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1 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DELL’AQUILA FACOLTÀ DI SCIENZE DELLA FORMAZIONE CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DELLA FORMAZIONE PRIMARIA Indirizzo: Scuola Primaria Tesina di TECNOLOGIA DELL’ISTRUZIONE E DELL’APPRENDIMENTO L’insegnamento della lingua italiana ai bambini stranieri con il supporto del computer Docente Studentessa Vincenza PELLEGRINO Alessandra DI DOMENICO Matricola 191404 Anno Accademico 2010-1011

L’insegnamento della lingua italiana ai bambini stranieri con il supporto del computer

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DELL’AQUILA

FACOLTÀ DI SCIENZE DELLA FORMAZIONE

CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DELLA FORMAZIONE PRIMARIA

Indirizzo: Scuola Primaria

Tesina di

TECNOLOGIA DELL’ISTRUZIONE E DELL’APPRENDIMENTO

L’insegnamento della lingua italiana ai bambini stranieri con il supporto del computer

Docente Studentessa Vincenza PELLEGRINO Alessandra DI DOMENICO Matricola 191404

Anno Accademico 2010-1011

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2

INDICE

Capitolo 1

LA SITUAZIONE DEI BAMBINI STRANIERI

NELLE SCUOLE ITALIANE

1.1 - Perché c’è necessità di imparare la lingua

italiana per i bambini stranieri?

1.2 Le esigenze linguistiche dei bambini stranieri al

loro primo ingresso a scuola

1.3 Gli atteggiamenti e le metodologie didattiche

dell’insegnante in relazione con bambini alloglotti

1.4 Dall’apprendimento della lingua italiana L2 verso

lo sviluppo delle competenze per la conquista di una

cittadinanza attiva

1.5 Il curricolo costruttivista in senso

interculturale

1.6 Differenti profili linguistici dei bambini allofoni

Capitolo 2

L’USO DEL COMPUTER

2.1 Il computer: mezzo efficace per

l’apprendimento della L2

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3

2.2 Esercizi tipo al computer per bambini straniei

da svolgere per l’apprendimento della L2 durante

gli anni della Scuola Primaria

Bibliografia

Sitografia

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Capitolo 1

LA SITUAZIONE DEI BAMBINI STRANIERI

NELLE SCUOLE ITALIANE

1.1 Perché c’è necessità di imparare la lingua

italiana per i bambini stranieri?

Uno degli obiettivi di integrazione degli alunni stranieri,

sempre più numerosi nelle scuole italiane, è quello di

promuovere l’acquisizione da parte loro di una buona

competenza nell’italiano scritto e parlato, ma anche, e

soprattutto, del modus vivendi della società in cui sono

destinati a crescere e a formarsi come individui in senso lato,

sebbene le loro origini siano riconducibili ad altri luoghi.

L’inserirsi in una nuova realtà culturale è strettamente

collegato con l'acquisizione della lingua del posto in cui si è

immigrati e in base a ciò imparare l'italiano è correlato tanto a

motivazioni strumentali quanto di natura psicologica.

Le motivazioni strumentali sono abbastanza ovvie e

riguardano la necessità prima di tutto di comunicare, poi di

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5

comunicare "bene", in modo da non essere sempre considerati

gli "estranei", i "diversi" dai madrelingua italiani, e infine di

acquisire una padronanza metalinguistica che consenta loro di

affrontare con profitto le lezioni scolastiche, perché il deficit

linguistico non diventi un deficit di apprendimento generale

che poi si tramuta inevitabilmente in un deficit cognitivo, se è

vero che la scuola mira non solo a fornire conoscenze, ma

anche a creare o perfezionare meccanismi cognitivi.

“È dovere della scuola elementare evitare, per quanto

possibile, che le "diversità" si trasformino in difficoltà di

apprendimento ed in problemi di comportamento, poiché

ciò quasi sempre prelude a fenomeni di insuccesso e di

mortalità scolastica e conseguentemente a

disuguaglianze sul piano sociale e civile”1

Le motivazioni psicologiche riguardano invece la situazione

psicologica dell'estraneità: innanzitutto la deprivazione

linguistica, per usare le parole di Bernstein, genera una

frustrazione che si riflette su tutto il vissuto, agito e sentito,

del ragazzo.

.

Secondariamente, il bambino inizia a costruire la propria

identità basandosi su dei "privativi", ovvero su ciò che lo

allontana dagli italiani.

1 D.P.R. 12 febbraio 1985, n. 104/85, Approvazione dei nuovi programmi per la scuola primaria.

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6

Le conseguenze di ciò sono spesso rilevanti, perché

impediscono al giovane la sua piena autorealizzazione umana.

In Italia, però, recenti ricerche hanno constatato che la scuola

è ancora impotente e non riesce a rispondere adeguatamente e

a colmare lo svantaggio linguistico e culturale dei bambini e

ragazzi appartenenti a famiglie immigrate o a minoranze

etniche, inclusi quelli italiani che non possono sempre far

conto su un sostegno culturale e scolastico adeguato in

famiglia o che invece non corrispondono al modello culturale

e scolastico tradizionale. Insomma l’aspettativa fiduciosa nel

futuro che scatena impegno e sforzo nel processo di

apprendimento non è sempre assicurata dalla società

soprattutto ai soggetti “svantaggiati”.

Lo scopo ultimo della formazione linguistica in contesto

migratorio è infatti quello di permettere ad individui

immigrati di integrarsi pienamente nel contesto sociale,

tramite il veicolo linguistico e culturale, nella prospettiva di

consentire loro l’accesso non solo all’attività lavorativa o ai

servizi offerti, ma soprattutto alla possibilità di stabilire

relazioni interpersonali per una piena realizzazione

dell’individuo.

Page 7: L’insegnamento della lingua italiana ai bambini stranieri con il supporto del computer

7

“È compito ineludibile del primo ciclo garantire un

adeguato livello di uso e di controllo della lingua

italiana, in rapporto di complementarità con gli idiomi

nativi e le lingue comunitarie. (…) Così intesa, la scuola

diventa luogo privilegiato di confronto libero e

pluralistico”2

L’”ambiente-scuola” è inteso il “contenitore” del saper

conoscere - saper fare - saper essere, ma è anche il secondo

spazio, per primo c’è quello familiare, dove gli alunni creano

una certa empatia e lo considerano come riferimento dopo la

famiglia.

.

L’accoglienza da parte delle istituzioni diventa cruciale per la

piena integrazione di questi bambini venuti “da lontano” e,

nella fattispecie a scuola, essa non si esaurisce nei primi

giorni o con un breve momento di festa, ma forma parte

integrante del lavoro interculturale attraverso una disposizione

di accoglienza permanente.

Ciò che emerge è una scuola che non risparmia sforzi nel

coinvolgere ogni bambino, di farlo sentire pienamente

partecipe di una comunità scolastica, ma soprattutto punta alla

valorizzazione attiva delle diversità culturali in tutte le sue

sfaccettature, che è a fondamento della stessa pedagogia

2 Ibidem, p. 44.

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8

interculturale, e lavora per mettere in una relazione paritetica

le medesime diversità con le culture dominanti.

Nella progettazione educativa il tema dell'educazione

interculturale deve essere proposto in modo esplicito anche in

quelle situazioni ove non siano presenti bambini stranieri.

La presenza dei bambini venuti da lontano e la gestione

educativa delle differenze, devono essere inoltre inserite

all'interno di una più generale attenzione al problema della

conoscenza, accettazione e valorizzazione della diversità.

II problema della diversità non riguarda infatti solo il

momento in cui si incontra qualcuno di eccezionalmente

diverso; la diversità nelle sue varie forme è esperienza del

quotidiano, ingrediente fondamentale della vita sociale.

L’impegno che oggi si assume la scuola, come espressione

“socio-pedagogica” delle società multiculturali, nel dialogo

con l’Altro, nel tentativo di capire il suo punto di vista, non si

limita al “rispetto”, o peggio ancora alla “tolleranza”, ma mira

a riflettere criticamente su noi stessi in una prospettiva di

miglioramento; insomma lo straniero o comunque il “diverso”

rappresenta una risorsa; permette di conoscere la cultura e i

valori diversi dai nostri e di cui è lui stesso portatore, ma al

contempo sconfigge quell’ottusità tipica delle menti umane

del passato di forte impostazione etnocentrica e che

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9

paventavano una sorta di rifiuto, se non disprezzo, verso le

culture altre o “campi umani” per loro ancora inesplorati.

Nelle Indicazioni per il curricolo (2007) si afferma infatti la

necessità di

“attuare interventi adeguati nei riguardi delle diversità,

per fare in modo che non diventino disuguaglianze. (…)

La scuola deve progettare e realizzare percorsi didattici

specifici per rispondere ai bisogni educativi degli allievi.

Particolare attenzione va rivolta agli alunni con

cittadinanza non italiana i quali, al di là dell’integrazione

sociale, devono affrontare sia il problema di acquisire un

primo livello di padronanza della lingua italiana per

comunicare, sia un livello più avanzato per proseguire

nel proprio itinerario di istruzione”3

.

3 Ibidem, p. 45.

Page 10: L’insegnamento della lingua italiana ai bambini stranieri con il supporto del computer

10

1.2 Le esigenze linguistiche dei bambini stranieri

al loro primo ingresso a scuola

Gli alunni stranieri al momento del loro primo ingresso a

scuola si trovano ad affrontare due diverse esigenze

linguistiche:

1. La lingua italiana del “qui e ora” nel contesto concreto,

indispensabile per comunicare nella vita quotidiana (la

lingua per comunicare);

2. La lingua italiana specifica, decontestualizzata, ma

necessaria per comprendere ed esprimere concetti,

sviluppare l’apprendimento delle diverse discipline e una

riflessione sulla lingua stessa (la lingua dello studio).

Alla luce di tutto questo, l’intervento dell’insegnante è

probabilmente a metà tra il comunicare e basta con

l’acquisizione della cosiddetta lingua del “qui ed ora” e il

comunicare bene con la invece lingua dello “studio”.

Per questo è necessario un lavoro attento sugli obiettivi da

prefiggersi.

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11

Non possibile dare un’indicazione di una serie di contenuti

generalmente espressi come competenze (es. “sa instaurare

una comunicazione”; “sa ringraziare”; “sa salutare” ecc.)

oppure di una lista di elementi lessicali (parole varie) che

devono essere apprese in una sequenza più o meno ordinata,

perché quando si parla di alunni stranieri è difficilissimo

generalizzare; ogni bambino è diverso e irripetibile ed ogni

storia di vita è diversa e irripetibile.

L’apprendimento e lo sviluppo della lingua italiana come

seconda lingua o L24

La scuola deve infatti essere

deve essere al centro dell’azione

didattica. Occorre quindi che tutti gli insegnanti siano

chiamati in causa.

“un contesto idoneo a promuovere apprendimenti

significativi e a garantire il successo formativo per tutti

gli alunni”5

È opportuna una programmazione declinata sui bisogni reali e

sul monitoraggio dei progressi di apprendimento nella lingua

italiana, acquisita progressivamente dall’alunno straniero.

.

4 Nel caso dei bambini stranieri in riferimento alla lingua italiana si parla di L2, poiché è la loro seconda lingua subito dopo quella materna del loro paese d’origine, detta appunto L1 o LM. Sia chiaro, la L2 è ben diversa dalla lingua straniera (LS), quest’ultima, infatti, è appresa, sì, ma non nel contesto in cui viene ufficialmente parlata (Ad esempio l’inglese studiato a scuola), e non sarà di uso quotidiano, al contrario della L2. 5 Ministero della Pubblica Istruzione, Indicazioni per il curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo d’istruzione, Roma, settembre 2007, p. 44

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Nella fase iniziale si può fare ricorso a strumenti e figure di

facilitazione linguistica (cartelloni, alfabetieri, carte

geografiche, testi semplificati, strumenti audiovisivi e

multimediali) promuovendo la capacità dell’alunno di

sviluppare la lingua per comunicare.

Successivamente va prestata particolare attenzione

all’apprendimento della lingua per lo studio perché

rappresenta il principale ostacolo per l’apprendimento delle

varie discipline.

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13

1.3 Gli atteggiamenti e le metodologie didattiche

dell’insegnante in relazione con bambini alloglotti

L’eterogeneità delle storie e dei viaggi è la caratteristica

saliente di coloro che entrano per la prima volta a scuola e

deve essere esplorata, almeno negli aspetti essenziali, per

permettere ai bambini di provenienza straniera di partire con il

“piede giusto” nel loro iter scolastico.

Gli insegnanti devono, innanzitutto, prendersi il tempo

necessario per conoscere gli alunni neo arrivati (sono

consigliabili e disponibili SCHEDE DI RILEVAZIONE del

livello di conoscenza della lingua italiana da somministrare ai

bambini ad inizio scuola), affinché possano poi organizzare un

progetto individualizzato per ciascuno.

Il fattore “tempo” è cruciale, poiché si deve dare la possibilità

al neoarrivato di orientarsi nella nuova scuola, recuperare e

trasferire competenze già apprese, approfondire le lingua della

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comunicazione del “qui e ora” e quella dello studio prima di

poterne valutare i risultati e le prove.

Gli alunni diventano protagonisti attraverso il loro vissuto, le

loro esperienze personali e conoscenze pregresse, le loro

emozioni e abilità, tutto ciò che costituisce una conoscenza

“grezza” del bambino che poi viene “limata” e arricchita

grazie a nuove conoscenze e saperi che consentiranno

all’alunno di dare senso e significato a ciò che man mano

imparerà, ma soprattutto a ciò che “imparerà ad imparare”.

Il bambino straniero che non conosce la lingua italiana, deve

essere guidato dall’insegnante nel processo di apprendimento,

ma senza che venga forzato o semplicemente “riempito” di

nozioni.

Le sole informazioni non costituiscono la conoscenza, ma lo

diventano nel momento in cui sono impiegate autonomamente

e al di fuori dal contesto in cui sono state apprese come

strumento per risolvere problemi e ottenere risultati.

Lo studente alloglotto, anche nella sua “ignoranza”

linguistica, non sarà mai un mero vaso vuoto da riempire,

perché al di fuori del contesto scolastico, nella vita quotidiana,

è continuamente esposto a input misti, dunque parte delle sue

conoscenze, per quanto imprecise o fuorvianti, derivano da un

apprendimento spontaneo “all’aria aperta”.

Page 15: L’insegnamento della lingua italiana ai bambini stranieri con il supporto del computer

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Com'è ben sintetizzato da Balboni:

"sarà il singolo studente a decidere se vuole ritenersi in

tutto, in parte o per nulla estraneo sul piano psicologico,

ma la scuola deve fornire gli strumenti (linguistici, ma

non solo) perché questa persona possa scegliere e non

sia costretto ad essere ciò che sarà in rapporto alla

cultura italiana"6

L’attenzione del sistema scolastico è focalizzata

sull'individualità e quindi sul/la singolo bambino/ bambina.

Se, infatti, il dato che accomuna gli stranieri neoarrivati è la

non conoscenza dell'italiano, la situazione linguistica può

essere estremamente diversa da soggetto a soggetto.

.

In linea con l’approccio cognitivista di Jerome Bruner, “nel

percorso di conoscenza svolgono un ruolo determinante

alcune variabili cognitive interne che consentono, a ciascun

individuo, di interpretare gli stimoli in modo diverso e, di

conseguenza, di reagire ad essi con modalità personali”7

L’apprendimento della lingua non segue dunque un percorso

standard, rigoroso e uguale per tutti, poiché sono molteplici le

variabili che entrano in gioco oltre al livello di conoscenza già

.

6 P. E. Balboni, Approccio alla lingua italiana per allievi stranieri, in Aa. Vv., Approccio alla lingua italiana per allievi stranieri, Theorema Libri 2000, p. 57. 7 V. Pellegrino, S. De Clemente, Tecnologie dell’istruzione e dell’apprendimento, verso un nuovo orientamento pedagogico, Anicia, Roma 2010, p. 9-10.

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posseduta dell’italiano dal singolo alunno prima ancora che la

impari formalmente a scuola.

1.4 Dall’apprendimento della lingua italiana L2

verso lo sviluppo delle competenze per la conquista

di una cittadinanza attiva

L’insegnamento della lingua italiana non si limita, però, alla

mera acquisizione della capacità di saper parlare con un altro

codice, ma è un apprendimento in toto, ovvero una

formazione pedagogica, cognitiva e sociale che non tocca solo

l’apprendente, ma coinvolge anche il contesto che lo circonda

e i suoi personaggi; un percorso di “metaconoscenza” dove

tutti apprendono dagli altri e contemporaneamente insegnano

agli altri, indipendentemente dal ruolo che ognuno ricopre

(cade dunque il gioco dei ruoli prestabiliti insegnante-alunno),

dall’estrazione sociale o dalla provenienza geografica.

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17

Il tutto è fattibile se si accoglie una prospettiva didattica di

impianto “costruttivista”, in cui il bambino, seppur povero di

mezzi e abilità per imparare autonomamente, viene introdotto

in un percorso di crescita a tutto tondo che lo porterà alla

conquista di quello che Vygotskij ha definito la zona di

sviluppo prossimale, ovvero la distanza che intercorre tra ciò

che l’apprendente già sa e ciò che potenzialmente può

imparare.

Quello della conoscenza è un percorso complesso che si snoda

negli anni e che auspica a non avere mai aver fine (lifelong

learning), soprattutto in una società delle “incertezze” come

quella attuale, in cui tutto muta ogni giorno, nulla è definito e

stabilito una volta per tutte ed è proprio per questo motivo che

la scuola ha l’impegno sacro di preparare i suoi alunni ad

affrontare le incertezze del presente e del suo domani; nella

fattispecie la scuola deve fornire una formazione che

contribuisca a formare cittadini attivi e consapevoli con un

intervento formativo centrato sull’ “acquisizione delle

competenze”.

La competenza è secondo la definizione di Pellerey “la

capacità di far fronte a un compito, o a un insieme di compiti,

riuscendo a mettere in moto e a orchestrare le proprie risorse

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18

interne, cognitive, affettive e volitive, e a utilizzare quelle

esterne disponibili in modo coerente e fecondo”8

Il riferimento ad un compito presuppone che il soggetto

utilizzi il proprio sapere per fronteggiare situazioni

problematiche.

.

La mobilitazione dell’insieme delle proprie risorse personali

sottolinea l’impiego non solo della componente cognitiva,

anche di quella emozionale, motivazionale, attribuzionale e

metacognitiva.

Il concetto di competenza, dunque, racchiude in sé le diverse

dimensioni dell’apprendimento:

- conoscenze ⇒ le rappresentazioni del mondo che il

soggetto si costruisce mediante stimoli che gli vengono

dall’ambiente esterno e dal sapere codificato.

- abilità ⇒ gli schemi operativi che permettono al soggetto

di agre in forma fisica e mentale su oggetti materiali o

simbolici.

- disposizioni ad agire ⇒ le attitudini del soggetto a

relazionarsi con gli altri e con il contesto d’azione.

8 M. Pellerey, L’agire educativo, LAS, Roma 1998, p. 12.

Page 19: L’insegnamento della lingua italiana ai bambini stranieri con il supporto del computer

19

1.5 Il curricolo costruttivista in senso

interculturale

La nuova didattica ispirata al modello teorico del

Costruttivismo9

La conquista di un’autonomia ha soprattutto segnato il

passaggio definitivo da una logica del programma ad una

logica del curricolo.

, è stata resa possibile anche grazie alla Legge

sull’autonomia, approvata nel 1997, che ha concesso

autonomia progettuale alle scuole rispetto agli imposti

Programmi Nazionali, rigidi ed eccessivamente centralizzati,

calati direttamente dall'alto dal Ministero.

Il curricolo sollecita una ricerca continua di miglioramento;

un’idea di educazione che chiede di riconoscere come

prioritarie le esigenze degli studenti e impone all’adulto

responsabile di saper ascoltare i bisogni, le attese, le speranze

degli alunni e di elaborare un’ipotesi didattica capace di

rispondervi in termini significativi.

Il vecchio programma nazionale viene pensato come un

prodotto standard, uguale per tutti gli alunni, che non ha

consentito e non consente di definire tempi, modi e contenuti

9 Con Costruttivismo intendiamo quel modello teorico, sviluppatosi tra gli anni ’80 e ’90 e rappresentato da studiosi come Jerome Bruner e Lev Vygotskij, per cui il soggetto acquisisce nuove conoscenze usando i propri schemi cognitivi, ma anche grazie l’interazione, la collaborazione e la negoziazione con altri soggetti, l’apprendimento è un impegno attivo del soggetto che costruisce la propria conoscenza.

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più personalizzati per allievi in difficoltà o con un profilo più

alto della media.

La logica “locale” del curricolo conduce invece a farsi carico

dei singoli alunni e delle loro esigenze e, nello stesso tempo,

ad aderire maggiormente alle realtà degli istituti scolastici e

dei territori in cui questi operano.

La scuola ha pertanto revisionato il suo curricolo, attenendosi

alle Indicazioni per il curricolo (2007) del Ministro Fioroni, e

al contempo rendendo il curricolo stesso uno strumento di

progettazione elaborato localmente al fine di far progredire la

scuola mediante il miglioramento delle condizioni di

insegnamento e di apprendimento, coniugando

opportunamente riflessione teorica e prassi didattica.

Si è giunti così anche ad una relativa autonomia della

progettazione, dello svolgimento e della valutazione dei piani

di studio.

I curricoli devono essere dei percorsi flessibili che vanno

calibrati sui bisogni e sulle potenzialità degli alunni della

classe e che richiedono continui aggiustamenti in itinere e su

cui incidono profondamente e in maniera significativa il

contesto sociale e ambientale, al punto che vengono adattati

alle specificità del territorio e della popolazione scolastica.

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L’ideologia costruttivista dei nuovi curricoli è stata

fondamentale per un’ apertura “interculturale” della scuola

alle esigenze e richieste diversificate dei bambini stranieri.

Un curricolo interculturale deve innanzitutto assicurare un

equilibrio culturale, per cui scopi, contenuti del curricolo e

metodi didattici riescano al contempo sia a mettere in risalto

le differenze e sia a fornire conoscenze, abilità e intuizioni

comuni.

Fondamentale è anche un’estensione globale delle esperienze

di apprendimento e delle aree di conoscenze, abilità,

atteggiamenti e valori ed infine un’equità culturale e sociale

nel trasmettere quelle conoscenze, abilità, atteggiamenti e

valori che consentono pari accesso alle risorse economiche,

culturali e politiche di una società democratica.

Un tale tipo di curricolo non può realizzarsi solo elencando

una serie di nozioni, ma deve fondarsi sulla capacità di

risolvere problemi e di prendere decisioni, incoraggiando un

impegno riflessivo e attivo e moralmente responsabile, in

grado di affrontare i problemi nel nostro tempo.

Tutto questo è in linea con la nuova visione didattica

dell’alunno attivo «che intende l’attività, non come azione

motoria, ma mentale, per cui si considera l’alunno

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22

cognitivamente attivo»10, dunque dotato di pensiero

strategico, ovvero di «un pensiero esperto, proprio di chi sa

misurarsi con situazioni complesse, esplorare alternative,

individuare e mettere alla prova diverse ipotesi»11

Le conoscenze, le abilità e gli atteggiamenti che un tale

curricolo vuole promuovere sono diverse: si intendono

favorire le conoscenze che riguardano i tratti culturali dei

differenti gruppi etnici; agevolando la comprensione del modo

in cui si perpetuano gli stereotipi, promuovendo la

comprensione del concetto di interdipendenza nel mondo,

delle problematiche dei paesi in via di sviluppo.

.

Un tale curricolo sviluppa anche abilità di pensiero

fondamentali come quelle sociali e intellettuali, di analisi, di

raccolta, di ricerca, integrative, valutative, analitiche, creative,

interpretative, etiche e di soluzione di problemi.

Il tutto è reso possibile sul piano dell’istruzione scolastica da

una dialettica nuova tra insegnamento e apprendimento; la

rivalutazione del discente rispetto al ruolo dell’insegnante ha

infatti consentito una libera espressione a tutti gli alunni, tra i

quali, soprattutto oggi, si annoverano coloro che provengono

da comunità straniere o comunque da classi disagiate.

10 I. Fiorin (2008), La buona scuola. Processi di riforma e nuovi orientamenti didattici, Editrice La Scuola. 11 Ibidem

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23

Già dagli anni settanta è viva in Italia la richiesta di una

scuola partecipata, aperta alla dimensione extra-scolastica e

nella quale trovino spazio altri soggetti che non siano solo i

docenti o comunque i il personale dirigenziale scolastico, ma

in primis le famiglie, poi gli Enti Locali, le istituzioni ed il

mondo economico.

Insomma, come la definisce metaforicamente Mario

Comoglio, una scuola ponte12

Il curricolo permette alla scuola di compiere una mediazione

fra istanze nazionali (Indicazioni di Fioroni), analisi dei

bisogni degli alunni e le specifiche attese delle famiglie e

dell’ambiente locale; la progettazione curricolare palesa così

una protesa sensibilità alla realtà di vita, soprattutto del

singolo discente.

, legata appunto alla realtà in

contrasto con la scuola muro, fondata su un mero rapporto

asimmetrico insegnante-alunno e completamente distaccata

dalla dimensione sociale e reale extra-scolastica.

L’aspetto locale del curricolo viene formulata nella

programmazione con il Piano dell’Offerta Formativa (POF)

che deve modellare e adattare il programma nazionale agli

allievi reali in uno specifico contesto, senza però stravolgerne

i principi.

12 Cit. Mario Comoglio in M. Castoldi (2009), Valutare le competenze.

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24

È compito, dunque, della programmazione con il Piano

dell’Offerta Formativa, che dà identità istituzionale,

pedagogica e didattica ad ogni singola scuola, ritagliare e

modellare il curricolo su un’utenza scolastica, espressione di

singolarità e di diversità culturali e sociali.

In un’ottica interculturale è fondamentale prevedere nel

curricolo la pratica di metodologie plurime modellabili sui

differenti stili cognitivi degli allievi, nonché procedure di

osservazione del contesto scolastico, allo scopo di non

tralasciare le problematiche connesse alla diversità degli

allievi stessi.

Il nuovo curricolo ha anche abbattuto certi “dogmi” del

passato per cui l’insegnante agli occhi di tutti era

addetta/addetto esclusivamente a fornire nozioni di cui lo

studente, quasi come se fosse collocato in un gradino

inferiore, era semplicemente ricevente di queste stesse

nozioni; privo di qualsiasi voce in capitolo, viveva il suo

percorso di conoscenza in un ambiente spoglio, senza stimoli

e assisteva a lezioni frontali che bandivano qualsiasi forma di

dialogo o metodologia didattica alternativa; il libro di testo

rappresentava la “bibbia” di tutto ciò che veniva appreso

passivamente.

Grazie all’evoluzione tecnologica, e all’uso sempre più

impellente e necessario di munirsi di strumenti multimediali,

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25

però, alla pratica didattica “tradizionale”, che comunque

permane e resisterà sempre, si è affiancato l’uso della

tecnologia le cui potenzialità, però, possono rivelarsi

funzionali e essere efficacemente sfruttate nel campo

dell’insegnamento solo se integrate con altri fattori (lezione

frontale, libri di testo,..); grazie, infatti alle nuove tecnologie

muta l’ambiente di apprendimento strutturato dai docenti

stessi per favorire i lavori di gruppo, i cui componenti sono

partecipanti attivi verso la realizzazione di un obiettivo

comuni.

Sono responsabili del risultato che il loro lavoro e instaurano

rapporti interattivi di collaborazione, cooperazione e

soprattutto di negoziazione con gli altri.

Il soggetto apprende con le sue stesse azioni e giunge a capire

autonomamente cosa è significativo per se stesso e come può

“imparare ad imparare”.

Particolarmente utile si rivela il lavoro di gruppo in presenza

di un bambino straniero, egli infatti prima ancora di conoscere

didatticamente, ha bisogno di essere integrato, sentirsi ben

accetto e ciò è reso possibile dalle relazioni sociali che

allaccia all’interno della classe con gli alunni e le insegnanti.

Le sue inevitabili difficoltà possono essere rimosse non solo

dall’intervento dei docenti, ma anche degli altri bambini che si

Page 26: L’insegnamento della lingua italiana ai bambini stranieri con il supporto del computer

26

assumono il ruolo di tutor e verso i quali il bambino non

italiano avrà probabilmente meno inibizioni rispetto a quelle

che avrebbe, come la paura di sbagliare e prendere un brutto

voto, con l’insegnante.

Page 27: L’insegnamento della lingua italiana ai bambini stranieri con il supporto del computer

27

1.6 Differenti profili linguistici dei bambini allofoni

Tre sembrano essere, a grandi linee, i fattori più significativi

che definiscono i differenti profili linguistici dei bambini

stranieri al loro arrivo a scuola:

1. la lingua d'origine, o meglio le lingue d'origine (dal

momento che spesso il codice orale è diverso da quello

della scolarità e dell'alfabetizzazione);

2. la scolarizzazione precedente;

3. l’esposizione alla lingua italiana fuori della scuola.

È importante, infatti, poter ricostruire la situazione linguistica

dei bambini stranieri perché molto spesso essi non sono una

tabula rasa e ciò che hanno imparato fino al momento del

loro arrivo in Italia costituisce una riserva di saperi cui

attingere, all’inizio mediante, per esempio, la collaborazione

con un mediatore linguistico.

Chiedere loro troppo o troppo poco, li

spaventa o li demotiva inevitabilmente e i

disagi sul piano della costruzione della

personalità, che si riflettono prima di tutto

sul loro comportamento e atteggiamento nei

confronti della scuola, influenzano moltissimo lo sviluppo

della loro personalità.

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28

Grosso modo, possiamo così sintetizzare le possibili biografie

linguistiche dei bambini13

Monolinguismo in italiano (uso orale): quando i bambini

sono nati in Italia e i genitori si sforzano con loro di

parlare solo italiano.

:

Bilinguismo italiano/lingua materna (orale): quando i

bambini parlano a casa la lingua d'origine e a scuola la

lingua italiana.

Monolinguismo nella L1: quando il bambino è appena

arrivato e conosce (solo) la sua lingua d'origine, che è stata

per lui anche la lingua della scolarizzazione.

Situazione di diglossia (usi orali e scritti): quando il

bambino ha imparato a comunicare in una lingua e a

scuola ne ha imparata un'altra. È il caso soprattutto di

bambini che provengono dalla Tunisia, dal Marocco o

dall'Egitto e che hanno imparato a scuola l'arabo classico,

mentre usano a casa il dialetto marocchino.

Bilinguismo L1/lingua straniera (usi orali e scritti):

quando i bambini provengono da un Paese (tipo Filippine

o Sri Lanka) dove la lingua della scuola è europea, mentre

a casa vengono utilizzati i dialetti locali.

13 P. Ellero, G. Favaro, A. Mastromarco, G. Pallotti, P. Russomando, Imparare l’italiano. Imparare in italiano. Alunni stranieri e apprendimento della seconda lingua, Guerini e Associati 1999, p.14 e ss.

Page 29: L’insegnamento della lingua italiana ai bambini stranieri con il supporto del computer

29

Considerata pertanto la base linguistica di partenza, è

importante sintetizzare quali siano a questo punto nello

specifico i bisogni linguistici degli alunni non italofoni.

Sintetizzando ulteriormente, ciò che il bambino ha bisogno di

imparare, per gradi successivi, è la lingua del “qui ed ora”

della prima comunicazione; l’italiano per narrare, esprimere

stati d’animo, riferire cose che lo riguardano, ovvero idee,

esperienze, progetti; leggere e scrivere; la lingua per studiare;

la riflessione linguistica.

Naturalmente tutto ciò abbisogna prima di tutto di tempo e

pazienza. Cummins14

14 J. Cummins, Bilinguism and Special Education Issues in Assessment and Pedagogy, Multilingual Matters, Avon 1984.

, nella sua distinzione tra BICS (Basic

Interpersonal Communication Skills, abilità comunicative

interpersonali di base) e CALP (Cognitive–Academic

Language Proficiency, abilità linguistica cognitivo–

accademica), ipotizza che ci vogliono almeno due anni per

sviluppare attività di interazione verbale in attività

contestualizzate e in media cinque/sette anni per sviluppare le

abilità linguistiche necessarie per svolgere attività a bassa

contestualizzazione, quali lo studio delle discipline. Non solo.

Anche il progetto migratorio della famiglia gioca un ruolo

molto forte sull’apprendimento linguistico, così come i

contatti sociali extrascolastici che hanno i bambini stranieri.

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Come a dire che la loro vita non comincia e finisce a scuola, e

la conoscenza del contesto, che il bambino vive, è

fondamentale.

Per rendere il percorso di insegnamento/apprendimento della

L2 il più agevole e meno traumatico possibile si devono

tenere in conto alcuni fattori irrinunciabili:

occorrono degli input comprensibili e sempre

contestualizzati. Input cioè legati ai bisogni reali di chi

apprende, che utilizzino anche il linguaggio non

verbale e che siano indirizzati verso quella che

Vygotskij chiama zona di sviluppo prossimale, ovvero

la distanza tra il livello di sviluppo del bambino

all’inizio del percorso di apprendimento e il livello di

sviluppo potenziale che può essere raggiunto solo

grazie all’intervento di altre persone di competenza

maggiore; intervento indicato dallo stesso Vygotskij

con il termine scaffolding15

Esistono delle sequenze di apprendimento che vanno

prima conosciute e poi rispettate, per non provocare

ansia o, al contrario, demotivazione;

.

Fase di silenzio, durante la quale il bambino prende

consapevolezza individualmente di ciò che sta

15 In realtà, il termine scaffolding fu per la prima volta introdotto in un articolo dallo studioso Jerome Bruner, ma è con Vygotskij che viene spiegato, in relazione alla teoria della zona di sviluppo prossimale, appieno il significato.

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apprendendo e cerca anche di trovare per sé la miglior

strategia grazie a cui può favorire tale processo, va

rispettata dall’insegnante

Puntare su ciò che il bambino ha imparato per innestare

delle strategie sociali e per citare Wiggins “si tratta di

accertare non ciò che lo studente sa, ma ciò che sa fare

con ciò che sa”16

In tutto questo il docente è posto a nuove e più profonde

responsabilità psicologiche ed assume particolare importanza,

non tanto “cosa” si insegna, ma soprattutto “come” si insegna,

dunque il quadro di riferimento teorico e metodologico sotteso

al processo di insegnamento-apprendimento.

.

“Il docente deve, dunque, porsi come un progettista della

formazione ed un facilitatore delle conoscenze”17

16 G. Wiggins Assessing student performance: Exploring the purpose and limits of testing, Jossey-Bass, San Francisco 1993. 17 V. Pellegrino, S. De Clemente, Tecnologie dell’istruzione e dell’apprendimento, verso un nuovo orientamento pedagogico, cit, p. 30.

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32

Nell’insegnamento dell’italiano L2 Graziella Favaro18

ci dà una panoramica sulle varie metodologie

applicate nelle scuole italiane ed europee:

Metodo grammaticale-traduttivo è l’approccio più

tradizionale dell’insegnamento in cui l’insegnante parte

dalla L1/lingua madre per insegnare la L2. Questo metodo

si basa su un apprendimento scolastico graduale e insiste

molto sull’abilità della lettura.

Metodo audio-linguistico, in base al quale si parte da

un’esercitazione basata sull’ascolto di un dialogo

(listening) che contiene le strutture e il lessico della

lezione che lo studente memorizzerà anche attraverso la

ripetizione-riproposizione in classe o in un piccolo gruppo;

seguono esercizi sulle strutture presenti nel dialogo.

Metodo diretto, in classe l’insegnante usa sempre e

solo la seconda lingua, anche per dare indicazioni e

spiegazioni e per gestire il gruppo. La grammatica viene

presentata in maniera induttiva e l’insegnante lancia degli

18 FAVARO, G. Insegnare l’italiano: approcci metodologici e percorsi didattici per la prima fase di apprendimento in AA.VV. Imparare l’italiano, imparare in italiano, Franco Angeli, Milano 1999, cit., p.103.

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33

input (domande) agli studenti per indurli a usare e

“scoprire” le regole e le strutture.

Cognitive code (codice cognitivo) prevede lo sviluppo

delle quattro abilità linguistiche (parlare, ascoltare,

leggere, scrivere) e parte dal presupposto per cui la

competenza (ovvero la conoscenza consapevole) precede

la pratica della lingua. Una volta che lo studente ha

raggiunto il “controllo cognitivo” sulle strutture della

nuova lingua, egli sarà in grado di produrre determinate

capacità di usare la L2 nelle situazioni reali.

Approccio naturale, sviluppato da Tracy Terrell per cui

si cerca di creare una via “comunicativa” della lingua: gli

errori non vengono corretti a meno che non impediscano la

comunicazione; anche l’insegnante usa solo la seconda

lingua, e le lezioni si basano sul dialogo, mentre la parte

grammaticale è lasciata al lavoro individuale.

Total Physical Response (TPR) sviluppato da James

Asher nel 1977 secondo cui “s’impara facendo” come per

esempio rispondendo a comandi che richiedono un’azione

secondo una scala di difficoltà sempre più complessa

secondo la quale si arrivano ad introdurre determinate

strutture della lingua da imparare; gli allievi parlano

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34

quando sono pronti a farlo e la maggior parte delle prime

lezioni si basa sull’ascolto.

Analizzando gli approcci adottati dalle scuole le metodologie

sopra elencate vengono prese e usate nella stessa classe,

cercando di adattarle di volta in volta alle esigenze degli

alunni sia in quanto individui che in quanto collettivo.

Al di là infatti di quelle che sono le preferenze di un approccio

rispetto ad un altro di un politica scolastica, una scuola vede

gli insegnanti trovarsi in situazioni che cambiano e che

evolvono; per questo le metodologie concernenti

l’insegnamento della lingua seconda e della lingua d’origine

sono diversificati e compositi, e raccolgono suggerimenti e

passaggi da ognuno dei metodi sopra elencati.

Page 35: L’insegnamento della lingua italiana ai bambini stranieri con il supporto del computer

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Capitolo 2

L’USO DEL COMPUTER

“Immaginate una classe con una finestra su una conoscenza estesa a tutto il mondo. Immaginate un insegnante con la possibilità di portare alla luce ogni immagine, suono, evento.

Immaginate che l’alunno possa visitare ogni posto sulla terra ed ogni tempo nella storia. Sembra ancora oggi qualcosa di magico.

Tuttavia l’abilità per allestire questi generi di ambienti di apprendimento è all’interno delle nostre possibilità.”

(Hopper)

L’esigenza di percorsi individualizzati da parte di bambini/e

non italofoni/e diventa impellente soprattutto nella prima fase

d’accoglienza, quando lo studente non ha agganci con il

gruppo dei compagni, né possiede mezzi linguistici per

comunicare in modo efficace.

I percorsi individualizzati permettono infatti

insegnamenti/apprendimenti diversificati a seconda delle

“intelligenze”, degli stili, dei livelli di competenza raggiunti

dai singoli.

Page 36: L’insegnamento della lingua italiana ai bambini stranieri con il supporto del computer

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2.1 Il computer: mezzo efficace per

l’apprendimento della L2

Il computer è un mezzo molto efficace per individualizzare gli

apprendimenti, anche perché segue il ritmo personale, di

lavoro di apprendimento di chi lo usa.

Offre innumerevoli opportunità di attivare abilità e di

consolidare capacità legate a diverse discipline scolastiche e a

diversi aspetti dell’apprendimento: testi, immagini fisse,

animazioni e video, suoni e musica, opere enciclopediche e di

consultazione, offrono tutte l’occasione per ritrovare i legami

trasversali fra le conoscenze e per accrescere le competenze

personali possedute da ciascun alunno.

Le peculiarità del mezzo costituiscono un’ottima occasione

per sperimentare attività tradizionali attraverso mezzi

tecnologici nuovi e nuove opportunità.

Il computer predispone inoltre alla progettualità e alla

continua ricerca di soluzioni migliorative del proprio lavoro.

Page 37: L’insegnamento della lingua italiana ai bambini stranieri con il supporto del computer

37

Il che è sicuramente un notevole obiettivo educativo in ogni

ambito disciplinare. Per questo la multimedialità offerta

dall’informatica entra a pieno titolo nella scuola di base e

dovrà costituire uno strumento quotidiano per gli insegnanti e

gli alunni.

C’è però bisogno di tenere sempre presente che qualsiasi

attività fatta al computer, per quanto innovativa e utile, ha il

suo senso e la sua efficacia solo se correlata ad attività

didattiche più tradizionali, ovvero il bambino non può, ad

esempio, individuare e scrivere le lettere al computer se prima

non l’ha fatto manualmente sul quaderno o le ha già lette sul

libro o alla lavagna scritte dalla maestra.

“Solo a determinate e specifiche condizioni le tecnologie

possono costituire un valore aggiunto. Esse, da sole,

costituiscono semplicemente una opportunità”19

.

Inoltre decisivo è l’influenza esercitata dal contesto d’impiego

che si integra con la risorsa tecnologica. Infatti sia Lev

Vigotskij che Jean Piaget hanno tenuto a mostrare quanto il

contesto incida sull’apprendimento e sullo sviluppo delle

intelligenze.

19 V. Pellegrino, S. De Clemente, Tecnologie dell’istruzione e dell’apprendimento, verso un nuovo orientamento pedagogico, cit, p. 63.

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38

Il contesto rappresenta un punto di riferimento in cui sin da

bambino l’individuo svolge le diverse attività di conoscenza e

trova gli stimoli per portarle avanti.

Se si vuole, inoltre, che computer diventi anche un utile

strumento di lavoro. e non semplicemente un giocattolo, come

lo è per la maggior parte dei bambini è importante indirizzare

quest’ultimi a farne un uso intelligente, e non passivo, in

quanto il computer si rivela un “compagno d’apprendimento”

ed è capace di stimolare la fantasia, la creatività e sviluppare

le capacità intellettuali solo se l’insegnante stabilisce un

preciso percorso per realizzare i suoi prestabiliti obiettivi

didattico-pedagogici.

Avere un computer in classe consente di rendere autonomo e

attivo il/la bambino/a che, non essendo in grado di seguire

tutte le attività, può produrre materiale che integra il lavoro

dei compagni.

Nella prima fase in particolare è necessario che il bambino,

già provato dalla consapevolezza di essere “indietro” rispetto

ai suoi compagni autoctoni, ha bisogno di acquisire sicurezza

e di prendere consapevolezza del percorso da intraprendere.

Page 39: L’insegnamento della lingua italiana ai bambini stranieri con il supporto del computer

39

L’insegnante partirà dalle esigenze linguistiche del bambino

stesso (inizialmente si limiteranno a frasi d’uso di vita

quotidiana, ma sufficienti e indispensabili per instaurare una

prima relazione con gli altri) e renderà poi sempre più

complesso il suo cammino, dalla comunicazione alla lingua

decontestualizzata dello studio.

È stato dimostrato che gli alunni che utilizzano il computer

raggiungono risultati 6 o 7 volte migliori di quelli raggiunti da

coloro che imparano con normali strategie, anche perché

questo mezzo fa aumentare la motivazione verso

l’apprendimento della nuova lingua.

Si elencano di seguito alcune attività che si possono svolgere

con il computer.

- Il bambino che ancora non conosce la lingua italiana, dopo

aver ricevuto i primi insegnamenti sull’uso del computer,

ricopia in un programma di scrittura i termini che

quotidianamente sta imparando.

Quest’attività al computer si presta benissimo, sia nella

prima fase che nelle successive, a un tutoring, da parte dei

compagni della stessa classe o, se si lavora a classi aperte,

di altre classi.

- Si costruisce un percorso linguistico, su misura per lui/lei,

come se ci si trovasse in un laboratorio.

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Il percorso deve prevedere fasi diverse:

1. Ci si basa sull’immagine, alla quale viene abbinata la

parola;

2. Ci si rifà alle situazioni comunicative;

3. Lui/lei stesso/a può creare un piccolo testo a seconda

delle richieste.

- L’uso di internet (o di CD adeguati) rende l’attività al

computer particolarmente piacevole accelerando

l’apprendimento e l’autovalutazione dei progressi, Tutto

ciò rafforza il desiderio di imparare.

- È importante che ogni lavoro venga stampato e fatto

conoscere alla classe e che l’attività svolta dal bambino

straniero sia utile anche ai compagni.

Ad esempio, i bambini che commettono abitualmente

errori di ortografia nel momento in cui hanno la funzione

di tutor si impegnano nella scrittura con un’attenzione

diversa, migliorando le proprie prestazioni.

In questo modo la presenza di un bambino che deve ancora

imparare l’italiano viene valorizzata, ed egli si integra

meglio nella classe.

- Esistono poi giochi didattici e programmi graduati che

possono essere utilizzati da tutti, anche se non sono stati

ideati in funzione dell’italiano come lingua seconda L2.

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A seguito dall’attività individuale al computer, il bambino

potrà coinvolgere i

compagni per un

“cooperative learning”.

Ad esempio se in classe è

presente un bambino di

madre lingua italiana, ma

con forti difficoltà ortografiche, potrà svolgere esercizi mirati

insieme al suo amico alloglotto ed insieme a lui, stimolandosi

a vicenda, potrà meglio recuperare i suoi errori.

Le insegnanti favoriranno un lavoro di tutoring da parte degli

studenti più bravi verso i bambini stranieri con strategie

didattiche, non più miranti tanto al contenuto (COSA) di ciò

che si apprende, piuttosto al processo di come avviene il

percorso graduale di apprendimento del bambino straniero;

soggetto attivo e costruttore della sua stessa conoscenza.

Davanti all’esercizio al computer il bambino alloglotto

svilupperà anche la strategia del problem posing/solving la

quale consiste nella proposta di una situazione cognitiva

problematica sulla quale riflettere, impostare un ragionamento

“autonomo” per giungere ad una soluzione finale.

È in questa situazione che il bambino dimostra, come dice

Wiggins, di “saper fare con ciò che sa”.

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Insomma le informazioni che ha ricevuto diventano

conoscenza nel momento in cui egli è in grado di organizzarle,

di sfruttarle di fronte ad una richiesta, come potrebbe essere

quella di individuare il soggetto e il verbo all’interno di una

frase o di aggiungere la parola mancante indispensabile a dare

senso alla frase.

L’insegnante naturalmente sarà sempre al suo fianco, ma non

nelle vesti di colei/colui che deve a tutti costi dare un voto,

dunque giudicare il bambino per contratto didattico, piuttosto

ponendosi come semplificatrice/semplificatore o meglio guida

dell’alunno che senza il suo aiuto potrebbe distrarsi o

addirittura rinunciare a svolgere la consegna che gli è stata

assegnata.

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2.2 Esercizi tipo al computer per bambini straniei

da svolgere per l’apprendimento della L2 durante

gli anni della Scuola Primaria

Ortografia e abilità linguistica:

l’esercizio seguente viene proposto durante la classe seconda

della scuola primaria, per constatare le competenze soprattutto

sintattiche-ortografiche del bambino (connessione

nome/verbo, uso delle doppie, accenti,..)

Forma una frase con almeno uno dei seguenti nomi:

farfalla ape margherita coccinella

Non scrivere in maiuscolo stampatello, se non all'inizio del paragrafo, all'inizio dei nomi propri, e per le sigle. Termina la frase con la punteggiatura adatta.

Scrivi qui sotto!!

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ESERCIZI SULL'ORDINE ALFABETICO

Rispondi alle seguenti domande:

Ai fini del punteggio vale solo la prima risposta data.

Metti in ordine alfabetico le tre parole della prima colonna. (Fai click col mouse sul nome a sinistra. Per fissarlo fai click col mouse sulla casella di destra.

parole non ordinate parola scelta parole ordinate

mela gatto cane

se hai finito premi:

verifica prova

ESERCIZIO SUL SOGGETTO E IL PREDICATO

Riconosci, nella frase seguente, il soggetto e il predicato.

Click col sinistro del mouse sul soggetto !

Punteggio ottenuto su 10

La mamma cucina

Il punteggio minimo per superare la prova è 6 su 10.

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ESERCIZIO SUL TEMPO DEL VERBO Riconosci il tempo di un verbo.

Click con il mouse sulla frase presente ! Punteggio ottenuto su 10

Ieri il bambino giocava con gli amici Oggi il bambino gioca con gli amici

Il punteggio minimo per superare la prova è 6 su 10.

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Bibliografia

- E. Balboni, Approccio alla lingua italiana per allievi

stranieri, in Aa. Vv., Approccio alla lingua italiana per

allievi stranieri, Theorema Libri 2000.

- J. Cummins, Bilinguism and Special Education Issues in

Assessment and Pedagogy, Multilingual Matters, Avon

1984.

- D.P.R. 12 febbraio 1985, n. 104/85, Approvazione dei

nuovi programmi per la scuola primaria.

- G. Favaro, A. Mastromarco, G. Pallotti, P. Russomando,

Imparare l’italiano. Imparare in italiano. Alunni stranieri

e apprendimento della seconda lingua, Guerini e Associati

1999.

- Ministero della Pubblica Istruzione, Indicazioni per il

curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo

d’istruzione, Roma, settembre 2007.

- V. Pellegrino, S. De Clemente, Tecnologie dell’istruzione

e dell’apprendimento, verso un nuovo orientamento

pedagogico, Anicia, Roma 2010.

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Sitografia http://www.istruzione.it/web/hub http://www.scuolaelettrica.it/quiz/index.htm http://www.cittadinanzattiva.it/ http://www.cremi.it/cremi.htm http://www.intercultura.it/La-scuola-e-Intercultura/