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PROGRAMMA DI SVILUPPO TURISTICO DEL SISTEMA TURISTICO PO DI LOMBARDIA PROCEDIMENTO DI VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS) DOCUMENTO DI VALUTAZIONE DI ESCLUSIONE Giugno 2008

Valutazione di esclusione - provincia.pv.it€¦ · In particolare il PST del Sistema Po di Lombardia si articola, fin dall’inizio, in un continuo confronto rispetto alle politiche

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PROGRAMMA DI SVILUPPO TURISTICO DEL SISTEMA TURISTICO PO DI LOMBARDIA

PROCEDIMENTO DI VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS)

DOCUMENTO DI VALUTAZIONE DI ESCLUSIONE

Giugno 2008

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INDICE

PREMESSA

1. DESCRIZIONE SINTETICA DEGLI INTERVENTI IN PROGRAMMA

2. DESCRIZIONE SINTETICA DELL’AREA INTERESSATA

3. IDENTIFICAZIONE DEI POSSIBILI IMPATTI AMBIENTALI GENERATI DALLE

AZIONI IN PROGRAMMA

4. VALUTAZIONE DEI POSSIBILI IMPATTI

5. POSSIBILI INTERFERENZE CON I SITI RETE NATURA 2000SINTESI DEGLI

ELEMENTI EMERSI

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PREMESSA Il presente documento ha come obiettivo la verifica di esclusione dalla procedura di VAS dei Piani d’azione che compongono il PST Po di Lombardia. La verifica di esclusione è articolata su sei capitoli:

- nel primo capitolo vengono presentati sinteticamente i piani d’azione che compongono il Programma di Sviluppo Turistico Po di Lombardia, evidenziandone azioni, sottoazioni e attività specifiche come individuate nella documentazione del PST, e segnalando la coerenza tra le azioni proposte nel PST e gli strumenti di pianificazione territoriali rilevanti e, in particolare, con gli obiettivi e le azioni dei PTCP;

- il secondo capitolo è dedicato alla descrizione dell’area interessata dal PST Po di Lombardia con particolare riferimento alla presentazione delle attuali caratteristiche ambientali, nonché delle principali pressioni ambientali ad oggi evidenziabili;

- il terzo capitolo è dedicato ad una prima individuazione degli impatti ambientali derivanti dalle azioni e dagli interventi previsti nel PST;

- il quarto capitolo approfondisce la valutazione effettuata precedentemente esclusivamente per quegli interventi passibili di generare effetti significativi sull’ambiente;

- il quinto capitolo effettua un primo inquadramento delle possibili interferenze fra gli interventi contenuti nel PST e i Siti appartenenti alla Rete Natura 2000;

- il sesto capitolo chiude il documento di screening proponendo le proprie proposte di escludibilità o assoggettabilità alla procedura di VAS.

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CAPITOLO 1 DESCRIZIONE SINTETICA DEGLI INTERVENTI IN PROGRAMMA

Fin dalla sua costituzione il Sistema Turistico Po di Lombardia ha individuato come filo conduttore e anzi come “progetto dei Progetti” lo sviluppo delle forme di mobilità dolce (dal cicloturismo alle passeggiate a piedi o a cavallo alla navigazione) e dell’intermodalità come occasione per vivere il territorio delle quattro province, e per valorizzare l’ampia gamma di offerte presenti dall’enogastronomia alla storia, alla cultura, all’ambiente. Tale scelta è stata premiata non solo da una sempre maggiore convinzione dei soggetti che hanno dato vita al ST, e dai risultati ottenuti, ma dallo sviluppo di tali forme di turismo sul versante della domanda e del Trade. Il nuovo Piano di Sviluppo pertanto intende riconfermare questa scelta di fondo, completare alcune azioni avviate e svilupparla ulteriormente tenendo in considerazione le novità che caratterizzano la situazione attuale. Il Programma di Sviluppo Turistico del Po di Lombardia, intende perseguire nel prossimo triennio i seguenti obiettivi strategici: • consolidare i progetti già avviati nell’aggregazione del partenariato pubblico e privato per la

definizione dei programmi di sviluppo turistico; • aumentare la capacità di accrescere la competitività del sistema; • nel rafforzare e migliorare la qualità, la visibilità e il posizionamento turistico dell’area; • nell’accrescere l’indotto del fenomeno turistico salvaguardando le risorse ed i principi della

sostenibilità. Questi obiettivi strategici forniscono alcune indicazioni per le azioni di marketing e di prodotto che il ST intende intraprendere. Obiettivi di marketing L’analisi della domanda e dell'offerta dell’area ci permette di mettere a fuoco alcuni traguardi realistici per il Piano di marketing operativo del ST: • migliorare la notorietà il posizionamento, l'immagine e la comunicazione dell'offerta; • aumentare gli arrivi dei bacini target, e stimolare forme di turismo “di qualità”; • aumentare il periodo di soggiorno medio dei visitatori e le ricadute economiche per l’intero

territorio; • prolungare la stagionalità; • diffondere i turisti nell'intera area del ST; • stimolare la fidelizzazione dei clienti attuali ed il ritorno in particolare nei periodi stagionali

diversi da quelli abituali; • valorizzare i prodotti del territorio, il loro processo e le manifestazioni ad essi collegate. Obiettivi di prodotto Tutto ciò conferma la necessità di: • favorire alleanze strategiche e aggregazioni di scopo in grado di:

� integrare e “completare” i sistemi di offerte e le filiere dei servizi, � migliorare l’accessibilità e la fruibilità delle risorse, � migliorare la qualità dell’offerta complessiva, � potenziare la forza commerciale dell'offerta dell’area nei mercati, � attirare nuove forme di domanda,

• aumentare il fascino della proposta del territorio: � ampliando la gamma delle offerte e arricchendola di novità, proposte di tendenza ecc.), � rispondendo sempre meglio alle esigenze della domanda.

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Il Programma di Sviluppo Turistico del Po di Lombardia è impostato su macro-aree di intervento dedicate a: • Progetti di Turismo sostenibile : cicloturismo, Parchi, etc.. • Progetti di Integrazione e di rete : vie del gusto, turismo fluviale, intermodalità, percorso dei

borghi storici, etc.. • Progetti di Prodotti d’Area e tematici : itinerari tematici, via Francigena, città d’arte, terre

matildiche, Terme e Congressi, etc.. • Progetti interregionali : via Francigena, cicloturismo, navigazione fluviale, etc.. • Progetti di marketing esterno : piano fiere, calendario eventi, materiale promozionale

generale, ws eductour, portale, etc.. • Progetti di marketing interno : diffondere cultura del turismo, dell’accoglienza e dell’ospitalità

nel territorio, etc.. L’approccio e la metodologia che connota l’articolazione del PST è: • trasversale, tale cioè da valorizzare oltre alle risorse propriamente turistiche anche quelle

ambientali, culturali, storiche, artistiche, paesaggistiche, dell’artigianato e dell’agricoltura, • di integrazione tra i vari territori, e i vari filoni di prodotto, così da generare proposte più

articolate e diversificate, • di rete tra i vari soggetti coinvolti, pubblici e privati, • di qualità, un approccio tendente cioè a monitorare la qualità, o a riqualificare la proposta, e

tendente a valorizzare le iniziative e gli interventi di miglioramento dell’offerta, • di completamento, trasformando alcune risorse del territorio in prodotti turistici ceri e propri, tali

da poter essere veicolati nel mercato, allo scopo di aumentare arrivi e presenze, e stimolare un circolo virtuoso di sviluppo indotto dal fenomeno turistico, nel rispetto delle compatibilità ambientali, e della salvaguardia delle risorse,

• di sviluppo di nuove potenzialità turistiche, • di integrazione tra differenti tipologie di turismo, anche al fine della sua destagionalizzazione, • di crescita della professionalità degli operatori e sviluppo delle competenze manageriali, • di promozione e attività di marketing. Tutta questa architettura si struttura in modo armonioso con le normative e i regolamenti della Regione Lombardia, garantendone la coerenza degli obiettivi. In particolare il PST del Sistema Po di Lombardia si articola, fin dall’inizio, in un continuo confronto rispetto alle politiche del turismo regionali. Nello specifico poi il PST è coerente rispetto alla programmazione regionale circa i seguenti livelli di programmazione: POR Competitività – Asse 4, PSR – Asse Leader, PSR – Aree territoriali - Piano triennale commercio – Ambiti territoriali. I progetti di mobilità ciclabile si integrano rispetto a: manuale per la realizzazione della rete ciclabile regionale: dgr 22 dicembre 1999 n.VII/47207, piano paesistico regionale, sistema dei vincoli paesaggistico-ambientale “SIBA” – Sistema Informativo Beni Ambientali. Il PST si ispira al PRS e DPEFR della direzione cultura della Regione Lombardia per il recupero strategico dei beni culturali che porta alla creazione del circuito delle città d’arte della pianura padana. La cultura non è comunque il solo elemento attorno a cui si struttura il PST del Sistema Turistico Po di Lombardia; il PST è infatti particolarmente attento ai temi che articolano il PRS E DPEFR. Con Regione Lombardia, il ST Po di Lombardia organizza il piano di promozione, prevedendo la partecipazione congiunta a fiere di settore in Italia e all’estero e la realizzazione di redazionali. Prevista la gestione congiunta di workshop ed educational. Sono inoltre attivi progetti interregionali condivisi e coordinati sulle ciclabili e sulla navigazione fluviale e sul Progetto Strategico Speciale nazionale “Valle del fiume Po”. E’ pienamente operativo anche tutto il capitolo relativo all’accesso ai progetti Comunitari Interreg (FESRL Asse IV, ma anche, con la provincia di Pavia al transfrontaliero Italia-Svizzera). Alcuni Musei del Sistema rientrano poi nella Rete Musei regionale, a sistema con le altre Province lombarde. Per affrontare il tema della navigazione in modo integrato il PST si confronta con Regione Lombardia Direzione Generale Infrastrutture e Mobilità.

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A livello locale invece si è cercato di mantenere una coerenza tra le politiche di sviluppo e programmazione locale e quelle di sistema. In particolare è stato richiesto alle realtà comunali che aderiscono al progetto di verificarne la congruenza rispetto alle politiche locali. Dal punto di vista operativo il PST Po di Lombardia si articola nei seguenti progetti:

Cicloturismo Progetti di turismo sostenibile Parchi/Ecomusei Vie del gusto Turismo fluviale, intermodalità. Culture e identità del fiume Progetti di integrazione e di rete Percorso dei borghi storici Territoriali: Città d’Arte, Città Murate e Castellate, Colline Moreniche, Gli Oltrepo, Lomellina Itinerari tematici Terme Congressi

Progetti di prodotti d’area e tematici

Distretto della musica Il Po Via Francigena Progetti interregionali Percorsi Matildici Piano fiere, Calendario eventi, Materiale promozionale generale, Work shop, Eductour, Formazione, Web marketing, Portale Progetti di marketing Marketing territoriale e marketing interno, Accoglienza e ricettività turistica , Marchi di qualità

Osservatorio turistico e monitoraggio Osservatorio turistico e monitoraggio Per maggiori dettagli si rimanda alla sezione del PST ad essi dedicata. Per una loro prima localizzazione sul territorio del PST Po di Lombardia si rimanda alla cartografia allegata al PST stesso.

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CAPITOLO 2 DESCRIZIONE SINTETICA DELL’AREA INTERESSATA

Premessa

Il presente capitolo è dedicato ad una presentazione generale delle caratteristiche ambientali che caratterizzano il territorio delle quattro Province rivierasche lombarde interessate dal sistema turistico Po di Lombardia. Il fine della presente analisi è quello di fare emergere prime indicazioni e primi segnali a riguardo di particolari criticità e/o sensibilità ambientali dell’ambito territoriale su cui ricadranno gli interventi e le azioni previste dal PST. Le matrici ambientali prese in considerazione nella presente analisi sono: aria, acqua, suolo, rischi naturali, natura e biodiversità, rifiuti, rumore, inquinamento luminoso, energia, paesaggio, radiazioni ionizzanti e campi elettromagnetici. Le informazioni utilizzate sono state tratte prevalentemente dalla RSA dalla Provincia di Pavia, dalla RSA della Provincia di Lodi, dalla RSA della Provincia di Cremona, dalla RSA della Provincia di Mantova, dai documenti di supporto alla Valutazione Ambientale Strategica del PTCP della Provincia di Cremona, dai documenti di supporto alla Valutazione Ambientale Strategica del PTCP della Provincia di Lodi, dai documenti di supporto alla Valutazione Ambientale Strategica del PTVE della Provincia di Pavia, dalla RSA della Regione Lombardia 2006, nonché da svariate fonti documentali reperibili on line tra le quali ad esempio le relazioni delle campagne di monitoraggio della qualità dell’aria di ARPA Lombardia. I dati e le informazioni ricavate non risultano del tutto omogenei specialmente sotto il punto di vista del periodo temporale di riferimento. Va segnalato, infatti, che le diverse fonti documentali prese in considerazione non presentano lo stesso livello di aggiornamento dei dati. Un’ulteriore criticità emerge inoltre dal differente grado di approfondimento delle tematiche trattate, carenza spesso imputabile alla mancanza di dati e di studi approfonditi riferiti ad alcuni argomenti oggetto di analisi del presente capitolo. Contesto di riferimento

L’area su cui insiste il sistema turistico Po di Lombardia si colloca nella parte centrale del bacino idrografico del fiume Po e comprende l’intera porzione meridionale della Regione Lombardia. I territori amministrativi interessati dalle azioni del Piano sono riconducibili, nello specifico, alle amministrazioni provinciali di Cremona, Pavia, Lodi e Mantova per una superficie totale di circa 8000 km2. L’unità di paesaggio predominante nell’intera area risulta essere quella pianura, mentre la media-bassa collina e la montagna appenninica interessano prevalentemente i territori meridionali dell’Oltrepò pavese. Il fertile territorio di pianura a nord del fiume Po è ricco di corsi d’acqua, sia naturali che artificiali, di capacità e di portata largamente superiore rispetto agli affluenti appenninici di sinistra, endemicamente caratterizzati da penuria idrica particolarmente critica nei periodo di scarse precipitazioni.

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Numero Comuni

Superficie territoriale

(km2)

Popolazione residente

(ab. al 31/12/06)

Densità demografica

(ab./ km 2) Provincia di Pavia 190 2.964,70 521.296 175,8 Provincia di Lodi 61 782,36 215.386 275,3 Provincia di Cremona 115 1.770,57 350.368 197,9 Provincia di Mantova 70 2.338,84 397.533 170,0 Totale area PST 436 7.856,47 1.484.583 189,0 Lombardia 1.546 23.860,62 9.545.441 400,0 Italia 8.101 301.336,01 59.131.287 196,2 Fonte ISTAT – Annuario Statistico Regionale della Lombardia Aria

Per la valutazione delle emissioni in atmosfera all’interno dei territori delle quattro Province si è fatto ricorso al data base INEMAR (INventario EMissioni ARia) della Regione Lombardia. Tale database è stato progettato e realizzato nell’ambito del Piano Regionale di Risanamento della Qualità dell’Aria (PRQA) al fine di stimare, sulla base della metodologia europea Corinair, le emissioni di una serie di inquinanti riconducibili a 150 attività antropiche ad un grado di dettaglio che si spinge fino a livello comunale. L’applicazione della metodologia prevista per la costruzione del database INEMAR permette la stima dei seguenti macroinquinanti1: • ossidi di zolfo (SOX); • ossidi di azoto (NOX); • composti organici volatili non metanici (COVNM); • metano (CH4); • monossido di carbonio (CO); • anidride carbonica (CO2). • ammoniaca (NH3); • protossido d’azoto (N2O); • polveri totali sospese (PTS); • polveri con diametro inferiore ai 10 mm (PM10); • polveri con diametro inferiore ai 2.5 mm (PM2.5). Le fonti emissive considerate dal database INEMAR, sulla base della già citata metodologia Corinair, sono raggruppate all’interno di 11 macrosettori: • centrali elettriche pubbliche, cogenerazione e teleriscaldamento; • impianti di combustione non industriali (commercio, residenziale, agricoltura); • combustione nell’industria; • processi produttivi; • estrazione e distribuzione di combustibili fossili; • uso di solventi; • trasporto su strada; • altre sorgenti mobili e macchinari; • trattamento e smaltimento rifiuti; • agricoltura; • altre sorgenti e assorbimenti.

1 Attualmente è ancora in fase di elaborazione la stima delle emissioni di alcuni metalli pesanti (As, Cd, Cr, Cu, Hg, Ni, Pb, Se e Zn) ed alcuni composti organoclorurati (diossine, PCB, ecc.) i cui risultati saranno disponibili non appena ottenuto un maggior grado di certezza ed affidabilità della metodologia applicata.

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Contributo % delle Province interessate dal PST sul totale delle emissioni in Lombardia. Anno 2005

Provincia SO2 NOx COV CH4 CO CO2 N2O NH3 PM2.5 PM10 PTS CO2

eq Precurs.

O3

Tot. Acidif. (H+)

Cremona 9% 5% 4% 9% 4% 4% 12% 16% 6% 6% 6% 5% 4% 11%

Lodi 6% 4% 2% 5% 3% 5% 5% 8% 3% 3% 3% 5% 3% 6%

Mantova 11% 9% 5% 12% 5% 15% 16% 21% 7% 7% 7% 14% 6% 15%

Pavia 17% 9% 7% 12% 11% 10% 8% 7% 13% 13% 13% 10% 8% 9%

Totale 44% 27% 17% 38% 22% 34% 41% 52% 29% 29% 30% 34% 21% 42%

Fonte: rielaborazione interna su dati ARPA Lombardia - Regione Lombardia. Emissioni in Lombardia nel 2005 ripartite per provincia - public review Dall’analisi della tabella precedente emerge che:

- il peso dell’area considerata rispetto al totale delle emissioni lombarde è mediamente in linea con il relativo peso territoriale (l’area considerata copre infatti circa il 33% del territorio lombardo);

- per alcuni inquinanti tipicamente legati alla produzione agricola il contributo dell’area considerata alle emissioni regionali è invece superiore alla media (in particolare per N2O e NH3).

Emissioni nell'area interessata dal PST nel 2005 ri partite per provincia (t/anno)

Provincia SO2 NOx COV CH4 CO CO2 N2O NH3 PM2.5 PM10 PTS CO2

eq Precurs.

O3

Tot. Acidif. (H+)

Cremona 2.672 9.974 13.528 38.840 16.802 2.960 1.986 16.195 1.099 1.326 1.589 4.427 28.088 1.253

Lodi 1.827 6.982 7.028 21.025 12.759 4.198 860 7.706 644 766 929 4.928 17.243 662

Mantova 3.414 17.146 15.877 49.407 20.108 11.527 2.524 20.628 1.379 1.648 2.026 13.386 39.699 1.693

Pavia 5.177 18.179 23.951 51.102 48.078 7.808 1.273 7.054 2.559 2.960 3.671 9.325 52.133 972

Totale 13.090 52.281 60.384 160.374 97.747 26.494 6.643 51.583 5.682 6.701 8.215 32.066 137.163 4.580

Fonte: rielaborazione interna su dati ARPA Lombardia - Regione Lombardia. Emissioni in Lombardia nel 2005 ripartite per provincia - public review Se si analizzano invece i contributi relativi delle quattro province interessate dal PST alle emissioni atmosferiche si nota che:

- la provincia per la quale il modello stima le maggiori emissioni su quasi tutti gli inquinanti è quella di Pavia, dato in linea con la sua maggiore estensione territoriale e maggiore popolazione residente;

- emerge anche in queste tabelle la vocazione agricola dell’area considerata (aspetto particolarmente evidente nel pattern di emissioni della provincia di Mantova, a causa della sua elevata produzione zootecnica).

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Distribuzione % delle emissioni nell'area interessa ta dal PST - Anno 2005

0% 20% 40% 60% 80% 100%

SO2

NO

CO

CH

CO

CO

N2

NH

PM

PM

PTS

CO

Prec

Tot.

CR

LO

MN

PV

Provincia SO2 NOx COV CH4 CO CO2 N2O NH3 PM2.5 PM10 PTS CO2

eq Precurs.

O3

Tot. Acidif. (H+)

Cremona 20 % 19 % 22 % 24 % 17 % 11 % 30 % 31 % 19 % 20 % 19 % 14 % 20 % 27 %

Lodi 14 % 13 % 12 % 13 % 13 % 16 % 13 % 15 % 11 % 11 % 11 % 15 % 13 % 14 %

Mantova 26 % 33 % 26 % 31 % 21 % 44 % 38 % 40 % 24 % 25 % 25 % 42 % 29 % 37 %

Pavia 40 % 35 % 40 % 32 % 49 % 29 % 19 % 14 % 45 % 44 % 45 % 29 % 38 % 21 %

Totale 100 % 100 % 100 % 100 % 100 % 100 % 100 % 100 % 100 % 100 % 100 % 100 % 100 % 100 %

Fonte: rielaborazione interna su dati ARPA Lombardia - Regione Lombardia. Emissioni in Lombardia nel 2005 ripartite per provincia - public review Per le informazioni relative alla qualità dell’aria delle zone interessate dal PST si è fatto riferimento, inoltre, ai dati riportati all’intero delle RSA delle quattro Province e alla documentazione relativa alle campagne di monitoraggio per mezzo di postazioni fisse e mobili condotte dai rispettivi dipartimenti Provinciali di ARPA Lombardia. Nel area del Piano sono presenti quattro reti di pubbliche di monitoraggio della qualità dell’aria per un totale di 39 centraline fisse sia pubbliche che private (con quest’ultime spesso gestite e validate da ARPA Lombardia) e 6 postazioni mobili. La gestione della strumentazione e la conduzione delle campagne di monitoraggio è lasciata ai rispettivi dipartimenti provinciali di ARPA Lombardia a cui spetta, inoltre, la redazione dei report annuali di analisi dei dati rilevati.

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Provincia Centraline fisse pubbl/priv

Laboratori mobili pubbl.

Pavia 15 2 1 (camp. PM10)

Lodi 7 1 3 (camp. PM10)

Cremona 9 1 Mantova 8 2

Totale 39 6

Da un’analisi di sintesi della stato di salute della risorsa aria in Provincia di Pavia si evince una seppur debole tendenza al miglioramento per gli inquinanti primari. Le informazioni tratte dal Rapporto sulla Qualità dell’Aria 2006 di ARPA Lombardia evidenziano una concentrazione di SO2 largamente inferiori rispetto ai livelli degli anni precedenti. La CO2, parimenti, si colloca al di sotto dei limiti tabellari normativi. Meno positiva si mostra invece la situazione relativa alle concentrazioni di NO2, che ha registrato superamenti del limite medio annuo sia per la protezione della salute umana che per quella degli ecosistemi, del PM10 e dell’O3 con superamenti rispettivamnte nei mesi invernali ed estivi. E’ confermata, inoltre, la stagionalità di alcuni inquinanti (NO2, CO, C6H6) i cui picchi di superamento sono stati rilevati nei mesi invernali ed autunnali. La qualità dell’aria all’interno del territorio della Provincia di Lodi appare accettabile, con un generale rispetto dei valori limite fissati dalla normativa. In particolare nessun superamento è stato registrato per SO2, CO e C6H6, mentre gli SOX hanno superato episodicamente i parametri europei relativi alla protezione degli ecosistemi. L’ NO2 si è tenuto al di sotto del valore limite aumentato del margine di tolleranza per il 2005 mentre le situazioni di criticità si presentano relativamente al PM10 ed all’ O3. Le concentrazioni di particolato fine, infatti, si sono mostrate superiori sia al limite annuale che a quello giornaliero soprattutto in autunno e in inverno, periodi in cui il ristagno atmosferico causa fenomeni di accumulo persistente dell’inquinante. La connessione tra andamento delle concentrazioni mensili e condizioni meteorologiche viene confermato anche per l’inquinante O3, i cui picchi di massimo (con superamenti sia del livello di protezione della salute umana che di quello degli ecosistemi) vengono fatti registrare nel periodo estivo, vale a dire quando alte temperature ed elevato irraggiamento termico favoriscono la formazione di ozono fotochimico. La situazione della qualità dell’aria relativa alla Provincia di Cremona appare in line di massima accomunabile a quella della Provincia di Lodi. Gli inquinanti che presentano casi acuti di inquinamento atmosferico sono il particolato fine (PM10) e l’ozono (O3) coi relativi picchi anch’essi legati alla ciclicità delle stagioni e dei menomi meteorologici ad esse collegati. Il periodo autunnale-invernale si mostra particolarmente critico per il PM10 che raggiunge frequentemente valori al di sopra della media giornaliera fissata per legge. La tarda primavera-estate, invece, registra temperature ed irraggiamenti solari tali da favorire la formazione di ozono nei bassi strati dell’atmosfera con il conseguente superamento dei limiti tabellari sia posti a tutela della salute umana che di quella della vegetazione. La situazione generale riferita all’anno 2005 evidenzia il mancato rispetto dei limiti europei, oltre che per i già citati PM10 ed O3, anche per gli ossidi di azoto (NOX). Del tutto sotto controllo, invece, risulta essere la situazione relativa al monossido di carbonio (CO), biossido di zolfo (SO2) e benzene (C6H6). I dati storici più recenti relativi alla qualità dell’aria nel territorio della Provincia di Mantova evidenziano una tendenza alla diminuzione delle concentrazioni di alcuni inquinanti convenzionali quali il biossido di zolfo (SO2), gli ossidi di azoto (NOX) ed il monossido di carbonio (CO).

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Anche la situazione riferita all’ozono (O3) non mostra, in riferimento all’anno 2005, casi di superamento della soglia di allarme. Superamenti sia del limite annuo, sia di quello giornaliero, si sono verificati invece a livello di PM10 dove la situazione è risultata peggiore in provincia rispetto al capoluogo. La motivazione potrebbe essere ricercata nella distribuzione territoriale delle fonti di inquinamento dal momento che le maggiori attività industriali ed energetiche risultano essere collocate nei territori di comuni differenti rispetto al capoluogo. Un’analisi della condizione della qualità della aria contestualizzata all’intero territorio del PST mostra una situazione che evidenzia forti analogie con il resto della Pianura Padana. L’impatto delle fonti inquinanti appare fortemente influenzato e condizionato dalle condizioni meteo-climatiche tipiche del territorio di pianura che risultano tali da impedire la dispersione e la diluizione dei gas nocivi. Mentre la situazione riferita ai cosiddetti inquinanti convenzionali (SO2, PTS, NO2, C6H6) risulta da alcuni anni sotto controllo (soprattutto grazie ad uno “svecchiamento” del parco circolante ed all’introduzione di tecnologie più evolute nel settore industriale ed in quello del riscaldamento domestico) le maggiori criticità sono rappresentate da PM10 ed O3, le cui concentrazioni superano frequentemente i limiti di legge. Come già evidenziato nella trattazione dei singoli contesti provinciali, a giocare un ruolo fondamentale nell’accumulo di queste due sostanze inquinanti sono le particolari condizioni atmosferiche nonché la conformazione territoriale dell’intera pianura padana. Le condizioni di stabilità atmosferica per lunghi periodi dell’anno, l’alto tasso di umidità dell’aria e la mancanza di correnti ventilate costanti, da un lato impediscono la dispersione delle polveri sottili soprattutto nel periodo invernale e dall’altro facilitano la formazione fotochimica dell’ozono nei mesi estivi. Acqua

Il territorio del Programma di Sviluppo Turistico appartiene interamente al bacino idrografico del fiume Po, la cui estensione interessa un’area complessiva di 71.057 km2, sei regioni e circa 3.200 comuni. All’interno del bacino, che si presenta come il più esteso a livello nazionale, vive una popolazione pari a circa 16 milioni di abitanti ed insistono le maggiori realtà economico-produttive del Paese. Tali fattori presentano inevitabilmente ripercussioni sulle caratteristiche ambientali quali-quantitative del corpo idrico principale, interessato da forti prelievi sia dal reticolo superficiale (circa 25 miliardi di m3) che sotterraneo (circa 5 miliardi di m3). Ulteriore caratteristica potenzialmente generatrice di criticità ambientali per l’ecosistema fluviale riguarda la notevole differenza di portata che si registra in differenti tratti del fiume. Tale fenomeno risulta particolarmente evidente anche nel tratto lombardo del grande fiume con una portata media in uscita (a valle della Provincia di Mantova) superiore di circa tre volte rispetto a quella in entrata (a monte della Provincia di Pavia). Il territorio della Provincia di Pav ia ricade per intero all’interno del bacino idrografico del fiume Po, collettore di tutti corsi d’acqua, sia naturali che artificiali, che solcano le tre differenti zone in cui storicamente la viene suddivisa la provincia: Pavese, Oltrepò e Lomellina. I corsi d’acqua più importanti (Po, Ticino, Sesia, Olona, Lambro, Terdoppio ed Agogna) sono localizzati nelle zone del Pavese e della Lomellina, territori entrambi posti a nord del fiume ricchi, tra l’altro, di rogge e canali ad uso irriguo. Con caratteristiche nettamente differenti appare l’idrografia dell’Oltrepò Pavese con corsi d’acqua (i principali: Staffora, Versa, Coppa, Tidone) prevalentemente a carattere torrentizio di lunghezza e portata largamente inferiori a quelli delle due zone precedentemente introdotte. Sulla base della classificazione effettuata nell’ambito della programmazione dell’uso e tutela delle acque lombarde i corpi idrici naturali significativi individuati per la Provincia di Pavia sono:

� fiume Po; � fiume Ticino;

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� fiume Olona – Lambro Meridionale; � fiume Lambro; � torrente Agogna; � torrente Terdoppio; � torrente Staffora; � fiume Scrivia.

Per la rilevanza rivestita da questo corso d’acqua il PTUA ha individuato nel Naviglio Pavese un ulteriore corpo idrico significativo sul quale effettuare i campionamenti e le analisi previste dalla legge. Tale canale artificiale, che solca il territorio del Pavese lungo l’asse nord-sud per poi confluire nel Ticino all’altezza di Pavia, presenta infatti potenziali criticità ambientali (soprattutto in relazione all’elevato carico di nutrienti in esso disciolti) in considerazione della sua provenienza dal capoluogo lombardo. Da un recente studio condotto dalla Provincia di Pavia sullo stato delle risorse idriche insistenti sul proprio territorio emerge che il corso d’acqua che presenta maggiori criticità risulta essere lo Staffora, mentre la qualità dei restanti fiumi monitorati appare generalmente sufficiente.

Schema riassuntivo dello Stato Ambientale dei Corpi Idrici Superficiali della Provincia di Pavia

Corso d’acqua

Da entrata in provincia a: da … / a … : da … / a … : da … / a … :

Fiume Po Pieve del Cairo

SUFFICIENTE Pieve del Cairo – Mezzanino

SUFFICIENTE Mezzanino – Spessa

SUFFICIENTE

Fiume Ticino Vigevano

BUONO Vigevano – Bereguardo

SUFFICIENTE Bereguardo – Pavia

BUONO

Pavia – Valle Salimbene

SUFFICIENTE

Fiume Olona Cura Carpignano

SUFFICIENTE Cura Carpignano – S.Zenone SUFFICIENTE

Torrente Agogna

Nicorvo SUFFICIENTE

Nicorvo – Velezzo L. SUFFICIENTE

Velezzo L. – Lomello SUFFICIENTE

Lomello – Mezzana Bigli

SUFFICIENTE Torrente

Terdoppio Vigevano

SUFFICIENTE Vigevano – Pieve Albignola

SUFFICIENTE Pieve Albign. – Zinasco SUFFCIENTE

Torrente Staffora

(Tra sorgente e) S. Margherita Staffora BUONO

S.Margherita S. – Varzi BUONO

Varzi – Cervesina SCADENTE

Torrente Scrivia

Cornale SUFFICIENTE

Fonte: Provincia di Pavia – Divisione Ambiente – Settore Risorse Naturali – Lo stato delle acque in provincia di Pavia – 2006. Il consistente prelievo ad uso irriguo, giustificato dalla forte vocazione economica agricola dell’economia provinciale, acuisce nel periodo primaverile-estivo i regimi di magra dei corsi d’acqua di pianura arrecando grave pregiudizio al deflusso idrico che in alcuni casi estremi giunge ad arrestarsi. Il fenomeno risulta particolarmente evidente nei periodi di irrigazione delle colture di mais e riso per i torrenti Agogna, Olona Meridionale, e per il fiume Ticino. L’uso idroelettrico rappresenta la seconda destinazione di derivazione idrica in provincia, con portate concesse che si assestano a circa un quinto rispetto a quelle destinate ad uso agricolo. La situazione relativa alle infrastrutture idriche in provincia appare particolarmente positiva, tale da coprire la quasi totalità della popolazione residente sia per quanto riguarda il servizio di acquedotto sia per quanto concerne la rete di fognature e di depurazione. L’aspetto quali-quantitativo delle acque sotterranee risente fortemente della conformazione geologica del sottosuolo che presenta orizzonti freatici localizzati a profondità largamente differenti.

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I soli orizzonti che non presentano rischio d’inquinamento da acque d’infiltrazione sono quelli posti alle profondità maggiori che rappresentano, tra l’altro, un’importante fonte di approvvigionamento idrico ad uso idropotabile. Un maggior rischio di contaminazione si presenta, invece, sia per gli orizzonti più superficiali, che vengono alimentali dalle precipitazioni meteoriche e dalle acque irrigue, sia per quelli a maggiore profondità, estremamente vulnerabili a causa dell’assetto geologico permeabile che permette un’elevata infiltrazione di acque spesso inquinate. La Provincia di Lodi è caratterizzata da un reticolo idrografico estremamente fitto, composto sia da corsi d’acqua naturali che artificiali, che può essere suddiviso in tre bacini principali:

� Adda; � Basso Lodigiano – Po (che comprende i bacini secondari del Brembiolo e del Venere); � Lambro (che comprende i bacini secondari del Lambro Meridionale e del Sillaro).

Il comparto agricolo, settore economico principale della provincia, determina forti pressioni sulla risorsa idrica locale che risulta caratterizzata da notevoli variazioni di portata in differenti punti di monitoraggio. Tale criticità può essere acuita da condizioni meteoclimatiche avverse che si verificano sia in differenti stagioni che annate. Un’ulteriore problematica legata sia alle attività agricole che zootecniche è rappresentata dagli effetti del percolamento e del dilavamento del suolo nel reticolo idrografico sia principale che minore. Frequenti risultano essere, infatti, i fenomeni di contaminazione a scala locale che però raramente si presentano come persistenti. Oltre all’uso irriguo le derivazioni concesse in Provincia di Lodi (emunte in misura maggiore dal canale Muzza) riguardano prevalentemente il comparto idroelettrico, mentre modesto appare quello industriale. L’analisi qualitativa dei corpi idrici significativi individuati dal PTUA evidenzia situazioni di forte criticità per il Lambro ed il Lambro Meridionale, in gran parte dovuta agli impatti delle attività antropiche con sede nei territori a nord del territorio lodigiano. Tale effetto si ripercuote, seppur in misura leggermente minore, anche sul Po e sul canale Muzza che comunque raggiungono una classificazione pari a sufficiente. Complessivamente buona viene considerata la qualità delle acque del tratto di fiume Adda compreso tra Rivolta d’Adda e Turano Lodigiano. Schema riassuntivo dello Stato Ambientale dei Corpi Idrici Superficiali della Provincia di Lodi

Corso d’acqua Punto di campionamento Stato Ambientale

Fiume Po

Senna Lodigiano SCADENTE

R. Mortizza

S. Stefano Lodigiano SCADENTE

Fiume Lambro

Orio Litta PESSIMO

T. Lisone

Castiraga Vidardo SCADENTE

Lambro Meridionale

S. Angelo Lodigiano PESSIMO

Fonte: Rielaborazione interna su dati Regione Lombardia – Programma di Tutela ed Uso delle Acque

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I sistemi di depurazione della rete delle acque reflue urbane coprono la quasi totalità dei comuni della Provincia di Lodi. Gli impianti, generalmente di piccole dimensioni e di potenzialità inferiore ai 10.000 A.E., non hanno dimostrato nel tempo particolari criticità a livello di funzionamento. Il sottosuolo lodigiano appare particolarmente ricco di falde sotterranee che si presentano sfruttabili fino a profondità pari a circa 200 m. Tale ricchezza risulta però minata dall’alta permeabilità dei depositi pedologici superficiali che rendono particolarmente vulnerabili i bacini idrici di profondità. Nel complesso lo stato quali-quantitativo delle risorse idriche sotterranee lodigiane appare di buona qualità specialmente nella fascia settentrionale della provincia. In quella meridionale, di contro, sono presenti situazioni di degrado dovuti a fenomeni idrochimici naturali. Casi di contaminazione di origine antropica sono limitati ad aree circoscritte un tempo interessate da attività da tempo dimesse. Gli unici casi di maggiore contaminazione vengono fatti ricondurre ad aree idrogeologicamente poste a monte del territorio lodigiano. I principali fiumi che demarcano il reticolo idrografico della Provincia di Cremona sono l’Adda, il Serio, l’Oglio ed il Po ai quali si aggiunge una fitta rete di corsi d’acqua minori, canali secondari, rogge e fontanili che demarcano la vocazione storicamente agricola del territorio. Sette tra le trentasei stazioni di campionamento che compongono la rete di monitoraggio della qualità delle acque superficiali della provincia sono collocate lungo i copi idrici principali: Adda, Oglio, Po e Serio. Lo Stato Ecologico di questi fiumi risulta, in riferimento all’anno 2002, in classe sufficiente solamente per l’Adda, l’Oglio ed il Po, rispettivamente nelle stazione di Rivolta d’Adda, Castelvisconti e Cremona. Tutti gli altri punti di prelievo fanno registrare, invece, una qualità delle acque scadente. Il reticolo minore presenta mediamente classificazioni di qualità intermedie con il solo Naviglio Melotta in classe II (giudizio: buono). Le situazioni peggiori sono state riscontrate per il Naviglio Dugale Ribecco, Cavo Ciria, colatori Cumula e Delmona Vecchia, Cavo Serio Morto e Roggia Riglio (Stato Ecologico: pessimo). Un quadro di sintesi sullo stato delle acque superficiali cremonesi viene reso nell’ultimo Rapporto sullo Stato dell’Ambiente della Provincia di Cremona (2003). Il triennio 2000 – 2002 evidenzia un peggioramento generalizzato della qualità delle acque con i bacini dei fiumi Adda ed Oglio a risultare particolarmente compromessi. Nello stesso arco temporale di riferimento il bacino de Po ha mostrato un’inversione di tendenza facendo registrare lievi miglioramenti. Schema riassuntivo del giudizio di qualità ecologic a (SECA) dei principali Corpi Idrici Superficiali della Provincia di Cremona

Corso d’acqua Punto di campionamento Giudizio qualità

Pizzighettone SCADENTE Fiume Adda

Rivolta d’Adda SUFFICIENTE

Montodine SCADENTE Fiume Serio

Casale Cremasco SCADENTE Castelvisconti SUFFICIENTE

SCADENTE Fiume Oglio Ostiano

SUFFICIENTE Fiume Po Cremona SUFFICENTE

Fonte: Rielaborazione interna su dati ARPA Cremona – 2002

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In riferimento alla percentuale di copertura territoriale da impianti di depurazione (89 depuratori attivi per un totale di 567.565 A.E. trattati), circa il 76% dei comuni risulta servita da depuratori di dimensioni mediamente ridotte tali da comportare problematiche sul lato gestionale. Da segnalare è inoltre che nella quasi totalità dei controlli condotti da ARPA su impianti con potenzialità superiore a 2000 A.E., risultano rispettate le prescrizioni di legge (fonte RSA ARPA Lombardia – 2006). La rete fognaria presente al 2001 all’interno dell’ATO di Cremona si sviluppa per 1.173 km per arrivare a servire la quasi totalità della popolazione provinciale (95%). La situazione quantitativa dei corpi idrici sotterranei risulta essere particolarmente positiva non essendo le falde acquifere interessate da particolari impatti antropici. Particolare attenzione deve essere prestata, invece, alla qualità chimico-fisica degli acquiferi sotterranei le cui problematiche maggiori vengono riscontrate nella zona del cremasco. La conformazione geologica del sottosuolo cremonese, ricco di elementi naturali quali ferro e manganese, comporta in alcuni casi alterazioni delle proprietà organolettiche dell’acqua che rende necessario un prelievo dalle falde artesiane a profondità maggiori. Il reticolo idrografico in Provincia di Mantova si presenta come una fitta rete distribuita capillarmente sull’intero territorio e costituita sia da corpi idrici d’importanza nazionale, sia da numerosi corsi minori, canalizzazioni ed opere di derivazione ad uso irriguo. I fiumi maggiori, Po, Oglio e Mincio assumono la morfologia caratteristica dei grandi fiumi di pianura con ampie anse che ne delineano la sinuosità meandriforme. Le significative opere di ingegneria ambientale realizzate nel corso degli anni, sebbene abbiano permesso di ridurre al minimo il rischio idraulico, hanno determinato la pressoché totale perdita delle antiche caratteristiche di naturalità dei grandi fiumi. I corpi idrici minori, seppur criticamente segnati dalla perdita di funzionalità alimentativa delle risorgive, dall’uso antropico-irriguo e dai mutamenti climatici, hanno mantenuto un maggior grado di naturalità originaria. La vasta disponibilità d’acqua e la conformazione geologica del suolo hanno storicamente caratterizzato ed influenzato il panorama economico provinciale fortemente orientato ad una vocazione agricola. L’uso irriguo si presenta dunque come la principale tipologia di sfruttamento ed impiego della risorsa che e viene gestito da numerosi Consorzi di dimensioni medio-grandi. Dati ARPA riferiti alla ricognizione generale sullo stato dell’ambiente in regione Lombardia nel 2006 mostra inoltre come circa il 75% dei prelievi ad uso irriguo sia emunto da grandi derivazioni mentre solamente una frazione residuale, pari all’incirca al 25%, da piccole. Lo stesso studio evidenzia inoltre che il secondo settore a maggior impiego di acque pubbliche risulta essere quello industriale (100% da piccole derivazioni) seguito nell’ordine dallo zootecnico (100% da piccole derivazioni), dal piscicolo (85% circa da grandi derivazioni e dal potabile (100% da piccole derivazioni). In merito alla qualità del patrimonio idrico mantovano si segnala negli ultimi anni una tendenza al peggioramento causata dalla pressione antropica esercitata a livello locale che si somma ad un non trascurabile carico inquinante esercitato dai territori a monte del territorio provinciale. Ulteriore fattore di pressione su tale risorsa è dovuto all’uso agricolo intensivo del suolo. Da una panoramica generalizzata e riassuntiva sullo stato di salute della risorsa idrica superficiale provinciale si evince che la maggior parte dei campionamenti effettuati nelle stazioni di monitoraggio della rete ARPA ha evidenziato una qualità sufficiente, mentre solo il 12-15% scadente. Il sistema di depurazione delle acque reflue è presente nel 76% dei comuni del territorio mantovano. Si segnala, inoltre, che nonostante la maggioranza degli impianti di depurazione sia di dimensioni medio-piccole, i controlli sul rispetto della conformità normativa riferiti all’anno 2005 hanno dimostrato un’alta efficienza del sistema (soprattutto per quelli di potenzialità superiore di 10000 A.E). Il sistema acquifero sotterraneo presenta una situazione sostanzialmente positiva sia in termini di quantità che di qualità della risorsa disponibile. Alcune criticità specifiche vengono segnalate, tuttavia, nella zona del cremasco.

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Le alterazioni qualitative riscontrate possono essere ricondotte alla particolare natura geologica del sottosuolo mantovano naturalmente ricco di elementi, quali ad esempio il ferro, che influiscono inevitabilmente sulla falda acquifera presente soprattutto alla profondità meno elevata. L’intero territorio interessato dal PST presenta un fittissimo reticolo idrografico, che ha nel Po l’ossatura fondamentale, che storicamente ha permesso l’instaurarsi di un’economia fondamentalmente agricola. L’affermarsi, a partire dalla metà del secolo scorso, di usi economici alternativi (e competitivi) della risorsa idrica, nonché l’aumento esponenziale della pressione insediativa antropica nell’area di pianura, hanno inevitabilmente avuto ripercussioni sull’assetto quali-quantitativo delle acque sia sotterranee che di superficie. Tale situazione risulta ben evidente nei risultati delle campagne di monitoraggio condotte da ARPA Lombardia che mostrano come la maggior parte dei fiumi, torrenti e falde sotterranee delle quattro province ricada prevalentemente nelle classi scadente e sufficiente. L’intera zona presenta, inoltre, caratteristiche fisiche e geologiche intrinseche che influenzano inevitabilmente la qualità della risorsa alle quali si somma un notevole carico inquinante prodotto dalle attività antropiche insistenti sull’area del PST. Ad aggravare tale condizione interviene anche un consistente fenomeno di inquinamento “indotto” retaggio del forte impatto esercitato dall’uomo sulle risorse naturali delle aree a monte dei territori delle quattro province. Suolo

Il territorio della Provincia di Pavia risulta nel complesso meno urbanizzato rispetto alle altre province lombarde facendo registrare una superficie impermeabilizzata (corrispondenti ai nuclei urbani ed alle maggiori direttrici viarie) pari 7,9% rispetto ad una media regionale de 12% (dati DUSAF 2003). L’uso del suolo presenta notevoli difformità tra la parte di pianura e quella montano-collinare dell’Oltrepò Pavese. Mentre nella prima, infatti, si concentrano i maggiori centri insediativi e produttivi, assieme ad un largo sfruttamento del suolo ad uso agricolo, nella seconda prevalgono aree rurali, scarsamente abitate, in cui prevale la coltivazione della vite nella fascia collinare ed il bosco e pascoli in quella montana. La vocazione agricola e “naturalistica” della provincia di Pavia è confermata dai dati (2003) relativi alla percentuale di territorio destinato ad uso agricolo (con una SAU pari al 73%) e forestato (18%). Le aree urbanizzate si presentano di dimensioni medio-piccole e si mostrano come interruzioni dei coltivi. Solo pochi centri raggiungono dimensioni più ampie in corrispondenza delle aree insediative maggiori: Pavia, Vigevano, Voghera, Mortara, Broni e Stradella. L’economia orientata al settore agricolo e terziario giustifica il basso tasso di industrializzazione della provincia di Pavia, con una densità industriale al di sotto della media lombarda. Sul territorio insistono 18 aziende a Rischio di Incedente Rilevante, sebbene non risultino presenti aree a forte rischio ambientale. Il maggior centro industriale è identificabile nel polo petrolifero di Sannazzaro de’ Burgundi mentre altre concentrazioni di minore entità sono localizzate sempre in Lomellina nei pressi di Vigevano e Mortara. L’uso del suolo in Provincia di Lodi appare principalmente legato all’attività agricola e zootecnica. Rispetto all’anno 2006, la percentuale totale di suolo provinciale destinato a Superficie Agricola Utilizzabile risulta pari al 69% (Fonte: Provincia di Lodi – Piano Agricolo Triennale). Ulteriore elemento di grande impatto e cambiamento negli ultimi anni è stata inoltre la crescita dell’urbanizzato dovuta ad una sempre maggior attrazione di domanda insediativa dall’area milanese. La pressione esercitata dal sistema produttivo risulta influenzata dalla forte presenza di piccole e medie imprese artigiane. Non mancano tuttavia realtà produttive di dimensioni maggiori riconducibili prevalentemente a grandi gruppi multinazionali le cui attività impattano inevitabilmente sia sul consumo di suolo (destinato agli stabilimenti produttivi), sia su altre risorse ambientali come

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ad esempio l’aria (per il trasporto dei prodotti) e l’acqua (consumi di risorsa e scarichi legati al ciclo produttivo). In merito alla localizzazione degli insediamenti produttivi una maggiore densità è rilevata lungo la linea ferroviaria Milano-Bologna (e fra la linea stessa e la SS 9), lungo l’autostrada A1 (in prossimità di ogni casello) e nel Comune di Cotogno. Il già accennato incremento del tessuto urbano, dovuto ad una migrazione della domanda insediativa nell’area del sud-Milano, ha generato un significativo incremento delle superfici impermeabilizzate con conseguente impatto sulla quantità e sulla qualità delle aree verdi provinciali. L’uso del suolo in Provincia di Cremona risulta caratterizzato da uno tra i più bassi tassi d’urbanizzazione d’Italia: 5,9% del territorio provinciale pari a circa 10.500 ha nel 2002. Il 47% della popolazione provinciale risiede in comuni con meno di 5000 abitanti (di cui 80 con meno di 2000 ab.), il 21,3% in comuni con popolazione compresa tra i 5000 ed i 20.000 abitanti ed il 30,9% nei comuni di Crema e Cremona, gli unici a registrare una popolazione superiore alle 20.000 unità. La provincia di Cremona, anch’essa caratterizzata da una forte vocazione agricola, vede il proprio suolo destinato per 131.007,92 ettari a SAU (Fonte: ASR Lombardia – anno 2000) con la quasi totalità riservata all’uso seminativo. La recente affermazione della monocoltura a discapito di forme di utilizzazione dei terreni agricoli a rotazione di semina, presenta il rischio di impoverimento di sostanza organica dei suoli con conseguente diminuizione della fertilità e della qualità intrinseca. Ulteriore rischio per la risorsa suolo collegato al comparto zootecnico è la pratica dello spandimento di effluvi e reflui organici sui terreni. Tale operazione risulta infatti particolarmente dannosa se non effettuata nel rispetto delle caratteristiche pedologiche dei suoli ricettori. Nel territorio cremonese sono presenti anche importanti insediamenti industriali di raffinazione, siderurgici e chimici, nonché una fitta rete di infrastrutture logistiche e viarie (tra le quali un porto fluviale) che movimentano quantità significative di beni e merci. In estrema sintesi si segnala, infine, che la maggior parte di aree edificate appare localizzata in prossimità dell’area sud-milanese con maggiore preponderanza lungo gli assi di comunicazione maggiori. L’attuale uso del suolo in Provincia di Mantova risulta fortemente influenzato dalla geomorfologia del territorio. Il quadro paesaggistico dominante, vale a dire la pianura alluvionale, unitamente alla fittissima rete irrigua indotta da una larga disponibilità di risorsa idrica, ha indirizzato la vocazione economica locale verso il comparto agricolo con forme di coltivazioni che determinano consistenti ricadute soprattutto nell’industria alimentare per la trasformazione dei prodotti animali. Appare invece limitata la percentuale di territorio destinato ad uso forestale con circa un 1% di boschi prevalentemente appartenenti alla rete di aree protette presenti in provincia. A prevalere sono le colture di cereali (soprattutto mais ed, in misura minore, riso) e foraggere che arrivano a coprire circa i 2/3 della SAU totale della provincia (166.839, 63 ettari SAU - Fonte: ASR Lombardia – anno 2000). Il recente passato ha visto una consistente espansione delle aree edificate, con conseguente e graduale aumento di consumo e frammentazione di suolo. La provincia registra una tra le densità abitative più basse della Lombardia con l’87% dei Comuni con un numero di abitanti compreso tra le 1.000 e le 10.000 unità. Soltanto Mantova raggiunge una popolazione superore ai 20.000 abitanti. I poli industriali insistenti sul territorio provinciale sono collocati nell’area circostante al capoluogo, a Castiglione delle Siviere, a Asola-Castel Goffredo, Suzzara, Viadana ed Ostiglia. Nel comprensorio di Mantova, in particolare, sono presenti le realtà industriali maggiori tra cui un polo petrolchimico ed una raffineria, quest’ultima dichiarata nel 2003 sito contaminato di rilevanza nazionale. Un minor impatto è invece provocato dalla maggioranza delle realtà produttive locali, caratterizzate da piccole imprese il più delle volte a carattere artigianale.

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Due risultano essere le caratteristiche che contraddistinguono l’intera area del PST in merito all’utilizzo ed alla destinazione del suolo. La prima riguarda la vocazione primariamente agricola che contraddistingue tutte e quattro le province, fattore che da un lato ha permesso la sottrazione di ampie porzioni di territorio da una cementificazione massiccia ma dall’altro provoca seri rischi di impoverimento dei suoli dovuto principalmente all’affermazione di monocolture intensive. La seconda peculiarità riguarda invece la bassa densità demografica che caratterizza i quattro territori. Tale caratteristica è ben evidenziata dall’alto numero di centri abitati che non superano le poche migliaia di residenti e, di conseguenza, dal basso tasso di urbanizzazione e dall’alta dispersione insediativa. Rischi naturali

Risale al 20/03/2003 l’ordinanza governativa n. 3274 che fissa le norme per la classificazione sismica del territorio nazionale regolando contestualmente anche le tecniche costruttive degli edifici. Per classificazione sismica si deve intendere l’attribuzione, in base ad un approfondito studio delle caratteristiche geologiche, ad ogni comune di una classe o zona sismica di appartenenza a cui corrispondono specifici criteri progettuali e costruttivi che devono essere seguiti nella messa in opera di edifici, ponti, fondazioni ed interventi di sostegno dei terreni. La scala di classificazione prevista dalla legge individua quattro zone:

- zona 1 a sismicità alta (S=12); - zona 2 a sismicità media (S=9); - zona 3 a sismicità bassa (S=6); - zona 4 (è data facoltà alle regioni l’imposizione dell’obbligo di progettazione antisismica).

In riferimento al territorio della Provincia di Pavia la classificazione, per singolo comune, del rischio sismico ha individuato il solo comune di Varzi in classe 2 (zona a sismicità media) a causa di due scosse telluriche registrate nell’immediato dopoguerra. Nella terza fascia di rischio (zona a bassa sismicità) rientrano invece 17 comuni, mentre i rimanenti 173 ricadono nella quarta zona vale a dire quella per la quale il rischio sismico appare prossimo allo zero. I 17 comuni classificati in zona 3 appartengono tutti alla zona collinare e montana dell’Oltrepò: Bagnaria, Borgoratto Mormoralo, Brallo di Pregola, Decima, Fortunago, Godiasco, Menconico, Montesegale, Ponte Nizza, Rocca Susella, Romagnese, Ruino, S. Margherita Staffora, Val di Nizza, Valverde, Zavattarello. Il rischio sismico nelle province di Lodi e di Mantova appare prossimo allo zero sebbene in passato si siano verificati nel lodigiano eventi sismici seppur di modesta entità All’interno del territorio della provincia di Cremona , i comuni di Casaletto di Sopra, Soncino, Romanengo e Ticengo presentano rischio sismico medio, vale a dire di categoria 2. Le zone a rischio idrogeologico sono quelle in cui la frequenza, l’intensità, l’accelerazione e la dimensione dei processi naturali e antropici possono produrre variazioni significative nei caratteri morfologici, pedologici, idrogeologici e vegetazionali. Il rischio può presentarsi come manifesto o potenziale e le aree che evidenziano tali caratteristiche vengono sottoposte a vincolo idrogeologico e ricondotte alle prescrizioni previste dal PAI, il Piano di Assetto Idrogeologico, elaborato dall’Autorità di Bacino del Fiume Po. Il fine di questo strumento pianificatorio è quello di salvaguardare l’incolumità delle persone e dei beni garantendo ai territori di bacino un adeguato livello di sicurezza rispetto ai fenomeni di dissesto idraulico e idrogeologico (frane, esondazioni, dissesti morfologici di carattere torrentizio, trasporti di massa e valanghe) connessi al deflusso delle acque del Po e dei suoi affluenti. Gli strumenti e gli interventi previsti dal PAI riguardano il ripristino degli equilibri idrogeologici ed ambientali, il recupero degli alvei fluviali e del sistema delle acque, la programmazione degli usi del

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suolo ai fini della difesa, della stabilizzazione e del consolidamento dei terreni nonché il recupero di aree fluviali. I fenomeni che maggiormente interessano il territorio della Provincia di Pavia sono le esondazioni e le frane, localizzate, quest’ultime, soprattutto nell’area collinare e montana dell’Oltrepò. A riguardo del livello di attenzione per il rischio idrogeologico, in particolare, si contano134 comuni (su 190) interessati da rischi di tale tipo. Tra questi 42 vengono considerati a rischio molto elevato ed i restanti 92 a rischio elevato. Per tali comuni viene richiesta una particolare attenzione nella programmazione e nella pianificazione territoriale ed urbanistica (Fonte: Ministero dell’Ambiente – Segreteria Tecnica per la difesa del suolo – anno 2005). Nel territorio della Provincia di Lodi i rischi idrogeologici sono localizzati lungo i corsi d’acqua dei fiumi Po, Adda e Lambro e quindi riconducibili al c.d. rischio idraulico dovuto a potenziali eventi alluvionali. Le fasce fluviali delimitate dal PAI per i tre fiumi precedentemente citati sono state classificate in: - Fascia A: corrispondente alla fascia di deflusso della piena costituita dalla porzione di alveo che è sede prevalente del deflusso della corrente; - Fascia B: estesa fino ad argini, scarpate o altre opere di contenimento e corrispondente alla fascia di esondazione della piena di riferimento; - Fascia C: aree di inondazione per piena catastrofica. All’interno del PAI sono state inoltre delimitate le aree di dissesto idraulico classificate in relazione alla tipologia di dissesto (frane, esondazioni, trasporto di massa e valanghe) e sono stati identificati inoltre i confini delle aree considerate a rischio idrogeologico molto elevato: asta della Roggia Muzzetta (comune di Guardamiglio) e sponde dell’Adda (comune di Lodi). In Provincia di Cremona , 44 comuni sono considerati a rischio idrogeologico elevato (possibili problemi per l’incolumità delle persone, danni funzionali agli edifici e alle infrastrutture con conseguente inagibilità, interruzione delle attività socio-economiche e danni al patrimonio culturale) e 29 a rischio molto elevato (possibili perdite di vite umane e lesioni gravi alle persone, gravi danni agli edifici e alle infrastrutture, danni al patrimonio culturale e distruzione di attività economiche), per un totale di 73 amministrazioni pari al 63,5% dei comuni della provincia (Fonte: allegato 1 all’Atlante dei rischi idraulici e idrogeologici – Autorità di Bacino del Fiume Po). L’ente Provincia ha inoltre approvato 4 piani d’emergenza per altrettanti fiumi insistenti sul proprio territorio: il Piano provinciale d’emergenza per il rischio idrogeologico del FIUME PO comprende i comuni di: Casalmaggiore, Cremona, Gerre dè Caprioli, Gussola, Martignana Po, Motta Baluffi, Pieve San Giacomo, San Daniele Po, Spinadesco, Stagno Lombardo, Torricella di Pizzo. Il Piano provinciale d’emergenza per il rischio idrogeologico del FIUME ADDA comprende i comuni di: Cataletto Ceredano, Credera Rubbiano, Crotta d’Adda, Formigara, Gombito, Montodine, Moscazzano, Pizzighettone, Ripalta Arpina, Rivolta d’Adda, Spino d’Adda. Il Piano provinciale d’emergenza per il rischio idrogeologico del FIUME SERIO comprende i comuni di: Casale Cremasco – Vidolasco, Castel Gabbiano, Crema, Madignano, Montodine, Pianengo, Ricengo, Ripalta Arpina, Ripalta Cemasca, Ripalta Guerina, Sergnano. Il Piano provinciale d’emergenza per il rischio idrogeologico del FIUME OGLIO comprende i comuni di: Azzanello, Bordolano, Calvatone, Castelvisconti, Corte dè Cortesi con Cignone, Corte dè Frati, Drizzona, Gabbioneta-Binanuova, Genivolta, Isola Dovarese, Ostiano, Pessina Cremonese Piadena, Ribecco d’Oglio, Scandolara Ripa d’Oglio, Soncino, Volongo. Il fitto reticolo idrografico della Provincia di Mantova espone inevitabilmente il territorio a rischio idrogeologico e, nello specifico, a rischio inondazioni. Le quote modeste delle colline moreniche nella parte settentrionale escludono ogni rischio valanga mentre sussiste, seppur in modo limitato, quello di frana.

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Superfici interessate da fenomeni di dissesto idrog eologico nelle province del sistema turistico Po di Lombardia

Aree alluvionabili (km 2)

Aree franabili (km 2)

Totale (km 2)

% terr. Prov.le

% comuni interessati

Pavia 296,0 63,0 359,0 12,1% 61,6%

Lodi 133,9 0,0 133,9 17,1% 67,2%

Cremona 224,0 0,0 224,0 12,7% 46,1%

Mantova 230,2 0,0 230,2 9,8% 60,0%

Lombardia 1.187,1 232,4 2.274,5 9,5% 59,1%

Fonte: Rielaborazione interna su dati Ministero dell’Ambiente – Pianificazione territoriale provinciale e rischio idrogeologico – Previsione e Tutela – Report 2003 Natura e biodiversità

La biodiversità è intesa come una composizione di diversità genetica, specifica (naturale o agrozootecnica), ecosistemica, paesaggistica e culturale, che pone l’uomo come parte integrante dei processi naturali. Nella United Nations Convention on Biological Diversity (UNCBD) di Rio de Janeiro del 1992, il concetto di biodiversità si è inoltre arricchito, rispetto alla conservazione della natura, di un elemento di integrazione che è quello dell’uso sostenibile delle risorse viventi. L’Italia ha ratificato la Convenzione con la legge 14 febbraio 1994 n. 124. Negli ultimi anni il Sistema Nazionale delle Aree Protette si è arricchito del sistema denominato Rete Natura 2000, nome che il Consiglio dei Ministri dell’Unione Europea ha assegnato ad un sistema coordinato e coerente (una “rete”) di aree destinate alla conservazione della diversità biologica presente nell’Unione ed in particolare alla tutela di una serie di habitat e specie animali e vegetali indicati negli allegati I e II della Direttiva “Habitat” e delle specie di cui all’allegato I della Direttiva “Uccelli” e delle altre specie migratrici che tornano regolarmente in Italia. La Rete Natura 2000, ai sensi della Direttiva “Habitat” (art. 3) è costituita dalle Zone Speciali di Conservazione (ZSC) e dalle Zone di Protezione Speciale (ZPS); attualmente la “rete” è composta da due tipi di aree: le Zone di Protezione Speciale, previste dalla Direttiva “Uccelli” e i Siti di Importanza Comunitaria proposti e riconosciuti (ZPS e SIC). Tali zone possono avere tra loro diverse relazioni spaziali, dalla totale sovrapposizione alla completa separazione. L’individuazione dei siti da proporre è stata realizzata in Italia dalle singole Regioni e Province autonome in un processo coordinato a livello centrale. In tal modo la Commissione Europea ha stabilito il quadro generale per la conservazione e la protezione dei siti indicando disposizioni propositive, preventive e procedurali atte a promuovere nelle aree protette un approccio più comprensivo e meno parcellizzato del governo del territorio; solo gli equilibri uomo-natura hanno infatti consentito, specialmente negli ambienti montani, il formarsi e diffondersi di una economia, di una società e di una cultura che hanno svolto un ruolo determinante per il mantenimento ed il miglioramento della ricchezza genetica ed ecosistemica del territorio. La Regione Lombardia è dotata, in valore assoluto a livello nazionale, del più ampio sistema di aree protette con una superficie di circa 550.000 ettari pari al 21.33% del territorio regionale e rappresenta il 16.73% delle aree protette a livello nazionale. Sul territorio della Provincia di Pavia è presente una buona ricchezza faunistica con più di 200 specie stanziali e nidificanti censite tra mammiferi, uccelli, rettili ai quali si aggiungono numerose altre specie di uccelli migratori. La minor pressione antropica ed insediativa in Oltrepò ha consentito il mantenimento di una buona varietà faunistica con la presenza di specie di particolare interesse come ad esempio il capriolo. La valle del Ticino risulta in gran parte compresa all’interno dei confini amministrativi dell’omonimo parco regionale al cui interno si contano più 161 specie che possono godere di habitat naturali

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ideali per la sopravvivenza e la riproduzione (come avviene ad esempio per le colonie di ardeidi), per la sosta di migratori e la sopravvivenza delle svernanti. Le aree individuate come Zone di Protezione Speciale (in primis la Lomelina) ospitano una ricchissima diversità biologica che viene parzialmente messa a rischio dalla significativa pressione antropica collegata alla fruizione escursionistica. L’ittiofauna presente nei corsi d’acqua pavesi risulta ormai fortemente compromessa dall’azione antropica sia a livello di interventi diretti sull’assetto idrogeologico di fiumi e rive sia a seguito dell’introduzione, a scopo ricreativo-sportivo, di specie esotiche altamente invasive e competitive che hanno soppiantato la maggior parte delle specie autoctone. Studi hanno dimostrato che rispetto alle 26 specie di pesci presenti nel reticolo idrografico pavese se ne contano oggi 55 il 49% delle quali risulta però di origine alloctona ed introdotto per opera dell’uomo. Resistono tutt’oggi lembi residuali della foresta planiziale che un tempo ammantava l’intera pianura padana ed oggi limitati a porzioni di territorio ristrette situate lungo la valle del Ticino. In tali zone è possibile trovare salici, saliconi, ontani, pioppi, farnie, carpini e frassini. Sulle alture collinari fino a circa 800 m di altitudine resistono isolati boschi di querce (roverella, cerro, famia, e rovere), carpini neri, ornelli, castagni ed arbusti vari. Oltre tale quota predominano i frassini. Nella fascia montana più elevata sono presenti praterie di graminacee ed ericacee seppur con notevoli variazioni dovute alle differenti tipologie di suolo che si alternano. Come è avvenuto per alcune specie animali, anche per quanto concerne la vegetazione locale si è assistito all’invasione di specie alloctone tra le quali spiccano la robinia ed il prugnolo tardivo. La rapida antropizzazione che ha interessato il territorio della Provincia di Lodi negli ultimi anni a seguito dello sviluppo socio-economico ha accentuato in maniera sempre maggiore la frammentazione e la riduzione degli ambienti naturali con la scomparsa di habitat di pregio e la conseguente limitazione della possibilità di insediamento e permanenza di specie animali e vegetali. Gli elementi naturali nel territorio lodigiano hanno fatto registrare una diminuzione del 38% rispetto al passato con conseguente consumo di suolo, riduzione di zone boscate ed aumento delle aree soggette a forte pressione antropica. Ambiti di naturalità sussistono tutt’ora in particolar modo lungo l’asta dell’Adda, come dimostra la presenza di aree protette (Parco Regionale Adda Sud) e di siti tutelati in base alla legislazione europea sulla salvaguardia e protezione della biodiversità (SIC e ZPS). Attualmente il territorio sottoposto a tutela in provincia di Lodi è pari a circa il 20%, dato destinato ad aumentare grazie alla progressiva istituzione di nuovi Parchi Locali di Interesse Sovracomunale. Da segnalare inoltre che al fine di limitare e contenere il “rischio frammentazione” le linee pianificatorie territoriali provinciali si stanno orientando su un ricorso sempre maggiore a reti ecologiche ed interventi di continuità ambientale. Le tipologie ambientali rilevate sul territorio lodigiano possono essere raggruppate nelle seguenti classi ecosistemiche: - Ecosistemi naturali: in cui si riconosce una evoluzione naturale che consente loro l’automantenimento, in essi l’intervento dell’uomo è solo indiretto, comunque inevitabile o in cui la naturalità dominante è obiettivo delle azioni di conservazione attivate dall’uomo (3.784 ha pari al 4,8% della sup. prov.). - Agroecosistemi: ecosistemi antropizzati in cui alla struttura generale del sistema naturale si sovrappongono gli effetti dovuti all’intervento antropico mirato ad ottenere la conversione di materiali non commestibili in prodotti direttamente utili per la popolazione umana (67.101 ha pari all’85,7%). La categoria maggiormente diffusa è rappresentata dai “seminativi” che includono cereali, orticole e foraggere. - Verde altamente antropizzato: ecosistemi antropizzati in cui l’intervento antropico definisce la struttura generale del sistema, finalizzata prevalentemente alla ricreazione; le aree a verde altamente antropizzato sono principalmente racchiuse all’interno dell’abitativo (parchi urbani, giardini per 306 ha pari allo 0,4%).

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- Ecosistemi altamente artificiali: ecosistemi in cui l’intervento antropico ha completamente sovvertito la struttura generale del sistema naturale. Rilevati sul territorio: cave, discariche, aree industriali e commerciali, abitativo (7.097 ha pari al 9,1%). (Fonte: Provincia di Lodi – Piano d’Indirizzo Forestale – 2008). Una lettura complessiva dell’ecomosaico della provincia di Lodi mostra una sostanziale omogeneità del territorio antropizzato a discapito di una residuale rilevanza degli ambienti naturali. La continuità dei corridoi biotici è rilevabile solamente lungo i corsi d’acqua. Dalle ricognizioni e dagli studi effettuati per la definizione del Piano d’Intervento Forestale della Provincia di Lodi (anno 2003) emerge che sul territorio provinciale sono presenti le seguenti tipologie forestali naturali:

- Querco carpineto della pianura alluvionale; - Querceto di farnia dei greti ciottolosi; - Querco carpineto collinare di rovere e/o farnia; - Querceto di farnia in golena; - Alneto di Ontano nero di bassa pianura; - Saliceto di ripa; - Saliceto a Salix cinerea; - Castagneto dei substrati carbonatici dei suoli mesici.

Di origine antropica:

- Robinieto puro; - Robinieto misto; - Formazioni ad Amorpha frutticosa; - Pioppeto; - Pioppeto in fase di rinaturalizzazione.

Si segnala, infine, che le tipologie forestali più estese risultano essere il pioppeto (ha 2.253), il saliceto di ripa (ha 429), il robinieto misto (ha 336) ed il pioppeto in fase di rinaturalizzazione (ha 268). Il territorio della Provincia di Cremona , in considerazione della sua storica vocazione agricola, presenta inevitabilmente aree con caratteristiche di naturalità di limitata rilevanza. Tale peculiarità è accentuata dalla presenza di aree urbanizzate sparse che limitano le zone di naturalità a fasce marginali, siepi ed arbusti, zone arginali boscate o incolte, prati permanenti e zone umide per un totale pari a circa il 10, 7% della superficie provinciale. A prevalere sono le aree boscate mentre gli ambienti umidi sono limitati a piccole porzioni di territorio. Siepi e filari si estendono complessivamente per 633 ha. Tra le aree boscate, che al 2002 si limitavano al 5% del territorio provinciale, poco più di un terzo si presentano come naturali e si presentano localizzate lungo i corsi d’acqua di Adda, Oglio, Serio e Po. Di rilevanza sotto il punto di vista ecologico appaiono i 61 fontanili (bodri) censiti all’interno di uno studio condotto nel biennio ’96-’97 situati prevalentemente nel tratto a sud della direttrice Stagno Lombardo – S. Daniele Po e nella zona a sud ovest di Gussola. A prevalere sono invece le aree seminaturali caratterizzate prevalentemente dalla presenza di prati stabili. Sul territorio cremonese la pianificazione territoriale provinciale ha previsto la creazione di una rete ecologica di connessione di aree di particolare interesse sotto il punto di vista naturalistico e di diversità biologica che vede nei corpi idrici superficiali gli elementi cardine. Le specie vegetazionali più diffuse in provincia risultano essere l’ontano nero, il pioppo, l’olmo e la farnia ma a prevalere sono la robinia (43% dei boschi totali), il salice di ripa (33% delle formazioni arboree), l’ailanto ed il gelso da carta. Sono quasi del tutto scomparse le specie caratteristiche degli antichi boschi planiziali che ammantavano la zona: querco-carpineto, querce ed olmi. Censimenti condotti dal Gruppo cremonese di ricerca floristica hanno catalogato 1.549 specie nella provincia di Cremona variamente localizzate nelle diverse zone del territorio. Tra queste 22, per la

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maggior parte orchidacee, risultano protette a livello internazionale, mentre 2 risultano ricompresse nella lista IUCN delle specie gravemente minacciate. La fauna provinciale risulta essere quella caratteristica della zona dell’Europa centrale ed atlantica. Tra i mammiferi si segnalano la lepre, il coniglio selvatico, la volpe, la nutria. In misura minore la puzzola e il ghiro. Il censimento dell’avifauna cremonese registra circa 295 specie di uccelli tra cui 103 nidificanti, 101 svernanti, 64 migratori esclusivi e 50 migratori accidentali. Il territorio della Provincia di Mantova vede la presenza di numerose aree protette tra le quali nessuna però è sottoposta a tutela nazionale. In aggiunta alle aree protette di istituzione regionale o locale il PTCP mantovano ha previsto la realizzazione di numerosi corridoi ecologici che costituiscono parte della più vasta rete ecologica lombarda. Le specie forestali che si sviluppano in prossimità di zone umide e lungo le sponde dei corsi d’acqua principali (di notevole importanza sono le valli del Mincio e i laghi di Mantova) sono rappresentate prevalentemente da salici, pioppi, farnie, cerri ed ontani. Nelle zone umide precedentemente citate si trovano, inoltre, canneti, cariceti e piante acquatiche quali le ninfee, le castagne d’acqua, le lenticchie d’acqua, i ranuncoli, il tipha, l’ibisco ed il loto. Tra le specie che caratterizzano la fauna di tali zone si segnalano specie di uccelli tipiche dell’ambiente acquatico come ad esempio la gallinella d’acqua, le folaghe, i germani reali, gli svassi maggiori, i tuffetti, i martin pescatori, i basettoni, i pendolini ed i migliarini di palude. In primavera nidificano garzette, nitticore e sgarze ciuffetto. Tra le specie di maggiore interesse si trovano anche gli aironi rossi, il mignattino, il falco di palude, il falco pescatore ed il nibbio bruno, tarabusino nonché la marzaiola, il porciglione, la pavoncella, la sterna comune, il cuculo, la cutrettola, l’usignolo di fiume, il beccamoschino, il forapaglie, la cannaiola, il cannareccione ed il cormorano. Tra le specie arboree tipiche delle zone boscate della provincia le più caratteristiche risultano essere la farnia, il carpino bianco, il platano, il noce nero, la quercia rossa e, in misura minore, il cerro. Tra le latifoglie si segnalano il ciliegio selvatico, l’orniello, l’acero campestre ed il melo selvatico. Tra gli arbusti i più comuni sono il nocciolo, il ligustro, il sambuco, la palla di neve e il prugnolo. Relativamente alla fauna tipica delle zone boscate si segnalano inoltre: lepri, muridi, arvicole, donnole, volpi e faine, talpe e ricci. Da tempo scomparsi risultano essere i mammiferi di grosse dimensioni così come gli anfibi e rettili la cui esistenza è stata minata dalla crescente urbanizzazione e dall’uso ed i controllo della risorsa idrica. L’ittiofauna originaria risulta irrimediabilmente compromessa dalla cattiva qualità delle acque e dalla continua immissione a scopo sportivo di specie esotiche. L’istituzione di aree protette, soprattutto grazie ai stringenti vincoli imposti dalla recente legislazione comunitaria, ha favorito la protezione dell’ornitofauna che si è accresciuta grazie anche alle limitazioni pianificatorie imposte alla pratica venatoria. Per maggiori dettagli e per l’elenco delle aree protette all’interno delle quattro province si rimanda allo Studio di incidenza sulla Rete Natura 2000. Rifiuti

L’argomento rifiuti è di grande attualità un po’ per le emergenze che hanno investito il nostro Paese in questo periodo e un po’ perché con la crescita economica e il cambio degli stili di vita i consumi e quindi i rifiuti derivanti sia dalla produzione che dall’utilizzo dei beni sono aumentati, arrivando in alcuni casi a creare problemi per la loro gestione. La produzione dei rifiuti di per sé non è né un problema né una novità poiché gli scarti sono sempre esistiti ma in passato spesso venivano riutilizzati, come nel caso degli avanzi di cucina che diventavano cibo per gli animali domestici o usati nell'orto, e gli oggetti venivano aggiustati quando si rompevano, mentre oggi moltissimi beni sono “usa e getta” che dopo una breve vita utile si trasformano in rifiuti.

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In passato non solo il numero e la varietà di beni in circolazione erano minori ma i materiali di cui erano costituiti rendevano più semplice sia il riutilizzo che lo smaltimento mentre oggi con la forte diffusione della materie plastiche e dei prodotti fatti di più materiali risulta più difficile sia reimpiegarli che gestirne lo smaltimento. Nel 2006 nel territorio del PST sono state prodotte 803.911 tonnellate di rifiuti urbani, e di queste 323.790 tonnellate sono state intercettate dalla raccolta differenziata. Questi numeri, se estrapolati dal contesto, sono poco significativi: gli indicatori più usati riguardo ai rifiuti infatti sono la produzione pro capite e la percentuale di raccolta differenziata. La produzione pro capite mostra la propensione della popolazione che vive in una data zona geografica a produrre rifiuti, eliminando eventuali distorsioni dovute alla dimensione territoriale e alla densità abitativa. La percentuale di raccolta differenziata pur non rappresentando, come spesso indicato, il livello di qualità della gestione dei rifiuti poiché non è un fine ma un mezzo per ottimizzare la loro gestione e il loro recupero, rappresenta senza dubbio il primo passo verso una corretta gestione dei rifiuti. La raccolta differenziata infatti ha due obiettivi: consentire uno smaltimento controllato e quindi senza rischi dei rifiuti pericolosi come le pile e i farmaci ed evitare il ricorso allo smaltimento finale per le frazioni suscettibili di riutilizzo o recupero, trasformando così il rifiuto in risorsa. Nella tabella seguente si riportano i dati relativi alla produzione pro capite giornaliera e alla percentuale di raccolta differenziata di rifiuti per le quattro province, per il territorio oggetto dello studio nel suo complesso e poi, come termini di raffronto, per la Lombardia e per Italia per l’anno 2006.

Produzione di rifiuti urbani

(kg/ab * giorno)

Percentuale di raccolta

differenziata (%)

Provincia di Cremona 1,41 56,7

Provincia di Lodi 1,27 50,4

Provincia di Mantova 1,55 42,8

Provincia di Pavia 1,57 25,2

Territorio PST (media) 1,48 40,3

Regione Lombardia 1,42 43,9

Italia 1,51 25,8

Per quanto concerne la produzione pro capite di rifiuti urbani possiamo concludere che considerando il territorio interessato dal PST nel complesso la situazione non presenta criticità, poiché nonostante la produzione sia superiore alla media regionale rimane comunque al di sotto del dato nazionale. Se andiamo ad analizzare le realtà delle quattro province separatamente scopriamo realtà piuttosto differenti, che collocano Lodi e Cremona sotto la produzione media di rifiuti pro capite al giorno, e dunque più virtuose, e Mantova e Pavia al di sopra. Passando alla raccolta differenziata, il quadro complessivo è migliore poiché la sua percentuale media, pur attestandosi al di sotto del dato regionale lombardo, non solo è decisamente più alta della media nazionale ma ha superato l’obiettivo del 35% fissato dal d. lgs. 152/06 “Norme in materia ambientale”. Anche in questo caso però valutando una per una le quattro realtà provinciali scopriamo forti differenze che fanno sì che Pavia sia ancora lontana dall’obiettivo del 35% mentre Mantova, Lodi e Cremona hanno la prima quasi raggiunto e le altre due superato l’obiettivo del 45% fissato per il 2008 dal d. lgs. 152/06. Per quanto riguarda i rifiuti urbani dunque il quadro complessivo non presenta particolari criticità ma guardando le singole province scopriamo che se Cremona, Lodi e Mantova mostrano un quadro positivo e piuttosto omogeneo, Pavia ha ottenuto performances inferiori alle altre ed è

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l’unica a non aver raggiunto gli obiettivi di legge sulla raccolta differenziata; proprio per questo motivo però è quella che presenta i più ampi margini di miglioramento. Tutto questo non esclude che la continua crescita della produzione di rifiuti urbani debba essere monitorata, e se possibile contrastata, su tutto il territorio.

Rumore

L’inquinamento acustico rappresenta una seria problematica ambientale poiché il rumore è fra le cause del peggioramento della qualità della vita nelle città. E’ dimostrato che le principali sorgenti dell’inquinamento acustico sono le attività di servizio e commerciali, le attività produttive, i cantieri e le infrastrutture stradali. Nei centri urbani in particolare la causa prima del rumore è costituita dal traffico veicolare. Gli effetti dannosi sull’uomo si riscontrano sia a livello uditivo con la sordità o più spesso con l’ipoacusia (diminuzione dell’udito provocata dall’esposizione al rumore) sia più in generale a livello psicologico e psicosomatico con disturbi di varia natura. Per contrastare l’inquinamento acustico le Amministrazioni locali hanno a disposizione strumenti di tipo preventivo, come la zonizzazione acustica, e di tipo mitigativo, come il Piano di risanamento acustico. La legge 447/95 “Legge quadro sull’inquinamento acustico”e la legge regionale 13/01 “Norme in materia di inquinamento acustico” infatti hanno previsto al classificazione acustica del territorio comunale, cioè la sua suddivisione in zone acustiche con l’assegnazione ad ognuna di una delle 6 classi indicate nel DPCM 14/11/1997. Ad ogni classe poi sono stati assegnati specifici valori limite di emissione, valori limite di immissione, valori di attenzione e valori di qualità da rispettare. La zonizzazione acustica dunque fornisce il quadro di riferimento dei livelli di rumore presenti o previsti sul territorio comunale ed è quindi indispensabile per la redazione di ogni Piano di risanamento acustico e per una corretta pianificazione urbanistica. Ad oggi però non tutti i Comuni hanno adottato la zonizzazione acustica. Nella tabella seguente si riporta il numero di Comuni che a febbraio 2008 avevano adottato o almeno approvato la zonizzazione acustica per ognuna delle quattro province e poi per l’intero territorio del PST.

Numero Comuni con zonizzazione

acustica Totale Comuni % Comuni con

zonizzazione acustica

Provincia di Cremona 23 115 20%

Provincia di Lodi 14 61 23%

Provincia di Mantova 14 70 20%

Provincia di Pavia 22 190 12%

Territorio PST (totale) 73 436 17% I dati mostrano che solo il 17% di tutti i Comuni del PST hanno effettuato la zonizzazione acustica del loro territorio, senza rilevare peraltro criticità di rilievo sul territorio analizzato.

Inquinamento luminoso

L'inquinamento luminoso è un'alterazione della quantità naturale di luce provocata dall'immissione di luce artificiale e può rappresentare una problematica ambientale, soprattutto nelle aree fortemente urbanizzate. Si parla di “inquinamento luminoso” quando l'aumento della luminosità del cielo notturno causato dalla luce artificiale è superiore al 10% del livello naturale più basso di luminosità.

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La fonte principale di questa forma di inquinamento è costituita dai flussi di luce dispersi verso il cielo provenienti per la maggior parte da impianti elettrici privati e in misura minore da quelli pubblici e gli effetti negativi si possono osservare sia sull'uomo che sulla flora e sulla fauna. Nell’uomo i danni provocati dalla troppa luce o dalla sua diffusione in ore notturne destinate al riposo possono essere l’abbagliamento, l’alterazione della vista e in generale il disturbo del riposo notturno. L’illuminazione notturna ha un effetto negativo anche sull’ecosistema circostante in quanto flora e fauna vedono modificati il loro ciclo naturale “notte – giorno”. Il ciclo della fotosintesi clorofilliana che le piante svolgono nel corso della notte subisce alterazioni dovute proprio ad intense fonti luminose che, in qualche modo, “ingannano” il normale oscuramento mentre le migrazioni degli uccelli che si svolgono ciclicamente secondo precise vie aeree possono subire “deviazioni” per effetto dell’intensa illuminazione delle città. Le principali fonti dell’inquinamento luminoso sono gli impianti di illuminazione sovradimensionati in relazione alle necessità (ad esempio strade di campagna o periferiche illuminate con lampade normalmente utilizzate per centri cittadini e superstrade o, comunque, eccedenti rispetto alle reali esigenze), gli impianti funzionanti a pieno regime per tutto il corso della notte senza possibilità di ridurre il flusso luminoso, i monumenti con illuminazione eccessiva e/o con diffusione di luce al di fuori della sagoma, l’erronea, eccessiva e inutile illuminazione di facciate di edifici di nessun pregio architettonico come fabbriche, capannoni, abitazioni private e attività commerciali utilizzata per fini pubblicitari o di presunta sicurezza senza alcun controllo e infine gli impianti con corpi illuminanti non idonei al fine per cui sono utilizzati, che disperdono il flusso luminoso e rischiano di abbagliare. Lo strumento per difendersi da questa tipo di inquinamento è il “Piano di illuminazione” comunale che censisce la consistenza e lo stato di manutenzione degli impianti di illuminazione sul territorio, disciplina le nuove installazioni e definisce tempi e modalità di adeguamento, manutenzione e sostituzione di quelle esistenti. Non tutti i Comuni l’hanno adottato ma anche in questo caso semplici accorgimenti possono contribuire a ridurre sensibilmente il disturbo luminoso per esempio l’utilizzo di:

- ottiche full cutoff, - vetro piano per l’eliminazione della dispersione della luce verso l’alto, - lampade ad alta efficienza quali quelle al sodio ad alta o bassa pressione, - lampioni sufficientemente distanziati, - accorgimenti antiabbagliamento.

Per il territorio in esame non sono disponibili dati sulla tematica dell’inquinamento luminoso ma è più che probabile che non tutti gli impianti di illuminazione, pubblica e privata, rispettino la normativa vigente (Legge n. 10/1991 “Norme per l’attuazione del Piano Energetico Nazionale in materia di uso razionale dell’energia, di risparmio energetico e sviluppo delle fonti rinnovabili di energia”, Legge Regionale n. 17 del 27/03/2000 “Misure urgenti in tema di risparmio energetico ad uso di illuminazione esterna e di lotta all'inquinamento luminoso” e Legge Regionale n. 38 del 21/12/2004 “Modifiche ed integrazioni alla Legge Regionale n. 17 del 27/03/2000 ed ulteriori disposizioni”) né siano correttamente dimensionati in relazione alle esigenze di illuminazione.

Energia

La tematica dell’energia verrà affrontata separatamente per le quattro province che partecipano al PST perché ogni zona presenta caratteristiche specifiche. In Provincia di Cremona la produzione di energia elettrica è sopratutto di tipo termoelettrico, seppure con contributi piuttosto significativi dell’idroelettrico e della termovalorizzazione dei rifiuti (l’impianto di Cremona alimenta anche la rete di teleriscaldamento della città). In territorio cremonese vi sono numerosi salti su canali di irrigazione presso i quali risultano installati piccoli impianti, utilizzati in passato ma oggi in disuso, che potrebbero essere riattivati anche in considerazione del fatto che il Programma Energetico della Regione Lombardia del 2003 ha previsto lo sviluppo delle fonti idroelettriche. In due discariche si effettua il recupero energetico del biogas, e sono presenti centrali di cogenerazione per la produzione combinata di energia elettrica e termica ad elevata efficienza; nel 2006 poi sono stati avviati cinque impianti di produzione di biogas che utilizzano prodotti di origine agricola.

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L'ultimo dato disponibile sulla produzione di energia elettrica risale al 2001, quando sono stati prodotti 150 GWh mentre i consumi nel 2005 hanno raggiunto i 2700 GWh; il settore più energivoro è stato quello industriale (66%), il terziario e gli usi domestici hanno mostrato valori molto simili (rispettivamente 15% e 14%) mentre il ruolo dell’agricoltura, pur essendo solo il 5%, si è dimostrato superiore sia alla media regionale che a quella nazionale. In Provincia di Lodi la produzione di energia è concentrata presso il polo energetico di Tavazzano e Montanaso per la vicinanza con zone che consumano molta energia (area milanese e zone industriali) e per la presenza di corsi d’acqua utilizzati per il raffreddamento degli impianti. La centrale termoelettrica di Tavazzano ha una potenza di 1470 MWe ed è in programma la costruzione di altri due grandi gruppi di produzione di elettricità, aventi una potenzialità complessiva di 1150 MWe. L’elevata percentuale di territorio provinciale a coltura, unita al crescente interesse mostrato dalla Regione Lombardia verso le fonti rinnovabili, ha fatto crescere l’interesse per l’utilizzo delle biomasse, in primo luogo i reflui zootecnici, per la produzione di energia. Ad oggi nel lodigiano è presente un solo impianto di questo tipo ma il territorio ha indubbiamente grandi potenzialità; nel 2006 inoltre sono stati avviati tre impianti di produzione di biogas che utilizzano prodotti di origine agricola. Nel 2005 i consumi elettrici nel lodigiano hanno di poco superato i 1000 GWh: il settore che ha fatto registrare i maggiori consumi è quello industriale, seguito dal terziario e dagli usi domestici, mentre l’agricoltura ha avuto un ruolo decisamente minore. Nel territorio della Provincia di Mantova ci sono 4 centrali termoelettriche, con una potenza complessiva di circa 3500 MWe. Le centrali di Sermide, Ostiglia e Ponti sul Mincio recentemente sono state riconvertite dal ciclo convenzionale al ciclo combinato: ora quindi utilizzano solo gas naturale e il loro rendimento è aumentato in maniera significativa mentre nella città di Mantova dal 1978 è presente un impianto di cogenerazione che trasforma l’energia termica in energia elettrica e vapore e alimenta la rete di teleriscaldamento. Nell’ultimo decennio i consumi di energia elettrica nel mantovano sono aumentati quasi del 20% arrivando nel 2005 a circa 3600-3700 GWh. Anche in questo caso il settore che fa segnare i maggiori consumi è quello industriale, seguito dagli usi domestici e dal terziario mentre il settore agricolo ha un ruolo decisamente minore. Il panorama energetico della Provincia di Pavia negli ultimi cinque anni ha subito sostanziali mutamenti, soprattutto per quanto concerne la produzione di energia elettrica. Di recente infatti sono state avviate due grandi centrali a ciclo combinato a Ferrera Erbognone e Voghera, che complessivamente ogni anno generano 11500 GWh di energia e considerando che nel 2005 i consumi energetici provinciali si sono aggirati sui 3200-3300 GWh, ciò ha permesso alla provincia di Pavia di trasformarsi da territorio importatore a territorio esportatore di energia elettrica. Accanto a queste grandi centrali però vi sono realtà piccole ma significative che producono energia elettrica da fonti rinnovabili: impianti fotovoltaici, mini/micro centrali idroelettriche che sfruttano i salti d’acqua dei canali di irrigazione e due termovalorizzatori nei Comuni di Parona e Corteolona che producono energia a partire dai rifiuti. Per quanto riguarda le biomasse sono previsti quattro nuovi impianti che produrranno energia elettrica da oli vegetali mentre sono già attivi sei impianti che utilizzano come combustibile gli scarti delle aziende agroalimentari quali i reflui zootecnici e le biomasse residue. Nel 2006 poi è stato avviato un impianto di produzione di biogas alimentato da prodotti di origine agricola. La suddivisione dei consumi tra i vari settori produttivi ancora una volta vede al primo posto l’industria, seguita dal terziario e dagli usi domestici mentre l’agricoltura ha un’importanza decisamente minore. Il quadro complessivo del territorio del PST mostra un sistema di produzione di energia ben sviluppato che in alcuni casi consente l’esportazione di energia e una tendenza al passaggio dai combustibili fossili alle fonti rinnovabili, in primo luogo le biomasse.

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Paesaggio

Il paesaggio del territorio interessato dal PST presenta numerosi aspetti comuni a tutte e quattro le province, primi fra tutti il carattere pianeggiante e la forte influenza esercitata dal Po che non solo lo attraversa in tutta la sua lunghezza ma che fin dall'antichità ne ha determinato la storia, l'economia e la natura e che ancora oggi contribuisce a definirne i caratteri territoriali. Il Po è dunque l’elemento che lega e accomuna l’intera area del PST e diventa motivo di condivisione di obiettivi e politiche territoriali. Se il Po è la realtà di maggior rilievo molti altri corsi d'acqua danno una forte caratterizzazione al territorio, a partire dagli altri grandi fiumi come il Ticino, l'Olona, il Lambro, l'Adda, il Serio, l'Oglio, il Mella, il Chiese e il Mincio passando per le via d'acqua minori e per i canali quali i navigli milanesi e cremonesi e i canali Muzza e Vacchelli fino ad arrivare alla rete di canali e rogge utilizzati a scopo irriguo. Se a prima vista il territorio potrebbe sembrare tutto un'unica e monotona pianura percorsa da un fitto reticolo idrografico, guardando con maggiore attenzione si nota che l'Oltrepo pavese, che sfuma dalla pianura alla collina fino a diventare montagna, i colli dell'Alto Mantovano, i dossi e gli avvallamenti movimentano il paesaggio. Il carattere pianeggiante, la grande disponibilità di acqua e la fertilità del terreno, insieme alle opere di bonifica dei terreni paludosi e di regimazione delle acque effettuate dall'uomo hanno determinato la vocazione fortemente agricola dell'economia di queste zone che pure mostrano una varietà di colture: dal riso del Pavese e della Lomellina ai prati stabili del Lodigiano e dell'Alto Cremasco, alle produzioni orticole del Casalasco e di parte del Mantovano, ai vigneti dell'Oltrepo pavese e delle colline moreniche mantovane, mentre un po' ovunque si coltivano mais, barbabietole da zucchero, soia e girasole. L'elemento predominante del paesaggio è dunque rappresentato da ampi spazi coltivati punteggiati da splendide cascine, oasi verdi, percorsi ciclabili e segni dell'architettura medievale come abbazie, basiliche, castelli e rocche. I segni della modernità si riscontrano però nell'eliminazione delle siepi e dei filari che un tempo delimitavano le differenti proprietà ma che con l'arrivo della meccanizzazione agricola sono diventati di ostacolo, nella scomparsa dei fontanili che sono stati interrati e nella sostituzione dei prati stabili e delle marcite con colture a resa più elevata quali il mais, i cereali e i prati avvicendati. A questi caratteri comuni si affiancano ovviamente delle specificità locali. La Provincia di Cremona , completamente pianeggiante, è attraversata da quattro fiumi: Po, Adda, Serio e Oglio oltre che da un reticolo idrografico formato da canali e rogge utilizzati per l'irrigazione. Il territorio assume caratteri paesaggistici differenti nelle tre zone in cui storicamente è suddiviso: Cremonese, Cremasco e Casalasco. L'ambito Cremasco è caratterizzato dai paesaggi agrari tradizionali della campagna irrigua dei mosi cremaschi e della campagna irrigua del Serio Morto e dell'Adda Morta. In questo circondario vi sono anche le valli dell'Adda, del Moso e del Serio Morto e la fascia dei fontanili e delle risorgive. Tra il territorio Cremasco e quello Cremonese vi è una zona di transizione caratterizzata dal sistema dei pianalti e dei dossi e solcata dalla valle del Morbasco mentre le zone del Cremonese e del Casalasco, delimitate dal Po e dall'Oglio risultano caratterizzate da pochi corpi idrici naturali. I centri abitati di una certa dimensione sono pochi mentre vi sono molti centri minori a carattere agricolo distribuiti su tutto il territorio. Il territorio della Provincia di Lodi è quasi completamente pianeggiante, con le uniche eccezione di alcune zone in lieve pendenza collinare nella parte centro-occidentale e delle valli fluviali di Po, Adda e Lambro. Il paesaggio più diffuso è l'elemento seminativo ma non mancano i boschi di latifoglie, le aree interessate da rimboschimenti recenti, le aree con vegetazione palustre e le torbiere, la vegetazione dei greti o delle sponde dei corsi d'acqua, la vegetazione erbacea e i cespuglieti, le marcite, le paludi, le aree umide e le aree golenali.

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Sono invece andati persi con gli anni elementi tipici del tradizionale paesaggio agrario quali le piantate d'alberi che non siano pioppi, le risorgive e le marcite. La Provincia di Mantova è essenzialmente pianeggiante (solo l'8% è occupato dalle colline moreniche) ed è attraversata dai fiumi Mincio, Chiese, Oglio, Po e Secchia e dai molti canali artificiali realizzati dall'uomo per bonificare la zona. Queste due caratteristiche influenzano fortemente l'economia locale, a forte vocazione agricola ma con una marcata diffusione degli allevamenti di suini, avicunicoli e bovini. La Provincia di Pavia è suddivisa in tre realtà territoriali ben distinte: la Lomellina, con estese risaie e specchi d'acqua, garzaie, dossi alternati ad ampie zone industriali, il Pavese che oltre al capoluogo comprende realtà produttive di una certa dimensione ma anche zone coltivate e per questo è attraversato da una fitta rete di canali e rogge e infine l'Oltrepo pavese, che dalla riva del Po sale verso le colline ricche di vigneti fino ad arrivare ai monti dell'Appennino con la punta più alta, il monte Lesima. Ancora una volta l'economia è fortemente caratterizzata dall'agricoltura e le colture più diffuse sono il riso, il mais, il pioppo, la barbabietola da zucchero e la vite. La pianura, un tempo ricca di latifoglie (querce, tigli e olmi) e zone paludose ha visto il suo aspetto trasformato dall'opera dell'uomo con il disboscamento e la bonifica dei terreni per la successiva messa a coltura. Ad oggi lungo il fiume Ticino nelle zone asciutte si trovano boschi di farnia dominante, carpino bianco, acero, olmo, tiglio frassino e ciliegio e nelle zone umide ontano nero, pioppi e salici. Le aree collinari basse e medie sono occupate dalle coltivazioni mentre in alta collina alle colture di cereali, ai prati avvicendati e ai frutteti si alternano le zone a bosco. In montagna, oltre i 900 metri il bosco misto sfuma nella faggeta, e sopra ai 1400 metri compaiono macchie di faggio in forma cespugliosa e praterie. Campi elettromagnetici e radiazioni ionizzanti

Esistono due tipologie di radiazioni: le radiazioni ionizzanti e quelle non ionizzanti. Le radiazioni ionizzanti vengono emesse da elementi radioattivi naturali come il radon, da sostanze prodotte artificialmente dall’uomo (rifiuti radioattivi e prodotti della fissione nucleare) e da macchinari utilizzati a scopi terapeutici. Essendo stata interrotta la produzione di energia nucleare, nel nostro Paese l’emissione di radiazioni ionizzanti è legata alla circolazione transfrontaliera di materiale radioattivo, alle sorgenti naturali come il radon e agli impieghi in campo medico. Un'indagine, effettuata su tutto il territorio nazionale negli anni '80 e '90 ma ancora valida proprio per le caratteristiche del fenomeno, ha evidenziato che in Lombardia esiste un'elevata concentrazione di radon, probabilmente dovuta all'alto contenuto di uranio nelle rocce e nei suoli. Non sono invece disponibili dati specifici riguardo al territorio interessato dal PST. L'emissione di radiazioni non ionizzanti, fenomeno conosciuto anche come inquinamento elettromagnetico, è legata alla generazione di campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici artificiali da parte degli impianti radio, tv e per telefonia mobile, degli elettrodotti che trasportano l’energia elettrica dalle centrali di produzione ai centri abitati, degli apparati per applicazioni biomedicali e di tutti i dispositivi alimentati attraverso la rete elettrica come gli elettrodomestici. Al fine di monitorare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici la legge regionale n. 11/2001 ha istituito il catasto regionale degli impianti fissi per le telecomunicazioni e la radiotelevisione. Nella tabella che segue si riportano i dati relativi agli impianti presenti nella zona oggetto di studio anche se l’aggiornamento per Lodi e Mantova risale al 2006, per Cremona e Pavia al 2008.

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Impianti radio Impianti TV Impianti telefonia mobile Totale impianti

Provincia di Cremona 38 39 298 375

Provincia di Lodi 4 11 114 129

Provincia di Mantova 43 22 272 337

Provincia di Pavia 68 69 446 583

Territorio PST (totale) 153 141 1130 1424 Come si può vedere il numero di impianti è piuttosto elevato, soprattutto per quanto riguarda la telefonia mobile. Tutto il territorio inoltre è attraversato dagli elettrodotti che collegano gli impianti di produzione di energia con i centri urbani e gli utenti finali. Presso il Dipartimento di Cremona dell’ARPA è attiva una sezione di radioprotezione che svolge una funzione di supporto per tutte le problematiche di radioattività ambientale non solo per il proprio territorio ma anche per le province di Mantova e Pavia. L’attività di tale struttura è motivata dalla presenza sul territorio confinante della provincia di Piacenza della centrale elettronucleare di Caorso, che giustifica il costante e continuo controllo della radioattività.

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CAPITOLO 3 IDENTIFICAZIONE DEI POSSIBILI IMPATTI AMBIENTALI GE NERATI

DALLE AZIONI IN PROGRAMMA Il capitolo prevede una prima generale identificazione dei possibili impatti originati dagli interventi contenuti nel PST sulle principali tematiche ambientali rilevanti per il settore turismo (aria, acqua, suolo, rischi naturali, natura e biodiversità, rifiuti, rumore, inquinamento luminoso, energia, paesaggio). Tale prima individuazione verrà in seguito affinata nel capitolo successivo mediante l’utilizzo di schede di approfondimento costruite per valutare gli interventi contenuti nel PST suddividendoli per macro categorie di appartenenza. Essendo il PST ancora in fase iniziale e gli interventi in esso contenuti non definiti in modo specifico sia nella loro articolazione generale che nella loro precisa dislocazione sul territorio, le riflessioni e le valutazioni che seguono restano nel campo della probabilità e del buon senso. Data la tipologia di interventi che compongono il PST non si presumono al momento effetti ambientali rilevanti di tipo sovraprovinciale o sovraregionale anche si suggerisce di adottare strategie e programmi di lavoro condivisi con le province e la regione confinanti non appartenenti al Sistema Turistico. Identificazione dei possibili impatti originati dag li interventi contenuti nel PST Di seguito vengono elencati i possibili impatti (negativi e, laddove rilevanti, positivi) che gli interventi previsti dal PST Po di Lombardia potrebbero generare sulle principali componenti ambientali: Aria – incremento delle emissioni atmosferiche dovuto ad un aumento del traffico veicolare e al funzionamento delle strutture ricettive indotti dalla promozione turistica del territorio; miglioramento generale della tutela dell’atmosfera principalmente dovuto alla diffusione di modalità di spostamento sostenibili e alla riorganizzazione dei flussi di traffico veicolare; Acqua – incremento nell’uso della risorsa idrica dovuto ad un incremento del turismo (con particolare riguardo ai progetti della navigazione fluviale che intendono aumentare la percorribilità dei corsi d’acqua e il loro utilizzo come vie di navigazione a scopo di diporto) e delle strutture dedicate; miglioramento generale della tutela dell’acqua dovuto ad una maggiore attenzione alla qualità della risorsa; Suolo – consumo e occupazione di suolo dovuti all’insediamento delle strutture dedicate al turismo; recupero e riqualificazione di aree degradate o dimesse e di edifici in stato di abbandono e/o di particolare pregio storico/architettonico/culturale; Rischi naturali – incremento o decremento dei livelli di rischio e dell’esposizione della popolazione in seguito agli interventi in programma prevalentemente rispetto al rischio alluvionale; Natura e biodiversità – disturbo di specie, frammentazione degli habitat e potenziale riduzione della diversità biologica; miglioramento generale della tutela della natura dovuto ad una maggiore attenzione alla qualità della stessa; Rifiuti – incremento nella produzione di rifiuti dovuto all’incremento del turismo; Rumore - incremento emissioni sonore dovuto soprattutto ad incremento traffico veicolare indotto dalla promozione turistica del territorio; disturbo delle specie;

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Inquinamento luminoso – disturbo luminoso generato da impianti ricettivi, infrastrutture e strutture di supporto alle attività turistiche; Energia - incremento nell’utilizzo di energia dovuto all’incremento delle strutture ricettive, di supporto al turismo; Paesaggio – alterazione del paesaggio. A tali valutazioni se ne aggiungono altre finalizzate a identificare eventuali impatti delle azioni del Programma di Sviluppo Turistico su alcune componenti antropiche quali popolazione e salute umana e patrimonio culturale/architettonico/archeologico: Popolazione e Salute umana – incremento dell’occupazione dovuto alla creazione di nuovi posti di lavoro; stagionalità di alcuni nuovi posti di lavoro; in generale è possibile affermare che la popolazione potrà risentire positivamente o negativamente degli impatti potenziali che le iniziative contenute nel PST potrebbero generare sulle diverse matrici ambientali; Patrimonio culturale/architettonico/archeologico – riqualificazione e promozione del patrimonio culturale e architettonico.

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CAPITOLO 4 VALUTAZIONE DEI POSSIBILI IMPATTI

Effettuata una prima valutazione ambientale generale e d’insieme dei possibili effetti che potrebbero essere generati dagli interventi contenuti nel Programma di Sviluppo Turistico Po di Lombardia, si passa ora a una fase più approfondita dove si prendono in esame esclusivamente quegli interventi passibili di generare effetti significativi (non vengono in questa sede esaminati tutti gli interventi immateriali dedicati ad esempio alla promozione dell’offerta turistica del territorio oggetto del PST). E’ bene ricordare che il livello di dettaglio e di progettazione operativa della maggior parte degli interventi contenuti nel PST è molto generale, in particolare per quanto riguarda la localizzazione degli interventi e la specificazione della concreta tipologia e ampiezza dell’intervento. Questo permette di effettuare una valutazione complessiva che andrà dettagliata via via che i diversi interventi giungeranno nella fase di progettazione esecutiva. A tal fine, è ipotizzabile integrare il progetto dedicato al monitoraggio del turismo sul territorio oggetto del PST con gli aspetti maggiormente riguardanti le ricadute ambientali dell’attuazione degli interventi programmati. In concreto la valutazione approfondita viene svolta mediante una scheda di analisi e valutazione dei più di 250 interventi in programma nel PST Po di Lombardia raggruppati in macro categorie:

Macrocategoria interventi N. indicativo interventi

Realizzazione percorsi ciclabili, pedonali, ippovie 65 Realizzazione parchi, ecomusei, riqualificazione e valorizzazione aree naturali 30 Recupero, riqualificazione e valorizzazione edifici 60 Riqualificazione piazze dei borghi storici 15 Realizzazione di aree sosta camper e campeggi 6 Messa in sicurezza di piste da sci d’erba 1 Realizzazione di un anfiteatro 1 Sistemazione e revisione seggiovia 1 Utilizzo di energie alternative per l’alimentazione di strutture di servizio 1 Navigazione del fiume Po: realizzazione traghetto fluviale 1 Navigazione del fiume Po: realizzazione di nuovi pontili / punti di attracco 6 Navigazione del fiume Po: sistemazione di pontili / punti di attracco esistenti 6 Navigazione del fiume Po: nuove imbarcazioni / intermodalità barca - bici 3

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Tipologia di intervento Realizzazione percorsi ciclabili, pedonali, ippovie

Interventi PST Circa 65 interventi Matrici ambientali e antropiche interessate

Aria Acqua Suolo X Rischi naturali X Natura e biodiv. X Rifiuti Rumore Inq. luminoso Energia Paesaggio X Campi elettrom. Radiaz. ionizzanti Popolazione Salute umana Patrim. culturale La realizzazione di percorsi ciclopedinali e di ippovie ha di per sé un impatto ambientale positivo trattandosi di una modalità di spostamento eco compatibile che permette di fruire ed apprezzare il paesaggio e la natura circostanti senza comportare emissioni inquinanti. Nella sua progettazione e realizzazione vi sono comunque da considerare la nuova occupazione di suolo che comporta, a eventuale pericolosità naturale legata ad una possibile esondazione del Po ed un corretto inserimento nel contesto ambientale e paesaggistico circostante (per alcuni degli interventi in programma si tratta di una riqualificazione, valorizzazione ed adeguamento di un percorso già esistente). Indicatori di monitoraggio • Incremento % di consumo di suolo

• Destinazione d’uso originaria della superficie utilizzata per i percorsi / Superficie nuovi percorsi

• Classe di fattibilità geologica presente sulla superficie utilizzata per i percorsi / Superficie nuovi percorsi

• Habitat e specie faunistiche e floristiche compromesse dalla realizzazione dei nuovi percorsi

• Grado di frammentazione delle aree naturali interessate dall’intervento

• Grado di alterazione del paesaggio naturale e antropico • Incremento nell’utilizzo della pista ciclopedonale e delle ippovie

(n. fruitori) Misure di mitigazione • Lasciare il più possibile superfici permeabili nella realizzazione

delle piste ciclopedonali e delle ippovie • Progettare dei punti di attraversamento dei percorsi per il

passaggio delle piccole specie faunistiche • Utilizzare materiali desunti dalla ingegneria naturalistica e

tecniche eco compatibili • Prevedere un corretto inserimento nel contesto ambientale e

territoriale

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Tipologia di intervento Realizzazione parchi, ecomusei, riqualificazione e valorizzazione aree ambientali

Interventi PST Circa 30 interventi Matrici ambientali e antropiche interessate

Aria Acqua X Suolo Rischi naturali Natura e biodiv. X Rifiuti Rumore Inq. luminoso Energia Paesaggio X Campi elettrom. Radiaz. ionizzanti Popolazione Salute umana Patrim. culturale Questa tipologia di interventi raccoglie azioni a cui sono associabili impatti positivi sulla qualità ambientale e naturale dell’area sia dal punto di vista del ripristino e valorizzazione delle aree naturali sia rispetto alla messa in campo di forme di gestione e di tutela strutturate. Vi è da prestare comunque attenzione alla eventuale nuova occupazione di suolo generata dalle possibili strutture di servizio alle attività dei parchi ed ecomusei, alla possibili presenza di pericolosità alluvionale ed al potenziale disturbo delle specie faunistiche presenti generato dalla fruizione dei luoghi. Indicatori di monitoraggio • Incremento % di consumo di suolo

• Classe di fattibilità geologica presente sulla superficie utilizzata per i percorsi / Superficie nuovi percorsi

• Habitat e specie faunistiche e floristiche disturbate • Incremento nella frequentazione dei parchi, degli ecomusei e

delle aree naturali (n. fruitori) Misure di mitigazione • Ridurre al minimo le strutture di servizio

• Utilizzare materiali desunti dalla ingegneria naturalistica e tecniche eco compatibili

• Prevedere un corretto inserimento nel contesto ambientale e territoriale

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Tipologia di intervento Recupero, riqualificazione e valorizzazione edifici

Interventi PST Circa 60 interventi Matrici ambientali e antropiche interessate

Aria Acqua Suolo X Rischi naturali Natura e biodiv. Rifiuti Rumore Inq. luminoso Energia Paesaggio X Campi elettrom. Radiaz. ionizzanti Popolazione Salute umana Patrim. culturale X La macrocategoria contiene interventi dedicati al recupero del patrimonio edilizio esistente e al restauro di edifici storici. Si tratta principalmente di impatti positivi che spaziano dalla riduzione del consumo di suolo, grazie al recupero di edifici esistenti, alla diminuzione del degrado. In generale dovrà essere posta particolare cautela, negli interventi di recupero, a garantire il rispetto dell’identità locale dei territori e inserire gli interventi di recupero correttamente nel contesto locale. Indicatori di monitoraggio • Rispetto della destinazione d’uso originaria dell’edificio,

compatibilità della struttura con il nuovo uso Misure di mitigazione • Incentivare l’uso di tecniche di edilizia sostenibile e architettura

biologica per minimizzare consumi idrici ed energetici degli edifici recuperati

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Tipologia di intervento Riqualificazione piazze dei borghi storici

Interventi PST Circa 15 interventi Matrici ambientali e antropiche interessate

Aria Acqua Suolo X Rischi naturali Natura e biodiv. Rifiuti Rumore Inq. luminoso Energia Paesaggio X Campi elettrom. Radiaz. ionizzanti Popolazione Salute umana Patrim. culturale X La macrocategoria contiene interventi dedicati al recupero e alla riqualificazione di piazze inserite in borghi storici. Analogamente alla macrocategoria dedicata al recupero, riqualificazione e valorizzazione edifici sono ipotizzabili principalmente impatti positivi grazie al recupero di piazze storiche ad alla conseguente diminuzione del degrado. In generale dovrà essere posta particolare cautela, negli interventi di riqualificazione, a garantire il rispetto dell’identità locale dei territori e inserire gli interventi di recupero correttamente nel contesto urbano immediatamente prossimo. Indicatori di monitoraggio • Rispetto del contesto urbano ove la piazza è inserita

• Utilizzo di materiali originali Misure di mitigazione • Utilizzo di materiali originali

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Tipologia di intervento Realizzazione di aree sosta camper e campeggi

Interventi PST 6 interventi Matrici ambientali e antropiche interessate

Aria Acqua X Suolo X Rischi naturali X Natura e biodiv. X Rifiuti X Rumore Inq. luminoso Energia X Paesaggio X Campi elettrom. Radiaz. ionizzanti Popolazione Salute umana Patrim. culturale X La realizzazione di aree finalizzate ad ospitare camper e campeggi, ha un impatto sulla componente del suolo in termini di occupazione di suolo. Nella localizzazione del campeggio attenzione deve essere prestata alla eventuale presenza di in aree soggette a pericolosità naturali quali esondazioni. Una verifica deve essere effettuata anche rispetto al contesto ambientale e territoriale nel quale si inserisce il campeggio al fine di non compromettere elementi naturalistici di pregio o modificare il paesaggio e il patrimonio culturale circostante. Un altro impatto da monitorare riguarda le attività di servizio al campeggio, che implicano l’utilizzo di risorse quali l’acqua e l’energia e la produzione di rifiuti. Indicatori di monitoraggio • Incremento % di consumo di suolo

• Destinazione d’uso originaria della superficie utilizzata per le aree di sosta e il campeggio / Superficie nuove aree di sosta e campeggio

• Classe di fattibilità geologica presente sulla superficie utilizzata per le aree di sosta e il campeggio / Superficie nuove aree di sosta e campeggio

• Habitat e specie faunistiche e floristiche compromesse dalla realizzazione delle aree di sosta e del campeggio

• Grado di frammentazione delle aree naturali interessate dall’intervento

• Grado di alterazione del paesaggio naturale e antropico • Grado di compromissione del patrimonio culturale, architettonico

e archeologico • Fabbisogno idrico aggiuntivo • Fabbisogno energetico aggiuntivo

Misure di mitigazione • Corretto inserimento delle aree di sosta e del campeggio nel contesto ambientale e territoriale individuato con particolare riguardo al paesaggio naturale e antropico

• Dotare le aree di sosta e il campeggio di aree verdi, siepi e alberi • Per le attività di servizio alle aree di sosta e al campeggio

ottimizzare l’utilizzo delle risorse idriche ed energetiche anche attraverso l’uso delle migliori tecnologie disponibili

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Tipologia di intervento Messa in sicurezza di piste da sci d’erba

Interventi PST 1 intervento Matrici ambientali e antropiche interessate

Aria Acqua Suolo Rischi naturali Natura e biodiv. X Rifiuti Rumore Inq. luminoso Energia Paesaggio X Campi elettrom. Radiaz. ionizzanti Popolazione Salute umana X Patrim. culturale Si tratta di un intervento finalizzato alla messa in sicurezza e al miglioramento della fruizione delle piste da sci d’erba e di mountain board nella località di Casamatta di romagnese (PV). Di per sé ha l’impatto positivo di mettere in sicurezza un percorso agendo sulla componente della salute umana. Questo intervento deve comunque prestare attenzione all’eventuale consumo di suolo anche legato alle possibili strutture di servizio alle attività e al contesto ambientale e paesistico nel quale le piste da sci d’erba sono inserite al fine di non impattare sulle aree naturali e il paesaggio circostante. Per questo intervento non è stata indicata una tempistica di realizzazione. Indicatori di monitoraggio • Incremento % di consumo di suolo

• Grado di alterazione del paesaggio naturale Misure di mitigazione • Ridurre al minimo le strutture di servizio

• Prevedere un corretto inserimento nel contesto ambientale e territoriale

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Tipologia di intervento Realizzazione di un anfiteatro

Interventi PST 1 intervento Matrici ambientali e antropiche interessate

Aria Acqua X Suolo X Rischi naturali X Natura e biodiv. X Rifiuti Rumore Inq. luminoso Energia Paesaggio X Campi elettrom. Radiaz. ionizzanti Popolazione Salute umana Patrim. culturale Si tratta di un intervento destinato alla realizzazione di un anfiteatro nell’ex alveo del fiume Mincio a Governolo nel Comune di Roncoferraro (MN). In generale, bisogna prestare attenzione alla nuova occupazione di suolo e alla presenza di pericolosità naturali dovute all’eventuale esondazione del fiume Mincio. Particolare attenzione dovrà anche essere prestata al corretto inserimento della struttura nel contesto ambientale e paesistico. Per questo intervento non è stata indicata una tempistica di realizzazione. Indicatori di monitoraggio • Incremento % di consumo di suolo

• Classe di fattibilità geologica presente sulla superficie utilizzata per l’anfiteatro / Superficie anfiteatro

• Habitat e specie faunistiche e floristiche compromesse dalla realizzazione dell’anfiteatro

• Grado di alterazione del paesaggio naturale e antropico •

Misure di mitigazione • Utilizzare materiali naturali desunti dall’architettura biologica e dall’ingegneria naturalistica e tecniche eco compatibili

• Prevedere un corretto inserimento nel contesto ambientale e paesistico

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Tipologia di intervento Sistemazione e revisione seggiovia

Interventi PST 1 intervento Matrici ambientali e antropiche interessate

Aria Acqua Suolo Rischi naturali Natura e biodiv. Rifiuti Rumore Inq. luminoso Energia Paesaggio Campi elettrom. Radiaz. ionizzanti Popolazione Salute umana X Patrim. culturale Si tratta di un intervento di revisione e sistemazione generale della seggiovia biposto Pian del Poggio – Monte Chiappo nel Comune di Santa Margherita Staffora (PV). Si tratta di un intervento che interessa esclusivamente la struttura, previsto dalla normativa vigente in materia che ha il solo impatto positivo di incrementare e preservare la sicurezza degli utenti agendo sulla componente della salute umana. Indicatori di monitoraggio • - Misure di mitigazione • -

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Tipologia di intervento Utilizzo di energie alternative per l’alimentazione di strutture di servizio

Interventi PST 1 intervento Matrici ambientali e antropiche interessate

Aria Acqua Suolo Rischi naturali Natura e biodiv. Rifiuti Rumore Inq. luminoso Energia X Paesaggio X Campi elettrom. Radiaz. ionizzanti Popolazione Salute umana Patrim. culturale X Si tratta di un intervento finalizzato all’utilizzo di energie alternative per l’alimentazione delle infrastrutture del sistema dei Parchi Oltrepò Mantovano promosso dal Comune di Pegognaga (MN) quale ente capofila. Di per sé hanno un impatto positivo sulla risorsa energetica; la loro attuazione dovrà comunque tenere conto del contesto urbano e del patrimonio architettonico al quale si applicano. Indicatori di monitoraggio • Kwh di energia prodotta Misure di mitigazione • -

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Tipologia di intervento Navigazione del fiume Po: realizzazione traghetto fluviale

Interventi PST 1 intervento Matrici ambientali e antropiche interessate

Aria Acqua X Suolo Rischi naturali Natura e biodiv. X Rifiuti Rumore Inq. luminoso Energia Paesaggio X Campi elettrom. Radiaz. ionizzanti Popolazione Salute umana Patrim. culturale Si tratta del ripristino di manufatto idroviario a valenza storico –paesistica ( banchine di accosto – rampe di accesso al fiume – testate di ancoraggio e traghetto) funzionale a potenziare il collegamento ciclo-pedonale complementare agli interventi in fase di realizzazione da parte del sistema unico di percorrenza del GAL Oglio Po Indicatori di monitoraggio • Incremento del numero di passeggeri

• Qualità delle acque • Qualità dell’aria • Emissioni sonore

Misure di mitigazione • Limitare le corse nei periodi di magra del fiume • Limitare le corse nelle ore notturne dal momento che generano

un maggior disturbo della fauna ittica e rivierasca

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Tipologia di intervento Navigazione del fiume Po: realizzazione di nuovi pontili / punti di attracco

Interventi PST 6 interventi Matrici ambientali e antropiche interessate

Aria Acqua X Suolo Rischi naturali Natura e biodiv. X Rifiuti Rumore Inq. luminoso Energia Paesaggio X Campi elettrom. Radiaz. ionizzanti Popolazione Salute umana Patrim. culturale I 6 interventi che compongono questa macrocategoria sono tutti in fase di studio di fattibilità e prevedono la realizzazione di nuovi punti di attracco e nuovi pontili per la navigazione sul fiume Po e sugli altri corsi d’acqua che interessano il sistema. Dal momento che si tratta di interventi in fase di progettazione embrionale che entreranno nella fase operativa solo se finanziati, si valuteranno le ricadute ambientali specifiche in fase di progettazione di dettaglio degli interventi stessi (attraverso i diversi strumenti a disposizione VAS, VIA e VIC). I comuni interessati a sviluppare nuovi attracchi nel loro territorio sono: Spessa Po (PV), Travacò Siccomario (PV), Gombito (CR), Torricella del Pizzo (CR), Roncoferraro (MN) a cui si aggiunge un progetto della Provincia di Pavia. Si tratta comunque di navigazione con piccole imbarcazioni a scopo turistico e diportistico. Indicatori di monitoraggio • Incremento % di consumo di suolo

• Destinazione d’uso originaria della superficie utilizzata per l’intervento / Superficie intervento

• Habitat e specie faunistiche e floristiche compromesse dalla realizzazione dell’intervento

• Grado di alterazione del paesaggio naturale Misure di mitigazione • Corretto inserimento dell’intervento nel contesto ambientale e

territoriale individuato con particolare riguardo al paesaggio naturale e alle specie faunistiche presenti

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Tipologia di intervento Navigazione del fiume Po: sistemazione di pontili / punti di attracco esistenti

Interventi PST 6 interventi Matrici ambientali e antropiche interessate

Aria Acqua Suolo Rischi naturali Natura e biodiv. Rifiuti Rumore Inq. luminoso Energia X Paesaggio X Campi elettrom. Radiaz. ionizzanti Popolazione Salute umana Patrim. culturale X Si tratta di interventi dedicati alla realizzazione di pontili / punti di attracco per la navigazione diportistica e alaggio di piccole imbarcazioni. I comuni interessati sono: Somaglia (LO), Revere (MN), Casalmaggiore (CR), Formigara (CR), Pizzighettone (CR) e Travacò Siccomario (PV). Nella realizzazione dell’intervento, bisogna considerare l’occupazione di suolo in particolare non tanto per l’infrastruttura in se che è già esistente, quanto per le possibili opere di collegamento o di supporto (collegamento con pista ciclabile, realizzazione di parcheggio, realizzazione di punti di ristoro) e l’eventualità di innescare o aggravare situazioni di pericolo e di rischio legate a fenomeni alluvionali e le ricadute sulla flora e fauna locali. Un ulteriore accorgimento deve essere riservato all’impatto paesaggistico. Gli impatti sono comunque limitati dal fatto che si tratta comunque di piccole imbarcazioni. Indicatori di monitoraggio • Incremento % di consumo di suolo

• Destinazione d’uso originaria della superficie utilizzata per l’intervento / Superficie intervento

• Habitat e specie faunistiche e floristiche compromesse dalla realizzazione dell’intervento

• Grado di alterazione del paesaggio naturale Misure di mitigazione • Corretto inserimento dell’intervento nel contesto ambientale e

territoriale individuato con particolare riguardo al paesaggio naturale e alle specie faunistiche presenti

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Tipologia di intervento Navigazione del fiume Po: nuove imbarcazioni / intermodalità barca - bici

Interventi PST 3 interventi Matrici ambientali e antropiche interessate

Aria Acqua X Suolo Rischi naturali Natura e biodiv. X Rifiuti Rumore Inq. luminoso Energia Paesaggio X Campi elettrom. Radiaz. ionizzanti Popolazione Salute umana Patrim. culturale Gli interventi di costruzione e messa in esercizio di nuove imbarcazioni sono considerati come fonte di nuovo impatto per l’accresciuto volume di traffico che il corpo idrico subisce. Si tratta, comunque, di imbarcazioni specificamente ideate per la navigazione fluviale con ridottissimi impatti ambientali. Particolare attenzione nella programmazione di questi interventi è poi data a garantire l’intermodalità barca – bicicletta Indicatori di monitoraggio • Aumento delle tratte di percorrenza

• Incremento del numero di passeggeri • Qualità delle acque • Qualità dell’aria

Misure di mitigazione • Limitare le corse nei periodi di magra del fiume • Limitare le corse nelle ore notturne dal momento che generano

un maggior disturbo della fauna ittica e rivierasca

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CAPITOLO 5 POSSIBILI INTERFERENZE CON I SITI RETE NATURA 2000

Tutte le azioni del PST Po di Lombardia sono state cartografate e incrociate con la perimetrazione dei siti Rete Natura 2000 (SIC e ZPS). Per i dettagli sulla caratterizzazione dei SIC e delle ZPS considerati, si rimanda allo Studio di incidenza del PST Po di Lombardia che è stato impostato avendo come obiettivo prioritario la costruzione di matrici di valutazione che, per singolo sito, permettessero di incrociare i seguenti elementi:

- principali caratteristiche ambientali del sito; - principali elementi di fragilità - elenco degli interventi previsti dal PST che interessano il sito; - individuazione delle possibili interferenze e loro classificazione; - individuazione di specifiche misure di mitigazione.

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CAPITOLO 6 SINTESI DEGLI ELEMENTI EMERSI

L’analisi dei contenuti preliminari presenti nei documenti che attualmente compongono il PST permette di individuare i seguenti elementi:

- il PST Po di Lombardia pone un’attenzione particolare alla promozione e commercializzazione delle località turistiche che comprende e, in generale, a modalità di mobilità “dolce”;

- la maggior parte degli interventi infrastrutturali sono già stati finanziati nella precedente stesura del PST, che infatti è oggi in fase di aggiornamento e comprende, quindi, per la maggior parte interventi / azioni di completamento e ottimizzazione;

- molti dei progetti che compongono il PST sono attualmente allo stadio di idea progetto o di studio di fattibilità; una volta reperite fonti di finanziamento specifico e una volta avviata la progettazione di dettaglio gli interventi potenzialmente impattanti saranno sottoposti ad ulteriori analisi e valutazioni ambientali;

- il compito di vigilare sull’attuazione del PST e, quindi, anche sull’effettivo monitoraggio degli impatti ambientali da essa derivanti è affidato ad un osservatorio specificamente costituito.

Principalmente per queste motivazioni si propone di escludere il PST da Valutazione Ambientale Strategica affidando all’osservatorio sul turismo il compito di vigilare sugli impatti ambientali della sua effettiva attuazione.