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Antonio Bovino avvocato LEASING FINANZIARIO IPOTESI DI RISOLUZIONE CONTRATTUALE 1

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Antonio Bovinoavvocato

LEASING FINANZIARIOIPOTESI DI RISOLUZIONE CONTRATTUALE

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Indice

Capitolo primoCos'è il leasing....................................................................pag. 5

Capitolo secondoElementi distintivi del leasing: giurisprudenza..................pag. 9

Capitolo terzoInadempimento del leasing immobiliare: rapporti concedente -utilizzatore e clausola penale...........................................pag. 12

Capitolo quartoInadempimento del leasing immobiliare: la clausoladell'irripetibilità dei canoni..............................................pag. 16

Capitolo quintoInadempimento del fornitore, i diritti dell'utilizzatore: larisoluzione del contratto di fornitura................................pag. 19

Capitolo sestoInadempimento del fornitore, i diritti dell' utilizzatore: vizidella cosa oggetto di leasing............................................pag. 28

Capitolo settimoInadempimento del fornitore: mancata consegna delbene................................................................................. pag. 31

Capitolo ottavoConclusioni......................................................................pag. 34

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Capitolo primoCos'è il Leasing

Il contratto di leasing (dall'inglese “to lease”, “affittare” o“locare”) è un contratto atipico che senza alcun dubbio rientranella tutela di cui all'art. 1322 c.c.Tale tipologia contrattuale, che appare per la prima volta inambiente anglosassone, in Italia non ha finora ricevuto alcunadisciplina particolare e specifica.Nel dettaglio, il contratto di leasing è definito generalmentecome quel contratto con il quale "... una parte concede all'altrail godimento di un bene dietro corresponsione di un canoneperiodico determinato; al termine del periodo di godimento èprevisto, in via alternativa e a favore della parte che haricevuto il godimento, la restituzione del bene o l'acquisto diesso per una somma residua predeterminata" (Cass. n.6390/1983) ed anche come “prassi negoziale con la qualeun’impresa di leasing concede ad un operatore economico ilgodimento di un bene, dietro il corrispettivo di un canone perun periodo determinato” (Cass. n. 6412/1998).Gli operatori del diritto hanno cercato nel tempo di assimilare ilcontratto di leasing di volta in volta o alla locazione oppure allavendita con riserva di proprietà invocando per quanto riguardale ipotesi di risoluzione e in via analogica le norme previstedall'art. 1458 c.c (efficacia retroattiva della risoluzionecontrattuale) e dall'art. 1526 c.c. (riserva di proprietà) senzaperò che una delle due soluzioni prevalesse.In giurisprudenza, si è arrivati ad una distinzione a seconda chelo scopo contrattuale sia essenzialmente il godimento oppure iltrasferimento del bene oggetto di leasing; abbiamo cioè ilcosiddetto “leasing di godimento” o il cosiddetto “leasingtraslativo”.

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E' il 1989 quando la Cassazione sancisce la distinzione appenarichiamata. Quest’ultima è intervenuta con sei sentenzesuccessive (le nn. 5569, 5570, 5571, 5572, 5573, 5574) con lequali ha sancito la distinzione della figura negoziale in due:“l’una di godimento o tradizionale e l’altra traslativa onuova”.La prima tipologia di leasing ha per oggetto un bene a rapidaobsolescenza, rispetto al quale l'interesse dell'utilizzatore versoil bene stesso si esaurisce, di solito, con il consumarsi delperiodo contrattualmente stabilito per il godimento e quinditale bene generalmente non verrà riscattato perché ha perso lasua utilità o comunque verrà riscattato ad un prezzo moltobasso, di regola corrispondente al valore materiale del bene altermine del rapporto.A tale tipologia contrattuale si applica, pacificamente, in casodi inadempimento, l'art. 1458 cod. civ (la risoluzione delcontratto per inadempimento ha effetto retroattivo tra le partisalvo il caso di contratti ad esecuzione continuata o periodica,riguardo ai quali l'effetto della risoluzione non si estende alleprestazioni già eseguite - il locatore-concedente non è tenuto arestituire i canoni ricevuti in precedenza).Nel leasing traslativo, invece, il bene oggetto del contrattoconserva un valore finale elevato e comunque superiore allasomma richiesta quale diritto di opzione; in tal caso i canonicontemplano anche una quota di prezzo proprio tenendo inconsiderazione il momento del successivo acquisto. Qui, ilgodimento del bene è finalità esclusivamente strumentalerispetto allo scopo principale del trasferimento della proprietà;per tale tipologia contrattuale, in caso di inadempimento siapplica l'art. 1526 cod. civ. Il concedente, pertanto, nell'ipotesidi risoluzione per inadempimento del contratto di locazionefinanziaria, deve restituire i canoni incassati durante

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l'esecuzione del contratto, ma ha diritto ad un "equo compenso"per l'uso del bene ad opera dell'utilizzatore, oltre all'eventualerisarcimento del danno.In altre parole, il leasing tradizionale “di godimento” o “puro”è volto a realizzare una prevalente funzione di finanziamento esi caratterizza per avere ad oggetto beni che esauriscono lapropria vita economica in corrispondenza della scadenza delcontratto. canoni pagati tendono a remunerare il concedente delvalore economico consumato dall’utilizzatore e ciò si verificaanche quando l’utilizzatore esercita il diritto di opzione il cuieffetto traslativo, remunerato, è solo ipotetico e non necessario,comunque irrilevante rispetto all'interesse che le parti hannodimostrato al momento della stipula del contratto. Secondoquesta impostazione, in caso di risoluzione per i canoni giàriscossi si applica l’art. 1458, co. 1°, seconda parte c.c.Per quanto attiene al leasing “di consumo” o “traslativo”, leparti generalmente trattano un bene cosiddetto strumentale. Peresso l’obsolescenza non coincide con la scadenza del contrattoe, pertanto, il bene, alla scadenza contrattuale, non avrà cessatola propria valenza economica, che sarà certamente maggiorerispetto al prezzo d’opzione. Questa caratteristica inducel'utilizzatore all’acquisto del bene ed è ben presa inconsiderazione dalla società concedente al fine del regolamentocontrattuale. L'opzione, in tali circostanze, diventa il puntonodale; l'ammontare complessivo dei canoni va inteso non inrelazione al vantaggio insito al godimento, ma al prezzo/valoredel bene. Il prezzo periodico del canone dovrà pertanto tenerein considerazione sia una percentuale relativa al godimento, siauna percentuale relativa al prezzo del bene. Per tale tipologiacontrattuale, inoltre, assume assai rilevanza la funzione digaranzia del finanziamento in riferimento al fatto che laproprietà rimane in capo al concedente. Vi sono molte analogie,

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quindi, con la vendita rateale ed è per tale motivo che, in casodi risoluzione per inadempimento, per tali fattispecie, sirichiamano i principi di cui all’art. 1526 c.c.

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Capitolo secondoElementi distintivi del leasing: giurisprudenza

La Cassazione, come già accennato nel precedente capitolo, haconsolidato una griglia di elementi tali da poter dirimere, nellaqualificazione del contratto di leasing, se lo stesso possa esseredefinito traslativo o di mero godimento. Ciò naturalmente conla finalità di individuare la normativa applicabile in caso dicontroversia e soprattutto, per quanto attiene a questo lavoro, incaso di inadempimento.Sul punto la sentenza della Suprema Corte n. 23324/2011 mipare sia assai chiara nel puntualizzare che, per richiamare lanormativa sul leasing traslativo, ciò che è fondamentale è chenel contratto sia previsto che, in caso di esercizio dell'opzionedi acquisto, dal prezzo di acquisto si scali una quotadell'importo dei canoni corrisposti.L'Agenzia delle Entrate e il Ministero dell'Economia e Finanzericorrevano in Cassazione nei confronti dell'Ente AutonomoFiere Internazionali di Bologna per la cassazione della sentenzacon cui la Commissione Tributaria Regionale dell'EmiliaRomagna annullava la ripresa fiscale sui redditi dell'ente perl'anno di imposta 1993. La ripresa fiscale era stata operatadall'Ufficio con riferimento ad un contratto di leasing, aventead oggetto capannoni fieristici, concluso nel 1980 tra l'EnteAutonomo Fiere Internazionali di Bologna (utilizzatore) e lasocietà Finanziaria Fiere di Bologna spa (concedente).Il canone previsto da tale contratto era diviso in tre quote: a)una quota in conto godimento dei beni; b) una quota per lacostituzione di un fondo opzione di acquisto,infruttifero; c) unaquota relativa alla parte del costo di costruzione eccedentel'importo di 10 miliardi di lire.Secondo l'Ufficio, la quota di canone di cui sub b) non poteva

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essere inclusa tra le componenti negative del reddito delcontribuente, in quanto si sarebbe trattato di una postapatrimoniale (da iscrivere quindi nell'attivo della situazionepatrimoniale) e non di una posta economica (deducibile dairicavi ai fini della determinazione del reddito imponibile).La Commissione Tributaria Regionale motivava la propriadecisione sull'assunto che - al fine di qualificare il contrattocome locazione con opzione di acquisto a favore delconduttore, secondo quanto prospettato dall'Ufficio, invece checome leasing, secondo il nomen juris utilizzato dalle parti - nonpoteva ritenersi sufficiente il rilevo che i canoni contrattualicomprendevano tanto una quota destinata a remunerare ilgodimento dell'immobile quanto una quota destinata adalimentare un fondo acquisto da scomputare dal prezzodell'eventuale trasferimento del bene.Secondo la ricorrente, la Commissione Tributaria Regionaleavrebbe violato i canoni dell'interpretazione contrattuale fissatidall'art. 1362 c.c. - e, in particolare, quello della comuneintenzione delle parti - qualificando il contratto de quo comeleasing, invece che come locazione con opzione di acquisto afavore del conduttore, sulla base oggettiva che il prezzo ditrasferimento del compendio immobiliare, dedotto in contratto,era convenuto nel relativo valore di mercato al momentodell'esercizio dell'opzione di acquisto da parte dell'utilizzatore(valore il cui accertamento era contrattualmente rimesso adcollegio di arbitratori) e che tale previsione sarebbeincompatibile con lo schema tipico del leasing, in cui il prezzodi trasferimento è prestabilito nel contratto ed è notevolmenteinferiore rispetto al valore residuo del bene.La Cassazione dopo una breve premessa disattendel'amministrazione finanziaria e ribadisce che il leasing puòessere di godimento o traslativo. Nel primo caso, esso ha ad

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oggetto beni non idonei a conservare un apprezzabile valoreresiduale alla scadenza del rapporto, cosicché i canoniconfigurano esclusivamente il corrispettivo dell'uso di dettibeni e la funzione del contratto è prevalentemente difinanziamento; nel secondo caso, invece, la pattuizione siriferisce a beni atti a conservare, alla scadenza del rapporto, unvalore residuo superiore all'importo convenuto per l'opzione,cosicché i canoni hanno la funzione di scontare anche unaquota del prezzo di previsione del successivo acquisto.La Suprema Corte ritiene, inoltre, che elemento indispensabilee dirimente, per far sussumere il contratto oggetto diimpugnativa nel leasing traslativo e non in quello digodimento, è la pattuizione per la quale, in caso di eserciziodell'opzione di acquisto, sarebbe stata scalata dal prezzo unaquota dell'importo dei canoni (quella, appunto, confluita nelfondo per l'acquisto e che l'Agenzia ritiene non qualificabilecome componente negativa di reddito), mentre non èincompatibile con tale schema la mancata predeterminazionedel prezzo di trasferimento. Per effetto di tale pattuizione,infatti, la somma da sborsare per l'acquisto dei capannoni daparte dell'utilizzatore è notevolmente inferiore al loro valore dimercato al momento dell'acquisto (ossia al loro valore residuo),perché è pari alla differenza tra tale valore e l'ammontare delfondo per l'acquisto.Pertanto, si può concludere che, qualora il contratto di leasingpossa essere definito traslativo e non di godimento, occorre checi sia la pattuizione per la quale, in caso di eserciziodell'opzione di acquisto, dal prezzo si deve scalare una quotadell'importo dei canoni corrisposti.

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Capitolo terzoInadempimento del leasing immobiliare: rapporti

concedente - utilizzatore e clausola penale

Nell'esecuzione del contratto di Leasing spesso capita chel'utilizzatore, per i più svariati motivi, smetta di corrispondereil pagamento dei canoni pattuiti al concedente. In tali casi,risulta rilevante qualificare il contratto con puntualità in mododa verificare quali conseguenze possa comportare ladeclaratoria di inadempimento in relazione al bene, ai canoniversati, a quelli insoluti e a quelli a venire oltre all'eventualepresenza e valenza della clausola penale prevista in quasi tutti icontratti di leasing.Interessante sul punto analizzare la sentenza della Cassazionen. 888/2014.Una società finanziaria chiedeva al Tribunale la risoluzione delcontratto di leasing immobiliare avente ad oggetto ilfinanziamento dell'acquisto di uno stabile. L'importocomplessivo dell'operazione doveva essere restituitodall'utilizzatrice alla società finanziaria tramite il versamento diun acconto e poi di un certo numero di rate mensili fino alprezzo di riscatto esercitando l'opzione di acquisto allascadenza del rapporto. Dopo alcuni mesi dal pagamentopuntuale del canone, l'utilizzatrice si rendeva inadempiente alpagamento dei canoni mensili e la Finanziaria comunicava lasua volontà di recedere dal contratto.Con la domanda giudiziale la finanziaria chiedeva, oltre allapronuncia di risoluzione ed alla restituzione dell'immobileanche il pagamento della somma comprensiva sia dei canoniscaduti e non corrisposti, nonché - a titolo di risarcimento deidanni, come quantificati nella clausola penale prevista nel

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contratto di leasing - dei canoni a scadere fino al termine delcontratto e della somma convenuta per l'esercizio del diritto diriscatto. L'utilizzatrice chiedeva il rigetto delle domande ed, insubordine, la riduzione ad equità della penale.Nel merito, sia Tribunale che Corte d'Appello davano ragionealla finanziaria.L'utilizzatrice ricorreva in Cassazione sostenendo, inparticolare, che il contratto in oggetto aveva natura di leasingtraslativo, la cui risoluzione esplicava efficacia retroattiva,obbligando ciascuna delle parti alla restituzione di quantoavesse ricevuto. Sosteneva, inoltre, che la fattispecie erasoggetta all'applicazione analogica dei principi in tema divendita con riserva della proprietà, in forza dei qualil'utilizzatrice ha diritto alla restituzione delle somme pagateratealmente, detratto un equo compenso per l'uso della cosa, e -qualora sia stata convenuta una clausola penale - essa èsoggetta a riduzione, se manifestamente eccessiva.Faceva rilevare che la condanna emessa a carico dellautilizzatrice alla restituzione di tutti i canoni e della sommaconvenuta per l'esercizio del diritto di riscatto, in aggiunta allarestituzione dell'immobile, veniva ad attribuire alla concedenteun guadagno eccessivo e sproporzionato all'entità dei danniconseguenti alla risoluzione del rapporto, poiché tramite larecuperata disponibilità dell'immobile la società finanziariaconseguiva la possibilità di reimpiego del bene al fine di trarneulteriori utili.Sul punto la Cassazione già aveva sentenziato che alconcedente deve essere assicurato un guadagno che sia inproporzione analogo a quello che avrebbe tratto dal piùprolungato impegno del maggior capitale, tenuto conto delvalore del bene restituito in anticipo (Cass. civ. n. 574/2005) etenuto conto del fatto che, con l'anticipato recupero, il

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concedente è in grado di procurarsi un utile, che deve esserecalcolato in detrazione rispetto alla somma dovuta da essa(Cass. n. 4969/2007).La Suprema Corte ribaltava le decisioni dei giudici di merito.Trattandosi di leasing traslativo immobiliare, ove i canonicostituiscono non il corrispettivo del mero godimento del bene,ma il versamento rateale del prezzo, in previsione dell'eserciziofinale dell'opzione di acquisto, l'interesse del concedente èquello di ottenere l'integrale restituzione della somma erogata atitolo di finanziamento, con gli interessi, il rimborso delle spesee gli utili dell'operazione; non quello di ottenere la restituzionedell'immobile, che normalmente non rientrava fra i beni di suaproprietà alla data della conclusione del contratto, né costituivaoggetto della sua attività commerciale. Infatti è stato scelto eacquistato presso terzi dall'utilizzatrice in funzione delle suepersonali esigenze e solo pagato dalla società di leasing, che sene è intestata la proprietà esclusivamente in funzione digaranzia della restituzione del finanziamento.L'operazione è quindi soggetta all'applicazione analogicadell'art. 1526 cod. civ., con gli adeguamenti e i temperamentidel caso, in considerazione del fatto che - mentre nella venditacon riserva della proprietà nel caso di inadempimentodell'acquirente il venditore normalmente soddisfa il suoprincipale interesse con il recupero del bene, ed il dannoconseguente può consistere nel relativo deterioramento, nellaperdita degli utili inerenti al godimento, nella perdita di altreproficue occasioni di vendita, e simili - nel leasing lariconsegna dell'immobile è insufficiente, quale risarcimento deldanno, ove la restituzione del finanziamento non segua e ilvalore dell'immobile non valga a coprirne l'intero importo. Macostituisce un quid pluris rispetto all'interesse e ai dannieffettivi subiti dal concedente, ove si aggiunga all'integrale

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restituzione della somma erogata, con i relativi interessi espese.Pertanto, le clausole contrattuali che attribuiscano alla societàconcedente il diritto di recuperare, nel caso di inadempimentodell'utilizzatore, l'intero importo del finanziamento ed in più laproprietà e il possesso dell'immobile, attribuiscono alla societàstessa vantaggi maggiori di quelli che essa aveva il diritto diattendersi dalla regolare esecuzione del contratto, venendo aconfigurare gli estremi della penale manifestamente eccessivarispetto all'interesse del creditore all'adempimento, di cuiall'art. 1384 cod. civ. (Cass. civ. Sez. 3, 13 gennaio 2005 n.574; Idem, 2 marzo 2007 n. 4969; Idem, 27 settembre 2011 n.19732, ed altre).La Corte concludeva sostenendo che al fine di evitare checlausole penali nei contratti di leasing attribuiscano alconcedente vantaggi eccessivi, occorre che sia specificamenteattribuito all'utilizzatore - una volta restituito l'intero importodel finanziamento - il diritto di recuperare proprietà edisponibilità del bene oggetto del leasing, in terminiprestabiliti e precisi (non mere e generiche facoltà,indeterminate nei tempi e nei modi e rimesse alla discrezionealtrui); oppure il diritto di imputare il valore dell'immobile allasomma dovuta in restituzione delle rate a scadere, ove cosi leparti cosi preferiscano: sempre che le relative decisioni escelte siano concordate e non rimesse all'arbitrio dell'una odell'altra di esse.

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Capitolo quartoInadempimento del leasing immobiliare:

la clausola di irripetibilità dei canoni

In tema di penale nel leasing immobiliare (rectius: clausola diirripetibilità dei canoni), la Cassazione con la sentenza n.19272/2014 ricorda agli operatori di diritto che la stessa nonopera d'ufficio allorché si verifichi l'inadempimentodell'utilizzatore, ma occorre necessariamente un'esplicitadomanda giudiziaria o un'idonea eccezione nel momento in cuil'utilizzatore dovesse richiedere la restituzione dei canoni dileasing versati.Sul tema, un istituto di credito concedeva in locazionefinanziaria un'unità immobiliare ad una società utilizzatriceche, dopo qualche tempo, interrompeva il pagamento deicanoni. La concedente, quindi, citava la società utilizzatricedavanti al Tribunale per sentire accertare l'intervenutarisoluzione del contratto per inadempimento, in ragione delmancato pagamento dei canoni con condanna alla riconsegnadel cespite. Costituitasi in giudizio, la società utilizzatricerichiedeva la restituzione degli importi corrispondenti ai canonidi leasing già versati.Il Tribunale condannava l'utilizzatrice al rilascio e allaconcedente di versare i canoni di leasing incassati.Il Tribunale osservava che non era contestato l'inadempimentodella società utilizzatrice, che, del resto, aveva richiesto, in viariconvenzionale, la restituzione delle somme corrisposte atitolo di canone. Tuttavia, la società attrice non aveva maidomandato il riconoscimento di un equo compenso ai sensidell'art. 1526, primo comma, cod. civ. limitandosi a depositareil testo contrattuale che lo prevedeva senza peraltro eccepirlonei termini consentiti dalle norme processuali.

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L'appello della concedente incentrato, nella sostanza, acensurare la affermata mancanza, a fronte della domanda direstituzione dei canoni, di una “puntuale eccezione” diirripetibilità dei canoni in base a clausola contrattuale - venivarigettato dalla Corte di appello.La Cassazione fissa la propria attenzione sulla tipica clausolacontrattuale circa l'irripetibilità del canoni versati in rapportoall'art. 1526 c.c.Evidenzia che seppur in via analogica, la disciplina dettata intema di risoluzione per inadempimento del contratto dall'art.1526 cod. civ., applicata al leasing traslativo immobiliare, nonè sussidiaria rispetto alla volontà delle parti, bensì inderogabilecomportando, in linea generale, nel caso di inadempimentodell'utilizzatore, la restituzione dei canoni già corrisposti, salvoil riconoscimento di un equo compenso in ragione dell'utilizzodei beni (tale da remunerare il solo godimento e nonricomprendere anche la quota destinata al trasferimento finaledi essi), oltre al risarcimento dei danni.La clausola di irripetibilità dei canoni riscossi dal concedente,la cui previsione convenzionale è contemplata dallo stessosecondo comma dell'art. 1526 cod. civ. (con conseguentepotere riduttivo del giudice "secondo le circostanze"), è daqualificarsi come clausola penale, giacché volta allapredeterminazione del danno risarcibile nell'ipotesi dirisoluzione per inadempimento dell'utilizzatore.Ed è principio consolidato quello per cui, in assenza dirichiesta di applicazione della clausola penale, non può diufficio il giudice statuire su di essa, neanche a seguito dellapronuncia di risoluzione del contratto, attesa la naturaautonoma della domanda di pagamento della penale rispetto aquella di risoluzione contrattuale. In definitiva, per vedersi riconoscere il diritto a non restituire i

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canoni versati, la concedente è sempre tenuta ad invocareformalmente la clausola di irripetibilità dei canoni.

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Capitolo quintoInadempimento del fornitore: i diritti dell'utilizzatore

e la risoluzione contratto fornitura

La questione può essere così sintetizzata: in caso di leasingfinanziario, l'utilizzatore è legittimato - oltre che a far valere lapretesa all'adempimento del contratto di fornitura e alrisarcimento del danno conseguentemente sofferto - anche aproporre domanda di risoluzione del contratto di vendita tra ilfornitore e la società di leasing, come effetto naturale delcontratto di locazione finanziaria, oppure tale legittimazionesussiste solamente in presenza di specifica clausolacontrattuale con la quale venga trasferita la posizionesostanziale del concedente all'utilizzatore.La Cassazione, in una recentissima sentenza a sezioni unite (lan. 19785/2015) chiarisce in maniera definitiva l'argomento.E' da dire che ormai la prassi mercantile ha di fatto risolto ilproblema attraverso la frequente stipulazione di atti ai qualipartecipano le tre parti - utilizzatore, fornitore e società dileasing - (soprattutto nel leasing immobiliare), oppureattraverso clausole contenute nel contratto di locazione con lequali il concedente trasferisce all'utilizzatore tutti i diritti e lecorrelate azioni che egli potrebbe sperimentare verso ilfornitore.Per risolvere la problematica la Cassazione ricostruisce lafattispecie negoziale alla luce della propria giurisprudenza intema di “contratti collegati”.Il dato comune a tutte le tipologie di leasing è che, alla base,esiste un'operazione di finanziamento tendente a consentire alcosiddetto utilizzatore il godimento di un bene (transitorio ofinalizzato al definitivo acquisto del bene stesso) grazieall'apporto economico di un soggetto abilitato al credito (ilcosiddetto concedente) il quale, con la propria risorsa

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finanziaria, consente all'utilizzatore di soddisfare un interesseche, diversamente, non avrebbe avuto la possibilità o l'utilità direalizzare, attraverso il pagamento di un canone che sicompone, in parte, del costo del bene e, in parte, degli interessidovuti al finanziatore per l'anticipazione del capitale.Affiancata a questa v'è, necessariamente, un'altra operazione,quella tendente all'acquisto del bene del quale l'utilizzatoreintende godere, ossia un'ordinaria compravendita stipulata trafornitore e concedente, attraverso la quale il secondo diventaproprietario del bene che darà in locazione all'utilizzatore da luifinanziato.Proprietà che, soprattutto nel leasing traslativo (ossia quelloche, come esito finale, prevede il trasferimento di proprietà dalconcedente all'utilizzatore) ha la fondamentale funzione digaranzia a favore del primo, rispetto ai canoni che ha il dirittodi percepire dal secondo.Nella grande normalità dei casi, è lo stesso utilizzatorelocatario a scegliere non solo il bene in tutte le suecaratteristiche, ma anche il fornitore, il quale ultimo èconsapevole dei risvolti dell'operazione, ossia che la cosa vieneacquistata dal concedente perché questi la dia in godimentoall'utilizzatore.Non v'è dubbio, dunque, che la vicenda è trilatera, nel sensoche coinvolge necessariamente tre soggetti; cosi come èindubbio che tra i due negozi v'è un indispensabilecollegamento, siccome la fornitura è effettuata in funzionedella successiva locazione del bene compravenduto e lalocazione presuppone che il locatore si sia procurato il beneche darà in godimento al locatario.Tuttavia, nessuno pone in discussione che i due attimantengano la loro sostanziale autonomia, che l'utilizzatore siaterzo rispetto al contratto di fornitura e, a sua volta, il fornitore

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sia terzo rispetto al contratto di locazione; laddove, invece, ilconcedente è l'unico, tra i tre, ad essere parte di entrambi gliatti.Così ricostruita la vicenda negoziale, la sottrazione della stessadall'ambito del rapporto plurilaterale e la sua sussunzione inquello del contratto collegato (ipotesi giurisprudenzialepreminente ed abbracciata dalla Cassazione a Sezioni Unite) fasì che le parti possano gestire separatamente i distinti rapporticontrattuali, secondo le rispettive funzioni, assegnandorilevanza giuridica a quelle sole interdipendenze che realmentecondizionano l'attuazione dell'operazione economica.D'altronde, è la stessa prassi che ha preferito la strada delcontratto collegato, tenuto conto che, per un verso, il contenutodel contratto di fornitura è di estrema rilevanza perl'utilizzatore nelle parti in cui si fissano le qualità e lecaratteristiche del bene, le garanzie di conformità, gli obblighidi consegna, ma che, per altro verso, una serie di altri patticontenuti nel contratto di fornitura (si pensi, ad esempio, alleclausole relative al pagamento del prezzo) non generanointerdipendenza e rimangono (o possono rimanere) estranee alregolamento contrattuale tra concedente ed utilizzatore.Così inquadrato, il contratto di leasing è un contrattomeramente bilaterale stipulato tra concedente ed utilizzatore ecollegato ad altro contratto bilaterale stipulato tra concedente efornitore per l'acquisizione del bene oggetto del contratto afavore dell'utilizzatore.Nella pratica, il collegamento si realizza mediante appositeclausole previste in ciascuno dei due contratti. In particolare,nel contratto di leasing, quelle clausole:

obbligano il concedente ad acquistare il bene giàindividuato dall'utilizzatore e descritto nello stessocontratto (anche mediante esplicito riferimento al

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contenuto del contratto di fornitura, che l'utilizzatoredichiara di conoscere ed approvare);

cedono all'utilizzatore diritti futuri, ma determinabiliperché derivanti al concedente dal contratto difornitura;

obbligano il concedente alla futura cessione di eventualidiritti nascenti da responsabilità del fornitore.

Nel contratto di fornitura, invece, configurano l'utilizzatore(che nel contratto di leasing ha assunto tutti i rischi derivantidalla fornitura oltre che dall'utilizzo del bene oggetto delcontratto) quale beneficiario delle prestazioni inerenti allaproduzione e messa a disposizione del bene, in conformità conle prescrizioni contrattuali e di legge già definite nel contrattodi leasing.Così pure, nella pratica questo collegamento è talvolta ancorpiù esaltato attraverso la partecipazione dell'utilizzatore alcontratto di fornitura. Soprattutto in area di leasingimmobiliare, il notaio usa costituire nel contratto dicompravendita la “parte venditrice” (il fornitore), la “parteacquirente” (il concedente), nonché l'altro soggetto chedichiara di intervenire nell'atto di compravendita in qualità di“utilizzatore” dell'immobile, oggetto del separato contratto dilocazione finanziaria, ed al quale la parte venditrice, preso attoche l'acquisto viene effettuato dal concedente al solo fine difargli utilizzare l'immobile, presta tutte le garanzie di legge,assumendo altresì nei suoi confronti le obbligazioni che - perlegge o per convenzione - sono a suo carico in quanto partevenditrice.In siffatti contratti si aggiunge pure che per la suddetta ragione,l'utilizzatore (riconosciuta la corrispondenza dell'immobile aquello da lui autonomamente prescelto ed individuato) potràrivolgersi direttamente ed autonomamente alla parte venditrice

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in ogni sede per qualsivoglia reclamo o pretesa, relativiall'immobile, previa comunicazione scritta alla parteacquirente. L'utilizzatore manleva la parte acquirente daqualsiasi conseguenza derivante da vizi, difetti, irregolarità,inidoneità all'uso, mancanza delle qualità all'uso, mancanzadelle qualità relativi all'immobile, agli impianti, alle pertinenzeed agli accessori dello stesso, nonché per eventuali mendacità,irregolarità od imprecisioni delle dichiarazioni rese dalla partevenditrice nell'atto (così testualmente s'esprimono le piùcomuni clausole inserite nei contratti di compravendita di beniimmobili destinati al leasing).É proprio la presenza di siffatte clausole normalmente in usonei moduli contrattuali che consente di configurare il contrattodi fornitura alla stregua di un contratto produttivo di alcunieffetti obbligatori a favore del terzo utilizzatore, senzanecessità di ipotizzare la presenza di un mandato implicito alcontratto di leasing volto ad assicurare all'utilizzatore i diritti diazione riconosciuti dalla legge al mandante nel mandato senzarappresentanza (art. 1705, comma 2, c.c.).Volendosi, invece, porre al cospetto di ipotesi in cui nessunaclausola contrattuale consenta all'utilizzatore lasperimentazione dell'azione risolutiva del contratto di fornitura,non può eludersi la regola base in tema di effetti del contratto,ossia quella in virtù della quale il contratto ha forza di legge trale parti, non può essere sciolto che per mutuo consenso o percause ammesse dalla legge e non produce effetto rispetto aiterzi che nei casi previsti dalla legge. E' la regola dellacosiddetta relatività del contratto, consacrata nell'art. 1372 c.c.,in forza della quale è, in via di principio, da escludersi che, inmancanza di diverso patto o di specifica disposizionenormativa, colui che non è stato parte del contratto di fornitura(l'utilizzatore) possa agire perché il contratto stesso sia risolto;

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incidendo in una res inter alios acta e sortendo, così, l'effetto diprivare il concedente della proprietà del bene locato e, dunque,della garanzia riservatasi a fronte del pagamento dei canoni dilocazione.Questa regola, in specifiche ipotesi, è stata ritenuta derogata daun collegamento negoziale in senso tecnico, che impone laconsiderazione unitaria della fattispecie. Collegamento in sensotecnico per il quale è necessario che ricorra sia un requisitooggettivo, costituito dal nesso teleologico tra i negozi, volti allaregolamentazione degli interessi reciproci delle partinell'ambito di una finalità pratica consistente in un assettoeconomico globale ed unitario, sia un requisito soggettivo,costituito dal comune intento pratico delle parti di volere nonsolo l'effetto tipico dei singoli negozi in concreto posti inessere, ma anche il coordinamento tra di essi per larealizzazione di un fine ulteriore, che ne trascende gli effettitipici e che assume una propria autonomia anche dal punto divista causale (il principio è consolidato e, tra le più recenti intal senso, cfr. Cass. n. 11974/10).Occorre concordare con quell'autorevole dottrina la qualeosserva che, dal punto di vista economico, l'operazione dileasing è sicuramente trilaterale, nel senso che i rapporti trafornitore, concedente ed utilizzatore costituiscono un tuttounitario. Eppure, dal punto di vista giuridico, le cose stannodiversamente, siccome ci si trova al cospetto di due contratti(quello di compravendita e quello di locazione finanziaria) che,come s'è visto in precedenza, conservano la rispettivadistinzione, pur essendo tra loro legati da un nesso chedifficilmente può essere considerato di collegamento negozialein senso tecnico. Un collegamento tale, cioè, da comportare chela patologia di un contratto comporti la patologia anchedell'altro. E' pur vero che questi contratti sono legati da un

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nesso obiettivo (economico o teleologico), ma quel che manca,perché possa ravvisarsi il collegamento tecnico, è il nessosoggettivo, ossia l'intenzione delle parti di collegare i varinegozi in uno scopo comune. Non si può dire, infatti, che ilfornitore si determini alla vendita in funzione della circostanzache il bene verrà concesso in locazione dalcompratore/concedente all'utilizzatore/locatario.Al contrario, il fornitore ha il mero interesse alla vendita delsuo prodotto e la causa che regge il contratto da lui stipulatocon il finanziatore/concedente è quella tipica del contratto dicompravendita, ossia il trasferimento del bene in cambio delprezzo. Tant'è che, nella fisiologica evoluzione dell'operazione,il fornitore, una volta consegnato il prodotto all'utilizzatore,esce di scena, essendo assolutamente disinteressato allosvolgersi dell'altra vicenda che concerne la locazione stipulatatra concedente ed utilizzatore. Le circostanze, dunque, che siaproprio l'utilizzatore a scegliere il fornitore, a trattare con lui eda ricevere la consegna del bene e che il fornitore, a sua volta,sia consapevole che l'acquisto da parte del committente siafinalizzato alla locazione del bene in favore del terzoutilizzatore sono del tutto esterne rispetto alla struttura stessadei contratti che si vanno a stipulare e non sono capaci dimutarne la causa di ciascuna.Se è vero quanto finora osservato, è anche vero che lo stessoconcedente, una volta determinatosi al finanziamento, è deltutto disinteressato rispetto alla scelta del bene e del fornitoreeffettuata dall'utilizzatore, posto che, qualunque essa sia, egli ègarantito dalla proprietà del bene rispetto all'obbligo delpagamento del canone a carico dell'utilizzatore stesso.A conferma di quanto finora argomentato soccorre (oltre allaConvenzione di Ottawa) il quadro normativo delineato dalTesto Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (D. Lgv.

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n. 385 del 1993), il quale, nei contratti di credito collegati ed inipotesi di inadempimento del fornitore, non consenteall'utilizzatore/consumatore (soggetto sicuramente meritevoledi maggior tutela rispetto all'imprenditore) di agiredirettamente contro il fornitore per la risoluzione del contrattodi fornitura, bensì gli consente di chiedere alconcedente/finanziatore (dopo avere inutilmente costituito inmora il fornitore) di agire per la risoluzione del contratto difornitura; richiesta che determina la sospensione del pagamentodei canoni (art. 125 quinquies, il quale disponepure che la risoluzione del contratto di fornitura determina larisoluzione di diritto, senza penalità e oneri, del contratto dilocazione finanziaria).Per le ragioni finora esposte deve escludersi pure chel'utilizzatore possa autonomamente esercitare contro il fornitorel'azione di riduzione del prezzo che, quale rimediosinallagmatico, andrebbe a modificare i termini dello scambionel rapporto tra concedente e fornitore.É per tutte queste ragioni che le Sezioni Unite concordano chetra il contratto di leasing finanziario, concluso tra concedenteed utilizzatore, e quello di fornitura, concluso tra concedente efornitore allo scopo (noto a quest'ultimo) di soddisfarel'interesse dell'utilizzatore ad acquisire la disponibilità dellacosa, si verifica un'ipotesi di collegamento negoziale (nella purpersistente individualità propria di ciascun tipo negoziale) inforza del quale l'utilizzatore è legittimato a far valere la pretesaall'adempimento del contratto di fornitura, oltre che alrisarcimento del danno conseguentemente sofferto. Invece, inmancanza di un'espressa previsione normativa al riguardo,l'utilizzatore può esercitare l'azione di risoluzione (o diriduzione del prezzo) del contratto di vendita tra il fornitore edil concedente (cui esso è estraneo) solamente in presenza di

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specifica clausola contrattuale con la quale gli venga dalconcedente trasferita la propria posizione sostanziale.

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Capitolo sestoInadempimento del fornitore: i diritti dell'utilizzatore

vizi della cosa oggetto di leasing

Quanto finora affrontato scaturisce dalla preoccupazione chel'utilizzatore, in assenza di clausole contrattuali che (come s'èdetto) gli trasferiscano la posizione sostanziale del concedenterispetto ad ipotesi risolutive del contratto di fornitura (ipotesiche s'è verificata nella fattispecie in trattazione), rimangasfornito di tutela, nell'inerzia del concedente, occorre affrontareanche questo tema.C'è, dunque, da chiedersi quali siano i rimedi esperibilidall'utilizzatore in ipotesi di vizi della cosa (oggetto sia delcontratto del leasing, sia di quello di fornitura) in una vicendacontrattuale che, nella prassi mercantile, tende ad affermare(come s'è visto) l'esonero del concedente da responsabilità pervizi della cosa ed il corrispondente obbligo dell'utilizzatore diaccertare la conformità del bene in sede di consegna(eventualmente rifiutandolo). Ciò a garanzia della separazionetra rischio finanziario e rischio operativo che sottende lavicenda economica in questione, la quale vuole chel'esecuzione del piano di ammortamento del credito siaindipendente da qualsiasi contestazione concernente la qualitàe la conformità della fornitura. Ciò significa che, in forza diqueste clausole, l'utilizzatore non può sospendere il pagamentodei canoni, né ottenere la risoluzione del contratto di locazione.La giurisprudenza unanime (così come la dottrina) riconosceall'utilizzatore il diritto di agire verso il fornitore per ilrisarcimento del danno, nel quale sono tra l'altro compresi icanoni pagati al concedente in costanza di godimento del beneviziato. A tale ultimo riguardo la responsabilità risarcitoria puòfarsi risalire, in via generale, a quella da lesione del credito

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illecitamente commessa dal fornitore che è terzo rispetto alcontratto di locazione.Ma venendo più al fondo della questione, occorre distinguerel'ipotesi in cui i vizi siano immediatamente riconoscibilidall'utilizzatore da quella in cui gli stessi si manifestinosuccessivamente alla consegna, tenendo soprattutto conto che ilcanone di buona fede agisce quale strumento integrativo deicontratti (art. 1375 c.c.). In questo caso, v'è l'obbligodell'utilizzatore di informare il concedente circa ogni questioneche sia per questo rilevante, così come v'è l'obbligo a carico delconcedente di solidarietà e di protezione verso l'utilizzatore, alfine di evitare che questo subisca pregiudizi.Il primo caso deve essere equiparato a quello della mancataconsegna, sicché il concedente, una volta informato del fattoche l'utilizzatore, verificati i vizi che rendono la cosa inidoneaall'uso, ha rifiutato la consegna, ha l'obbligo di sospendere ilpagamento del prezzo in favore del fornitore, per poi esercitare,se ricorrono i presupposti di gravità dell'inadempimento,l'azione di risoluzione del contratto di fornitura, alla qualenecessariamente consegue la risoluzione del contratto dileasing. Diversamente, il concedente corrisponderebbe alfornitore il pagamento di un prezzo non dovuto che, come tale,non può essere posto a carico dell'utilizzatore.Il secondo caso - quello dei vizi occulti o in mala fede taciutidal fornitore ed emersi dopo l'accettazione verbalizzata da partede utilizzatore - sicuramente consente all'utilizzatore di agiredirettamente contro il fornitore per l'eliminazione dei vizi o lasostituzione della cosa. Ma, laddove ne ricorrano i presupposti,anche in questo caso il concedente, informato dall'utilizzatoredell'emersione dei vizi, ha, in forza del canone integrativo dellabuona fede, il dovere giuridico (non la facoltà) di agire verso ilfornitore per la risoluzione del contratto di fornitura o per la

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riduzione del prezzo, con tutte le conseguenze giuridiche edeconomiche riverberantesi sul collegato contratto di locazione.In conclusione, la stessa Cassazione a Sezioni Unite afferma ilprincipio in ragione del quale:In tema di vizi della cosa concessa in locazione finanziaria chela rendano inidonea all'uso, occorre distinguere l'ipotesi in cuigli stessi siano emersi prima della consegna (rifiutatadall'utilizzatore) da quella in cui siano emersi successivamentealla stessa perché nascosti o taciuti in mala fede dal fornitore.Il primo caso va assimilato a quello della mancata consegna,con la conseguenza che il concedente,in forza del principio di buona fede, una volta informato dellarifiutata consegna, ha il dovere di sospendere il pagamento delprezzo in favore del fornitore e, ricorrendone i presupposti, diagire verso quest'ultimo per la risoluzione del contratto difornitura o per la riduzione del prezzo. Nel secondo caso,l'utilizzatore ha azione diretta verso il fornitore perl'eliminazione dei vizi o la sostituzione della cosa, mentre ilconcedente, una volta informato, ha i medesimi doveri di cui alprecedente caso. In ogni ipotesi, l'utilizzatore può agire controil fornitore per il risarcimento dei danni, compresa larestituzione della somma corrispondente ai canoni giàeventualmente pagati al concedente.

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Capitolo settimoInadempimento del fornitore: mancata consegna del bene

Nella prassi commerciale, spesso capita, che il fornitore nonprovveda a consegnare il bene oggetto del contratto di leasing;pertanto, occorre verificare su quale delle due parti contrattuali(concedente ed utilizzatore), vada a ricadere tale rischio.Interessante sul punto - e assolutamente pacifici i principi chene scaturiscono - è la sentenza n. 20592/2007. Nello specifico enel merito il Tribunale di Milano respingeva l'opposizioneproposta dall'utilizzatore ad un decreto ingiuntivo con il qualegli si era intimato di pagare alla concedente in via monitoria iltotale dei canoni non corrisposti relativi al contratto di leasingdi un autoveicolo con interessi convenzionali di mora ed,altresì, di consegnare alla suddetta società l'automezzo inquestione. Il Tribunale adito rigettava anche la domandericonvenzionali dell'opponente di risoluzione del contratto dileasing per inadempimento della società concedente costituitodalla mancata consegna del libretto e carta di circolazione cheaveva impedito allo stesso di utilizzare l'automezzo e dirisarcimento danni. Avverso tale sentenza ha proposto appello il soccombente ilquale chiedeva alla Corte di accogliere la sua opposizione aldecreto ingiuntivo e le sue domande riconvenzionali. La Corted'Appello di Milano rigettava l'appello proposto. Ilsoccombente, naturalmente, ricorreva in Cassazionesostenendo che l'impossibilità giuridica di procedereall'immatricolazione del veicolo di seconda mano prescelto sirisolveva in un vizio occulto della cosa della quale dovevaessere chiamata a rispondere la concedente anche se lecondizioni generali di contratto esoneravano la locatrice daresponsabilità per ogni vizio, anche sopravvenuto, che avesse

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impedito l'uso del bene. Una simile clausola, era consideratadalla giurisprudenza meno recente come coessenziale allastruttura dell'operazione di leasing, e, quindi valida, ma taleorientamento è stato confutato da alcune sentenze della stessaCorte di Cassazione (n. 8222 del 06/06/2002 e n. 10926 del02/11/1998), evidentemente in conseguenza dell'entrata invigore della legge n. 259/1993, che ha ratificato la convenzioneUNIDROIT sul leasing finanziario internazionale, nonché dellaL. 6 febbraio 1996, n. 52, che ha introdotto l'art. 1469 bis c.c.,intitolato: clausole vessatorie nel contratto tra professionista econsumatore.In realtà, la giurisprudenza e la dottrina prevalenti consideranoil contratto di leasing, anziché un contratto di credito, uncontratto di scambio, perché la prestazione del concedente afavore dell'utilizzatore e la controprestazione di questo non siesauriscono nel fare credito e restituirlo, bensì, quantomeno,anche nel dare e ricevere in godimento. La causa del contrattodi leasing, infatti, non ha natura solo finanziaria, ma consiste,anche ed essenzialmente, nel mettere a disposizionedell'utilizzatore il bene che ne costituisce oggetto. Dunqueall'inadempimento del fornitore deve assegnarsi, rispetto alcontratto di leasing, il ruolo di causa di sopravvenutaimpossibilità d'adempiere non dipendente da colpa delconcedente ex art. 1463 c.c.. (quindi, il concedente non puòpretendere la controprestazione e deve restituire quella cheabbia ricevuta).La Cassazione accoglieva il ricorso confermando chenell'operazione di leasing finanziario (la quale non dà luogo adun unico contratto plurilaterale, ma realizza una figura dicollegamento negoziale tra contratto di leasing e contratto difornitura), se il concedente imputa all'utilizzatorel'inadempimento costituito dalla sospensione del pagamento dei

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canoni e su questa base chiede la risoluzione del contratto e ilrisarcimento del danno nell'ammontare convenzionalmentepredeterminato e se l'utilizzatore eccepisce l'inadempimentodel fornitore all'obbligazione di consegna e chiede perciò ilrigetto della domanda, l'accoglimento dell'eccezione, che deveavvenire sulla base dell'art. 1463 c.c., non può trovare ostacolonel fatto che il contratto di leasing contenga una clausola cheriversi sull'utilizzatore il rischio della mancata consegna,dovendosi ritenere invalide siffatte clausole.

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Capitolo ottavoConclusioni

Il presente lavoro non vuole certamente esaurire tutte lepossibili criticità che possono sorgere durante l'esecuzione diun contratto di leasing e soprattutto nella fase patologiascaturente dall'inadempimento. Ha voluto, semplicemente,illustrare le soluzioni giurisprudenziali in ordine alle piùcomuni ipotesi di inadempimento contrattuale quali il mancatopagamento canoni, la mancata consegna cosa oggetto di leasinge i vizi della cosa oggetto di leasing.Ciò che emerge, però, con evidenza dall'analisi dellagiurisprudenza è il ruolo fondamentale che assume laregolamentazione contrattuale che, generalmente, in caso dicontroversia circa la corretta esecuzione contrattuale, èstrutturata per salvaguardare al massimo l'operazionefinanziaria della concedente.

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Edito in proprio - marzo 2016Avv. Antonio BovinoCorso Francia 92 - [email protected] 9791220009041 Distribuzione gratuita – Prezzo € 0,00 (Zero/00).

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