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Giancarlo Bronzi Rusconi Notizie storiche della Casata Rusconi

Notizie storiche della Casata Rusconi

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Giancarlo Bronzi Rusconi

Notizie storichedella

Casata Rusconi

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Giancarlo Bronzi Rusconi

Notizie storichedella

Casata Rusconi

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Via Riva Reno, 61 • 40122 BolognaTel. 051 6564311 • Fax 051 [email protected] • www.avenuemedia.it

Stampa: Tipografia Negri - Bologna

Si ringrazia sentitamente

la Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna

per il sostegno destinato all’opera,

ed il Comune di Budrio per il patrocinio

alla sua divulgazione.

Ha curato i testi il giornalista Pier Luigi Trombetta

Consulente storico Vittorio Di Cesare

COMUNE DI BUDRIO

Copyright 2001 - Bronzi Rusconi, Bologna

Edizione fuori commercio.È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche aduso interno o didattico, non autorizzata.

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Dedicato a mia figlia

Anna Maria Bronzi Rusconi

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Indice

PRESENTAZIONE

Il cognome di famiglia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 9

CAPITOLO 1

Le origini del cognome “Rusconi” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 13

CAPITOLO 2

Il Barbarossa e i Ghibellini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 25

CAPITOLO 3

Tra Signoria e Papato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 37

CAPITOLO 4

La famiglia Rusconi a Bologna. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 47

CAPITOLO 5

Parenti illustri. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 73

CAPITOLO 6

Ricordi di nobiltà. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 79

APPENDICE

Dimore e araldica dei Rusconi. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 87

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IL COGNOME

DI FAMIGLIA

PRESENTAZIONE

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Il cognome

di famiglia

Questo libro è nato con il preciso intento di onorare i nostri Avi di una

parte della Casata Rusconi di Bologna, risalendo da nostro padre e

nostra zia, dal nostro nonno e bisnonno, arrivando fino a toccare

tutti gli altri antenati.

È nato anche per raccontare la loro interessante storia e per lasciare, a colo-

ro che continueranno la discendenza, una traccia, la più chiara e completa

possibile, del loro passaggio terreno. Sono state riportate notizie della vita e

delle vicende così come sono state vissute dai nostri Avi, inquadrando perso-

naggi e momenti storici nazionali ed esteri che li hanno visti coprotagonisti.

Il libro è il frutto di due anni di ricerche storiche, divise tra Bologna, Como,

Roma ed in sostanza prende in considerazione la storia bimillenaria dei

Rusca Rusconi, quello che nostro padre e nostra zia ci raccontavano a noi

bambini e ragazzi e, in ordine cronologico, le illustri personalità imparenta-

te con il ramo bolognese dei Rusconi.

Insomma, per distrarci un attimo dalla tecnologia d’Internet, dalla velocità e

dalla frenesia della vita di questa società sempre più superficiale, ci siamo

calati nella tranquillità di un mondo dai ritmi certo meno ossessivi del nostro,

nel quale la tradizione e la parola data o una stretta di mano contavano più

di ogni altra cosa. Per non dimenticare il nostro passato, le antiche radici,

che sono poi le nostre radici.

Il libro, soprattutto, tiene fede ad una promessa. Una promessa sbocciata nel

1980, quando nostro padre, Carlo Antonio Bronzi, malato e amareggiato da

una serie di disavventure nei suoi affari, ci lasciò.

Nostro padre e la sorella Caterina erano nati fuori dal matrimonio e da pic-

coli abitavano in via delle Casse, nel centro storico di Bologna, con la madre,

nostra nonna Margherita, dama di compagnia della moglie del nonno, la con-

tessa Giulia Verzaglia. Nonna Margherita aveva dato il proprio cognome

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Bronzi a nostro padre e alla zia Caterina, come usava e ancor usa per le

donne non sposate che oggi siamo soliti chiamare “ragazze madri”.

E noi figli scoprimmo nei cassetti della scrivania del babbo le prove di una bat-

taglia ostinata, ma discontinua, e per forza di cose votata all’insuccesso, con-

dotta contro la burocrazia locale e nazionale per ottenere il diritto al cognome

Rusconi, così com’era nell’esplicita volontà testamentaria di suo padre.

Quando intraprese la sua battaglia per ottenere il cognome del padre l’Italia

era ancora retta dalla monarchia e le leggi di allora impedivano tassativamen-

te qualsiasi rivendicazione che potesse in qualche modo alterare un albero

genealogico gentilizio, considerato ciò appannaggio esclusivo della corona.

L’Italia divenne Repubblica, ma mio padre era già preso dal lavoro e dalla vita

che gli avrebbe portato una famiglia numerosa. A tutto ciò va sommato che

nell’ultima parte della sua esistenza terrena non godè di buona salute.

È allora che siamo subentrati noi figli nel prendere il testimone e ingaggiare

quella battaglia interrotta da nostro padre. E la battaglia per ottenere l’ago-

gnato cognome è stata lunga, difficile ed ha visto anche una complessa ricer-

ca storica, sulle tracce dei nostri Avi, che ha messo in campo ricercatori aral-

dici, come lo Spreti e il Litta, ma soprattutto Alberto Pio Rusconi, parente let-

terato, ed amico in particolare del bisnonno, Carlo Giacomo. Nel 1874 diede

alle stampe il volume “Memorie storiche della casata Rusca Rusconi” e sia

nostro padre che noi figli, da quest’importante testo, abbiamo attinto le noti-

zie relative alla storia antica della Casata Rusconi fino alla metà dell’800.

Abbiamo inoltre ritrovato testamenti olografi, notizie da Gazzette cittadine

dell’epoca, documenti da archivi, parrocchie e Curie, sia a Bologna, che a

Como e, come detto, in altre città.

Alla fine abbiamo vinto, poiché adesso abbiamo tutte le carte in regola, aven-

do ottenuto il riconoscimento (nel gennaio del 2001), da parte del Ministero

di Grazia e Giustizia, di un nostro diritto: aggiungere al nostro cognome

Bronzi quello di Rusconi. Così, come voleva nostro nonno.

Giancarlo Giacomo Filippo Bronzi Rusconi

Presentazione

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LE ORIGINI

DEL COGNOME “RUSCONI”

CAPITOLO I

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L’origine presunta, e si sottolinea presunta, della casata Rusconi, secon-

do la storiografia ufficiale, prendendo in esame storici come Litta,

Crollalanza, Alfredo Rusconi, ma principalmente l’opera letteraria di

Alberto Pio Rusconi “Memorie storiche della casata Rusca Rusconi”, sarebbe

romana. Risalirebbe alla gens ricordata da Cicerone nel “De Oratore” il cui

principale esponente era Publio Pinario Rusca, patrizio romano arrivato a

Como, al seguito di Giulio Cesare, nell’anno di Roma 539.

Figlio di Alfonso Rusconi, Alberto Pio Rusconi, nato a Bologna il 23 Febbraio

1848, riportò da Como attestati di nobiltà. Pio IX nel 1868 gli confermò l’anti-

co titolo comitale di famiglia di Marchese per le prove esibite porte, generazio-

ne per generazione, alla cancelleria degli ordini equestri. Fu commendatore al

Sacro Militare Ordine Gerosolimitano, scrisse un’opera, del “Santo Sepolcro”, fu

Cameriere segreto di Cappa e Spada di sua santità Pio IX. Pubblicò le memorie

storiche del casato Rusca Rusconi, con appendici di tavole illustrative nel 1874.

Fu decorato con medaglia dalla regia accademia araldica, fu membro delle

società storiche lombarda e comasca.

Como era stata fondata dai Galli Insubri Orobi, ma conquistata nel 196 a.C.

dai Romani; questi ne fecero una colonia che si chiamò “Comum”. Il nome

della gens Pinaria, giunta al seguito del grande Cesare, cui si deve anche la

colonia di Bellinzona, continuò ad affiorare nella cronaca della città lacustre,

probabilmente legata ad una carica guadagnata in seguito a qualche fatto

notevole compiuto da questo antenato durante la conquista della Lombardia

da parte delle legioni romane di Cesare.

Il nome Rusconi, secondo quanto affermano gli storici, è di certo derivato

dal cognome Rusca, che a sua volta deriva dal latino “ruscus”, ovvero “mirto

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Le origini

del cognome “Rusconi”

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Le origini del cognome “Rusconi”

selvatico”. È probabile così che il Casato sia quindi d’origine romana, come

sostengono molti storiografi e scrittori, tra i quali Gaudenzio Merula, facen-

dolo derivare dalla gente patrizia Pinaria.

Per scrivere la storia di questo Casato, ci si è rifatti anche alla genealogia

tenendo conto principalmente di quello che risulta da autentici documenti,

o da quello che è stato trovato nelle cronache lombarde e negli Archivi Muni-

cipale e Notarile di Como, Governativi, Civico e Notarile di Milano.

Etimologia di un cognome

Certamente gli appartenenti a questa famiglia furono sempre promiscua-

mente detti RUSCA, RUSCHI, RUSCONI ed è difficile stabilire quale sia, delle

tre varianti, il vero cognome. In latino poi, talvolta, sono nominati Rusconi o

Ruscones.

Nei documenti originali spicca Bernardo Ruscone, Rettore o Podestà nell’an-

no 1159 e un Giovanni Rusca, Console comasco nel 1182, ancora un altro di

nome RUSCA con il cognome RUSCONI vivente nel 1176, e tutti gli apparte-

nenti a questa famiglia.

Furono uomini che si distinsero durante le guerre tra Guelfi e Ghibellini e in

uno stesso documento si trova un fratello detto RUSCA, un altro RUSCONE,

collettivamente de’ RUSCONI, ed anche la medesima persona, ora chiamata

in un modo o nell’altro.

È difficile determinare il significato vero di questo cognome. Si pensa, come già

anticipato, che derivi da ruscus, rusco o mirto selvatico, che è nello stemma gen-

tilizio, ed allora pare che da Rusco Ruscone sia stato tramandato il vero cogno-

me; ma le foglie di rusco non si trovano nello stemma di famiglia che intorno a

secolo XVII. Si pensa così che vi fossero le condizioni per l’analogia al cogno-

me, poiché prima c’erano altri segni, come vedremo parlando dello stemma.

Un’altra ipotesi dell’etimologia deriverebbe da un soprannome della voce

celtica “rusk”, che nel linguaggio dei Celti invasori dell’Insubria significava

“scorza”. Anche nel dialetto comasco si dice rusca la corteccia grossa degli

alberi d’alto fusto. Comunque siano andate le cose, col passare del tempo e

della storia, ad alcuni membri della famiglia è stato attribuito il cognome

RUSCA e ad altri RUSCONI.

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Le origini del cognome “Rusconi”

Una Casata che ha fatto storia

La storia è formata dalle singole vicende di uomini i quali, come infiniti tas-

selli di un puzzle, creano l’intricato sviluppo di fatti e avvenimenti che ne

determinano il corso principale. La famiglia Rusca-Rusconi s’inserì a sua volta

nella storia con uomini le cui azioni contribuirono a formare il processo di

unificazione dell’Europa.

Tra i vari rami del nostro albero genealogico, emergerebbero un santo, uomi-

ni d’arme, un arcivescovo, vari reggenti imperiali della città di Como, fino al

trasferimento di un discendente della nostra famiglia in Emilia, prima a Cento

e successivamente, agli inizi del Settecento, a Bologna, dando vita ad altri

illustri uomini di lettere e di scienza, autorità in campo civile, militare e per-

sino religioso.

Una svolta che appare da queste ricerche evidenzia il passaggio dei Rusco-

ni emiliani alla fazione Ghibellina. Uno dei Rusca o Rusconi comaschi, Lota-

rio I, nel 1176 salvò la vita in battaglia a Federico Barbarossa che, per rico-

noscenza e gratitudine, fece aggiungere al proprio stemma, sormontato dal

mirto selvatico o rusco e dall’aquila imperiale, le strisce a bande bianche e

rosse. Il blasone ricordava così lo stendardo di Porta Comasina da Lotario

Rusca strappato ai milanesi, la parte Guelfa, o meglio papalina che s’oppo-

neva all’imperatore.

Da questo uomo d’arme discendeva dunque la frangia dei Rusconi, quella

emiliana (ne esiste anche una a Venezia) che si rifugiò all’ombra delle chia-

vi incrociate che ancora ornano la facciata di Palazzo d’Accursio. Alla fine del

1600 da Como, il figlio del Conte Domenico Rusconi, Carlo Antonio, detto

“Seniore”, venne a Bologna dando così origine al ramo bolognese che ci

appartiene.

Molti furono i personaggi della Casata Rusconi di gran rilievo: da Sant’Euti-

chio di Como, a Lamberto Vescovo di Milano nel 921. Nelle lotte tra Guelfi

e Ghibellini si crearono vari rami delle casate Rusconi che s’insediarono a

Como, Milano, Venezia, Ravenna. L’imperatore Federico Barbarossa nel 1159

nominò vari Podestà come Bernardo e Giovanni a Como. I Rusconi furono

poi sacerdoti, gonfalonieri, militari di alto grado, scrittori, poeti, valorosi eroi

e cardinali.

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Le origini del cognome “Rusconi”

Ebbero grandi proprietà terriere, ville, castelli, e manieri. In molti batterono

moneta propria in varie regioni di residenza. Tanti furono al servizio dei

papi, dei re, di imperatori stranieri: dal Barbarossa, come visto, a Napoleone

Bonaparte (Figure 1 e 2).

Si imparentarono, come conveniva, con altre casate creando nuove famiglie

nobili: Visconti, Sforza, Orange, Asburgo e altri. Molto importanti furono le

donazioni che mano mano la storia scorrendo lasciava a memoria del loro

passaggio nel territorio.

I Rusconi furono tuttavia pronti a servire il nuovo imperatore e re d’Italia

Napoleone I quando, nel 1811, l’anno prima di Waterloo, il grande corso

venne a completare le razzie già avviate con la prima campagna d’Italia.

Da rilevare, a proposito dei Bonaparte, che Napoleone III, il protagonista di

Solferino e Sedan, dalle carte da noi trovate, risulta esser stato ospite proprio

di un marchese Rusconi nella grande villa di Mezzolara di Budrio.

I conflitti europei

L’inizio della storia di questa Casata parte, come abbiamo visto, da Como,

città della Lombardia, all’estremità sud-ovest del lago omonimo. Patria di Pli-

nio il Vecchio, di Plinio il Giovane, di Paolo Giovio, di papa Innocenzo XI

(Odescalchi), di Alessandro Volta, di Sant’Elia, fondata dagli Insubri Orobi, fu

conquistata nel 196 dai Romani, i quali ne fecero una colonia che si chiamò

“Comum”.

Questa città del nord Italia formò politicamente la famiglia, le dette l’im-

printing, registrandone i membri tra le famiglie più importanti esistenti anco-

ra dopo l’epoca delle devastazioni dei Goti e degli Unni, quando Como

divenne possedimento longobardo.

In questo contesto si inserisce la nascita dello Stato Pontificio, ovvero l’in-

sieme dei domini territoriali soggetti alla sovranità del pontefice. Nei secoli

IV-VII, grazie a numerosi lasciti testamentari e a donazioni imperiali, si formò

una vasta proprietà fondiaria della chiesa romana chiamata “patrimonium

Sancti Petri”.

La mancanza di una autorità civile in Italia e la lontananza dell’imperatore

d’Oriente, fortificarono l’autonomia del papato che, soprattutto con papa

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Le origini del cognome “Rusconi”

FIGURA 1

Monete e sigilli Rusca Rusconi (Archivio Storico Rusconi di Pio Alberto Rusconi).

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Le origini del cognome “Rusconi”

FIGURA 2

Stampa antica raffigurante le case dei Rusconi a Castel Civiglio (CO) dall’Archivio

Pio Alberto Rusconi.

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Le origini del cognome “Rusconi”

Gregorio I Magno (590-604), si assunse la responsabilità amministrativa del-

l’Italia centrale.

In seguito i pontefici, sentendo il proprio potere minacciato dall’espansione

dei Longobardi, dalla loro conversione e dall’affermazione di una struttura

statale, si allearono con i Franchi.

Nel 754 papa Stefano III e Pipino il Breve, re dei Franchi, come vedremo

anche in seguito, stipularono un accordo (patto di Quierzy), secondo il quale

i Longobardi sconfitti dovevano cedere le terre dell’Esarcato e della Penta-

poli al Papa.

Dopo la discesa in Italia di Carlo Magno (774), al papa vennero ceduti i ter-

ritori dell’Emilia, della Tuscia, i ducati di Spoleto e Benevento, la Corsica, la

costa veneta fino all’Istria. Successivamente il potere papale venne indeboli-

to da una serie di fattori tra cui la diffusione del particolarismo feudale, l’e-

lezione diretta del papa da parte del popolo romano, le lotte tra le famiglie

patrizie.

Ottone I riaffermò allora l’autorità imperiale sui territori e sulla scelta del

papa stesso. Per riconquistare l’autonomia perduta i papi, nell’XI secolo, cer-

carono l’appoggio dei Normanni, cui papa Niccolò II infeudò l’Italia meri-

dionale (1059) e dell’autonoma formazione comunale dell’Italia centro-set-

tentrionale.

Innocenzo III a sua volta respinse ogni ingerenza imperiale sui territori della

Chiesa e si dedicò alla riorganizazione dello Stato. Ma l’autonomia comuna-

le e la nascita delle signorie costrinero i papi a rifugiarsi ad Avignone (1308-

77) mentre a Roma lo Stato Pontificio si disgregò sotto la proclamazione della

repubblica da parte di Cola di Rienzo.

L’iniziativa della ricostruzione fu del cardinale Albornoz che stabilì un cor-

pus legislativo unico per tutto lo Stato (1357) e costrinse le varie signorie,

con la diplomazia e con la guerra, a riconoscere l’autorità papale. Il ritorno

dei papi a Roma segnò l’inizio dello scisma d’occidente (1378-1417). Nella

nuova situazione di anarchia alcune signorie si affermarono in tutta la loro

potenza ed autonomia.

Solo con Martino V le signorie riconobbero, seppur formalmente, l’autorità

del papa. Nel XV secolo lo Stato Pontifico si affermò in Italia con una cre-

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Le origini del cognome “Rusconi”

scente autonomia e un solido prestigio. I maggiori papi del Rinascimento

vennero decisi dalle signorie più potenti che miravano in tal modo a rita-

gliarsi delle signorie ereditarie all’interno dello Stato Pontificio (Urbino,

Parma e Piacenza), oppure ad assumerne la gestione diretta, come Giulio II

(1503-13) che rese lo Stato Pontificio una forte signoria da Roma a Bologna.

Durante i secoli XVI-XVII lo Stato si ingrandì ulteriormente annettendo

Ravenna (1529), Ferrara (1598), Urbino (1631) e Castro (1649). I papi della

controriforma organizzarono lo Stato Pontificio secondo una linea assoluti-

stica e centralizzata sul modello delle grandi monarchie dell’epoca.

Soppresso da Napoleone (1809), lo Stato Pontificio tornò in auge nel 1815

col congresso di Vienna. Sconvolto dai moti risorgimentali, fu necessario l’in-

tervento austriaco per ristabilirvi l’ordine. L’azione riformistica di Pio IX non

impedì la crisi rivoluzionaria del 1848-49 che richiese nuovamente l’inter-

vento straniero, francese ed austriaco. Da quel momento il potere papale

dipese solo dalle congiunture politico-militari.

Nel 1859-60 la sconfitta austriaca nella valle padana e la necessità di ferma-

re Garibaldi che dal sud risaliva minacciando Roma, condussero alla perdita

di Emilia, Romagna, Marche e Umbria annesse al Piemonte. Lo Stato Pontifi-

cio conservò il Lazio, grazie al sostegno di Napoleone III.

Tuttavia nel 1870 le truppe italiane poterono entrare in Roma decretando

così la fine dello Stato Pontificio. Il papa non riconobbe l’occupazione

avviando così la «questione romana» che trovò soluzione solo grazie ai Patti

Lateranensi (1929) che restituirono alla sovranità pontificia il territorio della

Città del Vaticano.

Tornando ai Longobardi, questi erano un popolo di stirpe germanica, migra-

to dalle rive del Mare del Nord verso l’Europa meridionale nel IV secolo d.C.

Particolarmente bellicosi, nel 566-567 abbatterono i Gepidi sotto la guida di

Alboino. Nel 568 invasero l’Italia settentrionale e centrale, condotti da Alboi-

no, creando il primo regno longobardo con capitale Pavia, e causando la rot-

tura dell’unità politica italiana. Inoltre, l’ordinamento politico-amministrativo

romano fu completamente sovvertito dalla composizione del loro regno, sud-

diviso in ducati semiautonomi (Benevento, Friuli, Salerno).

Page 23: Notizie storiche della Casata Rusconi

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Le origini del cognome “Rusconi”

I Longobardi, fino alla promulgazione dell’editto di Rotari, si attennero alle

proprie consuetudini, tra cui la faida e il guidrigildo. Buona parte delle pro-

prietà terriere dei romani fu confiscata a favore dei nobili Longobardi. Ad

Alboino, ucciso nel 572, successero Clefi (572-74), Autari (584-90), primo

marito di Teodolinda; Agilulfo (590-615), secondo marito di Teodolinda, con-

vertitosi al cattolicesimo; Adaloaldo (615-25), Arioaldo (625-36), marito di

Gondeberga che, rimasta vedova, sposò Rotari, duca di Brescia.

Quest’ultimo fu eletto re e nel 645 promulgò il famoso Codice o Editto.

Seguirono Rodoaldo (652-53), Ariberto I (653-61), i cui due figli Godeberto

e Bertarido divisero il regno in senso longitudinale. Grimoaldo usurpò il

trono (662), ma Bertarido lo riconquistò nel 671 e regnò fino al 688 (dal 618

si associò il figlio Cuniperto).

Altri re dei Longobardi furono Astolfo e Desiderio: Astolfo (749-56) conqui-

stò Ravenna e minacciò Roma; in conseguenza di ciò il papa Stefano III, suc-

ceduto a Zaccaria (741-752, fu proclamato santo) chiamò in Italia i Franchi,

che scesero guidati da Pipino Desiderio, detto “Il Breve”, consolidando l’al-

leanza franco-papale.

A papa Zaccaria successe in verità il sacerdote romano Stefano che però morì

tre giorni prima di essere stato consacrato vescovo. Si elesse perciò un dia-

cono romano dello stesso nome. Durante il pontificato di Stefano III il con-

trasto con i Longobardi divenne più cruento. Nel 752, il loro re Astolfo diede

a Roma l’ultimatum per ottenere un riconoscimento della propria autorità. Il

papa chiese aiuto a Pipino chiedendo di essere accolto nel regno dei Fran-

chi. Il re approvò la richiesta e nell’ottobre del 753 Stefano partì da Roma.

Questo viaggiò nel territorio dei Franchi fu il primo viaggio di un papa in

Occidente. A Quierzy, nei presi di Laon, nella Pasqua del 754, venne stipu-

lato un patto di amicizia fra papato e regno dei Franchi. Pipino il breve

elencò al papa i territori da togliere ai Longobardi. Erano le basi per la costi-

tuzione dello Stato della Chiesa. Stefano consacrò Pipino e i suoi figli, Carlo

e Carlomanno, re dei Franchi conferendo al re dei Franchi il titolo di Patri-

cius Romanorum. Significava l’affidamento del protettorato su Roma e sulla

chiesa occidentale.

Nelle campagne militari del 754 e del 756 Pipino sconfisse Astolfo e diede al

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Le origini del cognome “Rusconi”

papato le terre conquistate che comprendevano il Ducato di Roma, l’esarca-

to di Ravenna e la Pentapoli. Con ogni probabilità venne scritto in questo

periodo il documento pontificio, tramandato dalla storia come “donazione di

Costantino”, secondo il quale l’imperatore avrebbe scritto questo documen-

to indirizzato a papa Silvestro I e gli avrebbe regalato Roma e tutto l’Occi-

dente. Della donazione di Costantino si avvalsero i papi a sostegno delle loro

pretese temporali, finché il cardinale Niccolò Cusano e Lorenzo Valla ne

dimostrarono la falsificazione avvenuta nell’VIII secolo.

Desiderio fu l’ultimo fu l’ultimo re dei Longobardi (756-74), insieme al figlio

Adelchi. Nel 774 Carlo Magno si proclamò infine re dei Longobardi, divi-

dendo in contee il nuovo regno.

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IL BARBAROSSA

E I GHIBELLINI

CAPITOLO 2

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Il Barbarossa

e i Ghibellini

IRusca scelsero lo stendardo del Barbarossa, sebbene qualche membro

della famiglia fosse a Milano. Prova ne è il fatto che pur non esisten-

do prove sufficienti per attribuire al Casato addirittura un santo,

SANT’EUTICHIO, morto nel 539, e GIOVANNI, entrambi Vescovi di Como,

è forse vero che LAMBERTO fu Arcivescovo di Milano dal 921 al 932. E sicu-

ramente questi nomi dimostrano l’esistenza della famiglia Rusca prima del-

l’avvento del Mille.

La famiglia sopravvisse agli incalzanti avvenimenti che travolsero l’Italia dalla

caduta dell’Impero Romano, ed alle confische longobarde nonostante le

vicissitudini del tempo. Como fu completamente distrutta dai lombardi, allea-

tasi al Barbarossa contro Milano, ed i Rusca, s’allearono all’imperatore diven-

tando fedeli Ghibellini, per restare tali fin sotto i Visconti e gli Sforza.

I Guelfi e i Ghibellini erano fazioni politiche medievali, nate in Germania

nel XII secolo e poi diffuse in Italia nei due secoli successivi. I nomi deri-

vavano da quello tedesco dei Welfen, Guelfi, che sosteneva la casa di

Baviera e di Sassonia nella lotta al trono imperiale contro i duchi di Svevia,

ai quali apparteneva il castello di Weiblingen (italianizzato in Guaibelinga,

da cui Ghibellini).

Questi nomi si diffusero in Italia e vennero inizialmente a designare le due

fazioni politiche dei sostenitori del papato (Guelfi) e dell’imperatore (Ghi-

bellini), distinzione molto spesso fittizia, a copertura di più ristretti interessi

politici di singole famiglie all’interno dei vari Comuni.

Federico I Barbarossa (Weiblingen 1122 - fiume Salef, in Cilicia 1190) impe-

ratore del Sacro Romano Impero dal 1152 al 1190, condottiero che fece la

fortuna dei Rusca, varò un programma politico consistente nel rafforzamen-

to dell’autorità imperiale, sia nei confronti dei grandi feudatari tedeschi,

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Il Barbarossa e i Ghibellini

schierati in Guelfi, come Enrico il Leone, e in Ghibellini, sia dei Comuni ita-

liani e del papato.

In Italia, Barbarossa con la prima dieta di Roncaglia (dicembre 1154), rista-

bilì i rapporti con i Comuni, che avevano acquisito sempre maggiore auto-

nomia giurisdizionale, recuperando i diritti usurpati (iura regalia). Molti con-

sensi, tuttavia, ricevette in Italia, e fu incoronato re di Italia a Monza, il 17

aprile 1155. È in questo contesto che s’inserisce la vita, e la morte, di alcuni

Rusca dell’originale casato comasco.

EQUITANIO, fu ucciso nel 1125 in un duello svoltosi durante la guerra che

combatterono per dieci anni i comaschi contro i milanesi. Fu annoverato fra

i più cospicui cittadini morti in quella guerra.

LAMBERTO, valoroso capitano dei comaschi; morì in guerra intorno al 1127.

BERNARDO, Podestà di Como. Nel marzo del 1159 ottenne un riconosci-

mento ufficiale dall’Imperatore Federico Barbarossa.

ADAMO, fratello del già citato Bernardo. Monaco dell’ordine dei Benedettini,

nel 1173 fu Abate di Sant’Abbondio e regalò dei terreni a quel monastero.

RUSCA DE’ RUSCONI, figlio di GIOVANNI, fu chiamato di Bellinzona, forse

perché era nato in quella città quando, probabilmente, vi si era rifugiata la

famiglia durante un periodo tumultuoso in patria. Questo personaggio favorì

la discesa in Italia dell’esercito imperiale. Nel 1176 aprì il passaggio delle Alpi

quando venne per combattere, unito ai comaschi, la Lega Lombarda.

I rapporti tra imperatore e papato s’incrinarono presto per la questione del

prevalere del potere temporale dei papi su quello spirituale. Con la seconda

dieta di Roncaglia (novembre 1158) fu imposta ai Comuni la restituzione dei

diritti regi e l’insediamento di un podestà imperiale, che li facesse rispettare.

Ma presto i principali Comuni insorsero, non volendo sottostare alle imposi-

zioni dei funzionari imperiali tedeschi. Costretto a intervenire con un impo-

nente esercito, Federico distrusse le città ribelli, come Crema (1160) e Mila-

Page 29: Notizie storiche della Casata Rusconi

29

Il Barbarossa e i Ghibellini

no (1162), dopo un assedio di due anni; altre, come Pavia e Como, accetta-

rono i voleri dell’imperatore.

Ancora una volta emerse la fedeltà delle famiglie ghibelline comasche, tra le

quali i Rusconi, nonostante gli avvenimenti precipitassero creando il para-

dosso dei due papati.

Lo scontro con il papato si era inasprito con il nuovo papa Alessandro III,

cui l’imperatore preferì l’antipapa Vittore IV, provocando uno scisma. Ales-

sandro III (1159-1181, sepolto a Roma nella Basilica Lateranense), al secolo

Rolando Bandinelli, senese, fu eletto papa il 7 settembre 1159 e prese il

posto dell’inglese Adriano IV che prima di morire firmò ad Agnani un patto

con la Lega delle città lombarde promettendo di scomunicare l’imperatore.

Ciò anche se in precedenza Adriano IV aveva incoronato Federico Barba-

rossa a Roma, in San Pietro, imperatore.

A seguito dell’incoronazione, dato che il Barbarossa non era in grado di

sostenere una spedizione militare contro i Normanni, Adriano IV si occupò

personalmente delle operazioni di guerra. Ma dopo qualche successo inizia-

le, il papa subì una grave sconfitta e nel giugno del 1156 fu costretto a fir-

mare il trattato di Benevento con il normanno Guglielmo I il Malo, a cui con-

ferì dignità regia.

Nella dieta di Bencon (1157) scoppiò una lite in merito ai rapporti tra papa

e impero; il legato pontificio Rolando Bandinelli (futuro Alessandro III)

mandò al cancelliere imperiale Rinaldo di Dassel, un documento che prove-

niva da Roma. Nella carta era scritta la qualifica “beneficium” per il titolo

imperiale conferito a Federico da parte del pontefice durante l’incoronazio-

ne. Ronaldo aveva giustamente tradotto la parola beneficium in “feudo” e

non in “concessione” il che suscitò un putiferio.

Un altro conflitto tra papa e imperatore si verificò durante la dieta di Ronca-

glia (1158), quando Federico, forte di una carta dei diritti sovrani imperiali,

ebbe la pretesa di ottenere da Roma le stesse condizioni che avevano avuto

Carlo Magno e gli Ottoni. Iniziarono lunghe trattative che però non portaro-

no a nulla di buono e portarono invece, come detto, alla firma di Anagni.

Tornando ad Alessandro III la sua elezione fu non poco contrastata. La mag-

gioranza, che aveva approvato la politica di Adriano IV, spinse al trono ponti-

Page 30: Notizie storiche della Casata Rusconi

30

Il Barbarossa e i Ghibellini

ficio il cardinale Rolando Bandinelli, ma prima della sua consacrazione una

minoranza filoimperiale favorì invece l’elezione a futuro papa il cardinale Otta-

viano che si fece chiamare Vittore IV. E quando i sostenitori del Bandinelli vol-

lero mettergli sulle spalle il piviale, Ottaviano e i suoi seguaci interruppero la

cerimonia strappando il manto papale. Come già successo nel 1130 il mondo

cristiano si trovò così a dover scegliere quale fosse il papa legittimo.

La prima mossa di Alessandro fu allora di scomunicare il “collega” e antipa-

pa Vittore. L’imperatore, come si suol dire, colse la palla al balzo e con il pre-

testo dei brogli, che avevano caratterizzato l’elezione, diede la sua disponi-

bilità in qualità di mediatore tra le fazioni in lotta. Ma Alessandro lanciò la

scomunica contro Federico Barbarossa perché l’imperatore non aveva nes-

sun diritto di giudicare un pontefice.

Nel 1160 si convocò un Sinodo a Pavia, con l’intento di assemblea dell’intera cri-

stianità. Il Sinodo decise a favore di Vittore scomunicando Alessandro. I cister-

censi dell’abbazia di Citeaux si schierarono a favore dI Alessandro, mentre Cluny

appoggiò Vittore. Nell’aprile del 1164, quando morì Vittore, Rinaldo di Dassel

nominò come successore Pasquale III, cui seguiranno altri antipapi. L’epoca sto-

rica di Alessandro fu perciò un periodo caratterizzato da scismi con la differen-

za, rispetto ai precedenti, che nessun Papa poté risiedere a lungo a Roma.

I Comuni si schierarono apertamente con Alessandro III, simbolo della lotta

contro l’imperatore, e formarono leghe antimperiali (Lega veronese 1164,

Lega cremonese 1167), confluite nella fondazione della Lega Lombarda,

dopo il Giuramento di Pontida (7 aprile 1167).

Le tensioni in Italia costrinsero Alessandro III a trovar rifugio in Francia, ma

durante il suo “esilio” si verificò un mutamento di umori nell’opinione pubbli-

ca. Fu invocato il suo ritorno e poté rientrare in città il 6 novembre del 1165.

Nell’autunno del 1167 il Barbarossa scese per la quarta volta in Italia e con-

quistò Venezia. Alessandro, nel mentre, si mise al sicuro a Benevento, ma

una epidemia di peste scoppiò tra le fila dell’esercito di Federico (ne fu vit-

tima anche Rinaldo di Dassel) che costrinse l’imperatore a ritirarsi. In Ger-

mania, intanto, si era scatenato un conflitto con Enrico di Baviera, che

impedì una nuova discesa di Federico in Italia fino al 1174. La Lega lombar-

da, fusa con la Lega veronese, costruì la piazzaforte di Alessandria per con-

Page 31: Notizie storiche della Casata Rusconi

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Il Barbarossa e i Ghibellini

trapporsi al più fedele sostenitore dell’imperatore, il marchese del Monferra-

to. Quando Federico ritornò con l’esercito, nel 1174, fallì l’assedio di Ales-

sandria, non riuscì a realizzare accordi diplomatici (Montebello 1175) e,

senza gli aiuti di Enrico il Leone dalla Germania, perse clamorosamente

anche lo scontro di Legnano (29 maggio 1176).

Le città della Lega lombarda inflissero all’esercito imperiale una pesante

sconfitta, e il Barbarossa decise di lasciar perdere l’antipapa per arrivare ad

una riconciliazione con Alessandro. Così nella pace di Venezia (21 luglio

1177) Barbarossa riconobbe, senza nessuna riserva, Alessandro come papa

legittimo e a sua volta venne prosciolto dalla scomunica. E dopo una tregua

di sei anni, con la pace di Costanza (25 giugno 1183) accettava le libertà

comunali, pur concedendole come un privilegio imperiale. Un membro della

famiglia Rusca di Como diventò un personaggio chiave di questa politica.

Nella Sala Regia del Vaticano un affresco di Vasari raffigura la scena della

riconciliazione fra papa e l’imperatore di fronte alla basilica di san Marco alla

presenza del Doge. Si può osservare Alessandro III che appoggia orgoglioso

il suo piede sul collo del Barbarossa. Si racconta che in quell’occasione il

papa avrebbe detto: “Calpesterò il serpente, come pure il leone e il drago!”.

L’esperienza dello scisma servì ad Alesandro III che nel Concilio Lateranense

del 1179 ratificò la pace di Venezia e deliberò la norma in base a cui, da allo-

ra in avanti, l’eletto doveva avere il consenso, come papa, dai due terzi dei

cardinali votanti. Questa disciplina dell’elezione papale è tuttora in vigore.

GIOVANNI, Console di Como dal 1128 (gli Annali di Padova, nel 1162, lo

danno Pretore di quella città; nel 1194, in una pergamena del Museo Diplo-

matico di Milano, è chiamato Podestà milanese) nel settembre del 1196 firmò

un trattato di pace coi milanesi a seguito di controversie territoriali. Fu di

nuovo Console del Comune lombardo nel 1198, e andò a Milano a stipulare

una convenzione. Stilò la pace fra Lodi e Milano, e ratificò, per parte dei

milanesi, l’alleanza con i Marchesi di Monferrato.

L’anno seguente, essendo Podestà di Milano, scrisse a papa Innocenzo III

raccomandandogli, a nome di quella città, che confermasse Ottone di Bavie-

ra “Re dei Romani”. Papa Innocenzo III (1160/1161 – 1216, sepolto a Roma

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Il Barbarossa e i Ghibellini

nella Basilica Lateranense), al secolo Lotario dei Conti di Segni, fu eletto papa

l’8 gennaio del 1198. Fu uno dei papi più illustri che vanti la Chiesa da lui

portata a potenza internazionale mediante una vasta azione religiosa e poli-

tica. A Bologna era stato allievo del famoso canonista Uguccione e a Parigi

del teologo Pietro di Corbeil. Lavoratore tenace, con uno spiccato senso

dello humor, si dimostrò uomo molto intelligente rispetto agli uomini di

quell’epoca. Tuttavia il suo Pontificato manifestò, probabilmente come nes-

sun altro, la debolezza e la forza del papato come situazione di potere. La

forza stava nella formulazione della dottrina cristiana, la debolezza nell’at-

tuazione della dottrina stessa. Quando non era ancora papa si mise a ristrut-

turare l’intera Curia romana, estirpando parassiti e scansafatiche, e raziona-

lizzando al meglio l’intera organizzazione ecclesiastica.

Si sentiva in tutto e per tutto il rappresentante di Cristo in terra, inferiore a Dio,

ma superiore agli uomini. Per conseguenza si sentì giudice delle vicende euro-

pee, cambiando il papato in una potenza leader. All’inizio del suo pontificato

iniziò a riprendere i territori ingiustamente espropriati allo Stato Pontificio: il

ducato di Spoleto, e la marca di Ancona furono reinseriti nelle competenze

ecclesiastiche. Nel 1201, alla morte di Enrico VI, la Germania doveva sceglie-

re il suo successore e Innocenzo III si dichiarò a favore di Ottone di Brun-

swick. Dopo l’assassinio di Filippo di Svevia, Ottone fu riconosciuto da tutti

come candidato alla successione imperiale e così fu. Innocenzo III nel 1209 lo

incoronò a Roma. Ma Ottone nel 1210, contravvenendo ad una politica in pra-

tica concordata, si preparò ad attaccare il regno di Sicilia di Federico II, che

godeva della tutela papalina, e Innocenzo lanciò la scomunica contro l’impe-

ratore. Ottone fu deposto e sostituito con Federico II, riconosciuto dai princi-

pi tedeschi nel 1215. Con tale atteggiamento il papa contribuì però a causare

il rischio di una unificazione del regno di Sicilia con l’impero, anche se obbligò

Costanza, regina di Sicilia a riconoscere la sovranità pontificia.

Un grande merito di Innocenzo III fu l’aver accolto le idee di povertà di san

Francesco e san Domenico in un periodo in cui il mondo ecclesiale era con-

trario ad accettarle. Giotto, nella chiesa superiore di San Francesco di Assisi,

ha rappresentato il poverello che appare in sogno al papa nell’atto di soste-

nere sulle spalle la Basilica del Laterano in procinto di crollare.

Page 33: Notizie storiche della Casata Rusconi

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Il Barbarossa e i Ghibellini

Ma la grande aspirazione di Innocenzo III fu quella delle crociate. Nel 1204

la quarta crociata, della quale i veneziani approfittarono per scopi politico-

commerciali, portò la conquista di Costantinopoli. Dopo il saccheggio e la

devastazione della città si volle instaurare un impero latino con una impo-

stazione ecclesiastica. La cosa però contribuì a peggiorare ulteriormente i

rapporti tra Oriente e Occidente. Tuttavia Innocenzo III approvò l’unifica-

zione della chiesa romana con quella greca. Fu in questo contesto che a

Venezia arrivarono da Costantinopoli i celebri cavalli di bronzo che si trova-

no sulla facciata della Basilica di San Marco.

Fu la crociata nel 1208 avviata contro gli Albigesi che danneggiò non poco

il prestigio del papato e rappresentò una pesante contraddizione con l’aper-

tura verso gli ordini religiosi ispirati alla povertà e alla questua.

Il top del pontificato Innocenzo III lo raggiunse con il quarto Concilio Late-

ranense nel 1215. Si trattò del primo Concilio universale dell’Occidente

medioevale e i temi proposti furono principalmente due: le crociate e le rifor-

me della Chiesa. Fu proibita la fondazione di nuovi ordini religiosi e si fissò

l’obbligo della confessione e della comunione almeno una volta l’anno. Inno-

cenzo III morì all’età di 56 anni.

Un altro Rusca, ADAMO, Podestà di Como nel 1191, resse la repubblica al

posto dei Consoli. La riappacificazione tra Como e Milano, o almeno una tre-

gua in quello che era stato un secolo di guerra feroce, si rispecchia ancora

una volta nella vita e nelle cariche di alcuni membri della famiglia Rusconi.

GIOVANNI, Console di giustizia ratificò nell’aprile 1201 il trattato di pace fra

Como e Bormio, e nel marzo 1202 pronunciò la sentenza, in merito ad una

controversia giurisdizionale, fra il Capitolo della Metropolitana di Milano e la

città di Como. Nel 1221 fu testimone della conferma degli antichi privilegi

imperiali concessi a Como, fatti dal Gran Cancelliere dell’Impero (Figura 3).

Una investitura lo dice figlio di Lotterio. Fu Podestà di Padova nel 1218 e nel

1222, ed è molto lodato nelle cronache di quella città. Nel 1221 fu Podestà

di Ferrara per la seconda volta. La famiglia iniziava a spostarsi, prestando i

suoi membri alla politica di unificazione della storia italiana.

Page 34: Notizie storiche della Casata Rusconi

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Il Barbarossa e i Ghibellini

FIGURA 3

Antica stampa del 1220 raffigurante la città di Como, “antico dominio dei Rusconi”

(tratta da: ALBERTO PIO RUSCONI, “Memorie storiche della casata Rusca Rusconi”).

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Il Barbarossa e i Ghibellini

GIACOMO, giurò la concordia stipulata nel 1219 fra Como e il Vescovo di

Coira.

LOTTERIO, ossia LOTTARIO figlio di un altro LOTTERIO Console del

Comune di Como trattò con i milanesi una cessione di territorio nel 1197: fu

Podestà di Chiavenna attorno al 1215. Andò Legato ed Ambasciatore in Val-

tellina per la sua patria nel 1220, mentre l’anno prima era stato Podestà di

Como.

Un certo Rusca GUAGINA, GUAZZA GAVAZZA o GUAITA o GUATINA, fu

Podestà di Milano nel 1226 e nel 1238. Nel 1226 andò a Piacenza a placare

le discordie insorte fra nobili e plebei, e riformò il governo di quella città.

REMEDIO, nel 1234 Podestà di Genova eseguì felicemente alcune spedizio-

ni militari.

NICOLÒ, figlio di GIOVANNI, come ambasciatore e consigliere dei Sindaci

di Como giurò la pace coi milanesi nel 1219; mentre lo si trova testimone di

un atto importante nel 1220.

GIOVANNI e PIETRO figli di LANFRANCO nel maggio 1283 furono testi-

moni dell’atto di sottomissione che i comaschi fecero a Rodolfo d’Asburgo,

re dei Romani. Si cambiava bandiera, ma non indirizzo politico.

Rodolfo I d’Asburgo, (1218-1291), primogenito del conte Alberto IV d’Asbur-

go (nel 1273, eletto re dei Romani, incoronato ad Aquisgrana), riorganizzò

l’amministrazione, moderò i feudatari, ottenne la sottomissione di Ottocaro II

re di Boemia, e quando questi nuovamente si ribellò lo vinse e uccise a

Dürnkrut.

Con altre guerre vittoriose si impossessò di importanti territori in Germania

e fondò su solide basi la potenza della sua Casata, alla quale tentò di legare

ereditariamente la Corona di Germania. Alcuni Rusconi rivestirono cariche

importanti in questo contesto.

Page 36: Notizie storiche della Casata Rusconi

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Il Barbarossa e i Ghibellini

GIACOMO, fu podestà di Novara nel gennaio 1281, nel dicembre 1282 e nel

1314; Podestà di Milano nel settembre 1323. BELLOSSO, fu uno dei quattro

Podestà di Como nel luglio 1292, carica cui si contrapponeva quella di Capi-

tano del popolo, che nei Comuni italiani del Medio Evo, erano il sinonimo

del magistrato che rappresentava e capeggiava le corporazioni popolari.

Tale carica fu istituita a tutela delle libertà democratiche al fine di bilanciare

il potere del podestà, anch’esso elettivo, che in genere favoriva eccessiva-

mente i nobili o l’alta borghesia.

Ancora oggi a Como vi è una via dedicata alla famiglia Rusconi, che deve il

nome alla famiglia capofila della fazione ghibellina della città, risultata alla

fine trionfante sull’opposta parte guelfa capeggiata dai Vittani. I Rusconi

acquisirono quindi nel corso del Trecento una sorta di signoria sulla città,

ceduta nel 1335 all’ormai soverchiante potenza milanese dei Visconti. Anche

dopo di allora, comunque, la famiglia comasca mantenne un ruolo centrale

nella vita politica e sociale del capoluogo lariano, nonché nel contesto cul-

turale, come dimostra l’elegantissima e aggiornata ricostruzione del palazzo

familiare, eseguita nel 1514 in stile rinascimentale.

Anche nei secoli più recenti i Rusconi si distinsero per l’operato di una nutri-

ta serie di religiosi, giureconsulti e intellettuali.

Come la contrada intitolata agli storici rivali Vittani, quella dei Rusconi risul-

ta una delle più antiche e stabili denominazioni toponomastiche del centro

cittadino, attestata fin da Benedetto Giovio (B. GIOVIO, “Historie patriae

libri duo”, pag. 230). Non esistono quindi dizioni alternative, se non un’o-

scura annotazione nella visita fiscale del 1560 che asserisce che la Torrazza

“guarda nella contrada di S.ta Margarita ossia nella contrada di Rusconi”.

La fama della contrada impedì anche il sorgere di eventuali toponimi mino-

ri, nonostante l’esistenza in zona di alcune osterie abbastanza note.

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TRA SIGNORIA

E PAPATO

CAPITOLO 3

Page 38: Notizie storiche della Casata Rusconi
Page 39: Notizie storiche della Casata Rusconi

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Tra Signoria e Papato

In quel tempo l’Italia passò decisamente ad un cambiamento di assetto

territoriale di grande importanza. Nacque la Signoria, forma di organiz-

zazione statale, che dominò in Italia nell’ultimo periodo del Medio Evo,

continuazione logica dell’aspetto che avevano assunto i Comuni. L’età delle

Signorie (poi divenute Principati) fu una età di transizione fra il medioevo e

l’evo moderno, compresa tra la fine del 1200 e il 1450, passaggio accompa-

gnato dalla decadenza delle due massime istituzioni medioevali: l’impero e

il papato.

In questo periodo inoltre si consolidano i due aspetti più rovinosi della poli-

tica italiana, che impedirono all’Italia di costituirsi in forte monarchia nazio-

nale, come sarebbe avvenuto, per esempio, in Francia: il formarsi di tanti sta-

terelli comunali ostili gli uni agli altri e la conseguente mancanza di uno Stato

italiano abbastanza forte da potersi opporre validamente a una eventuale

coalizione degli altri. La Signoria nasce da un’interna evoluzione del Comu-

ne, dal grande sviluppo delle industrie e dei commerci, si crea dalla gradua-

le sostituzione delle milizie comunali con milizie mercenarie, dal prestigio

dei capitani di ventura, condottieri di queste milizie.

Il termine Signoria indica a Firenze, già nel 1300, il Governo, il potere ese-

cutivo; signori di Firenze sono i Priori delle Arti; a Venezia i rappresentan-

ti di quella ricca classe di commercianti vengono detti signori. Ma la Signo-

ria vera e propria, con le sue caratteristiche particolari, ebbe inizio, si può

dire, a Milano, dove già Napo della Torre e poi Matteo Visconti si erano

fatti nominare vicari imperiali. Con l’affermarsi di una casata, nel dominio

di una regione, si ha la trasformazione della Signoria a carattere meno sta-

bile, in Principato.

Tra il 1300 ed il 1500 la gens Rusconi è presente nella storia patria con uomi-

ni politici, d’arme e di fede così che si può stilare una galleria di famiglia di

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Tra Signoria e Papato

tutto rispetto, vicina ai grandi avvenimenti che portano alla definizione di

uno stato italiano:

ALBERTO, è Podestà di Milano nel 1341 e di Piacenza nel 1356.

RODOLFO, nel 1316 fu Podestà di Chiavenna.

LOTTARIO, dell’Ordine dei Padri Predicatori, fu Vicario Generale della Dio-

cesi di Como con ampie facoltà attorno al 1330.

GASPARE, Canonico della Cattedrale di Como fu eletto dal Capitolo in eco-

nomo e conservatore dei beni della Chiesa comasca nel 1361. Tutta una serie

di Canonici della Cattedrale di Como testimonierà con la loro fede la pre-

senza di questa famiglia anche nelle cose spirituali.

Gian Galeazzo Visconti, duca di Milano (Pavia,1351-Melegnano, 1402): figlio

di Galeazzo II Visconti, sposò nel 1361 Isabella di Valois, che gli portò in

dote la contea di Vertus (per cui, in Italia, fu chiamato conte di Virtù). Mor-

togli il padre (1378), che teneva di fatto la signoria di Milano, riunì salda-

mente nelle proprie mani tutti i domini viscontei, sbarazzandosi dello zio

Bernabò e dei suoi figli (1385).

Con guerre e con intrighi estese i suoi domini fuori del milanese: riuscì ad

impadronirsi di Verona e Vicenza, scacciandone gli Scaligeri (1387), poi di

Padova, Feltre e Belluno, scacciandone i da Carrara (1388). Sbaragliò una

forte coalizione di principi e di città (1389-92), perdendo solo pochi terri-

tori. Ottenne dall’Imperatore regolare investitura del ducato di Milano

(1395) e delle contee di Anghiera e di Pavia (1396). Con un successivo

diploma del 1397, si fece concedere anche il titolo di duca di Lombardia.

Acquistò Pisa e la Lunigiana (1398), occupò Perugia, altre città umbre

(1400) e Bologna (1402). Morì di peste prima di poter coronare il suo

sogno di riunificazione dell’Italia settentrionale e centrale sotto il proprio

regno. Favorì le lettere e le arti, facendo costruire alcune chiese, la Certo-

sa di Pavia e il Duomo di Milano.

Page 41: Notizie storiche della Casata Rusconi

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Tra Signoria e Papato

Saranno canonici:

GERARDO nel 1240, MICHELE nel 1251, NICOLÒ nel 1316, AIROLDO circa

il 1352, BELTRAMO circa l’anno suddetto, PIETRO nel 1353, GIACOMO nel

1440, ANTONIO nel 1529, GIULIO nel 1530, GIACOMO nel 1638.

GIOVANNI, prevosto della Collegiata di S. Fedele in Como fu uno dei Pre-

lati che intervennero vivamente al Concilio di Basilea attorno al 1432.

L’Italia sarebbe stata presto interessata ad un’altra sanguinosa guerra.

Carlo V, re di Spagna, Napoli e Sicilia, principe dei Paesi Bassi (Gand 1500 -

San Jèromine de Yuste 1558); figlio dell’arciduca d’Austria Filippo il Bello

d’Asburgo e di Giovanna la Pazza, figlia di Ferdinando il Cattolico, ereditò

da questa i diritti sulla corona di Spagna.

Nel 1516 divenne re di Spagna (col nome di Carlo I), di Sardegna, Sicilia e

Napoli. Fin dal 1506 aveva ereditato la signoria dei Paesi Bassi. Nel 1519

ereditò dal padre i domini della Casa d’Austria e il titolo di re di Germania

e dei Romani. Nel 1521 iniziò la lunga contesa, per il predominio in Euro-

pa, fra Carlo e Francesco I re di Francia, lotta che diede luogo a quattro

guerre successive.

La prima di queste (1521-25) finì con la sconfitta di Francesco I, che fu fatto

prigioniero a Pavia; la seconda (1526-29) fu pure vinta da Carlo sui France-

si, collegati coi principi italiani e col Papa, e si concluse con l’apoteosi di

Carlo, incoronato a Bologna nel 1530 re d’Italia e imperatore.

Nel frattempo vi era stato il “sacco” di Roma (1527), quando i Lanzichecchi

occuparono la città saccheggiandola, ed era caduta la repubblica di Firenze.

Fra il 1530 e il 1535, Carlo guerreggiò contro i Barbareschi, a cui prese Tuni-

si, e contro i Turchi. Seguì la terza guerra contro Francesco I (1535-38), per

la successione del ducato di Milano e il dominio sull’Italia, che si concluse

con la vittoria dei Francesi. La quarta guerra (1542-44), caratterizzata dall’in-

tervento dei turchi a fianco dei francesi, terminò con la pace di Crepy.

Carlo lottò contro i Luterani, che nel 1530 provocarono la protesta di Augu-

sta e, nel 1546, batté a Mühlberg la Lega di Smalcalda; ma nel 1555, con la

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Tra Signoria e Papato

Pace di Augusta, dovette forzatamente rinunciare al consolidamento dell’au-

torità imperiale in Germania. Nel 1552, Carlo riprese la guerra contro la Fran-

cia, dove regnava Enrico II, successore di Francesco I; questa guerra finì nel

1556 con l’esclusione del re di Francia dall’Italia.

Nello stesso anno abdicò, lasciando al figlio Filippo II il regno di Spagna e

i possedimenti in Italia e nelle Fiandre, e designando alla successione

imperiale (domini germanici) il fratello Ferdinando. Si ritirò quindi nel con-

vento di S. Giusto, nell’Estremadura, dove trascorse gli ultimi due anni della

sua vita.

Fu alla Bicocca, località presso Niguarda, frazione di Milano, dove, il 27 apri-

le 1522, gli imperiali, al comando di Prospero Colonna, sconfissero i france-

si, capitanati dal comandante De Foix Lautrec che un Rusca, come vedremo,

rischiò di distruggere la casata.

Il principe Prospero Colonna, figlio di Antonio principe di Salerno, era uno

dei più famosi capitani del suo tempo (Lanuvio 1452-Milano 1523). Partecipò

ardentemente alle lotte della sua famiglia contro gli Orsini, combattè nella

guerra di Ferrara (1482-84) contro gli Stati della Chiesa. Dopo la rivolta di

Aquila e la congiura dei baroni, combatté contro Ferdinando I d’Aragona

(1485-86) parteggiando per Innocenzo VIII (1432- 1492).

Innocenzo VIII, ovvero Giovanni Battista Cybo, genovese, fu eletto Papa il

29 agosto del 1484 ed è sepolto a Roma in San Pietro. Morto il suo prede-

cessore, Sisto IV, a Roma si verificarono disordini, saccheggi, e combattimenti

in mezzo alle strade. Nel conclave, vista l’impossibilità di essere eletto, Giu-

liano della Rovere riuscì a imporre l’elezione del cardinale Giovanni Battista

Cybo, vescovo di Molfetta, che era completamente suo succube.

E già all’inizio del pontificato Innocenzo VIII diede il via ai processi con-

tro le streghe con la bolla “Summis desiderantes”, che prevedeva gravi

pene ecclesiastiche anche per chi si fosse opposto alla guerra contro le

presunte fattucchiere. La bolla fu poi interpretata in maniera diversa in

molti luoghi e le contraddizioni non mancarono. A Bressanone il vescovo

Georg Golser, e così come lui i due inquisitori di Colonia, Sprenger e Insti-

toris, nel 1487 pubblicarono il libro “Malleus maleficarum” (tradotto “Il

martello delle streghe”), un prontuario della stregoneria, e sui connessi

Page 43: Notizie storiche della Casata Rusconi

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Tra Signoria e Papato

processi. In Germania i roghi mieterono tante vittime per oltre due secoli

e mezzo.

Sotto Innocenzo VIII le finanze papali (l’amministratore della Curia era un

corrotto) erano ridotte così male che si dovette dare in pegno la stessa tiara

e una parte del tesoro pontificio. Il Papa aveva anche un figlio e una figlia a

cui si dedicava con maggiore attenzione e cura di quanto facesse con la sua

carica. Tanto che organizzò in Vaticano le nozze del suo figlio legittimo Fran-

ceschetto con Maddalena figlia del suo alleato Lorenzo de’ Medici. In segno

di gratitudine a Lorenzo il papa nominò Cardinale il tredicenne Giovanni,

figlio di Lorenzo e futuro papa Leone X.

Innocenzo VIII fu poi il primo papa ad intrattenere rapporti con la “Sublime

Porta”. Il principe Gen, sconfitto nella faida contro il fratello il sultano

Bàyazìd, fuggì a Rodi dai cavalieri di San Giovanni. In seguito fu trasferito in

Francia e infine a Roma dove rimase imprigionato, dietro cospicuo compen-

so in danaro di Bàyazìd, in Vaticano fin quasi alla morte. Il Sultano tra l’altro

gli regalò un frammento della “Santa lancia”, frammento che si può osserva-

re nella mano del papa nel monumento funebre scolpito dal Pollaiolo.

Il principe Prospero Colonna fu poi con Carlo VIII, alla conquista di Napoli

(1494), ma in seguito aiutò Ferdinando II d’Aragona nella riconquista del

Regno e fu nominato Gran Conestabile. Col consenso del re di Napoli passò

quindi al servizio della Spagna e militò con Consalvo de Cordova. Insieme

al cugino Fabrizio scelse e addestrò i tredici Italiani della Disfida di Barletta

(1503). Dieci anni dopo decise le sorti della battaglia di Creazzo combatten-

do contro Venezia nella guerra per la Lega di Blois.

Nel 1515 Prospero Colonna, Capitano generale delle truppe di Massimiliano

II Sforza, lottò per impedire a Francesco I la conquista del Milanese, ma fu

fatto prigioniero presso Saluzzo. Liberato, ebbe da Carlo V il comando gene-

rale dell’esercito imperiale in Italia, cacciò i Francesi da Milano battendoli,

dicevamo, alla Bicocca (1522) costringendoli a sgombrare anche da Genova.

GIOVANNI TOMMASO figlio di ANTONIO RUSCONI, membro del Collegio

dei nobili Giureconsulti di Como, nel 1515 fu deputato per la patria a dare

omaggio al re di Francia Francesco I. Servì poi come uditore Odetto di Lau-

trec, comandante prima armata francese in Italia, e con lui andò in Francia

Page 44: Notizie storiche della Casata Rusconi

44

Tra Signoria e Papato

nel 1522 dopo la disfatta della Bicocca. Perdonato da Francesco Sforza, tornò

in Italia nel 1525. Servì da Uditore Carlo Duca di Borbone. Nel maggio del

1527 Filiberto Duca d’Orange lo fece Uditore Generale della Curia Romana,

ossia imperiale.

Nel luglio 1530 fu ordinato Senatore Ducale. Fu Podestà di Alessandria nel

1532, di Milano nel 1535, di Lodi nel 1536, di Novara nel 1538 e forse anche

di Cremona.

Nel 1546 fu incaricato di chiedere per Como, all’imperatore Carlo V, la ricon-

ferma del grado di Senatore e la concessione d’un posto fisso nel Senato e

nel Magistrato Ordinario comasco. Nel 1556 fu presentato dal Comune di

Como a candidato per la carica di Senatore Ducale dello Stato di Milano.

Mori senza prole il 5 dicembre 1557 in Milano all’età di 80 anni, lasciando

erede universale suo fratello GIOVANNI ANTONIO sacerdote e Canonico della

Cattedrale di Como. A sua moglie Cecilia Mazenta, figlia di Simone e sorella di

Lodovico presidente del Magistrato Straordinario (la quale si risposò con Gio-

vanni Angolo Ricci segretario ducale) lasciò le sue case di Milano.

Non si sa con quale diritto Donna Cecilia abbia lasciato morendo, nel 1582,

ad uno dei suoi nipoti ex frate, Guido Mazenta, giureconsulto e ai suoi

discendenti, il cognome del primo marito. Non mancarono tra questi uomi-

ni di chiesa dei martiri della causa cristiana.

NICOLÒ, figlio di GIOVANNI ANTONIO e di Daria Quadrio, discendente da

un ramo luganese dei Rusca, Arciprete di Sondrio, fu ucciso nel 1618 per la

fede cattolica dai Grigioni, detto da allora il martire della Valtellina.

Grigioni (in tedesco Graubünden, o in francese Grisons) è il più vasto Can-

tone della Svizzera (kmq 7.106) e il meno densamente popolato (abitanti

181.000). Confina con l’Austria, il Liechtenstein, l’Italia, e con i cantoni di San

Gallo, Glarona, Uri e Ticino. Il nome deriva dalla Lega Grigia, costituita nel

XVI secolo da genti ladine e che formò, con altre Leghe di montanari, uno

Stato indipendente che si difese contro l’Austria e occupò (1512) la Valtelli-

na. La regione, che fece parte della provincia romana della Rezia, poi del

ducato d’Alemagna, e fu in seguito Stato autonomo, divenne Cantone della

Confederazione svizzera nel 1803.

Page 45: Notizie storiche della Casata Rusconi

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Tra Signoria e Papato

Nel periodo feudale e comunale fu campo di continue lotte. Appartenne

poi, fino al 1512, al ducato di Milano, e passò in quell’anno ai Grigioni

in base al trattato di Teglio. Nei secoli XVI e XVII, come via di comuni-

cazione tra la Lombardia e il Tirolo, la valle divenne teatro di aspri com-

battimenti tra Spagnoli e Austriaci. Nel luglio 1620 ebbe luogo il famoso

Sacro Macello di Valtellina, in altre parole la strage compiuta dai Cattoli-

ci valtellinesi ribellatisi ai Grigioni, protestanti, che volevano imporre loro

la Riforma.

Si arrivò ben presto alla Guerra dei Trent’Anni, conflitto che si svolse tra le

maggiori potenze europee dal 1618 al 1648. Anni di importanza decisiva

per la storia dell’Europa e per formazione della coscienza politica e reli-

giosa moderna. Pretesto del conflitto furono appunto i contrasti religiosi tra

protestanti e cattolici; in realtà lo scontro si tradusse ben presto nella

volontà di imporre i propri interessi dinastici ed economici, da parte dei

Borbone, da un lato, e degli Asburgo dall’altro. Il conflitto si concluse con

il declino dell’influenza del papato e del cattolicesimo in genere su alcuni

stati dell’Europa centro-settentrionale e con la definitiva affermazione del

protestantesimo.

In ambito politico, la lotta di predominio tra Francia e Austria, potenze

entrambe cattolicissime, ma nello stesso tempo rivali per ragioni egemoni-

che, vide la temporanea decadenza dell’Austria e l’assurgere della Francia

al ruolo di massima potenza europea.

La guerra assunse proporzioni vastissime, impegnando quasi tutti i mag-

giori Stati dell’Europa centrale e occidentale: dalla Spagna alla Boemia e

all’Austria, e dalla Francia agli stati tedeschi, alla Svezia e alla Danimarca.

Generalmente è divisa in cinque periodi: boemo-palatino-valtellinico

(1618-1626), danese (1626-1629); italiano (1628-1631), svedese (1630-1635),

francese (1635-1648). La pace di Westfalia segnò il trionfo della libertà reli-

giosa in Germania, assegnò l’Alsazia alla Francia, la Pomerania, Stettino,

Wismar e Rugen alla Svezia, e la Pomerania orientale al Brandeburgo. Rico-

nobbe inoltre, per la prima volta nella storia dei rapporti internazionali, la

necessità di regolare con norme le relazioni tra gli stati. Furono quindi isti-

tuite le ambasciate permanenti.

Page 46: Notizie storiche della Casata Rusconi

46

Tra Signoria e Papato

Lo stato di guerra tra la Francia e la Spagna non cessò tuttavia con la pace

di Westfalia. Ebbe termine solo nel 1659 quando venne firmata la pace dei

Pirenei, dopo che la diplomazia francese e le vittorie di Turenne avevano

annientato il predominio della Spagna in Europa. Pochi anni dopo, alla fine

del ‘600, un membro della famiglia Rusconi si stabilì a Bologna. Era l’inizio

di un altro ramo, il nostro.

Page 47: Notizie storiche della Casata Rusconi

LA FAMIGLIA RUSCONI

A BOLOGNA

CAPITOLO 4

Page 48: Notizie storiche della Casata Rusconi
Page 49: Notizie storiche della Casata Rusconi

La famiglia Rusconi

a Bologna

CARLO ANTONIO RUSCONI SENIORE (Como 1670 – Bologna 1761), fu

Domenico, membro del Consiglio di Stato, fu il primo ad abitare a Bologna,

ebbe un ricchissimo patrimonio, e sposò Anna Maria Zambelli.

Il Conte Carlo Antonio Rusconi, parente di Pietro Giacomo e di Carlo France-

sco, autore del ramo da cui discende il Conte Carlo Giuseppe, nacque a Como

nel 1670 e ancora giovinetto, si trasferì a Bologna, mentre la sorella Margheri-

ta a Cento, nel Ferrarese. Lì sposò un parente dei Rusconi ma non ebbe figli.

A Bologna Carlo Antonio comprò un palazzo in via Galliera al civico 506,

che divenne poi la residenza dei suoi discendenti, e fu gonfaloniere del

popolo per alcuni anni (1738, 1742, 1744).

Nella sua chiesa parrocchiale di San Benedetto di Bologna, attorno al 1742,

fece costruire una cappella gentilizia in onore di Sant’Antonio. Si stabilì a San

Pietro in Casale, dove aveva molti poderi, e dove morì nel 1761 all’età di 91

anni. È sepolto nella cripta della chiesa parrocchiale di San Pietro in Casale

(BO). Da notare nei primi personaggi della Casata la ricorrenza del nome

Antonio. Ciò era dovuto in onore di Sant’Antonio, il loro santo protettore.

FRANCESCO ANTONIO Rusconi (1709 – 1771), fu Carlo Antonio.

Sepolto a San Pietro in Casale (BO).

Gonfaloniere del popolo del Comune di Bologna nel 1756. Sposò Caterina

Cavazza ed è sepolto, con il padre, nella parrocchia di San Pietro in Casale (BO).

PIETRO ANTONIO Rusconi (1738 – 1810), fu Francesco Antonio.

Gonfaloniere del popolo del Comune di Bologna nel 1776. Dai Decurioni del

Comune di Como ottenne una testimoniale di nobiltà della casata Rusconi.

Sposò Francesca Gandolfi. Fu sepolto nella Certosa di Bologna.

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La famiglia Rusconi a Bologna

GIACOMO FILIPPO Rusconi (1770 – 1850).

Nato a Bologna nel 1770, abitò in via Pelacani, ora via Petroni, e, nella gran-

de villa di Mezzolara di Budrio. È padre del bisnonno Carlo Giacomo e fece

parte del prestigioso corpo degli ussari bolognesi che andarono in missione

a Milano, inoltre fu gonfaloniere del Comune di Bologna.

Nel 1837 Giacomo Filippo è cofondatore della Cassa di Risparmio di Bolo-

gna con altri illustri 99 cittadini, come Gioacchino Rossini e il cardinal Opiz-

zoni (vedasi Figura VII a pag. 63). Il 10 febbraio del 1827 ricevette l’Ordine

Militare di Cristo, in San Pietro, su ordine di Papa Leone XII dalle mani del

Cardinal Opizzoni (vedasi Figura II a pag. 58) e fu direttore delle poste pon-

tificie a Bologna, Modena, e Reggio Emilia e Roma.

Leone XII, al secolo Annibale Sermattei della Genga, (Ancona 1760-Roma

1829), prese il posto di Pio VII. Fu eletto papa il 28 settembre del 1823 ed è

sepolto in San Pietro. La sua elezione fu favorita nel conclave dai cardinali che

si dichiararono decisi a fermare la via al papato al papa che non fosse stato

disposto a porre in essere un rigido programma di restaurazione ecclesiastica.

Il nuovo papa era stato nunzio apostolico in Germania, ed era dotato di

un rigoroso spirito diplomatico. Trasferì la propria residenza dal Quirina-

le, dove era stato eletto, in Vaticano. Licenziò il segretario di Stato cardi-

nal Consalvi e nominò l’anziano della Somaglia che nel 1828 fu sostituito

dal cardinal Bernetti.

Leone XII, nell’ottica di un profondo rinnovamento spirituale, nel 1825 indis-

se a Roma un Giubileo. Il segretario di Stato, e alcune potenze straniere, ten-

tarono di dissuadere il papa a non celebrare l’Anno Santo. Si temeva che, fra

i pellegrini, si mescolassero rivoluzionari. E così furono disposti imponenti

servizi d’ordine pubblico e di sicurezza, ogni pellegrino fu perquisito, e fu

impedita la diffusione di scritti sovversivi.

Anche sulla statua ellenistica del “Pasquino” sulla quale venivano affisse

le cosidette “pasquinare”, cioè le colorite critiche rivolte a personaggi e

istituzioni, in quell’anno “tacque” per paura della polizia. Pure il poeta e

patriota Massimo D’Azeglio per tutta la durata dell’Anno Santo si tenne

lontano da Roma.

Durante il Giubileo furono impiccati in Piazza del Popolo (appena costruita)

Page 51: Notizie storiche della Casata Rusconi

51

La famiglia Rusconi a Bologna

due carbonari: Targhini e Montanari. Uomini che stavano diffondendo l’i-

deale dell’unità di Italia. Il Pontefice si mise in mostra per la decisione con

cui affrontò le società segrete e la Carboneria. Mandò il cardinale legato Riva-

rola con le guardie a Ravenna per scovare i carbonari. Qui ne furono cattu-

rati 508, di cui 7 furono condannati a morte, 54 condannati ai lavori forzati,

e 59 rinchiusi in prigione. I carbonari si vendicarono uccidendo il cardinale.

Seguì allora un’ondata di arresti e persecuzioni capitali. Questi accadimenti

furono divulgati all’estero a mezzo della propaganda liberare che criticò il

papato di Leone XII, accusandolo di oscurantismo medioevale. Nonostante

tutto il papa proseguì nel rinnovamento morale di Roma. Punizioni erano

inflitte a chi non adempieva al precetto pasquale e gli stranieri presenti ebbe-

ro l’obbligo di adeguarsi a queste disposizioni. Ma quello che più suscitò il

malumore nella popolazione era la legge che proibiva il vino nelle osterie.

Quando Leone XII morì di lui fu scritto:

“Qui riposa della Genga, per la sua pace e per la nostra”.

Giacomo Filippo morì celibe nel 1850 e fu sepolto a Mezzolara di Budrio nel-

l’oratorio di Villa Rusconi. Lasciò il suo patrimonio ed il suo cognome Rusco-

ni a Carlo Giacomo dalle Tombe che prese discendenza.

Fu fratello di Germano (padre di Carlo, patriota, scrittore e traduttore di grandi

opere come quelle di Shakespeare, ed a lui è intestata una via a Bologna). Altro

fratello fu Carlo (eroe di Albuquerque) decorato da S. M. Cattolica re Carlo II.

Altro fratello ancora fu Francesco, che fu Capitano della guardia nazionale di

Bologna, pure lui gonfaloniere del Comune di Bologna. Sepolto, secondo i

suoi desideri, nella tomba di famiglia di Santa Ninfa di Mezzolara di Budrio.

Papa Gregorio XVI, al secolo Bartolomeo Alberto Cappellari, gli concesse di

poter inserire una lapide in sua memoria con un’iscrizione latina (vedasi il

testo tradotto dal latino a pag. 90).

Papa Gregorio XVI (Belluno 1765 – 1846 è sepolto a Roma in San Pietro) fu

eletto papa il 2 febbraio del 1831 e prese il posto di Pio VIII che fu Pontefice

per solo un anno (1829-1830). Nel conclave del 1930 si ripropose la stessa

Page 52: Notizie storiche della Casata Rusconi

52

La famiglia Rusconi a Bologna

situazione dell’anno prima. Ovvero il contrasto tra cardinali “politicanti” e

“zelanti”. I primi collaboravano alacremente con l’Austria del Metternich e

volevano garantire la stabilità dello Stato Pontificio. Gli “zelanti” invece aveva-

no l’obiettivo dell’indipendenza della Chiesa nei confronti dei vari governi. Si

trovò un accordo su Bartolomeo Cappellari che prese il nome di Gregorio XVI

in memoria di Gregorio XV, di Gregorio VII e d anche di Gregorio I.

Il nuovo papa era entrato nell’ordine dei camaldolesi e quando il papato subì

una delle più brucianti umiliazioni della sua storia nel 1799 scrisse il libro dal

titolo “Il trionfo della Santa Sede e della chiesa sugli attacchi degli innovatori”.

Il volume ebbe una grande influenza sull’evoluzione dell’ultramodernismo.

Gregorio aveva esperienza di curia e conosceva molto bene le difficoltà dei

nemici della chiesa in quel periodo anche se non conosceva lingue stranie-

re e di politica se ne intendeva poco. Era un uomo colto, modesto e sem-

plice anche da papa, un tradizionalista e non vedeva di buon occhio gli idea-

li liberali. Dai suoi tratti somatici spiccava il grosso naso rossastro che ali-

mentò il sospetto nel popolo che il pontefice avesse un debole per il buon

vino. In realtà era l’effetto di un uso esagerato di tabacco da naso.

In un primo tempo confermò il segretario di stato Bernetti, ma più tardi nel

1856 nominò, il monaco Lambruschini, avverso a tutto quello che avesse a

che fare con la parola rivoluzione. In un quadro storico che vide lo sboccia-

re dei moti risorgimentali di Bologna, nella Marche, in Umbria. Proprio

durante un congresso svoltosi a Bologna gli insorti dichiararono che il pote-

re della chiesa era in contraddizione con le Sacre Scritture. Al papa non rima-

se che chiedere aiuto alle truppe austriache che sedarono la rivolta che tut-

tavia alimentò l’antica rivalità tra Francia e Austria. La Francia non sopporta-

va che l’Austria, con la scusa di difendere il papa, diffondesse il rispettivo

influsso in Italia. E su idea francese, nel 1831, i leader delle grandi potenze

si incontrarono a Roma per presentare al Pontefice un documento redatto

dall’ambasciatore prussiano von Bunsen. La carta enunciava varie riforme

amministrative per la Santa Sede: amnistia, partecipazione dei laici all’ammi-

nistrazione e all’esercizio della giustizia, restituzione dei consigli provinciali

(soppressi da Leone XII) autonomia dei Comuni, creazione di un consiglio

di stato composto da laici e la nomina di una consulta finanziaria.

Page 53: Notizie storiche della Casata Rusconi

53

La famiglia Rusconi a Bologna

La Santa Sede accettò di avviare un tentativo di riforma abolendo l’Uditore San-

tissimi, con cui poteva interrompere processi e cassare ogni sentenza. Ma di

riforme vere e proprie, soprattutto in campo politico, neppure a parlarne. Nel

1831, in Romagna, scoppiò un altro moto rivoluzionario poiché le truppe austria-

che si erano ritirate dallo Stato della Chiesa. E l’anno successivo gli austriaci inter-

vennero nuovamente occupando Bologna. Mentre i francesi occuparono il porto

di Ancona e assieme ai francesi rimasero in Italia fino al 1838.

La protezione straniera era a spese della Santa Sede cosa che aggravò mag-

giormente la precaria situazione finanziaria. Nel 1856 Bernetti lasciò il pro-

prio incarico, su pressioni di Metternich, e Lambruschini divenne segretario

di stato reprimendo duramente sugli spiriti rivoluzionari. Per Lambruschini la

Francia era un amico da sconfiggere e l’Italia era un covo di atei da com-

battere e “convertire” con pene durissime. Il governo pontificio considerò

proibito tutto quello che avesse a che fare con il progresso: ferrovie, ponti

sospesi, illuminazione a gas.

Nel 1840 la grande corrente risorgimentale seguiva Mazzini, che si batteva

per la caduta dei governi reazioni italiani e la fine del potere papale. Ma i

fallimenti di tutti i moti mazziniani delusero subito i cittadini “illuminati”.

Nacque così il neoguelfismo capeggiato da Vincenzo Gioberti, sacerdote pie-

montese, a sostegno dello Stato Pontificio.

Nel 1841 Gregorio XVI raggiunse un accordo con il Portogallo, ma i suoi

sforzi a sostegno dei cattolici in Russia non ebbero altrettanto successo. Con

la Prussia esplose una grave crisi in merito ai matrimoni misti. Nel 1837 il

papa protestò a gran voce contro l’imprigionamento dell’arcivescovo di Colo-

nia Klemens August von Droste-Vischering, passato alla storia come il “fatto

di Colonia”. Solo nel settembre 1841, con re Federico Guglielmo IV si arrivò

ad un accordo: venne scarcerato ma dovette dimettersi.

Il papa conquistò grandi meriti in ambito missionario: nel 1839 i cristiani

ottennero in Turchia la libertà religiosa. Nel 1838 Algeri divenne sede vesco-

vile. Nel resto dell’Africa in India, Cina, Corea e Oceania sorsero diocesi e

vicariati apostolici. La Chiesa cattolica ispirò in America grandi progressi.

Gregorio XVI si dedicò molto anche all’arte: durante il suo pontificato le col-

lezioni del Vaticano si arricchirono del museo etrusco e egiziano e venne

Page 54: Notizie storiche della Casata Rusconi

54

La famiglia Rusconi a Bologna

fondato, a Roma, l’Istituto archeologico tedesco. Gregorio nominò cardinale

il geniale poliglotta Giuseppe Mezzofanti e l’erudito paleografo Angelo Mai.

Ma il beniamino del papa era il loquace barbiere di corte Gaetano Moroni.

Questi deve la propria celebrità al Dizionario di erudizione storico-ecclesia-

stica composto da 103 volumi.

CARLO GIACOMO riconosciuto Rusconi (1821-1894), fu Giacomo Filippo.

Il Comune di Bologna ricevette “in legato testamentario” (2 giugno 1920) ogget-

ti e libri d’arte che furono destinati alla Sala X dell’Archiginnasio e al Museo

Civico di Bologna. Detto legato recita: “Donazione di: Rusconi-Verzaglia e Carlo

Giacomo Rusconi”.

Carlo Giacomo sposò Caterina Rubbi e fu un grande proprietario terriero. Ebbe

il titolo di Marchese (titolo pontificio). È sepolto a Mezzolara di Budrio nella

tomba di famiglia.

GIACOMO FILIPPO Rusconi, nostro nonno (1853 – 1916), fu Carlo Gia-

como e il fratello PIETRO GIACOMO (1858 – 1915).

Giacomo Filippo, nato a Bologna e morto sempre a Bologna, era Marchese

e Cavaliere della Corona d’Italia, capitano del regio esercito ed è sepolto

nella Certosa nella parte monumentale. Sposò la Contessa Giulia Verzaglia

(poi Marchesa per matrimonio), e abitava in via San Vitale al civico 62, nei

pressi della Chiesa di Santa Maria della Pietà detta dei Mendicanti.

Nei primi del Novecento visse con loro, come dama di compagnia, Marghe-

rita Bronzi, nata Conti Branzanti Bronzi di Ravenna, nostra nonna, che nac-

que a Bologna nel 1879 e morì nel 1954. Nostro nonno non ebbe figli dalla

moglie e dall’unione con Margherita nacquero due bimbi: Carlo Antonio,

nostro padre, nato a Bologna nel 1905, morto nel 1980, e Caterina, nostra zia.

Il nonno Giacomo li mantenne molto amorevolmente: la casa in via Casse, studi

al collegio San Luigi, conti bancari e postali intestati alla nonna Margherita. Ven-

nero riconosciuti nel testamento olografo e con una serie di lettere e documenti.

Ricevettero una grande eredità da dividere equamente, composta da poderi e

dalla grande casa padronale della “Prazzina” a Molinella ed altro.

Il nonno ordinò che nei testamenti portassero il cognome Rusconi. Nostro

Page 55: Notizie storiche della Casata Rusconi

55

La famiglia Rusconi a Bologna

padre fece domanda, presso il tribunale di Bologna in tale senso, ma le leggi

del Regno, molto severe allora, “non riconoscevano i figli nati da unioni fuori

dal matrimonio”.

Il nonno morì nel 1916 e venne sepolto a S. Ninfa di Mezzolara nella tomba

di famiglia. Ma nel 1920 venne traslato e tumulato presso la grande tomba

alla Certosa di Bologna nella parte monumentale, ora è di proprietà di noi

Bronzi Rusconi e cugini Boriani.

La marchesa Giulia, con amore materno, seguì i ragazzi tanto da farsi chia-

mare “zia”! Molto spesso Carlo e Caterina andavano per brevi vacanze alla

“Riniera”. La villa di Castel San Pietro, dove conobbero lo scultore Cleto

Tomba, amico di famiglia. Una volta nostro padre disse che alla villa si recò

in visita il grande Guglielmo Marconi.

Poco prima di morire Giulia fece testamento, del quale c’è copia, ed era con-

trofirmato da mio padre, ed in esso si formalizzò il lascito, l’eredità per Carlo

Antonio e la zia.

CARLO ANTONIO, nostro padre (1905 – 1980) e la sorella, nostra zia,

CATERINA (1908 –1993).

Carlo Antonio ha generato sette figli e la sorella Caterina tre.

La casata continua con figli e nipoti.

Page 56: Notizie storiche della Casata Rusconi
Page 57: Notizie storiche della Casata Rusconi

57

Illustrazioni

FIGURA I

“La Lettura”: tela del pittore Luigi Folli (1830-1891), dipinta nel

giardino della Villa Rusconi a Mezzolara. Proprietà della famiglia

Bronzi Rusconi.

Page 58: Notizie storiche della Casata Rusconi

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Illustrazioni

FIGURA II

Effigie di Giacomo Filippo Rusconi (1770-1850), con decorazione di

Cavaliere dell’ordine della Croce di Cristo. Proprietà della famiglia

Bronzi Rusconi.

Page 59: Notizie storiche della Casata Rusconi

59

Illustrazioni

FIGURA III

Tomba di famiglia di Carlo Antonio Rusconi (1670-1761) nella par-

rocchia dei Santi Pietro e Paolo a San Pietro in Casale (BO).

Page 60: Notizie storiche della Casata Rusconi

60

Illustrazioni

FIGURA IV

Arcadia: pergamena datata 1839 (ora di proprietà della famiglia Bron-

zi Rusconi), rilasciata a Ismeno Cianeo. Si tratta in verità di Giacomo

Filippo Rusconi (1770-1850), pastore arcade, come riportato nelle noti-

zie di Vincenzo Paolo Rusconi, cultore della storia dell’Arcadia.

Page 61: Notizie storiche della Casata Rusconi

61

Illustrazioni

FIGURA V

Stemma gentilizio della Casata Rusconi.

Page 62: Notizie storiche della Casata Rusconi

62

Illustrazioni

FIGURA VI

Stemma gentilizio dei Marchesi Rusconi che si trovava nelle cancel-

late di Villa Rusconi a Mezzolara.

In alto il motto della famiglia.

“Nil difficile volenti”

Page 63: Notizie storiche della Casata Rusconi

63

Illustrazioni

FIGURA VII

Sala dei Cento, Sede centrale della Cassa di Risparmio in Bologna.

Nella lapide marmorea compare il nome di Giacomo Filippo Rusco-

ni quale fondatore, nel 1837, della Cassa di Risparmio insieme ad

altri illustri personaggi. Tra questi: Gioacchino Rossini, Marco Min-

ghetti, il Cardinale Opizzoni.

Page 64: Notizie storiche della Casata Rusconi

64

Illustrazioni

FIGURA VIII

Villa Rusconi a Mezzolara di Budrio (Archivio della Fondazione

Cassa di Risparmio in Bologna, Collezioni d’Arte e di Storia di S.

Giorgio in Poggiale). La foto dovrebbe essere collocata intorno al

1907. La villa, già Magnani, risale al tardo ’400 e fu dotata di merli

nel 1840. Attualmente è proprietà del Comune di Budrio che la adi-

birà a scuola di musica.

Page 65: Notizie storiche della Casata Rusconi

65

Illustrazioni

FIGURA IX

Villa Rusconi a S. Pietro in Casale (BO). Fu la casa di campagna del

Conte Carlo Antonio Rusconi (1670-1761) nei primi del ’700. Era

attorniata da immensi poderi di proprietà Rusconi. Ora appartiene

alla famiglia Terzi.

Page 66: Notizie storiche della Casata Rusconi

66

Illustrazioni

FIGURA X

Villa Rusconi “La Riniera” di Castel S. Pietro Terme (BO): casa di

vacanze in collina, appartenuta prima a Carlo Giacomo poi a Gia-

como Filippo Rusconi fino al 1930. Attualmente di proprietà della

famiglia Gardi.

Page 67: Notizie storiche della Casata Rusconi

67

Illustrazioni

FIGURA XI

M.se Carlo Giacomo Rusconi, fu Giacomo Filippo (1821-1894).

È sepolto nella tomba di famiglia, a S. Ninfa di Mezzolara.

Page 68: Notizie storiche della Casata Rusconi

68

Illustrazioni

FIGURA XII

Foto di Giacomo Filippo Rusconi (1853-1916), Marchese, Cavaliere

dell’Ordine della Corona d’Italia (sotto il Re Vittorio Emanuele III

nel 1906). Capitano della Milizia di Bologna (grado conferitogli dal

Re Umberto I nel 1895). È sepolto nel cimitero monumentale di Bolo-

gna, la Certosa, nella tomba di famiglia Bronzi Rusconi e dei cugi-

ni Boriani.

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69

Illustrazioni

FIGURA XIII

Effige del Cardinale di Ravenna Antonio Rusconi (stampa tratta dal

volume di ALBERTO PIO RUSCONI “Memorie storiche della casata

Rusca Rusconi”). Il Cardinale Rusconi morì a Ravenna nel 1825.

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Illustrazioni

FIGURA XIV

Frontespizio dell’Orazione del 1909 del Vescovo di Bologna Giaco-

mo della Chiesa, divenuto Papa col nome di Benedetto XV, per l’O-

ratorio di Santa Ninfa a Mezzolara, nella Cappella Rusconi.

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Illustrazioni

FIGURA XV

Attestato del Cardinale Svampa al Marchese G. F. Rusconi.

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Illustrazioni

FIGURA XVI

Stemma del blasone dei Rusconi (1680). Stampa dalla Biblioteca

dell’Università di Ferrara.

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PARENTI

ILLUSTRI

CAPITOLO 5

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Parenti

illustri

CARLO FRANCESCO SAVERIO RUSCONI, fu Pietro, fratello di Giacomo

Filippo.

Ufficiale della Marina Militare Spagnola, fu decorato con le insegne della bat-

taglia di Baylen e della ritirata sopra l’isola di Lion (Albuquerque). Baylen era

una cittadina spagnola dell’Andalusia nella quale il 19 luglio 1808, fu com-

battuta una battaglia della guerra d’indipendenza spagnola contro i Francesi

(1808-1814).

L’armata napoleonica era intervenuta in Spagna per l’insurrezione nazionale

promossa e sostenuta dall’Inghilterra, ma fu battuta in Andalusia dalle forze

spagnole del generale Castaños (18.000 uomini). La sconfitta vide i Francesi,

fiduciosi della propria macchina bellica, procedere a corpi separati nel terri-

torio andaluso, sotto la guida rispettivamente di Dupont, Vedel e Dufour.

Furono sorpresi e ripetutamente battuti in diversi scontri sino a che non furo-

no costretti ad arrendersi.

Carlo Saverio, distintosi in questo contesto, fu insignito della carica di inten-

dente degli eserciti con re Ferdinando VII, poi Console generale ed incari-

cato d’affari per la Spagna, del Regno Lombardo Veneto. Sposò Maria Asca-

ri, nobile di Padova, ed ebbe eredi.

Nel 1832 fu Console del Ducato di Lucca. Venne ordinato cavaliere dell’Or-

dine del re Carlo III, come da rogito esistente custodito nel reale Collegio di

Spagna di Bologna. L’ordine equestre di Carlo III di Borbone fu istituito nel

1771 con la protezione dell’Immacolata concezione. Il re di Francia Luigi

XVIII lo ordinò Cavaliere del Giglio.

Ricevette la croce dal Rettore d’allora assistito dal principe Lambertini, dal

segretario del re don Francesco Rodriguez, dal Commendatore Ferretti, dal

Brigadiere Conto Fantuzzi.

L’avvenimento venne riportato dalla Gazzetta di Bologna del 21 giugno 1816

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Parenti illustri

ed anche sulla lapide sepolcrale che si trova nella parrocchia di San Pietro

in Casale. Morì a Venezia all’età di 56 anni.

GERMANO ALFONSO RUSCONI, fratello di Giacomo Filippo, fu Pietro.

Si arruolò nelle truppe austriache e nel 1796 fu Maggiore della Guardia

Nazionale e fu anche Capitano dei cavalieri Cispadani. La Repubblica Cispa-

dana, creata da Napoleone Bonaparte alla fine dell’autunno del 1796, com-

prendeva Modena e Reggio ribellatesi agli Estensi, Ferrara e Bologna, che si

erano ribellate a loro volta al Papa. La costituzione fu promulgata il 27 marzo

1797. La Repubblica Cispadana adottò come bandiera il tricolore, che poi

divenne il vessillo nazionale italiano.

La Repubblica Cisalpina fu costituita sempre da Napoleone Bonaparte il 29

giugno 1797 con l’unione delle Repubbliche Cispadana e Transpadana.

Napoleone vittorioso in più battaglie contro eserciti più forti del suo, impo-

se al Piemonte l’armistizio di Cherasco, nel maggio 1796, poi all’Austria il

Trattato di Campoformio, nell’ottobre 1797. Aveva frattanto introdotto in Ita-

lia lo spirito democratico della Rivoluzione.

La Repubblica Cisalpina era composta dalla Lombardia, dai territori della

Repubblica veneta sulla destra dell’Adige (Polesine), dalla Valtellina (tolta al

cantone dei Grigioni), dal Ducato di Modena, dal Principato di Massa e Car-

rara, e dalle Legazioni di Bologna, Ferrara e delle Romagne. Aveva un’am-

piezza di 42.000 chilometri quadrati con una popolazione di 3.240.000 abi-

tanti. Ne era capitale Milano, dove risiedevano il Governo e l’Assemblea legi-

slativa detta Gran Consiglio, costituita di Seniori e di Juniori.

Il Governo era formato da un Direttorio di cinque membri. La Costituzione

era simile a quella francese del 1795. Il territorio fu diviso in 13 Dipartimen-

ti che prendevano nome dai fiumi. La Repubblica Cisalpina, che era stata

subito riconosciuta dalla Francia e dalle potenze che gravitavano nella sua

orbita, ebbe anche il riconoscimento austriaco nella Pace di Campoformio.

La sua vita fu tumultuosa e si sciolse il 28 aprile del 1799, quando gli Austro-

Russi vinsero i Francesi a Cassano d’Adda e occuparono la Lombardia.

Dopo Marengo, il 14 giugno 1800, Napoleone la rilanciò ingrandendola con

l’aggiunta del Novarese e del Tortonese. Con atti del 25 gennaio, divenuti

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Parenti illustri

esecutivi il 14 febbraio 1802, cambiò nome in Repubblica Italiana e dopo la

proclamazione dell’impero divenne il Regno Italico. Giovò a risuscitare la

coscienza nazionale degli Italiani.

Germano Alfonso sposò Candida Calzolari, nel 1805 fu scelto corpo di guar-

dia d’onore, nominato dal Comune di Bologna per la venuta di Napoleone I

e fu anche guardia del corpo del re di Spagna. È sepolto nella Certosa di

Bologna.

CONTE CARLO GIUSEPPE RUSCONI, fu Germano Alfonso, nipote di

Giacomo Filippo.

Nato a Bologna nel 1819 a lui la città petroniana ha intitolata una via (tutto-

ra esistente): la laterale di via Ludovico Berti e nella targa della via è scritto

patriota e scrittore. Divenne avvocato e fu consigliere governativo di lega-

zione in patria, poi deputato alla Camera legislativa nel 1848 e alla Costi-

tuente romana nel 1849.

Esponente della repubblica romana come deputato alla Costituente fu mini-

stro degli Esteri nel 1849 in missione diplomatica a Londra. Esule per un

breve periodo in Gran Bretagna, con l’Unità d’Italia rivestì la carica di Con-

sigliere di Stato.

Dopo la restaurazione del Governo Pontificio visse in esilio. Fu deputato al

Parlamento del Regno d’Italia nel 1862 e divenne Segretario Generale del

Regio Consiglio di Stato: divenne anche ufficiale dell’Ordine dei SS. Maurizio

e Lazzaro e commendatore della Corona d’Italia.

Tra le sue opere letterarie: “La repubblica romana” (1850), “Il romanzo sto-

rico Giovani Bentivoglio” (1836); scrisse memorie autobiografiche, aneddoti.

Fu aggregato all’Ateneo di Londra per la traduzione italiana del teatro di

Shakespeare (1874), di cui si fecero sette edizioni. Tradusse anche le opere

di Byron (1842) e il teatro di Schiller e pubblicò inoltre opere storiche e let-

terarie. Fu uno dei rappresentanti italiani alla conferenza monetaria interna-

zionale radunata a Parigi nel 1881.

Le sue opere si possono consultare negli archivi dell’Università di Bologna,

in Archiginnasio, e nella biblioteca Alessandrina di Roma. Morì a Bologna nel

1889 ed è sepolto nella Certosa.

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RICORDI

DI NOBILTÀ

CAPITOLO 6

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Ricordi

di nobiltà

Un viso massiccio, rassicurante, dall’espressione fiera e serena, incor-

niciato da una grande barba e da grossi baffi. In testa un cappello

floscio a larghe tese. Era il ritratto di nostro nonno, il Marchese Gia-

como Filippo Rusconi, proprietario, con il fratello, di beni nel centro di Bolo-

gna, ma anche nelle campagna bolognese nei Comuni di Budrio, e Molinel-

la e Castel San Pietro.

L’avevamo visto, per la prima volta, in una vecchia foto ingiallita dal tempo

che nostro padre aveva conservato tra gli oggetti di famiglia. Svuotando uno

scatolone di vecchie foto seppiate e documenti consumati, era saltata fuori

l’immagine di quell’uomo dal volto buono.

Eravamo una prole di sette fratelli: sei maschi e una femmina. Ed erano gli

anni del dopoguerra, ci eravamo trasferiti in un villino in via Guidotti, poco

distante da Porta Saragozza. Di lui, del Marchese Giacomo Filippo Rusconi,

mio padre cominciò a parlarci quando io avevo poco più di cinque anni. Noi

Bronzi a quell’epoca abitavamo in fondo a viale Risorgimento, ai piedi della

collina che sovrasta via Saragozza. Tuttavia erano racconti vaghi, perché il

nonno era già morto da molti anni, nel 1916, quando nostro padre era anco-

ra un bambino.

Papà e la zia erano nati fuori dal matrimonio e abitavano in via delle Casse,

nel centro storico di Bologna, con la madre, nonna Margherita, la dama di

compagnia della moglie di mio nonno che si chiamava Giulia Verzaglia e che

morì nel 1930. Nostra nonna Margherita aveva dato il proprio cognome Bron-

zi a mio padre, come usava e ancor usa per le donne non sposate che oggi

siamo soliti chiamare ragazze madri.

Ed anche quando, in età più avanzata, mio padre ci portava a far visita, tutti

noi fratelli, alla tomba del nonno in Certosa, nella nostra mente, non riusci-

vamo a farci un’idea precisa di questo avo così importante. Avo che riposa-

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Ricordi di nobiltà

va e riposa tutt’ora, dietro un’imponente lastra di marmo nel settore monu-

mentale del grande cimitero bolognese.

Sulla lapide non c’era una fotografia del defunto (come si usa ai nostri

tempi), ma solo il doppio nome e quel cognome che era, per noi bimbi, così

inspiegabilmente diverso dal nostro.

Che il nonno Giacomo Filippo Rusconi fosse un uomo buono, noi ragazzi

avevamo potuto constatarlo con mano, perché la villa e i poderi, nel Comu-

ne di Molinella, che aveva lasciato a nostro padre, nominandolo nell’anno

della sua morte erede universale con sua sorella Caterina, erano quelli dove

noi andavamo a trascorrere le vacanze in estate. Anche i terribili anni della

guerra li trascorremmo lì in campagna. Non ci piovevano bombe sulla testa

e i generi alimentari non mancavano. E un racconto più preciso sul nonno e

sulla famiglia, nostro padre lo abbordò solo negli anni Cinquanta, quando

noi figli fummo in grado di valutare meglio le cose.

Nostra nonna Margherita, che morì nel 1954, fece a sua volta in tempo a rac-

contarci di lui, di come l’avesse sempre amata come, se non di più, della stessa

moglie Giulia. Moglie che non osteggiò mai Margherita, come si fa con una riva-

le, conscia com’era della propria sterilità che aveva impedito al marito di conti-

nuare la stirpe in maniera legittima, o meglio, secondo i criteri di madre Chiesa.

Per cui, quando il marito, nel dicembre del 1916, sentendosi prossimo alla

fine, vergò di suo pugno un testamento in favore di Carlo Antonio e di Cate-

rina Bronzi, vincolandoli a versare alla loro mamma “lire 200 mensili”, oltre

a mantenerla pienamente vita natural durante, “ordinando” altresì che essi

aggiungessero al cognome della madre il suo di Rusconi, lei non sollevò

alcuna obiezione. Del resto, le volontà testamentarie del marchese si sareb-

bero attuate solo alla morte di lei, Giulia Verzaglia. Un evento che il testato-

re auspicava il più lontano possibile.

Era nostro padre che spesso ci raccontava del nonno, suo padre. Come

detto era andato fuori dal matrimonio con mia nonna Margherita Bronzi,

che era la dama di compagnia della Marchesa, quando abitavano a Bolo-

gna, attorno alla metà dell’Ottocento. Ci parlava di suo padre nelle più

disparate occasioni: in casa, in campagna a Mezzolara, a Molinella, nella

casa padronale, dove andavamo d’estate, ultima dimora dei Rusconi.

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Ricordi di nobiltà

Raccontava le vicende del Marchese Rusconi, storie, almeno per noi, molto

appassionanti. Ci spiegava di mia nonna Margherita che venne sempre aiu-

tata economicamente dal nonno; abitava in via Casse, in centro, con mio

padre e sua sorella, la zia Caterina. Mio nonno pagò la retta alla scuola dal-

l’ordine religioso dei Barnabiti, l’istituto San Luigi, per garantire gli studi di

mio padre (ci sono le carte che testimoniano il fatto), e credo anche di nostra

zia perché anche lei portasse a termine gli studi scolastici. Nostro padre fece

lo stesso con il sottoscritto, ma senza i medesimi risultati. Io frequentai qual-

che anno poi preferii cambiare orientamento scolastico.

Papà ci narrava dei Rusconi che erano arrivati da Como e dalla Svizzera.

Proprio da Como, città che nostro padre, a partire dal lontano 1929, fre-

quentò spesso per lavoro, perché aveva preso la rappresentanza di una

ditta, per una strana coincidenza, di prodotti per l’edilizia. Lavoro che suc-

cessivamente intrapresi anch’io.

A sentire quei racconti ci si trovava dalla zia Caterina a Mezzolara di Budrio,

vicino ai fondi che aveva lasciato il nonno in eredità, sia d’estate che nel

principio dell’autunno, sotto una grande magnolia, albero che ricordo molto

bene, dalle foglie lucide e caratteristiche, dove intorno al sua tronco erano

state sistemate diverse seggiole.

La zia narrava del suo rapporto particolare con la Marchesa: episodi, incontri,

come il tradizionale saluto del nonno dalla finestra di via San Vitale. Da Bolo-

gna verso le proprietà decentrate e viceversa era il percorso che il nonno face-

va spesso con la carrozza a cavalli. E in questo contesto si inserisce un perso-

naggio caratteristico di allora delle campagne bolognesi: il maniscalco. Il fab-

bro De Paoli aveva la bottega vicino alle proprietà del nonno. Nostro padre ci

diceva che era stato il maniscalco di famiglia. Quando arrivava da Bologna con

la carrozza era lui che si preoccupava dei suoi cavalli.

Il maniscalco era anche cacciatore e andava spesso a caccia alle anitre assie-

me al nonno ed al bisnonno Carlo Giacomo. Una passione che trasmisero a

mio padre ed a quasi tutti noi figli. A tal proposito conserviamo ancora dei

fucili da caccia del nonno.

Parlando a proposito di Mezzolara la zia mi raccontava che il grande Napo-

leone III, con la sua bellissima moglie Eugenia, di vent’anni più giovane di

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Ricordi di nobiltà

lui, erano amici del bisnonno e del nonno. Loro stessi andavano a caccia

insieme e si vedevano e si frequentavano nela tenuta di Mezzolara della villa

dei Bonaparte (in cui c’è una stemma imperiale, tuttora visibile - vedasi pag.

94), che venne in seguito data in affitto.

A Mezzolara di Budrio noi andavamo a vedere Villa Rusconi, dove ora il

Comune di Budrio si sta preoccupando di ristrutturarla. E tra questi ricordi

si inserisce la figura di mio cugino Giacomo (il crudele destino della vita

l’ha poi portato via ancora giovane) appassionato di libri antichi. Mia zia

conservava una ricca biblioteca con moltissimi volumi. Entrambi, in bici-

cletta, precorrevamo assieme quei 12 chilometri tra la Prazzina di Molinel-

la e Mezzolara, dove c’erano le case di campagna, e andavamo a sfogliare

i libri antichi fantasticando con la fantasia immaginando la vita di quei per-

sonaggi. Echeggiavano nomi di altre figure importanti come quella di

Beethoven, il grande musicista prediletto della famiglia Rusconi, come atte-

stano molte lettere dell’archivio di famiglia.

Scorrevamo le gesta di quegli Avi, i Rusconi: il bisnonno e il capostipite Carlo

Antonio Giacomo Filippo Rusconi, cofondatore della Cassa di Risparmio,

direttore generale delle poste pontificie del Regno, oltre alle proprietà nella

Bassa Bolognese. Abitavano nel centro di Bologna in via Pelacani, ora via

Giuseppe Petroni, con annessa la stalla in via Vinazzetti. E, se vogliamo, pos-

siamo dire che quella parte di San Vitale era un po’ rusconiana. Le chiese di

San Sigismondo e San Vitale Agricola erano le loro chiese: quelle del prozio

e del bisnonno. Mentre quella dei “mendicanti” di Santa Maria della Pietà,

quasi alla porta San Vitale, era quella del nonno.

Ci raccontavano anche dei grandi lasciti e delle donazioni, del nonno, del

bisnonno e del prozio, dato che possedevano molti beni terreni che aveva-

no ereditato da Giacomo Filippo. Per esempio nel Comune di Bologna, nella

Sala X dell’Archiginnasio, ed in altri archivi bolognesi, ci sono donazioni

importanti, evidenziate dai lapidari. Abbiamo trovato testamenti olografi

degli avi che vengono prima di mio padre dal 1600, ad oggi. Il nonno fu

nominato Capitano da re Umberto I e Cavaliere della Corona d’Italia da Vit-

torio Emanuele III, mentre Giacomo Filippo ricevette la croce di Cristo dal

cardinal Opizzoni su ordine del papa.

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Ricordi di nobiltà

A San Pietro in Casale, andando a cercare la tomba del Seniore, abbiamo rin-

tracciato la lapide con incisioni in latino. Lì sono sepolti Carlo Antonio e il

figlio Francesco Antonio.

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DIMORE E ARALDICA

DEI RUSCONI

APPENDICE

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Dimore e araldica

dei Rusconi

Nel Comune di San Pietro in Casale si trova Villa Rusconi, che fu ini-

zialmente di proprietà di Carlo Antonio. La villa, che nel corso degli

anni passò a proprietà di privati, dovrebbe essere stata costruita

nella prima metà del XVII secolo, come attestava l’aspetto originario che si

trova in un disegno del Settecento, conservato dalla proprietà, che raffigura

il fabbricato prima delle modifiche esterne ed interne eseguite verso la fine

del XVIII secolo. Nella cripta della chiesa parrocchiale di San Pietro in Casa-

le (BO) si trova la tomba di famiglia Rusconi dove troneggia una lapide in

latino (vedasi Figura III a pag. 59) che recita:

“Qui fu sepolto Carlo Antonio di Domenico Rusconi all’età di 91

anni. Morì il 18 giugno 1761. A Carlo figlio di Pietro Rusconi

nobile per nascita in Bologna, cavaliere dell’Ordine di Carlo III,

cavaliere del Giglio d’Oro, sovrintendente ai commerci di Venezia

verso il Regno di Spagna e la Repubblica di Lucca, che trasferen-

dosi in giovane età in Spagna dopo aver svolto il primo servizio

militare fra le guardie del Sacro Palazzo accolto nell’esercito

Regio, con ferma fedeltà verso il sovrano in tempi difficilissimi,

avendo combattuto strenuamente fra i primi in tutte le battaglie in

Albuquerque, meritò lodi, ricompense e onori. Visse 67 anni, pio,

solerte, amico affabile, generoso verso i nemici, stimato e ovunque

gradito, morì in Venezia il 5 dicembre 1832. Il figlio di Pietro

Rusconi per mezzo di Giacomo Cavaliere dell’Ordine Equestre,

nominato curatore per il testamento del fratello, con Luigia madre

sua in lacrime insieme con lui piange”.

A Mezzolara di Budrio è situata invece la Villa Rusconi, che fu di Giacomo

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Dimore e araldica dei Rusconi

Filippo, poi di Carlo Giacomo ed infine dei fratelli Pietro e Giacomo Filippo

Rusconi. Ora è di proprietà del Comune di Budrio che la adibirà a scuola di

musica. L’edificio risulta dalla trasformazione, in stile pseudomedioevale, di

un fabbricato più antico di cui rimangono tre arcate della facciata che si pos-

sono attribuire alla fine del 1400 o ai primi del 1500.

La trasformazione dello stabile sarebbe avvenuta, secondo alcune fonti stori-

che, intorno al 1840. Tuttavia dalle caratteristiche della parte ottocentesca si

può posticipare la ristrutturazione alla seconda metà dell’800.

Qui si trova anche l’oratorio di Santa Ninfa, dedicato alla martire cri-

stiana uccisa a Palermo, oratorio che fu benedetto, nel 1909, da Giaco-

mo della Chiesa, arcivescovo di Bologna, poi papa Benedetto XV. Nel-

l’oratorio si trova la tomba di famiglia Rusconi. Sulla lapide è incisa in

latino la frase:

“Giacomo Filippo figlio di Pietro Rusconi, Cavaliere da nostro

Signore Gregorio XVI Pontefice massimo proposto all’ufficio delle

lettere postali. Ornato del privilegio di essere in questa cappella

posta nel mezzo dei suoi fondi, tumulata la sua spoglia mortale

quando a Dio piacerà che la di lui morte avvenga ordino ed

assegno un annuo reddito di scudi cinquanta col quale si debba

far celebrare tutti i giovedì di ogni settimana la santa messa

all’altare della vergine martire Santa Ninfa titolare della detta

cappella e questa messa perpetuamente si applichi per l’anima

sua e serva di comodo ai contadini. In memoria della quale

ordinazione comando che quivi venga posta la presente lapide

incisa nell’anno 1842”.

Benedetto XV (Genova 1854 – 1922, sepolto in san Pietro) fu eletto papa il

3 settembre 1914. Giacomo della Chiesa, di nobile famiglia, a Genova si lau-

reò in giurisprudenza. Divenne nunzio apostolico in Spagna grazie alla pro-

tezione del cardinal Rampolla. Quando quest’ultimo nel 1887 fu nominato

segretario di stato della Chiesa, Giacomo della Chiesa passò ai suoi ordini

come stretto collaboratore.

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Dimore e araldica dei Rusconi

Il nuovo spirito che si respirava in Vaticano e le idee politico-ecclesiastiche

di Giacomo della Chiesa erano fortemente contrastanti. Per questo motivo

nell’ottobre del 1907 fu ordinato arcivescovo di Bologna. Pur essendo Bolo-

gna una sede cardinalizia, lo zucchetto rosso gli fu concesso solo nel 1914.

Sua madre si lamentò con Pio X per il lungo ritardo. Le fu risposto: “Suo figlio

fa pochi passi, ma lunghi”.

Quando il cardinale andò a Roma per il Conclave che lo vedeva favorito, si

ricordò che anche Benedetto XIV era stato arcivescovo di Bologna, e in memo-

ria di quel Pontefice, a elezione avvenuta, volle chiamarsi Benedetto XV. Il

conclave del 1914 si celebrò sotto due grandi preoccupazioni: la guerra e

l’integralismo. Sin dalla prima tornata si misero in luce due cardinali mode-

rati che però non avevano goduto di molte fiducie da parte della Curia.

Erano Maffi di Pisa e della Chiesa di Genova. Ma Maffi si scontrò con un’op-

posizione massiccia, mentre i voti per della Chiesa andarono via via aumen-

tando. Si arrivò alla decima votazione del 3 settembre e della Chiesa fu elet-

to con 38 voti contro i 18 ottenuti dal candidato spinto dai seguaci della poli-

tica di Pio X, Serafini.

Il nuovo papa era di statura bassa, esile e leggermente deforme, ma era

molto intelligente. Benedetto XV si dimostrò contrario ai sistemi di spionag-

gio e alla caccia delle streghe che si erano diffusi con Pio X nel quadro della

lotta al modernismo. Alla provocazione del conflitto mondiale il papa rispo-

se con una assoluta neutralità e con appelli alla pace. La rigorosa neutralità

permise alla Santa Sede di mettere in campo un piano di aiuti che furono

dati senza pregiudizi religiosi, nazionali o etici. Soprattutto in Oriente il papa

si diede da fare moltissimo e per questo, nel 1921, a Costantinopoli, gli fu

dedicato un monumento. Benedetto XV cercò comunque di aiutare i soffe-

renti della guerra intervenendo a favore delle popolazioni civili dei prigio-

nieri e dei feriti. Dal 1915 in avanti il Vaticano favorì lo scambio di prigio-

nieri, raccolse somme di denaro da devolvere alle popolazioni colpite dalla

guerra, impegnandosi nella ricerca dei dispersi.

Gli interventi di aiuto del papa a favore della pace si indirizzarono all’Ita-

lia in particolare. Ciò perché, nel caso di una sconfitta, era temuta una rivo-

luzione per mano delle sinistre. Tuttavia non gli riuscì di impedire, dal

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Dimore e araldica dei Rusconi

marzo del 1915 in poi, che molti cattolici italiani si dichiarassero favorevo-

li all’intervento bellico. Benedetto XV tentò l’arma della diplomazia cer-

cando di convincere la monarchia danubiana a fare delle concessioni terri-

toriali all’Italia. Ma l’Austria arrivò a prospettare una soluzione in tal senso

quando il nostro Paese aveva già stipulato un patto con l’Intesa. Accordo

che in un articolo escludeva la Santa Sede da tutte le trattative di pace.

L’Italia aveva paura che tornasse in gioco la “questione romana”. La repub-

blica romana si istituì a Roma dopo l’assassinio di Pellegrino Rossi e la suc-

cessiva fuga di papa Pio IX a Gaeta, nel novembre del 1848. Essa venne

proclamata il 9 febbraio del 1849 e dal 19 marzo furono alla sua guida Maz-

zini, Armellini e Saffi, gli uomini del triumvirato. Tuttavia la repubblica

ebbe vita breve. Fu attaccata da truppe francesi che intendevano restaura-

re il potere papale e, nonostante il valoroso impegno delle truppe di Gari-

baldi, e di molti volontari in sua difesa, dovette cedere le armi per l’inter-

vento di truppe austriache nelle Marche ed in Romagna. Il 3 luglio del 1849

fu costretta alla resa.

L’Italia si attenne alla legge delle Guarentigie e non limitò che marginal-

mente la libertà d’azione del Vaticano anche se il quotidiano “L’Osservato-

re Romano” dovette subire le censure per mano del governo italiano. Dopo

l’intervento dell’Italia il papa, promovendo un documento di pace, si

preoccupò di far sedere i leader degli Stati in guerra attorno ad un tavolo.

Ma il documento non fu preso in considerazione: la Germania rifiutò l’ap-

pello alla pace, mentre Russia, Francia, Italia non risposero nemmeno.

Anche se esclusa dalle trattative di pace di Parigi del 1919 la Santa Sede

poté raccogliere un diffuso apprezzamento per l’opera svolta. Quando la

guerra finì Benedetto XV si impegnò alla riconciliazione con la Francia che

ebbe successo nel 1921, con l’arrivo di un ambasciatore francese in Vatica-

no. Così come migliorarono i rapporti con l’Italia. Nel 1919 il sacerdote sici-

liano don Luigi Sturzo fondò il partito popolare italiano, fazione politica

tollerata dal Vaticano e che conquistò alle elezioni molti seggi in parla-

mento. Questo permise una più incisiva presenza dei cattolici nella vita

politica del paese.

Benedetto XV pubblicò il Codex furis canonici nella Pentecoste del 1917. Il

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Dimore e araldica dei Rusconi

nuovo Codice entrò in vigore l’anno successivo. La Chiesa ebbe così un

prontuario giuridico moderno, in cui però emergevano, ben chiare, le ten-

denze accentratrici del Vaticano. Nel 1917 Benedetto XV costituì anche la

Congregazione per le chiese d’Oriente. Il papa promosse le missioni che

durante la guerra avevano molto patito. Lo stile missionario di stampo nazio-

nalistico e colonialistico stava vivendo una crisi profonda. Con l’enciclica

Maximum illud del 1919 Benedetto XV diede le linee di un programma mis-

sionario con alla base l’universalità della Chiesa. Questa enciclica fu molto

importante ed innovativa per la storia delle missioni. La morte colse d’im-

provviso e inaspettatamente, Benedetto XV che fu ricordato per la saggezza

e la concretezza: qualità che diedero al suo papato un prestigio mondiale.

I possedimenti terrieri dei Rusconi di Mezzolara confinavano con quelli pos-

seduti da Napoleone III, marito di Eugenia, che corrispondevano come

estensione, a 10 mila tornature bolognesi. L’imperatore nel 1854, un anno

dopo aver sposato Eugenia, diede in affitto la proprietà all’ingegnere Anni-

bale Certani. Eugènia Maria de Montijo de Guzmán, imperatrice dei France-

si (Granada 1826 - Madrid 1920), figlia del conte Cipriano di Montijo, duca

di Penaranda e di Maria Manuela Kirkpatrick di Closeburn, sposò nel 1853

Napoleone III, imperatore dei Francesi, sul quale esercitò notevole e non

sempre benefica influenza.

Sostenne il potere dei papi e la politica asburgica avversando il Risorgimen-

to italiano. Dopo la caduta del marito lo seguì in esilio in Inghilterra ove

rimase fino alla morte. Portava una grande pena nel cuore. Oltre alla rovina

della Corona di Francia, aveva patito molto per la morte del loro figlio, Euge-

nio, principe imperiale (1856-1879).

Alla morte di Napoleone III, nel 1873, Eugenio divenne pretendente al

trono di Francia. Diventato scomodo al governo francese si aggregò volon-

tario allo Stato Maggiore delle forze inglesi operanti nell’Africa meridiona-

le contro gli Zulù, dai quali fu ucciso quello stesso anno durante una rico-

gnizione.

E nel 1914 proprio Eugenia, quasi novantenne, venne a Mezzolara di Budrio

con al seguito il segretario di stato particolare, il corso conte Pieri, figlio del

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Dimore e araldica dei Rusconi

ministro della polizia di Napoleone III, per un’ispezione di questo “tenimen-

to”, come si chiamava allora. Accompagnata dal principe Antonio Ercolani e

signora, fu ricevuta dall’affittuario, il signor Benni, nella villetta di proprietà

nei pressi della tenuta. In particolare osservò i nuovi fabbricati colonici, le

nuove stalle che lei stessa aveva fatto costruire. Percorse anche a piedi dei

tratti di strada, con agilità nonostante l’età, a piedi e non esitò ad entrare

nelle case coloniche ad ispezionare l’ordine e la pulizia dei locali.

Andò a trovare i contadini, si compiacque del benessere degli agricoltori, si

soffermò ad osservare una fila di prosciutti appesi a stagionare al soffitto

delle cucine dei suoi coloni: “Oh les beaux jambons!”, esclamò ammirando il

numero dei prosciutti e le loro proporzioni.

Malgrado la gita fosse stata tenuta segreta, ben presto si diffuse in paese la

voce della presenza della sovrana. I paesani offrirono nella casa patronale dei

Majani un sontuoso rinfresco. Nel visitare le sale della casa la sovrana rico-

nobbe subito appeso ad una parete un ritratto ad olio della bellissima Elisa

Napoleone Baciocchi, figlia di Elisa Bonaparte e del principe Felice Bacioc-

chi, che un tempo era il proprietario della tenuta di Mezzolara, del Palazzo di

Giustizia di Bologna, della villa Caccia Guerra a porta Santo Stefano.

FIGURA 4

Lo stemma imperiale napoleonico sulla facciata della villa Bonaparte a Mezzolara

(tratto da “Mezzolara, una tenuta e una comunità tra il XVI e il XIX secolo”, 1998,

Bologna).

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Dimore e araldica dei Rusconi

Nel Comune di Castel San Pietro si trova invece Villa Riniera, che comprò

Carlo Giacomo, poi passò a Giacomo Filippo ed è ora di proprietà della fami-

glia Gardi. Si tratta di una bella villa dalle forme neoclassiche che fu, con ogni

probabilità, costruita verso la fine del XIX secolo. Dopo esser stata di proprietà

di Giacomo dalle Vacche, passò di proprietà alla famiglia Rusconi. È circonda-

ta da un bel parco ben curato e custodiva arredi e mobili preziosi.

L’araldica di Vittorio Spreti

Notizie araldiche di Vittorio Spreti e collaboratori tratte dalla “Enciclopedia

storico-nobiliare italiana delle famiglie nobili e titolate viventi riconosciute

dal Regio governo d’Italia compresi: città, comunità, mense vescovili, abba-

zie, parrocchie ed enti nobili e titolati riconosciuti”.

RUSCA

ARMA: d’argento troncato: sopra al leone leopardato di rosso, che passa sulla

troncatura e accompagnato in alto da sei trifogli di ruta, tre per parte, tre e

uno: sotto a tre bandelle di rosso.

RESIDENZA: Milano.

Altro ramo della famiglia Rusconi di Como. Al vivente ACHILLE di Giaco-

mo, di Pietro Melchiade, di Pietro, di Pietro Giuseppe, di Giacomo, di Carlo

Giuseppe Eutichio, di Eutichio, di Paolo Francesco, con D.M. 28 giugno

1925, è stata riconosciuta, per antico possesso, la nobiltà e per l’arma sopra

descritta.

La famiglia è iscritta nel Libro d’Oro della Nobiltà Italiana e nell’Elenco-Uffi-

cio Nobiliare Italiano con il titolo di nobile, in persona di ACHILLE, nato a

Varese il 26 novembre 1864 e che sposò, a Milano, il 5 maggio 1890, Giu-

ditta Pagani.

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Page 96: Notizie storiche della Casata Rusconi

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Dimore e araldica dei Rusconi

Figli: Maria, nata a Milano il 17 febbraio 1891; Luigi nato a Milano il 22 gen-

naio 1897, sposò a Legnano il 25 giugno I924 Carlotta (Tina) Cattoretti.

Figlio di Luigi Massimiliano nato a Legnano nel luglio del 1925.

RUSCONI

ARMA: Interzato in fascia: nel primo d’oro all’aquila dal volo spiegato di

nero, linguata di rosso, imbeccata, menibrata e coronata del campo; secon-

do d’argento al leone leopardato di rosso accostato da sei foglie di rusco di

verde, tre per parte, due e nel terzo d’argento a tre bande di rosso.

CIMIERO: Un grifone troncato di nero e di rosso, imbeccato, membrato e

coronato d’oro, linguato di rosso che tiene con la destra una fronda di rusco

di verde.

SOSTEGNI: Due grifi controrampanti troncati di nero e di rosso, coli le

zampe anteriori d’oro, imbeccati e coronati dello stesso, che tengono con la

destra un ramo rusco di verde. (Il ramo marchionale non porta nello stem-

ma i sostegni dei due grifi ma il grifone del cimiero tiene inoltre con la sini-

stra un nastro con il motto sottodescritto, comune a tutta la famiglia).

MOTTO: Nil difficile volenti.

DIMORE: Bagnacavallo, Forlì, Bologna, Cento.

Molti scrittori storici sostengono che fu un’antica, potente ed illustre famiglia

delle origini romane e dell’appartenenza a questo casato di S. Eutichio,

vescovo di Como, morto nel 539, e di Lamberto, arcivescovo dì Milano nel

1021. La prima notizia genealogica, secondo il Litta, riguarda un’esenzione

dai dazi concessa nell’anno 988 ad Ariberto Rusca, cittadino comasco.

I cognomi Rusca, Ruschi, Rusconi, sono nei primi secoli e sono stati usati

alternativamente. In uno stesso storico documento si trova, ad esempio, cita-

to un fratello detto Rusca, un altro Ruscone collettivamente chiamati poi

Rusconi. I Rusca erano già potenti nel Comasco fin dai primordi del secolo

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Dimore e araldica dei Rusconi

FIGURA 5

Stampa del secolo XIV riportante i domini Rusconi a Bellinzona (Svizzera). Tratta

dal volume storico di Pio Alberto Rusconi.

XII, e alla testa della fazione Ghibellina che sostenne lunga lotta contro quel-

la Guelfa dei Vitani.

LAMBERTO RUSCA, nel 1121 fu un uomo consolare ed un illustre capitano

della Repubblica Comasca, Morì, a causa della ferite riportate in battaglia, il

12 settembre del 1126.

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Dimore e araldica dei Rusconi

LOTARIO, nel maggio del 1176 in battaglia fra le truppe di parte imperiale

ed i Milanesi, era il capitano delle truppe imperiali, riuscì a salvare la vita

dello stesso imperatore Federico I Barbarossa. Si impossessò dello stendardo

portato da un alfiere milanese, stendardo a strisce bianche e rosse, che era

quello di Porta Comasina.

L’imperatore, grato a Lotario del provvidenziale soccorso, lo ordinò Conte di

Lugano, Locarno e Bellinzona, concedendogli di portare nell’insegna lo sten-

dardo bianco e rosso (a ricordo di quello tolto ai Milanesi) abbassato sotto il

leone, e sormontato dall’aquila imperiale; tali colori ed emblemi sono tutto-

ra conservati nello stemma gentilizio di questa famiglia (Figura V, pag. 61).

Dai documenti comaschi emerge che nel 1142 OTTONE RUSCA intervenne in

una controversia tra i conti di Castel Seprio a favore degli Uomini di Mendrisio.

BERNARDO RUSCA, ricordato fin dal 1153, fu rettore di Como nel 1159;

Rusca, di Giovanni, nel 1176; Giovanni, di Lotario, nel 1182 e 1198 console

del Comune di Como e nel 1199 podestà di Milano.

LOTARIO, di altro Lotario, nel 1197 e 1200 console del Comune, nel 1213

podestà in Valtellina, poi nel 1215 a Chiavenna e vicario del podestà di Como

nel 1220.

Nella genealogia documentata capostipite è RUGGERO, detto anche ALBERTO,

che fu podestà di Chiavenna nel 1213-1214, e padre di LOTTARIO, che, in qua-

lità di capo della fazione ghibellina in Como, gettò le fondamenta della signo-

ria di questa famiglia.

PIETRO, di lui figlio, podestà di Milano nel 1286, vendette ai Comaschi il

castello di Bellinzona nel 1307. Morì nel 1340.

FRANCHINO di Pietro, bandito nel 1302, ritornò in patria nel 1311, e fu capi-

tano generale e signore generale del Comune e del popolo di Como nel 1313

e Vicario imperiale. Nel 1301 sposò Zaccarina, di Matteo Visconti. Come

Vicario dell’imperatore Lodovico, dopo il 1328 batté monete d’argento, e fu

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Dimore e araldica dei Rusconi

Vicario imperiale per Lodovico il Bavaro nel 1327 e del re Giovanni nel 1331.

Rinunziò al dominio della città ad Azzo Visconti nel 1335. Morì a Como il 14

agosto 1339.

Il figlio LOTTARIO, milite e podestà di Milano nel 1356, poi di Piacenza, di

Asti, di Vercelli; nel 1386 gli fu confermata la cittadinanza di Milano. Morì nel

1399. Da Enrica, figlia naturale di Bernabò Visconti, ebbe FRANCHINO; nel

1396 fu militare agli ordini di Gian Galeazzo Visconti e nel 1402 suo luogo-

tenente a Pisa. Tra il 1403 e il 1408, più volte respinto, rientrò a Como; signo-

re di Castel S. Pietro, detto Castel Ruscone nella Pieve di Blaserna batté

moneta come il suo l’avo. Morì nel novembre del 1412.

Nella signoria di Como seguì LOTTARIO, nominato da Sigismondo nel 1413

Vicario imperiale di tutto il Comasco, poi Conte di Lugano e delle terre vici-

ne: Capolago, Riva S. Vitale, Morcote Sonvico, Blaserna con la Valle di Chia-

venna e la Torre di Olonio, da cui gli venne il titolo comitale per sé e per i

discendenti maschi, con diritto di sostituzione dì quelli di GIOVANNI, suo

fratello e dei suoi discendenti. Anch’egli batté moneta perché signore di

Como e di altre province. Morì nel 1419 a Castel Rusconi senza avere figli

legittimi.

FRANCHINO, di lui nipote, ottenne nel 1438 da Filippo Maria Visconti, l’in-

vestitura della terra e Castello d’Arona nel contado di Angera e di tutta la

Pieve di Travaglia. Sostituite l’anno dopo con la Pieve, il Castello di Locarno

e le Valli di Maggia Verzasca e Lavizara e confermate poi da Federico III, con

l’aggiunta di altre terre sulla riviera del Lago Maggiore: da Brissago e Asco-

na per Locarno, Gambarogno e Luino fino a Porto di Valtravaglia sopra Lave-

no nella spiaggia opposta. Franchino morì nel 1466. I beni feudali e allodia-

li nel 1470 furono divisi tra i figli PIETRO, ANTONIO e GIAN NICOLÒ, a cui

poi rimasero dopo la morte di Franchino, suo nipote, nel 1484.

Il secolo XVI segnò la decadenza di tutti i rami di questo casato.

Da GIACOMO PIETRO, figlio di Giovannì, che morì nel 1514, discende il

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Dimore e araldica dei Rusconi

ramo dei Rusconi di Bologna e di Cento per mezzo di Giovanni Antonio,

famoso architetto del XVI secolo. A lui è attribuita l’opera intitolata: “L’archi-

tettura secondo i Precetti di Vitruvio”, stampata dal Giolito in Venezia nel

1590. Sposò, in seconde nozze, Ambrogia Serbelloni, da cui nacque Gio Gia-

como, padre di Domenico che morì nel 1599.

Da Domenico discende BARTOLOMEO, padre di altro DOMENICO e di

CARLO, che visse a Como come i suoi avi. Erede dei beni del fratello, fu

padre di DOMENICO FRANCESCO, che da Como si trasferì a Bologna e di

BARTOLOMEO, il cui figlio PIETRO Giacomo nel 1725 divise col fratello

Carlo FRANCESCO le sostanze ereditate e passò a stabilirsi a Cento, nella

provincia di Ferrara.

Nella nuova dimora i Rusconi non furono da meno dei loro predecessori, e

la loro Casta crebbe di lustro e decoro, sia con ricchi acquisti e nobili paren-

tele, sia conseguendo alte cariche e dignità pubbliche.

Fra i personaggi che particolarmente emersero sono da segnalare: il beato

VINCENZO, figlio di Lotario, ricordato nel “Martirologio Serafico” il 13

novembre; la beata BEATRICE Rusconi-Casati, che morì il 16 marzo del 1490

nel rione di Breara a Milano.

CARLO GIUSEPPE, nel 1849 ministro per gli Affari Esteri della Repubblica

Romana, apprezzato drammaturgo e romanziere.

FELICE, generale del Genio militare, fu decorato con due medaglie d’argen-

to al valor militare per le campagne dell’Indipendenza.

PIER DIONISIO, conseguì le primarie magistrature in Cento come discenden-

te di questa illustre famiglia fu iscritto alla nobiltà bolognese fin dal 1781. Assie-

me ai fratelli fu insignito anche della cittadinanza nobile di Ferentino, di Vero-

li, di Anagni, di Alatri, di Piperno e di Ravenna. Papa Pio VII riconobbe i suoi

meriti e quelli della sua famiglia, e conferì il titolo di Marchese trasmissibile ai

suoi discendenti, fra cui FRANCESCO ANTONIO e DOMENICO.

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Dimore e araldica dei Rusconi

FRANCESCO ANTONIO, laureato in legge, fu Podestà di Cento, sua patria.

Di lui esiste una raccolta di rime pei tipi Bodoniani. Ospitò più volte nel suo

palazzo il cardinal Ugolini, legato di Ferrara.

Il figlio MICHELE, laureato in legge, dotto in ebraico, greco e latino, abilissi-

mo nell’epigrafia e nelle scienze sacre, frequentò il Collegio Filologico dell’U-

niversità di Bologna. Nel suo palazzo di Cento, il 15 luglio 1857, ospitò Pio IX

e da lui fu ordinato cavaliere di San Gregorio Alagno. Dalla contessa Vittoria,

figlia del conte Giuseppe Catucci da Narni e di Marianna dei Malatesta di Rimi-

ni, conti di Sogliano, ebbe FRANCESCO SAVERIO e PIETRO IGNAZIO.

Tre sono i rami di questa famiglia: quello di ANDREA, col titolo di Conte e

nobile di Ravenna, residente a Bagnacavallo, andò ad abitare il di lui avo Cesa-

re, e gli altri due dimoranti a Bologna. Sono iscritti nel Libro d’Oro della

Nobiltà Italiana e nell’Elenco Ufficiale Nobiliare Italiano, con il titolo di nobile

di Ravenna per D. M. di riconoscimento, il 21 luglio 1903, Conte per Decreto

del Capo del Governo del 17 dicembre 1927, in persona di STEFANO, di

Andrea Stefano di Cesare, nato a Bagnacavallo il 23 settembre 1866, si sposò

a Firenze l’8 luglio con Maria Blanc Tassinari ed andò ad abitare a Forlì.

Fratelli: MASSIMO, nato a Bagnacavallo il 26 settembre 1868. GIUSEPPE, nato

il 27 settembre 1872;

CESARE, nato il 15 giugno 1881, tenente colonnello dei Granatieri, Cavaliere

della Corona d’Italia, Cavaliere Maurìziano, decorato di due medaglie di

bronzo e due croci di guerra al valor militare. Si sposò a Cagliari il 27 luglio

del 1925 con Anna Loy Nieddu.

Sono iscritti nell’Elenco Ufficiale Nobiliare Italiano con i titoli dì Marchese,

nobile di Bologna, nobile di Ravenna, in persona di SAVERIO FRANCESCO,

di MICHELE di Francesco, nato a Bologna nel marzo del 1891. L’8 novembre

del 1919 sposò Beatrice Olimpia dei conti della Gherardesca.

FRANCHINO, nato a Bologna il 17 giugno 1892, cameriere segreto di spada

e cappa di Sua Santità, commendatore di S. Gregorio Magno. Il 26 aprile del

1923 sposò Telda Piera dei Conti della Gherardesca.

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Dimore e araldica dei Rusconi

PAOLA, nata a Bologna il 4 giugno del 1926; MARIA TERESA, nata a Bolo-

gna il 2 febbraio 1928. Sono iscritti nel Libro d’Oro della Nobiltà Italiana e

nell’Elenco Ufficiale Nobiliare Italiano coi titoli di Marchese per riconosci-

mento del 1886 nobile di Bologna, nobile di Ferrara, patrizio di Foligno, in

persona di FILIPPO di FERDINANDO, di GIUSEPPE.

RUSCONI - CLERICI

ARMA: Tronca, nel primo di rosso al leone leopardato di argento, coronato

d’oro e che tiene con la destra un rusco di verde, accostato da due trifogli di

verde; nel secondo d’argento a tre pali rossi; col capo d’azzurro all’aquila,

cucita di nero e coronata d’oro. Il Codice Araldico Lombardo, riconosce la

residenza a Milano e Modena.

Questo ramo della famiglia Rusconi di Como ottenne il riconoscimento del-

l’antica nobiltà con Decreto del settembre 1774 del Tribunale Araldico in per-

sona dei fratelli Pietro, Ignazio e Giovanni, di Carlo. Fu poi confermato nella

nobiltà, con Sovrana Risoluzione, il 21 novembre del 1816 in persona del

dottor Giuseppe, abbiatico del suddetto Pietro.

Per le generazioni più antiche di questa famiglia, si possono consultare le

tavole genealogiche pubblicate da Alberto Rusconi (Memorie storiche del

casato Rusca o Rusconi, Bologna, 1874). Però la genealogia ufficiale ricono-

sciuta, come risulta dagli atti del riconoscimento del 1774, ha per capostipi-

te RAVASINO, celebre e valente militare ed esimio dottore in legge come

dagli atti del XV secolo. Ravasino nel 1450, insieme con altri comaschi, fu

incaricato di trattare la sottomissione di Como a Francesco Sforza e a pre-

stargli giuramento di fedeltà per i suoi concittadini; fu anche uno dei com-

pilatori degli Statuti Comaschi del 1458 e decurione della sua città nel 1472.

Ebbe figlio Giovanni FRANCESCO, vivente alla fine del XV secolo, che

insieme col fratello Giovanni ANDREA, giureconsulto di Como, furono ordi-

nati cittadini antichi di Milano con diploma del Duca Lodovico Maria Sforza

del 24 ottobre 1498.

Giovanni Francesco ebbe figlio il dottore e fisico ANGELO, che fu, a sua

volta, padre di GUIDO; Guido generò ANGELO, che sposò la nobile Angela

Page 103: Notizie storiche della Casata Rusconi

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Dimore e araldica dei Rusconi

Mozzoni, del fu Francesco. Dal matrimonio nacque il figlio ALESSANDRO.

Da Alessandro nacque CARLO ANTONIO tenente di cavalleria nel reggi-

mento di don Ascanio Maria Gonzaga (1671, 1672).

Il figlio di Carlo Antonio fu un altro ALESSANDRO, nominato Giudice - Com-

missario per tre bienni consecutivi nelle controversie relative all’uso delle

acque del fiume Olona. Carica attestata con diploma del 20 aprile del 1683

di Carlo Il. Alessandro diede i natali a CARLO (marito di Margherita Clerici,

figlia del luogotenente Pietro Francesco, 1714, 1736, 1737), il quale assunse

il cognome Clerici, essendo stato nominato erede universale del nonno

materno). Carlo fu capitano di fanteria e da sua moglie Angela Brentano

ebbe otto figli, di cui tre femmine e cinque maschi. Di questi, due furono

cavalieri dell’Ordine Gerosolimitano e gli altri tre, cioè i già ricordati PIETRO,

IGNAZIO e GIOVANNI, si sposarono. Dal primogenito PIETRO, nato a Mila-

no il 20 maggio 1783, discendono gli attuali iscritti nell’Elenco Ufficiale Nobi-

liare Italiano con il titolo di nobile.

GIUSEPPE nato a Milano, 16 luglio 1883 (sposò Clementina Castiglioni), di

Giulio (nato a Milano il 25 novembre 1848), sposò a Milano, nel luglio del

1878, Eva Paganini; di Lorenzo prese parte al combattimento di Monte Suel-

lo il 3 luglio del 1866 e fu ordinato cavaliere della Corona d’Italia nel 1917.

La storia dei Rusconi per il momento finisce qui. Ma noi fratelli continuere-

mo nella ricerca dell’esistenza di altri documenti preziosi per arricchire il

nostro archivio di famiglia “Rusconi”. E concludiamo questa nostra memoria

storica con un ambizioso auspicio: quello di riportare l’oratorio di Santa

Ninfa (annesso alla villa Rusconi di Mezzolara di Budrio e tomba dei nostri

Avi), con l’aiuto sempre imprescindibile di nostri patrocinanti, agli antichi

splendori di un tempo.

Page 104: Notizie storiche della Casata Rusconi

Si ringraziano: il Prof. L. Parmeggiani e la Prof.ssa F. Servetti Donati per le notizie

riguardanti Mezzolara; la Biblioteca Civica di Cento per il materiale fornitoci.