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Callimaco Callimaco (310 – 240 a.C.) rappresenta la svolta epocale impressa alla civiltà greca dalla conquista di Alessandria. Infatti la sua poetica è una sostanziale rottura nei confronti della tradizione precedente: vengono messi in discussione i canoni dei generi letterari codificati nella poetica di Aristotele per far posto ad un sistema aperto e flessibile. Comunque c'è da dire che la posizione di Callimaco non è una polemica contro l'epos antico ma sottolinea semplicemente la sua inattualità. Così Callimaco per essere in armonia con l'Ellenismo propone piccole e raffinate composizioni che riprendono le saghe eroiche e che prendono il nome di epilli (piccoli Epi). Gli Aitia (Origini) Costituiti da 4 libri, composti in metro elegiaco spiegano attraverso la rievocazione di un mito le origini di un'usanza o di una cerimonia (anche nomi e cavoli vari). In questo modo Callimaco congiunge i suoi interessi storici antiquari con quelli poetici. Comunque questo connubio fra erudizione e poesia non è frutto di una creazione ex novo, ma di fatti non canta nulla che non sia attestato. I Giambi Costituiti da 13 componimenti in metro giambico, trattano una grande varietà di temi. Infatti con questa opera, Callimaco risponde all'accusa di oligostikìa (per gli amici "troppi pochi versi") con l'applicazione provocatoria della polyèideia (ovvero la varietà di temi). Questo aspetto viene ancora rafforzato dal fatto che il poeta rimarca il suo distacco dalla tradizione adoperando la forma giambica per rivestirne tematiche che ad essa erano tradizionalmente estranee. I carmi melici e l'Ecàle Dei carmi melici non si sa bene se facessero parte dei giambi o no, comunque sono 4 opere che trattano argomenti vari. L'Ecàle è invece un epillio che spiega l'origine del toponimo Ecàle che indica il demo attico. La relativa brevità, la raffinatezza dello stile, l'erudizione antiquaria che caratterizzano l'opera la rendono un modello per scrittori successivi. Gli Inni Gli inni sono 6 componimenti dedicati ad altrettante divinità. Sono un'opera interessante per il fatto che all'interno di essa si ha un oscillare fra l'accettazione della tradizione omerica e l'intenzione di violarla: infatti agli stilemi formulari del genere innografico si oppongono continue innovazioni e reinterpretazioni, cosa che crea nei lettori certe aspettative che poi vengono puntualmente disattese. Gli dei celebrati negli inni hanno tratti altrettanto umanizzati quanto quelli cantati dagli antichi aedi. Comunque i referenti terreni degli dèi

Riassunto callimaco

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Callimaco

Callimaco (310 – 240 a.C.) rappresenta la svolta epocale impressa alla civiltà greca dalla conquista di Alessandria. Infatti la sua poetica è una sostanziale rottura nei confronti della tradizione precedente: vengono messi in discussione i canoni dei generi letterari codificati nella poetica di Aristotele per far posto ad un sistema aperto e flessibile. Comunque c'è da dire che la posizione di Callimaco non è una polemica contro l'epos antico ma sottolinea semplicemente la sua inattualità. Così Callimaco per essere in armonia con l'Ellenismo propone piccole e raffinate composizioni che riprendono le saghe eroiche e che prendono il nome di epilli (piccoli Epi).

Gli Aitia (Origini)Costituiti da 4 libri, composti in metro elegiaco spiegano attraverso la rievocazione di un mito le origini di un'usanza o di una cerimonia (anche nomi e cavoli vari). In questo modo Callimaco congiunge i suoi interessi storici antiquari con quelli poetici. Comunque questo connubio fra erudizione e poesia non è frutto di una creazione ex novo, ma di fatti non canta nulla che non sia attestato.

I GiambiCostituiti da 13 componimenti in metro giambico, trattano una grande varietà di temi. Infatti con questa opera, Callimaco risponde all'accusa di oligostikìa (per gli amici "troppi pochi versi") con l'applicazione provocatoria della polyèideia (ovvero la varietà di temi). Questo aspetto viene ancora rafforzato dal fatto che il poeta rimarca il suo distacco dalla tradizione adoperando la forma giambica per rivestirne tematiche che ad essa erano tradizionalmente estranee.

I carmi melici e l'EcàleDei carmi melici non si sa bene se facessero parte dei giambi o no, comunque sono 4 opere che trattano argomenti vari. L'Ecàle è invece un epillio che spiega l'origine del toponimo Ecàle che indica il demo attico. La relativa brevità, la raffinatezza dello stile, l'erudizione antiquaria che caratterizzano l'opera la rendono un modello per scrittori successivi.

Gli InniGli inni sono 6 componimenti dedicati ad altrettante divinità. Sono un'opera interessante per il fatto che all'interno di essa si ha un oscillare fra l'accettazione della tradizione omerica e l'intenzione di violarla: infatti agli stilemi formulari del genere innografico si oppongono continue innovazioni e reinterpretazioni, cosa che crea nei lettori certe aspettative che poi vengono puntualmente disattese. Gli dei celebrati negli inni hanno tratti altrettanto umanizzati quanto quelli cantati dagli antichi aedi. Comunque i referenti terreni degli dèi non sono più dei guerrieri "pastori di popoli" ma potenti sovrani ellenistici.

Gli Epigrammi (da epigrafein, "scrivere sopra")I temi trattati e la lunghezza di questi componimenti sono i più svariati. Inoltre è molto problematico tracciare una cronologia all'interno di essi. Inoltre sono caratterizzati da un uso di metri lirici e di formi dialettali doriche che rimarcano la varietà.

Poetica di CallimacoL'affermazione mega bibliòn mega kakòn non è soltanto una polemica ai caratteri

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quantitativi della tradizione ma fa intravedere anche una presa di posizione anti – aristotelica. Come avevamo già detto all'inizio il rifiuto dell'imitazione non implica la necessità della pura invenzione: infatti Callimaco si richiama di continuo al dato erudito che costituisce un grande supporto alla sua poetica. Quindi si può dire che, in senso generale, Callimaco si pone come oggetto la verità. Inoltre come gia detto all'inizio il poeta decide di tagliare le connessioni con l'epica tradizionale per non dover rielaborare materiali già consunti da una tradizione plurisecolare.

Contro i Telchini (prologo dell'Aìtia)Questa parte contiene per la prima volta nella storia letteraria un'enunciazione di poetica, nella quale Callimaco rappresenta i suoi avversari come Telchini (mitici demoni esperti di magie e capaci di gettare il malocchio sui loro avversari). La principale accusa contro il poeta era quella di oligostikos, cioè i troppi pochi versi per la difficoltà personale del poeta di impegnarsi a lungo nel compiere un opera. Si difende da questa accusa innalzando la leptotes, ovvero la leggerezza della sua breve poesia: per fare questo il poeta ricorre ad una serie di immagini che contrappongono il suo modo di far poesia a quello dei tradizionalisti (melodioso usignolo/cicala canora ecc.).

Callimaco - GiambiI giambi sono una raccolta di tredici composizioni in dialetto ionico letterario a imitazione dei giambografi arcaici. Sono giunti fino a noi attraverso papiri purtroppo danneggiati, ma possediamo un riassunto che ne ricostruisce la trama. I meglio leggibili sono i giambi 1 e 4. Nel primo giambo, Callimaco fa rivivere l'antico Ipponatte, che torna dall'Ade per convocare i filologi nel serapèo di Alessandria dove tiene loro un sermoncino, raccomandando di mettere da parte le invidie. Per illustrare la sua morale racconta la favola della coppa dei sette sapienti: il ricco Battiliche d' Arcadia, in punto di morte, aveva affidato ai figli il compito di consegnare una coppa d'oro al più sapiente dei greci ma, di fronte a questo dono inaspettato, nessuno dei sette si ritenne degno di riceverlo, e la coppa torna nelle mani di Talete che l'aveva consacrata ad apollo. Il quarto giambo descrive un allegorica contesa letteraria tra l'alloro e l'ulivo, entrambi accalorati nel vantare i propri meriti su quelli del rivale, con il paradossale intervento di un vecchio cespuglio di rovi che tenta di mettere pace tra i due contendenti. Degli altri giambi resta quasi solo il riassunto; nel tredicesimo Callimaco si giustifica per la varietà dei suoi componimenti invocando il precedente del poligrafo del secolo V Ione di Chio; il secondo contiene la favola degli animali che mandano un ambasceria a Zeus per mettere al bando la vecchiaia; il terzo critica l'opera presente in cui il denaro prevale sulla virtù.

Nei giambi Callimaco dà nuova forma a un genere letterario tradizionale. I suoi antichi modelli utilizzavano il giambo come strumento per l'eccellenza della " poesia del biasimo", fatta di contenuti aggressivi e violenti, di attacchi personali sviluppati specialmente nel contesto del simposio e dunque destinati alla recitazione. I giambi callimachei invece sono concepiti per la divulgazione scritta e assumono un carattere generalmente moralistico, che influenzò lo sviluppo della satira letteraria romana. La caratteristica è sia la varietà dei motivi sia delle tipologie metriche: si trovano temi di contenuto etico e polemiche letterarie; anche all'attualità, ma non possiedono il carattere aggressivo e graffiante, i valori di satira sociale o politica propri dei modelli arcaici, nè presentano i tratti più selvaggi dello spirito giambico. Ampio ricorso alla fiaba o all'allegoria sono elementi già presenti nella giambografia precedente e non mancano riferimenti a miti e costumi rari.

Scelte stilistiche: l'erudizione, la capacità di delineare scene e personaggi nella loro quotidianità, l'uso di glosse e parole rare dietro l'ingannevole semplicità del verso, il fine tessuto allusivo del testo.

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Callimaco - Aitia

Gli Aitia (cause) sono uno dei capolavori di Callimaco: una raccolta di elegie in quattro libri. l'opera realizza il suo programma poetico e intellettuale e può essere rappresentato come manifesto di un nuovo modello di poesia. Probabilmente andarono perduti nelle devastazioni provocate dalla conquista crociata nel 1204. Numerosi frammenti papiracei e un riassunto in prosa consentono però di delineare il tracciato dell'opera: una prima edizione comprendeva due libri, che divennero quattro, preceduti da un nuovo prologo. Nella prima edizione gli Aitia iniziavano con un sogno nel quale Callimaco incontrava le muse che soddisfavano la sua curiosità erudita e, rispondendo alle sue domande, gli spiegavano via via le ragioni di usi e abitudini solite e rare. Il pretesto del sogno fungeva da tessuto connettivo dell'opera anche nell'edizione successiva, se non altro per i primi due libri. Questo espediente si richiamava all'antico modello di Esiodo, che nella teogonia aveva raccontato la sua iniziazione poetica sul monte Licona; il modello callimacheo influenzò gli autori successivi, Ennio e Orazio, che utilizzarono il topos del sogno poetico. Gli Aitia sono una successione di testi autonomi, ciascuno concluso in se stesso e destinato a sviluppare un argomento di natura erudita ed antiquaria, rivolto a illustrare con prezioso intellettualismo costumi e racconti antichi e marginali, che potevano attirare l'attenzione del raffinato e ristretto circolo dei lettori. Gli Aitia sono il primo esempio di poesia eziologica, che si sforza di far emergere da un tempo mitico o semi-mitico l'origine prima, la "causa" di un rito, di un dato tradizionale religioso. L'erudizione diventa in Callimaco poesia e gli Aitia sono la prima e fondamentale manifestazione dell'operare di un poeta doctus, nutrito di letture e capace di tradurle in versi impeccabili, raffinati, anche se spesso di una freddezza fin troppo marmorea.

L'Epillio Ecale di CallimacoÈ una breve composizione di argomento mitico in esametri. L’Ecale è un poemetto in cui l’estetica callimachea della poesia dotta e raffinata trova compiuta espressione. È narrato un mito locale ateniese: il giovane Teseo, inviato a catturare il selvaggio toro di Maratona che devasta la regione, viene ospitato da una vecchietta, Ecale, che lo intrattiene amichevolmente. L’incontro avviene nella capanna in cui Ecale vive solitaria e dove Teseo decide di trascorrere la notte prima della prova; così condividono una povera cena durante la quale Ecale racconta la storia della sua vita, un tempo felice, ed ora triste e solitaria. Il mattino dopo Teseo parte, affronta il toro; il toro viene soggiogato ed Ecale muore di crepacuore credendo che Teseo fosse stato ucciso. Teseo, commosso, onora la vecchia istituendo una festa e dando il suo nome ad un villaggio dell’Attica. L’incontro tra la vecchia e l’eroe costituiva il vero nucleo artistico dell’episodio e dava luogo alla spiegazione eziologica di un nome. Il testo procedeva incorporando vari personaggi di natura non eroica: due cornacchie, che disquisiscono di miti rari. Si tratta dunque di un impasto dai toni commisti, che realizzano un racconto epico ricco di divagazioni. Di quest’opera restano scarni frammenti papiracei grazie ai quali si può solo intuire il modo di sviluppare temi epici: una trama preziosa, trapunta di grosse forme epiche rare o utilizzate con nuovi significati, attenta a impressionistici dettagli tratti dalla vita quotidiana e percorsa da un sottile umorismo.

Callimaco - InniI sei inni sono destinati a celebrare le divinità cittadine in pubbliche feste.

Il primo inno è dedicato a Zeus e descrive il parto della madre rea che salvò suo figlio dagli impulsi cannibalici del padre, generandolo al riparo di una grotta, situata

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tradizionalmente a creta, ma collocata da Callimaco in Arcadia;termina con un elogio del protettore del poeta.

L'”inno ad apollo” dopo un esordio di magica suggestione religiosa, passa a lodare il dio attraverso una serie di riferimenti eruditi a riti e luoghi di culto, si sofferma sui suoi legami con Cirene e termina con l'immagine di apollo che elogia l'estetica callimachea della poesia breve e raffinata.

L'”inno ad Artemide” contiene un bozzetto tutto ellenistico di Artemide bambina che chiede al padre divino i suoi privilegi quasi fossero dei giochi e si fa costruire le armi dai ciclopi nella loro fornace; l'inno si conclude con una serie di erudite digressioni sui luoghi cari alla dea.

L'”inno a Delo” celebra l'isola sacra ad apollo e descrive le peregrinazioni di Latona, che vaga per il mondo perseguita dalla gelosia di Era, alla ricerca di una terra disposta ad accettare il suo parto; è Delo ad accoglierla; la dea porta alla luce i suoi gemelli (Apollo ed Artemide).

I “Lavacri di Pallade” prende spunto da una cerimonia religiosa argiva in cui ogni anno si lavava nel fiume la statua della dea; il nucleo narrativo è il racconto dell'accecamento di Tiresia, che giovinetto, stava cacciando per i mondi ed ebbe la sfiga di sorprendere Atena nuda a una fonte mentre si stava lavando; perse così l'uso degli occhi. ma ebbe in cambio dalla dea il dono della profezia.

L'”inno a Demetra” si collega ad una cerimonia che si celebrava a Cirene in onore di Demetra e tratta del sacrilego Erisittone che osò abbattere il bosco sacro della dea e fu per questo punito con una fame insaziabile. Benché il genere letterario dell'inno appartenga alla letteratura tradizionale, Callimaco ha un suo luogo speciale di rivisitare la tradizione. l'orizzonte culturale di queste composizioni appare enormemente diverso rispetto ai modelli arcaici. l'uso del mito, le allusioni, i riferimenti eruditi e l'intreccio tra realtà mitica e quotidiana danno forma a bozzetti di gusto tipicamente ellenistico.

Innovazioni di Callimaco nella concezione della produzione letterariaQuali innovazioni portò Callimaco nella concezione della produzione letteraria?

Callimaco è il primo che oltre a scrivere un’opera ne è anche l’editore, in quanto in questo periodo assume importanza la struttura di uno scritto, che solo l’autore può dare correttamente in base alle sue intenzioni. Il contenuto degli inni presenta comunque un’evidente fusione tra l’antico e il nuovo: ad aspetti rapsodici si

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giustappongono anche quelli tipicamente alessandrini.

Vi è infatti celebrazione degli dei (precedente) e del sovrano (presente), il mondo divino è descritto in maniera umoristica ma anche in modo umano e “borghese”e vi scompaiono le caratteristiche di autentica religiosità, estranee ormai al mondo alessandrino.Troviamo poi dal punto di vista stilistico sia esametri tipicamente omerici, sia innovazioni metriche e linguistiche che connotano la volontà di cambiare, infrangendo le leggi dei generi.

Quali furono le reazioni dei letterati di fronte alle sue novità?

Callimaco non riscontrò grande successo negli ambienti letterari greci contemporanei in quanto avversa l’epica che nonostante le sue critiche continuò ad essere un genere fiorente nel suo periodo. Ottenne però una certa importanza all’interno degli ambienti dotti.

La sua grande fortuna fu però presso i Romani che lo adottarono presto come modello ( vedi Catullo, Elvio Cinna, Ennio, Licinio Calvo, Mosco…).Recentemente Callimaco è stato riscoperto, grazie a Rudolf Pfeiller e sono stati abbattutti i preconcetti che lo dipingevano come un poeta freddo, dedito al gioco e vi sono state riscoperte le innovazioni, il realismo e legami con la politica.

Che cosa sono gli inni per Callimaco? E nella tradizione letteraria?Callimaco, non essendo condizionato dal legame con l’occasione introduce negli inni elementi di novità rispetto alla tradizione: troviamo infatti bozzetti di vita quotidiana, scene ero-comiche, disquisizioni mitografiche ed erudite, caratteri propri del nuovo periodo ellenistico.

Scarta poi gli inni arcaici in metro lirico e troviamo la contaminazione tra l’inno omerico e quello lirico.

Definisci i vari toni presenti in tutto l’inno.

L’iino ha una forte capacità di suggestione soprattutto nei versi centrali: la profonda calma meridiana, l’acqua della fonte, la quiete che domina la montagna evocano un paesaggio carico di sacro mistero.

L’episodio di Tiresia è sviluppato in maniera sobria,scarna ed efficace; l’inno prende poi un ritmo più discorsivo fino alla scena finale.

Ricostruisci il ruolo ricoperto dai personaggi presenti nell’inno.

Pallade è la dea; Cariclo, madre di Tiresia, è una ninfa amica di Atena; Tiresia è lo sfortunato fanciullo che involontariamente vede la dea nuda.(tema ripreso poi da Foscolo nelle Grazie).

Quale funzione assume la storia nel contesto?

La funzione assunta dalla storia nel contesto è indubbiamente pedagogica, in quanto insegna come l’uomo debba rispettare le leggi divine, pena una punizione che in questo caso è la privazione della vista. La storia narrata serve comunque per evitare che occhi maschili vedano la statua prima della cerimonia e quindi per compiere secondo i riti la festa religiosa.

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Quali doni sono offerti da Atene a Tiresia?

Atene promette a Cariclo che suo figlio sarà compensato della perdita della vista col dono della profezia. Anche se i suoi occhi saranno ciechi avrà la vista della mente che gli permetterà di decifrare i messaggi divini, vivrà a lungo e rimarrà vate anche dopo la morte. Otterrà infine una preziosa fama.

L’inno si può dire legato ad un’occasione?

L’iino è legato alla festa annuale di Pallde Atena ad Argo, durante cui la statua della dea viene immersa nel fiume Inaco. Così, l’io narrante, un banditore sacro, per evitare che l’occhi maschile guardi il simulacro prima del tempo, narra la storia di Tiresia.

Callimaco

Vita:Il maggiore dei poeti alessandrini, Callimaco è considerato sia il principale teorico sia il migliore esponente della poesia ellenistica. Nato intorno al 300 a. C. a Cirene, in gioventù visse in ristrettezze economiche e fu costretto a trasferirsi ad Alessandria per vivere della professione di maestro di scuola.. Presto fu introdotto alla corte di Tolomeo II Filadelfo grazie alla sua precoce fama di poeta ed erudito. Lavorò alla Biblioteca ma sappiamo con certezza che non ne divenne mai il direttore. Callimaco divenne comunque il poeta ufficiale della corte e celebrò nelle sue poesie i fasti i matrimoni e i lutti della casa regnante. Morì intorno al 240. La produzione di Callimaco come erudito

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e come poeta fu immensa: la tradizione gli attribuiva ben 800 volumi, oggi quasi tutti perduti, tutti di argomento erudito: lessici, etnografia, geografia, curiosità, toponomastica. Assai più limitata era la produzione poetica,in coerenza con le sue convinzioni estetiche che miravano alla brevità e alla cura della forma. Sono conservati per intero i sei Inni una sessantina di Epigrammi. Le opere più famose e significative comunque era il poemetto in esametri Ecale e i quattro libri di elegie intitolati Aitia.

Inni: Gli Inni di Callimaco sono sei, ciascuno indirizzato ad una divinità. Probabilmente furono composti in momenti differenti e riuniti insieme solo in un secondo tempo. Sono tutti in esametri, tranne per I lavacri di Pallade che è in distici elegiaci. Il contenuto degli Inni è di tipo arcaico e ripreso dagli inni agli dei attribuiti ad Omero, ma affrontandolo con sensibilità totalmente nuova. Gli dei sono messi sullo stesso piano degli uomini e compiono le loro stesse azioni. La somiglianza arriva ad un punto tale che sono descritte la nascita e la fanciullezza del dio. Callimaco scrive non semplicemente per esporre il mito ma per fare sfoggio d’erudizione; la sua opera è scritta innanzi tutto per il piacere di scrivere, e solo in secondo piano c'è l'intenzione di erudire il lettoreInno a Zeus: è il primo della raccolta,ha inizio con una discussione sul luogo di nascita di Zeus e poi passa a celebrare la potenza del dio supremo. Inno ad Apollo:con dotti riferimenti si celebrano le prerogative del dio,che culminano nella fondazione di città:questo motivo offre l’occasione per celebrare Cirene,la patria dell’autore. L’inno si conclude con Apollo che respinge con il piede l’Invidia. Inno ad Artemide: troviamo un’Artemide bambina che tira la barba di Zeus per farsi ascoltare: una scena tipicamente umana, che potrebbe avvenire tra qualsiasi figlia e padre e che testimonia la misura di Callimaco nel ridurre il mondo olimpico all'umano. Poi scende nelle caverne dei Ciclopi che le fabbricheranno l’arco e le frecce.L’inno si conclude con òa dea cacciatrice che porta le prede nella dimora di Zeus.Inno a Delo: è un elogia all’isola in cui trovò rifugio Leto per partorire Apollo. Ora nell’isola viene celebrato con sontuose feste.I Lavacri di Pallade: quinto inno dove è ripreso il mito della dea che si bagna nelle acque del fiume e viene vista per caso da Tiresia, il quale per punizione viene accecato, ma riceve la capacità di predire il futuro. La madre di Tiresia supplica la dea di perdonare il figlio, ma senza risultato; c’è dunque un distacco tra mondo divino e mondo umano. Il contenuto è tipicamente aulico, ma non c'è la passionalità tipica di una situazione del genere; troviamo delicatezza e malinconia, con la tendenza a sfumare tutti i toni e a renderli il più delicati possibile.Inno a Demetra: descrive una processione in onore della dea, durante la quale viene portato un cesto di offerte sui cui lati è raffigurato il mito di Erisittone, che aveva tagliato delle querce sacre alla dea ed era stato punito con una fame insaziabile che lo aveva portato alla morte. L’inno si conclude con l’invocazione della dea protettirice delle messi,perché procuri abbondanti raccolti.

Ecale: Era un poemetto di circa 1000 versi su Teseo ospitato da una vecchia, Ecale. Si trattava del primo epillio, un genere dunque inventato da Callimaco, che quindi aveva modo di fare poesia privata e intima, più reale, ma anche raffinata, per la brevità, e per la scelta di un mito raro. In questo epillio, conservato in frammenti molto brevi, Callimaco rompe quindi con l'epica ed i suoi temi, inserendo la sua poetica della brevitas e dell'ironia, umanizzando l'eroe e trascurando i grandi temi guerreschi.

Aitia: Gli Aitia erano l'opera più vasta di Callimaco: contenevano circa 4000 versi divisi in quattro libri, in cui (nei primi due) il poeta incontrava in sogno le Muse e chiedeva loro le varie origini (aitia, appunto) di certe usanze. Non si trattava di

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un'opera ordinata, bensì di una raccolta di numerose elegie, in genere indipendenti tra loro. Ogni aition era dedicato alla ricerca delle origini di una festa, di una città, di un mito, di un'istituzione. Oggi ci rimangono, oltre a riassunti pairacei e frammenti i varia estensione, che ci consentono di recuperare la struttura dell'opera e alcuni brani, il proemio ed alcuni frammenti, tra cui la Chioma di Berenice (un frammento dell'originale e la traduzione latina di Catullo). Nonostante l'apparente contenuto scientifico, gli Aitia sono in realtà un'opera di intrattenimento, uno sfoggio di erudizione in cui risalta soprattutto la raffinatezza dell'arte di Callimaco.Chioma di Berenice: è l'aition che chiude il quarto e ultimo libro dell'opera. La chioma stessa narra in prima persona la sua storia: fu offerta in voto dalla regina Berenice in occasione della partenza del marito, Tolomeo Evergete, per una spedizione militare in Siria. Ma scomparve dal tempio e l'astronomo di corte la scoprì in cielo, trasformata nella costellazione che da lei prese il nome. Quest’elegia piacque a Catullo, che la tradusse in latino nel carme 66; ed è nella sua traduzione che oggi è a noi nota. In quest’elegia l'esaltazione del sovrano si unisce a quella della fedeltà coniugale: non si tratta solo di riscontrare un evento umano nella sfera celeste, ma piuttosto di elogiare con discrezione il sovrano e la sua consorte con la misura tipica del poeta di Cirene. Epigrammi: Gli epigrammi di Callimaco si caratterizzano per la loro brevità e per il fatto che al centro di ogni componimento è posto il sentimento, anche se trattato con la consueta ironia e raffinatezza. A noi ne sono pervenuti 63, la maggior parte di argomento funerario, ma alcuni anche riguardanti l'autore stesso.

CALLIMACO

Fu il primo ad organizzare la pubblicazione della sua opera, diede una visione d’insieme alla sua produzione, che per altro fu vastissima: la tradizione gli attribuisce 800 libri!! È decisamente esagerato chi dice che addirittura ne scrisse 2400, perché i rotoli erano tripli! 800 può anche andare bene perché non è un numero magico.

Nacque attorno al 300 a Cirene; aveva un’ottima cultura, ma si ridusse a fare il maestro in una scuola di periferia; in seguito fu notato dai Tolomei che lo fecero entrare nella biblioteca di Alessandria. Ci si è posti il problema se sia stato il direttore della biblioteca, però non c’erano prove né che lo sia stato, né che non sia mai stato direttore; ora che abbiamo trovato l’elenco dei direttori sappiamo che non lo fu mai. Il secondo direttore della biblioteca però fu Apollonio Rodio, che fu allievo di Callimaco:

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indica l’influsso, l’auctoritas di cui Callimaco godeva; più che un fallimento, ora si tende a vedere il fatto che non sia stato direttore come una scelta di Callimaco. Infatti quando Tolomeo sposò Berenice di Cirene, che veniva dalla stessa città di Callimaco, il prestigio del dotto accrebbe: è difficile pensare che non abbia ricevuto l’offerta, quindi probabilmente è lui che l’ha rifiutata.

Πινακες

Πινακες, cioè “tavole”, è la sua opera di erudizione massima. Composta da 120 libri, sono le “tavole” di tutti coloro che si distinsero in tutti i branchi della cultura, e le loro opere. Non è solo un catalogo, ma l’elenco di tutti i settori del sapere, divisi secondo il settore, con cenni di vita e elenco delle opere veramente attribuibili all’autore, e forse anche stechiometria (lunghezza). Non può aver fatto tutto da solo: è una raccolta notevole di notizie storiche o aneddotiche che coinvolgono tutta la cultura passata. Contiene tutto un passato che da un lato è finito, dall’altro non lo si vuole lasciare morire e lo si studia e organizza. C’è orgoglio per la propria cultura. Non è un’opera letteraria, né pretende di esserlo: è un’opera da erudito, adatta ad un direttore di biblioteca, un’opera di consultazione. Ne abbiamo solo pochi frammenti, quindi non sappiamo quanto valga!

Opera poetica

È vasta e risente di quella da erudito. È una poesia nuova che partendo dall’antico cerca di trasformarlo facendo notare la sua abilità tecnica variando il metro, il dialetto… si innesta sulla tradizione rinnovandola. Più importante delle variazioni tecniche, quello che cambia è l’atteggiamento. Gli autori della tradizione sapevano che la propria opera non era un’opera pura e semplice, ma andava al di là di quello che diceva per piacere letterario, e costituiva una guida a cui chi ascoltava tendeva ad uniformarsi. Il mondo ellenistico sapeva di non essere più così:

Non c’erano più valori comuni da trasmettere;

Il pubblico era alla pari di chi scriveva: non avevano più bisogno di essere guide, ma volevano mostrare la loro abilità tecnica.

La tradizione veniva utilizzata per adattarla ad un mondo nuovo.

Gli inni

Si rifanno agli inni omerici: in esametri, in dialetto ionico. Callimaco ne scrive 6:

5 in esametri secondo la tradizione

1 in distici elegiaci novità.

Omero aveva utilizzato il dialetto ionico negli inni perché era la sua lingua; l’ellenismo non individua nel dialetto usato quello dell’autore, ma è parte delle caratteristiche del genere, come l’ha consegnato la tradizione. Il linguaggio è artificioso, letterario. Due sono in dorico: il dorico non ha mai prodotto epica! È diverso l’atteggiamento rispetto agli inni omerici:

- Omero usava un tono narrativo, era un’epica che racconta, fedele negli episodi di vita della divinità.

- Callimaco fa una narrazione di tipo lirico, che tende al patetico. Non è un racconto, ma come fosse un pezzo di lirica.

- Omero credeva in questi dei

- Callimaco non ci crede più: non è ateo, ma è l’epoca che non ci crede più. Tende ad umanizzare le divinità, le vede nella loro figura umana.

È bello in particolare l’inno ad Artemide, dea che di solito è gelida, è vergine, ha

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qualcosa di freddo, non ha passione nelle sue relazioni, vivere nei boschi la isola. Callimaco per fuggire a questo la vede bambina: si arrampica sulle ginocchia di Zeus e gli chiede il settore della caccia. Appare una bambina come tante, una persona normale. Zeus accetta e la manda dai ciclopi a farsi fare le armi; è una dea e non ha paura, così va nell’Etna e chiede le armi come fossero giocattoli. Si arrampica sui ciclopi come era salita in braccio al padre. Teocrito parlerà di un ciclope innamorato! Gli Dei ormai sono totalmente umani. Tornata sull’Olimpo, incontra Eracle, che è un Eracle da commedia: agli antipodi di Artemide. Trasforma le due figure (Eracle da commedia era già stato usato). Usa uno stile che è stato definito “giocoso” Callimaco affronta questi argomenti come un gioco, non crede nelle divinità e nei valori che portano. C’è la ricerca del motivo eziologico: cerca di spiegare anche le cerimonie. L’ellenismo va alla ricerca non per fede, ma per cultura, di queste ragioni.

L’unico momento in cui si fa prendere la mano e si lascia commuovere è nei lavacri di Pallade. Presenta un dio prigioniero della sua divinità. La legge di Zeus imponeva di punire chi vede una dea nuda, e lei non può sottrarsi a questa legge, anche se non coincide con la sua volontà. La divinità non è più onnipotente! Nell’Iliade anche Zeus pesava il destino, Apollo non poteva non lasciare morire Ettore, però la cosa turbava un secondo, poi basta. Qui invece è sentita. Dice che è la legge di Chronos, un destino a cui non può sfuggire: la τυχη non è solo una divinità, è il destino, tipo αναγχη. In questo periodo credevano solo più alla τυχη, tutto era ricondotto a questa forza, persino l’αναγχη, alla quale anche gli dei sono sottoposti. L’atteggiamento giocoso è una sua scelta, e qui non riesce più a controllarsi. Si immagina un messaggero ad Argo, in una festa la statua di Pallade era portata a fare il bagno. Uno annuncia l’arrivo della statua, e dice che nessuno la deve vedere nuda, altrimenti sarebbe diventato cieco com’era successo a Tiresia. L’ambiente si sposta, sulla scena ci sono Atena e le ninfe, e Tiresia, giovane (quindi fragile) che senza volerlo vede Atena nuda, e lei lo rende cieco, obbligata, non avrebbe voluto. Dice: “prendi la mercede che ti è voluta!” = questo è il tuo destino al quale non puoi sottrarti, ma neanche io posso. La madre di Tiresia difende il figlio: è forte il pathos, però la madre per difendere il figlio si ribella alla dea nell’Iliade Achille poteva permettersi di insultare Apollo, però Achille è un eroe; lei è una ninfa, però non potrebbe! La dea ha pena per lei, non è colpa sua, ma deve rispettare le leggi; anzi dovrebbe essere contenta perché poteva andargli peggio: cita l’esempio di Atteone, che ha visto Artemide nuda ed è stato sbranato dai cani, che non sono amici dell’uomo (visione Omerica: Priamo a Ettore: “i miei cani mi sbraneranno”). La sorte di Tiresia a questo punto è preferibile, dice alla madre che i genitori di Atteone sarebbero contenti della sorte di Tiresia perché il loro figlio è stato sbranato dalle cagne (un male femmina non può che essere peggiorativo). Atena non può correggere la legge di Chronos, può solo aggiungere dei doni: gli dà la vista della mente, e Tiresia diventa un indovino.

Gli Dei sono umanizzati, si abbandona al piacere di raccontare, l’elegia che aveva notevole varietà di contenuti diventa narrativa, strumento per raccontare i miti, non quelli sconosciuti, ma i più rari. Non devono essere sconosciuti perché l’allusione a cui l’autore ellenistico ricorre non basterebbe se il mito fosse sconosciuto; i destinatari invece lo conoscevano, erano colti: prende il mito meno usato, o la versione meno usata di un mito, e il lettore lo riconosceva perché all’autore bastava fare un’allusione.

Il quarto mito è quello di Demetra: se ne conoscevano molte vicende, ma prende la vicenda di Erisittone, che è una delle meno frequenti. Il mito di Erisittone è ridicolo. Parla di un uomo che ama mangiare e vuole ampliare la sala, cerca della legna e si accorge che quello che sta tagliando è un bosco sacro a Demetra, che lo condanna ad una fame insaziabile. Avrebbe potuto farci un dramma, ma Callimaco lo tratta in modo leggero. Erisittone mangia tutto quello che vuole, ma evidenzia l’aspetto grottesco. È un esempio caratteristico di Callimaco perché:

1. È un mito che non conoscono tutti

2. Per il modo in cui lo tratta piacere di raccontare (elegia)

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3. per la condanna di Demetra: non è sentito come una tragedia, ma come una vicenda

La dea è umanizzata. Il mito è raccontato, non perché non si sappia, ma perché l’elegia è strumento per raccontare. Umanizzazione degli dei: possono diventare bambini, nessuno si scandalizza, perché sono personaggi di un passato e nessuno ci credeva più.

Epigrammi

È un genere che non ha precedenti non ha una tradizione alle spalle a cui rifarsi, a cui si era vincolati. L’unica caratteristica era la brevità, e in epoca ellenistica non poteva non piacere per questo. In un epigramma non c’era la preoccupazione di avere una preparazione di tipo culturale-erudito: Calimaco diceva quello che sentiva. Spesso sono funebri:

- Uno per un poeta, Eraclito, nel quale usa una bella immagine: mettere il sole a letto per indicare la sera siamo noi che a forza di parlare lo mandiamo a dormire, non è la sera che ci coglie all’improvviso. È bella proprio l’idea di “metterlo a letto”, dà un’idea di maggiore familiarità. Usignoli: deve essere il titolo di un’opera di questo Eraclito, poi gioca su un equivoco: vive per sempre la sua opera/usignoli nel senso di voce melodiosa come la tua poesia, che vive per sempre.

- Ne scrive uno per una bambina: Callimaco è fresco, non ci sono implicazioni, non ci sono doveri di erudizione, si lascia andare alla commozione.

- Per un bambino di 12 anni: era piccolo, ma era una grande speranza del padre, delusa: ne sottolinea la sproporzione.

- Poi scrive 2 auto-epigrammi per la sua tomba!

1. Parla di sé e del padre condottiero: dice che i suoi canti sono più forti dell’invidia: nessun’invidia di altri poeti lo può far tacere. Chi le Muse hanno destinato essere poeta, sarà poeta per sempre.

2. Dice di essere un uomo in grado di scherzare sotto l’effetto del vino: Bacco, dio del vino e della poesia.

- In un altro epigramma dice: “ODIO IL POEMA EPICO”: intende tutta l’epica o salva Omero? Anche questo fa parte di un ciclo! L’odio di Callimaco e degli ellenisti per il poema epico tradizionale coinvolge anche Omero? Non si sa! Dice anche di odiare πάντα τα δημόσια le cose aperte a tutti, che non hanno niente che distingua: lui le fugge: vuole cercare qualcosa di nuovo, odia tutto ciò a cui tutti possono arrivare, come la fontana della piazza. Disdegna ciò che non è straordinario.

- In un pezzo di epigramma che non abbiamo dice: μεγα βιβλιον, μεγα κακον, inteso come rovina intollerabile. Si riferisce al poema epico? Ad un’opera che pretende di avere valore per la quantità e non per la qualità? Include anche Iliade e Odissea? Boh?!! Qualcuno sostiene che Callimaco stia attaccando i poemi epici suoi contemporanei, non Iliade e Odissea.

Ecale

È un poema di 700/800 versi, di cui l’episodio del toro ne occupa 50. Il resto è dedicato al viaggio, in particolare ad un episodio. Teseo si ferma lungo la strada e chiede ospitalità ad una vecchietta, Ecale, che non lo riconosce, ma pur nella sua povertà lo accoglie e gli dà da mangiare. Teseo poi parte e va ad uccidere il toro, quando torna vuole premiare la vecchietta per la sua generosità, però scopre che è morta, allora fonda sul luogo della sua capanna un tempio a Zeus Ecalio (motivo eziologico). Non si sa se fosse un’invenzione di Callimaco, probabilmente no, doveva essere un mito poco frequente.

Il poemetto è diverso dal poema epico, per lunghezza, per la scelta di un mito poco frequente, ma anche perché capovolge i valori. Un poema tradizionale avrebbe

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evidenziato l’atto eroico, a cui invece sono dedicato solo 50 versi. Qui il vero eroe non è Teseo, ma è l’eroe della vita di tutti i giorni. È molto diverso da Achille e dagli eroi dell’Iliade che essenzialmente combattono. Teseo è stanco e si ferma: l’eroe è umanizzato, ha i suoi bisogni e le sue debolezze. Ecale è fuori dalla storia per sesso, età, posizione sociale: non avrebbe potuto entrare in un poema epico o lasciare traccia di sé. L’eroismo cambia: condivide quello che ha da mangiare, sacrifica qualcosa per bontà, si sottolinea la generosità d’animo.

È interessante la descrizione del risveglio: Callimaco scrive quello che sentiva al risveglio prima di essere al museo perché parla del risveglio della città. Poi descrive la tempesta: c’è stato il sole tutto il giorno, nell’ora in cui le fanciulle chiedono il pane alla madre (similitudine omerica che riprende anche Apollonio Rodio) arriva la tempesta: c’è erudizione, monti, con i loro aggettivi, precise indicazioni geografiche.

Giambi

Il titolo si riferisce al metro; in realtà c’è varietà di argomento e di metri a base giambica: l’età classica ne usava 2, Callimaco varia, non usa solo trimetro o scazontes. Riflettono la tendenza ellenistica di prendere la tradizione e cambiarla; si distinguono soprattutto per la varietà di contenuti. Sono 13 componimenti (12 + 1 di introduzione). Noi non li abbiamo tutti, però abbiamo il riassunto.

INTRODUZIONE va a pescare Ipponatte: risorge, si trova con i dotti ellenistici, e racconta una vicenda: uno dei sette saggi affida al figlio una coppa con il compito di affidarla al migliore dei sette: però passa da uno all’altro perché nessuno si ritiene degno il σοφός è anche modesto. Prende Ipponatte perché è il più significativo nei poeti di giambi; il fatto che risorga indica il contatto che il dotto avverte con le sue opere.

IV. L’ALLORO E L’ULIVO Un alloro e un ulivo, vicini su un monte in Lidia, litigano. L’alloro dice di essere più importante: cita tutti i miti meno sfruttati nei quali interviene l’alloro. Si vanta di essere sacro ad Apollo e di essere la pianta della vittoria nei giochi pitici; l’ulivo invece si contamina con la morte, infatti con l’ulivo si faceva il letto funebre perché era profumato e attenuava l’odore. L’ulivo però non si sente svilito da quest’accusa, ma è contento di essere vicino all’uomo nell’ora della morte; poi è la corona di vittoria nei giochi olimpici. Dice poi che l’alloro deriva dalla terra (non fa riferimento al mito di Apollo e Dafne, è strano, ma il mito che cita è più utile per sminuire l’alloro). Invece l’ulivo deriva dalla contesa tra Atena e Poseidone per la protezione di Atene, quando Atena regalò alla città un ulivo, ai tempi del re Eretteo, metà uomo e metà serpente (nell’Acropoli si manteneva un serpente). L’alloro aveva perso un punto, perché l’ulivo poteva vantare origini divine. Poi l’alloro non fa frutti utili, l’ulivo sì è importante l’UTILITA’. Dice però che è un cibo per i poveri: non è che i ricchi non le mangiassero, però gli ulivi erano talmente frequenti che spuntavano quasi spontaneamente. L’olio poi non era solo un condimento, ma era alla base degli unguenti per la pelle, per gli atleti, per i profumi, ed era indispensabile per la tessitura (nello scudo di Achille si diceva che i vestiti brillavano d’olio, per indicare che erano nuovi). Qui non cita l’olio, però all’epoca era importante. Poi l’ulivo era il ramo del supplice: così ottiene la terza vittoria. L’alloro a questo punto vorrebbe ribattere, ma interviene un rovo, che dice loro di smetterla perché è un’ingiuria lottare a vicenda.

Questa è un’allegoria di tipo letterale. Si possono interpretare come:

ALLORO poesia epica di glorificazione

ULIVO poesia moderna dell’epoca, che sta vincendo.

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Però la differenza sarebbe troppo sottile: l’alloro non può essere la poesia epica tradizionale, perché se lo fosse l’avrebbe condannata. Potrebbe essere l’epillio: infatti un’interpretazione più probabile vuole che tutti e due siano la poesia moderna, perché non c’è differenza, litigano, ma pacatamente, con correttezza, i meriti sono riconosciuti dall’altro indicano la ripartizione in generi della poesia senza che uno sia superiore agli altri: ognuno ha i propri meriti. Il rovo quindi sarebbe la poesia epica tradizionale, che schiaccia le altre.

Αιτìα

“Origini”, opera in 4 libri in distico elegiaco: sono elegie che raccontano episodi di trasformazioni. È un POEMA EZIOLOGICO spiega da dove deriva il tutto, ripercorre la storia del mondo. Le cose non hanno forma solida, non c’è staticità, ma passaggio da una forma all’altra: indica una mancanza di certezza nei valori assoluti. Di quest’opera ci rimangono:

- Il prologo dei Telchini

- L’episodio di Aconzio e Cidippe (3° libro)

Aconzio a Delo ha visto Cidippe e se ne è innamorato, scrive su una mela “per Artemide, giuro di sposare Aconzio”, gliela getta e lei legge la frase (sono nel tempio di Artemide). Poi non si incontrano, il padre la vuole sposare, ma non ci riesce, solo con Aconzio. Però non c’è nessuna trasformazione!! È nella parte finale (Cidippe si ammala e il padre la sposa con Aconzio).

L’opera cominciava con la trasformazione del caos in cosmos e finisce con un argomento di attualità: la trasformazione della chioma di Berenice in costellazione. Berenice è della stessa città di Callimaco, sposa Tolomeo Euergete, si taglia la treccia in voto agli dei perché il marito è in guerra, la appende e il mattino dopo non c’è più, però notano una nuova stella e la chiamano Berenice in suo onore: gli dei sono tanto contenti del dono che lo assumono in cielo. Dunque ci sono sia un motivo eziologico, sia un motivo encomiastico (lui e Berenice avevano uguali origini).

Non avevamo la vicenda, che ci viene riportata solo da Catullo, e Foscolo l’ha tradotto; poi abbiamo trovato una parte dell’episodio di Callimaco e abbiamo constatato che la traduzione di Catullo è fedele si può supporre che sia fedele tutta! Quella di Foscolo è bella, piena di giochi di parole.

C’è un problema: l’Aιτια conta 4 libri: è un μεγα βιβλιον! Si giustifica con il fatto che non era un opus continuum. Callimaco condanna il poema epico tradizionale, che appunto era un opus continuum. Invece l’Aιτια no, è una raccolta di tante trasformazioni, che alla fine risulta di 4 libri, circa 4000 versi, ma sono la somma di piccoli episodi. L’accusa al μεγα βιβλιον non è smentita né va in crisi con questo, ma non si capisce perché critica la Lide di Antimaco (che non abbiamo). È una serie di elegie raccolte in un’opera, quindi neanche quella è un’opus contunuum! Fileta approva la Lide di Antimaco evidentemente in quella scuola la difendevano. Catullo segue il giudizio su Callimaco quando dice VULGUS GAUDEAT TUMIDO CALLIMACO i contemporanei apprezzino pure il tumidus Callimaco: lui l’avrà letta la Lide! I contemporanei apprezzano e demoliscono le stesse opere, e poi Callimaco come può insultare tanto la Lide se è un’opera del genere degli αiτια?! Si può salvare la faccenda dicendo che la Lide presenta troppi libri; la scuola a cui appartiene Fileta apprezza le elegie staccate. Però non c’è prova! Se la prendiamo nel modo tradizionale (4/5 libri) non c’è motivo perché piaccia a uno e non all’altro. Però era una polemica accesa tanto che i neoteroi, romani (Catullo, si pensa anche gli altri, ma di questi non abbiamo una parola) si sono inseriti nella discussione. Può essere che per loro Callimaco fosse il grande, e il simbolo della poesia, quindi la sua parola è legge, il suo giudizio diventa criterio di giudizio per gli altri.

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CallimacoCallimaco

Un poeta intellettuale e cortigiano

Callimaco nasce da Batto nell’antica colonia dorica di Cirene, sulle coste africane all’incirca nel 305 a. C. Era di origine nobile: suo padre Batto si pensa fosse il fondatore della città, mentre suo nonno, del quale aveva ereditato per prima cosa il nome, era stato il comandate della flotta di Cirene; inoltre il suo bisavolo probabilmente era quell’Anniceri che aveva riscattato l’amico Platone dalla schiavitù. Cirene era sotto il dominio dei Tolomei e ad Alerssandria, sua capitale, troviamo il giovane Callimaco. Si tramanda che attraversò un periodo di indigenza durante il quale fece il maestro elementare nei sobborghi di Eleusi,ma questa giovane boheme è un dato pressoché letterario,molto probabilmente,come accadeva ai giovani di buona famiglia,fu presto introdotto a corte come paggio.Era destinato a una posizione di rilievo; quando nel 283 a.C. divenne re Tolomeo II Filadelfo,Callimaco entrò facilmente nell’entourage del principe e si distinse presto nell’ambiente della biblioteca per i suoi lavori di grammatica e di filologia,fra i quali in particolare ,le tavole che riassumevano tutta la letteratura greca. La sua posizione divenne sempre più prestigiosa e divenne poeta di corte:celebrò le nozze fra Tolomeo Filadelfo e Arsinoe, e in seguito l’apoteosi della regina. L’elegia La Chioma di Berenice ci conferma che la sua posizione era ambita ed affermata poiché era stata scritta per Berenice, la sposa di Tolomeo III Evergete successore del Filadelfo. Morì attorno al 240 a.C.Le sue opere toccano gli argomenti più disparati. Famosissimi furono nell’antichità i suoi una raccolta in quattro libri di cui restano pochi frammenti, grande fama aveva il poemetto in esametri Ecale ma anche di questo buona parte è andata perduta. Callimaco riutilizzò un’antica tecnica letteraria e scrisse i famosi Giambi,anch’essi in gran parte perduti. Restano invece per intero sei inni agli dèi e un gruppo di circa sessanta epigrammi, conservatisi gli uni perché appartenenti alla

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tradizione innografia e religiosa antica, i secondi perché furono racconti nell’Antologia Palatina. Molti frammenti della tradizione diretta e indiretta riportano il nome di Callimaco:carmi d’occasione quali gli epinici per le vittorie ai giochi di corte,l’Ibis e molte altre opere sia poetiche sia erudite. Quindi Callimaco fu sia un poeta che componeva per committenza sia un letterato erudito proiettato alla pubblicazione libraria.Callimaco viene definito l’emblema della poesia ellenistica e nello stesso tempo il primo teorizzante di nuove formule espressive,quindi il primo poeta moderno perché vede la poesia come un’attività destinata ad un ristretto pubblico aristocratico,che disprezza la massa e concepisce l’arte come un pregio della classe colta. L’arte Callimachea rinuncia a trasmettere contenuti elevati e intellettualmente impegnati e a voler essere un maestro del pensiero, ma sceglie di elaborare un’arte raffinata e colta. Callimaco mantiene , in quanto poeta, la sua posizione di ,sapiente, ma mentre in antichità il sapiente era tenuto a tramandare la cultura a tutti e quindi all’intera massa,Callimaco trattiene la sua erudizione precludendola alla massa. Questo succede perché si avverte la fine di quel periodo culturale e dal rifiuto di essere uno stanco ripetitore di forme ormai strabusate. Callimaco apprende e apprezza appieno il Museo e la Biblioteca di Alessandria in quanto fonti di sapere e di erudizione in grado di accrescere il suo sapere. Per tali motivi Callimaco diede vita ad una nuova concezione della cultura e del sapere che influenzò la letteratura latina di Ennio fiono ad Ovidio, ed, in generale, tutta la letteratura europea successiva. Callimaco è quindi un poeta dotto che, come attesta lui stesso,basa la sua arte su dati e fatti che erano già stati registrati. Questa fondamentale caratteristica della sua poesia ne preclude la fantasia e ciò emerge anche dal suo stile privo di voli e fronzoli ma ossessivamente elaborato e ricco di erudizioni.

I suoi versi,in apparenza levigati,sono ricchi di trabocchetti e giochi di parole rare e arcaiche che li rendono ispidi e difficoltosi.Probabilmente però è proprio questa difficoltà che costringe i lettori a soffermarsi e a comprendere ogni richiamo e ogni particolarità dello stesso verso. Callimaco può essere considerato l’ultimo tra i poeti maggiori o il primo tra i minori ma indubbiamente gli si deve riconoscere uil pregio di aver dato vita ad una nuova concezione dell’arte destinata poi ad imporsi.

AitiaGli Aitia realizzano il programma poetico ed intellettuale di Callimaco, tanto che possono essere considerati come il manifesto di un nuovo modello di poesia e di concezione letteraria. Era uno dei testi più apprezzati ed amati dal pubblico dotto e fu letto anche oltre il VII sec d.C. Probabilmente andò perduto nella crociata di Costantinopoli. Numerosi frammenti papiracei e un riassunto in prosa ci permettono però di tracciarne il profilo dell’opera alla quale Callimaco lavorò per molti e lunghi anni.Una prima edizione comprendeva due soli libri che giunsero a quattro e vennero preceduti successivamente da un prologo. La prima edizione inizia con un sogno di Callimaco nel quale lui incontra le muse e le chiede di rispondere ad alcuni dei suoi dubbi.Certamente questo sogno raccoglieva e assemblava le diverse parti dell’opera prendendo largo spunto dall’opera di Esiodo che raccontava la sua iniziazione poetica nella Teogonia, analogamente gli autori successivi presero spunto da Callimaco riproponendo il del sogno poetico.Gli Aitia sono in realtà,componimenti riuniti ma a se stanti e autonomi basati su temi eruditi che attiravano il ristretto pubblico al quale erano destinati. I brani erano di varia estensione,da quattordici a cinquanta versi, e non sono disposti secondo un ordine predefinito. Gli argomenti trattati si riferiscono ai temi più svariati:il mito,il rituale, costumanze locoli. In questo modo l’erudizione diventa poesia, i testi sono il frutto di studi approfonditi e tradotti in versi in una marmorea ed elegante freddezza. E’ la prima manifestazione dell’art pour l’art.

Prologo contro i TelchiniGli Aitia iniziano con un prologo programmatico, un manifesto della poetica contro i

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suoi detrattori che vengono definiti beffardamente “Telchini” come i demoni maligni della tradizione. Il prologo, ritrovato su un papiro, è stato aggiunto nella seconda edizione, dato che Callimaco si presenta come un uomo anziano. In pochi versi l’autore spiega tutte le sue scelte e i suoi ragionamenti sullo stile e sui temi da trattare e,contemporaneamente,sminuisce e denigra i suoi avversari.Nella sua unità, il prologo,denota tutte le caratteristiche dell’arte Callimachea:concisione,ironia,erudizione,lucidità,stile piano e capacità di non far avvertire il versificare del testo e la raffinatezza. Callimaco usa un humour pungente ed allusivo proprio di chi è sicuro della sua vittoria. Callimaco inoltre rifiuta temi stantii e magniloquenti, tende a comporre poesie brevi e osa sperimentare nuovi stili. Il primo principio Callimacheo afferma “”:grosso libro,grossa schifezza.

Acontio e CidippeNel terzo libro delle Aitia si racconta la storia d’amore tra Aconito e Cidippe. Si tratta di una leggenda conosciuta da Callimaco grazie allo storico Xenomade, la storia è narrata anche da Aristeneto e poi ripreso da Ovidio.Durante una festa di Appollo, Aconito incontra la fanciulla Cidippe che,però è già promessa sposa ad un altro.Per il suo amore folle escogita uno stratagemma:gettare alla ragazza una mela con inciso “Giuro per Artemide di sposare Aconito” .La ragazza leggendo ad alta voce l’incisione si trova così vincolata a questa nuova ed inaspettata unione.

Ad annullare il matrimonio già preannunciato ci penserà la stessa Artemide e così i due si sposeranno e dalla loro unione nascerà una famiglia nobile dell’isola di Ceo.L’episodio è raccontato in versi da Callimaco,ma a questo autore non si addicono questi temi passionali e lacrimevoli, infatti ci propone una storia fredda e imperturbabile in toni medi e leggermente ironici che rivelano tutta la sua sapienza letteraria. Il racconto allude a molti riti e rare cerimonie ma è totalmente privo di introspezioni psicologiche dei personaggi o analisi emotive. Ogni situazione del racconto è spunto per evocare antichi riti e cerimonie e,alla fine del racconto,anche con una certa pesantezza,l’autore non riesce a trattenersi dal fare un elenco di tutte le usanze locali,attenendosi al suo proposito di raccontare tutto ciò sia testimoniato ed attestato.

GiambiI Giambi sono una raccolta di tredici componimenti in dialetto ionico a imitazione dell’antica atre in una chiave rivisitata e ritrovati in papiri molto danneggiati. In antichità il giambo era stato lo strumento esemplare della poesia del biasimo,piena di attacchi aspri e violenti destinato in primo luogo alla recitazione. I Giambi Callimachei invece sono di carattere moralistico e influirono sullo sviluppo della satira latina.In questi componimenti si trovano contenuti epici,critiche letterarie e attualità ma tutti privi di quell’aggressività che avevano nell’antichità. Callimaco,secondo la tradizione,fa ampio uso della fiaba e dell’allegoria e fa riferimenti a miti e costumi rari come ci si può aspettare dalla sua arte erudita.

Giambo IV

Il giambo IV descrive una contesa letteraria, sfruttando lo schema della favola. Callimaco ironicamente racconta lo scontro tra un alloro e un ulivo sul monte Tmolo:i due gareggiano titolo di migliore pianta e anche se un rovo spinoso cerca di riconciliarli,viene mandato via come Tersite durante l’assemblea degli eroi nell’Iliade. La Dieresi spiega che questo era un tale Simo che aveva dizione

Il racconto inizia con l’intervento dell’alloro che dice di essere superiore perché rispettato e caro agli uomini, mentre l’ulivo viene spesso tagliato per riparare le bare o intrecciare corone. L’ulivo ringrazia l’alloro di aver celebrato proprio questa sua dote di

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accompagnar gli eroi dopo la morte e si ritiene superiore in quanto premio dopo le gare,differentemente dall’alloro. Inoltre,continua l’ulivo, sulle sue fronde si posano gli uccellini cinguettanti mentre sull’alloro nessun uccellino si poggia e il fango con le piogge si impastano sui suoi rami. I due alberi si sfidano ancora su diversi argomenti:entrambi sono cari a una divinità,ma solo l’ulivi dà nutrimento e ancora è all’ulivo che si appendono i supplici e perciò vinse proprio l’ulivo. L’alloro ferito nell’orgoglio,era subito pronto ad un altro scontro quando un rovo spinoso cercò di placarli ma fu presto mandato via dai due litiganti.

Inni

Gli inni sono un tributo di Callimaco alla tradizione della poesia religiosa,destinati a celebrare le divinità in feste pubbliche. Ma l’ellenista si avvicina a questo stile rivisitandolo e se alcuni di questi inni sotto commissione come nell’età arcaica,tutti si affacciano su orizzonti culturali completamente diversi. Callimaco sperimenta nuovi stili ponendo a confronto e in contrasto la tradizione con riferimenti storici,epici ed eruditi alla quotidianità.

Inno a Demetra

Inno a Demetra è stato ideato per onorare la dea durante le Tesmoforie,le feste femminili in onore di Demetra.Non è ancora sicuro se l’inno fosse stato scritto per accompagnare il rito o solo come declamazione letteraria;lo scenario potrebbe essere Cirene,patria di Callimaco, oppure ad Alessandria. Questo perché a Cirene esistevano due templi dedicati a Demetra e il dialetto usato nell’inno è quello di questa città. Nell’inno inoltre sono riportati dati specifici del culto troppo particolari per non essere veritieri:il canestro portato in processione sopra un carro trainato da cavalli bianchi,la processione di soli iniziati che segue a capo scoperto e piedi scalzi,sono tutti dati che si riferiscono al rito di Cirene.

Come vuole la tradizione il carme,raccontato per intero,è il mito. Callimaco,comunque,evita i temi logori e preferisce una saga rara e marginale:quella del tessalo Erisittone che,avendo tagliato un albero dal bosco sacro alla dea viene punito con la fame perenne. È il resoconto di un empietà punito a con il contrappasso: Erisittone,affamato,divora tutto ciò che possedeva mandando n rovina la sua casa. Le parti estreme dell’opera riguardano lo svolgersi del rito,mentre la parte centrale è dedicata al mito che evidenzia la sapienza Callimachea del patrimonio tradizionale che qui si rivela in una trattazione umoristica. Erisittone non è un grande peccatore a cui viene inflitta una pena esemplare,ma uno scapestrato a cui viene imposta una pena ridicola quanto esemplare. Callimaco mette l’accento più che sul culto e sulla tradizione sulle scene del quotidiano,come quella del banchetto in cui venti cuchi cucinano,venti servi versano vino eppure tutto finisce subito divorato dall’eterno ghiottone come in una commedia Aristofanesca. Questa unione tra solennità del rito e burla del quotidiano mostra appieno l’arte Callimache ed ellenistica in generale.

L’inno inizia con l’esortazione a partecipare al rito in onore della dea Demetra e da informazioni per quanto concerne il suo svolgimento: tutti sono invitati seguire scalzi e a capo scoperto il canestro portato sul carro trainato da cavalli bianchi e tutti devono guardare il canestro dal basso.Si ricorda il suo pellegrinare doloroso e faticoso in cerca della figlia e subito,per non rattristare la dea con brutti ricordi,si passa a trattare del mito.Si racconta che Erisittone incosciente,tagliò un albero del bosco sacro e la dea lo punì con la fame eterna. Erisittone mangiò tutto il suo gregge e non smise mai di banchettare,ma più mangiava e più fame aveva così che morì di fame consumandosi sopra le sue stesse ossa.

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Per il bagno di PalladeL’inno è celebrato in Argo per una festa femminile durante la quale la statua di Pallade Atena veniva trasportata fino al fiume,lavata e riportata in città. Anche questa composizione non si sa se fosse stata scritta per l’inno sotto committenza o sia una finzione letteraria in onore della sua madrepatria. Callimaco,come suo solito,rivisita anche questo tema e lo infittisce di novità e variazioni stilistiche:la più evidente fra queste è che l’intero inno è versificato in distici elegiaci anziché in esametri come vuole la tradizione.Il mito,come negli altri inni viene narrato nella parte centrale dell’opera,abbracciato dai riti dell’evento e si collega collegato ad un altro bagno della dea in ambiente bucolico in cui la dea fa il bagno assieme alla sua ninfa più cara. Qui il mito affronta l’argomento del tabù violato:era infatti vietato che una figura maschile interrompesse o facesse parte del corteo perché non poteva vedere la dea nella sua nudità,per tale motivo Tiresia,dopo aver contemplato la dea nuda,viene accecato.

Anche in questo mito Callimaco ci propone la variante meno utilizzata e la stessa figura di Tiresia non ci viene presentata come quella del mediatore della voce divina,ma come un giovinetto che soddisfa le sue curiosità e va incontro alla punizione inconsapevolmente. Callimaco,inoltre,toglie alla narrazione ogni accento sentimentale ponendo ai suoi versi i toni medi delle situazioni familiari..

Il racconto inizia con l’ammonimento e il divieto di vedere la dea nuda e con il ricordo della ninfa a lei più cara si coglie l’occasione per narrare la vicenda di un giovinetto attirato all’acqua dalla sete e senza volere,vide la dea nella sua nudità. Il ragazzo fu punito con la cecità nonostante fosse figlio dell’amica.

Epigrammi

L’antologia Palatina riporta circa sessanta epigrammi attribuiti a Callimaco. L’ambiente del simposio richiama i dibattiti intellettuali e le vicende amorose;altri componimenti sono di natura funeraria composti sotto commissione e altri ancora sono di contenuto epidittico. Gli epigrammi,per la loro brevità,risultano congeniali a Callimaco ed esprime poetiche particolarmente efficaci. Anche in questo genere Callimaco porta la sua originalità e il suo stile di mescolanza tra i generi e i diversi registri linguistici. L’arte degli Epigrammi appare lucida e sorveglitissima che nella sua concisione mostra richiami,allusioni e una moltitudine di diverse emozioni.

EpitafioL’epitafio è un’iscrizione su una lapide che parla al viandante,e oltre alla presentazione del defunto stesso è presente una polemica letteraria contro gli avversari di Callimaco. A parlare è Batto,padre di Callimaco e figlio di un Callimaco comandante della flotta di Cirene in quegli anni.

La metà dell’animaIl tema dell’anima fuggitiva è tipico della poesia erotica dell’ellenismo: come ad esempio Orazio. In questo breve epitafio si celebra la metà dell’anima che insegue l’innamorato nella sua pazzia d’amore, e lo schiavo fuggitivo che tenta di sottrarsi ad un padrone spietato.

La ferita d’amore

Attraverso la ferita d’amore Callimaco coglie l’occasione di trattare le passioni struggenti del cuore e attraverso il vino, inibitore che priva dell’autocontrollo, si abbandona al racconto della sua “malattia”.

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Il giuramento violatoIn pochi versi, Callimaco, racconta la storia di due giovani che si erano giurati amore eterno ed eterna fedeltà ma, dopo poco tempo, il ragazzo bruciava d’amore per un altro giovane e della giovane sposa non gli importa più niente. Questo perché le promesse degli innamorati, ci spiega Callimaco, non giungono alle orecchie degli dei.

Le voglie d’AratoL’epigramma era destinato ad accompagnare una copia dei poeti d’Arato. Il tema richiama le notti dell’autore intento a limare le proprie opere e ricorda che lo stile e i temi sono gli stessi di Esiodo, mentre la poesia epica è me meglio raccontata dell’amico di Soli e, solo alla fine, è detta Benvenuta la sottile arte fatica d’Arato.

Il poema del cicloQuesti brevi versi esprimono tutto il disprezzo per tutto ciò di volgare e dozzinale, infatti, si ricordi che Callimaco in tutta la sua poesia ha sempre evitato tutto ciò che era gia stato usato da altri. A metà componimento però il tema cambia improvvisamente versando sul tema erotico non senza un sottile umorismo.

La bella crudeleE’ un esempio di canto sotto la porta, di serenata nella quale l’innamorato prega la bella crudele di non farlo dormire nel portico gelato, e le fa notare che tutti i vicini ne hanno compassione tranne lei. Il canto si riferisce agli innamorati infelici che aspettano le grazie delle loro predilette. Nella conclusione però. come suo solito, Callimaco rovescia le sorti del componimento e ammonisce la bella crudele facendole presente che ora lei disprezza il giovane, ma quando sarà invecchiata rimpiangerà quelle attenzioni che ora disprezza.

Il cacciatoreCallimaco con un analogia spiega che il suo amore è come la caccia dei cacciatori dei boschi: è pronto a combattere e a soffrire per chi fugge ma trascura chi non si fa desiderare.Il componimento è di estrema raffinatezza e il tema viene sviluppato in modo arguto e sorprendente poiché il lettore è portato alla scena finale con un’analogia finissima. L’epigramma è stato successivamente tradotto in latino da Orazio.

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Callimaco è stato , a quanto sappiamo , il primo poeta a essere anche editore della sua opera. Questa innovazione nasce dall’esigenza di costruzione attenta della singola opera che sta alla base di ogni futuro liber poetico. Callimaco mostra di aver voluto costruire un vero e proprio monumento letterario , una specie di personale enciclopedia, che mira a sostituire la grande poesia epica da lui tanto disprezzata. Callimaco fu e restò un poeta d’ elite, che ebbe fortuna soprattutto nel mondo romano. L’avvento dei regni ellenistici infranse definitivamente la figura dell’intellettuale organico alla polis , di cui Atene era stato l’esempio più illustre. Per di più l’affermazione definitiva della scrittura e l’uso del libro staccarono l’opera dall’occasione esterna . L’opera letteraria diventò libro. Venendo a mancare il legame con l’occasione il poeta fu portato a elaborare il proprio prodotto con maggiore libertà . Ogni composizione diventò un nuovo spazio letterario all’interno del quale potevano coesistere e contrapporsi , ciascuno con la sua individualità, diversi registri , che rinviavano a generi diversi . E Callimaco teorizzò esplicitamente i suoi nuovi metodi con novizia di particolari : lo fece negli Inni , negli Aitia, nei Giambi. Nessun altro poeta greco si concesse tanta metaletteratura come lui : molte sono le composizioni e le sezioni programmatiche . Callimaco fu princeps elegiae, secondo la definizione di Quintiliano ; fu impegnato nel rinnovare la teoria e la prassi poetica ; e al tempo stesso fu filologo erudito.

La fonte principale per la biografia di Callimaco è la voce del lessico bizantino Suda. Callimaco nacque a Cirene poco prima del 300 a.C. . La sua attività letteraria si svolse sotto il regno di Tolomeo Filadelfo e nei primi anni di quello di Tolomeo Evergete. La data della morte ci è ignota. Ebbe stretti legami con i Tolomei e lavorò lungamente nella Biblioteca di Alessandria ,della quale però non fu mai bibliotecario. Si può credere che la sua influenza a corte si rafforzasse con il regno dell’evergete che aveva sposato Berenice. Callimaco fu dunque poeta e letterato di corte: scrisse carmi celebrativi per Arsinoe, sorella e moglie del Filadelfo, e per la sua concittadina Berenice.

Dell’opera di Callimaco ci sono pervenuti integri soltanto i6 inni e 63 epigrammi . Di altre opere ci sono pervenute frammenti più o meno ampi, sia attraverso i papiri sia attraverso la tradizione indiretta. Dei numerosi scritti in prosa abbiamo soltanto una parte del trattato sui Tarmata.

Attraverso la conclusione dell’Inno ad Apollo era nota l’avversione di Callimaco per il poema epico di grande estensioneIl prologo degli Aitia non soltanto ha confermato la scelta della finezza e la ricerca dell’originalità, ma ha consentito di precisare meglio i termini della polemica contro quelli che Callimaco chiama Telchini, con il nome di una stirpe di demoni tradizionalmente collocati a Rodi. Al canto continuo viene preferito quello che si conclude in pochi versi. Callimaco si pone in totale antitesi rispetto alla posizione peripatetica e i suoi avversari, che ad Aristotele si rifacevano, gli contestavano la brevità e la mancanza di unità. Ai modelli che per Aristotele erano canonici (i due poemi omerici e alcune tragedie), Callimaco oppone, sempre nel prologo degli Aitia, la poesia di Esiodo. L’apprezzamento per Esiodo, che sarà costante nella cultura alessandrina, implica una scelta di veridicità e comporta anche una professione di realismo.

La datazione degli inni rimane assai incerta. Ad eccezione dell’Inno V, Per i lavacri di Pallade, gli altri Inni sono composti in esametri che rispettano leggi ignote all’esametro omerico. Sia l’innovazione metrica del V Inno sia la linguistica del V e del VI rientrano nella volontà di innovare infrangendo le leggi dei generi, Anche sotto il profilo tematico gli Inni del V e VI presentano evidenti infrazioni agli schemi tipici dell’inno clètico, cioè di invocazione.Va detto comunque che non essendo condizionato dal legame con l’occasione,

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Callimaco può permettersi di introdurre in tutti gli Inni elementi estranei alla tradizione. Tra i più importanti sono le disquisizioni litografiche ed erudite, i bozzetti di vita quotidiana, le scene eroicomiche. Nell’Inno di Zeus il poeta utilizza come cornice di riferimento un immaginario simposio di poeti eruditi. L’Inno di Zeus(I) innesta nella struttura tipica dell’inno (nascita del dio, sue funzioni ecc.) un dettagliato catalogo dei fiumi dell’Arcadia fatti sgorgare da Rea al momento del parto, due discussioni, su problemi litografici e un elogio di Tolemeo Filadelfo. L’Inno di Apollo (II) si immagina composto per le feste Carnee di Cirene, che il canto ambiguamente accompagna e descrive: ambiguamente, perché apparentemente l’inno si presenta come accompagnamento di un rito reale, mentre si tratta di una composizione letteraria, quanto mai lontana dagli inni culturali della tradizione corale.L’Inno si sofferma come di consueto sulle sfere funzionali del dio, dedicando particolare spazio all’attività di fondatore di città. Callimaco ne trae spunto per narrare la fondazione di Cirene e per rievocare le azioni dei primi coloni. L’Inno di Artemide (III) introduce l’elenco delle prerogative della dea attraverso una scenetta di vita quotidiana trasferita nel mondo divino: un affettuoso dialogo tra Zeus e la dea bambina. La maggior parte dell’Inno a Delo (IV) descrive il vagabondare di Latona perseguitata da Era e alla ricerca di un luogo dove partorire Apollo e Arteidime. Come Latona, anche Delo vagava per il Mediterraneo e si fermò soltanto dopo il parto di Latona. Apollo consiglia poi alla madre di sceglier l’isola di Asteria. L’isola è mobile nel mare e poi, fissatasi, si chiamerà Delo. I lavacri di Pallade (V) si immagina cantato in occasione della cerimonia argiva del bagno della statua della dea nelle acque dell’Inaco. Racconta della storia di Tiresia accecato da Arena per aver visto la dea nuda mentre si bagnava nella fonte di Ippocrène.L’Inno a Demetra (VI) ha come cornice la processione del canestro con i doni alla dea. Racconta di Erisìttone che abbatte il pioppo sacro alla dea e per questo viene punito.

Gli Aitia (racconto delle origini) sono una raccolta di elegie in distici elegiaci in quattro libri, che riscostruiscono le origini di culti, usanze, nomi ecc… Il riferimento al prologo della Teogonia di Esiodo, che si .legge nel cosiddetto Prologo dei Telchini, implica una importante scelta di campo in fatto di poetica antiepica. Nei primi due libri le elegie erano presentate come risposte delle Muse alle domande del giovane poeta al quale erano apparse in sogno. L’autorità delle Muse presenta il poema come vero erede dell’epos, al quale si sostituisce come ampia enciclopedia del mito. E il mito, indagato poeticamente come se fosse storia antica, costituisce la base su cui è nata la storia e su cui si fonda il presente: questo è il senso dell’Aition.Nel libro III era collocata l’elegia dedicata alla novella di Aconzio e Cidippe. Aconzio, innamorato di Cidippe, incide su una mela un giuramento che la lega a sé. Cidippe legge le parole incise sulla mela e, quando sta per sposarsi ad un altro uomo per volontà del padre, cade ammalata. Il matrimonio non viene celebrato e, a ogni nuovo tentativo, la febbre si ripresenta. Il padre consulta l’oracolo di Apollo che gli rivela la verità e acconsente alle nozze tra Cidippe e Aconzio. Lo stratagemma inventato da Aconzio ed il legame magico che si crea col giuramento sono motivi tipici della novella popolare.Nel IV libro trovava posto la Chioma di Berenice. Berenice aveva offerto un ricciolo perché il marito, Tolomeo III, tornasse vincitore dalla guerra con la Siria. La scomparsa del ricciolo dal tempio diede spunto all’astronomo Conone per dare il nome di Chioma di Berenice ad una costellazione da lui scoperta. Callimaco introduce il ricciolo che racconta il suo viaggio nel tempio di Arsinoe-Afrodite e poi la sua trasformazione in costellazione. Catullo ne diede una libera traduzione nel carme 66.

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I Giambi riuniscono ,secondo un preciso progetto ,composizioni scritte in momenti diversi,ma destinate a formare un tutto organizzato. Il libro era composto di17 carmi. La varietà tematica è molto grande : una simile accozzaglia di generi è un inedito assoluto e lo si può giustificare con una volontà compositiva del liber poetico assolutamente nuova. Ma un posto di assoluto rilievo tiene la discussione di poetica (o metapoesia) . Nel Giambo I Ipponate raduna i dotti di Alessandria nel Serapeion e , per invitarli alla concordia, racconta loro la storia della coppa di Bàticle, che doveva essere assegnata al più saggio dei sette Sapienti e che, dopo essere passata dall’uno all’altro,fu consacrata da Talete ad Apollo. Ipponatte-personaggio annunzia nel Giambo I la novità del giambo callimacheo. Il libro dei Giambi è in realtà un vero e proprio esperimento letterario, dove l’invettiva personale propria del genere è integrata dal richiamo frequente alla morale popolare e dove vengono toccati gli argomenti più vari. E’ quindi evidente che la polyèideia di Callimaco non è la stessa di Ione : Callimaco non soltanto impiega metri diversi, ma dà vita a nuove e audaci combinazioni di forme , elaborando gli schemi della tradizione letteraria con una libertà che il poeta di Chio non poteva avere.

L’ ècale è un epillio(piccolo epos),che ci mostra l’abilità di Callimaco a rinnovare profondamente il genere epico nella forma e nel contenuto. Il mito narrato riguarda un episodio marginale delle gesta di Teseo. L’eroe ,alla ricerca del terribile toro che devastava la zona di Maratona, viene sorpreso da un temporale e trova ospitalità verso una vecchia di nome ècale. Il giorno seguente Teseo riesce ad abbattere il toro,ma, ritornando nella casa della vecchia ,la trova morta. Per onorarne la memoria, istituisce il nuovo demo di ècale e dedica un tempio a Zeus ecaleio. Si tratta di un racconto eziologico, che espande una materia tipica degli Aitia e la inserisce in una struttura narrativa epica. L’aition compare alla fine,quasi per sdrammatizzare l’epos e riportarlo al livello della realtà. Il vero personaggio centrale è ècale , che è umile e conduce vita umile, è un epos che è antiepos. L’innovazione di Callimaco incide in profondità anche sul tessuto linguistico: la raffinatezza linguistica si unisce alla semplicità che nasce dall’osservazione della vita quotidiana.

Non tutti gli epigrammi attribuiti a Callimaco sono considerati autentici. Gli epigrammi, di argomento votivo, sepolcrale e pederotico, presentano in alcuni casi innovazioni linguistiche e metriche.

Della lingua di Callimaco e del suo stile, oltre a quanto si è già detto, resta da aggiungere in sintesi che è un poeta esametrico (ed elegiaco) che scrive in lingua omerica aggiornata alle forme e alla produttività della Koinè ellenistica.Quanto alla lirica, Callimaco da una parte sperimenta vari tipi di strofe epodica (nei Giambi) e dall’altra “traduce” in verso recitativo forme che erano tradizionalmente destinate alla lirica.La fortuna di Callimaco a Roma fu immensa.