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MANIFESTAZIONI & EVENTI con il patrocinio di SEZIONE DIDATTICA RUBRICHE GIOCHI & TEMPO LIBERO L’angolo del fonico: Intuizioni sonore, pagg. 10-11 2011 odissea nello spazio... sonoro, pag. 12 Completa la composizione, pag. 13 Note Legali: Nozioni di base, pagg. 14-15 Appunti sul suono: Lo spazio sonoro, pag. 16 Il rumore viola: Guida ai negozi di musica, pag. 17 Liuteria: Trucioli di laboratorio, pag. 18 La Rubrikazza : Giezz note.... a caso?!, pag. 19 La voce dei lettori: Travel(l) in Ireland, pagg. 20-21 La bacheca Music Secrets, pag. 22 Let’s play!, pag. 23 Giornale dell’Associazione Culturale Music Secrets - Settembre 2011 As...saggi Musicali, pag. 3 Ladies in rock, pag. 4 Note Nuove, pag. 5 Musica Inedita, pagg. 6-7 Saggio sede di Gazzada Schianno, pag. 8 Marching band, pag. 9 Mi Fa Musica ripercorre tutti gli even- ti e le manifestazioni che hanno caratteriz- zato la stagione estiva dell’Associazione. Si parte con As...saggi Musicali, giunto quest’an- no alla sua decima edizione: come sempre un pomeriggio di musica dedicato a tutti, grandi e piccini, novizi e veterani del palco, con generi e proposte musicali a tutto tondo. Come lo scorso anno, la sera è stata dedicata a Ladies In Rock, il concerto con due band e dieci voci femminili, di cui trovate una sezione speciale all’interno: inutile dire che, anche in questa edizione, il pubblico sia stato travolto da rock ed energia allo stato puro! Proseguendo con gli eventi firmati Music Secrets, è la volta del concorso nazionale di musica italiana Note Nuove (4°edizione), la cui finale si è svolta il 18 giugno sul lungolago di Gavirate. Di contorno alla manifestazione, organizzata in collaborazio- ne con la ProGavirate, tanti stand di espositori di strumenti ed accessori musicali hanno contribuito a valorizzare l’evento, che il giorno dopo si è con- cluso con la seconda edizione di Musica Inedita, ulteriore giornata dedicata alla creatività musi- cale. Questo evento nasce, infatti, come natu- rale prolungamento del progetto Note Nuove, in quanto rappresenta una vetrina musicale per gli artisti emergenti che propongono musica propria. Durante le due giornate, oltre al susseguirsi di ar- tisti sul palco, è stato particolarmente apprezza- to l’intervento di Andrea Marco Ricci, presidente dell’Associazione Note Legali di Bologna, presente fra i vari stand: il sabato pomeriggio è stato propo- sto un seminario sulla SIAE e sulla corretta compi- lazione del borderò da parte dei musicisti, mentre la domenica è stato trattato il tema dell’IMAIE, preposto per il recupero dei compensi come re- cording artist...ente di cui buona parte dei lettori (probabilmente) ignora l’esistenza e la funzione. Tenete d’occhio il nostro sito (www.musicsecrets.it) per scoprire le prossime iniziative dell’Associazione. Buona lettura! Comune di GAVIRATE premiazione di Note Nuove 2011

MI FA MUSICA n.6 - Settembre 2011

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Rivista trimestrale dell'Associazione Culturale Music Secrets

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MANIFESTAZIONI & EVENTI

con il patrocinio di

SEZIONE DIDATTICA

RUBRICHE

GIOCHI & TEMPO LIBERO

L’angolo del fonico: Intuizioni sonore, pagg. 10-112011 odissea nello spazio... sonoro, pag. 12Completa la composizione, pag. 13

Note Legali: Nozioni di base, pagg. 14-15Appunti sul suono: Lo spazio sonoro, pag. 16Il rumore viola: Guida ai negozi di musica, pag. 17Liuteria: Trucioli di laboratorio, pag. 18La Rubrikazza : Giezz note.... a caso?!, pag. 19La voce dei lettori: Travel(l) in Ireland, pagg. 20-21

La bacheca Music Secrets, pag. 22Let’s play!, pag. 23

Giornale dell’Associazione Culturale Music Secrets - Settembre 2011

As...saggi Musicali, pag. 3Ladies in rock, pag. 4Note Nuove, pag. 5Musica Inedita, pagg. 6-7Saggio sede di Gazzada Schianno, pag. 8Marching band, pag. 9

Mi Fa Musica ripercorre tutti gli even-ti e le manifestazioni che hanno caratteriz-zato la stagione estiva dell’Associazione.Si parte con As...saggi Musicali, giunto quest’an-no alla sua decima edizione: come sempre un pomeriggio di musica dedicato a tutti, grandi e piccini, novizi e veterani del palco, con generi e proposte musicali a tutto tondo. Come lo scorso anno, la sera è stata dedicata a Ladies In Rock, il concerto con due band e dieci voci femminili, di cui trovate una sezione speciale all’interno: inutile dire che, anche in questa edizione, il pubblico sia stato travolto da rock ed energia allo stato puro!Proseguendo con gli eventi firmati Music Secrets, è la volta del concorso nazionale di musica italiana Note Nuove (4°edizione), la cui finale si è svolta il 18 giugno sul lungolago di Gavirate. Di contorno alla manifestazione, organizzata in collaborazio-ne con la ProGavirate, tanti stand di espositori di strumenti ed accessori musicali hanno contribuito a valorizzare l’evento, che il giorno dopo si è con-cluso con la seconda edizione di Musica Inedita, ulteriore giornata dedicata alla creatività musi-cale. Questo evento nasce, infatti, come natu-rale prolungamento del progetto Note Nuove, in quanto rappresenta una vetrina musicale per gli artisti emergenti che propongono musica propria. Durante le due giornate, oltre al susseguirsi di ar-tisti sul palco, è stato particolarmente apprezza-to l’intervento di Andrea Marco Ricci, presidente dell’Associazione Note Legali di Bologna, presente fra i vari stand: il sabato pomeriggio è stato propo-sto un seminario sulla SIAE e sulla corretta compi-lazione del borderò da parte dei musicisti, mentre la domenica è stato trattato il tema dell’IMAIE, preposto per il recupero dei compensi come re-cording artist...ente di cui buona parte dei lettori (probabilmente) ignora l’esistenza e la funzione. Tenete d’occhio il nostro sito (www.musicsecrets.it) per scoprire le prossime iniziative dell’Associazione. Buona lettura!

Comune diGAVIRATE

premiazione di Note Nuove 2011

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CYBER MUSICAdi Paolo Anessi

Quanto è cambiato il mondo della musica? Negli ulti-mi venti anni internet ha completamente rivoluzionato la diffusione della musica, i suoi utenti e tutto ciò che ruota intorno ad essa. Una volta – e per ‘una volta’ in-tendo fino agli anni ‘90 – c’erano solo i dischi in vinile o le audiocassette. Di norma per gli scambi musicali c’era sempre un amico che faceva una duplicazione dell’album, oppure ascoltavi semplicemente la radio, con la cassettina pronta per registrare, attento a pre-mere il tasto record appena partiva la canzone del momento.Ai giorni nostri invece esistono addirittura delle appli-cazioni in cui canticchiare un brano e nel giro di pochi secondi conoscerne il titolo e l’autore, con tanto di link (collegamento) di YouTube, per ascoltarne decine di versioni; appare inoltre un link a Wikipedia, per otte-nere informazioni e approfondimenti su autore e bio-grafia. Per chi appartiene alla ‘vecchia’ generazione tutto ciò è semplicemente pazzesco! Una volta, infatti, dovevi trasferirti dal negozio di di-schi alla libreria per accedere a queste informazioni e spesso il materiale disponibile riguardava solo i big del-la musica, visto che si trovavano libri dedicati allo stile o biografici e poco altro. Sembra quasi di confrontare l’era moderna all’ottocento, in cui non c’era ancora l’elettricità: oggi la natura eterea della musica si è spo-sata felicemente con la natura virtuale di internet. Ora non ci sono più confini ed è grandioso poter ascol-tare qualsiasi artista in qualsiasi momento ed in qualun-que luogo ci si trovi. Si tratta di una vera rivoluzione, un cambiamento epocale, che ha portato al collasso le major, ovvero le grandi case discografiche. Negli anni ‘90 si parlava del download, come il vero responsabile della pirateria e dalla mancata vendita degli album, ma nel tempo si è capito quanto questo sia stato solo una miccia che ha innescato questo processo di mo-dernizzazione. Ora non c’è più di fatto lo scaricamento illegale dei brani, in quanto è sufficiente collegarsi ad internet ed in particolar modo a YouTube, dovunque e in qualsiasi momento, per entrare in un negozio vir-tuale in cui prendere tutto ciò che si vuole. Sta quin-di cambiando il modo di produrre musica, oltre che il modo di ascoltarla.Benvenuti nell’era della rivoluzione musicale!

Editore: Associazione Culturale Music Secrets

DIREZIONE EDITORIALE:Direttore: .................................. Paolo AnessiCapo redattrici: ........................ Elisa Luzardi ...................Simona GrassoGrafico: ............................... Marco LegnaniCorrettore: ....................... Davide Seravalle

Si ringraziano tutti gli Associati Music Secrets che hanno reso possibile la realizzazione di questo giornale.

Giornale dell’Associazione Culturale Music SecretsVia Armino 5, 21026 Gavirate (Va) – tel/fax 0332 730738

www.musicsecrets.it

l’editoriale del direttore Vorrei parlarvi di Music Se-crets Records, una delle più importanti sezioni dell’Asso-ciazione, ma prima di tutto vorrei raccontarvi quando è nata e perchè. Diciamo che la creazione di M.S. Records è stato il naturale punto di arrivo del lungo la-voro che da anni Music Se-crets svolge per la diffusio-ne della musica, in quanto (per chi ancora non lo sa-pesse), l’Associazione da

settembre 2010 è anche editore ed etichetta discogra-fica, a disposizione di chi scrive musica o vuole sempli-cemente un supporto reale per progetti musicali di vario tipo. Pensate, infatti, che per alcuni di noi lo scopo può essere semplicemente quello di imparare a cantare o suonare uno strumento, mentre per altri il vero scopo è creare musica propria. E’ qui che, nel tempo, giovani (...e meno giovani) si sono trovati in difficoltà nel dover gestire tutto ciò che circonda il mercato musicale o anche solo nel capire come muoversi per promuovere e diffondere il proprio progetto artistico. Cominciamo a capire quali sono al-cune delle fasi che comporta lo sviluppo di un brano o di un intero album, partendo dal presupposto che ci sia un artista che si proponga con già un’idea musicale, più o meno elaborata. Dopo un primo incontro in cui si definiscono gli intenti e si decide una linea guida generale, generalmente si parte con la pre-produzione: si tratta di un periodo in cui si segue l’artista per affinare al meglio la parte musicale, lavorando ad esempio su melodia, arrangiamento del brano, valorizzazione del testo, identità sonora, presen-za scenica della band ...e molto altro. Lo sviluppo di uno o più brani può richiedere diversi incontri, tenendo con-to di tutte le variabili e le problematiche che vengono a crearsi: nel caso di una band, poi, le idee prodotte verranno affinate in sala prove in tutta autonomia e via via si otterrà la versione definitiva. E’ solo a questo punto che si parlerà di produzione vera e propria: si entra in studio di registrazione con le idee chiare e la preparazione dei musicisti (affinata grazie alle prove!) permetterà di incidere il brano o l’intero album in tempi tutto sommato brevi. In questo modo, oltre a ottimizzare tempi e compensi per il lavoro svolto dai tecnici, si riesce a confezionare un prodotto artistico ponderato, che non si basa sull’istinto ma su scelte con-sapevoli e consolidate nel tempo: pensateci, una volta inciso il brano, rimarrà così per sempre alle orecchie no-stre e degli ascoltatori!Inciso l’album, comincia la terza fase, ovvero la promo-zione: in questo caso, oltre alla distribuzione, si decide-rà via via quali canali utilizzare per spingere al meglio il nostro prodotto (concerti, concorsi, interviste in radio, showcase...ecc). L’esperienza nell’ambito musicale e le diverse collaborazioni con esperti del settore hanno reso possibile, nel tempo, la realizzazione di Music Secrets Re-cords: cito, ad esempio, la partnership con il Pop Rock Contest e in seguito la pubblicazione di un singolo con la casa discografica Carosello, oltre alle collaborazioni con radio e tv. Se volete saperne di più, visitate la sezio-ne M.S.Records sul nostro sito www.musicsecrets.it.

di Paolo Anessi, direttore

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AS...SAGGI MUSICALI 2011di Simona Grasso

Domenica 22 maggio

Manifestazioni & eventi

Ed eccoci al resoconto di As..saggi Musicali 2011, con-sueto saggio dell’Associazione, giunto alla sua decima edizione.Come sempre una giornata ricca di emozioni nel ve-dere tanti piccoli e grandi musicisti su un vero palco, molti dei quali (non perdiamo occasione per ricordar-lo!) alla loro prima esibizione, con tutta l’emozione e le paure che spesso ne derivano. Come nelle edizioni precedenti, la prima parte del pomeriggio è stata de-dicata a gruppi acustici creati per l’occasione: è qui, infatti, che molti ragazzi senza band o semplicemente principianti, sono stati coinvolti nell’esecuzione acusti-ca di brani molto diversi tra loro, selezionati secondo vari livelli di difficoltà. A tal proposito, un ringraziamen-to speciale va ai ‘colleghi’ che hanno pianificato e gestito le prove del saggio: organizzare i gruppi collet-tivi è stato molto impegnativo, ma come si è visto, ne è valsa la pena! Durante il primo pomeriggio abbiamo visto esibirsi gruppi di chitarre, duetti di pianoforte e voce, chitar-risti acustici che hanno eseguito brani con la tecnica fingerpicking e un gruppo di cantanti che ha esegui-to ‘a cappella’ il brano “The Lion Sleeps Tonight”, dei Tokens, lasciando il pubblico piacevolmente sorpreso: tutto questo, senza lunghe attese fra un’esibizione e l’altra, grazie all’ausilio del doppio palco e dei tecnici del suono Music Secrets, ai quali va un doveroso rin-graziamento.Nella seconda parte del pomeriggio è stata la volta dei gruppi elettrici, che hanno proposto principalmen-te brani in chiave rock: anche in questo caso si sono esibiti gruppi creati appositamente per l’occasione e band già formate, che hanno eseguito sia cover sia brani inediti.Durante il pomeriggio abbiamo avuto il piacere di ospitare sul palco i responsabili di Music Secrets Mar-ching, un nuovo progetto dell’Associazione: creare una banda “marciante” sullo stile americano (chia-mata appunto ‘marching band’). Il progetto si rivolge a tutti, specialmente ai giovani e si prefigge l’obiettivo di creare un gruppo di musicisti, ballerini e sbandie-ratori, coordinati a formare uno spettacolo in cui mu-sica e movimento si fondono insieme, dando origine ad una nuova interpretazione del concetto di ‘banda’, così come la intendiamo comunemente.

Un pomeriggio all’insegna della musica a 360 gradi, quindi, che si è concluso con l’esibizione dei Controfa-se e a seguire dei Seven Visions: i primi (un trio formato da voce, chitarra e basso) hanno proposto dei riarran-giamenti in chiave acustica di brani famosi pop/rock, passando con estrema disinvoltura dagli Ac/Dc a Lady Gaga, da “Crazy Little Thing Called Love” a “Waka Waka”, creando un interessante mix; i Seven Visions, invece, in quanto tributo band ai Pink Floyd, hanno ri-proposto fedelmente alcuni dei brani più famosi della mitica band, distinguendosi per la cura dei suoni im-piegata (inevitabile per chi si cimenta con brani quali “Time” e “Comfortably Numb”) e per la giovane età dei componenti. Arrivati a questo punto, tutti erano in attesa di Ladies In Rock, ovvero il concertone della se-rata, in cui due band e dieci scatenate cantanti si sono esibite alternando brani di rock classico (Led Zeppelin, Deep Purple, Rolling Stone...ecc) a brani rock più at-tuali (Muse, Nirvana, Evanescence...).

vieni a trovarci su facebook per sfogliare l’album fotografico della manifestazione

Momenti rock

un gruppo acustico organizzato per l’evento: due voci, cinque chitarre, una tastiera

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NA – NA NA – NA – NA NA – NAA – NAA NAAAAAAAAAAAAAAAAA!

HUSH! HERE WE ARE NOW, ENTERTAIN US!

E fu così che l’incubo di ogni musicista pre-se vita… dieci cantanti. Dieci cantanti DONNA! AAAAAAAHHHHHHHHHHHH!La serata del Ladies in Rock versione 2.0 si è mostrata come tutti si aspettavano: un’iniezione di sano rock ‘n’ roll ad alto livello di femminilità! Due palchi, due band, dieci “cantantesse”, uno show!Gli Air to Brains, band di matrice rock anni ’70, poteva-no vantare tra le loro fila Fabiana Sala, Ylenia Sopra-no, Anna Basile, Simona Grasso ed Elisa Luzardi. Com’è andata a finire? Con “The Seeker”, “Whole Lotta Love”, “Rock ‘n’ Roll”, “Jumping Jack Flash” e “Speed King” sparate, tirate, sudate e date in pasto ad un pubbli-co che, sebbene titubante sulle prime, si è poi lasciato coinvolgere dalla vagonata di energia gettata sulla folla dalle dolci pulzelle e dai loro simpatici amici mu-sicali. Gli Hot Complotto, invece, sono una band che definire particolare è un divertente eufemismo. Hanno profonde radici nel Funk ma non disdegnano qualche viaggetto nel Rock anche più duro. Risultato ottimale! Con loro si sono esibite altre cinque femminucce ad alto numero di ottani: Isabella Vesco, Giulia Leni, Cla-rissa Guarneri, Laura Zorzan e Rossella Continisio! Qui le canzoni proposte sono state un po’ più moder-ne, ad esempio si possono citare tributi ai Metallica con la canzone “Enter Sandman”, ai Muse con “Time Is Running Out”, agli Evanescence con “Bring Me To Life”.Nonostante le band non fossero in gara c’è da am-mettere che si sono sparate delle “botte” musicali ve-ramente potenti e che entrambe hanno raggiunto un “picco” nella serata in quanto ad intensità e feeling.

Per gli “Air to Brains” mi sento di citare una “Since I’ve Been Loving You” (Led Zeppelin) particolarmente emo-zionante, seguita da una “Speed King” (Deep Purple) davvero, davvero potente. Per gli Hot Complotto e le loro compagne di giochi, invece, il massimo del calo-re lo si è sentito in una versione decisamente accatti-vante di “We Will Rock You” seguita da una non meno intensa “Rock ‘n’ Roll”, eseguita dagli Air To Brains, che ha mantenuto alto l’interesse del pubblico in vista del-la Hot Complottiana versione di “Enter Sandman”! Insomma, questa edizione di Ladies in Rock non è al-tro che la sana prosecuzione di quella dell’anno pre-cedente: un’idea calda ed avvincente che lascia intendere che il ‘Rock’ non è fatto solo da capelloni sbevazzanti birra… anzi, può essere esteticamente e musicalmente molto interessante, se sul palco abbia-mo una decina di pulzelle a darsi il cambio!

Let’s (Ladies In) Rock!

LADIES IN ROCKdi Sergio Bianchi Manifestazioni & eventi

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Sabato 19 giugno, presso la tensostruttura sul Lungola-go di Gavirate, si è svolta la quarta edizione di ‘Note Nuove’, concorso rivolto alla musica emergente italia-na aperto a band provenienti da tutta Italia. Come nel-le passate edizioni, tutti i ricchi premi sono stati offerti da 440 Hz - Luciano Strumenti Musicali: il 1° classificato, oltre l’accesso alla finale del Concorso Nazionale Po-pRockContest, si è aggiudicato la produzione esecu-tiva dei due brani presentati alla kermesse ad opera di Music Secrets Records (valore di 3000 Euro), mentre al secondo e al terzo classificato sono stati assegnati due buoni rispettivamente di 1000 Euro e 500 Euro da utilizzare presso il negozio Luciano Strumenti Musicali di Varese. Conferiti come gli scorsi anni anche i premi ‘Creatività’ e ‘Giuria popolare’, celebrati con una tar-ga ricordo. Altra novità di questa edizione è stata la gradita presenza di Bruco, cantautore e presentatore televisivo, nonché ideatore di nuovi format televisivi a carattere musicale come ‘Bruco Show’.

Oltre al brano presentato per partecipare al concor-so, le band hanno dovuto affrontare la composizione di un brano su una traccia melodica assegnata dal-la giuria, composta come nelle edizioni passate da Gabriele Medeot (responsabile del PopRockContest), Paolo Anessi (direttore Music Secrets e produttore di Music Secrets Records), Patrizia Speroni (speaker radio-fonica di Radio Svizzera 3ii), Laura Gianantonio e Mat-teo Panarese (musicisti e collaboratori Music Secrets). Ecco in ordine di apparizione i finalisti: i REVERSE, band di Milano che si ripresenta al concorso con una nuova cantante, suonano i brani “Sono nata donna” e “Il cie-lo in una villa”; successivamente i LOVE BIRD, esponenti del rock alternativo del Varesotto, suonano “Ogni re” e “In alto a sinistra”. E’ quindi il momento de IL REBUS, di Como, che presentano “Vuoti a rendere” e “Nuo-vo caldo”, canzoni dal sapore cantautorale; si esibi-sce poi BIAGIO BONFRISCO, cantautore dalla voce calda e potente che propone “Unica e fantastica” e “Ladra di me”. Seguono i REVDOMINO, da Torino, che con i brani “Violamente” e “Mai mia” si aggiudicano il premio Creatività assegnato loro, dalla giuria, in virtù dell’ottimo sviluppo del brano costruito sulla traccia melodica assegnata. Si esibiscono a questo punto i CONVIRA, giovani musicisti provenienti da Bisceglie, che con “Non senti il calore” e “La logica della terra” si aggiudicano il 2° premio del concorso. E’ il momento di ILARIA ALLEGRI, istrionica cantautrice torinese che

non solo l’anno scorso fece parlare di sé meritando il premio Creatività, ma che quest’anno convince la Giuria al punto di vincere il concorso, che le garanti-sce, oltre all’accesso alla finale del PopRockContest, la produzione esecutiva dei brani presentati: “Sole, cuore, televisione” e “I pugni che non ti ho dato”. Si av-vicina la fine della serata con l’esibizione delle GELIDE MENTI, band proveniente da Desio, che suona i brani punk-rock “L’estrazione” e “Proteina sadica”. I concorso si chiude con i FUNKASTICK, altri musicisti di Varese e dintorni, che, presentando i brani “Converto” e “Facile” con divertente presenza scenica e interes-santi idee musicali, si piazzano al 3° posto e vincono il “Premio giuria popolare”, assegnato, mediante ap-plausometro, facendo esibire a cappella i cantanti di ciascun gruppo. Presenti alla premiazioni ufficiali il Presidente della ProGavirate Matteo Costa e il Vice-sindaco di Gavirate Claudio Brugnoni. Insomma un bi-lancio ancora una volta positivo per Note Nuove che ogni anno raggiunge livelli di qualità e professionalità sempre maggiori, grazie alla passione, alla serietà e alla competenza dello staff che lavora tutto l’anno per portare in scena questo evento giovane e promet-tente. Grazie a tutti, ai collaboratori, ai musicisti e agli spettatori, quest’anno finalmente numerosi grazie al sole che ha fatto capolino qualche ora prima dell’a-pertura del sipario! All’anno prossimo!

di Elisa Luzardi Manifestazioni & eventi

vieni a trovarci su facebook per sfogliare l’album fotografico della manifestazione

Ilaria Allegri, vincitrice di Note Nuove 2011

Convira, secondi classificati

Revdomino, vincitori del premio creatività

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di Simona Grasso Manifestazioni & eventi

Seconda edizione di Musica Inedita, giornata inte-ramente dedicata all’esibizione di tanti giovani ar-tisti dai diversi generi ma col comune denominato-re di proporre musica propria. Si sono avvicendati gruppi e singoli, autori di musica italiana e straniera, dal pop/rock al rap, ognuno col proprio stile ma tutti con la voglia di far sentire la loro musica!A metà pomeriggio, fra un’esibizione e l’altra, l’As-sociazione Note Legali di Bologna, ha tenuto un seminario sull’Imaie, ente preposto alla raccolta e alla ripartizione dei proventi derivanti dalla registra-zione di un progetto musicale: il seminario ha infor-mato i partecipanti su cos’è l’Imaie, come funziona e come sia possibile incassare i proventi in qualità di recording artist, pur non figurando come autori dei brani (in quest’ultimo caso è la Siae l’ente a cui far riferimento). Nel tardo pomeriggio uno showcase di Urban Point, scuola di ballo hip hop di Gavirate, ha catalizzato il pubblico presente attraverso una scatenata core-ografia di streetdance, passando dall’hip hop alla breakdance con estrema disinvoltura e lasciando a bocca aperta tutti i presenti. Per maggiori info sulle attività di Urban Point visitate il loro profilo su Facebook. Un aspetto che ha caratterizzato questa manife-stazione e che, ampliato, verrà sicuramente ri-proposto nelle prossime edizioni, è la presenza di numerosi stand di liutai ed espositori di accessori e strumenti musicali, che hanno reso ancor più pia-cevole passeggiare per la tensostruttura, al riparo dal sole di giugno.

All’alba del 19 Giugno, finalmente fa cal-do. Fa un caldo allucinante in effetti e l’i-dea di mettermi in macchina e spostarmi dal cubo di territorio varesotto nel quale vivo per andare a Gavirate non è poi così male. A Gavirate c’è il lago. A Gavirate

questa volta c’è anche il Musica Inedita 2011. Ci sono 10 band piuttosto eterogenee. C’è un tendo-ne e c’è un palco che suona pure figo. Ci sono dieci piccole recensioni da scrivere. Anzi nove, perché una delle partecipanti ha ceduta all’afonia e quindi di che canta Ilaria Allegri lo scoprirò un’altra volta. Ad aprire il lungo pomeriggio sono i MasCara.

Grazie a dio il check è sempre un po’ più lungo del pre-visto e riesco a non perdermi l’inizio del live. Dannato ritardo. I MasCara sono una cosa eterogenea. Da una parte assolutamente moderni, come indie oggigiorno comanda. Dall’altra impreziosiscono la loro tela musi-cale con riferimenti stilistici alla wave italiana. Credo di sentire un che dei Diaframma. Un’immersione tra stan-dard citazionali del genere, dalla Baudelare-iana Fiore del male al Gesto di Ettore che non sfigurerebbe come nome di una band da MIAmi. Davvero non male. Live perdono qualcosina rispetto alla registrazione, ma ri-mangono davvero piacevoli. Un paio d’anni fa giravo con un gruppo dal nome troppo lungo e post-adolescenziale. Per coinciden-za questo gruppo aveva suonato al Fuori Chi Legge a Sesto Calende, poca prima che sul palco salissero i Deskarados. Me li ricordo. Non che poi non li abbia più visti.

E mi ricordo che già allora erano indecentemente bravi nel loro. Il loro è più o meno un mix di reggae, patchan-ka e tutto ciò che riuscite a farci stare nel mezzo, be-nedetto da una presenza vocale notevole e da una band che stende tappeti levareggianti ben conditi per gli intermezzi sessualmente espliciti di sax. Mi ricordo dei Deskarados anche dal VA Sul Palco di quest’anno. Non lo so, forse prima di sera mi innamorerò di nuovo, bene-detta musica. Certo non come mi sono innamorato del rap a quindi-ci anni. Questo è impossibile. Non so spiegarvi cos’ha il rap di così estremamente figo. Però ce l’ha. E ora come non mai è la cosa che va di più, che va meglio, che va via come il pane. A fare una crew di rapper non è che ci voglia troppo. Due, tre persone con la vo-glia di raccontarsi. Tutto qui. Ed è quello che fa la BBN (foto in vetrina). Poi non saranno i nuovi Club Dogo, o i nuovi Colle Der Fomento, se parteggiate per la scuola dell’hardcore romano e l’inesperienza si fa sentire. Ma quando prenderanno un po’ di sicurezza nella gestione del palco e se sapranno incanalare bene la loro cari-ca, non è detto che non tirino fuori qualcosa di buono. Perché il punto è anche quello, sono simpatici, fanno casino. Lasciateli provare. Secondo il mio prezioso pieghevole il programma pre-vede le Cattive Compagnie. Bene bene non lo so che compagnie girino in Porta Ticinese, dove c’è casaba-se di Jules e Ale. So però che i due cantautori milanesi sono più raccomandabili del previsto. Giocano con l’i-dea di anime dannate e propongono un rock che è un

LA RECENSIONEA cura di Andrea Cortellari

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Recensione dei gruppi

Maledetti loro, “Beatrice, oscura meretrice” è una roba che ti si piazza tra un orecchio e l’altro e rimbalza in zona per una quantità memorabile di tempo. Non so se è un bene. Finirò a odiarli. Ma suppongo che lo scopo di un singolo sia esattamente questo. E poi Bruco, che di cose ne fa. Canta, suona, fa il conduttore televisivo e il direttore artistico di una TV. Una personalità decisamente eclet-tica, che porta sul palco di Musica Inedita il suo mix di pop e rock, traghettandoci senza intoppi verso i prossi-mi a prendere possesso del microfono.

Si cambia di nuovo il palco e sulla scena compaiono i Cotton Candy. Il loro e-pop spinge verso il periodo musi-calmente più bistrattato di sempre. I richiami agli anni ottanta sono evidenti e non è un er-rore. Nossignori. È una scelta ben precisa, la scelta di portare sul palco una semplicità che spesso viene mes-sa da parte per una finta “complessità” davvero poco sensata. Un tentativo lodevole.

Il tempo di una breve video-intervista, una delle tan-te del pomeriggio, e i Rajas cambiano decisamente il sound, girando la lancetta temporale un po’ più indie-tro e concentrandosi sul lato più incattivito degli anni ’70. Alle spalle hanno un’esperienza musicale piuttosto lunga, diversi cambi di formazione, diversi ripensamenti. Una storia un po’ come complessa, come quella degli Eeko, divisi tra Varese e la Toscana, un disco alle spalle, una riedizione in vista per Music Secret e un nome curio-so, che prendono dal loro frontman.

Mi prendo una pausa per un panino e torno. Intan-to è sera e sul palco stanno iniziano a prepararsi gli Hot Complotto. Che sono una cosa strana e bella insie-me. Strana perché mescolano in mezzora di show una serie di influenze che vanno dal funk al rock ad ammic-camenti piuttosto pop, e lo fanno suonando con un tiro allucinante. Sarà che mi sono spostato a dieci centime-tri dal woofer che si trova davanti al palco. Sarà quel che volete. Sta di fatto che la loro è forsa la migliore esibizione della giornata. Il pubblico è presente – e in parte astutamente portato da casa – e si lascia coin-volgere. Il trio ha dalla sua la sicurezza e una presenza scenica d’impatto. Il panino mi va di traverso e la cosa neppure mi dispiace. La serata si chiude con Alessandro Gregorini. Anche lui, come gli Hot Complotto, ha in mano un album da promuovere, e alle spalle dei musicisti che sanno il fatto loro. Il suo è pop, semplicemente. Ma è un pop suonato e pensato bene. Niente di particolarmente innovativo? Vero, ma di certo chiudere la serata così, in facilità, non è poi male.

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SAGGIO SEDE DI GAZZADA SCHIANNOdi Paolo Nicora e Marco Legnani, direttori Manifestazioni & eventi

Quest’anno Music Secrets ha raddoppiato l’appuntamento con gli “As…saggi Musicali”! Infat-ti, anche la sede di Gazzada Schianno, per concludere il secondo anno di attività, ha organiz-zato un’intera giornata dedicata ai ragazzi che hanno seguito gli incontri di strumento e canto. La manifestazione si è tenuta per la prima volta, e ci auguriamo che possa essere così anche in futuro, presso il parco di Villa De Strens con la collaborazione del Gruppo ProLoco Giovani.I giovani musicisti, come era ovvio, hanno dato il meglio di sé ed è stato bello notare con quale rispetto ed emozione si sono avvicendati sul palco, prima nelle esecuzioni indivi-duali e successivamente in gruppo. Anche il numeroso pubblico ci ha sorpresi, rimanendo ad ascoltare attento ogni esibizione, e non solo quella del proprio figlio o amico. Di parti-colare interesse è stato il programma presentato dalla sezione di chitarra Fingerstyle che ha incluso sia brani classici del genere, sia composizioni originali scritti da alcuni ragazzi.L’impressione generale della giornata, che forse non deve essere semplicemente definita come un saggio musicale ma piuttosto un evento culturale a tutti gli effetti, è senza dubbio inco-raggiante e ci stimola ad impegnarci con sempre maggiore slancio per la prossima edizione!

DA SETTEMBRE…A partire dal prossimo settembre, sarà possibile seguire gli incontri di FLAUTO TRAVERSO e per i più piccoli saranno atti-vati gli incontri di PROPEDEUTICA MUSICALE rivolti ai bambini fino ai 7 anni che avranno l’obiettivo di favorire lo sviluppo globale della personalità facendo emergere le abilità logiche, cognitive ed espressive, oltre che musicali. Ogni attività verrà proposta sotto forma di gioco, in un contesto che rende piacevole e sorridente l’apprendimento, ed oltre alla pos-sibilità di conoscere diversi tipi di strumento, verrà dato ampio spazio al ritmo e alla consapevolezza della propria voce.

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MUSIC SECRETS MARCHINGdi Paolo Antoniazzi, referente Marching Band Manifestazioni & eventi

E’ finalmente partito il progetto Music Secrets Mar-ching, una nuova offerta formativa propostavi dal-la nostra Associazione. Aperta a tutte le età, Music Secrets Marching è stata creata allo scopo di intraprendere e realizzare fino in fondo l’e-mozionante esperienza della realtà musica-le e di aggregazione delle Marching Band.

La Marching Band è una disciplina ginnico-artistica che unisce musica e movimento allo scopo di intrat-tenere il pubblico con uno spettacolo da ascoltare e da vedere. Questo tipo di attività musicale è mol-to particolare poiché nasce e si sviluppa dall’evo-luzione della banda tradizionale ed è caratterizza-ta da un alto livello tecnico, da un ricercato stile di marcia, oltre che da un sorprendente risultato visi-vo e sonoro reso possibile da un preciso organico strumentale. La Marching Band si avvale di 3 “sezio-ni” principali: la sezione fiati, composta da strumen-ti a fiato, tra i quali flauto traverso, sassofono, clari-netto, tromba, mellofono, tuba, baritono; la sezione Color Guard, che unisce la danza all’uso di attrezzi come bandiere, rifles e altro ancora; infine la sezione percussioni, il cuore pulsante della Marching Band, composta da strumenti percussivi mobili e non, come snare, multitom, cassa, piatti, marimba, xilofono, vi-brafono, cassa da concerto, timpani, e molto altro. Le tre sezioni unite lavorano, durante l’arco della sta-

gione, alla creazione del “drill show”, uno show in movimento (interamente eseguito su campi da cal-cio), e sulla parata, cercando di raggiungere mag-giore coesione e collaborazione tra i partecipanti, perfezionando ed affinando, allo scopo di mostra-re sempre il massimo delle potenzialità del gruppo.

L’offerta formativa si rivolge a chiunque, anche a chi non sa suonare strumenti di questo tipo, prov-vedendo, inoltre, ad allestire corsi specializzati con istruttori ed insegnanti preparati, cercando di coinvolgere ed inserire qualsiasi tipo di strumento. L’opportunità esiste, quindi, anche per chi non ha an-cora una trovato una band, per chi suona già e per chiunque vorrebbe imparare a suonare uno strumento.

Chi vorrà partecipare prenderà parte ad un’espe-rienza musicale mai provata prima, assimilando valori come il lavoro di squadra dedito alla finaliz-zazione di obiettivi comuni, lo spirito e l’entusiasmo di suonare in un gruppo composto da decine di players, e avrà occasione di confrontarsi con al-tri gruppi e musicisti, oltre che la possibilità di esi-birsi in numerosi eventi in tutta Italia e all’estero. Chi vi scrive ha sperimentato direttamente que-sta esperienza per anni, e vi invita a prendere par-te al progetto, intraprendendo una nuova (e un po’ diversa) iniziativa, che di sicuro non vi deluderà!

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INTUIZIONI SONOREdi Fabio Marazzi, tecnico del suono Sezione Didattica

Al rientro dal periodo estivo, si sa, la voglia di ricominciare è sempre un po’ latitante: così, in questa puntata della nostra rubrica, metteremo temporaneamente da parte la didattica e ci concentreremo su alcune riflessioni e aneddoti storici sulla figura spesso un po’ misteriosa del tecnico del suono.Chi sono, e che cosa fanno in realtà questi individui che lavorano rimanendo quasi sempre lontano da riflettori e interviste?

Il tecnico del suono, come del resto il musicista, lavora con una cosa che è tanto intangibile quanto innegabilmente reale, tanto effimera quanto, potenzialmente, memorabile.La musica è certamente un fenomeno fisico, ma è anche (e principalmente) un fenomeno che crea reazioni psichiche, che suscita emozioni, che può comunicare e trasmettere qualcosa.Il lavoro del sound engineer è pertanto in egual misura tecnico e artistico: l’obiettivo è quello di riuscire a catturare un suono che è espressione emotiva e in seguito riproporlo nella sua veste migliore, che consenta cioè al messaggio di passare nella maniera più forte e diretta possibile.Nel bagaglio del tecnico del suono ci devono essere in pari quantità competenze tecniche, creatività e sensibilità musicale: tutti questi ingredienti sono indispensabili per ottenere un buon risultato.

A questo punto, si intuisce quanto il ruolo del tecnico del suono sia strettamente legato e complementare a quello del musicista: tra le due figure si instaura un rapporto di collaborazione creativa, dove il primo può proporre al secondo idee, visioni e soluzioni tecniche per ottenere un determinato risultato.Proprio questo lavoro di squadra può essere il fattore determinante per consentire al materiale di fare il cosiddetto “salto di qualità”, non solo dal punto di vista formale, ma da quello artistico ed espressivo.

La storia della musica “leggera” è infatti piena di esempi di brillanti intuizioni sonore che, nei modi più disparati, hanno contribuito ad arricchire e rendere unici tanti dischi. Alcuni esempi?

Prendete “Heroes” di David Bowie, registrato ai celebri Hansa Studios di Berlino: la title-track è un brano ipnotico, intenso, frutto di una intera settimana di sovraincisioni (su nastro) e splendidamente arricchito dall’EMS Synthi di Brian Eno e dai feedback di chitarra di Robert Fripp. Al momento di registrare la voce definitiva, Bowie non aveva ancora deciso in quale ottava collocare la melodia: insieme a Tony Visconti, suo storico produttore e tecnico del suono, fu quindi deciso di cantare i primi due versi un’ottava sotto e il resto della canzone un’ottava sopra, al limite del range vocale, contribuendo così al crescendo della canzone.A questo punto il colpo di genio di Visconti, che incontrò subito l’entusiasmo di Bowie, fu di sfruttare il contributo dell’ampia sala di ripresa degli Hansa e utilizzare non uno, ma tre microfoni insieme: un Neumann U47 di fronte al cantante, un U87 a circa cinque metri di distanza, e un secondo U87 in fondo alla sala. Su questi ultimi due, Visconti inserì dei gate (processori di dinamica in grado di bloccare il segnale in caso di input sotto una determinata soglia), settati in modo che si “aprissero” solo nei momenti in cui si fosse cantato più forte per raggiungere le note più alte.Il risultato è il sound estremamente caratteristico della voce di Bowie in quel brano, ennesima particolarità di un album che (come in realtà quasi tutta la sua discografia) è un vero pozzo di curiosità e racconti interessanti.

Il contributo del tecnico del suono può anche influenzare radicalmente il processo di creazione di un album: un buon esempio è l’approccio di Phill Brown alle registrazioni dell’omonimo album solista di Mark Hollis (ex voce dei Talk Talk). Per quest’album Brown, d’accordo con l’artista, decise di utilizzare un metodo molto suggestivo: utilizzare solamente una coppia di microfoni (due Neumann M49 in configurazione XY a un metro e mezzo circa di altezza) affacciati sulla live room e registrare tutti i musicisti, uno per volta, senza equalizzazioni, senza processori di dinamica, posizionandoli accuratamente nella stanza a seconda della collocazione desiderata nello stereo finale, senza mai toccare i microfoni.Alla fine sarebbe bastato sovrapporre tutte le registrazioni, ed esse si sarebbero fuse insieme come una serie di colori primari in un unico grande dipinto, completamente naturale, senza bisogno di ulteriori interventi.Dopo avere provato alcuni studi, la sala con l’acustica più adatta risultò lo Studio A dei Master Rock di Londra: lì i microfoni rimasero immobili per tutti i quattro mesi delle registrazioni, e alla fine il risultato fu un disco incredibile, affascinante e senza tempo.

David Bowie e Tony Visconti

Phill BrownPhill Brown

David Bowie e Tony Visconti

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INTUIZIONI SONORE (continua...)

Un altro esempio di approccio piuttosto radicale è quello di Tchad Blake, apprezzabile per esempio sugli album “99.9 F°” e “Nine Objects of Desire” di Suzanne Vega. In questi album, realizzati insieme al produttore Mitchell Froom, i tre decisero di optare per uno stile non convenzionale, spesso volutamente spiazzante a livello di suoni, ambienti e arrangiamenti. Blake e il batterista Jerry Marotta utilizzarono ogni giorno un drumkit diverso fatto dei più disparati strumenti percussivi (fra i quali un intero kit di Taos drums), si sfruttarono strumenti insoliti spesso anche trasformati attraverso l’uso di distorsori (principalmente SansAmp, tipici di Blake), fino ad arrivare a trovate davvero originali come per esempio nella title-track di “99.9 F°”. In quel periodo Blake era appena rientrato da un viaggio in India, portando con sé un singolare sistema PA indiano che laggiù trovò utilizzato spessissimo, specialmente all’aperto (persino sui tetti!), e dal quale rimase grandemente affascinato. Una volta rimontato in studio, diede a Suzanne un microfono simil-58 comprato anch’esso in India e registrarono i controcanti (“something cool against the skin...”) attraverso il sistema: per citare lo stesso Blake, “Suzanne’s voice through it was...well, another world”. Ascoltare per credere.

Veramente originale e tecnicamente avventurosa anche la storia relativa al famoso brano “I’m Not in Love” dei 10cc (1975), probabilmente la loro più famosa hit. E pensare che il brano in origine stava per essere scartato, e fu solo merito della segretaria degli Strawberry Studios, che ne era invece entusiasta, se la band tornò sull’argomento e a sorpresa decise di riprenderlo. La rinnovata fiducia nel brano derivò soprattutto dall’idea avanzata dal batterista Kevin Godley di stravolgerlo totalmente e registrarlo come nessuno avesse mai fatto prima, rimpiazzando cioè la parte strumentale con uno spesso arrangiamento di voci.Il punto era però che i componenti della band erano solamente quattro. La soluzione del tecnico del suono e cantante Eric Stewart fu perciò di utilizzare dei loop: un loop per ogni nota della scala cromatica. Per far sì che il piccolo “salto” sul punto di giuntura non fosse troppo udibile (cioè non passasse sulla testina troppo spesso) era necessario un loop molto lungo, su un nastro di quasi quattro metri: Stewart si inventò così un ingegnoso sistema con un capstan montato su un’asta microfonica in mezzo alla regia, in asse perfetto con le testine del registratore Studer dal quale in nastro veniva fatto uscire e viaggiare attraverso lo studio passando sul nuovo improvvisato supporto.

Ogni nota fu cantata 16 volte da ciascuno degli altri membri della band: al termine delle registrazioni (tre persone per tre intere settimane a cantare esclusivamente “aaah”...) si arrivò ad avere la bellezza di 624 tracce vocali. Le 48 voci relative a ciascuna delle 13 note della scala cromatica vennero infine riversate su singole tracce, ottenendo così di avere in pratica un loop infinito di ogni nota su ciascuno dei primi 13 canali del mixer. Il banco fu perciò utilizzato a mo’ di tastiera, alzando e abbassando i fader per creare degli accordi. Il risultato è tuttora mozzafiato, con le piccole inevitabili imprecisioni di intonazione e tempo a creare un effetto del tutto analogo a quello di una vera orchestra: nessuno prima di allora aveva mai creato nulla di simile.Un’ultima curiosità: la voce sussurrata che si sente al minuto 2:20 è proprio quella della segretaria dello studio!

Ci sarebbero molte altre storie da raccontare, ma lo spazio a nostra disposizione è terminato... Ritorneremo magari sull’argomento in una delle prossime edizioni: nel frattempo, buone registrazioni a tutti!

I nastri contenenti i loop

“99.9 F°” (1992)

i nastri contenenti i loop

“99.9 F°” (1992)

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Ci sarebbero molte altre storie da raccontare, ma lo spazio a nostra disposizione è terminato... Ritorneremo magari sull’argomento in una delle prossime edizioni: nel frattempo, buone registrazioni a tutti!

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2011 ODISSEA NELLO SPAZIO... SONOROdi Massimo Saresini, Chitarra Sezione Didattica

www.wikipedia.orgOrganizzazione delle altezze

nello spazio temperato di L.VerdiFondamenti di armonia di P.Guiducci

Andiamo allo scoperta del nostro sistema mu-sicale cercando di capire i suoi fondamenti.Tutti i concetti qui esposti sono soltanto accenni che me-riteranno sicuramente un approfondimento successivo.Il suono ha origine dalla vibrazione dei cor-pi elastici. Questa vibrazione, trasmessa dall’aria circostante sotto forma di onde acustiche, vie-ne captata dall’orecchio umano e trasmes-sa al cervello che ne esegue la codifica. L’altezza (o frequenza) di un suono è il numero dei cicli completi che la vibrazione esegue nell’unità di tempo e si misura in hertz (Hz, cicli/secondo). Con l’aumentare della frequenza i suoni diventano più acuti; abbassandola diventano più gravi. L’orecchio umano può percepire suoni che vanno da circa 16 Hz a 20000 Hz (continuum sonoro ). Al di sotto di questa soglia ci sono gli infrasuoni, al di sopra gli ultrasuoni.

Un primo punto di riferimento, particolarmente impor-tante, è costituito dalla divisione dello spazio acustico in ottave uguali. L’ottava fu individuata sin dall’antichità come un intervallo naturale perfetto in una precisa legge fisica, dedotta empiricamente da Pitagora di Samo nel VI sec. a C., e ottenuta attraverso la divisione a metà di un monocordo, ovvero uno strumento con una sola corda.Le valutazioni di Pitagora furono confermate da tutte le osservazioni successive. In particolare è stato più volte verificato che il numero di vibrazioni di ogni suono a di-stanza di ottava aumenta secondo la proporzione di 1/2. Accetteremo quindi l’evidenza di un dato scientifico, di-videndo lo spazio acustico in 10 ottave, da 16 a 16.000 vibrazioni al secondo (Hertz) ponendo così, all’interno di un continuum incoerente, il primo punto di riferimento.

Per convenzione il suono udibile più basso (16 Hz) sarà denominato Do; saranno tutti Do quei suo-ni che si succederanno secondo l’intervallo sempli-ce di 1/2, e cioè: 16 Hz, 32 Hz, 64 Hz, 128 Hz, 256 Hz, 512 Hz, 1024 Hz, 2048 Hz, 4096 Hz, 8192 Hz e 16284 Hz. Nell’ottava cosiddetta sub-contrabbassa (16-32 Hz) non sempre l’orecchio umano è in grado di sintetizzare ef-ficacemente le vibrazioni in una definita percezione di altezza, mentre nelle due ottave sovracute (4096-16284 Hz.), tale percezione è imprecisa, spesso dolorosa.

Solo in casi eccezionali gli strumenti costruiti dall’uo-mo possono raggiungere le regioni estreme del-lo spazio acustico: per questo motivo la qua-si totalità del repertorio musicale si è sviluppato all’interno delle sette ottave centrali, che sono state denominate convenzionalmente:

- Ottava Contrabbassa (32-64 Hz);- Prima Ottava (64-128 Hz);- Seconda Ottava (128-256 Hz);- Terza Ottava o Ottava centrale (256-512 Hz); - Quarta Ottava (512-1024 Hz); - Quinta Ottava (1024-2048 Hz); - Sesta Ottava (2048-4096 Hz);

Da un’analisi puramente statistica del repertorio mu-sicale occidentale, si può giungere verosimilmente alla conclusione seguente: che l’uomo si sia espres-

so musicalmente per il 40% circa all’interno della Terza Ottava, per il 25 % all’interno della Seconda Ottava, per il 10 % all’interno della Prima, per il 20 % all’in-terno della Quarta e per il 5% all’interno delle altre tre ot-tave, soprattutto di quella Contrabbassa e della Quinta. Inutile sottolineare che l’estensione entro cui nel XXI°sec. si crea musica va in direzione di quella contrabbassa , forse a sottolineare il periodo storico in cui viviamo.Tabella delle frequenze del sistema temperato.Il MI basso della chitarra è il MI1. Due righe sugli spazi acustici non ottavianti. Sono non ottavianti sistemi che non dividono lo spazio sonoro in ottave e che quindi non tengono conto delle condizioni di propagazione del suono. La ciclicità delle ottave è infatti un fatto in-sito nella natura del suono. Questi sistemi rimangono teoricamente possibili e sono stati oggetto di interes-santi ricerche da parte di numerosi compositori; la loro costituzione interna presenta, però, forti irregolarità, tali da rendere assai problematica la loro utilizzazione.

Il compositore Ivan Wyschnegradskij ad esempio, che teorizzò lo spazio non-ottaviante, lo definì come un con-tinuum sonoro non divisibile in altezze discrete a intervalli regolari. Uno spazio sonoro che non sia ciclico all’ottava (non ottaviante), non potrebbe contenere scale cicliche, cioè scale che si potessero ripetere identiche ad altezze assolute diverse, e quindi sarebbe di fatto inutilizzabile.

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COMPLETA LA COMPOSIZIONEdi Paolo Anessi, Chitarra Sezione Didattica

Vi propongo una composizio-ne da completare, come sti-molo divertente e creativo...un modo per giocare con note e musica! Come note-rete, le misure sono da 4/4 e melodicamente incomplete. Se praticate uno strumento armonico (pianoforte o chi-tarra), potrete registrare l’ar-monia e provare poi la me-lodia, altrimenti è possibile utilizzare dei software (‘Band In A Box’, ad esempio), in gra-do di creare l’arrangiamento di qualsiasi progressione ar-monica. Buon divertimento!

Qui vi propongo la rie-laborazione armonica di un semplice giro: se notate, cresce via via il livello di difficoltà e di densità di accordi. Suo-natelo, rifletteteci un po’ sopra, analizzatelo e scrivetemi le vostre considerazioni. Buona musica!

ESERCIZIO #1:

ESERCIZIO #2:

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nell’abbreviazione adottata dalla S.I.A.E. sono indicati in ventiquattresimi e sono detti “diritti di esecuzione musicale”, abbreviati come “DEM”). Quindi a ogni esecuzione l’autore e gli editori ricevono un compen-so, versato dall’utilizzatore delle opere musicali (ad es. il musicista che esegue l’opera in un concerto) alla S.I.A.E. che a sua volta lo ripartisce agli aventi diritto.

Nel secolo scorso il rapporto editore-autore si è arric-chito di nuove utilizzazioni derivanti dalle nuove tec-nologie, come quella dei diritti di riproduzione fono-meccanica (i cosiddetti “DRM”, appunto, nel “gergo” adottato dalla S.I.A.E., indicati in percentuale nella modulistica) che sorgono dalla fissazione dell’esecu-zione dell’opera su fonogramma, cioè dalla registra-zione. Il produttore fonografico di questa registrazio-ne deve, dunque, corrispondere agli autori ed editori quanto spettante tramite la S.I.A.E. Però si capisce che il rapporto tra editore e autore non sarà più di sola edizione per le stampe bensì di edizione musicale in generale, coprendo nuove e svariate utilizzazioni che si sono sviluppate col tempo (da ultimo quelle del “di-gitale“). Facciamo dunque il punto del rapporto in parola, come inteso oggi: l’editore non prende solo in licenza il diritto di edizione per le stampe dell’opera, bensì acquista anche tutti gli altri diritti di utilizzazione economica. “Acquista” vuol dire, appunto, che non si sta trattando di una licenza per un tempo determi-nato. L’editore acquisisce i diritti tutti come propri: le opere non saranno più nella titolarità dell’autore, bensì dell’editore per tutta la durata di legge (pari oggi a 70 anni dalla morte dell’ultimo degli eventuali coautori o dell’unico autore). Difficilmente il rapporto di edizione ha un termine.

Quali sono i diritti di utilizzazione economica dell’ope-ra che vengono ceduti all’editore? L’elenco è lungo: diritto di pubblicazione, di riproduzione, di pubblica esecuzione, di comunicazione al pubblico, ecc. Non possiamo soffermarci in questa sede ad esaminarli, comunque sono rigorosamente elencati nella legge italiana del diritto d’autore (n. 633 del 1941, d’ora in poi abbreviata “LDA”) agli artt. 12-19. Cosa viene in tasca all’autore, dunque, da questa cessione editoriale, la quale deve avere per forza un corrispettivo (altrimenti sarebbe una donazione)? Anzitutto, il contratto deve essere scritto (lo prescrive, per aversi prova della tra-smissione dei diritti, l’art. 110 della LDA) e oggi si chia-ma contratto di edizione musicale. In esso si stabilisce che a fronte della cessione dei diritti d’autore l’editore riconoscerà all’autore per i DRM e DEM esattamente la metà del totale dei proventi (ergo 12/24 in DEM e il 50% in DRM), da dividere con eventuali altri coautori.

Questa ripartizione è internazionalmente riconosciu-ta e adottata (sebbene solo la S.I.A.E. adotti l’unità di misura dei 24esimi: all’estero si parla solo di percen-tuali). Tuttavia i DRM e i DEM non esauriscono tutte le utilizzazioni possibili dell’opera musicale, per cui è possibile che l’editore sfrutti l’opera anche in modi che non contemplano il tramite della S.I.A.E. Ad esempio per quanto concerne la pubblicazione dello spar-tito (e/o del testo) per le stampe, oppure il diritto di

Svolgendo attività nel mondo musicale, non è incon-sueto imbattersi nella figura dell’editore musicale. Quasi tutti ne hanno sentito parlare ma molti meno ne hanno compreso l’essenza e, soprattutto, la diffe-renza da un’altra figura con la quale viene confuso, cioè quella del produttore discografico. Il contributo che segue vuole proporsi come breve vademecum per chiarire malintesi ed errori comuni. Va da sé che la materia è in realtà complessa, ricchissima e non può essere affrontata in questa sede che per sommi capi.La premessa fondamentale, spesso dimenticata, risul-ta l’esclusivo riferimento ai diritti d’autore, non ai diritti connessi: il rapporto si instaura tra editore e autore, og-getto ne è la titolarità dei diritti d’autore del secondo. Pertanto qui non tratteremo di artisti, fonogrammi e produttori fonografici, estranei del tutto al rapporto: è ininfluente che nel concreto, spesso, l’editore sia an-che produttore fonografico o che l’autore sia anche l’artista che esegue e incide le opere in fonogramma. Se non si tengono distinti i vari comparti del diritto si farà solo confusione.

Per comprendere meglio, ci aiuterà un po’ di storia. Nell’Ottocento gli autori di opere musicali (da intende-re - ai fini legali - quali successioni di note che disegna-no linee melodiche, in genere non interessando ritmo e armonia) le potevano diffondere solo in due modi: tramite la pubblica esecuzione delle stesse, quindi at-traverso musicisti che ne eseguissero la partitura, op-pure tramite la circolazione della trascrizione in penta-gramma delle opere. All’epoca l’editore si presentava come l’imprenditore che professionalmente stampava le trascrizioni, allo scopo di darne la maggior diffusio-ne possibile e far sì che l’opera si divulgasse, avesse successo e, dunque, garantisse proventi economici (derivanti dalla vendita o noleggio delle trascrizioni). È per questo motivo che l’editore era detto “editore per le stampe” anche nel settore musicale, visto che si occupava solo di trascrivere in cartaceo l’opera musi-cale e distribuirla al pubblico. Quindi l’editore metteva in campo la propria capacità imprenditoriale di diffu-sione dell’opera (sotto il profilo promozionale, realizza-tivo e distributivo), mentre l’autore contribuiva con la materia prima, cioè con la musica composta (indipen-dentemente da chi in seguito l’eseguisse). Il rapporto si formalizzava con un cd. contratto di edizione, dove l’autore concedeva in licenza i diritti di sfruttamento dell’opera per le stampe, a fronte di una percentuale sui relativi ricavi di vendita o comunque di utilizzazione dell’opera presso il pubblico.

Alla fine dell’Ottocento, con la nascita della S.I.A.E. (Società Italiana degli Autori ed Editori) e delle società estere di gestione collettiva dei diritti d’autore, è su-bentrato un terzo soggetto in questo rapporto: un ente che amministrasse alcuni dei diritti d’autore, facendosi forte di un’organizzazione capillare che nessun edito-re né autore poteva sostenere. Da quel momento, le società come la S.I.A.E. ricevono mandato dagli autori ed editori per rilasciare licenze di utilizzo delle opere musicali da parte di chiunque, cioè per quanto riguar-da i diritti di pubblica esecuzione delle opere musi-cali da parte degli artisti esecutori (i cosiddetti “DPE”;

NOZIONI DI BASEdi Silvia Baraldi NOTE LEGALI

www.notelegali.it

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NOZIONI DI BASE (continua...)

giata per due volte la stessa opera) in sede di calco-lo di ripartizione solo in due casi (entrambi ricompresi nella Classe I di ripartizione): a) se si tratta di esecu-zione in occasione di “ballo e trattenimenti con ballo con esecuzioni dal vivo”; b) se si tratta di esecuzione in occasione di “concertini con esecuzioni dal vivo e mediante strumento meccanico”;3) l’editore si dovrebbe occupare, per il bene comune, di gestire economicamente l’opera nel migliore dei modi, ovverosia dovrebbe verificare e controllare tutti i rendiconti di sfruttamento economico (anche quel-li delle società di gestione collettiva come la S.I.A.E.), dovrebbe agire giudizialmente per la miglior tutela delle opere musicali, dovrebbe intermediare con tutti i terzi interessati ai vari sfruttamenti.

Abbiamo scritto “dovrebbe” perché quanto detto non è, di norma, ben specificato nel contratto di edizione musicale, ove di solito troviamo espressioni generiche. Di fatto l’editore potrebbe anche non compiere nulla di quanto appena detto e, tuttavia, rimanere perfet-tamente valido il contratto di edizione musicale. Que-sto perchè l’editore avrebbe già adempiuto ai suoi obblighi pubblicando l’opera. Proprio per questo va ben ponderata ogni proposta editoriale, basandosi oltretutto sulla storia dell’editore e notando per quali attività sia rinomato (a volte un editore è specializzato in determinate attività piuttosto che altre).Si ricordi, comunque, che un’obbligazione minima l’e-ditore musicale la deve inserire nel contratto di edizio-ne musicale e rispettarla, ovvero l’obbligo di pubblica-re l’opera in una qualche forma, in un numero minimo di esemplari (es. 500 copie in supporti) o forma equi-valente (es. tramite la messa a disposizione del pubbli-co in determinati portali Internet), meglio se entro una data prefissata. In mancanza di tale obbligazione, il contratto rischia l’invalidità, come riscontrato più volte dalla giurisprudenza.

Infine citiamo ipotesi peculiari che a volte si presenta-no nella prassi. Anzitutto, è importante la distinzione tra a) contratto di edizione opera per opera e b) di edizio-ne in esclusiva. Nel caso a), oggetto del contratto di edizione sono solo le opere indicate nello stesso. Nel caso b), più raro, saranno oggetto del contratto tut-te le opere musicali composte dall’autore in un perio-do prefissato: l’editore deciderà a propria discrezione quali opere, tra tutte quelle composte e sottopostegli dall’autore, gli interessino effettivamente e dunque quali saranno cedute all’editore, lasciando quelle escluse all’autore. Il rapporto di esclusiva andrebbe adeguatamente remunerato con un compenso, a vol-te periodico (una sorta di stipendio), a favore dell’au-tore. Circa il rapporto di edizione, possono figurare anche più editori: si tratta della cd. coedizione, ove il ruolo anzidetto è ricoperto contemporaneamente da più editori musicali (magari ognuno specializzato in di-verse attività). In tal caso i vari editori si divideranno tra loro sempre e solo la quota editoriale detta all’inizio, non intaccando ulteriormente i proventi dell’autore.Altro caso possibile è quello della cd. sub-edizione: si verifica quando l’editore concede (per un periodo prefissato) il ruolo di editore dell’opera a un editore estero, per un tempo, un territorio determinati e alcu-ni o tutti i diritti dell’opera. Sarà in ogni caso l’editore originario a gestire il rapporto e i proventi concernenti l’autore.

sincronizzazione (cioè di abbinamento dell’opera mu-sicale ad altre opere dell’ingegno, come capita nel caso di inserimento di musica in film e spot pubblicitari) o ancora il diritto di sfruttamento del titolo dell’ope-ra, ecc. In tali casi, non gestiti dalla S.I.A.E., all’autore spetterà direttamente dall’editore la rendicontazione e il versamento della percentuale di spettanza, come prevista nel contratto di edizione musicale. Se il con-tratto non menziona tali ipotesi, all’autore non spette-rà alcunché. In aggiunta si badi che non tutti i diritti vengono ceduti per sempre dall’autore all’editore: la pubblicazione a stampa (che comprende il diritto di trascrivere in qualunque modo e forma l’opera musi-cale e/o il testo letterario della stessa nonché di sfrut-tare tale trascrizione, si pensi ad es. al caso del pen-tagramma o dei canzonieri) è limitata a un massimo di venti anni (vedi l’art. 122 LDA), al termine dei quali si dovrà provvedere all’eventuale rinnovo per iscritto (rinnovo mai tacito e automatico).

Non trascuriamo che mediante il contratto non ven-gono ceduti i diritti morali d’autore (quali il diritto di paternità dell’opera, di integrità dell’opera, di inedito e di pubblicazione, di ritiro dell’opera; vedi gli artt. 20 e seguenti della LDA), i quali sono incedibili, imprescrit-tibili (cioè non si estinguono per mancato esercizio nel tempo) e irrinunciabili. Onde per cui l’autore, per esempio, dovrà essere sempre riconosciuto come cre-atore dell’opera musicale di fronte al mondo e sarà l’unico a poter agire contro terzi (compreso l’editore) che violino i suoi diritti morali sull’opera.

Detto ciò del contratto, passiamo al secondo docu-mento fondamentale per gestire il rapporto (succes-sivamente o contestualmente alla sottoscrizione del contratto di edizione musicale), sempre che l’autore e/o l’editore siano iscritti in S.I.A.E.: la modulistica ri-chiesta dalla S.I.A.E. per il deposito delle opere, ovve-ro il noto modello 112. È un documento amministrativo interno dell’ente che (secondo l’opinione maggiorita-ria e preferibile) non può sostituire affatto il contratto edizione musicale, bensì ne deve essere complemen-to. Ha una funzione meramente interna alla S.I.A.E. Nel modello 112 autori ed editori indicheranno i dati iden-tificativi dell’opera e i propri, annoteranno le quote di ripartizione di DEM e DRM, sottoscriveranno il tutto e allegheranno (salvo casi eccezionali) la partitura della melodia nonché la trascrizione dell’eventuale testo.

Di fatto, quali sono i reali vantaggi per l’autore nell’a-vere un editore musicale (il quale, per inciso, non è affatto obbligatorio)? Possiamo riassumerli principal-mente come segue:1) l’editore dovrebbe trovare delle remunerative utiliz-zazioni tramite la propria attività di contatti e promo-zione; l’autore senza editore, in genere, non ha modo di rinvenire tali occasioni da solo, necessitando dell’at-tività di professionisti del settore; in alcuni casi (come per es. in caso di sub-edizioni all’estero) è necessario un certo know-how per gestire economicamente e giuridicamente certe operazioni sull’opera nel miglio-re dei modi;2) le opere aventi un editore musicale, in alcuni casi, potrebbero aver diritto a maggiori proventi in sede di ripartizione dei proventi maturati tramite le società di gestione collettiva; al momento in cui scriviamo, la S.I.A.E. riconosce un doppio punto (cioè viene conteg-

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LO SPAZIO SONOROdi Giovanni Paquola Appunti sul suono

“Il Maestro Zen Nan-in dell’era Meiji (1868-1912) rice-vette la visita di un professore universitario che era andato da lui per interrogarlo sullo Zen. Nan-in servì il tè, colmò la tazza del suo ospite e continuò a ver-sare la bevanda. Il professore vide il tè traboccare dalla tazza finché, non riuscendo più a trattener-si disse: “E’ stracolma, non ce ne entra più” - “Come questa tazza - disse Nan-in - tu sei ricolmo delle tue congetture, di pensieri e di opinioni. Come pos-so spiegarti lo Zen se prima non vuoti la tua tazza?””

Stavo di recente riflettendo da dove cominciare per scrivere alcuni brevi appunti sulla musica di ‘altri po-poli’ e culture diverse dalla nostra, partendo dalla pre-messa (e dato per scontato) che veramente ognuno di noi conosca la propria musica e il proprio ambiente sonoro (1). Quando, forse non del tutto a caso, mi è ca-pitato tra le mani un articolo dal titolo “Spazio ai vuoti. Percepire lo spazio con la parte destra del cervello.” In un certo senso è stata una vera e propria illumina-zione, in un attimo ho ‘sentito’ la musica come spazio sonoro. Non parlo della comprensione intellettuale del concetto, ma di un senso interiore non del tutto espri-mibile con le parole. Forse quella che potrei definire in-tuizione è la sensazione profonda che anche le note, come gli edifici, gli oggetti, le cose che ci circondano, siano elementi ben precisi collocati nel nostro spazio di vita, e questo arricchisce di molto il mio modo di pen-sare alla musica e in un certo senso completa la possi-bilità di parlarne. L’articolo in questione, il cui scopo è quello di argomentare e dimostrare l’importanza che hanno gli spazi abitativi nell’utilizzo dei due emisferi ce-rebrali, definisce lo spazio come: “… un organismo uni-tario formato dal rapporto reciproco e costante fra tre elementi fondamentali: il vuoto, il pieno e l’uomo …”. Qualcuno, paragonando il musicista al pittore, ha de-finito il silenzio (che potrebbe essere il vuoto) come la tela bianca sulla quale il musicista compone la sua ope-ra, che è una bella metafora per far capire la relazione tra la musica e il silenzio, l’opera sonora e il composi-tore. Personalmente aggiungerei un aspetto sociale e culturale che fa riferimento all’utilizzo concreto degli strumenti, il loro mescolarsi, il creare atmosfere, evoca-re sensazioni … cioè l’universo sonoro (percepibile con i sensi) di un’esecuzione musicale. Da un altro punto di vista è però possibile individuare anche un aspetto inte-riore, volendo potremmo definirlo psicologico - ma non è esattamente la parola che cerco - il rapporto profon-do tra l’individuo e il suono, tra lo spazio mentale, che non può essere del tutto vuoto così come non lo è l’am-biente che ci circonda, e la musica. E’ facile così capire quanto la musica e gli strumenti musicali siano l’espres-sione di una certa società, di un ambiente socio-cultu-rale caratterizzato da tradizioni, costumi, modelli di vita e di pensiero che formano quel percorso storico che segna il carattere di un popolo. Pensiamo ad un popo-lo con i propri strumenti a corda, a fiato, a percussione ecc. e i loro relativi sistemi musicali e siamo in grado di intuire quanto questi possano influenzare l’umore, i pensieri, le emozioni il funzionamento stesso del cervello e quindi lo spazio mentale. E’ possibile vedere in questi due aspetti un’influenza reciproca, la società informa la musica e la musica trasforma la società. Non è un caso,

per esempio, che spesso le dittature, storicamente, ab-biano vietato e vietino l’ascolto (o la diffusione) di un certo genere musicale se non addirittura la musica tout court in senso di intrattenimento, creatività, protesta ecc.. Se guardiamo la storia della musica occidentale, ma non solo, visto che sembra un fatto comune a mol-te culture, la musica è stata al servizio della Chiesa o comunque della religione fino in epoca recente (cioè con l’Illuminismo e l’avvento della società borghese). Il fatto stesso che in quasi tutte le culture sia presente la distinzione tra musica colta e musica popolare (2) la dice lunga su molti aspetti delle strutture socio-econo-miche e le implicazioni con i valori individuali e collettivi. Quindi, quanto il nostro spazio mentale dipende dallo spazio sonoro nel quale siamo immersi? Io direi molto. L’articolo sopra citato mette allo stesso modo in eviden-za quanto l’esperienza spaziale e lo spazio abitativo in-fluiscano non solo sulle nostre sensazioni di benessere o malessere, ma anche sul nostro modo di utilizzare il cervello. “Il giardino Zen rappresenta la più alta espres-sione di spazio concepito per comunicare con l’emisfe-ro destro” afferma Veronica Vignati. Mentre l’emisfero sinistro è la sede del pensiero razionale ed è responsabi-le della nostra capacità logica e di ragionamento, l’e-misfero destro, semplificando, è quello che permette la creatività, l’intuizione, la percezione di noi stessi in rela-zione diretta con ciò che ci circonda e non per mezzo delle conoscenze archiviate come avviene con l’emi-sfero sinistro (3). E’ evidente quindi quanto sia importan-te la possibilità di sviluppare l’emisfero destro, diciamo di tenerlo vigile, in continua attività. Senza approfondi-re troppo l’argomento, che richiederebbe uno spazio molto più ampio, se proprio non possiamo vivere in un giardino Zen cerchiamo almeno di ‘allenare’ la nostra coscienza a fare scelte di maggior benessere, senza cadere nelle trappole dell’abitudine, dei luoghi comu-ni, dei modi di pensare confezionati e pronti per essere usati che la televisione ci propone di continuo e che, come la razionalizzazione della società occidentale, sti-molano il maggiore utilizzo dell’emisfero sinistro. Come musicisti per esempio possiamo cominciare allargando i nostri ascolti. E’ naturale che ognuno di noi abbia il suo genere preferito, il musicista più amato ecc. ma è importante ascoltare anche quello che altri hanno da dire, altre culture, altri generi. Ogni volta che facciamo qualcosa di nuovo, un esercizio di tecnica, una nuova canzone, che ascoltiamo un autore che non conoscia-mo, che impariamo una scala o un nuovo ritmo è un po’ come se si accendesse un’altra lampadina nel nostro cervello, una nuova sinapsi espande le nostre capaci-tà di comprensione e nello stesso tempo tiene attivo l’emisfero destro: insomma allarghiamo i nostri orizzonti e i nostri spazi mentali, il ché mi sembra positivo per le capacità creative di un musicista che non può essere solo un atleta super allenato ma cristallizzato dentro a delle formule. Molti musicisti, per esempio Steve Vai (è il primo che mi viene in mente) dedicano una parte del loro tempo alla crescita interiore, alla meditazione, altri ad altre forme di arte come la pittura, la poesia ecc. a dimostrazione del fatto che il risultato della nostra musica dipende anche da quello che abbiamo dentro (e che senz’altro bisogna imparare ad esprimere), da quello che siamo e non solo da quanto siamo allenati.

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LO SPAZIO SONORO (continua...)

Una cosa importante è quanto il nostro benessere psico-fisico che si rispecchia nella nostra musica può far stare bene gli altri, per esempio. Senza naturalmente togliere nulla a chi invece della propria disperazione, della pro-pria sofferenza interiore ha fatto un modo di comuni-care e una forma di arte, ma questa è un’altra storia.Insomma mi sono allontanato, e anche di molto, dal mio intento iniziale, che era quello di parlare delle altre cul-ture musicali, mi riprometto quindi di riprendere il discor-so in un’altra occasione. Con la speranza di non essere stato noioso auguro per il momento buone note a tutti!

NOTE DELL’AUTORE:(1) Per ambiente sonoro intendo quell’insieme di suoni e rumori della nostra odierna e consumistica società occidentale con le sue metropoli, i grandi centri commerciali, le campagne ur-banizzate, le inestricabili e infernali arterie stradali ecc. ecc.(2) Personalmente ritengo che la musica sia musica, sen-za distinzioni, al massimo, ma anche questa è una forza-tura, si può distinguere tra musica bella e brutta, ma è molto arbitrario e soggettivo, dipende dai valori, dall’e-stetica e dai gusti del momento o della cultura. Sono tut-tavia consapevole del senso storico della definizione.(3) A chi è interessato o abbia voglia di approfon-dire l’argomento consiglio, per esempio, la lettu-ra de “La pelle della cultura” di Derrick de Kerckhove.

GUIDA RAGIONATA AI NEGOZI DI MUSICAdi Emiliano Riva IL RUMORE VIOLA

Ho pensato di scrivere una guida ragionata ai negozi di strumenti musicali della mia città proprio perché, in generale, NON amo i negozi di strumenti musicali. Voi direte: e chi sei tu, per arrogarti il diritto di sproloquiar-ne a piacimento? Beh, uno scrauso musicante che per una volta ha voglia di prendersi questa libertà. Perché certo, alcuni negozi sono Eden musicali in cui vieni sempre trattato bene, ti trovi a tuo agio, conosci il pro-prietario, ci passi ogni tanto anche solo per fare due parole, vedere che c’è di nuovo e magari fare quattro note su quella bella Fender. Però, i bei sogni così esi-stono solo in qualche vicolo dimenticato dalle mappe o nei romanzi rock dal linguaggio ficheggiante. Nella realtà, quasi tutti i veri negozi di strumenti sono posti dove ci vai una volta ogni tanto, soffri nel valutare ciò che ti serve, speri di spuntarlo ad un prezzo decente e magari esci pure incavolato per aver oltremodo in-fierito sulle tue finanze. Comunque, non mi interessa fare filosofia, voglio raccontare. I negozi di strumenti a ********* non sono tantissimi, quattro o cinque posti che conoscono tutti e profondamente diversi l’uno dall’altro. Ma il capostipite, con tanto di bollone “eser-cizio storico” sulla vetrina e ubicato in un palazzone d’epoca del centro, è senza ombra di dubbio la Botte-ga Martelli. Un porto sicuro, il paradiso del classicista: ordinato, elegante e noioso quanto basta. Non c’è un filo di polvere e l’atmosfera è vagamente asettica, a parte un lieve sentore di moquette e cera. Gli spartiti sono perfettamente ordinati in uno stiloso armadietto d’epoca, e nell’autosalone di strumenti pianoforti, fiati e archi la fanno da padrone per la gioia di aficionados, allievi del conservatorio e membri dei vari Corpi Civici Musicali. Vorrei anche sapere il nome di uno studente delle medie che non sia andato lì a comprarsi lo stra-maledetto flauto plasticoso con scovolino sturatore in omaggio. Ci sono anche chitarre, bassi, amplificatori e batterie, tutti articoli di grande qualità e dal costo esorbitante. Roba fuori portata per il grattugiatore se-dicenne medio, obbligato a guardare quelle chitar-rine lì in terza fila, senz’altro adatte allo scopo, ma... fuori posto come due Panda alla 24 ore di Le Mans. La Bottega è da sempre a rigorosa conduzione familiare: al bancone c’è sempre lui, l’impeccabile, cortesissimo signor Tarcisio. Eventualmente, lo sostituiscono la mo-glie o uno dei figli, tutti pluridiplomati in conservatorio.

Non c’è dubbio che la Bottega Martelli non sia il po-sto più sano per il portafoglio, ma “quando compri da Martelli, compri da Martelli”, e fra chi suona in città questo detto vale come l’immancabile certificato di garanzia che il signor Tarcisio rilascia ad ogni acqui-sto. Se c’è un problema, basta riportare lì il tutto: la sua fama di taumaturgo strumentale è un toccasana an-che per i nervi dei musicisti, nel caso vengano messi a dura prova dall’impensabile proprio a poche ore da quell’importantissimo concerto. A mio modo, posso dire di essere un privilegiato: sono uno dei pochi ad aver visto vacillare l’aplomb della Bottega, tanti anni fa, in un pomeriggio di fine marzo. Stavo cercando una chitarra acustica, e perché non fare un salto an-che lì, tanto per lustrarmi un po’ gli occhi? Mentre ac-carezzavo una meravigliosa dreadnought in mogano che mi avrebbe richiesto un mutuo, entrò una signo-ra con cagnolino al seguito, uno di quei microscopici barboncini-soprammobile freschi di zampecure cani-na. Pareva che volesse noleggiare un pianoforte, e dal suo blaterare si intuiva che forse sapeva a malapena distinguere i tasti bianchi da quelli neri. Nel frattempo, lo stordimento prodotto dall’overdose di parole fra pa-drona (del cane) e padrone (del negozio) li aveva por-tati a disinteressarsi del cagnolino, che si era spostato accanto ad un nobilissimo amplificatore California Vintage, poco oltre il campo visivo degli interlocuto-ri. Dopo averlo annusato per bene, oplà, alzò la zam-petta posteriore, giusto per apporre un personalissimo autografo direttamente nel cono. Non ebbi neanche il tempo di sgranare gli occhi e decidere se ridere o piangere, che la signora concluse la conversazione, salutò e uscì insieme al cagnolino. Dopo qualche stra-no istante passato a chiedermi se fosse il caso di av-visare il signor Tarcisio o far finta di niente, lui passò di lì, notando uno strano odore e un’inequivocabile poz-zetta. Se mi concentro, riesco ancora a sentire bene i vadavìaetc.\pòrk+ uscitigli dalle labbra mentre si lan-ciava fuori dalla porta in un (vano) inseguimento del-la signora. Non ho mai avuto il coraggio di entrare a chiedere se quel California poi l’avessero più venduto. Ma lo farò, prima o poi, sono troppo curioso di saperlo.

Garbato sottofondo musicale: Fiocco - Allegro (suonato con qualche imperfezione)

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TRUCIOLI DI LABORATORIOdi Erich Perrotta, Ran De Gal Verona

….ovvero quel che avanza.

Liuteria

I trucioli nel laboratorio sono la parte meno nobile del lavo-ro del liutaio. Sono quelli che normalmente non vedi, che ti può capitare di incontrare, frequentando il laboratorio. Sono quelli che magari stemperano l’aura mistica che a volte aleggia attorno alla figura del liutaio. Non che si tengan na-scosti, no, ma che, marginali, non si raccontan mai. A parte ora, senza pretese.

Siamo nei mesi estivi, è Luglio inoltrato e il laboratorio scarsamente frequentato. Non succede molto e c’è poco da raccontare. Ci concediamo quindi una pau-sa e trascriviamo un documentario andato in onda non molto tempo fa su Discovery Channel.Il ‘Liutaius Amanuensis’ appartiene, sebbene non sia ancora stato del tutto dimostrato, alla specie dell’Ho-mo Sapiens Retrodatatus e vive preferibilmente in am-bienti bui e polverosi, spesso del tutto privo di contatti esterni. Il Liutaius costruisce di frequente la sua tana, che lui chiama pomposamente ‘laboratorio’, in gara-ge dismessi o cantine, comunque luoghi invivibili per altre specie, ne riveste il pavimento con pezzetti di le-gno, creati appositamente, e ricopre ogni mobilio con suppellettili, chiamati ‘attrezzi’, che, una volta accata-stati, non ritroverà mai più. Il suo viso è solitamente rivestito di peluria ispida, uti-le nei mesi dalle temperature più rigide al risparmio energetico, poiché il suo rifugio è generalmente poco riscaldato. Pur essendo infatti a conoscenza della tec-nologia di riscaldamento abitativa in possesso degli individui più evoluti delle altre specie, tende a diffidar-ne, forse per una innata propensione alla tirchieria. La sua psicologia è piuttosto semplice, tipica di spe-cie non troppo evolute. Generalmente la sua attività giornaliera è caratterizzata da tre esigenze primarie. La lamentela per l’eccesso lavorativo a cui sostiene costantemente di non poter far fronte è la prima. “Ho troppo lavoro ho troppo lavoro ho troppo lavoro” è la risposta compulsiva che offre appena gli si chiede ge-nericamente “come va?”, probabilmente una sorta di verso tipico. La seconda urgenza del Liutaius è la costante insuffi-cienza pecuniaria. Purtroppo gli scienziati non sono ancora riusciti a spiegarsi come queste due caratteri-stiche possano essere compatibili, data la loro propor-zionalità inversa. La spiegazione più accreditata è che non siano altro che manie di origine psicotica o psico-somatica d’origine ancestrale senza alcun riscontro re-ale, quantomeno una delle due, ma si stanno ancora effettuando ricerche in questo senso. Non possiamo descrivere il terzo bisogno primario del Liutaius a causa dell’orario in fascia protetta in cui an-drà in onda questo documentario.Quella del Liutaius è una specie non molto numerosa sebbene piuttosto diffusa geograficamente, attual-mente a grave rischio di estinzione, probabilmente a causa delle sue scarse doti di socievolezza. E di puli-zia, aggiunge qualche scienziato critico. Una campa-gna di sensibilizzazione promossa qualche anno fa dal WWF, denominata “Adotta un Liutaius” ha dato scarsi risultati. I motivi di questo fallimento sono da ricercare probabilmente nella mancanza di popolarità dei liutai presso la società civile in generale e i musicisti in parti-colare. Il noto chitarrista Mark Knopfler, che pur inizial-mente aveva sostenuto entusiasticamente la campa-

gna del WWF, ha dovuto dopo breve periodo ritirarsi e far abbattere il suo esemplare. “Sporcava troppo e non produceva nulla” ha commentato sconfortato. “I liutai sono come i preservativi, meglio usarli solo quan-do strettamente necessario” conclude. Questa espe-rienza ha però portato gli scienziati che studiano que-sta specie a ritenere che non sia possibile trattenerli in cattività né usarli come animali da compagnia.Il Liutaius tende a non vivere in branco e a rifuggire gli esemplari della sua specie. Raramente capita di poter osservare aggregazioni di questi individui, ge-neralmente in contesti denominati ‘mostre’ o ‘fiere di settore’. In questi contesti spicca la scontrosità di questa specie. Pur mantenendo un atteggiamento esteriormente garbato, gli scienziati hanno notato, seguendo attentamente le conversazioni fra gli indivi-dui della specie, un rituale che hanno definito ‘danza della fandonia’, incentrata su fole e simulazioni inerenti alla mole della propria attività e ai prezzi applicati. Una sorta di ‘invidia del pene’ professionale in cui gli esemplari si sfidano a chi le spara più grosse. A volte in questi contesti, sebbene raramente, è possibile osser-vare due o più di questi soggetti in uno scontro fisico per accaparrarsi l’attenzione di un potenziale cliente o di una femmina della specie.Il Liutaius Amanuensis si muove generalmente con mezzi di fortuna piuttosto primitivi, automobili estrema-mente ingombranti e rumorose, spesso in condizioni decisamente precarie. Ci sono generalmente dubbi sulla legalità di questi mezzi di fortuna.Infine gli abiti indossati dal Liutaius sono di foggia piut-tosto grossolana, generalmente camicie di lana a scacchi scozzesi e sandali nel periodo invernale, ca-notte della salute di lana e gli stessi sandali in quello estivo. Questi indumenti vengono probabilmente ac-quistati già di seconda mano in epoche arcaiche e mai dismessi a causa della spiccata tirchieria ed aso-cialità tipiche di questa specie, di cui abbiamo già detto.Dalla specie del Liutaius Retrodatatus Amanuensis si è distaccato un ceppo, denominato dagli studiosi Liu-taius Infingardus. Privo di peli sul viso e generalmente evolutosi con motori di grossa cilindrata, si distingue dalla stirpe d’origine per la differente attività principa-le, la logorrea. Preferisce infatti utilizzare la lingua per elogiare le proprie capacità anziché dedicarsi all’atti-vità amanuense, che generalmente affida a qualsiasi altro operatore disponibile, sia esso un falegname, un operaio o un collega. L’Infigardus, sebbene apparte-nente alla stessa specie dell’Amanuensis, è facilmente distinguibile da questo. Vestito con abiti sempre nuovi e piuttosto ricercati, con una capigliatura curata, ha doti di socialità piuttosto spiccate. La caratteristica che risalta immediatamente rispetto all’Amanuensis sono le mani, più simili a quelle di una suora di clausura dedita all’uncinetto, con unghie ben curate e senza l’ombra di un callo. Questo ceppo risulta immune al ri-schio di estinzione, probabilmente come conseguenza delle sue spiccate doti economico-finanziarie.Gli scienziati stanno attualmente svolgendo test di la-boratorio per stabilire quale dei due ceppi risulterà più longevo e resistente.

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“GIEZZ”: NOTE A CASO SU UN TEMPO... A CASO?!di Sergio Bianchi LA RUBRIKAZZA

Passano gli anni e intorno al 1930 si arriva alla ‘com-mercializzazione’ della musica nera: la nascita dello Swing e delle Big Band. Per tutto il resto del ‘900, il Jazz, così come il Blues, il Country etc. ha subito varie modi-fiche e ‘specializzazioni’ fino a condurci alle sonorità che presenta al giorno d’oggi.

In questa breve (ed alquanto imprecisa in alcuni passi) storia del Jazz ho tenuto a sottolineare la ballabilità del genere e il suo ‘Suono’: la Band. Ho cercato di fornire numerosi spunti tutti passibili di collegamento al Jazz per far sì che ogni interessato riesca a crearsi un per-corso per arrivare fino ai brani di più difficile ascolto. Io ho fatto così. Adorando la musica della Blues Bro-thers Band mi sono avvicinato al Blues in senso stretto (genere che apprezzo molto) arrivando ad ammirare in egual misura i vari John Lee Hooker, Howlin’ Wolf, Sonny Boy Williamson (I° e II°), Muddy Waters, Stevie Ray Vaughan, Robert Johnson, Taj Mahal fin’anche gli ZZ Top ed i Led Zeppelin – etc...

Da questa base Bluesy è stato poi semplice iniziare ad apprezzare il Boogie Woogie ed il cosiddetto ‘Piano Blues’. Con i Blues Brothers mi sono avvicinato al cam-po delle ‘Big Band’! Qui lo swing ed i virtuosismi si spre-cano, tanto da far emergere alle volte dei musicisti che fonderanno loro stessi una ‘loro’ Big Band! (I batteristi leggano Gene Krupa e Buddy Rich, poi si concentrino sui nomi a seguire) Il Sig. Louis Armstrong (No. Non è andato sulla Luna! Quello era Neil!), Duke Ellington e Glenn Miller sono un ottimo “gradino di partenza” per questa scalata al Jazz.

Infine vorrei parlarvi della ‘musicalità’ del Jazz. La cosa complicata da comprendere per potersi ‘gustare’ ge-neri come l’Acid Jazz ed il Be Bop è l’assoluta libertà del musicista. Ho visto jazzisti suonare fuori tonalità, fare un assolo di una sola nota tenuta lunga (infatti…era un assolo), batteristi suonare con le mani etc. Però niente nel Jazz è ‘buttato lì’. IMPROVVISARE NON SIGNIFICA SUONARE A CASO bensì trasporre i propri pensieri e (perché no?) una parte delle proprie abilità tecniche al fine di creare Musica usufruibile solo una volta, fatta su misura per il contesto in cui si suona e per coloro che ci ascoltano. E ciò, però, non vale solo per il Jazz: sia chiaro.

Uno dei generi musicali di più ostica interpretazione con i quali mi sia scontrato finora è sicuramente il Jazz. Lasciando perdere la parte tecnica dello swing, degli accenti e di tutte le sfumature che gli strumenti sono in grado di dare e che in questo genere musicale sono assai richieste, vorrei soffermarmi sulla musicalità e non sui miseri traguardi raggiungibili con lo studio.

Per chi (come me, del resto) non ha mai voluto o sem-plicemente non ha avuto modo di confrontarsi con questo tipo di musica e che ha sempre preferito gene-ri più ‘grezzi’, per quanto fondamentalmente espres-sivi (HEY! E’ sempre di Musica che stiamo parlando!) come il Rock, il Metal, Pop, Punk, Funky, Blues etc. vor-rei raccontare la mia esperienza di studente e neofita del Jazz e magari regalare qualche piccolo consiglio che potrebbe rivelarsi utile a coloro che vorrebbero scoprire questo mondo alle volte fin troppo mitizzato.

Anzitutto è da tenere sempre ben presente il fatto che il Jazz (Gezz, Gess o Giàas…ognuno lo pronuncia alla sua maniera e non ho ancora capito quale sia quella giusta), ai suoi tempi, era un genere ballabile. O me-glio: IL genere ballabile. Esattamente come l’House adesso: popolare al punto giusto, composta per diver-tire e NON perchè i suoi compositori risultassero grandi musicisti, scandita da un andamento piuttosto ripetiti-vo (TUNZ TUNZ TUNZ vs. SciAbadà SciAbadà SciAbadà) ed utile per riunire le folle. Storicamente è il ‘Figlio’ del Blues. Di conseguenza ‘Fratello’ del Rock‘n’Roll. Non è più così lontano dai nostri orizzonti se la vediamo così…vero Rockers? Ad ogni modo: la sua derivazione dal Blues è dovuta al fatto che i neri d’America (?!), por-tando con sé il loro bagaglio culturale e musicale, si ritrovarono schiaffati in luoghi sconosciuti e ridotti in schiavitù.

Essendo la musica un grande pastone di culture si noti come i neri trapiantati in Mississippi potessero avere delle ‘influenze’ diverse rispetto a quelle di New Or-leans, del Texas, dell’Illinois. A New Orleans difatti tro-viamo: neri (= atmosfere Bluesy e Gospel), bande mi-litari (= strumenti a fiato), francesi (= musica popolare europea) e marinai caraibici (= ritmo!). Questo brodo etnico consente così la creazione di uno stile musicale basato su ricche atmosfere popolari con un suono cor-poso e ballabile (o marciabile). Vediamo nascere così le prime Band (non c’è differenza in Inglese tra Band/Banda o Band/Gruppo).

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TRAVEL(L) IN IRELANDdi Christian Vanetti

Vagando per Dublino, tra pinte di Guinness e violini folk...

La voce dei lettori

Mai nella mia vita e sottolineo MAI, ho pensato di po-termi trovare d’accordo addirittura con Fiorella Man-noia quando canta le bellezze dell’Irlanda. Un metal-laro, al limite, la Mannoia può darla in sacrificio alle divinità oscure o mangiarsela a colazione, ma, in que-sto caso, non riesco proprio a trovare un valido motivo per darle torto!

Ci siamo stati poche settimane fa, per me è stata la prima occasione di viaggiare in aereo (a 27 anni, un po’ tardi, vero?), togliere la polvere dal mio inglese tut-to da collaudare ed annusare la stessa aria che ha ispirato le canzoni degli U2... Ma l’Irlanda lascia qualcosa di particolare, ti dice “Oh! Guarda che io non sono mica tutta Bono e Sine-ad O’Connor...” e non te lo dice soltanto... te lo dimo-stra perfino!Il bello dell’Irlanda che voglio raccontarvi è quello del-le vie di una città, Dublino, dove come in nessun altro posto, tanti popoli parlano la stessa lingua: la musica.

Gironzolando per l’affollatissimo quartiere di Temple Bar, verso le prime ore di un pomeriggio fresco di mar-zo, tanto è l’alternarsi di voci di persone alticce con aliti coloriti e musiche d’ogni tipo provenienti da ogni distanza.

Giriamo l’angolo attratti da suoni che da noi si sentono solo nelle feste di piazza e invece di trovare un palco con luci, casse e impianti, troviamo quattro ragazzi for-se appena maggiorenni che, oltre a godere di un’otti-ma tecnica d’improvvisazione musicale, improvvisano una situazione di live music completa, come se ci fosse veramente tutta la struttura di un palcoscenico. Questi prodigi imberbi, che deliziano le nostre orec-chie stanche dal trambusto del viaggio da poco con-cluso, sono evidentemente provenienti da diverse ”etnie”e occupano sì e no 3 metri davanti al muro di un pub seduti su amplificatori e seggiole. Sembrano magnetici, ci tentano e rimaniamo lì ad ascoltarli per un po’.

Li sentiamo suonare “Sultans of Swing” dei Dire Straits. Il tutto alimentato da una batteria dell’auto... Veniamo coinvolti dalle loro vibrazioni tanto da convincerci a lasciar loro qualche moneta dentro la custodia della chitarra...

Ma non ci sono solo loro...

Le strade e i vicoli di Dublino sono piene di queste for-mazioni improvvisate. Assieme a giocolieri, mimi, pitto-ri, caricaturisti formano la grande famiglia dei ‘Buskers’, da noi semplicemente chiamati ‘Artisti di strada’.

Sono un ulteriore prodotto tipico irlandese... nella terra della Guinness, dei pub, del rugby che ci riempie di mazzate e... sì, anche degli U2 e della O’Connor... non vi accorgete, ma nel soggiorno, la sensazione di essere proprio a Dublino e non in altre parti del mondo ve la fanno provare solo ed esclusivamente loro: i ‘Buskers’.

Appena terminano i loro semplici, ma efficacissimi e caldi magheggi musicali, avviciniamo il giovane chi-tarrista. Gli chiedo se suonerà qualcuno dopo di loro. Lui risponde con un “Certamente!”, cederanno il posto più tardi ad un chitarrista brasiliano, un batterista da-nese, un bassista inglese, ecc.

Ci sono, inoltre anche molte band emergenti, non im-provvisate, che si esibiscono per le strade e vendono il loro demo autoprodotto, ma ben registrato (e incas-sano parecchio, dato che durante l’esecuzione di una canzone da 3 minuti, un gruppo era riuscito a finire tutta la ventina circa di demo esposti, venduti a 10€ l’uno...assicuro che ne valeva la pena!). Fantastico an-che il batterista che utilizza pentole rotte come fossero rullanti e coperchi sgangherati come piatti.

Saranno state le tre e mezza, circa, del pomeriggio, ci rifugiamo in uno delle migliaia di pub della città per berci la prima Guinness di una serie molto impegna-tiva.Anche qui stava suonando un gruppo acustico. Musi-ca folk, prevalentemente. Infatti, se mai vi capiterà di girarvi un po’ di pub di Dublino con musica dal vivo, non potrete fare a meno di imparare involontariamen-te e per sfinimento tutti i canti popolari Irlandesi, com-presa le celebre “Molly Malone”, inno della città.

La lamentosa riflessione che questa città ti porta a fare, ma che non vorresti fare (senza essere banale re-torica), è che, ancora una volta, si ha la dimostrazione di come in Italia la voglia di suonare per strada venga molto spesso strangolata da istituzioni poco illuminate, fredde, ciniche e dalla mentalità troppo finto-perbe-nista delle ‘strade pulite’ che sta facendo completa-mente morire di noia le vie delle nostre città (basta vedere il tentativo di alcuni nel voler fermare l’ormai celebre Ferrara Buskers Festival).

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Sfido chiunque, che ne so... sul lungolago di Arona o Laveno a provare a fare la stessa cosa che succede nelle vie di cui vi ho raccontato senza trovarsi il Poliziot-to Municipal-Locale-Stradale-ROS-DIGOS-CIA-FBI che vi farà smettere in ‘tempo zero’.

Questa è solo questione di cultura... Ma... Basta, tornia-mo al nostro viaggio che è meglio.

Come ROM spostiamo la nostra carovana di macchi-ne fotografiche e zainetti EASTPAK che fanno molto ‘gita delle medie’ tra un pub e l’altro per quasi tutto il pomeriggio.Dopo diverse tappe (e birre) capiamo che fa parte proprio della pubblicità di ciascun locale il fatto di avere musica a tutte le ore del giorno. Giganteggia, infatti l’insegna appesa avanti ai rispettivi ingressi con scritto ‘Live Music Daily’.

Quello che mostra questa città al visitatore, oltre al ri-spetto per il prossimo (tipico del fair-play rugbystico), è il rispetto per la musica e per chi fa musica. Un’emo-zione non può essere interrotta dalla boria ignorante di un manganello o dalla petulanza di un settantenne incallito di balera... L’umiltà poi, di chi suona per le strade con gente che non conosce nemmeno, va al di là del divertimento. E’, per l’appunto, segno di civiltà e di rispetto nel confron-to. E se la gente del posto, in primis le forze dell’ordine, lasciano fare, senza burocrazie o ‘permessi del Comu-ne’, questo è segno di cultura.

In tutta onestà si deve anche notare come tutta que-sta musica alla fine, difficilmente può essere valutata pienamente solo dal passaggio per strada, senza un vero e proprio ascolto con la ‘A’ maiuscola, col rischio che risulti essere solo un sottofondo e ovviamente non venga apprezzata del tutto per quello che è.

Ma di certo, secondo un’ottica ‘collettivistica’, que-sta cultura del ‘free music for the masses’ aiuta molto l’aggregazione, l’incontro tra culture, la condivisione e a parer mio anche la soddisfazione e l’appagamen-to del musicista che riesce sicuramente a comunica-re con l’ascoltatore in un contesto più che agevole sfruttando un luogo pubblico che “più pubblico non si può” quale è la città.

Il nostro problema, se così vogliamo chiamarlo, è stato resistere alla curiosità di cacciare il naso in tutti i posti da cui sentivamo provenire le note di un buon blues, o di un vivace violino folk e di uscirne senza aver consu-mato almeno una pinta di Guinness bella fresca... Ci siamo più volte sentiti come Ulisse e le sirene... E con molto dispiacere abbiamo sacrificato il nostro fegato (sigh...sob... proprio dispiaciuti...).Ma, dopo pochi giorni lontani dall’Italia, ci sono solo due cose che possono farvi resistere alle tentazioni delle sirene e costringervi a rincasare... La vostra vo-glia di fare musica e la pasta al pomodoro!

TRAVEL(L) IN IRELAND (continua...)

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NICCOLO’ FABI – 2 settembre, ore 21.30Carroponte, Sesto S.Giovanni (MI)ORNELLA VANONI - 5 settembre, ore 21Piccolo Teatro Strehler (MI)JAMIROQUAI – 9 settembre, ore 21Stadio Brianteo di Monza (MI)LUCIO DALLA – 10 settembre, ore 21Arena Giardino (Cremona)FABRI FIBRA – 10 settembre, ore 21.30Carroponte, Sesto S.Giovanni (MI)MASSIMO RANIERI – 16 settembre, ore 21Teatro Ventaglio Smeraldo (MI)SUBSONICA – 17 settembreCastello Visconteo, Legnano (MI)BOLLANI / RAVA / SCOFIELD – 20 settembre ore 21 – Teatro Ventaglio Smeraldo (MI)DANIELE SILVESTRI – 23 settembre, ore 21.30Carroponte (MI)IN FLAMES – 27 settembreAlcatraz, MilanoMODA’ – 3 ottobre Mediolanum Forum, Assago (MI)TORI AMOS – 7 ottobre Teatro Degli Arcimboldi (MI)

SYMPHONY X – 7 ottobre, ore 21 Live Club, Trezzo Sull’Adda (MI)EDGUY – 10 ottobre, ore 20 Alcatraz, MilanoNEGRAMARO – 12/13/15 ottobreMediolanum Forum, Assago (MI)ERIC SARDINAS – 13 ottobre, ore 21.30Live Club, Trezzo Sull’Adda (MI)ALICE COOPER – 14 ottobre, ore 21.30Live Club, Trezzo Sull’Adda (MI)URIAH HEEP – 16 ottobre, ore 22Live Club, Trezzo Sull’Adda (MI)FRANCESCO DE GREGORI – 21 ottobre, ore 22 Live Club, Trezzo Sull’Adda (MI)GUANO APES – 24 ottobre, ore 21Alcatraz, MilanoZUCCHERO – 7 novembre, ore 21Mediolanum Forum, Assago (MI)GEORGE MICHAEL – 11 novembreMediolanum Forum, Assago (MI)HAMMERFALL – 11 novembre, ore 20Magazzini Generali, MilanoMACHINE HEAD – 13 novembre, ore 18Alcatraz, MilanoICED EARTH – 14 novembre, ore 20Alcatraz, MilanoINCUBUS – 15 novembre, ore 21Mediolanum Forum, Assago (MI)

STASERA CHE SI FA?Concerti dei ‘BIG’!

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LET’S PLAY!di Elisa e Davide Giochi&Tempo libero

QUANTI “DREADLOCKS” HAI PER LA TESTA?Dimostra di essere un fan di Bob Marley!

1) In quale album è contenuta il famoso brano “Redemption song”? □ Babylon by bus □ Uprising □ Talkin □ Notty dread

2) Qual è il primo album che Bob Marley&the Wailers realizzano con la casa discografica Island? □ Kaya □ Survival □ Rasta revolution □ Catch a fire

3) Qual è il suo disco più venduto? □ Legend □ Uprising □ Natural Mystic □ Rastaman Vibration

4) Qual è il soprannome del bassista degli Wailers Aston Barrett? □ Tuff Gong □ Downpressor Man □ Family Man □ Rhythm Machine

5) Qual è il nome del trio di coriste degli Wailers? □ I-Threes □ The Gaylads □ High-Threes □ The Maytals

6) Qual è la canzone che Bob Marley scrisse per i Clash? □ Kinky Reggae □ Exodus □ I shot the sheriff □ Punky Reggae Party

7) Quanti figli ha avuto Bob Marley □ 1 □ 5 □ 7 □ 13

Le soluzioni saranno disponibili sul sitowww.musicsecrets.it da venerdì 30 settembre

SUDOKU MUSICALEIl SUDOKU MUSICALE consiste nel riempire le caselle vuote con una nota (C=Do D=Re E=Mi F=Fa G=Sol A=La B=Si) o con un segno di alterazione (b=bemolle #=diesis) rispettando 3 REGOLE:1 – una nota/ alterazione non si ripete nelle caselle sulla stessa colonna verticale2 – una nota/alterazione non si ripete sulla stessa riga orizzontale3 – all’interno dello stesso riquadro 3x3 le note/altera-zioni non possono ripetersi

G D AF E C

# D AG F D

# B bC F G

D C EA # G

LO SAPEVATE CHE...Scegliere il nome per la propria band è sempre un momento signifi-cativo.. scopriamo a cosa si sono ispirati i grandi miti della musica!

DEPECHE MODE: alla ricerca di un nuovo nome, i componenti della band notano in un bar tra le riviste un rotocalco di moda francese (“mode depeche” letteralmente “gazzettino di moda” ma spesso tradotto erroneamente con “moda

facile, veloce” a causa della confusione della parola francese de-peche col verbo se dépêcher “spicciarsi” o “sbrigarsi”). La copertina era girata al contrario e il suono Depeche Mode piace alla band.

Dovresti ascoltare come Santa-na usa il dorico, ti consiglio i pri-mi due album.

Ah sì, il secondo ce l’ho, si chiama Ar-batax! (ABRAXAS)

I tuoi cromatismi sono molto sporchi.Scusa, ma oggi non ho portato il plet-tro per i sedicesimi (quello avvolto nel-la carta vetrata!)

Per aiutarti a riconoscere i bendings in uno spartito ti spiego qual è il significa-to della parola.Lo so... dal latino “Ben” di ben fatto e dal greco “Ding Dong Dang” che vuol dire suono!

*Attenzione: fatti realmente accaduti

L’ANGOLO DELLA SINCOPE

LYNYRD SKYNYRD: Dal nome del noioso profes-sore di fisica (Leonard Skinner) di alcuni mem-bri della band.

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LA VETRINA