tuzione dichiarati fondamentali, osservando altresì ilriemergere, in questo ordine di idee, di configura-zioni palesemente sanzionatorie della responsabilitàcivile, nelle quali il danno viene dato, assai sbrigati-vamente, per presunto. L’esito, che a tale stregua siprepara, è, a ben vedere, quello di una vera e pro-pria torsione funzionale dell’istituto aquiliano.

(18) Si considerino, a guisa di esempio, le escogi-tazioni giurisprudenziali di cui si diceva alla prece-dente nt. 16. Vale altresì la pena di rammentare bre-vemente la figura, sfuggita, in un primo momentoalmeno, all’attenzione della dottrina civilistica, delc.d. danno da lesione della «professionalità» del la-voratore: la tutela risarcitoria è stata, infatti, accor-data con una certa larghezza dalla giurisprudenzanelle ipotesi in cui il datore di lavoro sottragga al la-voratore mansioni di pertinenza della sua qualifica,violando così il disposto dell’art. 2103 cod. civ., cheappunto riconosce il diritto del prestatore di lavoroa svolgere le mansioni ricomprese nella qualifica incui è inserito. Ciò che lascia a dir poco perplessi inquesto orientamento giurisprudenziale è, da un lato,

la disinvoltura con cui si ammette – ancorché impli-citamente ed inconsapevolmente – che una qualitàdella persona, come la c.d. «professionalità», possavenire in considerazione come bene (si veda, al ri-guardo, anche se non con riferimento al problemaspecifico in esame, Castronovo, «Danno biologi-co» senza miti, 33), suscettibile di tutela aquiliana,dall’altro l’assoluta arbitrarietà dei criteri di liquida-zione equitativa del danno accreditati in materia, disolito commisurati sull’importo della retribuzionepercepita dal lavoratore nel periodo durante il qualesi è consumata la violazione del suo diritto. A que-st’ultimo proposito, l’utilizzazione di siffatta streguadi valutazione viene spiegata per lo più con il rilievoche «attraverso tale parametro è possibile determina-re con sufficiente ragionevolezza il danno relativo allepotenzialità di successo ed occupazionali» (così te-stualmente la recente Pret. Roma, 17.4.1992, n.4810, in Riv. it. dir. lav., 1993, II, 543 ss., con notadi Poso, Dequalificazione professionale e risarcimen-to del danno biologico): è noto che l’orientamentogiurisprudenziale sul punto, nel solco della criticadella categoria del c.d. danno evento, si è venutoorientando, negli anni più recenti, verso l’afferma-zione della necessità che il lavoratore, il quale assu-ma di avere subito un danno da dequalificazione,dia la prova, sia pure a mezzo di presunzioni, del-l’esistenza del danno (cfr., in particolare, Cass., sez.un., 24.3.2006, n. 6572, in Giur. it., 2006, 11, 2042;Cass., sez. un., 16.2.2009, n. 3677, in Resp. civ. eprev., 2009, 754; Cass., 19.12.2008 n. 29832, inGiust. civ., 2009, 1622).

(19) Si allude alla riflessione di Castronovo,«Danno biologico» senza miti, passim e, spec., 18 ss.

(20) Si tratta dell’itinerario di pensiero di Bu-snelli, da Diritto alla salute e tutela risarcitoria, pas-

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tresì, al riguardo, prendendo le mosse da unavigorosa riaffermazione della non patrimoniali-tà essenziale di tutto quanto inerisce alla perso-na (21) che postulare la natura patrimoniale deldanno biologico si traduce in un’asserzioneapodittica e comunque fondata su un vero eproprio circolo vizioso, laddove come indicedella cennata valutazione social-tipica si pro-pone l’elaborazione della giurisprudenza, a suavolta ispirata dalla dottrina (22).

Non minori perplessità ha potuto suscitare,poi, nello stesso contesto temporale della finedel secolo scorso, la proliferazione di aspetti oprofili della personalità umana che, rivestitifrettolosamente della dignità formale di dirittisoggettivi, sono stati quindi reputati in gradodi aspirare alla tutela risarcitoria, anche al di làdel presupposto della sussistenza di una perdi-ta patrimoniale o della possibilità di individua-re uno dei casi, previsti dalla legge, in cui l’art.2059 cod. civ. dà ingresso al risarcimento deidanni non patrimoniali (23).

Né può dirsi che quello appena delineatofosse un esito imposto dalla protezione di ran-go costituzionale assicurata alla persona umanaed ai suoi interessi. Infatti, come è stato effica-cemente chiarito, si potrebbe pervenire ad unaconclusione del genere soltanto nei limiti in cuila negazione della tutela risarcitoria contraddi-cesse l’esigenza di effettività della tutela di cuiall’art. 24 Cost. (24); ed era probabilmente que-sto, accanto agli altri che sono stati più ampia-mente sviluppati nel ricchissimo dibattito svi-luppatosi in materia, e che hanno condotto, neiben noti, recentissimi sbocchi giurisprudenzia-li, ad un (secondo alcuni aa. soltanto apparen-te) superamento della categoria, uno degliaspetti opinabili della categoria del danno esi-stenziale (25).

sim, a Problemi di inquadramento sistematico deldanno alla persona, 28 ss., il quale perviene, da ulti-mo, alla conclusione che la possibilità di configurarele conseguenze della menomazione dell’integritàpsico-fisica come disutilità suscettibili di valutazioneeconomica social-tipica «poggia su di una regola diesperienza concretamente acquisita e consolidata ingiurisprudenza», che sarebbe poi la fonte più atten-dibile in un settore, quale quello del danno alla per-sona, in cui il diritto vivente sembra avere il soprav-vento sulla legge scritta (così Busnelli, Problemi diinquadramento sistematico del danno alla persona, 41s.): ma si tratta di uno schema argomentativo di cuisi sono già segnalati i limiti, laddove rinvia senz’al-tro, per fondare la conclusione divisata, alla giuri-sprudenza, la quale, a sua volta, ha mutuato le pro-prie conclusioni dalla dottrina (e v. anche, infra, nt.67).

(21) Così, soprattutto, Castronovo, «Dannobiologico» senza miti, 6.

(22) Per questa conclusione, si veda ancora Ca-stronovo, op. ult. cit., 26 ss.

(23) D’altra parte, le più recenti evoluzioni giuri-sprudenziali confermano che la scelta del legislatoredel 1942 di istituire un regime c.d. bipolare in mate-ria di individuazione dell’area del danno risarcibile,contrapponendo alla generale risarcibilità del dannopatrimoniale, purché ingiusto, la risarcibilità in casitipici del danno non patrimoniale, non era una scel-ta, di per sé, illogica o arbitraria: sulle ragioni «poli-

tiche» della scelta del legislatore del 1942 con riferi-mento ai danni non patrimoniali, si veda, in modoparticolare, Salvi, Il danno extracontrattuale, 67 ss.nonché 113 ss.; Id., Responsabilità extracontrattuale(diritto vigente), 1205 ss.

(24) Cfr. Salvi, Il danno extracontrattuale, 178 ss.(25) In questa prospettiva si spiega, probabil-

mente, anche il tentativo dell’ordinanza n. 4712/08di rimessione alle sez. un., tra le altre, della questio-ne della configurabilità del danno esistenziale di ag-ganciare quest’ultimo ai diritti costituzionalmentegarantiti; sul punto, cfr., criticamente, Castrono-vo, Del non risarcibile aquiliano: danno meramentepatrimoniale, c.d. perdita di chance, danni punitivi,danno c.d. esistenziale, in Eur. e dir. priv., 2008, 345ss., il quale osserva che «il riferimento ai diritti al-l’identità personale, alle relazioni familiari, all’auto-determinazione nei rapporti sociali ed ai vari dirittidi libertà sottolinea la necessità della lesione di unasituazione soggettiva, attiene dunque ai profili del-l’ingiustizia laddove il c.d. fare a-reddituale del sog-getto, nel quale sembra definirsi il c.d. danno esi-stenziale, si riferisce alle conseguenze della lesione.È stata proprio questa la ragione per la quale ildanno esistenziale ha sempre sollevato dubbi sullapropria consistenza dogmatica e perciò sulla suaaccettabilità: si trattava, infatti, di una perdita nonpatrimoniale, che come tale subiva la limitazionedell’art. 2059, laddove in pari tempo se ne teorizza-va, ma appunto senza alcun fondamento, una risar-cibilità esente da tali limiti»; secondo quest’a., l’ag-gancio del danno esistenziale ai diritti costituzional-mente garantiti è tale da dare luogo ad una confu-sione che rischia di finire nella mistificazione «per-ché si attribuisce ad una voce di danno, che si vuo-

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2. La storia recente del danno non pa-trimoniale: verso il crepuscolo del dan-

no morale soggettivo? Soffermarsi ancora,al di là di queste rapide, ed inevitabilmente su-perficiali, notazioni, sulle linee evolutive dellastoria del danno non patrimoniale dell’ultimomezzo secolo, non sarebbe possibile in questasede e rischierebbe di portarci lontani dal filodel nostro discorso: che deve invece riannodar-si, ora, cedendo ancora soltanto per un attimoalla suggestione dello scorcio di storia delleidee fin qui tentato, al momento in cui nasce –lo si può ben dire – il problema del danno mo-rale soggettivo nella riflessione della dottrinaitaliana contemporanea.

Si intende alludere alle ricostruzioni (26) che,alla stregua di argomentazioni suggestive emosse, all’evidenza, dall’intento nobile (ed affi-ne a tanti degli sviluppi dottrinali che abbiamofin qui evocato) di assicurare una più ampia ri-sarcibilità del danno non patrimoniale, aveva-no respinto nel limbo dell’art. 2059 cod. civ. isoli danni morali soggettivi ed avevano accre-ditato pertanto l’art. 2043 cod. civ. come nor-ma comprensiva tanto del danno patrimonialecome di quello personale (27).

In realtà, e come è stato notato persuasiva-mente in dottrina, queste proposte teoriche siavvolgevano, di fronte al dato normativo offer-to dal sistema del codice civile vigente, in diffi-coltà pressoché inestricabili. È, infatti, del tut-to condivisibile, non solo alla stregua del teno-re letterale dell’art. 2059 cod. civ. (il quale, at-traverso l’attributo «non patrimoniale» riferitoal danno, intende chiaramente alludere ai dan-ni insuscettibili di essere ricondotti ad una va-lutazione immediata in danaro), ma anche allaluce della verosimile ratio allo stesso sottostan-te (prevedere un regime di risarcibilità diffe-renziata, ed ancorata a casi previsti dal legisla-tore, dei danni estranei ai circuiti valutativipropri dell’economia di mercato) l’assunto se-condo il quale «il rigore concettuale escludeche “danno morale” e “danno non patrimonia-le” siano omologhi», alludendo la primaespressione «tradizionalmente al dolore, ai pa-temi dell’animo, alle sofferenze spirituali»,mentre, con la seconda, si deve intendere«ogni conseguenza peggiorativa che non tolle-ra, alla stregua di criteri oggettivi, di mercato,una valutazione pecuniaria rigorosa» (28).

In altre parole, il danno morale soggettivo,se costituisce una porzione significativa del-l’area del danno non patrimoniale, non neesaurisce l’ambito, dato che quest’ultimo com-prende anche, al proprio interno, «qualsivogliamodificazione in pejus di un bene socialmenteapprezzabile, che, non potendo giovarsi di pa-rametri valutativi di mercato, sfugge alla tecni-ca risarcitoria» (29): ed appare allora irresistibi-

le autonoma ma è insostenibile sul piano normati-vo, una base giuridico formale, i diritti costituzio-nali della persona, che la dottrina aveva però indi-viduati per altre ragioni e con altri intendimenti».

(26) È, in particolare, la prospettiva aperta daScognamiglio, Il danno morale, 287 ss., con laenucleazione della categoria dei c.d. danni persona-li. Questa ricostruzione muove dall’assunto chel’art. 2043 cod. civ. non offrirebbe alcun elementodecisivo nel senso della identificazione del danno ri-sarcibile col danno patrimoniale, limitandosi a ri-chiedere – come presupposto per l’attivazione delrimedio risarcitorio – l’ingiustizia del danno e sotto-pone ad una critica serrata l’orientamento che, av-volgendosi – ad avviso della dottrina in esame – inun palese vizio logico, desume la nozione di dannodalla definizione del rimedio (il risarcimento, di re-gola per equivalente), che la legge contro di esso ap-presta. La tesi è stata poi sviluppata dall’a., in unaprospettiva più generale, nello scritto Appunti sullanozione di danno, cit., passim e su di essa ci soffer-meremo più ampiamente in seguito).

(27) Si veda, al riguardo, soprattutto, il contributodi Salvi, Il danno extracontrattuale, spec., 67 ss., ilquale, sulla base dell’esigenza di fornire una nozione

di danno rigorosamente modellata sul dato normati-vo, osserva che la logica del codice sembra limitarela portata dell’art. 2043 cod. civ. al danno patrimo-niale: contrapponendosi così al danno non patrimo-niale di cui all’art. 2059 cod. civ. il danno patrimo-niale e non già quello tout court ingiusto o materiale(cfr. anche Salvi, voce «Responsabilità extracon-trattuale (diritto vigente)», in Enc. del dir., XXXIX,Giuffrè, 1988, 1204 s.). Concorda sull’audacia dellaproposta ricostruttiva di cui si parla nel testo, pur ri-tenendola maggiormente sostenibile delle altre pro-spettate in dottrina, Libertini, Le nuove frontieredel danno risarcibile, 96 ss.

(28) Così Bonilini, voce «Danno morale», nelDigesto IV ed., Disc. priv., sez. civ., V, Utet, 1989, 85.

(29) Cfr., di nuovo, sul punto, ibidem.

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le la conclusione che «il danno non patrimo-niale... è categoria legislativa acclarata dal giu-dizio di non valutabilità a danaro attraversocriteri oggettivi, laddove il danno morale è ca-tegoria non legislativa: utile dommaticamente,ampiamente conosciuta nella precedente espe-rienza dottrinale e giurisprudenziale, ma orasuperata dal dato di legge, che... le sostituisceappunto quella del danno non patrimoniale»(30).

La circostanza che il nostro sistema del risar-cimento del danno si muove all’interno dellacoppia categoriale danno patrimoniale e dannonon patrimoniale, all’interno della quale si ri-solve, senza residui, ogni possibile voce di per-dita di utilità giuridicamente rilevante, rinvie-ne, del resto, un ulteriore riscontro, al livellodel dato normativo, nella disposizione dell’art.185 cod. pen., laddove la stessa pone a caricodel colpevole di un reato l’obbligo di risarcireil danno «patrimoniale o non patrimoniale»,restando così esclusa in radice la possibilità diindividuare una terza categoria di danno risar-cibile. Né deve trascurarsi che, come rilevatoin dottrina (31), la riduzione della nozione didanno non patrimoniale a quella di danno mo-rale soggettivo, già ben poco persuasiva nel si-stema tradizionale del codice, dove l’ambito dirisarcibilità del danno non patrimoniale eracircoscritto essenzialmente alle ipotesi di reato,lo è ancora di meno nei casi, sempre più fre-quenti, in cui il diritto al risarcimento del dan-no non patrimoniale è accordato pure a pre-scindere dalla stessa configurabilità di una sen-sazione afflittiva o dolorosa patita dalla vittima(32).

La prospettiva di diritto privato europeo, seconferma, da un lato, l’ampia rilevanza ai fini

risarcitori di perdite non patrimoniali, attesta,per altro verso, che la sofferenza o il doloredella vittima primaria dell’illecito, o di coluiche abbia con quest’ultima una relazione suffi-cientemente prossima, non costituiscono unacategoria normativa autonoma rispetto al dan-no non immediatamente riconducibile ad unavalutazione in danaro.

Sotto il profilo della rilevanza in chiave risar-citoria delle perdite non patrimoniali, per arre-starsi ad una prima ed essenziale considerazio-ne, può essere richiamato già il contenuto dellasection 2, inserita nel Chapter 2, dedicato al Le-gally relevant damage, dei Principles, Defini-tions and Model Rules of European Private Law– Draft Common Frame of reference, dove tredelle ipotesi specifiche (particular instances)delle ipotesi di danno giuridicamente rilevante(33) sono riferibili a fattispecie che attengono,per la gran parte, all’area del danno insuscetti-bile di immediata riconduzione ad una valuta-zione in danaro; e rafforza la conclusione appe-

(30) Cfr. ancora Bonilini, voce «Danno morale»,86.

(31) Si veda, ancora, al riguardo, Salvi, La re-sponsabilità civile, 66 ss.

(32) Come accade, tipicamente, quando – secon-do un orientamento ormai consolidato – si ammettela risarcibilità del danno non patrimoniale lamenta-to dalla persona giuridica: cfr., sul tema, Alpa, Ildanno morale e il danno all’immagine della P.A. edelle comunità locali, in Studi in onore di DavideMessinetti, Esi, 2008, 39 ss.; Cricenti, Il danno nonpatrimoniale, 411 ss.

(33) Cfr., infatti, VI. – 2.201: Personal injury andconsequential loss, dove si afferma, al primo comma,che «loss caused to a natural person as a result of inju-ry to his or her body or health and the injury as suchare legally relevant damage», con la precisazione, alsecondo comma, che «In this Book: (a) such loss in-cludes the costs of health care including expenses rea-sonably occurred for the care of the injured person bythose close to him or her; and (b) personal injury in-cludes injury to mental health only if it amounts to amedical condition»; VI. – 2.202: Loss suffered bythird persons as a result of another’s personal injuryor death, dove si afferma che «(1) Non - economicloss caused to a natural person as a result of another’spersonal injury or death is legally relevant damage ifat the time of injury that person is in a particularlyclose personal relationship to the injured person; (2)Where a person has been fatally injured: (a) legallyrelevant damage caused to the deceased on account ofthe injury to the time of death becomes legally rele-vant damage to the deceased successors...»; VI. –2.203: Infringement of dignity, liberty and privacy,dove si afferma che «(1) Loss caused to a natural per-son as a result of infringement of his or her right to re-spect for his or her dignity, such as the rights to libertyand privacy, and the injury as such area legally rele-vant damage; (2) Loss caused to a person as a result ofinjury to that person’s reputation and the injury as su-ch are also legally relevant damage if national law soprovides».

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na prospettata il rilievo che anche il catalogodegli interessi protetti in via aquiliana, che silegge all’art. 2:102 dei Principles of EuropeanTort Law, esordisca, al comma 2o, proprio conl’affermazione che «la vita, l’integrità psico-fi-sica, la dignità umana e la libertà ricevono lapiù ampia tutela».

L’estraneità agli sviluppi del diritto privatoeuropeo di una soluzione ricostruttiva che con-trapponga una figura di danno morale sogget-tivo al danno non patrimoniale risulta chiaradalle soluzioni che si leggono, sul punto, sianell’uno che nell’altro dei due progetti di rego-lamentazione del diritto privato europeo, chesi sono appena evocati.

Infatti, nei già menzionati Principles, Defini-tions and Model Rules of European Private Law– Draft Common Frame of reference, la biparti-zione dell’area del danno giuridicamente rile-vante (appunto, il legally relevant damage) èquella secondo la quale (VI. – 2.101 (4)) «(a)economic loss includes loss of income or profit,burdens incurred and reduction in the value ofproperty; (b) non – economic loss includes painand suffering and impairment of the quality oflife».

Un’opzione ancora più netta, in tal senso,sembra emergere dai Principles of EuropeanTort Law, dove, sulla premessa (art. 2:101) che«il danno postula una lesione materiale o im-materiale ad un interesse giuridicamente pro-tetto» si afferma (art. 10:301 (3)) che «in casodi danno alla persona, il danno non patrimo-niale corrisponde alla sofferenza del danneg-giato e alla menomazione della sua integritàpsico-fisica», così facendosi coincidere l’areadel danno non patrimoniale alla persona risar-cibile con i profili di quelli che, a voler usare illinguaggio tradizionale del giurista italiano,possono essere definiti come danno moralesoggettivo e danno biologico.

Il quadro destinato ad emergere da tali con-siderazioni sembra attribuire alla categoria deldanno morale soggettivo ormai un rilievo sol-tanto descrittivo, se non puramente storico:infatti, soddisfatta altrimenti – attraverso l’ela-borazione teorica e giurisprudenziale del dan-no non patrimoniale da lesione di diritti invio-labili della personalità costituzionalmente ga-rantiti – l’esigenza di sganciare la risarcibilitàdel danno non patrimoniale dai limiti tracciati

dall’art. 2059 cod. civ. (o, meglio, dalla sualettura all’interno del sistema originario delcodice civile), in termini tali da renderesenz’altro superflua la forzatura ermeneuticache aveva condotto a leggere nel danno nonpatrimoniale, così come disciplinato dall’art.2059 cod. civ., il solo danno morale soggetti-vo, quest’ultimo risulterebbe ormai privo diogni autonoma capacità ricognitiva della real-tà giuridica del nostro sistema di risarcimentodel danno.

Questo esito, destinato, a prima vista, a con-segnare la categoria del danno morale soggetti-vo alla storia del diritto civile italiano, parreb-be essere confermato, del resto, anche dall’or-mai notissimo assetto che il tema del dannonon patrimoniale ha assunto all’esito della sen-tenza delle sez. un. 11.11.2008, n. 26972 (34),con la costruzione, da parte della stessa, di unacategoria generale ed unitaria di danno non pa-trimoniale, insuscettibile di «suddivisione insottocategorie variamente etichettate» (35).

Tale scelta, che ha condotto le sez. un. a ne-gare l’accreditamento della categoria del dan-no esistenziale (36), fa sì, infatti, che anche il

(34) In realtà, com’è noto, e lo si precisa una voltaper tutte, le sentenze emesse dalle sez. un., deposita-te l’11.11.2008, a composizione del contrasto giuri-sprudenziale, della cui soluzione erano state investi-te a mezzo della già menzionata ordinanza della ter-za sez. della Corte di cassazione n. 4712/2008, sonoquattro: dato che esse, pur riferite a casi concreti af-fatto diversi, enunciano, evidentemente, gli stessiprincipi, continueremo a fare riferimento, per brevi-tà, alla n. 26972/08.

(35) Così Cass., sez. un., n. 26972/08 cit., a pagi-na 38 della motivazione.

(36) È peraltro noto che il dibattito tra chi condi-vide, e chi invece reputa inaccettabile, la categoriadel danno esistenziale non si è certamente sopitoneppure dopo la sentenza delle sez. un.: cfr., peruna prima rassegna di opinioni, Aa.Vv., Il dannonon patrimoniale. Guida commentata alle decisionidelle S.U. 11 novembre 2008 nn. 26972/3/4/5, Giuf-frè, 2009, e, ivi, in particolare, i contributi di Ca-stronovo, Danno esistenziale: il lungo addio, 117ss.; Cendon, Duplicazioni no, risarcimento integralesì, 129 ss.; Chindemi, Una nevicata su un campo digrano, 133 s.; Di Marzio, A momentary lapse ofreason, 173 ss.; Monateri, Il pregiudizio esistenzialecome voce del danno non patrimoniale, 247 ss., Par-

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danno morale soggettivo, inteso nel senso so-pra chiarito di dolore, sofferenza spirituale del-la vittima del fatto lesivo, non possa assurgerepiù al rango di autonoma sottocategoria deldanno non patrimoniale, configurandosi sol-tanto come un aspetto o profilo particolare diquella, ormai intrinsecamente unitaria, catego-ria.

Si potrebbe discutere a lungo della condivi-sibilità teorica di tale ricostruzione, e della suaefficienza funzionale, avuto riguardo all’obiet-tivo di assicurare una tutela risarcitoria ade-guata dei beni della personalità umana.

Dal punto di vista sistematico, si tratta, in ef-fetti, dell’opzione interpretativa più coerentecon la premessa teorica del valore giuridico edel rilievo normativo unitario della personaumana, affidati alla norma fondamentale del-l’art. 2 Cost. (37) e che è in grado di evitare il fe-nomeno della moltiplicazione dei diritti dellapersonalità e dei danni alla persona, già datempo autorevolmente criticato (38) e del qualeanche più sopra si era fatto cenno.

Inoltre, e sempre sul versante sistematico,questa impostazione, come hanno cura di pre-cisare le stesse sez. un., negando l’autonomaconfigurabilità di sottocategorie del danno nonpatrimoniale, rappresenta un primo argine av-verso il rifluire del danno non patrimonialenella categoria dell’atipicità (39): esito, quest’ul-

timo, allo stato del sistema normativo, preclusodal contenuto precettivo dell’art. 2059 cod.civ., e comunque tutt’altro che auspicabile, ovesi considerino lo spessore dogmatico e la forzapersuasiva degli argomenti svolti, già da tem-po, a sostegno del mantenimento di un sistemabipolare, tale da contrapporre ad «una regolagenerale di risarcibilità senza limiti precostitui-ti dei danni patrimoniali, una regola speciale dirisarcibilità limitata dei danni non patrimonia-li» (40).

Sotto il profilo applicativo, poi, l’afferma-zione della unitarietà della categoria del dan-no non patrimoniale può in effetti costituirel’antidoto più efficace avverso il rischio delladuplicazione, se non della autentica babele, divoci di danno non patrimoniale risarcibili (41),che la frammentazione dei titoli risarcitori erainvece destinata, inevitabilmente, a determina-re.

L’indicazione sul punto impartita dalle sez.un. non deve essere letta, del resto, solo inchiave restrittiva della tutela risarcitoria, quasiuna sorta di preconcetto floodgates argument.

È ben vero, in effetti, che l’indicazione dellasentenza delle sez. un., con riferimento all’ipo-tesi di turbamento dell’animo o di dolore inti-mo sofferti dalla persona diffamata con dege-nerazioni patologiche della sofferenza, è nelsenso che integra duplicazione risarcitoria lacongiunta attribuzione del risarcimento deldanno biologico e di quello morale; ed analogaindicazione proviene, nell’ambito dei principienunciati dalle sez. un., con riguardo all’ipotesi

dolesi-Simone, Il danno esistenziale e le SezioniUnite: dal bipolarismo al doppio binario del dannonon patrimoniale, 287 ss.; Patti, Le Sezioni Unite ela parabola del danno esistenziale, 297 ss.; Ponza-nelli, Riparazione integrale del danno senza il dan-no esistenziale.

(37) La costruzione giuridica più rigorosa del ri-lievo normativo del valore della personalità umana ètuttora quella di Messinetti, voce «Personalità (di-ritti della)», in Enc. del dir., XXXIII, Giuffrè, 1983,355 ss.

(38) Cfr. Messinetti, Recenti orientamenti sullatutela della persona. La moltiplicazione dei diritti edei danni, in Riv. crit. dir. priv., 1992, 173 ss.

(39) Questo passaggio era stato anticipato daCass., 19.11.2006, n. 23918, in Danno e resp., 2007,310 ss., con nota di Ponzanelli; e può essere utilerimarcare che Presidente del Collegio che avevaemesso quella sentenza era proprio l’Estensore delledecisioni delle sez. un., mentre Relatore ed Estenso-re della motivazione era A. Segreto (che avrebbe poi

dato anche forma di contributo dottrinale al suopensiero sul punto: Le attuali frontiere del dannonon patrimoniale e dintorni, in Danno e resp., 2007,1081 ss.).

(40) Cfr. Busnelli, Interessi della persona e risar-cimento del danno, 21 (benché si possa nutrire qual-che dubbio, ma il punto non può essere oggetto ditrattazione in questa sede, circa l’effettiva sussisten-za di una regola generale di risarcibilità senza limitiprecostituiti del danno patrimoniale); sulla «confer-ma» del sistema bipolare cfr. anche Navarretta,Diritti inviolabili e risarcimento del danno, Giappi-chelli, 1996, 238 ss.

(41) Riprendiamo la formula di «babele» di vocidi danno risarcibili da Ponzanelli, nota a Cass.,2.2.2007, n. 2311, in Danno e resp., 2007, 685 ss.

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del risarcimento congiunto del danno morale edel danno da perdita del rapporto parentale,considerata non come voci duplicabili, maquali «componenti del complesso pregiudizio,che va integralmente ed unitariamente ristora-to».

Va tuttavia notato che la stessa concezioneunitaria del danno non patrimoniale, coniuga-ta col principio della riparazione integrale deldanno, conduce, per altro verso, anche ad eli-minare vuoti di tutela, quali quelli originatidalla nota elaborazione giurisprudenziale intema di danno biologico da morte, che neescludeva la risarcibilità in favore della vittimaprimaria dell’illecito altrui, in caso di decessonon separato da un apprezzabile lasso di tem-po rispetto all’illecito: in questo caso, infatti,osservano le sez. un., potrà essere riconosciutosenz’altro «il solo danno morale, a ristoro dellasofferenza psichica provata dalla vittima di le-sioni fisiche, alle quali sia seguita dopo brevetempo la morte», dato che «una sofferenza psi-chica siffatta, di massima intensità anche se didurata contenuta, non essendo suscettibile inragione del limitato intervallo di tempo tra le-sioni e morte di degenerare in patologia e dareluogo a danno biologico, va risarcita come dan-no morale, nella sua nuova, più ampia accezio-ne».

3. Il doppio paradosso del danno mo-rale soggettivo. L’approdo interpretativo,ed applicativo, che parrebbe imporsi nel solcodelle considerazioni appena svolte – nel sensodel superamento, ormai consumato, della cate-goria del danno morale soggettivo, quanto me-no come criterio dotato di una pur minima for-za costruttiva – risulta tuttavia contrastato dauna serie di indici, alcuni di portata, per cosìdire, generale, perché riferibili all’intera areadel danno non patrimoniale (e tali da revocarein discussione, almeno sotto taluni profili, l’af-fermazione della unitarietà della categoria deldanno non patrimoniale, accreditata nella giu-risprudenza delle sez. un.), altri, invece, speci-ficamente apprezzabili proprio in relazione aldanno morale soggettivo.

È noto, infatti, che la giurisprudenza recen-tissima, e successiva alle enunciazioni delle sez.un. dell’11 novembre 2008, ha continuato so-vente ad utilizzare, nella prospettiva della rea-

lizzazione della finalità dell’integrale risarci-mento del danno alla persona, moduli argo-mentativi che echeggiano, in maniera più o me-no esplicita, sia la categoria del danno esisten-ziale, sia quella del danno morale soggettivo eche intendono, comunque, offrire tutela risar-citoria a quegli aspetti (il dolore, il patemad’animo) che all’area del danno morale sogget-tivo restavano tradizionalmente ascritti.

Possono essere richiamate in tale prospetti-va, tra le altre (42), la sentenza della Corte dicassazione, la quale ha confermato una decisio-ne di merito, recante una condanna risarcitoriaa carico del proprietario di un bar per le im-missioni di fumo di sigarette subite dai condo-mini di un edificio, i quali, per evitare le conse-guenze dannose per la salute di tali immissionierano stati costretti a tenere chiuse le finestre,anche nel periodo estivo, con conseguente in-cidenza di tale situazione «sul modo di vivere lacasa dei danneggiati» (43); ovvero la sentenzadella Corte d’appello di Roma che ha motivatoin termini di danno esistenziale da dequalifica-zione professionale, in presenza di un’ipotesidi danno alla salute, subito dal medico gineco-logo in servizio presso un’azienda ospedalierain occasione dell’esecuzione, da parte sua, diun intervento chirurgico (44); ovvero ancora lasentenza della Corte d’appello di Firenze, laquale ha risarcito al marito della vittima di unsinistro stradale con esiti letali il danno non pa-trimoniale da essa stessa definito esistenziale,ravvisato nella «compromissione del patrimonio

(42) Le citazioni sono tratte dalla corrispondentesezione del sito personaedanno, alla quale si rinviaper l’illustrazione completa ed aggiornata degli svi-luppi giurisprudenziali accennati nel testo.

(43) Si tratta di Cass., 31.3.2009, n. 7875, in Dir. egiust., 2009.

(44) È il caso deciso da App. Roma, 23.2.2009, n.847, in www.personaedanno.it: più in particolareancora, si trattava, appunto, del danno alla salutesubito da un sanitario a causa del contagio da virusHIV occorso a seguito di uno schizzo di sangueproveniente dal paziente operato, che l’aveva colpi-to al volto durante un intervento, il danno esisten-ziale da impedimento al pieno sviluppo della perso-nalità, e della professionalità, nell’ambito lavorati-vo, danno che è stato liquidato attraverso un au-mento percentuale del risarcimento del danno bio-logico in concreto riconosciuto.

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psichico (tale da impedire) la esplicazione delruolo (del coniuge della vittima) nell’ambito delrapporto coniugale», con conseguente lesionedei «diritti inviolabili e rilevanti costituzional-mente della famiglia» (45).

Analogo sforzo di pervenire, pur nel rispettoformale del principio della unitarietà della ca-tegoria del danno non patrimoniale, ad un’ade-guata personalizzazione del risarcimento deldanno alla persona si coglie anche con riferi-mento a pronunce che si riferiscono specifica-mente ad ipotesi di danno da sofferenza sog-gettiva, pienamente riconducibili all’area deldanno morale soggettivo.

Così, in particolare, in presenza di un’ipotesidi illecito sanitario, con conseguente lesionegravissima alla salute del neonato, è stato affer-mato che «il danno morale richiesto iure pro-prio dai genitori deve essere comunque risarcitocome danno non patrimoniale, nell’ampia acce-zione ricostruita dalle S.U. come principio infor-matore della materia», con l’ulteriore precisa-zione che «il risarcimento deve avvenire secon-do equità circostanziata, tenendosi conto che an-che per il danno non patrimoniale il risarcimen-to deve essere integrale e tanto più elevato,quanto maggiore è la lesione che determina ladoverosità dell’assistenza familiare ed un sacrifi-cio totale ed amorevole verso il macroleso» (46);e la figura del danno morale è stata più voltevalorizzata anche da ulteriori pronunce di le-gittimità posteriori alle sez. un. del 2008, orasotto il profilo della perdurante autonomia on-tologica della medesima rispetto al danno bio-logico ed all’interno della più ampia categoriadel danno non patrimoniale (47).

Dettata da analoga preoccupazione, nel sen-so di pervenire, in ogni caso, ad un risarcimen-to integrale del danno sofferto dalla vittima, èpure una sentenza di merito, secondo la qualeai congiunti di una vittima di un sinistro stra-dale compete sia il danno morale soggettivo,inteso come ristoro delle sofferenze morali pa-tite in conseguenza della perdita traumatica delloro congiunto, sia il danno non patrimonialeda perdita del rapporto parentale, consistentenello sconvolgimento delle abitudini di vita enella improvvisa privazione del contributo diesperienza, suggerimenti, consigli e sostegnomorale assicurati dal defunto (48).

L’esigenza di prevedere una personalizzazio-ne adeguata del danno non patrimoniale, al fi-ne di tenere conto della voce del medesimo su-scettibile di essere descritta in termini di «sof-ferenza soggettiva» è, del resto, propria di nu-merose altre sentenze di merito, pronte ad uti-lizzare lo strumento equitativo al fine di risarci-re, nella sussistenza degli altri presupposti (lalesione di un diritto inviolabile della personacostituzionalmente garantito; la serietà della le-sione) fissati dalla elaborazione delle sez. un.anche «l’ulteriore pregiudizio subito dalla partedanneggiata e consistente nel turbamento psichi-

(45) Così App. Firenze, 29.1.2009, n. 113, inwww.personaedanno.it.

(46) Cfr. Cass., 13.1.2009, n. 469, consultabile sulsito Altalex.

(47) Cfr. Cass., 28.11.2008 n. 28407, in Guida aldir., 2008, n. 50, 104, la quale ha enunciato il se-guente principio di diritto: «il danno morale parenta-le per la morte dei congiunti deve essere integralmen-te risarcito mediante l’applicazione di criteri di valuta-zione equitativa rimessi alla prudente discrezionalitàdel giudice, in relazione alle perdite irreparabili dellacomunione di vita e di affetti e della integrità della fa-miglia, naturale o legittima, ma solidale in senso eti-co»; Cass., 12.12.2008, n. 29191, in Guida al dir.,

2009, n. 3, 56, che ha formulato il seguente princi-pio di diritto: «nella valutazione del danno moralecontestuale alla lesione del diritto alla salute, la valu-tazione di tale voce, dotata di logica autonomia in re-lazione alla diversità del bene protetto, che pure attie-ne ad un diritto inviolabile della persona (la sua inte-grità morale; art. 2 della Costituzione in relazione al-l’art. 1 della Carta di Nizza, che il Trattato di Lisbo-na, ratificato dall’Italia con L. 2 agosto 2008 n. 190,riconosce, collocando la Dignità umana come la mas-sima espressione della sua integrità morale e biologi-ca) deve tenere conto delle condizioni soggettive dellapersona umana e della gravità del fatto, senza che pos-sa considerarsi il valore della integrità morale unaquota minore del danno alla salute»; Cass.,20.5.2009, n. 11701, in www.personaedanno.it.

(48) Così Trib. Lecce - Sez. Maglie, 29.11.2008,n. 368, consultabile sul sito Altalex: quest’ultimapronuncia sembra in effetti davvero al limite diquella indebita duplicazione di poste risarcitorie perdanni in sostanza coincidenti, il superamento dellaquale aveva costituito uno degli snodi fondamentalidella più volte citata pronuncia delle sez. un.dell’11.11.2008.

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co transitorio e soggettivo conseguente al sini-stro» (49).

Non è questa la sede per affrontare la que-stione se tali sviluppi giurisprudenziali sianotali da dare ragione a quanti, all’indomani dellepronunce delle sez. un. dell’11.11.2008, aveva-no considerato la principale formulazione dallestesse accreditata (l’unitarietà della categoriadel danno non patrimoniale) come inidonea adintrodurre davvero un elemento di apprezzabi-le novità nella sistematica del danno non patri-moniale; benché sia difficile negare che, se do-vessero consolidarsi gli orientamenti dei qualisi è fin qui fatto cenno, l’impatto applicativopiù significativo del grand – arrêt delle sez. un.finirebbe per cogliersi sul piano delle tecnichedi formulazione della domanda giudiziale, nonpiù bisognosa della elencazione analitica dellesingole voci di danno, ma sufficientementespecificata attraverso la richiesta tout court delrisarcimento del danno non patrimoniale: fer-ma sempre restando la necessità di allegazionee prova, sia pure presuntiva, delle singole per-dite non patrimoniali lamentate (50).

L’aspetto che deve essere invece sottolinea-to in questa sede, e che costituisce il primodei due paradossi cui facevamo riferimentonella rubrica del presente paragrafo, è che ildanno morale sembra godere, da ultimo, siapure al livello di una legislazione caratterizza-ta da un tasso particolarmente elevato di spe-cialità ed avente finalità indennitarie più chepropriamente risarcitorie, di una rinnovatafortuna.

Il riferimento è, infatti, ed innanzi tutto, ald.p.r. 3.3.2009, n. 37 (51), il quale, contiene, al-l’art. 5, comma 1o, lett. c), un criterio di deter-minazione della percentuale del danno morale,«effettuata, caso per caso, tenendo conto dellaentità della sofferenza e del turbamento dellostato d’animo, oltre che della lesione alla digni-tà della persona, connessi e in rapporto al-l’evento dannoso, in una misura fino ad unmassimo di due terzi del valore percentuale deldanno biologico»; ed ancora al d.p.r.30.10.2009, n. 181 (52), il quale contiene, al-

(49) Cfr., in tal senso, Trib. Roma, 30.3.2009,inedita per quel che consta; Trib. Milano,19.2.2009, n. 2334, consultabile sul sito Altalex.

(50) È noto, al riguardo, che un altro dei principienunciati – meglio, in questo caso, ribaditi – dallesez. un. è quello della necessità che colui che inten-da far valere una pretesa risarcitoria a titolo di dan-no non patrimoniale alleghi e provi le perdite – diutilità non patrimoniali di vita – da lui subite. Taleassunto – sul quale concorda anche la giurispruden-za successiva alle sez. un. (cfr., ad esempio, Cass.,19.12.2008, n. 29832, in Mass. Giust. civ., 2008, conriferimento al danno non patrimoniale da dequalifi-cazione del lavoratore, Cass., 25.3.2009, n. 7211, inMass. Giust. civ., 2009) – pare rinvenire una sola, maa questo punto decisamente discutibile, eccezione incaso di danno non patrimoniale all’immagine del la-voratore (cfr., con riferimento ad un’ipotesi di revo-ca illegittima di un incarico dirigenziale nell’area dellavoro pubblico privatizzato, Cass., sez. un.,16.2.2009, n. 3677, in Mass. giur. lav., 2009, 308 ss.,per l’affermazione del principio secondo il quale «ildanno non patrimoniale all’immagine non abbisognadi allegazione e prova, costituendo un pregiudizio chediscende oggettivamente dalla vicenda lesiva, nellaspecie consistente nella illegittima revoca dell’incaricodirigenziale». Secondo quanto si dirà più avanti nel

testo, la allegazione e la prova del danno morale sog-gettivo – o, se si preferisce, dei profili del danno nonpatrimoniale che attengono al dolore ed alla soffe-renza soggettiva della persona – scontano evidente-mente la peculiarità di tale perdita e sono inevitabil-mente da affidarsi, per lo più, all’argomentazionepresuntiva (purché, ovviamente, fondata su elementiritualmente acquisiti al processo ovvero suscettibilidi essere considerati notori).

(51) Regolamento per la disciplina dei termini edelle modalità di riconoscimento di particolari infer-mità da cause di servizio per il personale impiegatonelle missioni militari all’estero, nei conflitti e nellebasi militari nazionali a norma dell’art. 2, commi 78o

e 79o, della l. 24.12.2007, n. 244: in particolare, e co-me si desume dall’art. 2, la finalità del d.p.r. è quelladi determinare l’elargizione – così definita nel testonormativo, in relazione all’art. 5, commi 1o e 5o, del-la l. n. 206/2004 – spettante a coloro che «abbianocontratto menomazioni all’integrità psico-fisica per-manentemente invalidanti o a cui è conseguito il de-cesso, delle quali l’esposizione e l’utilizzo di proiet-tili all’uranio impoverito e la dispersione nell’am-biente di nano-particelle di minerali pesanti prodot-te da esplosione di materiale bellico abbiano costi-tuito la causa ovvero la concausa efficiente e deter-minante».

(52) Regolamento recante i criteri medico-legaliper l’accertamento e la determinazione dell’invalidi-tà e del danno biologico e morale a carico delle vit-

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l’art. 1, comma 1o, lett. b), una definizione didanno morale, inteso come «pregiudizio nonpatrimoniale costituito dalla differenza sogget-tiva cagionata dal fatto lesivo in sé considera-to» nonché, all’art. 4, comma 3o, lett. c), un cri-terio di determinazione della percentuale deldanno morale, del tutto coincidente con quelloposto dal d.p.r. n. 37/2009.

Non è certo possibile enfatizzare oltre misu-ra il significato di tali dati normativi, affattosettoriali e neppure riferiti specificamente, losi è già accennato, ad un contesto di responsa-bilità civile in senso proprio; tanto più che laformulazione degli stessi risente, all’evidenza,del linguaggio della prassi giurisprudenzialelargamente accreditata fino alle sez. un.dell’11.11.2008 (e, come si è visto, in buonaparte sopravvissuta anche a queste ultime).

È tuttavia indubbio che, con queste proposi-zioni normative, il legislatore manifesta la per-durante esigenza di avvalersi di uno strumentodi tutela, la condanna risarcitoria (o, nei casioggetto degli interventi normativi menzionati,indennitaria) per il danno morale sofferto dallavittima, primaria o secondaria, dell’illecito, ingrado di reagire, sia pure con la tecnica sempreinappagante, quando si tratti della sofferenzadi una persona, della attribuzione di una som-ma di danaro ad offese avvertite come di parti-colare gravità della dignità e della integrità del-la medesima.

L’accenno da ultimo proposto alla funzionedi reazione alla gravità della lesione alla dignitàed integrità della persona, che assume la con-danna risarcitoria per danno non patrimonialeci conduce ad affrontare, a questo punto, il se-condo paradosso del danno morale soggettivoall’interno della categoria del danno non patri-moniale e dell’evoluzione stessa dell’istitutoaquiliano nella nostra esperienza giuridica.

Si è già detto supra (53) che la storia dell’ela-borazione giurisprudenziale e della riflessionedottrinale dell’ultimo mezzo secolo in materiadi responsabilità civile è, infatti, essenzialmen-te, la narrazione del modo in cui la responsabi-lità civile si è trasformata da istituto posto a

presidio del patrimonio, «deputata ad un rigi-do dispositivo di mera riallocazione della ric-chezza materiale» (54) a tecnica di protezionedella persona umana e dei valori ed interessidei quali la stessa è espressione. Il processo didepatrimonializzazione che, dunque, anche inambito aquiliano, si delinea come la chiave dilettura dell’evoluzione del sistema del dirittoprivato sconta tuttavia, ed appunto per quelche concerne il tema della risarcibilità del dan-no non patrimoniale, un paradosso, che si ri-collega, del resto, all’essenza, a sua volta para-dossale, della condanna risarcitoria per dannonon patrimoniale: ed infatti, come è stato dettodi recente, se «tutto il ricentramento della fat-tispecie di responsabilità intorno al problemadella riallocazione del danno si è sviluppatosulla critica della funzione tradizionalmentesanzionatoria attribuita a questo istituto (...) alcontrario, sul versante della critica del princi-pio di patrimonialità dottrina e giurisprudenzasembrano voler riscoprire e rilanciare la fun-zione punitiva, e dunque propriamente sanzio-natoria, del risarcimento» (55).

Ora, se davvero quello appena evocato deveconsiderarsi un paradosso, lo stesso si delinea,nei termini più nitidi, proprio con riferimentoal danno morale soggettivo: infatti, la densitàdi funzioni del risarcimento del danno non pa-trimoniale, sulla quale concorda ormai la dot-trina (56), esibisce una particolare accentuazio-ne nelle ipotesi di danno morale soggettivo: inpresenza del dolore o della sofferenza patitidalla vittima dell’illecito, l’attribuzione di unasomma di danaro, nella quale è già difficile rav-visare un risarcimento in senso tecnico nell’am-bito della categoria generale del danno non pa-trimoniale (57), assume una curvatura funzio-

time del terrorismo e delle stragi di tale matrice, anorma dell’art. 6, l. 3.9.2004, n. 206.

(53) Cfr. par. 1.

(54) Così, da ultimo, Barcellona, Il danno nonpatrimoniale, 2.

(55) Cfr., sul punto, Id., ivi, 6.(56) Si veda, in luogo di molti altri contributi, l’ef-

ficace messa a punto di Salvi, La responsabilità civi-le, 59 ss.

(57) Così Bonilini, voce «Danno morale», 87:«identificato il danno non patrimoniale con il pre-giudizio che non trova criteri obiettivi di valutazioneeconomica, discende l’insuscettibilità di un suo ri-sarcimento in senso tecnico, dal momento che que-

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nale sempre più sbilanciata sul piano sanziona-torio e, correlativamente, della deterrenza neiconfronti di comportamenti illeciti.

Si tratta, a questo punto, di verificare se talefunzione, di sanzione e di deterrenza, sia in gra-do di unificare attorno a sé una tecnica (checontinueremo stipulativamente a chiamare dicondanna risarcitoria per danno morale sogget-tivo), la quale, come si è visto, continua ad esse-re utilizzata, in concreto, nella produzione nor-mativa e nella elaborazione giurisprudenziale.

4. La funzione sanzionatoria e deter-rente della condanna risarcitoria per

danno morale soggettivo: profili critici

e di comparazione. È ricorrente l’afferma-zione secondo la quale – almeno nei casi di re-sponsabilità imputata a titolo di dolo o colpa –la riparazione del danno non patrimoniale co-stituisca una pena privata (58), avente la funzio-ne di punire l’agente per avere tenuto una con-dotta colpevole e destinata ad operare, insiemead apparati sanzionatori ordinamentali di altranatura (ad esempio, le sanzioni amministrativee penali) al fine della prevenzione generale del-le condotte illecite (59).

Diverso risulterebbe, invece ed in ogni caso,il discorso all’interno di ipotesi di responsabili-tà oggettiva, poiché, in tale contesto, il presup-posto per l’innesco del meccanismo che con-duce all’affermazione della responsabilità risar-citoria dell’agente prescinde da un giudizio dicolpevolezza della condotta: cosicché si potràin tali casi, discutere semmai di una funzione,

attribuita alla riparazione del danno non patri-moniale, di prevenzione ottimale delle attivitàche introducano un rischio per i beni della per-sonalità umana (60).

Un approfondimento della riflessione intor-no alla possibile funzione deterrente della con-danna risarcitoria per danno morale deve tut-tavia muovere dalla premessa che di funzionedeterrente della responsabilità civile sia datoparlare o allorché l’affermazione della sussi-stenza, o meno, della responsabilità sia subor-dinata ad una particolare qualificazione sog-gettiva della condotta dell’autore del fatto ov-vero quando la medesima qualificazione sog-gettiva, o i vantaggi che l’autore del fatto deri-va dal compimento del medesimo, siano presiin considerazione dall’ordinamento ai fini delladeterminazione nel quantum della condannadel responsabile (61); quest’ultima, in tal caso,viene, dunque, a sganciarsi da quella relazionedi tendenzialmente esatta corrispondenza ri-spetto all’ammontare della perdita subita dallavittima, che è la caratteristica principale del-l’istituto aquiliano.

In altre parole, e come del resto dovrebbeessere evidente, non è sufficiente, al fine diconcludere che la condanna cui pone capo ilgiudizio di responsabilità civile, abbia un’effi-cacia deterrente o preventiva, affermare in tesi,come accade ad esempio, a voler proporre, dinuovo, una considerazione attenta ai profili didiritto privato europeo della materia, nei Prin-

sto postula un’attività liquidativa improntata a rigo-rosi criteri economici».

(58) Secondo quanto ritenuto, sia pure con variearticolazioni, in dottrina, da Bonilini, voce «Dan-no morale», 87 s., nonché – ma sull’articolazione delpensiero di quest’a. si avrà modo di tornare tra bre-ve – da G.B. Ferri, Il danno alla salute e l’economiadel dolore, in Riv. dir. comm., I, 823 ss.

(59) Cfr. Afferni, La riparazione del danno nonpatrimoniale nella responsabilità oggettiva, in Resp.civ. e prev., 2004, 870; Gallo, Pene private e respon-sabilità civile, Giuffrè, 1996, in particolare 61 ss., ilquale differenzia la soluzione da adottare circa l’op-portunità dell’introduzione di pene private in rela-zione al fatto che vengano in considerazione illeciticolposi, ipotesi di responsabilità oggettiva ed illecitidolosi.

(60) Così Afferni, La riparazione, 874.(61) Secondo quanto accade, com’è noto ed in

particolare, nell’art. 125, comma 1o, d. legis. n.30/2006 (Codice della proprietà industriale), con laprevisione secondo la quale «il risarcimento dovutoal danneggiato è liquidato secondo le disposizionidegli artt. 1223, 1226 e 1227 del codice civile, tenen-do conto di tutti gli aspetti pertinenti, quali le con-seguenze economiche negative, compreso il manca-to guadagno del titolare del diritto leso, i beneficirealizzati dall’autore della violazione e, nei casi ap-propriati, elementi diversi da quelli economici, co-me il danno morale arrecato al titolare del dirittodalla violazione» e, più specificamente ancora, conla disposizione del comma 1o, alla cui stregua «il ti-tolare del diritto leso può chiedere la restituzionedegli utili realizzati dall’autore della violazione, inalternativa al risarcimento del lucro cessante o nellamisura in cui essi eccedono tale risarcimento».

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cipi di diritto europeo della responsabilità civile,che «il risarcimento dei danni ha anche perscopo la prevenzione del danno» (art. 10:101)(62): occorre, ben di più, che il dato normativodi riferimento conformi la determinazionequantitativa della prestazione da porre a caricodel candidato responsabile sulla base di criteririconducibili a quelli poc’anzi passati in rasse-gna.

Quest’ultima considerazione induce a ritene-re che, al di là della declamazione dell’efficaciapreventiva del risarcimento del danno, che silegge nel già menzionato luogo dei Principi, ilconcreto assetto normativo da essi prefiguratonon tenga in realtà conto appieno dei criteriche dovrebbero, a questo punto, essere appli-cati.

Infatti, è vero che, in linea di principio, l’art.2:102 (5) dei Principi afferma, in sede di deter-minazione degli interessi protetti, che «l’ambi-to della tutela può essere influenzato anchedalla natura della responsabilità», nel sensoche «un interesse può trovare tutela più ampiacontro lesioni dolose rispetto ad altre ipotesi»:e questa scelta sembra appunto accreditare lasoluzione secondo la quale la qualificazionesoggettiva della condotta dell’autore può de-terminare la rilevanza del fatto di responsabili-tà civile.

Tuttavia, e proprio con specifico riferimentoal tema del danno non patrimoniale e della suavalutazione, la disposizione dell’art. 10:301 (2),in materia di valutazione dei danni non patri-moniali, afferma che «nella valutazione di talidanni devono essere prese in considerazionetutte le circostanze del caso, compresa la gravi-tà, la durata e le conseguenze del torto», con laprecisazione che «la colpa del danneggiantedeve essere presa in considerazione solo ove

contribuisca in modo significativo alla offesasubita dalla vittima»: e, dunque, con un’espli-cita qualificazione di eccezionalità della rile-vanza dell’elemento soggettivo sotteso alla con-dotta del danneggiante.

Pure nel nostro sistema normativo, ed anchein presenza di una scelta all’apparenza inequi-voca nel senso di predisporre un meccanismodi condanna pecuniaria in funzione deterrentedi determinati comportamenti illeciti (secondoquanto accaduto, nella recente legislazionespeciale, con l’art. 4, comma 1o, l. 20.11.2006,n. 281) (63), appare indubbio che la purezzadella funzione deterrente sia stata incrinatadalla previsione, contenuta all’art. 4, comma4o, della stessa l. n. 281/2006 e secondo la qua-le «qualora sia promossa per i medesimi fatti dicui al comma 1 anche l’azione per il risarci-mento del danno, il giudice tiene conto, in sededi determinazione e liquidazione dello stesso,della somma corrisposta ai sensi del comma 1»;ed è inevitabile il paragone con la – tecnica-mente assai più puntuale – previsione dell’art.1371 dell’Avant projet de reforme du droit desobligations (64), dove, al contrario, si ha cura diprecisare che l’ammontare dei danni punitivi,se riconosciuti, deve essere distinto da quellodegli altri danni accordati alla vittima.

È stato osservato, a tale proposito, che, unavolta assunta la premessa che la riparazione deldanno morale abbia una «finalità privatamenteaffittiva», occorre considerare, sul piano deglielementi utili per la determinazione pecuniariadella riparazione, «la gravità dell’elemento psi-cologico che informa l’illecito e le condizionipatrimoniali del danneggiante», potendone intal modo derivare «una riparazione idonea arealizzare la funzione affittiva, ma, prima anco-ra, a coadiuvare quel fine di deterrenza che gliistituti giuridici dovrebbero perseguire in viaprimaria» (65).

(62) Un’analoga individuazione programmaticadelle funzioni proprie della responsabilità civile siha anche nella recentissima legge della RepubblicaPopolare Cinese in materia di responsabilità civile,nella quale si pone l’accento, tra l’altro, proprio sul-la funzione di punizione e di prevenzione dell’attolesivo propria della responsabilità civile, allo scopodi promuovere l’armonia sociale e la stabilità; sulpunto, ci si permetta il rinvio al nostro Profili dellariforma della responsabilità civile nella RepubblicaPopolare Cinese, in Resp. civ. e prev., 2009, 208 ss.

(63) Si tratta, com’è noto, della disciplina di«Conversione in legge, con modificazioni del decre-to legge 22 settembre 2006 n. 259, recante disposi-zioni urgenti per il riordino della normativa in temadi intercettazioni telefoniche».

(64) Si tratta del c.d. Avant projet Catala, presen-tato il 22.9.2005 al Ministro francese della Giustizia.

(65) Così Bonilini, voce «Danno morale», 88, ilquale ne trae il corollario della legittimità del ricorso

Danno morale soggettivo

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La linearità del modello ricostruttivo cheravvisa nella riparazione del danno morale, inassenza di un pregiudizio patrimoniale obietti-vamente riscontrabile, una valenza decisamen-te sanzionatoria è destinata, tuttavia, ad artico-larsi nel momento in cui si accredita, come èaccaduto ad opera della giurisprudenza dellaCorte costituzionale (66) e della Corte di cassa-zione (67), l’affermazione secondo la qualel’evoluzione normativa, attraverso l’introduzio-ne di casi di risarcibilità del danno non patri-moniale ai quali è estranea ogni funzione di ca-rattere repressivo/sanzionatorio (68), «ha fattoassumere all’art. 2059 c.c. una funzione non piùsanzionatoria, ma soltanto tipizzante dei singolicasi di risarcibilità del danno non patrimoniale».

Infatti, una volta ammesso che il danno nonpatrimoniale (e, dunque, anche il danno mora-le in senso stretto), pure nei limiti in cui glistessi non siano «coperti» dalla generale affer-mazione di risarcibilità di ogni danno derivan-te dalla lesione di diritti fondamentali dellapersona costituzionalmente garantiti (69), pos-sano essere risarciti anche in assenza di accer-tamento circa la ricorrenza di una concreta fat-tispecie di reato (e, dunque, di un comporta-mento colpevole), risulta difficile riconoscereall’art. 2059 cod. civ. una funzione sanzionato-ria e non invece soltanto tipizzante dei singolicasi di risarcibilità del danno non patrimoniale(70).

Se, dunque, si possono dare casi in cui alla

risarcibilità del danno morale non osta l’assen-za di un accertamento, in concreto, della col-pevolezza del candidato responsabile (e cioèquando il dolore, la sofferenza o il patemad’animo siano il frutto della lesione di interessidella persona costituzionalmente garantiti), laconcreta funzione sanzionatoria della condan-na risarcitoria si attenua notevolmente, se nonsvanisce del tutto: ed infatti appare difficile so-stenere, a meno di non voler accreditare mec-canismi palesemente finzionistici, che una col-pa semplicemente presunta, sulla base, adesempio, della disposizione dell’art. 2054,comma 2o, cod. civ., possa essere il termine diriferimento di un giudizio che implichi la ri-provazione della condotta tenuta.

Un quadro non molto dissimile sembra, delresto, emergere dalle recenti modificazioninormative, sul punto, del sistema tedesco: al-l’interno del quale, com’è noto, attraversol’abrogazione del § 847 BGB, e la modifica del§ 253 BGB, è stata introdotta una regola nor-mativa nuova. Ed infatti, benché il tenore delladisposizione inserita al § 253 sia formalmenteanalogo a quello dell’abrogato § 847, la normaassume, come è stato notato, un significato ra-dicalmente innovativo, poiché estende il risar-cimento del danno non patrimoniale alla re-sponsabilità oggettiva (oltre che alla responsa-bilità contrattuale) mentre la norma abrogata,in quanto contenuta all’interno della disciplinadelle unerlaubte Handlungen, lo limitava allasola responsabilità per colpa (71).

Né d’altra parte va trascurato che, come èstato puntualmente, ed anche da ultimo, rileva-to in dottrina (72), l’efficacia propriamente pu-nitiva della condanna risarcitoria poteva risul-tare già ridotta, se non addirittura annullata,dalla pratica, o dall’obbligo dell’assicurazionedi responsabilità civile: la quale, sostanzial-mente azzerando il costo economico della con-danna risarcitoria per il responsabile, elide, ap-punto, la valenza affittivo-punitiva della con-danna stessa (73).

alle disposizioni, dettate dagli artt. 133 e 133 bis delcod. pen. in tema di fissazione dei criteri dei quali ilGiudice deve tenere conto ai fini della determina-zione della pena.

(66) Il riferimento è, ovviamente, a Corte cost.,11.7.2003, n. 233, cit.

(67) Cfr. Cass., 12.5.2003, n. 7281, in Foro it.,2003, I, 2274 ss.

(68) La Corte costituzionale rammenta, in taleprospettiva, le ipotesi di azione per i danni derivantida ingiusta privazione della libertà personale, art. 2l. n. 117/1988 nonché la tutela risarcitoria per i dan-ni derivanti dal mancato rispetto del termine ragio-nevole di durata del processo.

(69) Secondo la nota impostazione inaugurata daCass., 31.5.2003, n. 8828, in Mass. Giust. civ., 2003;Cass., 31.5.2003, n. 8827, cit.

(70) Questa è, infatti, com’è noto, la conclusionecui perviene Corte cost., 11.7.2003, cit.

(71) Sul punto cfr. Castronovo, La responsabili-tà civile in Italia al passaggio del millennio, in Eur. edir. priv., 2003, 145, nt. 39.

(72) Cfr. Afferni, La riparazione del danno nonpatrimoniale, 879.

(73) Del tutto coerentemente, allora, la disposi-

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Se le considerazioni fin qui svolte colgononel segno, l’affermazione di una (tendenzial-mente generalizzata) funzione punitivo-sanzio-natoria (e, dunque, di deterrenza) della con-danna risarcitoria a fronte di un danno moraledeve essere modulata, nel senso che tale, ipote-ticamente generale, funzione punitivo-sanzio-natoria debba essere esclusa almeno nei casi incui il risarcimento prescinda del tutto da un ac-certamento in concreto della colpevolezza delcandidato responsabile, mentre può rinvenireil proprio terreno di elezione nella materia de-gli illeciti dolosi: ed in questo senso può costi-tuire, in effetti, un modello suggestivo quellodel poc’anzi menzionato art. 1371 dell’avantprojet, che prevede la possibilità per il Giudicedi riconoscere il risarcimento dei danni puniti-vi solo in presenza di «une faute manifestementdéliberée, et notamment d’une faute lucrative».

Un’indicazione analoga, sia pure in terminidi maggiore generalità, sembra provenire an-che dal Code civil del Québec, il quale, all’art.1621, ponendo l’accento sulla funzione pre-ventiva che al risarcimento dei danni punitivideve attribuirsi, individua, quali criteri deiquali tenere conto ai fini della loro determina-zione (in ogni caso circoscritta all’ambito suffi-ciente, appunto, ad assicurarne funzione pre-ventiva), quello della gravità della colpa del de-bitore e della sua situazione patrimoniale (74).

Una conclusione analoga è raggiunta anche,in dottrina, sulla base di percorsi di indagineattenti alle suggestioni dell’analisi economicadel diritto e che escludono l’opportunità di da-

re ingresso al meccanismo della condanna pu-nitiva, o dell’applicazione di pene private, siain presenza di ipotesi di responsabilità per col-pa, sia nell’ambito della responsabilità oggetti-va.

È stato, infatti, osservato che, assumendoquale scopo della responsabilità quello di mi-nimizzare il costo sociale complessivo,«l’eventuale imposizione dell’obbligo di de-volvere somme a titolo di penale condurrebbead un innalzamento dell’attività preventiva alsuo livello ottimale»: infatti, «l’imposizione diuna penale condurrebbe (...) ad un innalza-mento del costo complessivo che deve essererisarcito (costo dell’incidente + somma a tito-lo di penale), inducendo, come conseguenzaulteriore, ad un innalzamento delle misurepreventive di sicurezza pari esattamente all’en-tità della somma concessa a titolo di penale»,con conseguenti «effetti disincentivanti e diiperdeterrenza che l’imposizione di una pena-le comporterebbe in relazione all’attività delsoggetto agente» (75).

Un discorso non dissimile viene propostoanche con riferimento alla materia della re-sponsabilità oggettiva, poiché – sulla premessache la funzione della responsabilità oggettivasia quella di «consentire l’internalizzazione in-tegrale del costo sociale complessivo conse-guente la realizzazione di determinate attivitàproduttive» – «imporre l’obbligo di devolverepenali produrrebbe un effetto di iperdeterren-za: con conseguente disincentivazione di attivi-tà d’impresa socialmente utile» (76).

Non è questa la sede per riprendere il di-scorso sulle perplessità metodologiche chepuò suscitare, in generale, il ricorso agli stru-menti dell’analisi economica del diritto: deci-sivo essendo comunque, al riguardo, il rilievo,già da tempo proposto in dottrina, secondo ilquale l’utilizzazione dell’argomento economi-co presuppone una giustificazione a livello didiritto positivo e di gerarchia delle fonti chenon può, ovviamente, esaurirsi nella mera pre-sa d’atto della suggestione dell’uno o dell’altro

zione dell’art. 1371 dell’avant projet prevede che idanni punitivi non siano assicurabili.

(74) Può essere interessante notare che, in pro-spettiva generale, la disciplina della responsabilitàcivile contenuta nel code civil québécois è stata de-scritta come caratterizzata, nel solco della tradizionegiuridica nazionale, da una sorta di «ossessione dellacolpa come base della responsabilità civile» (cfr., sulpunto, anche per qualche considerazione attenta aiprincipi generali che, sul punto, emergono nell’am-bito della Charte québécoise des droits et des libertésde la personne, Popovici, Tendances récentes dudroit de la responsabilité civile au Québec, in Lesmétamorphoses de la responsabilité, Colloque com-mun aux Facultés de droit de l’Université de Mon-tréal, de l’Université Catholique de Nimègue et del’Université de Poitiers, Paris, 1997, 133).

(75) Cfr. Gallo, Pene private e responsabilità civi-le, 62 s.

(76) Ivi, 63 s.

Danno morale soggettivo

NGCC 2010 - Parte seconda 255

approccio dell’analisi economica del diritto(77).

È tuttavia significativo il convergere delleimpostazioni fin qui esaminate verso la soluzio-ne che esclude la seria configurabilità di unafunzione sanzionatoria della condanna risarci-toria per danno morale tutte le volte che nonsia possibile un accertamento circa la sussisten-za di una concreta situazione di colpevolezza,in senso lato, e, dunque, comprensivo anchedel dolo, del candidato responsabile.

5. Segue: la funzione sanzionatoria edeterrente della condanna risarcitoria

per danno morale soggettivo: profili ri-

costruttivi. Si possono, a questo punto, for-mulare le prime conclusioni in ordine ai limitientro i quali sia dato configurare in effetti unafunzione preventivo-sanzionatoria della con-danna risarcitoria per danno morale.

Può ritenersi, innanzi tutto, che, in caso difatto illecito doloso (78), e che sia produttivo diun danno morale, la condanna del responsabileassuma in concreto anche una funzione sanzio-natoria e possa produrre, al tempo stesso, uneffetto deterrente avverso la reiterazione dicomportamenti analoghi.

Tuttavia, anche in questi casi, ed almeno allostato attuale del diritto positivo, la condannadel responsabile non potrà prescindere dall’al-legazione, e dalla prova, delle conseguenzepregiudizievoli dell’illecito, sia pure riferite, se-condo la tradizionale fenomenologia del dannomorale, al dolore, nell’afflizione e nel patema

d’animo: secondo quanto è stato ritenuto, an-che in epoca relativamente recente, dalla Supr.Corte, in un caso, piuttosto insolito, di pretesarisarcitoria relativa all’asserito danno esisten-ziale discendente dalla lesione del legame di af-fezione con un cavallo (79).

Il richiamo al rigore dell’onere probatorio(80), suscettibile ovviamente di essere assoltoanche mediante presunzioni (81), desumibilidalla qualità del soggetto leso o, in caso di dan-no «di riflesso» (82) dalle sue relazioni con lavittima primaria, costituisce, allo stato attuale,

(77) Si vedano, sul punto, le notazioni di Salvi, Ilparadosso della responsabilità civile, Riv. crit. dir.priv., 1983, 144; decisiva è, del resto, la considera-zione, ampiamente argomentata, di nuovo, da que-st’a., secondo la quale l’uso delle tecniche dell’anali-si economica del diritto può di per sé condurre aconclusioni diametralmente opposte in ordine almodello di responsabilità che si intenda accreditare(cfr. Id., op. loc. citt.).

(78) Sul punto è, ovviamente imprescindibile ilrinvio alle riflessioni, tuttora attuali, di Cendon, Ildolo nella responsabilità extracontrattuale, Giappi-chelli, 1974 nonché, più di recente, Id., Danno im-prevedibile e illecito doloso, in Risarcimento del dan-no contrattuale ed extracontrattuale, a cura di Visin-tini, Giuffrè, 1984, 23 ss.

(79) Il riferimento è a Cass., 27.6.2007, n. 14846,inedita, per quel che consta: la sentenza ha altresìescluso, concretizzando in termini sicuramente con-divisibili il concetto di danno da lesione di dirittidella persona costituzionalmente garantiti, che po-tesse essere considerato a tale stregua il danno deri-vante, appunto, dalla perdita di un cavallo. Più direcente, in tema di danno non patrimoniale da per-dita di animale domestico, cfr. anche Cass.,25.2.2009, n. 4493, consultabile sul sito Altalex, se-condo la quale «nel giudizio di equità del giudice dipace, venendo in rilievo l’equità c.d. formativa o sosti-tutiva della norma di diritto sostanziale, non opera lalimitazione del risarcimento del danno non patrimo-niale, fissata dall’art. 2059 c.c., sia pure nell’interpre-tazione costituzionalmente corretta di tale disposizio-ne. Ne consegue che il giudice di pace, nell’ambito delsolo giudizio di equità, può disporre il risarcimentodel danno non patrimoniale anche fuori dei casi deter-minati dalla legge e di quelli attinenti alla lesione deivalori della persona umana costituzionalmente protet-ti, sempre che il danneggiato abbia allegato e provato(anche attraverso presunzioni) il pregiudizio subito,essendo da escludere che il danno non patrimonialerappresenti una conseguenza automatica dell’illecito»:l’estrema peculiarità, anche dal punto di vista pro-cessuale, del caso non consente evidentemente digeneralizzare il principio sancito da questa sentenza.

(80) Sul punto è d’obbligo rammentare Cass., sez.un., 24.3.2006, n. 6572, cit.

(81) Secondo quanto opportunamente ricordaCass., 12.6.2006, n. 13546, in Danno e resp., 2006,843, con nota di Ponzanelli.

(82) Come accade nell’ipotesi di danno lamentatodai congiunti della vittima primaria, che ha assuntoassai maggiore importanza pratica a partire dall’af-fermazione, ad opera di Cass., 23.4.1998, n. 4186, inDanno e resp., 1998, 687, della risarcibilità del dan-no morale dei congiunti della vittima primaria anchein caso di lesioni personali, e non di morte, di que-st’ultima.

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256 NGCC 2010 - Parte seconda

l’unico possibile correttivo, benché affidato,inevitabilmente, alla discrezionalità giudiziale,al pericolo di un’esuberanza sanzionatoria del-la condanna.

Tale pericolo si coglie, se non in modo parti-colare, anche sul piano della moltiplicazione dirichieste di condanna risarcitoria ad opera diuna pluralità di soggetti che si assumono dan-neggiati: con un evidente effetto distorsivo ri-spetto ad un modello di funzione sanzionato-ria, ma anche rispetto ad un modello di sempli-ce deterrenza, la quale, per essere tale, postulache l’autore dell’illecito sia in grado di rappre-sentarsi le conseguenze derivanti dal medesi-mo.

In questo senso, appare suggestiva la consi-derazione, proposta da una dottrina recente,secondo la quale una funzione sanzionatoria«presa sul serio» della condanna risarcitoriaper danno morale postulerebbe, in ogni caso,«la certezza della pena, non già una reazioneindeterminata o basata su stime equitative»(83); e le stesse obiezioni si possono muovere,come pure è stato puntualmente notato, alleteorie che ravvisano senz’altro nel risarcimentodel danno non patrimoniale, e segnatamente diquello morale, una funzione preventiva, pro-prio perché, a sua volta, la deterrenza generalepuò funzionare solo attraverso la conoscenza ela certezza del costo del comportamento (84).

Sotto quest’ultimo angolo visuale si delineaun limite intrinseco, per così dire, in prospetti-va sanzionatoria, della condanna risarcitoriaper danno morale, cosicché, a voler portare fi-no in fondo il discorso sulla funzione sanziona-toria, occorrerebbe sottrarre questa materia al-la discrezionalità giudiziale ed ipotizzare unmeccanismo di determinazione legislativa apriori degli importi suscettibili di essere posti abase della condanna, destinato, peraltro, ed asua volta, a sfociare in una sorta di riedizionedel guidrigildo, introdotto, com’è noto, dal-l’Editto di Rotari del 643: un esito applicativoche non sembra davvero desiderabile, dal pun-to di vista del progresso degli istituti giuridici.

Laddove, invece, la condanna risarcitoriaper danno morale non possa assolvere, sia pure

nei limiti fin qui esposti, una funzione sanzio-natoria, il risarcimento del danno morale esple-terà la funzione che è stata efficacemente defi-nita di riconoscimento simbolico del valore at-tribuito alla persona e di riconoscimento, sulpiano sociale della ingiustizia della sua viola-zione (85). E qui, forse, potrebbe essere il casodi riconsiderare, dopo tanti decenni di rifles-sione giustamente attenta alle suggestioni, percosì dire, a livello di analisi strutturale, del-l’analisi economica del diritto, la valenza sim-bolico-culturale degli istituti e dei rimedi giuri-dici.

Infatti, ed a non voler ritenere che la con-danna risarcitoria per danno morale debba ri-solversi in quella – efficacemente definita, aquesto punto (86) – strana alchimia, che consi-ste appunto nell’estrarre monete dalle proprielacrime, il danaro non può assumere, in questocaso, il ruolo, che gli è normalmente proprio,di unità di misura dei valori di mercato, bensì,ed appunto, quello di ripristino dell’assetto divalori recepito dall’ordinamento.

Questa lettura del significato che assume,nel contesto dell’istituto aquiliano, la condan-na risarcitoria – o, meglio, riparatoria – perdanno morale soggettivo sembra trovare, adonta delle prime apparenze, una confermanella penetrante considerazione di chi ha os-servato, di recente, che «nonostante l’estranei-tà originaria, l’innesto del danno non patrimo-niale nelle strutture della responsabilità civilesignifica l’ascrizione alla logica risarcitoria an-che di tale danno, nonostante esso sia di persé insuscettibile della liquidazione per equiva-lente. L’aporia nella quale è venuto a trovarsiil danno non patrimoniale nel momento incui, per diventare risarcibile, ha dovuto tra-dursi in una somma di denaro, ha suggerito,di quando in quando, letture penalistiche del-la responsabilità che lo riguarda, le quali sonopotute sembrare lo sbocco coerente di undanno di per sé non suscettibile dell’apprezza-mento patrimoniale consustanziale al risarci-

(83) Cfr. Cricenti, Persona e risarcimento, 186.(84) Ivi, 187.

(85) Cfr. Cricenti, Persona e risarcimento, 190 s.(86) L’espressione è di Viney, Les obligations. La

responsabilité: conditions, Paris, 1982, 927, la cui po-sizione, sul punto, è rammentata da Busnelli, Inte-ressi della persona e risarcimento del danno, in Riv.trim. dir. e proc. civ., 1996, 4.

Danno morale soggettivo

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mento. Esse sono però frutto del non adegua-to apprezzamento del significato dell’innestodel danno non patrimoniale nelle strutturedella responsabilità civile con la totale depura-zione di esso delle scorie originarie dell’actioiniuriarum e della sua natura penalistica. Talesignificato consiste nel considerare il dannonon patrimoniale come se esso fosse traducibi-le per equivalente in una somma di denaro ne-gli stessi termini del danno patrimoniale.Equiparato, cioè, il danno non patrimoniale aquello patrimoniale, da sempre apprezzabilein danaro e perciò risarcibile, anche il primodiventa risarcibile. L’organo di tale transu-stanziazione diventa inevitabilmente il giudice,al quale viene affidato il compito di trasforma-re quella riparazione del danno non patrimo-niale in risarcimento, il quale in essenza esige-rebbe la patrimonialità» (87).

Infatti, la finalità del processo, a tale streguasuggestivamente definito di transustanziazione,non può essere considerata quella di forzare,all’interno dei circuiti e dei criteri di valutazio-ne del mercato, dati di realtà (la perdita non ri-conducibile ad una valutazione in danaro; an-cora più chiaramente, la sofferenza o il dolore)ad essi ontologicamente estranei; mentre loscopo del medesimo deve essere ravvisato pro-prio nel riconoscimento simbolico del valoredella persona.

6. Danno morale soggettivo e dignitàdella persona. La considerazione da ultimosvolta, a proposito della funzione simbolicadella condanna risarcitoria per danno morale,ci consente, a questo punto, di giungere allaconclusione del discorso e di delineare, anchealla luce dei dati normativi e giurisprudenzialiin precedenza analizzati, un possibile statutofunzionale della condanna risarcitoria perdanno morale soggettivo in grado di aggregareattorno a sé sia le ipotesi in cui tale profilo didanno sia liquidato in contesti di responsabili-tà per fatto illecito, sia quelle in cui lo stessosia riconosciuto in ambiti di responsabilità percolpa: statuto funzionale unitario che, come siè visto, non si presta ad essere assicurato dal

profilo della funzione sanzionatoria, o deter-rente, della condanna, che non può entrare ingioco nei casi di responsabilità oggettiva.

Muovendo, infatti, dalla premessa, sulla qua-le ci si è soffermati in precedenza, anche inchiave di rivisitazione diacronica della dottrinae della giurisprudenza italiane in argomento,della centralità del valore della persona nel vi-gente ordinamento, lo strumento della condan-na risarcitoria per danno morale soggettivo,commisurata alla serietà e gravità della lesione,può presidiare efficacemente la dignità dellapersona. La negazione del valore della persona,e della sua dignità, che il fatto produttivo didanno morale abbia potuto determinare, trova,dunque, risposta, da parte dell’ordinamento,nella condanna risarcitoria adottata a caricodel responsabile.

Né deve sembrare che tale modalità rimedia-le sia inadeguata rispetto all’esigenza di riaffer-mazione della dignità della persona; e qui pos-sono essere riprese le considerazioni poc’anzirichiamate di autorevole dottrina in ordine allatransustanziazione in danaro che anche entitànon riconducibili al mercato debbono subireper poter essere inserite nel circuito della giu-stiziabilità.

Certamente, in questa sua funzione di presi-dio della dignità della persona (88), la condan-na risarcitoria per danno morale soggettivo (89)non potrà essere considerata isolatamente daaltre tecniche, quale, in particolare, la pubbli-cazione della sentenza di condanna previstadall’art. 120 cod. proc. civ. (90); ma neppure

(87) Così Castronovo, Sentieri di responsabilitàcivile europea, in Eur. e dir. priv., 2008, 805.

(88) Sulla quale, come si accennava, anche la piùrecente giurisprudenza pone opportunamente l’ac-cento: cfr. ancora Cass., 12.12.2008, n. 29191, inDir. e giust., 2008, alla stregua di un importante ri-chiamo al riconoscimento che il valore della dignitàdella persona assume all’interno della c.d. Costitu-zione europea e del Trattato di Lisbona.

(89) Configurabile, naturalmente, anche in ambitidi danno morale soggettivo derivante da responsabi-lità contrattuale: ma la presenza, all’interno di que-sto Trattato, di una parte specificamente de-dicata al danno non patrimoniale da inadempimentonon consente di affrontare ex professo l’argomento.

(90) Tanto più nella sua formulazione opportuna-mente adeguata alle nuove tecniche di comunicazio-ne via internet introdotta dalla l. 18.6.2009, n. 69.

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potrà essere negata nella sua incisività ed effet-tività.

D’altra parte, è proprio l’aggancio all’esigen-za di tutela della dignità della persona, tantopiù accentuata quanto più grave sia stata la le-sione che il fatto illecito abbia alla stessa cagio-nato, che può costituire una giustificazione

concorrente, e per certi versi, perfino più per-suasiva, di quella proposta dalle sez. un.dell’11.11.2008, della regola di irrisarcibilità didanni non patrimoniali (qui specificamente,morali soggettivi) che non eccedano la sogliadella apprezzabile gravità.

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