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Vittorio Alfieri Ottavia Op. Grande biblioteca della letteratura italiana ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli

Vittorio Alfieri - Ottavia

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  • Vittorio Alfieri

    Ottavia

    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

  • Edizioni di riferimentoelettronicheLiz, Letteratura Italiana Zanichelli

    a stampaVittorio Alfieri, Tragedie, a cura di L. Toschi, Firenze, Sansoni, 1985

    Testo preparato da Vincenzo Rovito

    DesignGraphiti, Firenze

    ImpaginazioneThsis, Firenze-Milano

  • X3Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Vittorio Alfieri Ottavia

    Sommario

    Personaggi ....................................................... 5

    Atto I ............................................................... 6Scena 1 ............................................................. 6Scena 2 ............................................................. 9Scena 3 ........................................................... 10

    Atto II ........................................................... 14Scena 1 ........................................................... 14Scena 2 ........................................................... 16Scena 3 ........................................................... 16Scena 4 ........................................................... 20Scena 5 ........................................................... 20Scena 6 ........................................................... 20Scena 7 ........................................................... 24

    Atto III .......................................................... 25Scena 1 ........................................................... 25Scena 2 ........................................................... 28

    Scena 3 ........................................................... 28Scena 4 ........................................................... 31Scena 5 ........................................................... 31Scena 6 ........................................................... 32Scena 7 ........................................................... 35

    Atto IV .......................................................... 36Scena 1 ........................................................... 36Scena 2 ........................................................... 38Scena 3 ........................................................... 40Scena 4 ........................................................... 44

    Atto V ............................................................ 46Scena 1 ........................................................... 46Scena 2 ........................................................... 46Scena 3 ........................................................... 48Scena 4 ........................................................... 49Scena 5 ........................................................... 52Scena 6 ........................................................... 54

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Vittorio Alfieri Ottavia

    Personaggi

    NeroneOttaviaPoppeaSenecaTigellino

    Scena, la Reggia di Nerone in Roma

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Vittorio Alfieri Ottavia Atto primo

    Atto I

    Scena 1

    Seneca. Signor del mondo, a te che manca?

    Nerone. Pace.

    Seneca. Lavrai, se ad altri non la togli.

    Nerone. Interalavria Neron, se di abborrito nodostato non fosse a Ottavia avvinto mai.

    Seneca. Ma tu, de Giuli il successor, del lorolustro e poter laccrescitor saresti,senza la man di Ottavia? Ella del sogliola via tapr: pur quella Ottavia or languein duro ingiusto esiglio; ella, che privadi te cos, bench a rival superbati sappia in braccio, (ahi misera!) ancor tama.

    Nerone. Stromento gi di mia grandezza forseellera: ma, stromento de miei dannifatta era poscia; e tal pur troppo ancoradopo il ripudio ell. La infida schiattadella vil plebe osa dolersen? osapur mormorar del suo signor, dovioil signor sono? Omai di Ottavia il nome,non che a grido innalzar, non pure udrassisommessamente infra tremanti labra,mai profferire; o chio Neron non sono.

    Seneca. Signor, non sempre i miei consigli a viletenuto hai tu. Ben sai, comio, collarmidi ragion salde, arditamente incontroal giovenile impeto tuo mi fessi.Biasmo, e vergogna io tannunziava, e danno,dal repudio di Ottavia, e pi dal crudosuo bando. In cor del volgo addentro moltoOttavia fitta: io tel dicea: taggiunsiche Roma intera avea per doni infaustidi Plauto i campi, e il sanguinoso ostellodi Burro, a lei s feramente espulsacon tristo augurio dati: e dissi...

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Vittorio Alfieri Ottavia Atto primo

    Nerone. Assaidicesti, ver; ma il voler mio pur festi. Forse il regnar tu minsegnavi un tempo;ma il non errar giammai, n tu linsegni,n lapprenduomo. Or basti a me, che accortofatto mha Roma in tempo. Error non lievefu lespeller colei, che mai non debbe,mai stanza aver lungi da me...

    Seneca. Ten duoledunque? ed ver quanto ascoltai? ritornaOttavia?

    Nerone. S.

    Seneca. Piet di lei ti prese?

    Nerone. Pietade?... S: piet men prese.

    Seneca. Al tronocompagna e al regal talamo tornarla,forse?...

    Nerone. Tra breve ella in mia reggia riede.A che rieda, il vedrai. Saggio fra saggi,Seneca, tu gi mio ministro e scortaa ben pi dubbie, dure, ed incalzantinecessit di regno; or, men lusingo,tu non vorrai da quel di pria diversomostrarmiti.

    Seneca. Consiglio a me, pur troppo!chieder tu suoli, allor che in core hai fermagi la feral sentenza. Il tuo pensieronoto or non m; ma per Ottavia io tremo,udendo il parlar tuo.

    Nerone. Dimmi; tremaviquel d, che tratto a necessaria morteil suo fratel cadeva? e il d, che reapronunziavi tu stesso la superbamadre mia, che nemica erati fera,tremavi tu?

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Vittorio Alfieri Ottavia Atto primo

    Seneca. Che ascolto io mai? linfamegiorno esecrando rimembrar tu ardisci? Entro a quel sangue tuo me non bagnai;tu tel bevesti, io tacqui; ver, costrettotacqui; ma fui reo del silenzio, e il sono,finchio respiro aura di vita. Ahi stolto,chio allor credetti, che Neron potriapor fine al sangue col sangue materno!Veggo ben or, chindi ha principio appena. Ogni nuova tua strage a me novellidoni odiosi arreca, onde mi hai carco;n so perch. Tu mi costringi a torli;prezzo di sangue alla maligna plebeparran tuoi doni: ah! li ripiglia; e lasciaa me la stima di me stesso intera.

    Nerone. Ove tu labbi, io la ti lascio. Espertomastro sei tu dalma virt: ma, il sai,chanco non sempre ella si adopra. Intattase a te serbar piacea lalta tua fama,ed incorrotto il cor, perch loscurotuo patrio nido abbandonar, per questoreo splendore di corte? Il vedi: insegnoio non Stoico a te Stoico; e s il mio senno,tutto il deggio a te solo. Or, poich toltoti sei, qui stando, il tuo candor tu stesso;poich di buono il nome, ovuom sel perda,mai nol riacquista pi; giovami, il puoi.Me gi scolpasti dei passati falli;prosiegui; lauda, e lopre mie colora;ch di alcun peso il parer tuo. Te credemen rio che altruom la plebe; in te gran possatuttor suppon sovra il mio cor: tu in somma,tal di mia reggia addobbo sei, che biasmodi me non fai, che pi di te nol facci.

    Seneca. Ti giova, il so, chaltri pur reo si mostri:divisa colpa, a te men pesa. Or sappi,chio, non reo de tuoi falli, io pur ne portola pena tutta: del regnar mi dato

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Vittorio Alfieri Ottavia Atto primo

    il miglior premio; in odio a tutti io sono.Qual mi puoi nuova infame cura imporre,che aggiunga?...

    Nerone. Ei t mestier dal cor del volgotrarre Ottavia.

    Seneca. Non cangia il volgo affetti,come il signore; e mal sinfinge.

    Nerone. Alluopoben cangia il saggio e la favella, e lopre:e tu sei saggio. Or va; di tua virtude,quanta ella sia, varrommi, il d che appienodir potr mio limpero: io son frattanto,il mastro io sono in farlo mio davvero,lalunno tu: fa chio ti trovi or dunquedocile a me. Non ti minaccio morte;morir non curi, il so; ma di tua famaquel lieve avanzo, onde esser carco estimi,pensa che anchegli al mio poter soggiace.Torne a te pi, che non ten resta, io posso.Taci omai dunque, e va; per me tadopra.

    Seneca. Assolute parole odo, e cospersedi fiele e sangue. Ma levento aspetto,qual chei sia pure. Ogni mio aiuto vanoa tuoi disegni, e reo. Che a sparger sangueNeron per s non basti sol, chi l crede?

    Scena 2

    Nerone. E con te pur la tua virt mentita,altero Stoico, abbatter. Punirtiseppi finor coi doni: al d, chio tabbiadispregievole reso a ogni uom pi vile,serbo a te poi la scure. Or, qual fia questamia sovrana assoluta immensa possa,cui si attraversan dogni parte inciampi?

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Vittorio Alfieri Ottavia Atto primo

    Ottavia abborro; oltre ogni dir Poppeaamo; e mentir lodio e lamore io deggio?Ci che al pi vil de servi miei non vietaforza di legge, il susurrar del volgofia che sattenti oggi a Neron vietarlo?

    Scena 3

    Poppea. Alto signor, sola mia vita; ingombrodi cure ognora, e dal mio fianco lungi,me tieni in fera angoscia. E che? non fia,chio lieto mai del nostro amor ti vegga?

    Nerone. Lunge da te, Poppea, mi tien talvoltail nostro amor; nullaltro mai. Con gravee lunga pena io tacquistava; or debbotravagliarmi in serbarti: il sai, che a costoanco del trono, io ti vo mia...

    Poppea. Chi tormia te, chi l pu, se non tu stesso? leggeogni tuo cenno, ogni tua voglia in Roma.Tu in premio a me dellamor mio ti desti,tu a me ti togli; e il puoi tu appien; comiosopravvivere al perderti non posso.

    Nerone. Toglierti a me? n il pur potrebbe il cielo.Ma ria baldanza popolar, non spentadel tutto ancor, biasmare osa frattantogli affetti del cor mio: quindi m forza,che antivedendo io tolga...

    Poppea. E al grido badidel popolo?

    Nerone. Mostrar quantio lapprezzispero, in breve; ma a questa Idra rabbiosalasciar niun capo vuolsi: al suolo appenatrabalzer lultima testa, in cuiRoma fonda sua speme; e infranta a terra,

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Vittorio Alfieri Ottavia Atto primo

    lacera, muta, annichilata cadela superba sua plebe. Appien finorame non conosce Roma: a lei di menteben io trarr queste sue fole antichedi libert. De Claudi ultimo avanzoOttavia, or suona in ogni bocca; il suodestin si piange in odio mio, non chellasami: non cape in cor di plebe amore:ma allinsolente popolar licenzagiova il fren rimembrar debile e lentodi Claudio inetto, e sospirar pur sempreci che pi aver non puote.

    Poppea. ver; tacersi,Roma nol sa; ma, e chaltro omai sa Roma,che cinguettar? Dei tu temerne?

    Nerone. Esigliolieto troppo, ed incauto, a Ottavia ho scelto.Intera stassi di Campania al lidolarmata, in cui recente rimembranzavive ancor dAgrippina. Entro quei petti,di novit desio, piet fallacedella figlia di Claudio, animo fello,e ria speranza entro quei petti alligna.Io mal col bando a lei diedi, e peggiofarei quivi lasciandola.

    Poppea. Tenertidee sollecito tanto omai costei?Oltre il confin del vasto impero tuoche non la mandi? esiglio, ove pur basti,qual pi securo? e qual deserta piaggiaremota s, che tallontani troppoda lei, che darsi il folle vanto ardiscedaverti dato il trono?

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Vittorio Alfieri Ottavia Atto primo

    Nerone. Or, finch toltodel tutto il poter nuocermi le venga,stanza pi assai per me secura ellabbiaRoma, e la reggia mia.

    Poppea. Che ascolto? In RomaOttavia riede!

    Nerone. A mie ragion d loco...

    Poppea. Ove son io, colei?...

    Nerone. Deh! modi...

    Poppea. Intendo;ben veggo;... io tosto sgombrer...

    Nerone. Deh! modi:Ottavia in Roma a danno tuo non torna;a suo danno bens...

    Poppea. Vedrai tu tosto,chella vi torna al tuo. Ti dico intanto,che Ottavia e me, vive ad un tempo entrambe,non che una reggia, una citt non cape.Rieda pur ella, che Neron sul seggioloc del mondo; ella a cacciarnel venga.Di te mi duol, non di me no, chio pressodOtton mio fido a ritornar son presta.Amommi ei molto, e ancor non poco ei mama:potessio pur quellamator s fermoriamare! Ma il cor Poppea non seppedivider mai; n vuole ella il tuo corecon labborrita sua rival diviso.Non del tuo trono, io sol di te fui presa,ahi lassa! e il sono; a me lusinga dolceera lamor, non del signor del mondo,ma dellamato mio Neron: se in partea me ti togli; se in tuo cor sovrana,sola non regno, al tutto io cedo, al tuttoio nesco. Ahi lassa! dal mio cor potessiappien cos strappar la immagin tua,come da te svellermi spero!...

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Vittorio Alfieri Ottavia Atto primo

    Nerone. Io tamo,Poppea, tu il sai: di quale amor, tel dicaquantio gi fei; quanto a pi far mi appresto.Ma tu...

    Poppea. Che vuoi? possio vederti al fiancoquellodiosa donna, e viver pure?possio n pur pensarvi? Ahi donna indegna!che amar Neron, n pu, n sa, n vuole;e s pur finger losa.

    Nerone. Il cor, la menteacqueta; in bando ogni timor gelosocaccia: ma il voler mio rispetta a un tempo.Esser non pu, chella per or non rieda.Gi mosso ha il pi ver Roma: il d novelloqui scorgeralla. Il vuol la tua non meno,che la mia securt: che pi? sio l voglio;io non uso a trovare ostacol maia miei disegni. Io non mi appago, o donna,damor, qual mostri, dogni tema ignudo.Chi me pi teme ed obbedisce, sappi,chei mama pi.

    Poppea. ... Troppo mi rende arditail temer troppo. Oh qual puoi farmi immensodanno! il tuo amor tu mi puoi torre... Ah! priamia vita prendi, assai minor fia il danno.

    Nerone. Poppea, deh! cessa: nel mio amor ti affida.Mai non temer della mia fede: al miovoler bens temi dopporti. Abborro,io pi che tu, colei che rival nomi.Da suoi torbidi amici appien disgiunta,qui di mie guardie cinta la vedrai,non tua rival, ma vil tua ancella: e in breve,sio del regnar larte pur nulla intendo,ella stessa di s palma daratti.

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Vittorio Alfieri Ottavia Atto secondo

    Atto II

    Scena 1

    Poppea. Comun periglio oggi corriam; noi dunqueoggi cercare, o Tigellin, dobbiamocomun riparo.

    Tigellino. E che? dOttavia temi?...

    Poppea. Non la belt per certo; ognor la miaprevalse agli occhi di Nerone: io temoil finto amor, la finta sua dolcezza;larti temo di Seneca, e sue grida;e della plebe glimpeti; e i rimorsidello stesso Nerone.

    Tigellino. Ei da gran tempotama, e tu nol conosci? Il suo rimorso il nuocer poco. Or, credi, a pi compiutavendetta ei tragge Ottavia in Roma. Lasciachopri in lui quel suo innato rancor cupo,giunto al rio nuziale odio primiero.Questo il riparo al comun nostro danno.

    Poppea. Securo stai? non io cos. Ma il francotuo parlar mi fa dire. Appien conoscoNerone, in cui nulla il rimorso puote:ma il timor, di, tutto non puote in lui?Chi nol vide tremar dellabborritamadre? di me tutto egli ardea; pur farmisua sposa mai, finchella visse, ardiva?col sol rigor del taciturno aspettoBurro tremar nol fea? non latterrisceperfin talvolta ancor, garrulo, e vuotodogni poter, col magistral suo grido,Seneca stesso? Ecco i rimorsi, ondiocapace il credo. Or, se vi aggiungi gli urli,le minacce di Roma...

    Tigellino. Ottavia trarrepotran pi tosto ove Agrippina, e Burro,e tanti, e tanti, andaro. A voler spenta

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Vittorio Alfieri Ottavia Atto secondo

    la tua rival, lascia che allodio anticonuovo timor nel core al sir si aggiunga.Ei non svelommi il suo pensier per anco;ma so, che nulla di Neron lingegnomeglio assottiglia, che il timor suo immenso.Roma, Ottavia chiamando, Ottavia uccide.

    Poppea. S; ma frattanto un passeggiero lampopu di favor sforzato ella usurparsi.Ci abborre Ottavia entrambi: a cotantiraqual ti fai scudo? il voler dubbio e fraledi un tremante signore? A perder noisolo basta un istante; a noi che giova,se cader dobbiam pria, chella poi cada?

    Tigellino. Che un balen di favore a lei lampeggi,nol temer, no: di Neron nostro il coreella trovar non sa. Sua stolta pompadaspra virt gli incresce; in lei del pariobbedienza, amor, timor gli spiace;quellesca stessa, ove ei da noi si piglia,labborre in lei. Ma pur, sio nulla posso,che far debbio? favella.

    Poppea. Ogni pi lievecosa esplorar, sagace, e farmen dotta;antivedere; a sdegno aggiunger sdegno;mezzi inventar, mille a Neron proporne,onde costei si spenga; apporle falli,ove non nabbia; quanta in te destrezza,adoprar tutta; andar, venir, tenerlo,aggirarlo, acciecarlo; e vegliar sempre: ci far tu dei.

    Tigellino. Ci far voglio: ma il mezzoottimo a tanto effetto in cor gi fittoNeron si avr; non dubitar: nellartedi vendetta maestro: e, il sai, si sdegnasaltri quantei mostra saperne.

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Vittorio Alfieri Ottavia Atto secondo

    Poppea. Alliratutto il muove, ben so. Meco ei sdegnossidel soverchio amor mio pocanzi; e ferosignor gi favellava a me dal trono.

    Tigellino. Nol provocare a sdegno mai: tu moltopuoi sul suo cor; ma, pi che amor, pu in luiimpeto dira, ebrezza di possanza,e fera sete di vendetta. Or vanne:meco in questora ei favellar qui suole:ogni tua cura affida in me.

    Poppea. Ti giuro,se in ci mi servi, che in favore e in possanullo fia mai chappo Neron ti agguagli.

    Scena 2

    Tigellino. Certo, se Ottavia or trionfasse, a noiverria gran danno; ma, Neron mi affida.Troppo il suo sdegno; troppa linnocenzadOttavia; scampo ella non ha. Grandarteoggi adoprar con esso emmi pur duopo:al suo timor dar nome di consiglioprovido; e fargli, a stima anco dei saggi,parer giustizia ogni pi ria vendetta. Signor del mondo, io ti terr; sol ioterrotti, e intero. Intimorirti a tempoe incoraggiarti a tempo, a me saspetta.Guai, se vien tolto a te il timor del tutto!Al mal oprar qual pi ti resta impulso;qual freno allora al ben oprar ti resta?

    Scena 3

    Tigellino. Signor, deh, perch dianzi non giungevi?Udito avresti il singhiozzar di donna,che troppo tama. Aspra battaglia han mosso

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

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    Vittorio Alfieri Ottavia Atto secondo

    nel cor tenero e fido di Poppeadubbio, temenza, amore. Ah! puoi tu tantoaffligger donna, che cos tadora?

    Nerone. Cieca ella ognor di gelosia non giusta,veder non vuole il vero. Amo lei sola...

    Tigellino. Gliel dissi io pur; ma chi calmar pu megliole fere angosce di timor geloso,che riamato amante? A lei, deh, celaquella terribil maest, che in voltoti lampeggia. Acquetare ogni tempestadel suo sbattuto cor, tu il puoi dun detto,dun sorriso, dun guardo. Osai giurarlein nome tuo, che in te pensier non entradi abbandonarla mai; che ad alto fine,benchio nol sappia, in Roma Ottavia appelli;ma non a danno di Poppea.

    Nerone. Tu il vero,fido interprete mio, per me giurasti.Ci le giurai pur io; ma sorda stette.Che vaglion detti? Il d novel che sorge,compiuto forse non sar, che fermofia dOttavia il destino, e appien per sempre.

    Tigellino. E queta io spero ogni altra cosa a un tempo,ove mostrar pur vogli Ottavia al volgorea, quanto ell.

    Nerone. Poichio labborro, rea,quanto il possa esser mai. Deggio di proveavvalorare il voler mio?

    Tigellino. Pur troppo.Tener non puoi questempia plebe ancorain quel non cal, chella pur merta. Ai roghidAgrippina, e di Claudio, ver, si tacque:tacque a quei di Britannico: eppur oggidOttavia piange, e mormorar si attenta.Svela i falli dOttavia, e ogni uom fia muto.

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Vittorio Alfieri Ottavia Atto secondo

    Nerone. Mai non lamai; mi spiacque ognora e increbbe;ella ebbe ardir di piangere il fratello;cieca obbedir la torbida Agrippinala vidi; i suoi scettrati avi nomarmispesso la udii: ben son delitti questi;e bastano. Gi data honne sentenza;ad eseguirla, il suo venir sol manca.Roma sapr, chella cessava: ed eccoqual conto a Roma del mio oprare io debbo.

    Tigellino. Signor, tremar per te mi fai. Bollenteplebe affrontar, savio non . Se giustamorte puoi darle, or perch vuoi che appaiavittima sol di tua assoluta voglia?De suoi veri delitti in luce trarreil maggior, non fia l meglio? e rea chiarirla,qual ella pur, mentre innocente tiensi?

    Nerone. Delitti... altri... maggiori?...

    Tigellino. A te narrarliniun uomo ard: ma, da tacersi sono,or che da te repudiata a dritto,pi consorte non t? Stavasi in cortelindegna ancora; e dividea pur tecotalamo, e soglio; e si usurpava ancoragli omaggi a donna imperial dovuti;quando gi in cor fatta ella sera vilepi dogni vil rea femmina; quanderagi entrato in suo pensiero e il nobil sangue,e il suo onore, e se stessa, e i suoi regi aviprostituire a citarista infame,chella adocchiando andava...

    Nerone. Oh infamia! Oh ardire!...

    Tigellino. Eucero schiavo, a lei piacea; quindi ellacon pace tanta il suo ripudio, il bando,tutto soffriva. Eucero a lei ristorodel perduto Nerone ampio porgea;

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    Vittorio Alfieri Ottavia Atto secondo

    compagno indivisibile, sollievoera allesiglio suo;... che dico esiglio?recesso ameno, la Campania mollenelle lor laide volutt gli asconde.Tra lerba e i fior, l di fresconda in riva,stassi ella udendo dalla imbelle destradolcemente arpeggiar soavi notealternate col canto: indi laltezzagi non tinvidia del primier suo grado.

    Nerone. Potria smentir di Messalina il sangue,chi dessa nasce? Or di; possibil foraprove adunar di ci?

    Tigellino. Di sue donzelleconscia pi duna; e il deporran, richieste.Detto io mai non lavrei, se Ottavia maiavuto avesse lamor tuo. Ma, stolto!che parlo? Ove ci fosse, ove mertatoella avesse il tuo cor, non che mai fartioltraggio tal, pensato avrialo pure?Ragion di stato, e mal tuo grado, in mogliecostei ti diede. Ella di te non degnaben si conobbe, e quindi il cor suo bassobassamente loc.

    Nerone. Ma oscuro fallo,temo, che il trarlo a obbrobriosa luce...

    Tigellino. Linfamia di chi l fece.

    Nerone. ver...

    Tigellino. Sua tacciaabbia ognun dunque: ella di rea; di giustotu, che senza tuo danno esserlo puoi.

    Nerone. Ben parli. In ci, senza indugiar, ti adopra.

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

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    Vittorio Alfieri Ottavia Atto secondo

    Scena 4

    Seneca. Signor, gi il pi nella regal tua sogliapone Ottavia: se infausta, o lieta nuovaio ti rechi, non so. Me non precorreinvido niun di tale onore: a tristoaugurio il tengo.

    Nerone. Or, Tigellino, vanne;miei comandi eseguisci: e tu, ricalcalorme tue stesse; Ottavia incontra, e dille,chio solo qui sola laspetto.

    Scena 5

    Nerone. reaOttavia assai; qual dubbio vha? sol duolmiche a convincerla primo io non pensai.E fia pur ver, chaltri ad apprender abbiamezzi a Neron per atterrar nemico? Ma presso il giorno, ove, a disfar chi abborro,non fia mestier che dal mio soglio un cenno.

    Scena 6

    Ottavia. Tra l fero orror di tenebrosa notte,cinta darmate guardie, trar mi veggoin questa reggia stessa, onde, ha due lune,sveller mi vidi a viva forza. Or, licechio la cagione al mio signor ne chiegga?

    Nerone. Ad alto fine in marital legamecebber congiunti i genitori nostrifin da pi teneri anni. Ognora posciadocil non tebbi al mio volere in opre,quanto in parole: assai gran tempo io l vollisoffrir; pi forse anco il soffria, se madredi regal prole numerosa e bella

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    Vittorio Alfieri Ottavia Atto secondo

    fossi tu stata almeno; ondio ne avessiristoro alcun di affanni tanti. Invanoio lo sperai; sterile pianta, il tronoper te deredi orbo restava; e toltomera, per te, di padre il dolce nome. Ti repudiai perci.

    Ottavia. Ben festi; ovaltra,troppo pi chio nol fui, felice sposafarti di cari e numerosi figlilieto potea, ben festi. Altra che tamiquantio, ben so, non la trovasti ancora,n troverai. Ma che? mi opposi io forseai voler tuoi? Nel rimirarti in bracciodaltra, ne piansi; e piango. Altro che pianto,e riverenza, e silenzio, e sospiri,forse da me sudia giammai?

    Nerone. Dolcezzahai su le labra molta; in cor non tanta.Traluce ai detti il fiel: tu mal nascondilira, che in sen contro Poppea nudrisci;e celasti assai meno altre superbetue ricordanze di non veri dritti.

    Ottavia. Deh! scordarti tu al par di me potessiquesti miei dritti, veraci pur troppo,poi chio ne traggo s veraci danni!...Dodio e furor lampeggiano i tuoi sguardi?Ah! ben veggio, (me misera!) che abborrime pi assai, che marito odiar non possasteril consorte. Oh me infelice donna!pi ognor ti offesi quantio pi ti amai.Ma, che ti chiesi? e che ti chieggo? oscurasolinga vita, e libert del pianto.

    Nerone. Ed io, pur certo che doscura vitati appagheresti meglio, a te prescrittalavea; ma poi...

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Vittorio Alfieri Ottavia Atto secondo

    Ottavia. Ma poi, pentito neri:e, chio non fossi abbastanza infelice,nascea rimorso in te. De tuoi novellilegami aver me testimon volevi:qui di tua sposa mi volevi ancella;favola al mondo, e di tua corte schernofarmi volevi. Eccomi dunque ai cennidel mio signor: che deggio fare? imponi. Ma in tua corte neppur misera appienofarmi tu puoi, se col mio mal ti appago.Or, di: sei lieto tu? placida calmaregna in tuo core? ad altra sposa al fianco,securo godi que tranquilli sonni,che togli altrui? Quella Poppea, che orbatadun fratello non hai, pi chio nol fea,ti fa beato?

    Nerone. In quanto pregio debbail cor tenersi del signor del mondo,mai nol sapesti; e il sa Poppea.

    Ottavia. Poppeaprezzar sa il trono, a cui non nacque: io seppiapprezzar te: n al paragon si attentimeco venirne ella in amarti. Ottieneella il tuo cor; ma il merto io sola.

    Nerone. Amarmi,no, tu non puoi.

    Ottavia. Chio nol dovrei, di meglio:ma dal tuo cor non giudicar del mio.So, che fuor me ne serra eternamenteil sangue, ondesca; e so, che in me tua immago,contaminata del sangue de miei,loco trovar mai non dovria: ma forzadi fato questa. Or, se il fratello, il padre,da te svenati io non rimembro, ardiscitu a delitto il fratello e il padre appormi?

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Vittorio Alfieri Ottavia Atto secondo

    Nerone. A delitto ti appongo Eucero vile...

    Ottavia. Eucero! a me?...

    Nerone. S; lamator, che merti.

    Ottavia. Ahi giusto ciel! tu lodi?...

    Nerone. Havvi chi tosarea tacciar dimpudico amor servile:or, per ci solo io ti ritraggo in Roma.O a smentirlo, o a riceverne la pena,a qual pi vuoi, ti appresta.

    Ottavia. Oh non pi intesascelleraggine orrenda! Ov liniquoaccusator?... Ma, oim! stolta, che chieggo? Nerone accusa, e giudica, ed uccide.

    Nerone. Or vedi amore! odi il velen, se tuttodal petto al fin non ti trabocca; or, chiole tue arcane laidezze in parte scopro.

    Ottavia. Misera me!... Che pi mi avanza? In bandodal talamo, dal trono, dalla reggia,dalla patria; non basta?... Oh cielo! interamia fama sola rimaneami; solami ristorava dogni tolto bene:s preziosa dote erami indarnoda colei, che in non cal tenne la sua,invidiata: ed or mi si vuol torre,pria della vita? Or via; Neron, che tardi?Pace, il sai, (se pur pace esser pu teco)aver non puoi, finchio respiro: i mezzidi trucidar debole donna inermemancar ti ponno? Entro i recessi cupidi questa reggia, atro funesto albergodi fraude e morte, a tuo piacer mi traggi;e mi vi fa svenare. Anzi, tu stessopuoi di tua man svenarmivi: mia morte,non che giovarti, necessaria omai.

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Vittorio Alfieri Ottavia Atto secondo

    Del sol morir dunque ti appaga. Ogni altrastrage de miei ti perdonai gi pria;me stessa or ti perdono; uccidi, regna,e uccidi ancor: tutte le vie del sanguetu sai; gi in colorar le tue vendetteRoma dotta: che temi? in me dei Claudimuore ogni avanzo; ogni memoria e amoreche aver ne possa la tua plebe. I Numison usi al fumo gi dei sanguinosiincensi tuoi; stan dogni strage appesii voti ai templi gi; trofei, trionfison le private uccisioni. Or dunquemorte a placarti basti: or macchia infameperch mi apporre, ovio morte sol chieggo?

    Nerone. In tua difesa intero a te concedoquesto nascente d. Se rea non sei,gioia ne avr. Non lodio mio, ma temiil tuo fallir, che di gran lunga il passa.

    Scena 7

    Ottavia. Misera me!... Crudo Neron, pasciutodi sangue ognor, di sangue ognor digiuno!

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Vittorio Alfieri Ottavia Atto terzo

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    Atto III

    Scena 1

    Ottavia. Vieni, o Seneca, vieni; almen chio piangacon te: niun con chi piangere mi resta.

    Seneca. Donna, e fia ver? mentita accusa infame...

    Ottavia. Tutto aspettava io da Neron, men questoultimo oltraggio; e sol questuno avanzaogni mia sofferenza.

    Seneca. Or, chi mai videinsania in un s obbrobriosa, e stolta?Tu vivo specchio dinnocenza e fede,tu pieghevole, tenera, modesta,e ancor che stata di Nerone al fianco,pure incorrotta sempre; e a te fia toltaor tua fama cos? non fia, no; spero.Io vivo ancora, io testimonio vivodi tua virt; spender mia voce estremain gridarti innocente udrammi Roma:chi fia s duro, che piet non nabbia?Deh! non mi dir (che mal pu dirsi) or quantasia lamarezza del tuo pianto: io tuttosento e divido il dolor tuo...

    Ottavia. Ma invanotu speri. Nulla avermi tolto estimaNeron, fin chei la fama a me non toglie.Tutto soggiace al voler suo: te stessotu perderesti, e indarno: ah! per te puretremar mi fai. Ma in salvo, ver, che postada lunga serie di virtudi omai la tua fama: il fosse al par la mia!...Ma, giovin, donna, infra corrotta cortecresciuta, oh cielo! esser tenuta io possorea di sozzo delitto. Altri non crede,n creder de, chio per Neron tuttoraamor conservi: eppur, per quanto in senoin mille guise egli il pugnal mimmerga,per me il vederlo daltra donna amante il rio dolor, che ogni dolor sorpassa.

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Vittorio Alfieri Ottavia Atto terzo

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    Seneca. Neron mi serba in vita ancora: ignotam la cagion; n so qual mio destinome dallorme ritrae di Burro, e daltripochi seguaci di virt, chei spense.Ma pur Neron, per lindugiarmi alquanto,tolto non mha dal suo libro di morte.Io, di mia mano stessa, avrei gi troncolo stame debil mio; sol men rattennespeme, (ahi fallace, e poco accorta speme!)di ricondurlo a dritta via. Ma, trarglidi mano almeno un innocente, a costodi questo avanzo di mia vita, io spero.Deh, fossi tu pur quella! o almen potessirisparmiarti linfamia! Oh come lietomorrei di ci!

    Ottavia. ... Nel rientrare in questesoglie, ho deposto ogni pensier di vitaNon chio morir non tema; in me tal forzadonde trarrei? La morte, vero, io temo:eppur la bramo; e sospiroso il guardoa te, maestro del morire, io volgo.

    Seneca. Deh!... pensa... Il cor mi squarci... Oim!...

    Ottavia. Sottrarmiil puoi tu solo; dalla infamia almeno...Linfamia! or vedi, onde a me vien: Poppeabassi amori mi appone.

    Seneca. Oh degna sposadi Neron fero!

    Ottavia. Ei di virt per certonon sinnamora: prepotenti modi,liberi, audaci, a lui son esca, e giogo;teneri, a lui recan fastidio. Oh cielo!io, per piacergli, e che non fea? Qual leggeio rispettava ogni suo cenno: io sacroil suo voler tenea. Di furto piansilucciso fratel mio: se da me laudenon ne ottenea Neron, biasmo non nebbe.

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Vittorio Alfieri Ottavia Atto terzo

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    Piansi, e tacqui; e non lordo di quel sanguecrederlo finsi: invan. Ognor spiacergli,era il destin mio crudo.

    Seneca. Amarti maipotea Neron, sempia e crudel non eri? Ma pur, ti acqueta alquanto. Ecco novellogi sorge il d. Tosto che udr la plebedel tuo ritorno, e rivederti, e provedarti vorr dellamor suo. Non pocospero in essa; feroci eran le gridaal tuo partire; e il susurrar non tacquenella tua breve assenza. Iniquo molto,ma tremante pi assai, Neron per ancotutto non osa; il popol sempre ei teme.Fero , superbo; eppur mal fermo in tronofinor vacilla: e forse un d...

    Ottavia. Qual odoalto fragore?...

    Seneca. Il popol, parmi...

    Ottavia. Oh cielo!alla reggia appressarsi...

    Seneca. Odo le gridadi mossa plebe.

    Ottavia. Oim! che fia?

    Seneca. Che temi?soli noi siam, che in questa orribil reggiapaventar non dobbiamo...

    Ottavia. Ognor pi cresceil tumulto. Ahi me misera! in periglioforse Neron... Ma chi veggio?

    Seneca. Nerone;eccolo, ei viene.

    Ottavia. Oh, di qual rabbia egli ardenei sanguinosi occhi feroci! Io tremo...

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Vittorio Alfieri Ottavia Atto terzo

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    Scena 2

    Nerone. Chi sei, chi sei, perfida tu, che interavaneggi Roma al tuo tornare; ed osigridar tuo nome? Or qui, che fai? che imprendicon questo iniquo traditore? entrambistate in mia possa. Invan la plebe stoltavederti chiede. Ah! se mostrarti io deggio,spero, qual merti, almen mostrarti; estinta.

    Ottavia. Di me, Neron, come pi il vuoi, disponi.Ma di ogni moto popolar, deh! crediche innocente son io. Nulla (tel giuro)chieggo, n spero, io dalla plebe: e dovenuocerti pur, mal grado mio, potessi,col mio supplizio il non mio error previeni.

    Nerone. Rea, qual ti sei, pria di punirti, io voglioche ogni uom te sappia.

    Seneca. Ed ingannar tu spericon s turpe menzogna il popol tutto?

    Nerone. Tu pur, tu pure, instigator codardodei tumulti, che sfuggi; ascoso capodi ribellanti moti; allira miatu pur vendetta un d sarai; ma poca.

    Scena 3

    Tigellino. Signor...

    Nerone. Che rechi, o Tigellin? favella.

    Tigellino. Vieppi feroce la tempesta ferve:rimedio sol, resta il tuo senno. Appenaode la plebe, che un sovran comandoOttavia in Roma ha ricondotto, a garachiede ogni uom di vederla. In te cangiatocredono, stolti, il tuo primier consiglio:

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Vittorio Alfieri Ottavia Atto terzo

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    e vha chi accerta, che di nuovo accoltanel tuo talamo lhai. Chi corre insanoal Campidoglio, e gioia sparge, e voti;altri di alloro trionfal coronaripon sopra le immagini neglettedi Ottavia: altri, ebro dallegrezza, ardisceatterrar quelle di Poppea: tantoltregiunge laudacia, che infra grida ed urlinel limo indegnamente strascinategiacciono infrante. Ogni pi infame schernodi lei si fa: colmo Neron di laudi:ma in bando almen voglion Poppea: n mancachi temerario anco sua morte grida.Inni festivi, e in un minacce udresti;poi preghi, indi minacce, e preghi ancora.Arde ogni cor; dellobbedire nulla.Tentan duci e soldati argine farsialla bollente rapidissimonda;invan; disgiunti, sbaragliati, o uccisi, un sol momento. Omai, che far? Che imponi?

    Nerone. Che far?... Si mostri or questa Ottavia al volgo;su via, si mostri; indi si sveni.

    Ottavia. Il pettoeccoti inerme: svenami, se il vuoi.Pur che a te giovi!... Alla infiammata plebemostrami spenta: ogni colpevol gioiarintuzzerai tosto cos. Sol chieggio,che unurna stessa il freddo cener miodi Britannico in un col cener serri.Base al tuo seggio alta e perenne il nostrosepolcro avrai. Perch pi indugi? or questomio capo prendi; al tuo furore il debbo.

    Seneca. Se perder vuoi seggio ad un tempo e vita,Neron, sicuro il mezzo; Ottavia uccidi.

    Nerone. Vendetta avronne ad ogni costo.

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Vittorio Alfieri Ottavia Atto terzo

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    Ottavia. Ah! millemorti voglio, non chuna, anzi che dannolieve arrecare al signor mio.

    Tigellino. Ma il tempopi stringe ognora. Odi tu gli urli atroci?Impeto tal non vidi io mai; di tantomeno affrontabil, chi di gioia figlio.Sceglier partito forza.

    Ottavia. E dubbio fia?Nerone, a tor per ora ogni tumulto,ei t mestier luccidermi, o lamarmi:luno, n mai pur finger tu il potevi;laltro brami, gran tempo: osa tu dunque;svenami; ardisci: o se da ci listantefausto or non , temporeggiar momentiben puoi. La plebe credula, e ognor vintapur che deluso sia limpeto primo,per te singanni: lieve assai; sol basta,chio mappresenti in placida sembianza,come se in tuo favor tornata io fossi;sol, chio mi finga tua. Cos la calcafia spersa tosto; ogni rumor fia queto;tempo cos di sguainar tua spada,e di segnar tue vittime tacquisti.

    Nerone. A Roma, io s, te mostrer: ma priachiarir voglio, se in Roma il signor veroson io. Tu corri, Tigellino, al campo;tacitamente i pretoriani aduna;terribil quindi esci improvviso in armisovra gli audaci; e i passi tuoi sien mortedi quanto incontri.

    Tigellino. Io lardir; ma incertone fia levento assai. Feroce lattoparr, col ferro il rintuzzar la gioia.E se in furor si volge? breve il passo.

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Vittorio Alfieri Ottavia Atto terzo

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    Mal si resiste a una citt: supponichio co miei forti cada; in tua difesachi resta allora?

    Nerone. ver... Ma, il ceder pureparrebbe...

    Tigellino. Or credi a me: periglio gravenon far di lieve: il sol tuo aspetto forsepu dissiparli appieno.

    Nerone. ... Io di costeirimango a guardia. In nome mio tu vanne,mostrati lor: ben sai che sia la plebe;seco indugiar fia il peggio. A piacer tuo,fingi, accorda, prometti, inganna, uccidi:oro, terror, ferro, parole adopra;pur che sien vinti. Va, vola, ritorna.

    Scena 4

    Nerone. Seneca, e tu, guai se duscir ti attentidella reggia:... ma statti da me lungi,chio non ti vegga. Iniqui voti intantofare a tua posta puoi; spera, desia;gi gi si appressa anco il tuo d.

    Seneca. Lo aspetto.

    Scena 5

    Nerone. E tu, fia questo il tuo trionfo estremo,godine pur; che breve...

    Ottavia. Il d, ma tardo,anco verr, che Ottavia a te fia nota.

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Vittorio Alfieri Ottavia Atto terzo

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    Scena 6

    Poppea. Dimmi, o Nerone: al fianco tuo mhai postasul trono tu, perchio bersaglio fossialla insolenza del tuo popol vile?Ma che veggio? mentrio son presa a scherno,tacito, e dubbio, e inulto, stai tu appressoalla cagion dogni tuo danno? In verosignor del mondo egli Nerone! il volgopur la sua donna a lui prefigge.

    Ottavia. Hai solatu di Nerone il core: omai, che temi?Io prigioniera vile, io son lostaggiodella ondeggiante f daudace plebe.Ti allegra tu: queta ogni cosa appena,le tue superbe lagrime rasciuttetosto saranno con tutto il mio sangue.

    Nerone. Tosto in luce verran gli obbrobri tuoi;Roma vedr qual sozzo idol sha fatto.Gli avuti oltraggi, a te, Poppea, verrannoascritti a onor; a infamia sua gli onori.

    Ottavia. E se pur vha chi me convincer possadinfamia a schiette prove, io gi tho scelta,in mio pensier, Poppea; giudice solate voglio. Il variar del cor gli affetti,tu sai qual sia delitto, e qual mercedea chi n rea si debba. Ma innocenteio son, pur troppo, anco ai vostrocchi. Or via,tu, che s altera in tua virt ti stai;tu, n pur osi or sostener miei sguardi.

    Nerone. Che ardisci tu? Del tuo signor rispettala sposa; trema...

    Poppea. Eh lascia. Ella ben sceglieil suo giudice in me: qual mai ne avrebbebenigno pi? Qual potrei dare io pena

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Vittorio Alfieri Ottavia Atto terzo

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    a chi lamor del mio Neron tradisce,quale altra mai, che il perderlo per sempre?e pena a te, qual fia pi lieve? il viletuo amor, che ascondi invano, appien ti foraper me concesso il pubblicarlo: degnadEucero amante, degnamente io fartidEucero voglio sposa.

    Ottavia. Eucero veloa iniquit pi vil di lui. Ma tecoio non contendo: a ci non nacqui: arditanon son io tanto...

    Nerone. A chi se omai tu pari?Te fa minor dogni pi vile ancellatua turpe fiamma: appien dal prisco grado,dalla tua stirpe appien scaduta sei.

    Ottavia. Tu meno assai mi abborriresti, sioscaduta fossi or dogni cosa; o sancotu il pur credessi. Ma, se il vuoi, ti dono,tranne sol linnocenza, ogni mia cosa. Crudel Neron, qual che tu sii, n possocessar damarti, n arrossirne: immensaben m vergogna in ver, rival nomarmidi Poppea: ma nol son; mai non ti amavacostei: tuo grado, il trono, e quanto intornoti sta, ci tutto, e non Nerone ellama.

    Nerone. Perfida, or ora...

    Ottavia. E tu, quandio timpresiad amar, tale, ah! tu non eri: al benenato eri forse: indole tal ne primianni tuoi, no, mai non mostrasti. Or, eccochi cangia in te lanimo, e il cor; costeiti affascin la mente; ella primiera,ella ti apprese a saporare il sangue:leccidio ell di Roma. Io taccio i dannimiei, che i minori fieno: ma sanguignocorre il Tebro per te; fratello, e madre...

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Vittorio Alfieri Ottavia Atto terzo

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    Nerone. Cessa, taci, ritratti, o chio...

    Poppea. Lo sdegnomerta costei del signor mio? Gli oltraggison le usate de rei discolpe vane.Se offendermi ella, o se prestarle fedepotessi tu, solo un de motti suoipunto mavria. Che disse? chio non tamo?Tu sai...

    Ottavia. Tu il sai pi chegli: ei lo sapria,se il trono un d perdesse: appien qual seiconosceriati allora. Ahi! perch il trono,sola cagion per cui Neron mi abborre,era mia culla? ah! che non nacqui io puredi oscuro sangue! a te spiacevol meno,meno odiosa, e men sospetta io tera.

    Nerone. Meno odiosa a me? tu sempre il fosti;e il sei vieppi: ma, omai per poco.

    Poppea. E sioavi non vanto imperiali, natadi sangue vil son io perci? Ma, sancoil fossi pur, non figlia esser mi bastadi Messalina.

    Ottavia. Avean miei padri regno;noti ad ogni uomo i loro error son quindi:ma, degli oscuri o ignoti tuoi chi seppecosa giammai? Pur, se librar te mecoalcun si ardisse, a Ottavia appor potriagli scambiati mariti? avanzo forseson io dun Rufo, o dun Ottone?

    Nerone. Avanzodi morte sei, per breve tempo. Omaidel tuo perire, incerto solo il modo;ma nol cangi, che in peggio. Esci; e frattantotabbian tue stanze: va; chio pi non toda.

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Vittorio Alfieri Ottavia Atto terzo

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    Scena 7

    Nerone. Poppea, te meglio, e il tuo Neron conosci.Roma dovessi a fuoco e a sangue io porre,meco il mio impero seppellir dovessi,non ti fia fatto oltraggio pi (tel giuro)per cagion di costei; n a me di manoella fia tratta mai. Ti acqueta; in calmaritorna; in me ti affida...

    Poppea. Altro non temo,che di morir non tua...

    Nerone. Deh! cessa. Insortorapidamente il rio tumulto, e rattodisperderassi: allopra anchio mi accingo. Secura sta: dogni tua ingiuria e dannovendicator me rivedrai, fra breve.

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Vittorio Alfieri Ottavia Atto quarto

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    Atto IV

    Scena 1

    Poppea. Da me che vuoi?

    Seneca. Scusa, importuno io vengo:ma forse, io vengo in tuo vantaggio...

    Poppea. Or, dondetal cura in te dellutil mio? Mi fostiamico mai, n il sei? Cagion qual altra,che di volermi nuocere?..,

    Seneca. Giovartimai non vorrei, per certo, ove non fossemisto per or di Ottavia il minor dannoallutil tuo. Piet della innocenteillustre donna, amor del giusto, e lungotedio dingrata vergognosa vita,parlar mi fanno: ad ascoltar ti muovatuo interesse, e nullaltro.

    Poppea. Udiam: che dirmipuoi tu?

    Seneca. Che molto increscerai tu tostoa Neron, sei pur vede il popol fermotenacemente in odiarti. Il veroti dico in ci: sai chio Neron conosco,Roma, i tempi, e Poppea.

    Poppea. Tutto conosci,fuorch te stesso.

    Seneca. Al mio morir vedrassi,sio me pure conobbi. Odimi intanto,odimi, prego. A tua rovina or corricol bramar troppo tu dOttavia i danni.Roma te sola e del ripudio incolpa,e dellesiglio suo: se infamia, o penamaggior le tocca, ascritta a te fia sempre.Quindi lodio di te, gi grave, in milledoppi or si accresce, e il susurrare. Ancora

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Vittorio Alfieri Ottavia Atto quarto

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    spersa non lammutinata plebe:ma pur, poniam che il sia: non riede il giorno,chella temer vie pi si fa? Poppea,trema per te; che il tuo Nerone taleda immolar tutto, per salvar se stesso.Esca forse ad amore ostacol lieve;ma invincibile ostacolo, ben prestolo spegne in cor che non sublime sia.Or, non farti lusinga: assai pi in conto(e di gran lunga) tien Nerone il trono,chei non ti tiene. E guai, se a tale elettalo sforza Roma.

    Poppea. Ed io Neron pi assaitengo in conto, che il trono. Ovio credessiporlo per me in periglio... Ma, che narri?assoluto signor non di RomaNerone? e fia chei curi un popol vile,pien di temenza, che a Tiberio, a Caiomuto obbedia?...

    Seneca. Temerlo assai tu dei,se non fai che Neron per s ne tremi.Osa pur, osa; il freno sol che avanza,togli a Neron; ne proverai tu primai tristi effetti. Inutil tutto il sangue,che alle fatali nozze tue fu sparso,se aggiunger vosi oggi dOttavia il sangue.Mira Agrippina: ella il feroce figlioamava s, ma il conoscea; n il vollemai dallangoscia del rival fratelloliberar, mai. Sua feritade accortaprevalse poscia; e il rio velen piombavaallinfelice giovinetto in seno.Vana fu larte della madre; e il fiotosto ella stessa ne pagava. Alloradi sangue in sangue errar vieppi feroceNeron vedemmo. Ottavia or sola resta,

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Vittorio Alfieri Ottavia Atto quarto

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    freno a tal mostro; Ottavia, idol di Roma,e di Neron terrore. Ottavia togli;fa, chei di te sia possessor tranquillo;sazio tosto il vedrai. Cara ei ti tiene,perch a lui tante uccision costasti;ma, se un periglio, anco leggier, gli costi,spento lamore. Allor mercede aspetta,quella, onde avaro mai Neron non fia;a chi pi lama pi crudel la morte.

    Poppea. Ecco Neron; prosiegui.

    Seneca. Altro non bramo.

    Scena 2

    Nerone. Perfido; ed osi al mio divieto?...

    Poppea. Ah! vieni;vieni, ed udrai...

    Nerone. Che udir? fra poco ancheglila ragion stessa, che alla plebe appresto,udr da me. Ma, oh rabbia! ancor non cessail popolar tumulto: i preghi chiusatrovan la via: verr tra breve il ferro,e sgombrerassi ampio sentiero. Acquetalalma, o Poppea: domani al ciel risortetue immagini vedrai: nel fango stesso,ma datro sangue intriso, strascinatevedrai le altrui.

    Poppea. Che che ne avvenga, Romasappia or da te, chio non ti ho chiesto sanguead espiare il ricevuto oltraggio;bench a soffrir grave mi fosse. Ardiscepur crude mire la ria plebe appormi:e costui pure, il precettor tuo, mosaci appor, benchei nol creda. Io te, mio primoNume, ne attesto: il sai, saltro ti chiesi,

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Vittorio Alfieri Ottavia Atto quarto

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    che lesiglio dOttavia. Erami durovedermi innanzi ognor colei, che sebbe,non lo mertando, il mio Neron primiera:ma, del suo esiglio paga, a suoi delittistimai che pena ella ben ampia avesse,nel perder te: pena, qual io...

    Nerone. Deh! lasciaparlar Seneca, e il volgo. A Roma or orachiaro far, qual sia questidol suo.

    Seneca. Bada, Neron; pi che ingannar, t lieveRoma atterrir: luno assai volte festi;laltro non mai.

    Nerone. Ma, di te pur mi valsiad ingannarla io spesso; e a ci pur eriarrendevole tu...

    Seneca. Colpevol spessoanchio: ma in corte di Nerone io stava.

    Nerone. Vil servo...

    Seneca. Il fui, finchio mi tacqui; or sorgeil d, chio sciolgo a non pi intesi dettilibera lingua. Al mio fallire ammendafian lieve i detti, ver; ma in fama forsetornar potrammi alto morire.

    Nerone. In famaio ti porr, qual merti...

    Seneca. Infin che gridadi plebe ascolto, che il furor tuo crudocol tuo timor rattemprano, t forzasoffrirmi ancora: e lirritarti intantogiova a me molto; e il farti udir s il vero,che al ritornar del tuo coraggio io cadavittima prima: e, se me pria non sveni,Ottavia mai svenar non puoi, tel giuro.Io trar di nuovo, e a pi furore, io posso

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Vittorio Alfieri Ottavia Atto quarto

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    la gi commossa plebe; appien svelarleio posso i nostri empi maneggi: io, trarti,pi che nol credi, ad ultimo periglio. Io di Neron fui consigliero; e mebbivestito il core dellacciar suo stesso.Io, vil, credei per compiacerti, o finsicreder, (pur troppo!) del perduto tronoreo Britannico pria; quindi Agrippinadavertel dato; e Plauto e Silla reidesserne degni reputati; e reodi pi volte serbato avertel, Burro:ma, reo stimai me pi di tutti, e stimo;e apertamente, a ogni uom che udire il voglia,in vita, e in morte, io l grider. Tua rabbia,sbramala in me; securo il puoi: ma trema,se Ottavia uccidi: io te lannunzio; tuttosovra il tuo capo torner il suo sangue.Dissi; e il dir mimportava. A me in rispostamanderai poscia, a tuo grandagio, morte.

    Scena 3

    Poppea. Signor, deh! frena il furor tuo...

    Nerone. Tai dettiscontar farotti in breve. Oh rabbia!... Oh ardire!Finch non giungon larmi, io son qui dunqueminor dogni uomo? Or da ogni parte ho strettadi diversi rispetti: ad uno ad uno,costor che a un tratto io svenerei, m forza,con lunghi indugi, ad uno ad un svenarli.

    Poppea. Oh quai punture al cor mi sento! oh quantomeco mi adiro! Io son la ria cagionedogni tuo affanno, io sola.

    Nerone. A me pi carasei, quanto pi mi costi.

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Vittorio Alfieri Ottavia Atto quarto

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    Poppea. tempo al fine,tempo , Neron, chalto rimedio in oprada me si ponga, poich sola io l tengo.Queta mai non sperar laudace plebe,finchio son teco. Ah generosa prole,qual darle io pur di Cesari son presta,Roma or la sdegna. Alla prosapia infamedi egizio schiavo un d pervenga, meglio,la imperial possanza. Animo forte,qual non mavr forsio, sveller pu soloor da radice il male. Ancor chio prestivelo, e non altro, al popolar tumultoche altronde vien, pure in mio core ho fermo,...ahi, s, pur troppo!... e il deggio, e il voglio...

    Nerone. Ah! cessa.Tempo acquistar mera mestier col tempo;e gi ne ottenni alquanto. Omai, che temi?trionferemo, accertati...

    Poppea. Deh! soffri,che, sio pure a tuoi piedi ora non spiro,...lultimo addio ti doni...

    Nerone. Oh! che favelli?deh! sorgi. Io mai lasciarti?...

    Poppea. A te che giovameco infingerti? Appien forsio non veggo,signor, che tu, sol per calmar miei spirti,or di celarmi il tuo timor ti sforzi?Non leggo io tutti i tuoi pi interni affettinel volto amato? occhio di donne amante,sagace vede. Attonito, da prima,dalle insolenti popolari gridafosti, al tornar di Ottavia; or, crescer odilardire; onde atterrito...

    Nerone. Atterrito io?...

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Vittorio Alfieri Ottavia Atto quarto

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    Poppea. So, che il forte tuo core ognor persistenella vendetta: ma, son dubbi i mezzi:e intanto esposto a replicati oltraggirimani tu. Le irriverenti foleper anco udir di un Seneca t forza:ben vedi...

    Nerone. Atterrito io?

    Poppea. S; per me il sei: n in te potrebbe altro timor; tu tremi,che il popolar furore in me non cada. Amar potresti, e non tremare? Il tuostato mi lieve argomentar dal mio.Del tuo periglio, e di tua immago io piena,e di me stessa immemore, ad un lampodi passeggiera pace, or non mi acqueto.Ai terror nostri io vo dar fine, e trarrete dogni rischio, a costo mio. Per sempreperder ti vo, per conservarti il coredel popol tuo.

    Nerone. Ma che? mi credi?...

    Poppea. Ah! lascia:farti in tuo pro forza voglio: son fermadi abbandonare il trono tuo; sbandirmidi Roma; e, suopo fia, dal vasto impero.Quella che il volgo in seggio or vuole, in seggiodonna rimanga, poich il volgo fattolarbitro del tuo core: abbiasi il trono,(ma questo il men) del mio Nerone ellabbia,e il talamo, e lamore... Ahi me infelice!..cos tu pace, e sicurezza avrai. Sollievo a me, sio pur merto sollievo,e sio posso non tua restare in vita,bastante a me sollievo fia, laverti,col mio partir, tolto ogni danno...

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Vittorio Alfieri Ottavia Atto quarto

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    Nerone. Ai preghidel tuo consorte arrenditi; o i comandidel tuo signor rispetta. A me non puoi,neppur tu stessa, toglierti; n il puoteumana forza, se il mio impero prianon m tolto, e la vita. Allira immensachentro il petto mi bolle, alla vendettachesser de tanta, (anchio lo veggio) i mezzison lenti; e il paion pi: ma il venir tardanocque a vendetta mai?

    Poppea. Credi, a salvarti,o a pi tempo acquistar, giovar pu soloil mio partir: vuoi che sforzata io parta,mentre il posso buon grado? Il popol sodeci minacciare; e la minor fia questadi sue minacce: a Ottavia altro maritosceglier pretende, e che con essa ei regni.Sta il trono in lei; tu il vedi. Or, chio ti lasciscambiar Poppea pel trono? Ah! Neron, prendilultimo addio...

    Nerone. Non pi: troppo mirrta...

    Poppea. E sanco il d pur giunge, ove tu palmaabbi dOttavia, e della plebe a un tempo,odio pur sempre ne trarrai, non poco.E allor; chi sa? ne incolperesti forsela misera Poppea. Quel chor mi portiverace amor, chi sa se in odio alloranol volgeresti, ripentito? Oh cielo!...a un tal pensier di tema agghiaccio. Ah lungiio da te morr pria;... ma intero almenocos il tuo amor ne porto io meco in tomba...

    Nerone. Basta omai, basta; in me gi lira troppa...dabbandonarmi ogni pensier deponi.E Roma, e il mondo, e il ciel nol voglian, miasarai tu sempre: a te Neron lo giura.

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Vittorio Alfieri Ottavia Atto quarto

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    Scena 4

    Tigellino. Viva Neron.

    Nerone. Gli hai tu dispersi? spenti?Signor son io di Roma? E che? tu tornisenza sangue sul brando?

    Tigellino. Ancor di sanguetempo non : ma ben si appressa, io spero.Pur, grandarte esser vuole: io fei pi gridasparger fra l volgo: or, che ti appresti forsea ripigliare Ottavia; ovella possadalcune taccie di maligne linguepurgar sua fama: or, che gli oltraggi insanifatti a Poppea, destato a nobil iraaveano il cor dOttavia stessa; e chelladi pace in Roma apportatrice riede,non di scompiglio...

    Poppea. E crede il popol stolto,chio la di lei piet?

    Nerone. Sempre arte, sempre?non ferro mai?...

    Tigellino. La men probabil cosa,vera talvolta al popol pare. O stancofosse, o convinto, a queste varie voci,ei rattempr di sua ribelle gioiail gran bollore in parte. Il d frattanto,si muore; e fian segnal funesto lombredi ragioni ben altre. Gi gi tacitii pretoriani schieransi; proscrittegi son pi teste. Il nuovo sol vedrassisorger nel sangue; e nel silenzio, quindi.Ma, se pur spento ogni tumulto affattodoman tu vuoi; se a breve gaudio falso,lungo terribil lagrimar veracevuoi che sottentri; ad evidenza piena

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Vittorio Alfieri Ottavia Atto quarto

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    or t mestiero trar le accuse gravigi intentate ad Ottavia: in altra guisamai non verresti del tuo intento a fine.Tutti uccider non puoi...

    Nerone. Men duol.

    Tigellino. Ma tutticonvincer puoi. Lultima strage questa,ove adoprar larte omai debbi.

    Nerone. Vanne,poich pur forza; e le intentate accusecaldamente prosiegui. Andiam, Poppea;vendetta avrem di questiniqua. Intantoil d verr, che a compier mie vendette,pi mestier non mi fia laltrui soccorso.

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

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    Vittorio Alfieri Ottavia Atto quinto

    Atto V

    Scena 1

    Ottavia. Ecco, gi il popol tace: ogni tumultocess; rinasce il silenzio di morte,col salir delle tenebre. Qui deggioaspettar la mia sorte; il signor miocos limpone. Or, mentre sola io piango,che fa Nerone? In rei bagordi egli aprela notte gi. Securo stassi ei dunque?s tosto? appieno?... E in securt pur viva!Ma, a temer pronto, e a distemer del pari,nulla ei pi crede ad un lontan periglio:di un tanto error, deh, non glien torni il danno! Fra disoneste ebrezze, e sozzi giuochidi scurril mensa, or (qual vha dubbio?) orrendamorte ei mi appresta. Il fratel mio gi vidicader fra le notturne tazze spento;scritto in note di sangue a mensa ancheradAgrippina leccidio: ognor la primavivanda questa, che a sue liete ceneimbandisce Neron; le palpitantimembra de suoi. Ma, il tempo scorre; e niunovenire io veggio,... e nulla so... Del tuttoSeneca anchegli or mi abbandona?... Ah, forsepi non respira... Oh cielo!... ei sol pietosoera per me... Neron gi forse in luiil furor suo... Ma, oh gioia! Eccolo, ei viene.

    Scena 2

    Ottavia. Seneca, oh gioia! ancor sei dunque in vita?Vieni, o mio pi che padre... E che? nel voltomen tristo sembri: oh! che mi arrechi?

    Seneca. Intatta,godi, pur sempre la innocenza tua.Le tue tante virt dalcun lor raggioinfiammato a virtude hanno i pi bassi

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

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    Vittorio Alfieri Ottavia Atto quinto

    servili cori. Infra martri atroci,fra strazi orrendi, le tue ancelle a un grido,tutte negaro il tuo supposto fallo.Marzia fra loro era da udirsi: in fermoviril libero aspetto (e da far ontaa noi schiavi tremanti) in Neron fittiglimperterriti sguardi, ora a vicendaTigellino, or Nerone, ad alta vocementitor empi iva nomando: e pienadi generosa rabbia, inni solennidi tua santa onest cantando, saldaella ai tormenti, da forte spirava.

    Ottavia. Misera! ahi degna di miglior destino!...Ma ci, che vale? A ricomprar mio sangue,havvi sangue che basti?

    Seneca. Or, pi che pria,scabro a Neron fassi il versarlo. Hai trattolustro ed onor donde sper liniquoche infamia trar tu ne dovresti, e morte.Eucero stesso, benedire ei sodeil suo morire. Or giuramenti orrendi,per cui sua testa agli infernali Numiconsacra; or spande liberi, e ferocidetti, che attestan tua virtude; or giurapi a grado aver e funi, e punte, e scuri,che loro offerto di calunnia in prezzo.Di Tigellino ei le promesse infamichiare ad ogni uomo fa; lo ascoltan pienidinusitato orror gli stessi ferisuoi carnefici, e quasi le lor manitrattengon, mal lor grado. In fretta io vengoil grato avviso a dartene.

    Ottavia. Deh! mira,chi viene a me: miralo, e spera.

    Seneca. Oh cielo!

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

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    Vittorio Alfieri Ottavia Atto quinto

    Scena 3

    Tigellino. Il tuo signor ver te minvia.

    Ottavia. Deh! rechitu almen mia morte? Or che innocente io sono,grata sarammi.

    Tigellino. Il tuo signor per ancotal non ti crede; e, ad innocente farti,non bastava il munir di velen priaEucero, e tutte le tue conscie ancelle,s, che ai martr non resistesser: gli haitolti ai tormenti, ma a te stessa il mezzodi scolparti toglievi...

    Ottavia. Or, qual novellamenzogna?...

    Tigellino. Omai vieta Neron, che fallonon ben provato a te si apponga. Or altra,ben altra accusa or ti saspetta; e il reo,non fra martr, ma libero, e non chiesto,viene a merc.

    Ottavia. Qual reo? Parla.

    Tigellino. Aniceto.

    Seneca. DAgrippina il carnefice!

    Ottavia. Che sento?

    Tigellino. Quei, che Neron dalto periglio trasse:fido era allora al suo signor; tu, donna,traditor poscia il festi. Ei ripentito,vola or sullorme tue; primo ei saccusa;e tutto svela: ma non men sua penane avr perci.

    Ottavia. Quale impostura!...

    Tigellino. Ei forselarmata, ond duce in Miseno, a un cennotuo ribellar non prometteati? E dirtideggio, a qual patto?

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

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    Vittorio Alfieri Ottavia Atto quinto

    Ottavia. Ahi! lassa me! Che ascolto?oh scellerata gente! oh tempi!...

    Tigellino. Imponea te Nerone, o di scolparti a un tempodei sozzi amori, e de sommossi duci,e degli audaci motti, e delle tantetese a Poppea, ma invano, insidie vili,e del tumulto popolare; o vuole,che rea ti accusi: a ci ti dona interoquesto venturo d.

    Ottavia. ...Troppo ei mi dona. Vanne, a lui torna: e pregalo, chei vengaqui con Poppea. Narrar vo solo ad essii miei tanti delitti: altro non chieggo:tanto impetrami; va. Dellonta mialieta a gior venga Poppea; laspetto.

    Scena 4

    Seneca. E che vuoi far?

    Ottavia. Morir; sugli occhi loro.

    Seneca. Che parli?... Oim! tel vieter, se il brami...

    Ottavia. E un s gran dono da Neron voglio? Ad altri il chieggo; e spero...

    Seneca. Erami notoNerone assai; ma pur, nol niego, or sonodatro stupor compreso. Ognor pi ferochaltri nol pensa, egli .

    Ottavia. Seneca, ad altaimpresa, io te nel mio pensiero ho scelto.Shai per me stima, amor, pietade in petto,oggi men puoi dar prova. A me gi fostimastro di onesta, e dincorrotta vita;di necessaria morte esser mi deior tu ministro.

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

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    Vittorio Alfieri Ottavia Atto quinto

    Seneca. Oh ciel!... Che ascolto?... Mortedimpeto insano esser de figlia?

    Ottavia. A viletanto mi hai tu, che dimmutabil voglianon mi estimi capace? Or, non forsemorte il minor dei minacciati danni?chaltro mi resta? di. Tu taci?

    Seneca. ...Oh giorno!

    Ottavia. Su via, rispondi: altro che far mi avanza?

    Seneca. ...Mi squarci il cor... Ma, possio mai s crudoesser da ci?...

    Ottavia. Saviezza in te fallaceor tanto fia? Puoi dunque esser s crudoda rimirarmi straziata in predadella rival feroce, a cui mia vitapoco par, se mia fama in un non toglie?Lasciarmi esposta alle mal compre accusedogni ribaldo hai core? alla efferatadel rio Nerone insaziabil ira?

    Seneca. ...Oh giorno infausto! Or perch vissi io tanto?

    Ottavia. Ma, e che tarresta?... e che paventi?... Ancoraforse hai speme?

    Seneca. Chi sa?...

    Ottavia. Tu, men chogni altri,speri: Neron troppo conosci: hai fermotu per te stesso (e certo a me nol nieghi)sfuggir da lui con volontaria morte:tu, fermo in ci, da men mi credi; e mami?Tremendo ei m, fin che dellalma albergoqueste misere mie carni esser veggio.Oh qual pu farne orrido strazio! e sioalle minacce, ai tormenti cedessi?se per timor mi uscisse mai del labrodi non commesso, n pensato fallo,

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

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    Vittorio Alfieri Ottavia Atto quinto

    confession mendace?... Da lunghi anniuso a mirar dappresso assai la morte,tu stai securo: io non cos; detadetenera ancor, di cor mal fermo forse;di delicate membra; a virt veranon mai nudrita; e incontro a morte crudaed immatura, io debilmente armata:per te, se il vuoi, fuggir possio di vita;ma, di aspettar la morte io non ho forza.

    Seneca. Misero me! co miei cadenti giornisalvar sperava i tuoi. Dovea la plebeudir da me le ascose, inique, orrendearti del rio Neron;... ma invano io vissi:tace la plebe; ed altro omai non odeche il timor suo. Di questa orribil reggiami vietato luscire... Oh ciel! chi valecontro empio sir, sempio non ?

    Ottavia. Tu piangi?...Me dallinfamia, e dai martr, deh! salva:da morte, il vedi, ogni sperarlo vano.Salvami, deh! pietade il vuole...

    Seneca. E quando..io pur volessi,... in s brevora,... or... come?...Meco un ferro non ho; giunge a momentiNerone...

    Ottavia. Hai teco il velen sempre: usbergosolo dei giusti in queste infami soglie.

    Seneca. Io,... con me?...

    Ottavia. S; tu stesso, altra fiata,tu mel dicesti. I pi segreti affettidel travagliato animo tuo, qual padretenero a figlia, a me svelavi allora.Rimembra, deh! chio teco ancor ne piansi. Ma, il nieghi? Io gi maggior di me son fatta.Necessit fa prodi anco i men forti.

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

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    Vittorio Alfieri Ottavia Atto quinto

    Giunge or ora Nerone; al fianco ei semprecinge un acciaro: io mi vavvento, e il traggo,e men trafiggo... La mia destra forsemal servirammi: io ne far pur latto.Di aver tentato di trafigger lui,mi accuser Nerone: e ad inauditamorte dannar tu mi vedrai...

    Seneca. Deh! donna,quai strali di pietade a me saetti?...Per me il vorrei... Ma,... tingannasti; io meconon ho veleno...

    Ottavia. ...E ognor non rechi in ditoun fido anello? eccolo; il voglio...

    Seneca. Ah! lascia...

    Ottavia. Invano... Io l tengo. Io ne so luso: ei morteratta, e dolce rinserra...

    Seneca. Il ciel ne attesto...deh! ten prego,... mel rendi... Or, saltra via...

    Ottavia. Altra non resta. Eccolo schiuso... Io tuttagi sorbita ho collalito la polvemortifera...

    Seneca. Me misero!...

    Ottavia. Gli Deitabbian merc del prezioso dono,opportuno a me tanto... Ecco... Nerone.A liberarmi... deh!... morte... ti... affretta.

    Scena 5

    Nerone. Cagion funesta dogni affanno mio,dalle mie mani al fin chi ti sottragge?chi per te grida omai? Dov la plebe? Ben scegliesti: partito altro non hai,che svelarti qual sei: far chiaro appieno

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

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    Vittorio Alfieri Ottavia Atto quinto

    a Roma, e al mondo ogni delitto tuo;me discolpar presso al mio popol, dartiqual t dovuta, con infamia, morte.

    Seneca. Pi non mi pento, e fu opportuno il punto.

    Ottavia. Nerone, appien gi sei scolpato; godi.Gi desser stata tua, daverti amato,data men son debita pena io stessa.

    Nerone. Pena? Che festi?

    Ottavia. Entro mie vene serpegi un fero tosco...

    Nerone. E donde?...

    Poppea. Or mio davvero,Nerone, tu sei.

    Nerone. Donde il velen?... Tu menti.

    Tigellino. Creder nol dei; severa guardia...

    Seneca. E puossideluder guardia; e il fu la tua. Gli Deiscampo ai giusti non niegano.

    Ottavia. Mi uccideil tosco in breve; e tu il vedrai: pietosoecco chi l diede; anzi, a dir ver, gliel tolsi.Caro ei lavr, se nel punisci; io quindinol celo. Mira; in questa gemma stavala mia salvezza. Di tua fede in pegno,il d delle mortali nozze nostre,tal gemma tu darmi dovevi...

    Nerone. Il veggio,lultima questa, e la pi orribil tramaper far che Roma mi abborrisca. Iniquo,tu lordisti; ma or ora...

    Poppea. Alla tua penati sottraesti, Ottavia; invan sottrartisperi allinfamia.

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

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    Vittorio Alfieri Ottavia Atto quinto

    Ottavia. A te rispondo io forse? Tu, Nerone, i miei detti ultimi ascolta.Credimi, or giungo al fatal punto, in cuicessa il timor, n il simular pi giova,ovio pur mai fatto lavessi.. Io moro:e non mi uccide Seneca:... tu solo,tu mi uccidi, o Neron: bench non datoda te, il velen che mi consuma, tuo.Ma il veleno a delitto io non tascrivo.Ci far tu pria dovevi; da quel punto,in cui tincrebbi: eri men crudo assainelluccidermi allor, che in darti a donna,che amarti mai, volendo, nol sapria.Ma, ti perdono io tutto; a me perdona,(sol mio delitto) se il piacer ti tolgo,collaffrettare il mio morir pochore,duna intera vendetta. Io ben poteatutto, o Neron, tranne il mio onor, donarti;per te soffrir, tranne linfamia, tutto...Niun danno a te fia per tornarne, io spero,...dal... mio... morire. Il trono tuo: tu il godi:abbiti pace... Intorno al sanguinosotuo letto... io giuro... di non mai... venirneombra dolente... a disturbar... tuoi... sonni...Conoscerai frattanto un d costei.

    Nerone. Pi la conosco, pi lamo; e pi sempredi amarla io giuro.

    Seneca. In cor lultimo stilequesti detti le piantano: ella spira...

    Poppea. Vieni; lasciam questa funesta stanza.

    Nerone. Andiamo: e sappia or Roma tutta, e il campo,chio costei non uccisi: e in un pur sodail delitto di Seneca, e la morte.

    Scena 6

    Seneca. Te preverr. Ma laltre et sapranno,scevre di tema e di lusinga, il vero.

    OttaviaEdizioniSommarioPersonaggi Atto I Scena 1 Scena 2 Scena 3

    Atto II Scena 1 Scena 2 Scena 3 Scena 4 Scena 5 Scena 6 Scena 7

    Atto III Scena 1 Scena 2 Scena 3 Scena 4 Scena 5 Scena 6 Scena 7

    Atto IV Scena 1 Scena 2 Scena 3 Scena 4

    Atto V Scena 1 Scena 2 Scena 3 Scena 4 Scena 5 Scena 6

    Le altre opere dell'AlfieriAgamennoneAntigoneBruto secondoDella TirannideFilippoMaria StuardaMeropeMirraOresteOttaviaSaulVita

    Autori e opere del quarto CDIndicazioni per la ricerca avanzataRicerca. Imposta PreferenzeRICERCA