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VITA E PENSIEROUniversità

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a cura diRENATA SALVARANI

Tecnologie digitali e catalogazione del patrimonio culturaleMetodologie, buone prassi e casi di studioper la valorizzazione del territorio

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© 2013 Vita e Pensiero - Largo A. Gemelli, 1 - 20123 MilanoISBN 978-88-343-2619-0

Collaborazione editoriale: Maria Del Giudice e Emanuele Rossi

Il presente volume è realizzato dall’Università Europea di Roma - Centro Studi Heritage e Territorio per il Distretto Culturale “Le Regge dei Gonzaga” nell’ambito del più ampio progetto Distretti culturali di Fondazione Cariplo.

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INDICE

SEZIONE PRIMACatalogazione e digitalizzazione per il territorio: elementi generali

RENATA SALVARANI“New media” e valorizzazione del territorio: strategie e modelli di utilizzo 9

LAURA CIANCIODal Catalogo alla Biblioteca digitale italiana di “Internet Culturale” 25

SARA PENCO“Scoprire l’opera d’arte – Sistema Penco”. Sistemi di catalogazione su base iconografica: esempi e linee di sviluppo 37

GUIDO BAZZOTTIRicostruzioni 3D per la manutenzione e la tutela dei beni culturali 61

SEZIONE SECONDAApplicazione delle metodologie e modelli di valorizzazione integrata:

il caso del Distretto culturale “Le Regge dei Gonzaga”

ELENA AIELLOIl Distretto culturale “Le Regge dei Gonzaga”: un modello innovativo di sviluppo e valorizzazione territoriale 75

GIANMARCO COSSANDIIl database bibliografico: un prototipo per la ricerca tematica 77

GLOBAL INFORMATICALa schedatura dei beni culturali per il Distretto culturale “Le Regge dei Gonzaga” 87

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6 INDICE

DANIELA SOGLIANILa pubblicazione di un database documentario sulla famiglia Gonzaga: problematiche e prospettive 107

SIMONA BRUNETTILa schedatura dei documenti gonzagheschi legati alla committenza teatrale 117

Bibliografia 141

Abstracts 145

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SEZIONE PRIMA

Catalogazione e digitalizzazione per il territorio: elementi generali

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RENATA SALVARANI*

“New media” e valorizzazione del territorio: strategie e modelli di utilizzo

Se la trasmissione della cultura è scrittura da parte a parte e si configura come tra-dizione intergenerazionale e interculturale, il passaggio stesso da un antecedente a un destinatario implica una scelta di contenuti e modalità. Di conseguenza, la se-lezione della memoria si configura anche come selezione del patrimonio culturale.

“La storia è scrittura da parte a parte: dagli archivi ai testi degli storici, scritti, pubblicati, dati da leggere. Il sigillo della scrittura è così trasferito dalla prima alla terza fase, da una prima inscrizione a un’ultima”, spiega Paul Ricoeur1. Le reinscrizioni sottopongono la conoscenza a un incessante processo di revisione: la stessa rappresentazione scritturale è frutto di una scelta che implica l’esclu-sione di altre possibilità, un taglio, che orienta e ridimensiona visioni, contenuti, connessioni. Così: “Ciò che sopravvive non è il complesso di ciò che è esistito nel passato, ma una scelta attuata sia dalle forze che operano nell’evolversi tem-porale del mondo e dall’umanità, sia da coloro che sono delegati allo studio del passato e dei tempi passati, gli storici2.

Ciò vale, in generale, in modo ancora più profondo per i mutamenti indotti dall’introduzione delle nuove tecnologie dell’informazione e, in particolare, per le loro applicazioni alla trasmissione, conservazione e valorizzazione del patri-monio culturale. La loro comparsa non solo ha modificato le modalità di orga-nizzazione e comunicazione di dati e informazioni, ma ha creato mutamenti nella stessa configurazione del patrimonio, arrivando a configurare un vero e proprio new heritage. Non solo, infatti, vengono diffusi on line immagini e dati relativi a documenti, opere d’arte e complessi monumentali, in una sorta di trasposizione virtuale del reale, ma si dà vita a forme di relazioni e connessioni concettuali nuove fra i contenuti, si determinano avvicinamenti e comparazioni fra oggetti lontani o mai messi in relazione prima, si aprono punti di vista nuovi, si dà forma grafica a idee, ricostruzioni, ipotesi di ciò che non esiste più inducendo una ri-considerazione del patrimonio fisicamente esistente, si formano nuove categorie interpretative. Non si tratta, in altre parole, di trasmettere gli stessi contenuti con linguaggi diversi, ma di forgiare una nuova creazione che assume un carattere

* Università Europea di Roma.1 P. RicoeuR, La memoria, la storia, l’oblio, Milano 2003, p. 335.2 J. Le Goff, Storia e memoria, Torino 1982, p. 443.

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composito e che si connota per la sua apertura a un pubblico teoricamente illimi-tato, a continue possibili trasformazioni e alle modifiche di un numero potenzial-mente non determinabile di soggetti.

Si configura come un insieme di più componenti, fra le quali il patrimonio “materiale” ha un ruolo importante ma non esclusivo, poiché si presenta come ancoraggio oggettivo di sviluppi altri, che possono diventare progressivamente più rilevanti, fino a marginalizzarne l’evidenza e a modificarne la percezione.

Si è determinata una modifica permanente dei circuiti di accesso all’informa-zione e alla conoscenza, che favorisce l’emergere di nuove pratiche culturali, di nuovi atteggiamenti e nuove aperture concettuali. All’interno di questo processo, i musei virtuali sono una delle manifestazioni più innovative in grado di mettere in evidenza dinamiche più generali. Facilitando l’accesso alle proprie opere e iniziative e utilizzando strumenti didattici basati sull’interazione e gli ipermedia, contribuiscono a rinnovare i metodi di appropriazione e comprensione dei beni culturali. Riducendo le barriere dovute alla distanza geografica e lasciando emer-gere nuove pratiche culturali, forniscono un sostegno importante alla cosiddetta “democratizzazione” della cultura. Ciò vale anche per le biblioteche, impegnate ormai da decenni a mettere on line non solo i loro cataloghi e servizi, ma anche i propri database e le collezioni di opere digitalizzate.

Da una parte, in generale, si comincia a riscontrare il beneficio che un accesso più ampio alle risorse culturali introduce nel mondo scientifico e della formazio-ne. Dall’altra, più nello specifico, si prospettano anche i vantaggi dell’incremento delle conoscenze per singoli territori, città, bacini geografici. Le ricadute positive vanno dall’incremento tout court dei visitatori virtuali, all’aumento di popolarità di luoghi, opere d’arte e brand, alla creazione di reti locali e sovralocali di cultori di determinate tematiche, allo scambio di motivi di innovazione, all’incremento di attività economiche, all’aumento del numero dei fruitori del patrimonio “mate-riale” nella sua collocazione fisico-spaziale.

Tali output positivi sono possibili all’interno di un approccio che riesca a man-tenere ancorati, in modo dinamico, gli aspetti materiali e i contenuti di cui essi sono portatori con gli sviluppi mediatici e virtuali, all’interno di un circuito di potenziamento e valorizzazione reciproca.

1. Spazio e patrimonio in rete: catalogazioni e digitalizzazioni

Catalogazioni e digitalizzazioni si inseriscono in un processo più ampio di in-terconnessioni fra patrimonio “materiale” e new media, fornendo una chiave di accesso sistematica al patrimonio e diffondendone immagini e contenuti, con evi-denti ricadute sia sul piano della conoscenza, sia su quello della preservazione, soprattutto per opere e documenti su supporti deperibili. Considerate così impor-tanti da essere al centro di vere e proprie campagne che hanno coinvolto singole istituzioni culturali e livelli nazionali e sovranazionali di indirizzo politico, com-

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portano il ricorso a modalità specifiche di trasmissione e veicolazione del patri-monio e si configurano anche come strumenti di selezione del patrimonio stesso.

Non soltanto le collezioni che vengono inventariate on line e digitalizzate ottengono una maggiore visibilità internazionale finendo per assumere una pre-ponderanza anche semantica e di prospettiva critica rispetto al patrimonio che non viene veicolato on line, ma si aprono mutamenti nella percezione stessa dei temi di cui esse sono portatrici e nell’insieme della “cultura” che viene trasmessa, creata e ricreata.

La questione dell’impatto della scelta del medium rispetto al contenuto, in-fatti, è antica quanto la stessa trasmissione culturale. L’introduzione del papiro o della pelle di animale come supporto per la conservazione di poemi epici come l’Iliade e l’Odissea, nel VI secolo a.C. ha forzato una standardizzazione di ciò che, fino ad allora, era stato un insieme di versi tramandati a memoria e recitati da cantori. Il codice, che cominciò a sostituire sistematicamente i rotoli a partire dal II secolo d.C., ha permesso di trasportare e conservare più facilmente le collezioni letterarie, ma poiché questa forma era considerata meno pregiata rispetto ai rotoli di pergamena, fu scelta per trascrivere opere più correnti e di livello più basso, rispetto ai grandi testi di tradizioni più antiche, con il risultato che parte di questi ultimi non fu copiata e andò in parte perduta. L’invenzione dei caratteri mobili nel XV secolo contribuì notevolmente alla diffusione di testi e informazioni nell’Eu-ropa dell’Umanesimo e del Rinascimento, ma la sua stessa introduzione compor-tò una maggiore fortuna per i testi considerati più innovativi e “utili” a scapito di altri, la cui tradizione si arrestò o che andarono poi perduti.

L’impatto delle tecnologie digitali sulla trasmissione e selezione del patri-monio culturale è considerato superiore a quello indotto da qualsiasi trasforma-zione mediatica del passato. Apre problematiche poste alla convergenza fra arti, tecnologia, forme socioculturali di conservazione e trasmissione della memoria, aspetti istituzionali e politici, sfidando le forme tradizionali di rappresentazione, comunicazione e configurazione della cultura. L’apparente illimitatezza delle po-tenzialità dei new media rendono queste questioni tanto più profonde e rilevanti nel contesto della società globale.

2. Nuovi destinatari per una diversa fruizione

Non si tratta soltanto di allargare il numero dei destinatari del patrimonio, che po-tenzialmente coincidono con tutti coloro che hanno accesso alla rete, a sua volta anch’essa in teoria estensibile senza limiti predefiniti, ma di “creare” nuove tipo-logie di destinatari anche ridefinendo le modalità stesse di fruizione della cultura e di sperimentare nuovi nessi logici e critici fra i contenuti.

In una sorta di implementazione esponenziale delle possibilità di conoscenza implicite nel patrimonio culturale, si configurano nuovi gruppi di utilizzatori che sperimentano potenzialità prima non ipotizzate e ulteriori forme di utilizzo.

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All’interno di questo processo si modificano anche le interazioni fra locale e globale, fra la dimensione fisica localizzata del patrimonio e la collocazione potenzialmente libera e indistinta dei destinatari.

Il “caso” delle biblioteche digitali può portare alle estreme conseguenze lo sviluppo di tali implicazioni, mostrandone opportunità e limiti e prospettando strategie innovative per la conoscenza e la valorizzazione dei territori che sono detentori e artefici del patrimonio “materiale”.

In teoria, una biblioteca digitale globale dà accesso alle informazioni in tutte le lingue del mondo, a tutti, a tutte le ore. Il caso ideale va oltre la nostra capacità di prefigurare le applicazioni delle tecnologie e le loro implicazioni di carattere culturale e organizzativo. Tuttavia può mettere in evidenza le problematiche di queste evoluzioni. In generale, i sistemi di informazione più semplici da costruire sono quelli che mettono in rete collezioni piccole e compatte destinate a comunità di utenti piccole e omogenee. Per contro, una biblioteca digitale globale è lo sce-nario più difficile: un vasto e disparato insieme di collezioni destinato a una vasta ed eterogenea comunità di utenti. Nessuna singola collezione, interfaccia o set di capacità di sistema può essere adatta ai bisogni e alle esigenze di tutte le categorie di utenti, in tutto il mondo.

Tuttavia la prospettiva di una biblioteca digitale globale presenta diverse op-portunità: mettere a disposizione informazioni utili per un gruppo ristretto di utenti e, nello stesso tempo, renderle accessibili per un pubblico nuovo di interes-sati, che prima non era previsto, che potrebbe farne un uso differente o utilizzarle in una prospettiva di conoscenza nuova. Un’altra possibilità è quella di rendere gli utenti capaci di utilizzare format, forme di organizzazione e linguaggi che pri-ma non conoscevano, ampliando le loro competenze e generando, in prospettiva, un’ulteriore domanda di conoscenza3.

Una tale vastità di amplificazioni può sconfinare nell’indeterminatezza dell’ir-realizzabile, ma, al suo interno, si possono delineare alcuni percorsi che suggeri-scono soluzioni e strategie per incentivare la conoscenza di patrimoni generati in un preciso contesto territoriale, nella prospettiva di valorizzare gli spazi fisici che a quel patrimonio restano indissolubilmente legati.

3. La materialità del patrimonio e le sue percezioni

Se, da un lato, la creazione di biblioteche e banche dati digitali implica il ri-schio di distorsioni di prospettiva e in particolare il pericolo di svincolare le in-formazioni relative al patrimonio dal patrimonio fisico stesso e dal suo ambito spaziale, dall’altro è possibile anche veicolare le informazioni in modo da far ritornare l’attenzione a una centralità del territorio, dilatandone le potenzialità

3 C.L. BoRGman, From Gutenberg to the Global Information Infrastructure. Access to Information in the Networked World, Cambridge-London 2000, pp. 209-223.

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culturali. Si aprono, infatti, problematiche epistemologiche con ampi riflessi anche sul piano culturale generale e su quello della valorizzazione del patrimo-nio tradizionalmente inteso. L’uso dei new media può dare adito a una perdita di senso delle distanze spaziali e temporali e, allo stesso modo, a un’assenza di localizzazione sia del soggetto che ne fa esperienza, sia dell’oggetto interpre-tato. La de-spazializzazione dell’oggetto implica l’eventualità di una perdita di senso del luogo da parte del soggetto e – insieme – una perdita del senso proprio dell’eredità culturale4.

Come il luogo, lo spazio e il tempo vengono alterati nell’età dei nuovi media? Che cosa questo implica per l’esperienza e l’interpretazione del patrimonio cul-turale?

La definizione stessa di patrimonio culturale, in particolare nel contesto euro-peo e occidentale, implica un rapporto profondo con la materia e con una speci-fica fisicità. Tuttavia l’accezione stessa è stata dilatata, accentuando l’importanza di altri aspetti.

La convenzione Unesco per la salvaguardia del patrimonio culturale intan-gibile del 2003 sposta l’attenzione su rappresentazioni, sistemi di conoscenza, forme di narrazione, ma questo non implica necessariamente un abbandono del materiale a favore del non materiale. Piuttosto riflette una reazione contro una passata concezione del patrimonio culturale che enfatizzava soprattutto collezio-ni e monumenti, conservazione ed esposizione statica di manufatti presentati in una prospettiva culturale univoca5. In questa prospettiva la distinzione fra patri-monio materiale e immateriale risulta essa stessa artificiosa. Si afferma, invece, una visione dinamica della cultura e del patrimonio stesso, che si colloca al centro di un circuito di azioni di circolazione, interazione e molteplicità di prospettive e di interconnessioni.

Così, la materialità non corrisponde a una semplice localizzazione o stato di luogo, ma implica un’appartenenza identitaria che si configura anche come spa-ziale e territoriale, in una concezione dinamica e aperta della cultura. Ne deriva che i new media non distruggono la materialità localizzata dell’esistenza umana, ma modificano il modo in cui spazio, tempo e luogo vengono percepiti e capiti, incidendo sul modo in cui viene percepita la stessa esistenza umana.

Essi offrono enormi potenzialità per la valorizzazione e il rafforzamento dell’esperienza e della comprensione del patrimonio. Il problema non è una sup-posta alternativa fra patrimonio materiale e new media, ma è, piuttosto, come fare il miglior uso possibile di questi mezzi in una prospettiva che mantenga anche l’integrità dei manufatti e dei siti, che conservi un senso della distanza e della dif-

4 J. maLpas, Cultural Heritage in the Age of New Media, in Y.E. KaLay - T. Kvan - J. affLecK (eds.), New Heritage. New Media and Cultural Heritage, London-New York 2008, pp. 13-26.5 Per lo sviluppo di questa concezione nel diritto internazionale: F. mucci, La diversità del patrimonio e delle espressioni culturali nell’ordinamento internazionale. Da “ratio” implicita a oggetto diretto di protezione, Roma 2012.

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ferenza fra il passato e il presente, fra l’originale e la ricostruzione, fra l’oggetto e la sua interpretazione.

L’individuazione di strategie orientate a sviluppare la ricchezza delle implica-zioni della spazialità e l’introduzione di buone prassi connesse con la valorizza-zione si inseriscono all’interno di processi più ampi di ricerca e sperimentazione connessi con una riflessione epistemologica e culturale lato sensu sulle potenzia-lità dei new media e delle tecnologie informatiche. Nello specifico, preconizzare percorsi di progettazione orientati a mantenere e sviluppare il senso della ma-terialità localizzata del patrimonio va ad interagire con abitudini di fruizione e comportamenti sedimentati nel tempo.

Le tecnologie dell’informazione rendono possibile ogni tipo di nuova attività e nuove modalità di realizzare le attività precedenti, ma le persone non dismet-tono le loro abitudini e il loro modo di agire ogni volta che si introduce una nuova tecnologia. Allo stesso modo, nessuna nuova tecnologia viene introdotta senza aspettative sul modo in cui verrà impiegata. In generale, lo scenario più probabile per il futuro non sarà né una rivoluzione, né un’evoluzione, ma una co-evoluzione di tecnologie, comportamenti umani e forme dell’organizzazione. Le persone scelgono e implementano tecnologie che non solo sono disponibili, ma corrispondono alle loro modalità di azione e ai loro obiettivi. Utilizzandole, le adattano a corrispondere ai loro bisogni, spesso in modo non previsto da chi le ha progettate6.

Così il campo della valorizzazione del patrimonio culturale e del territorio può aprirsi a nuove strategie di comunicazione, ma all’interno di una dialettica profonda con le prassi in uso e con una visione dinamica della società e dei suoi processi culturali.

Proprio la complessità della sfida di un rinnovato “access to information in a networked world” pone la necessità di superare una strategia per tentativi singoli, per approdare a uniformazioni condivise e all’introduzione consapevole di stan-dard comuni.

4. Protocolli e linee di unificazione

In questa prospettiva si segnalano alcuni “casi” che possono essere considerati altrettanti step di una costruzione progressiva.

La Commissione Europea, Direzione Generale Information Society, Cultural Heritage Applications D2, nel luglio del 2000 pubblicò un bando per uno studio strategico sugli Scenari tecnologici per l’economia culturale del futuro: lo stu-dio DigiCULT, che consiste in una road map destinata in particolare ad archivi, biblioteche e musei7. L’analisi è stata condotta con quattro obiettivi principali:

6 BoRGman, From Gutenberg to the Global Information Infrastructure, p. 4.7 http://www.digicult.info/pages/index.php. A.M. muLRenin, DigiCULT: Unlocking the Value of Europe’s

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fissare lo stato dell’arte delle tecnologie finalizzate ai beni culturali, dei contenuti, dei servizi e della domanda complessiva nel settore degli archivi, biblioteche e musei digitali in Europa; evidenziare il contesto in cui si colloca lo sviluppo delle tecnologie digitali (aspetti economici, implicazioni legali connesse con la tutela dei diritti di autore, questioni organizzative); raccogliere informazioni sulle poli-tiche nazionali e sui progetti in grado di incentivare lo sviluppo del settore; elabo-rare raccomandazioni e linee-guida destinate sia agli operatori del settore, sia ai soggetti politici, nazionali ed europei, in grado di orientare gli sviluppi generali8.

Prima di tutto è emerso che le istituzioni culturali europee hanno ormai ac-quisito come obiettivo il potenziamento dell’accesso al ricco patrimonio cultu-rale europeo ed hanno ormai sancito il passaggio di priorità dalla creazione di collezioni alla diffusione di informazioni e immagini relative ai contenuti legati alle collezioni stesse. Tuttavia garantire l’accesso a tali informazioni è soltanto la condizione di base per un’effettiva apertura e messa in circolo del valore po-tenziale del patrimonio culturale custodito dalle istituzioni memoriali europee. Resta così aperta la questione: come fare un uso migliore delle immense risorse culturali a disposizione portandole all’attenzione di un pubblico più ampio?

Lo studio DigiCULT ha individuato una possibile risposta in un’azione com-plessiva collocata sul piano politico, articolata su quattro livelli: sostenibilità e “sfruttamento” economico delle risorse culturali (digitali), economie di scala nel-la gestione dei beni culturali grazie all’uso di tecnologie digitali; possibilità di moltiplicare le informazioni relative al patrimonio sfruttando i margini offerti dalle tecnologie digitali anche incentivando il plurilinguismo; interventi atti a colmare il gap tecnologico che ancora divide il settore culturale da altri mondi (secondo lo studio, soltanto il 25% delle istituzioni culturali europee è in grado di accedere agli strumenti delle tecnologie digitali e di utilizzarle per operazioni di valorizzazione e di condivisione delle informazioni); programmi volti a mettere in atto misure organizzative che permettano di sviluppare il capitale umano come chiave di volta per una piena valorizzazione del patrimonio culturale.

Il progetto The Heritage Illustrated Thesaurus, realizzato tra il 2001 e il 2002 in Gran Bretagna, è consistito nella creazione di un repertorio on line del patrimo-nio monumentale britannico, illustrato con immagini dell’archivio del NMR, Na-tional Monuments Record’s9. Include modelli tridimensionali e descrizioni basate su immagini e chiavi di ricerca. Raccoglie termini significativi per il patrimonio architettonico e per l’insieme del “costruito” collegandoli con immagini e sche-de di singoli complessi, contribuendo così a delineare tipologie architettoniche

Cultural Heritage Sector, in J. HemsLey - V. cappeLLini - G. stanKe (eds.), Digital Applications for Cultural and Heritage Institutions, Aldershot-Burlington 2005, pp. 17-26.8 B. smitH, Politiche europee e conservazione dei beni culturali digitali, in V. toLa - C. casteLLani (a cura di), Futuro delle memorie digitali e patrimonio culturale, Atti del Convegno internazionale (Firenze, 16-17 ottobre 2003), Roma 2004, pp. 112-117.9 http://cordis.europa.eu/projects/rcn/58129_en.html. pH. caRLisLe, HITITE: IST-2000-28484 The Heritage Illustrated Thesaurus: An On-Line Resource for Monument Identification, ibi, pp. 167-173.

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e modelli di interpretazione. Il suo obiettivo è stato quello di dare risposte alle richieste di informazioni di studiosi, ricercatori e utenti professionali, ma anche quello di ampliare il pubblico dei destinatari di informazioni sui luoghi e gli edi-fici più significativi, all’interno di un’ampia operazione di divulgazione.

L’ICCD, Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione, con oltre cin-que milioni di items, è uno dei maggiori centri di documentazione del patrimonio culturale in Italia e in Europa. Progettato sulla base dell’attività svolta continuati-vamente dall’Istituto, ha il suo punto di forza nella concezione stessa di patrimo-nio culturale, inteso come prodotto di interazioni di società, città e territori con le opere d’arte e le espressioni della cultura. In questa prospettiva, i singoli oggetti, le collezioni museali, archivistiche e bibliotecarie sono catalogati e presentati in relazione con gli ambiti territoriali che li hanno generati10. Il SIGeC, Sistema Informativo Generale del Catalogo, è articolato secondo un’architettura modu-lare e diviso in quattro sottosistemi: alfanumerico, multimediale, cartografico e in un sistema progettato intorno all’utente. Quest’ultimo rende i dati dell’ICCD accessibili attraverso ricerche tecnologicamente avanzate e modalità di utilizzo organizzate sulla base di processi predeterminati che ottimizzano le funzioni di navigazione (e quindi i tempi della consultazione). L’attività di catalogazione svolta dall’Istituto ha contribuito ad introdurre elementi metodologici tesi ad in-crementare le conoscenze sui singoli elementi del patrimonio, con la creazione di tre livelli procedurali: l’identificazione della risorsa, con una breve descrizione composta di nuclei semantici collegati con altri elementi della schedatura; le in-formazioni sulla risorsa, strutturate per dati rilevanti per la risorsa per permettere una rapida analisi della risorsa che così diventa immediatamente visibile all’in-terno dei network della conoscenza; la scheda di catalogo vera e propria, il livello più completo e integrato dell’operazione di divulgazione dei dati, che lancia la risorsa all’interno di reti di conoscenza, rendendola accessibile con più chiavi scelte dall’utente, in base al suo profilo.

Anche sulla base di questi precedenti, che hanno contribuito ad evidenziare specificità delle singole situazioni, discrasie e difficoltà di unificazione, si presen-ta più opportuno individuare metodologie condivise che non elaborare ed imporre tout court standard di uniformazione. Può risultare, quindi, più utile individuare alcuni casi rappresentativi.

5. Casi applicati rappresentativi

Il progetto MyDante, sviluppato dal Centre for New Designs in Learning and Scholarship della Georgetown University, è una sperimentazione di lettura inte-rattiva condivisa di un capolavoro letterario che, nei secoli e tutt’oggi, si presta ad

10 M.L. poLicHetti, The ICCD Catalogue’s General Information System: A Tool for Knowledge, Preservation and Valorization of National Cultural Heritage, ibi, pp. 143-146.

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approfondimenti, analisi, rivisitazioni anche individuali che si dilatano potenzial-mente all’intero pubblico dei lettori11. Si configura come un ipertesto interattivo che include traduzioni, commenti, saggi, immagini, rielaborazioni, performances.

Il portale incoraggia il lettore a conoscere il poema in modo del tutto perso-nale, condividendo successivamente punti di vista e spunti del proprio “viag-gio” culturale ed esistenziale. La tecnologia su cui è basato è stata concepita per supportare una precisa prospettiva pedagogica, che incoraggia il coinvolgimento degli utenti nell’approccio alla “lettura contemplativa” che ha nella tradizione ebraica e cristiana dell’esame dei testi biblici il suo antecedente alto di riferi-mento. Prima di tutto il sito ha l’obiettivo di condurre gli utenti all’interno del testo della Divina Commedia, favorendone la comprensione anche attraverso il confronto comparativo con altri testi e altre opere d’arte (film, pièces teatrali, cicli figurativi, illustrazioni). Successivamente stimola i lettori ad entrare in una community, incoraggiandoli ad esplorare gli uni le prospettive interpretative aper-te dagli altri, in una prospettiva di continua scoperta, riscoperta e attualizzazione del testo poetico.

Su un altro piano e in un contesto diverso, il progetto SmartMuseum ha come fulcro una piattaforma che condivide informazioni sulle collezioni dei musei aderenti, insieme con esperienze di valorizzazione, iniziative, manifestazioni, superando barriere linguistiche e geografiche12. Parte dal presupposto che il ric-chissimo patrimonio culturale europeo faccia riferimento a un contesto e a idee comuni e che possa trovare la sua migliore utilizzazione proprio all’interno di uno spazio di conoscenza il più possibile condiviso, moltiplicando il numero dei suoi destinatari e le implicazioni delle informazioni. L’elemento più innovativo del progetto è il collegamento dei singoli elementi del patrimonio con il territorio e con lo spazio fisico in cui essi sono collocati: tale prospettiva apre la diffusione delle informazioni ad implicazioni turistiche e, più in generale, a una fruizione integrata del patrimonio stesso. Per questo i dati forniti sono organizzati per esse-re fruibili sia via web, sia via mobile. In quest’ultima modalità sono previsti due scenari: il fruitore-visitatore si trova all’interno del museo, l’utente si trova all’e-sterno, nel contesto della città. Nel primo caso vengono fornite informazioni sugli oggetti esposti e si registrano commenti e suggerimenti, in modo parzialmente in-terattivo, mettendo in evidenza ulteriori possibilità di visita e di conoscenza. Nel secondo, è indicata la presenza di opere d’arte e luoghi di interesse in un raggio variabile di distanza, a seconda del punto fisico in cui si trova l’utente. In questo

11 F. amBRosio - W. GaRR - E. maLoney - T. scHLafLy, MyDante and Ellipsis: Definig the User’s Role in a Virtual Reading Community, ibi, pp. 95-99.12 http://smartmuseum.eu/. T. Kauppinen - T. RuotsaLo - F. Weis - S. RocHe (eds.), SmartMuseum Knowledge Exchange Platform for Cross-European Content Integration and Mobile Pubblication, in C. ciRinnà - M. LunGHi (eds.), Cultural Heritage On Line. Empowering Users: An Active Role for User Communities, Firenze 2009, pp. 105-108. Partner del progetto sono Apprise (Estonia), National Institute for Research in Computer Science and Control INRIA (Francia), Helsinki University of Technology (Finlandia), Royal Institute of Technology in Stockholm (Svezia).

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modo la scelta della fruizione diventa aperta a possibilità ulteriori, di cui viene data un’informazione sommaria.

La rete Minerva-Nrg, finanziata all’interno di un progetto della Commissione Europea, Direzione generale per la società dell’informazione, è un punto di rife-rimento europeo per la digitalizzazione del patrimonio culturale13. Agisce in un quadro di integrazione delle molteplici categorie del patrimonio – archivi, biblio-teche, musei, patrimonio diffuso sul territorio – per promuoverne la conoscenza, fruibilità e accessibilità in rete per un vasto pubblico. Individua linee di azione che si concretizzano nella definizione di raccomandazioni e linee-guida per la qualità dei siti web, l’interoperabilità dei sistemi, la conservazione a lungo termi-ne delle risorse digitali, la definizione di “buone pratiche”. Predispone, inoltre, una piattaforma tecnologica di livello europeo per la realizzazione di repertori nazionali di fondi digitali. Proprio in prospettiva di delineare standard e meto-dologie comuni per l’Unione, Minerva ha l’ambizione di porsi come modello di riferimento per le esigenze di coordinamento che si esprimono nelle attività di digitalizzazione, come rete aperta per lo scambio e la circolazione delle infor-mazioni fra i Ministeri della Cultura in Europa, a partire da un’idea del rapporto fra beni culturali e nuove tecnologie in cui queste ultime sono potenzialità per dilatare la fruizione e l’accesso per un pubblico potenzialmente sempre più vasto.

Su un piano altrettanto ampio e con una prospettiva temporale di lungo re-spiro si colloca Europeana, una rete che raccoglie milioni di elementi digitaliz-zati appartenenti a musei, archivi e biblioteche europei, una biblioteca digitale che riunisce contributi già digitalizzati da diverse istituzioni dei ventisette Paesi membri dell’Unione Europea in ventitré lingue14. La sua dotazione include libri, film, dipinti, giornali, archivi sonori, mappe, manoscritti ed archivi. Rappresenta una delle più importanti vie di accesso al patrimonio culturale del Vecchio Con-tinente. Raccoglie quattro categorie di documenti, ulteriormente divisi in sotto-categorie: immagini (dipinti, disegni, carte geografiche, foto, immagini di oggetti conservati in musei e raccolte), testi (libri, giornali, documenti di archivio), suoni (musiche e testi audio), video (film, filmati, elementi di archivi televisivi). Lo svi-luppo del progetto è concepito per aggregazione di soggetti e istituzioni culturali che decidono di consentire l’accesso libero al loro patrimonio di informazioni. Sovrintende all’insieme la Fondazione EDL, che include istituzioni culturali chia-ve d’Europa.

In Italia assumono un valore specifico alcuni progetti promossi e monitorati dall’ICCU, Istituto Centrale per il Catalogo Unico.

Fra questi, Internet Culturale è un portale plurilingue che permette agli utenti l’accesso a documenti e risorse digitali delle biblioteche italiane e di ottenere in-

13 R. caffo, Il progetto Minerva, in toLa - casteLLani (a cura di), Futuro delle memorie digitali e patrimonio culturale, pp. 273-275.14 Per un accesso diretto al portale: http://www.europeana.eu/.

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formazioni sulle loro attività15. Il portale permette di effettuare ricerche attraverso il sistema nazionale dei prestiti on line, visualizzare e scaricare immagini di colle-zioni digitali collegate, effettuare ricerche nei cataloghi storici digitalizzati delle biblioteche e di istituzioni culturali, effettuare ricerche nel database nazionale delle biblioteche italiane. In base al grado di partecipazione delle singole istitu-zioni al progetto, è possibile anche effettuare ricerche specifiche su incunaboli e testi a stampa antichi, accedere al catalogo dei manoscritti latini censiti dal siste-ma Manus, accedere alle descrizioni e alle immagini di palinsesti greci.

La rete Cultura Italia si propone, invece, come via di accesso al patrimonio culturale italiano, organizzando milioni di informazioni correlate con le risorse presenti sul territorio. I contenuti non sono forniti dall’Istituto Centrale per il Catalogo Unico ma dalle singole istituzioni detentrici dei beni o delle iniziative presentate. Attraverso il portale, gli utenti accedono a un database di metadati che organizza e diffonde le informazioni provenienti dai partecipanti al network. Il servizio è destinato sia al pubblico generico, che cerca informazioni di base sul patrimonio e sulle forme di fruizione possibili, sia ad utenti più evoluti che possono partire dal portale per ricerche più specifiche all’interno dei singoli siti e dei cataloghi degli enti aderenti.

Il progetto è promosso dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali con la consulenza scientifica della Scuola Normale Superiore di Pisa.

Altrettanto importante sia per l’impostazione che l’ampiezza dei contenuti, tanto da essere diventato un punto di riferimento ineludibile per le ricerche su base archivistica, è il Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Ar-chivistiche, noto con l’acronimo SIUSA, che si propone come punto di accesso primario per la consultazione e la ricerca del patrimonio archivistico non statale, pubblico e privato, conservato al di fuori degli Archivi di Stato16.

In esso sono descritti: i complessi archivistici con le loro articolazioni; i soggetti (enti, persone e famiglie) che hanno prodotto la documentazione nello svolgimento della loro attività; i soggetti che conservano gli archivi. Sono inol-tre presenti schede di carattere generale che forniscono informazioni storiche, istituzionali ed archivistiche utili per la comprensione del contesto. Il sistema è concepito in modo da essere ampliato a collezioni archivistiche e inventari che si volessero aggiungere e in modo da essere collegato con operazioni di digitalizza-zione dei documenti.

In un ambito localizzato, particolarmente significativa per il rapporto fra new media, patrimonio culturale e territorio è, invece, l’attività realizzata dal Museo Civico di Rovereto.

15 http://www.internetculturale.it. R. caffo, Digital Libraries Programs in Italy, in ciRinnà - LunGHi (eds.), Cultural Heritage On Line, pp. 39-45.16 A.B. ciddio - M. taGLioLi - G. di tota, Inventari di archivi nella rete. Il sistema informativo unificato per le Soprintendenze Archivistiche – SIUSA, in F. cavazzana RomaneLLi - S. fRanzoi - D. poRcaRo massafRa (a cura di), Strumenti di ricerca per gli archivi fra editoria tradizionale, digitale e in rete, Trento 2012, pp. 131-139. Per l’accesso al sistema: http://siusa.archivi.beniculturali.it/cgi-bin/pagina.pl.

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L’uso dei social media sta trasformando i comportamenti dei fruitori del patri-monio culturale: essi diventano partecipanti attivi dell’elaborazione della cultura, più che fruitori passivi. Concretamente, come stanno reagendo a questi mutamen-ti le istituzioni culturali tradizionalmente più legate al territorio? Il caso del Mu-seo Civico di Rovereto mette in evidenza la possibilità di mettere in atto strategie che sappiano recuperare e valorizzare un’esperienza pregressa più che secolare di attività culturale con le possibilità offerte dalla dilatazione esponenziale dei fruitori e con l’affermazione di una loro predisposizione sempre più attiva17.

Aperto nel 1851, ha sviluppato le proprie collezioni in relazione con gli appro-fondimenti dello studio dell’area della Vallagarina e del Trentino, arricchendosi di documentazione, immagini, cartografia, dossiers, progettazioni, dati. Il sito del Museo offre centinaia di migliaia di carte digitalizzate riferite a campi di indagine diversi, fornendo al pubblico un archivio costantemente aggiornato e consulta-bile in modo diretto. Molti di questi items sono georeferenziati (con un sistema GIS messo a punto dall’Università degli Studi di Siena). Lo spazio virtuale del sito mostra gli oggetti conservati nel Museo e, insieme, una rete di informazioni ad essi connesse, che fornisce ai cittadini elementi importanti di conoscenza del territorio e dei suoi fenomeni (naturali, storici, sociali, economici). Alle sezioni liberamente accessibili si aggiungono spazi virtuali destinati ai ricercatori e agli studiosi, che formano una community che opera insieme con l’Istituzione, nei singoli settori di competenza. In questo modo il Museo ha sviluppato una sorta di laboratorio virtuale per una comunità scientifica che, mantenendo un contatto con le tematiche poste dalle collezioni stesse, condivide e divulga informazioni e risultati di ricerca in tempi molto rapidi. L’istituzione culturale, come un grande workshop, può creare e “vendere” conoscenze che vengono costantemente incre-mentate intorno ai contenuti di cui è detentrice, grazie agli apporti dei collabora-tori scientifici che vi ruotano intorno e che essa riesce ad aggregare. Questi ultimi, a loro volta, sono incentivati e indirizzati nella loro attività dalle iniziative, reali o virtuali, del Museo che si pone così come punto di riferimento.

Vi si aggiunge un’attività di stimolo più ampia e libera, messa in atto attraver-so una web tv di carattere scientifico, un laboratorio aperto che coordina le espe-rienze del Museo con la creatività di studenti e insegnanti, ricercatori e professio-nisti. Il canale diffonde sia prodotti video professionali su tematiche specifiche, sia filmati realizzati dagli utilizzatori, documenti collegati con progetti di ricerca, elaborazioni di carattere didattico.

Complessivamente, queste attività che sono aperte alle interazioni con i priva-ti e con i soggetti economici del territorio, rendono il Museo autosufficiente dal punto di vista gestionale, facendone un modello di valorizzazione integrata del patrimonio nel suo insieme. Altrettanto rimarcabile è la quantità di informazioni

17 http://www.museocivico.rovereto.tn.it/. C. caRReRas - F. mancini, Improving Cultural Web Production in Small-Size Institutions: Strategies to Promote Heritage in a Productive Basis, in ciRinnà - LunGHi (eds.), Cultural Heritage On Line, pp. 187-188.

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che vengono veicolate: gli utenti del Museo scaricano ogni anno 50 gigabytes; il tempo di visita del sito è considerato lungo o medio-lungo, indice di un effettivo interesse per i contenuti; molti degli utenti che entrano in contatto con il Museo e poi ne utilizzano la piattaforma on line sono ricercatori o professionisti, che si rivolgono a questa fonte di informazione per ottenere servizi e dati non reperibili altrimenti.

6. Il caso dei database sui Gonzaga

Il “caso” dei database sui Gonzaga, creati dal Centro Studi Heritage e Territorio dell’Università Europea di Roma all’interno delle attività del Distretto culturale “Le Regge dei Gonzaga”, si inserisce in questo scenario, in una prospettiva di co-noscenza e valorizzazione del patrimonio in relazione con il territorio. La chiave dell’impostazione complessiva è eminentemente storica: il perno è lo studio della dinastia, dalle origini ai suoi sviluppi internazionali fino al declino e all’estinzio-ne. La casata ha strutturato il territorio del ducato dal punto di vista istituzionale, conformandone anche il paesaggio agricolo, la conformazione urbana dei centri, le forme organizzative dell’economia. Il patrimonio artistico, architettonico e do-cumentario legato alla famiglia è stato generato all’interno del territorio, in fun-zione di esso o in relazione con le sue trasformazioni. Indipendentemente dalla sua attuale collocazione spaziale, la catalogazione e l’analisi di tale patrimonio rimanda direttamente alla dinastia e, insieme, all’ambito geografico in cui essa ha radicato la sua azione politica. Ne deriva che la collocazione in rete di infor-mazioni relative al patrimonio e la sua interazione con i new media non può che rinviare al territorio del ducato, aprendo prospettive di indagine nuove e anche non previste.

Sono stati creati due database integrati costruiti con linguaggi compatibili, uno dedicato al patrimonio tangibile (nuclei monumentali, collezioni, complessi architettonici, singole opere o documenti) e l’altro di carattere bibliografico. En-trambi sono improntati a una forte monotematicità espressa dalle stesse delimita-zioni dei campi e delle potenzialità delle banche dati.

La specificità dei database rispetto ad esperienze simili in corso consiste nell’essere espressione di un territorio geograficamente limitato e pressoché uni-forme e nell’essere direttamente riconducibili alla fisicità di un patrimonio tut-tora presente sul territorio del ducato dei Gonzaga o, in ogni caso, legato a quel territorio, alle sue istituzioni di governo, alle sue residenze, alle reti di relazioni e di spostamenti che vi facevano capo. Quest’ultimo aspetto – la centralità di do-cumenti e testimonianze materiali rispetto a un network ben più ampio di legami e di interconnessioni – è chiave ermeneutica e critica primaria per la conoscenza storica del tema. Al contempo, essa può essere tradotta in criterio di classifica-zione e di aggregazione dei dati e delle informazioni. Così è stato fatto per la costruzione dei database: documenti, oggetti, segni impressi nello spazio sono

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considerati nella loro specificità ma anche in relazione con autori, committenti, destinatari e con l’insieme dei rapporti in cui essi vivevano. Lo stesso vale per le risorse bibliografiche, considerate in rapporto con il tema specifico, ma anche con problemi e contesti più ampi a cui il tema si apre.

La rete stessa, storicamente ricostruita, si arricchisce così di nuovi nessi, im-plicazioni e sviluppi: fra patrimonio culturale tradizionalmente inteso e new media si crea un circuito di sovrapposizioni e interrelazioni che dilata in modo esponenziale le potenzialità di conoscenza. Il territorio, sorta di correlativo og-gettivo e rimando continuo di tanta parte di questo processo, si avvantaggia, a sua volta, dell’incremento di dati e nozioni.

Il database bibliografico è esemplato sulle schede OPAC18, sviluppandone le possibilità di dialogo con altre banche dati e reti di cataloghi on line, con una netta specializzazione tematica delle chiavi di ricerca.

Il database relativo ai beni culturali, per esigenze di comunicatività e intera-zione con altre banche dati, ha recepito struttura e tracciati del sistema SIRBeC19, ma ne ha potenziato gli aspetti più legati alla fruizione e ai legami con lo spazio e con il territorio, rendendo ogni nucleo di patrimonio non solo collocabile nel suo contesto, ma anche rapportabile con altri elementi, dati e informazioni in base a criteri spaziali.

I due database dialogano fra loro, non solo grazie a rimandi fra oggetti e bi-bliografia relativa specifica, ma anche grazie a chiavi di ricerca che permettono di ricondurre singoli elementi a tematiche più generali e complesse.

Inoltre, all’interno del portale del Distretto culturale “Le Regge dei Gonza-ga” è possibile accedere a catalogazioni precedenti realizzate da enti e istituzioni culturali legate al territorio mantovano, anche in relazione con la realizzazione di iniziative editoriali, documentarie ed espositive20.

L’insieme dei database ha come destinatari principali studiosi e ricercatori, ma la sua utilizzazione si allarga in generale a tutti i fruitori del patrimonio e del territorio, a vari livelli. Tutte le utilizzazioni possono convergere, in una prospet-tiva aperta, nella valorizzazione ampia del territorio nel suo insieme che, così grazie alle potenzialità dei new media, si connota come culla e riferimento per il patrimonio culturale e come bacino di sviluppo di ulteriori conoscenze.

Nel suo ambito, reale e figurato, si integrano le diverse forme di patrimonio, andando a configurare un diverso complesso di new heritage, composito di ele-menti e nuclei materiali, dati, metadati, immagini, aggregazioni, mappe, grafici, tutti in interazione reciproca e aperti agli input dei destinatari-fruitori.

Tale insieme, per la prospettiva critica in cui è stato elaborato e per l’imposta-zione stessa delle sue chiavi di accesso, implica percorsi che ritornano al territo-rio, ai beni e ai segni che vi si esprimono.

18 http://www.sbn.it/opacsbn/opac/iccu/informazioni.jsp.19 Per accedere al sistema: http://www.culture.lispa.it/sitserv/.20 Si vedano i saggi di presentazione degli aspetti contenutistici e tecnici in questo volume.

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Si propone, così, quale esempio di come i new media, utilizzati e sviluppati in funzione del patrimonio materiale esistente, si possano configurare come utili educational tools, più che come expensive toys finalizzati al piacere della speri-mentazione o a forme autoreferenziali e distorsive di comunicazione21.

21 M. economou - L. pujoLtost, Educational Tool or Expensive Toy? Evaluating VR: Evaluation and Its Relevance for Virtual Heritage, in KaLay - Kvan - affLecK (eds.), New Heritage, pp. 242-259.

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LAURA CIANCIO*

Dal Catalogo alla Biblioteca digitale italiana di “Internet Culturale”

L’Istituto Centrale per il Catalogo Unico delle biblioteche italiane (ICCU) assume l’attuale denominazione nel 1975 a seguito della costituzione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, subentrando al Centro nazionale per il catalogo unico creato nel 1951 con il compito di catalogare l’intero patrimonio bibliografico nazionale.

L’Istituto dipende dalla Direzione Generale per le Biblioteche, gli Istituti Cul-turali e il Diritto d’Autore, di cui è il referente tecnico-scientifico, esplicando fun-zioni di coordinamento – nel rispetto delle autonomie delle biblioteche – nell’am-bito del Servizio Bibliotecario Nazionale (SBN) e nei progetti di catalogazione realizzati mediante l’utilizzo delle nuove tecnologie. Da più di un decennio le sue funzioni di coordinamento sono state estese al settore del digitale con la cura del portale Internet Culturale che accoglie la Biblioteca digitale italiana.

I compiti dell’ICCU sono elencati nell’articolo 15 del D.P.R. 3 dicembre 1975, n. 805, sulla base del regolamento interno emanato con il D.M. 31 dicembre 1982, modificato con D.M. 7 ottobre 2008.

L’Istituto è attualmente articolato in Aree di attività, un Servizio amministra-tivo e un Servizio per la promozione culturale.

L’Area di attività per lo sviluppo e il coordinamento del catalogo e della rete del Servizio Bibliotecario Nazionale promuove e coordina la rete SBN, fornendo assistenza, consulenza e supporto alle biblioteche e ai Poli SBN, in tutte le fasi di attività, sia dal punto di vista tecnico-biblioteconomico che organizzativo, e col-laborando con la Direzione Generale per la stipula delle convenzioni. Coordina le attività di manutenzione correttiva, migliorativa ed evolutiva dell’Indice SBN e lo sviluppo degli applicativi di Polo del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, nonché la conduzione del Centro Elaborazione Dati (CED) dell’ICCU; fornisce assistenza alle società impegnate nella realizzazione del colloquio con l’Indice SBN, dalla fase di sperimentazione a quella della certificazione; cura la didattica relativa ai campi di propria competenza; cura la segreteria del Comitato Nazionale SBN.

* Responsabile Area per lo sviluppo dei servizi di digitalizzazione e per l’accesso ai documenti dell’Isti-tuto Centrale per il Catalogo Unico delle biblioteche italiane (ICCU).

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SBN (Servizio Bibliotecario Nazionale) è la rete delle biblioteche italiane pro-mossa dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo con la coo-perazione delle Regioni e dell’Università, sulla base di un Protocollo d’Intesa sottoscritto dal MiBAC, dal Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica e dal Coordinamento delle Regioni, con l’obiettivo di superare la frammentazione delle strutture bibliotecarie, propria della storia politico-cultu-rale dell’Italia. La rete SBN è oggi costituita da biblioteche statali, di enti locali, universitarie, scolastiche, di accademie ed istituzioni pubbliche e private operanti in diversi settori disciplinari.

Le biblioteche che vi partecipano sono raggruppate in Poli locali costituiti da un insieme di biblioteche che gestiscono i loro servizi con procedure automa-tizzate. I Poli sono poi collegati al sistema Indice SBN, nodo centrale della rete, gestito dall’ICCU, che accoglie il catalogo collettivo delle pubblicazioni acquisite dalle biblioteche aderenti al Servizio Bibliotecario Nazionale.

Il Servizio Bibliotecario Nazionale fornisce servizi alle biblioteche ai fini ammi-nistrativi, catalografici e gestionali con l’Indice del Catalogo unico, il servizio agli utenti finali con l’interfaccia pubblica dell’Indice: l’OPAC (On-line Public Access Catalog), e i servizi connessi, il servizio del prestito interbibliotecario ILL (InterLibrary Loan) compatibile con ISO ILL (ISO 10160:1997), il collegamento con l’Anagrafe delle biblioteche italiane e l’accesso ai documenti digitali di In-ternet Culturale dall’OPAC.

L’architettura di SBN è basata su protocolli Internet comuni (TCP/IP, HTTP, XML/XSL, SOAP, JMS ecc.), su piattaforma Java 2 Enterprise Edition e Unix che garantiscono alte prestazioni DBMS relazionali (Oracle RDBMS).

L’interfaccia web per le funzioni centrali di catalogazione, che rimane riser-vata alle attività delle biblioteche, consente la gestione dell’Authority Files; il

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controllo di qualità e revisione (correzioni, cancellazioni di duplicati); lo scambio dei dati (import/export di record bibliografici).

L’Istituto, per garantire la qualità dei dati dell’Indice, ha previsto attività di controllo e di manutenzione del sistema, con strumenti di governo e monitoraggio delle prestazioni, dell’incremento della base dati ecc. Per offrire poi funzionalità di importazione di basi dati e di elementi di authority (autori, titoli uniformi, sog-getti ecc.), sono state realizzate procedure che prevedono il confronto automatico tra i record del Polo migrante e i record di Indice per l’individuazione dei record nuovi e dei duplicati; tuttavia, a monte di questi processi, vengono effettuati con-trolli preliminari sulla qualità delle basi dati da importare e viene favorita, con strumenti e liste, l’attività di disambiguazione del Polo migrante.

Le procedure informatizzate del sistema SBN consentono alle biblioteche di lavorare in autonomia mentre, nello stesso tempo, sono integrate nel sistema coo-perativo basato sulla rete nazionale: la catalogazione partecipata, ad esempio, rende possibile tale integrazione. Infatti in SBN un determinato documento viene catalogato solo dalla prima biblioteca; in seguito, tutte le altre biblioteche ne catturano la descrizione bibliografica presente sull’Indice, aggiungendo solo la propria localizzazione.

Possono aderire a SBN tutte le biblioteche italiane, sia pubbliche che private, che, adeguandosi agli standard per la catalogazione e per la fornitura dei servizi, intendono cooperare alla formazione e all’incremento del catalogo collettivo e allo sviluppo di una rete di servizi tra le biblioteche. L’adesione è disciplinata da una convenzione tra l’Istituto centrale e la biblioteca che può scegliere di colle-garsi a un Polo già esistente oppure crearne uno nuovo, se vi sono esigenze di organizzazione del servizio tali da giustificare la costituzione di un nuovo Polo.

1. Governance di SBN

Per favorire la cooperazione tra i soggetti partecipanti e garantire unitarietà negli indirizzi della gestione e sviluppo, il Servizio Bibliotecario Nazionale è gover-nato da un Comitato nazionale di coordinamento SBN e da un Comitato tecnico-scientifico, previsti dal Protocollo d’Intesa tra il Ministro per i Beni e le Attività Culturali, il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, il Ministro per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione, il Presidente della Conferen-za delle Regioni e delle Province autonome, il Presidente dell’Unione Province d’Italia e il Presidente dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani (31 luglio 2009). Il presidente del Comitato tecnico-scientifico, che è il dirigente dell’ICCU, presenta al Comitato nazionale relazioni periodiche sull’attività del Comitato tecnico-scientifico che cura i compiti di indirizzo e programmazione, assegnati dall’articolo 4 del Protocollo d’Intesa.

La base dati dell’Indice SBN, che comprende attualmente materiale antico, moderno, musica, grafica e cartografia, è consultabile in Internet, 24 ore su 24,

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agli indirizzi: http://opac.sbn.it; http://www.internetculturale.it/, e tramite il Gate-way Z39.50 della Library of Congress.

Nel 2011 è stata rinnovata l’interfaccia per gli utenti OPAC, rispondente ai requisiti di accessibilità dei siti della Pubblica Amministrazione. L’utente può svolgere ricerche a diversi livelli di complessità sull’intero catalogo SBN o su suoi sottoinsiemi, e raffinare i risultati delle ricerche per passaggi successivi; può visualizzare in altri formati le notizie bibliografiche, il risultato delle sue ricerche, ed eventualmente esportarle; dalle localizzazioni può accedere all’Anagrafe delle biblioteche (per avere informazioni sui recapiti e sui servizi della singola biblio-teca), può accedere agli OPAC locali (per avere informazioni di dettaglio sulla disponibilità del documento) ed eventualmente attivare la richiesta di riproduzio-ne o prestito interbibliotecario attraverso il servizio ILL SBN. Una novità è data dalla possibilità di effettuare ricerche anche sugli “archivi di autorità” (cioè sugli archivi di voci controllate che garantiscono la coerenza del catalogo), ricerche attualmente limitate ai nomi di autori controllati a un livello alto.

Strettamente connessa alle attività di SBN è l’Area di attività per l’elaborazione e diffusione degli standard e delle norme catalografiche, e per la didattica. Essa promuove e coordina le attività di catalogazione a livello nazionale, in particolare per il Servizio Bibliotecario Nazionale; elabora normative uniformi per la cata-logazione del libro moderno (autori, soggetti, periodici, materiale non librario) e cura la diffusione di normative nazionali e internazionali, delle quali pubblica la traduzione italiana. Sempre in questo ambito rappresenta l’ICCU presso organismi internazionali che operano nei settori della promozione e della diffusione di stan-dard catalografici: partecipa, infatti, ai lavori dello Standing Committee Roster della Cataloguing Section dell’IFLA (International Federation of Library Asso-ciations and Institutions). Partecipa, inoltre, a sezioni e gruppi di lavoro dell’UNI (Ente Nazionale Italiano di Unificazione)1 e rappresenta l’Istituto nel progetto TEL (The European Library) e VIAF (Virtual International Autorithy File)2.

L’area svolge un ruolo di coordinamento del settore di SBN “libro moderno” per le questioni inerenti alla catalogazione e l’Authority File di SBN: gestisce le attività di pulizia e di Authority File dell’Indice attraverso la procedura di inter-faccia diretta; cura la manutenzione del software di interfaccia diretta; gestisce sul libro moderno la soggettazione e classificazione relativamente agli applicativi di Polo e di Indice. Questa area presiede anche le attività di import ed export delle basi dati SBN relativamente al libro moderno. Infine, cura la didattica nei settori di propria competenza e gestisce la biblioteca d’Istituto.

1 Nell’ambito dell’UNI, Ente Nazionale Italiano di Unificazione, la Commissione DIAM si occupa di promuovere la normazione su quanto concerne la documentazione, l’informazione automatica e multimediale.2 VIAF, implementato e gestito da OCLC (Online Computer Library Center), è un progetto comune tra molte biblioteche nazionali (ad esempio: Library of Congress, Deutsche Nationalbibliothek e Bi-bliothèque Nazionale de France), in cooperazione con un numero sempre maggiore di biblioteche regio-nali e agenzie catalografiche internazionali.

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Le diverse aree dell’Istituto partecipano, poi, a numerosi progetti europei, per lo più riferiti all’area del digitale e che vedono la costante presenza dell’Istitu-to centrale, spesso nel ruolo di coordinatore dei progetti stessi. Cito per primo ATHENA, il progetto avviato nel 2008 e concluso nel 2011, che ha costituito una rete dei musei in Europa al fine di fornire contenuti al portale Europeana, con il coinvolgimento di 20 Stati membri dell’Unione Europea più Israele e la Russia, e di oltre 150 musei, per un totale di circa 4 milioni di dati.

Elenco qui alcuni dei progetti europei in corso o da poco conclusi a cui l’Isti-tuto partecipa:

• Linked Heritage, coordinato dall’ICCU, ha visto coinvolti 20 Stati membri più Israele e Russia, proseguendo l’attività iniziata da ATHENA, con il coinvol-gimento di archivi, biblioteche, musei. Con questo progetto l’Istituto ha portato tutti i metadati gestiti nella MagTeca dell’ICCU su Europeana.

• Il progetto Judaica Europeana (2010-2012), che documenta la presen-za ebraica in Europa nella storia, è coordinato dalla Biblioteca della Goethe Universität di Francoforte e dalla European Association for Jewish Culture di Londra. Il contributo italiano, coordinato dall’ICCU, ha prodotto la digitalizza-zione di documenti dell’Archivio di Stato di Venezia, incunaboli ebraici e libri a stampa del Xvi secolo della Raccolta dell’abate De Rossi della Biblioteca Palatina di Parma.

• Partage Plus, coordinato da Collection Trust (Regno Unito), è un consorzio di 25 partner, tra cui l’ICCU che rappresenta anche la Galleria Nazionale d’Arte moderna di Roma e gli Archivi delle Arti Applicate italiane del XX secolo. Si pone come obiettivo quello di digitalizzare e rendere disponibili 76.000 oggetti digitali relativi al Liberty.

• Europeana Photography (2012-2014), con un consorzio di 19 partner, tra cui l’ICCU che rappresenta la Società Geografica Italiana, ha l’obiettivo di digitaliz-zare e alimentare il portale con mezzo milione di immagini.

• Europeana Collection 1914-1918, coordinato da Staatsbibliothek di Ber-lino, sarà completato nel 2014 in occasione del centenario del primo conflitto mondiale. Il consorzio include 12 partner di otto Paesi europei. Per il MiBAC partecipano: la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze e l’ICCU, che partecipa rappresentando la Biblioteca Alessan-drina di Roma, la Biblioteca di storia moderna e contemporanea e il Museo del Risorgimento. L’obiettivo del progetto è digitalizzare più di 400.000 documenti (libri, periodici, cartoline, fotografie, giornali di trincea, cimeli ecc.) relativi alla prima guerra mondiale, di cui oltre 200.000 forniti dalle Istituzioni coordinate dall’ICCU.

L’ICCU è anche presente in progetti europei per lo sviluppo di infrastrutture, come ARROW Plus, prosecuzione del progetto ARROW (Accessible Registries of Rights Information and Orphan Works towards the European Digital Library). È stata sviluppata un’infrastruttura distribuita europea per la gestione dei diritti d’autore, che consente alle istituzioni impegnate in progetti di digitalizzazione di

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determinare se un’opera è protetta da copyright o se è di pubblico dominio, e di individuare i titolari dei diritti e anche le opere orfane, per le quali non è possi-bile identificare gli aventi diritto. L’ICCU è coinvolto anche in DC-NET (Digital Cultural Heritage Network), progetto di coordinamento dei programmi di ricerca nel settore del digitale; INDICATE (International Network for a Digital Cultural Heritage E-Infrastructure) che studia le infrastrutture elettroniche e digitali del patrimonio culturale per la promozione di standard e linee-guida; DCH-RP (Di-gital Cultural Heritage Roadmap for Preservation) coordinato dall’ICCU. Infine l’Istituto coordina la sezione italiana della WDL (World Digital Library).

Prima di procedere alla descrizione dell’Area e delle attività del digitale, oggetto dell’intervento, ricordo brevemente le altre aree dell’Istituto che pro-muovono attività nei settori di propria competenza: l’Area per la bibliografia, la catalogazione e il censimento dei manoscritti e l’Area per la bibliografia, la catalogazione e il censimento del libro antico. Entrambe promuovono e coordi-nano, in collaborazione con le biblioteche, iniziative di censimento, inventaria-zione e catalogazione scientifica del patrimonio manoscritto e del libro antico posseduti in Italia.

La base dati Anagrafe delle biblioteche italiane, gestita dall’Area delle infor-mazioni bibliografiche e Anagrafe delle biblioteche italiane, raccoglie informa-zioni dettagliate relative alle biblioteche su tutto il territorio nazionale. A diffe-renza di altre basi dati analoghe, l’Anagrafe è l’unica a registrare biblioteche delle più diverse tipologie: statali, comunali, universitarie, ma anche molte scolastiche, di ente ecclesiastico, e di numerose accademie e fondazioni.

L’area di attività per lo sviluppo dei servizi di digitalizzazione e per l’accesso ai documenti è stata regolamentata dal nuovo Statuto nel 2008 che riconosce una realtà di fatto più che decennale, costituitasi intorno al 2000 per rispondere alle nuove sfide e alle nuove esigenze. Infatti la questione emergente della biblioteca digitale, già in sviluppo in Paesi extraeuropei, ma che nel nostro Paese mostra un’estrema frammentarietà e carenza di regole, è stata affrontata in modo pro-grammatico e strategico attorno all’anno 2000 dalla Direzione generale per i beni librari e gli istituti culturali. Quest’ultima ha incentrato la III Conferenza Nazio-nale delle Biblioteche sul tema La Biblioteca digitale. Produzione, gestione e conservazione della memoria nell’era digitale3, collocando il proprio intervento tempestivo ed attuale tra le dichiarazioni della Commissione Europea del 20004 e

3 Cfr. La Biblioteca digitale. Produzione, gestione e conservazione della memoria nell’era digitale, Atti della III Conferenza Nazionale delle Biblioteche (Padova, Abbazia di S. Giustina, 14-16 febbraio 2001), Roma 2002.4 Il Consiglio Europeo di Lisbona (marzo 2000) segna una tappa decisiva per l’orientamento della politica e dell’azione dell’Unione Europea. Nelle sue conclusioni si afferma che l’Europa è indiscutibilmente en-trata nell’era della conoscenza, con tutte le conseguenze che tale evoluzione implica sulla vita culturale, economica e sociale. Nel Consiglio Europeo di Feira (giugno 2000) le conclusioni invitano “gli Stati membri, il Consiglio e la Commissione [...], ciascuno nelle rispettive aree di competenza, ad individuare strategie coerenti e misure pratiche al fine di favorire la formazione permanente per tutti” (cfr. www. consilium.europa.eu/ueDocs/cms_Data/docs/pressData/it/ec/00200-r1.%ann1.i0.pdf). Il Memorandum sul-

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la riunione degli esperti in Svezia, a Lund, nell’aprile 20015, che come sappiamo ha dato il via alle iniziative internazionali e nazionali sul digitale: la Direzione è arrivata alla III Conferenza con uno studio di fattibilità e delle idee sulla creazio-ne di una biblioteca digitale italiana. Essa promuove un coordinamento nazionale costituito dai rappresentanti della realtà bibliotecaria; avvia un gruppo di studio per la creazione di uno standard di metadati; istituisce gruppi di lavoro per la realizzazione di progetti.

Di lì a poco sono state individuate tre aree dell’azione del programma di fi-nanziamento della Biblioteca Digitale Italiana (BDI): i cataloghi storici delle più importanti biblioteche di conservazione italiane, i periodici antichi pre-Unità d’I-talia, la musica attraverso le fonti manoscritte. La Direzione generale ha affidato il compito di realizzare tale programma e la creazione di un portale che avrebbe raccolto i risultati di queste attività all’Istituto centrale. Il portale prende il nome di Internet Culturale, di cui più avanti si parlerà per spiegarne la missione e i contenuti.

L’Area di attività per lo sviluppo dei servizi di digitalizzazione e per l’accesso ai documenti promuove e coordina le attività connesse con la creazione, la ge-stione, la conservazione e l’accesso alle collezioni digitali delle biblioteche italia-ne, e promuove l’applicazione degli standard. Cura e coordina il portale Internet Culturale in tutti i suoi aspetti, dai rapporti con i repository digitali fornitori di contenuti, alla realizzazione di collezioni digitali, alla redazione dei contenuti del portale, in collaborazione con la Direzione Generale per le biblioteche, gli Istituti culturali e il diritto d’autore. Favorisce la partecipazione dei partner di Regioni, Comuni e Istituti culturali per l’incremento delle risorse digitali; svolge assistenza e monitoraggio di progetti di digitalizzazione delle biblioteche italiane di diversa titolarità amministrativa al fine di integrare le loro collezioni in Inter-net Culturale per garantirne qualità e omogeneità.

Il settore cura e gestisce anche le collezioni digitali che i partner di Internet Culturale decidono di affidare alla MagTeca, repository digitale creato nel 2004 e reingegnerizzato, come tutto il sistema di Internet Culturale, nel 2011. A conclu-sione dei progetti di digitalizzazione, a cura degli uffici del settore, viene prodotto

l’istruzione e formazione, documento di lavoro dei servizi della Commissione Europea (30 ottobre 2000), in risposta ai Consigli Europei di Lisbona e Feira, nel paragrafo Le società della conoscenza: la sfida del cambiamento, così si esprime: “L’Europa di oggi è alle prese con una trasformazione di portata comparabile a quella della rivoluzione industriale. La tecnologia digitale sta trasformando la nostra vita sotto tutti i punti di vista e la biotecnologia cambierà forse un giorno la vita stessa. Il commercio, i viaggi e le comunicazioni su scala planetaria allargano gli orizzonti culturali di ciascuno di noi e scon-volgono le regole della concorrenza tra le economie” (il testo è consultabile in ec.europa.eu/education/lifelong-learning-policy/doc/policy/memo_it.pdf).5 Il 4 aprile 2001 si sono riuniti nella città svedese di Lund i rappresentanti e gli esperti di tutti gli Stati membri per analizzare gli aspetti principali e formulare raccomandazioni in vista di una serie di azioni di coordinamento dei lavori che potessero contribuire, tra l’altro, a creare un valore aggiunto alle attività di digitalizzazione, in modo che risultassero valide anche sul lungo periodo. Il documento è pubblicato on line all’indirizzo: ftp://ftp.cordis.europa.eu/pub/ist/docs/digicult/lund_principles-it.pdf.

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l’import delle risorse digitali e dei metadati in MagTeca, e l’harvesting verso Internet Culturale. È a carico dell’Istituto la gestione del software e hardware, la manutenzione evolutiva, e la distribuzione del software ai partner che decidano di istallare su proprie macchine il software della MagTeca.

2. “Internet Culturale”: obiettivi e funzionamento

Internet Culturale, Cataloghi e Collezioni Digitali delle Biblioteche italiane è il portale di accesso al patrimonio delle biblioteche pubbliche e di prestigiose istituzioni culturali italiane. È uno strumento web di consultazione multimediale che consente di visualizzare nello stesso luogo virtuale informazioni bibliogra-fiche e la biblioteca digitale. Offre approfondimenti culturali attraverso risorse multimediali (itinerari, mostre, autori e opere, percorsi 3D), dedicati alla cultura letteraria, scientifica, artistica e musicale. Aggrega e rende disponibili i risultati del lavoro della comunità bibliotecaria proponendosi come punto di riferimento per quanti sono portatori di interessi nel mondo del libro. Obiettivo primario di Internet Culturale è promuovere e diffondere la conoscenza, la valorizzazione e la fruizione del patrimonio delle biblioteche di istituzioni culturali e di ricerca, rispondendo alla domanda di un’utenza diversificata per formazione, interessi ed età, e divenendo strumento indispensabile per studenti e ricercatori.

Il motore di ricerca di Internet Culturale offre agli utenti un accesso imme-diato nello stile google like a tutti i contenuti del portale. Interroga un metaindice corrispondente alla voce di menu “Cataloghi”, che integra le basi dati gestite dall’ICCU: l’OPAC di SBN, Manus, Edit16, Cataloghi storici, la Biblioteca digi-

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tale e i dati contenuti nelle mostre, itinerari, autori contenuti nel sito. Un secondo indice è dedicato alla sola Biblioteca digitale che può essere interrogata separa-tamente. L’architettura di Internet Culturale è ingegnerizzata con prodotti open source di certificata diffusione, Lucene e SOLR, l’interrogazione dei dati ha pre-stazioni molto elevate nei tempi di risposta: circa due secondi su ventisei milioni di record attuali di Cataloghi.

Le faccette, come presentazione dei risultati in risposta alla richiesta dell’u-tente, consentono di filtrare ulteriormente il risultato per ottenere una risposta circoscritta e maggiormente significativa. Il reperimento dei dati è realizzato con processi di estrazione dei record dalle banche dati originali, con un sistema di creazione e uniformazione dei contenuti sotto un profilo comune, basato sullo standard Dublin Core qualificato con le estensioni necessarie. Infine, i dati ven-gono aggiornati e ottimizzati negli Indici del motore di ricerca.

In Biblioteca digitale, il motore di ricerca sfrutta la presenza di ontologie per l’espansione semantica delle interrogazioni e l’individuazione automatica o se-mi-automatica di termini correlati (algoritmi di tipo statistico che agiscono al fine di individuare similitudini tra parole chiavi esistenti nel MAG), presentando i suggerimenti nella scheda di dettaglio dell’oggetto selezionato.

I metadati in formato XML di differenti standard (MAG, Mets) vengono prele-vati con il protocollo OAI-PMH (processi di harvesting) sui repository fornitori di contenuti, partner del portale6.

I file digitali di immagini, sonori ecc. vengono invece visualizzati sul portale, richiamati a ogni richiesta utente, con processi di delivery sui repository partner.

3. Partner, repository fornitori di contenuti, la MagTeca

La MagTeca è un potente server sul quale è istallato il software MagTeca pro-dotto dall’ICCU per la gestione e conservazione delle collezioni digitali e dotato di interfaccia web di amministrazione per le attività di gestione con più livelli di accesso. Il visualizzatore e i diversi accessi consentono di metterlo a disposizione degli utenti, ma la funzione autentica di MagTeca è l’adesione totale al progetto di Internet Culturale: infatti, il software viene distribuito gratuitamente al fine di incrementare, con le collezioni del partner, il sistema di Internet Culturale.

Il modello logico di riferimento per l’archiviazione e la preservazione di co-pie digitali adottato è OAIS (Open Archival Information System), standard ISO 14721:2003, un sistema di archiviazione orientato alla preservazione a lungo ter-mine frequentemente usato nel settore delle Digital Library. Il sistema MagTeca

6 Le istituzioni partner con teche digitali sono: la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, la Biblioteca Nazionale Braidense di Milano, la Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia, l’Istituto Centrale per i beni sonori e audiovisivi, l’Istituto Centrale per il Catalogo Unico, l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” (BiBIT), la Società Geografica Italiana (SGI), il Museo Galileo di Firenze.

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si basa sul framework open source “Fedora Commons 3.0” distribuito da Fedora Commons, Inc. con licenza Apache 2.0. Supporta l’harvesting dei metadati tra-mite il protocollo OAI-PMH elaborato in sintonia con il sistema Internet Cultu-rale – cosa di non poco conto nell’ottica della distribuzione del software, che l’Istituto incoraggia quando se ne vede l’opportunità – per l’arricchimento della Biblioteca digitale e al fine del risparmio di tempi e di economie.

4. Le tipologie di oggetti digitali

Le tipologie di materiali della biblioteca digitale sono le più varie. L’immagine sottostante mostra i dati complessivi delle tipologie di materiali delle collezioni digitali e qualche dato relativo a maggio 2013.

5. I temi delle collezioni digitali

L’immagine che segue mostra innanzitutto la categorizzazione utilizzata dal por-tale come metodologia di classificazione delle collezioni, il Dewey, utilizzata nel-la voce di menu “Temi”, per consentire all’utente di raggiungere anche attraverso queste categorie gli argomenti sviluppati come contenuti delle collezioni. Il dia-gramma a torta mostra una preponderanza del tema delle “Arti”, che comprende tutto quello che può essere considerato tale, dal materiale grafico, alla fotografia, e tutti i tipi di materiali musicali, come manoscritti, edizioni musicali, registrazio-ni sonore, libretti per teatro o musica ecc.

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6. Interoperabilità e portali aggregatori

Il lavoro di arricchimento dei dati digitali di Internet Culturale è costante e la MagTeca dell’ICCU ne è l’esempio più eccellente. Tutto quello che viene acqui-sito nel portale tematico delle biblioteche continua il suo viaggio attraverso il web: viene, quindi, riacquisito dal portale Cultura Italia mentre i dati digitali, in particolare, conservati e messi a disposizione dalla MagTeca dell’ICCU, vengono poi reindirizzati sul portale Europeana.

Cultura Italia è il portale della cultura italiana promosso dal nostro Ministero e condiviso da tutte le Regioni italiane. On line dal 2008, esso dà l’accesso, attra-verso una banca dati costantemente aggiornata, al patrimonio digitale raccoglien-do i dati di Internet Culturale per le biblioteche; dà conto degli Archivi digitali e dei Musei digitali; propone quotidianamente percorsi tematici, approfondimenti e focus su eventi della cultura italiana, con un ricco contributo di foto e video. Cultura Italia trasmette poi i dati della MagTeca dell’ICCU, essendo di fatto il principale partner italiano di Europeana, il portale delle risorse culturali europee che dà accesso a milioni di dati di migliaia di biblioteche, musei, archivi, dei 27 Stati membri dell’Unione Europea.

La trasmissione dei dati (cioè dalla MagTeca a Internet Culturale, da Internet Culturale a Cultura Italia, e da questa verso Europeana), è resa possibile dall’u-so sistematico degli standard che rendono accessibili i dati a contesti più ampi (in sostanza, questi standard rendono possibile l’interoperabilità). Gli standard, poi, garantiscono la conservazione a lungo termine degli oggetti digitali; rendono possibile la qualità delle informazioni, la certezza dell’identità e la sicurezza dei

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dati; infine, rendono sostenibili gli investimenti delle digitalizzazioni. Concetti presenti ed espliciti nelle linee-guida prodotte dal nostro Istituto e che non posso dimenticare di ricordare e sottolineare7.

7. Perché aderire a “Internet Culturale”

Lo sviluppo costante del settore del digitale e le ormai numerosissime collezioni digitali sparse sui siti delle biblioteche italiane rispecchiano la grande ricchezza di luoghi culturali del nostro territorio; e questo proliferare suggerisce quanto sia im-portante e necessario un contenitore comune per tutte le istituzioni: un contenitore aperto, potenzialmente in grado di accogliere il lavoro della comunità bibliotecaria e, nello stesso tempo, capace di rispondere alle esigenze del pubblico. In questa prospettiva, Internet Culturale, con la sua Biblioteca digitale italiana, si presenta agli utenti come lo strumento di sintesi della produzione digitale periferica, e offre, nello stesso tempo e con un approccio semplice e immediato, risposte articolate. Ovvero a partire dalla parola cercata, Internet Culturale mostra l’oggetto nelle sue varie manifestazioni (libri, documenti, iconografia, tracce audio ecc.) e, nello stesso tempo, permette anche di conoscere l’ampia trama di relazioni che lega e unisce i beni culturali messi a disposizione dalle biblioteche italiane. Queste ultime, a loro volta, traggono profitto dalla partecipazione al portale per i motivi sopra esposti e per i servizi che l’Istituto mette a disposizione dei partner, come la consulenza per la creazione di collezioni digitali, gli strumenti di monitoraggio e controllo dei dati, nonché, come è stato già detto, la possibilità di affidare le proprie collezioni, per la gestione e la conservazione, alla MagTeca dell’Istituto.

7 Linee-guida e standard per la realizzazione di progetti di digitalizzazione e adesione al portale sono presenti in http://www.internetculturale.it/opencms/opencms/it/main/partner/servizi/standard/.

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SARA PENCO*

“Scoprire l’opera d’arte – Sistema Penco”Sistemi di catalogazione su base iconografica: esempi e linee di sviluppo

1. Introduzione

La conservazione del manufatto d’arte deve essere interpretata come salvaguar-dia della duplice storicità del bene stesso: va intesa, quindi, come consistenza fisica, ma anche come riscoperta dei significati storici. Infatti, essa esiste grazie alla volontà del committente e dell’artista di trasmettere un messaggio destinato a sopravvivere al trascorrere del tempo.

La nascita di una sinergia strategica tra arte e tecnologia rappresenta uno stru-mento indispensabile per favorire l’applicazione di “nanotecnologie” dedicate, che possano avvicinare e porre a “fattore comune” i benefici che scaturiscono da due mondi completamente diversi.

Il Sistema Penco nasce dalla necessità primaria di reperire tutte quelle infor-mazioni storiche atte a rintracciare il percorso di un manufatto. La fruibilità delle informazioni ed il reperimento degli elementi perduti rappresenta un sostegno indispensabile per l’ottimizzazione del lavoro degli addetti del settore. Infatti, i limiti della memoria umana da un lato, e l’importanza del recupero delle informa-zioni storiche perdute dall’altro, rappresentano la soluzione ad una problematica che si pone quale fattore critico di un settore altamente nevralgico. L’individua-zione di tecnologie innovative, preposte alla riscoperta degli elementi storici per-duti, consente il recupero della duplice storicità del bene e ne determina quella conoscenza indispensabile per la sua valorizzazione.

Proprio la valorizzazione del patrimonio culturale e la fruibilità delle informa-zioni catalogate rappresentano il presupposto per incentivare gli scambi culturali e per pianificare strategie dedicate alla riqualificazione del territorio ed all’incre-mento del turismo su scala internazionale.

1.1. Peculiarità e sinergie che scaturiscono da una catalogazione omogenea e fruibile

L’iconografia rappresenta la “grammatica” dell’arte: la norma iconografica può essere intesa come elemento di codifica essenziale, finalizzata all’individuazione del tema raffigurato e, per questa ragione, può essere applicata ad ogni tipologia

* Restauratrice e ideatrice del progetto Scoprire l’opera d’arte – Sistema Penco.

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di manufatto. La tecnologia fornisce uno strumento all’avanguardia nel settore dell’arte, diretto ad ottimizzare lo “stato della tecnica attuale”.

L’organizzazione della banca dati del Sistema Penco consente di identificare e rendere accessibili tutte quelle informazioni che sono determinanti per collocare il manufatto in un particolare periodo storico o in una localizzata zona geografica di provenienza.

Il metodo che caratterizza il Sistema Penco può essere applicato a qualsiasi argomento, dal sacro al profano, e ad ogni tipologia di manufatto (dipinti, statue, affreschi, codici miniati ecc.); può essere applicato, inoltre, anche al Patrimonio Culturale Orientale.

2. Il progetto

Il progetto Scoprire l’opera d’arte – Sistema Penco è un’iniziativa che vuole ren-dere contemporaneamente più semplice e completo il lavoro di diagnosi storico-iconografica di ogni opera sottoposta ad esame, attraverso l’impiego di moderni strumenti informatici, atti a rintracciare il maggior numero di indicazioni attendi-bili correlate all’opera stessa.

La grande quantità di informazioni oggi raccolte nei testi e nei documenti vengono condotte ad intelligente comparazione solo nelle menti di pochissimi studiosi esperti del settore. Talvolta, per ovvi limiti umani, viene a mancare quel-la larga conoscenza delle informazioni tanto che si rischia di rendere ogni con-siderazione finale carente di efficacia, sia sul piano qualitativo che conoscitivo.

In aiuto al superamento di questo ostacolo giunge la realizzazione di uno stru-mento flessibile e dinamico come una procedura software orientata allo studio, alla diagnostica ed alla comparazione di significati allegorici, di dati tecnici, sto-rici e caratteristici dell’opera.

Il progetto consiste in un nuovo procedimento di diagnostica che permette di stabilire una quantità di “elementi certi”1 sull’opera d’arte che si sta sottoponendo ad esame e che costituiranno un punto di partenza più corretto e soprattutto più circoscritto per affrontare i successivi studi.

Purtroppo, il più delle volte, i risultati delle diagnosi risultano contrastanti anche tra studiosi di pari prestigio: questo problema dipende, spesso, dal fatto che una delle difficoltà più oggettive consiste nella ricerca e nel reperimento della maggior quantità possibile di tutte quelle informazioni che “indirizzeranno”, poi, la fase di studio.

2.1. Descrizione tecnica

Il progetto Scoprire l’opera d’arte – Sistema Penco, attraverso un procedimento informatizzato e grazie al patrimonio di una preziosissima banca dati, permette

1 Per “elementi certi” si intendono tutte quelle informazioni che, allo “stato attuale della tecnica”, vengono affidate alla professionalità individuale di colui che si appresta allo studio dell’opera.

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di “riscoprire” una notevole quantità di informazioni storiche andate perdute nel corso del tempo o soggette alle naturali dimenticanze della memoria umana.

Esso consiste in un’interfaccia grafica (fruibile in loco o via Internet) che, grazie all’impiego di database relazionali, di algoritmi di classificazione, compa-razione e ricerca delle informazioni, basati su schemi di visita ricorsiva dei dati e di semplici strumenti di intelligenza artificiale, consente di rintracciare informa-zioni su un’opera o su un argomento mediante l’immissione di alcuni elementi o caratteri. Questi parametri, detti “input”, nel corso dell’approfondimento della ricerca/studio possono essere variati e completati dall’équipe che sovrintende alla gestione del software, anche grazie alle informazioni prodotte dal software stesso.

La procedura assume un carattere di interattività con l’operatore quando le nozioni inserite sono in grado di generare correlazione con altre. Il processo si ripete sino ad esaurimento delle capacità di visita dei dati da parte degli algoritmi.

2.2. Interesse, funzioni ed innovazione

Il Sistema Penco è diretto a fornire un servizio che, sfruttando le conoscenze e le sinergie delle quali si dispone allo “stato della tecnica attuale” ed armoniz-zandole in una comparazione intelligente, si prefigge l’obiettivo di rendere più “innovativa” e più “tecnologica” la diagnostica delle opere d’arte (reperimento di informazioni, studio, archiviazione ecc.).

Il progetto si avvale di un complesso archivio di informazioni – che abbiamo de-finito “elementi certi” – che sono il frutto di dati oggettivi storici e, di conseguenza, non soggetti ad arbitrarie contestazioni. Se ne deduce che, proprio per questo mo-tivo, la diagnostica realizzata con il Sistema Penco può costituire una “garanzia”, poiché le informazioni che verranno elaborate costituiranno il patrimonio di un lavoro che altrimenti avrebbe comportato il dispendio di notevoli sinergie umane, nonché il pericolo di incorrere in quelle distrazioni o dimenticanze che spesso han-no condotto anche illustri studiosi sulla strada “diagnosticamente” errata.

Il sistema vanta, pertanto, un forte contenuto innovativo nel settore, nonché il prestigio di avere una maggiore “sicurezza” sulla diagnostica. Questi fattori rappresentano senz’altro quell’aspetto di utilità e funzionalità che qualifica il ser-vizio. Si tenga presente che nel settore dell’arte l’impiego di procedure informa-tiche rappresenta già di per sé uno strumento innovativo; inoltre, proprio per le caratteristiche che contraddistinguono la procedura lavorativa ed il meccanismo “proprio”, il margine di errore viene opportunamente ridotto, tanto da garantire incoraggianti e rassicuranti risultati sulla “sicurezza” della diagnosi. Quanto detto tranquillizza anche sotto il profilo dell’osservazione di un più rigoroso rispetto della materia dell’opera d’arte e della sua realtà storica.

La maggior funzionalità, che determina una diagnostica competitiva, perché avanzata ed organizzata, diviene utile sotto tutti i profili professionali, offrendo un servizio certo, comprovabile, compiuto e più celere rispetto a quello attuale. Esso si avvale di strumenti e tecniche quali il computer e gli archivi organizzati

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di dati, e di procedimenti come la “comparazione intelligente” delle informazioni ed il loro riesame sistematico, approdando così al ritrovamento di quei caratte-ri che appartengono alla storia – quindi soggetti a “smarrimento” nel corso del tempo – e alla scoperta di nuove informazioni. Queste ultime vengono dedotte da un procedimento ordinato – algoritmo, quindi non soggetto a “disattenzioni” – capace di verificare le contraddizioni e di integrare le vecchie informazioni con le nuove deduzioni.

2.3. Struttura della prima banca dati

La prima banca dati è strutturata attraverso numerose schede, all’interno delle quali sono archiviati tutti i dati iconografici che caratterizzano un soggetto e ne distinguono le caratteristiche secondo le epoche e le zone geografiche.

All’interno di queste schede è contenuto un archivio dinamico, nel quale si possono ritrovare i manufatti degli artisti più importanti che hanno trattato l’ar-gomento. Queste opere sono già conosciute e studiate e sono le stesse dalle quali sono stati desunti lo studio iconografico (l’oggetto della ricerca) e l’elenco degli attributi (il mezzo per effettuare la ricerca). Ai fini archivistici viene fatto un breve cenno sull’attribuzione delle opere menzionate (che siano tele, affreschi, statue lignee, marmoree, bronzi, ceramiche, arazzi, reliquiari, sarcofagi, basso-rilievi, codici miniati, Bibbie, Salteri, incisioni ecc.), sulla loro originaria ubica-zione e, nel caso in cui i dati non coincidano, su quella attuale. Vengono elencate anche opere importanti delle quali si conosce l’esistenza ma la cui collocazione è attualmente sconosciuta (le cosiddette “opere disperse”).

Attraverso l’interrogazione di questa banca dati, il sistema permette di iden-tificare il “soggetto” raffigurato nell’opera in studio e, tramite la comparazio-ne degli specifici attributi, suggerisce una possibile epoca di esecuzione ed una collocazione geografica: per esempio, se un santo è stato venerato solo in una specifica città e reca gli attributi caratteristici delle raffigurazioni che contrad-distinguono un determinato secolo, l’opera non potrà essere collocata altrove o datata in un periodo antecedente. Alcuni santi, magari perché patroni di una città, sono fatti oggetto di una maggiore notorietà localizzata solo in una determinata zona, mentre altrove sono sconosciuti. Tuttavia, non per questo, dette opere devo-no essere attribuite ad un’arte minore o circoscritte nella loro importanza storica. Si desume, nondimeno, che il sistema evidenzia il fatto che questi manufatti non possono appartenere alla mano di artisti che non hanno mai raggiunto quei luoghi o quelle committenze che giustificavano l’esecuzione.

2.4. Seconda e terza banca dati

Il progetto prevede che il Sistema Penco sia “istruito” per interagire con una se-conda banca dati, all’interno della quale sono archiviate tutte quelle informazioni che ci pervengono attraverso testi storici quali, ad esempio, i “libri dei conti” dei pittori o Le Vite del Vasari o antichi atti notarili e “catalogazioni”. All’interno di

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questi documenti, infatti, si possono reperire preziosissime informazioni circa le opere che sono state eseguite dai più importanti artisti, in quale epoca sono state realizzate, per quali committenti e dietro quali compensi. Inoltre, qui sono descritti i soggetti raffigurati con le relative misure e le descrizioni utili al ritrova-mento delle opere da archiviare e di quelle disperse.

Se ne desume che l’interazione tra la prima e la seconda banca dati permette: di realizzare e monitorare un archivio dinamico, che comprende la localizzazione di manufatti conosciuti (con l’indicazione del luogo dove si trovavano in origine o, nel caso in cui il dato fornito non coincida, di quello dove attualmente sono conservati); di ritrovare opere precedentemente “identificate” in modo sbagliato e quindi non rintracciabili correttamente; infine, di archiviarne altre che risultano eseguite ma delle quali, attualmente, non se ne conosce la collocazione (se una santa Veronica viene interpretata come una Maddalena non sarà possibile rintrac-ciarne la provenienza attraverso i documenti storici nei testi sopra citati).

Una terza banca dati, complementare alle altre due appena descritte, è istruita al fine di archiviare le caratteristiche chimiche di pigmenti e materiali costitutivi e le metodologie esecutive. I dati si suddividono, anche in questo caso, secondo i materiali usati dai diversi artisti, diversificati per epoche e per zone geografi-che. A questo proposito, occorre tener presente che alcuni pigmenti, spesso più preziosi, venivano adoperati solo dal maestro, mentre gli allievi si dovevano ac-contentare di una tavolozza meno ricca e costosa; inoltre, alcuni materiali erano difficili da trovare e venivano spesso reperiti solo in alcune zone geografiche e, soprattutto, in alcune epoche.

Se ne deduce che i contenuti innovativi risiedono sia nei mezzi che si sfruttano per istruire il procedimento di lavoro, sia nella qualità e nella quantità dei risulta-ti. E proprio questi ultimi costituiscono quel patrimonio culturale che, attualmen-te, risulta ambito e laborioso da reperire.

Quanto detto può lasciar intuire quale mondo sconosciuto si possa celare die-tro un’indagine così armonizzata, dove la tecnologia sfrutta la storia per innovare lo studio e la conoscenza di un’arte ricca di misteri, concatenati tra loro ed allon-tanati dalla nostra conoscenza per il trascorrere del tempo.

3. Un esempio: ipotesi di identificazione iconografica applicata ad un manufatto inedito. Interazione del risultato della prima ricerca con le altre due banche dati

È implicito come, attraverso un esempio, non sia possibile illustrare tutte le fun-zioni del sistema di ricerca e neppure la molteplicità di applicazioni che ne ca-ratterizzano i contenuti innovativi e le potenzialità. Tuttavia, l’ipotesi che segue è frutto dell’elaborazione dei criteri di ricerca iconografica del Sistema Penco, applicata ad un disegno inedito.

I risultati che ne scaturiscono consentono di apprezzare le sinergie ed i benefi-

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ci che derivano dall’applicazione di questo progetto che, caratterizzato da elevati contenuti tecnologici, permette di perseguire “risultati ambiti” rispetto allo “stato della tecnica” attuale.

Disegno inedito

3.1. Descrizione del sistema di archiviazione basato sul riconoscimento degli attributi iconografici presenti nel manufatto. La prima banca dati

Per esaminare il Disegno inedito proposto sopra, entriamo nel sistema dove si possono immettere alcuni dati identificativi della ricerca. Nello spazio per le note è possibile inserire alcuni riferimenti importanti dell’opera: per esempio la natura del manufatto (se si tratta di una statua, di un dipinto, di un codice miniato, di una moneta ecc.); le misure, la sua ubicazione ed altro. Per iniziare il percorso di riconoscimento degli attributi iconografici, fino a giungere all’identificazione del soggetto raffigurato nel manufatto, è necessario individuare gli attributi che lo caratterizzano.

Occorre tener presente che, in questa prima fase, è preferibile inserire pochi attri-buti “certi”, poiché il sistema ci sosterrà nel percorso e ci consentirà di integrare e per-fezionare la ricerca, “segnalando” la possibile presenza di ulteriori “parole chiave”.

Iniziamo partendo da tre elementi certi: si tratta di due personaggi; entrambi sono di sesso maschile; entrambi sono raffigurati con le ali.

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A questo punto, il sistema propone una serie di “passi guidati” che aiutano l’utente nella ricerca, rendendo il percorso semplice ed interattivo anche per i meno esperti; ogni passo “suggerisce” una serie di attributi, che possono essere tralasciati se non pertinenti con il caso in oggetto. Di seguito vengono descritti alcuni di questi passi guidati. Se lo si conosce, è possibile scegliere l’argomento nell’albero della ricerca: in questo caso si tratta di “mitologia”, pertanto possiamo selezionare la voce interessata cliccando nella casella corrispondente. Se si trattasse di un tema a sfondo sacro po-tremmo selezionare, sempre all’interno dell’albero della ricerca, l’argomento a tema “sacro”. È possibile specificare anche se si tratta di “santi”, “episodi biblici” ecc.

Avendo selezionato “mitologia”, il sistema escluderà dalla ricerca tutte le schede a tema sacro e quelle non pertinenti con i parametri inseriti.

Il passo seguente propone di selezionare il “sesso” del personaggio. Questa discriminante, apparentemente di poco conto, consentirà al sistema di ricerca di escludere una notevole quantità di schede iconografiche: ad esempio, tutte quelle identificative dei personaggi mitologici di sesso femminile. Nel caso in oggetto è evidente che si tratta di due personaggi di sesso maschile, pertanto selezioniamo questa caratteristica.

Nei passaggi successivi troveremo anche una serie di attributi accompagnati dall’immagine che li raffigura ed elencati sotto specifiche tipologie: abbigliamento, aspetto fisico, oggetti ecc. La semplicità di questo percorso consente persino all’ine-sperto di riconoscere anche gli attributi più complessi: basta osservare le immagini che il sistema ci propone e selezionare l’attributo che corrisponde alla raffigura-zione del manufatto oggetto della ricerca. I vari passaggi possono essere saltati per passare direttamente all’inserimento degli “attributi liberi”. In questo campo im-metteremo solo quegli attributi che abbiamo identificato con certezza: uomo (che, in realtà, abbiamo già inserito nel passo guidato dove ci veniva chiesto di identificare il “sesso”) ed ali, che scriveremo nello spazio dedicato ai “termini liberi”.

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Avviamo quindi la ricerca. Il sistema ci propone tutte le schede, a tema mitolo-gico, che recano gli attributi che abbiamo inserito. L’elenco viene ordinato con un indice di gradimento, che scaturisce da un’elaborazione degli attributi icono-grafici ottenuta attraverso complesse specifiche di funzionamento, che vengono predisposte e gestite solo dall’amministratore.

A questo punto vengono visualizzate le singole schede, all’interno delle quali è possibile approfondire, integrare e perfezionare la ricerca attraverso il sostegno del sistema informatico. In questo caso, la prima scheda, che reca il massimo punteggio, è quella di Dedalo ed Icaro.

Ogni scheda iconografica è suddivisa in vari campi, dei quali l’utente si può avvalere per utili approfondimenti. La disposizione di questi campi, seppure le tematiche trattino argomenti profondamente differenti (dal sacro al profano), è rigorosamente coerente con l’organizzazione generale che regola la disposizione dell’intera banca dati. Infatti, la logica attorno alla quale si sviluppa il Sistema Penco si fonda sul presupposto che i dati vengano disposti ed organizzati attra-verso un metodo ben preciso, che li rende funzionali, accessibili e fruibili per mezzo del sistema informatico. Questo metodo consente di elaborare costante-mente le informazioni e di integrare, aggiornare e perfezionare il processo di ricerca ogni qualvolta l’utente, attraverso l’interazione con il sistema stesso, im-plementa le informazioni.

Nonostante la varietà degli argomenti archiviati, in ogni scheda troveremo i campi pertinenti con il tema trattato (nel caso della “mitologia”, infatti, sono pre-senti brevi cenni di “genealogia”; nelle schede che trattano l’argomento “santi” avremo invece i “cenni biografici”).

Le informazioni contenute all’interno della banca dati tengono presente la se-gnalazione di alcune date, che possono rivelarsi particolarmente utili, per esem-pio, per individuare l’epoca del manufatto.

Nelle schede, inoltre, si trova una spiegazione approfondita sulle ragioni per le quali quel soggetto è stato raffigurato con determinati attributi e di come e perché la sua iconografia sia potuta mutare nel tempo e nelle zone geografiche. Nel caso dell’arte sacra, per esempio, è possibile incontrare variazioni, anche significative, scaturite a seguito di quanto disposto nel corso di un Concilio. Questi riferimenti vengono accompagnati dalla citazione delle più importanti opere d’arte e dalla loro relativa ubicazione, testimoniando così la rappresentazione iconografica di quel soggetto nelle diverse epoche, nelle differenti zone geografiche e nelle varie tipologie di manufatti (affreschi, statue, dipinti, codici miniati, monete ecc.).

Vengono anche segnalati importanti capolavori dispersi.L’insieme di queste informazioni rappresenta uno strumento indispensabile e

determinante per approfondire la ricerca, poiché consente all’esperto di consul-tare la banca dati in modo fruibile, ordinato ed organizzato, secondo le proprie necessità.

Inoltre, una delle peculiarità del sistema, tenuta in particolare considerazione nell’intera logica del progetto, sono gli aspetti inerenti alla sicurezza del patri-

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monio culturale. Il Sistema Penco, infatti, vanta un comitato scientifico dedicato, grazie al quale è stato possibile pianificare una struttura generale del progetto che fosse particolarmente mirata alle esigenze di monitoraggio del bene: sia nell’or-ganizzazione dei contenuti, che nel sistema di ricerca. Sotto questo profilo, ad esempio, alcuni contenuti della banca dati sono “dinamici”: pertanto consentono di ottenere benefici ai fini della “tracciabilità” del bene.

Ma torniamo al nostro esempio. La banca dati è stata organizzata e disposta al fine di rendere le informazioni individualmente accessibili, affinché possano essere interrogate dal sistema informatico. Pertanto, è probabile che, nell’elenco degli attributi, si riconoscano parole chiave da integrare nella ricerca.

Nel nostro caso, nel campo della “iconografia generale”, tra i contenuti della scheda identificativa di Dedalo ed Icaro leggiamo che i due personaggi, padre e figlio, possono essere raffigurati “nudi” e che le loro “ali” possono essere “legate al corpo” per mezzo di alcuni “lacci o nastri”. Inoltre Dedalo “alza il dito” ammo-nitore, nell’atto di “indicare il sole”. Questi attributi iconografici corrispondono alla raffigurazione nel nostro manufatto. Ponendo il mouse sulle parole eviden-ziate (nudi, legate al corpo, lacci o nastri, alza il dito, indicare il sole), il sistema incrementa le parole chiave già inserite ed aggiorna automaticamente la ricerca.

Inoltre, nel campo dedicato alla descrizione degli “episodi della vita”, il sistema evidenzia un riferimento ad un passo del poeta Ovidio2 in cui si narra come, anticamente, a Creta, fosse giunto l’eroe Teseo per combattere il Minotauro, e Arianna, figlia del re Minosse e di Parsifae, innamoratasi del giovane e decisa ad aiutarlo nell’impresa, avesse chiesto a Dedalo di indicarle un modo per uscire dal labirinto. Dedalo le diede un gomitolo di lana, che doveva essere dipanato man mano che ci si addentrava nel labirinto: così Teseo, ucciso il Minotauro, riuscì a trovare la via d’uscita e, una volta fuori dal labirinto, fuggì con Arianna e poi la abbandonò sull’isola di Nasso. Quando Minosse scoprì che Teseo era riuscito

2 Nello specifico, si tratta di un passo tratto dalle Metamorfosi, VIII, 183-235.

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nella sua impresa grazie all’aiuto di Dedalo, lo imprigionò nel labirinto insieme a suo figlio Icaro. Dedalo dapprima si disperò, ma poi pensò di costruire due paia di ali per fuggire via dal labirinto: iniziò, così, ad intrecciare delle penne, saldandole con la cera. Prima di partire, indicando il sole, ordinò al figlio di non volare troppo in alto perché il calore avrebbe sciolto la cera che teneva insieme gli intrecci; gli raccomandò poi di non volare neppure troppo in basso, perché le onde del mare avrebbero bagnato le ali appesantendole troppo per continuare a volare. Ma Icaro, una volta in volo, preso dall’ebbrezza per questa straordinaria esperienza, non tenne conto dei consigli paterni e volò così in alto che la cera, scaldata dai raggi del sole, si sciolse ed il giovane precipitò in mare. Dedalo, accortosi che il figlio non lo se-guiva, tornò indietro e vide le piume che galleggiavano in mare: recuperato il corpo del figlio, lo portò su un’isola vicina, che chiamò Icaria in suo onore.

Il Sistema Penco ci ha consentito così di identificare i due personaggi raffi-gurati nel disegno dandoci anche come riferimento la narrazione di un episodio della loro storia: Dedalo che insegna a volare ad Icaro.

3.2. Confronto del risultato della prima ricerca con la seconda banca dati, all’interno della quale sono archiviati antichi documenti storici

A questo punto, il risultato della prima ricerca può essere confrontato con la se-conda banca dati del Sistema Penco, che contiene l’archivio dei documenti storici.

L’esito di questa seconda indagine ci consente di rintracciare, all’interno delle Vite di Giorgio Vasari e in particolare nella Vita di Giulio Romano, la descrizione di un dipinto originariamente collocato sul soffitto della Sala degli Stucchi di Pa-lazzo Te e raffigurante Dedalo che insegna a volare ad Icaro. Nel testo, il Vasari descrive anche un bellissimo disegno, realizzato da Giulio Romano, che raffigura proprio questo episodio. Naturalmente, il disegno citato non può che essere un bozzetto eseguito dall’artista e propedeutico alla realizzazione della tela.

Il sistema ci segnala anche che questo bozzetto risulta “non identificato”. Io stessa, pur non potendo sostenere che il manufatto in oggetto possa effettivamen-te corrispondere all’originale, ritengo di poter affermare ragionevolmente come il nostro disegno inedito sia riferibile e riconducibile a quello descritto dal Vasari.

Ma tornando alle stanze del Tè, si passa da questa camera di Psiche in un’altra stanza tutta piena di fregi doppi, di figure in basso rilievo, lavorate in stucco col disegno di Giulio […]. Ed in un palco, o vero soffittato d’un’anticamera, è dipinto a olio, quando Icaro, ammae-strato dal padre Dedalo […]. E nel nostro Libro de’ disegni di diversi pittori il proprio di-segno di questa bellissima storia in mano di esso Giulio; il quale fece nel medesimo luogo le storie de’ dodici mesi dell’anno, e quello che in ciascuno d’essi fanno l’arti più degli uomini esercitare: la quale pittura non è meno capricciosa e di quella bella invenzione e dilettevole, che fatta con giudizio e diligenza3.

3 G. vasaRi, Vita di Giulio Romano, in id., Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori ed architetti (1568), prima stampa commentata e riccamente illustrata a cura di P. Picchiai, vol. III, Milano 1938, p. 854.

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A questo punto il Sistema Penco ci ha fornito gli strumenti per rintracciare anche le altre fonti documentaristiche, dalle quali emerge che

La tela con la Caduta di Icaro è stata ritrovata nei depositi di Palazzo Ducale e, nel 1928, fu posta dal Cottafavi nello spazio centrale della Camera dei Cavalli […]. In relazione alla descrizione del Vasari, l’incisione del Molinari potrebbe corrispondere al soggetto descritto e dunque riflettere un ulteriore studio originale, oggi disperso, che corrisponde agli stessi personaggi visti di fronte dell’originale di Giulio oggi agli Uffizi4.

Ancora nel testo Giulio Romano Pinxit et delineavit è stato possibile rintracciare ulteriori documenti, che ci consentono di confrontare altre versioni e copie pub-blicate, sempre riconducibili al disegno descritto dal Vasari: un’acquatinta che si trova al Museo degli Uffizi a Firenze (630, st. cart; mm 228 x mm 180. In basso a sinistra si legge: “Giulio Romano inv. e del.”; a destra: “S. Mulinari incis. 1784”); un disegno preparatorio per l’incisione (dis. 13353 in cartella) conservato sempre agli Uffizi (Gabinetto Disegni e Stampe. Penna ed acquerello); e due disegni ori-ginali di Giulio Romano, conservati presso l’Art Institute di Chicago – già coll. Ellesmere (Sotheby’s 1972).

Il Prof. Hartt datò i fogli, attualmente conservati presso l’Art Institute di Chica-go, ai primi del 1530, ed ipotizzò che fossero stati eseguiti per realizzare un dipinto, oggi disperso, che corrisponderebbe all’originale descritto nel testo del Vasari.

Acquatinta: Uffizi (630, st. cart; mm 228 x mm 180).

4 s. massaRi, Giulio Romano Pinxit et delineavit, Roma 1993, p. 322.

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Due disegni originali di G. Romano, conservati presso l’Art Institute di Chicago. Già coll. Ellesmere (Sotheby’s 1972).

3.3. Ricerca e comparazione delle caratteristiche chimiche dei materiali e dei pigmenti. La terza banca dati

Il Sistema Penco prevede che gli esiti delle prime due ricerche vengano confron-tati con la terza banca dati, che contiene l’archivio delle caratteristiche chimiche dei pigmenti ed altre tipologie di dati, come anche i sigilli delle filigrane.

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Il manufatto è stato sottoposto ad alcune indagini scientifiche, a cura della Nicola restauri s.r.l., che hanno evidenziato quanto segue5:

Si tratta di un disegno eseguito su carta filigranata. Gli esami ai raggi X hanno escluso tecniche grafiche a punta d’argento o di piombo, poiché non è stata rilevata la presenza di tracce radiopache sulla carta. L’analisi al videomicroscopio a fibre ottiche a 100X evidenzia che la scritta “Giulio Romano in” presenta frammenti a rilievo di colore ocra dorata, che sembrerebbero residui di pigmento o di legante. L’U.V. rileva una differenza di fluorescenza tra la parte centrale ed il bordo dovuta, se non ad una preparazione della carta, alla presenza di un protettivo. È stato documentato, per transilluminazione, il mar-chio della carta filigranata.

Marchio della carta filigranata

Nel nostro caso è stato possibile rilevare che le filigrane riconducibili alla tipo-logia di quella rilevata sul foglio in esame sono individuate nel volume IV del Birqué, che le classifica come “pot à deux anses”, ossia “brocche a due manici”.

In particolare, quella identificata come filigrana 12973, descritta a pagina 641 del volume IV, reca le lettere sul corpo del vaso ed individuerebbe una produzio-ne della carta “Bayonne”6.

Scritta “Giulio Romano in”

5 Analisi, esami all’U.V., R.X., riflettografie in I.R. a cura della Nicola Restauri s.r.l.6 Per gli esiti di quest’ultima ricerca si ringraziano per la collaborazione Daniela Ferrari (direttore dell’Archivio di Stato di Mantova) e Marco Bussagli (professore di prima fascia dell’Accademia delle Belle Arti di Roma).

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4. Conclusioni ed esiti delle ricerche eseguite attraverso l’utilizzo del Sistema Penco

La prima ricerca, eseguita attraverso il riconoscimento degli attributi iconogra-fici, ci ha consentito di identificare il soggetto raffigurato nel manufatto come Dedalo che insegna a volare ad Icaro.

L’esito della prima ricerca è stato poi confrontato con la seconda banca dati, all’interno della quale sono archiviati i documenti storici. Qui è stata rintracciata la descrizione di un bozzetto preparatorio, descritto dal Vasari nella Vita di Giulio Romano, eseguito dal Maestro per la realizzazione di una tela che, in origine, era collocata sul soffitto della Sala degli Stucchi di Palazzo Te, a Mantova, e che raffigura la Caduta di Icaro7.

Inoltre, come già detto sopra, gli esami diagnostici, confrontati con la ter-za banca dati, hanno evidenziato che le filigrane riconducibili alla tipologia di quella rilevata sul foglio in esame sono individuate nel volume IV del Birqué; e che vi sono particolari somiglianze con quella identificata come filigrana 12973, descritta a pagina 641 del volume IV, che reca le lettere sul corpo del vaso e che individuerebbe una produzione della carta “Bayonne”.

Il Sistema Penco ci ha consentito di reperire tutte quelle informazioni che ci hanno permesso di ristabilire il percorso storico del manufatto e che rappresen-tano quegli strumenti che, sottoposti alla valutazione degli esperti, possono otti-mizzare il loro lavoro sia in termini di risparmio nei tempi, che come ricchezza ed ottimizzazione dei risultati.

Sebbene la sensibilità dell’uomo non possa e non debba essere sostituita dalla tecnologia, io stessa, ideatrice del Sistema Penco, frutto di un’immensa passione per l’arte, nell’affidare questo lavoro nelle mani degli esperti, desidero conclude-re questa ipotesi con alcune considerazioni personali.

4.1. Le origini della fama di Giulio Romano e la lungimiranza dei Gonzaga

Nella Vita di Marcantonio Raimondi8, Vasari racconta che le numerose stampe, che egli trasse dai disegni di Raffaello, gli conferirono una considerevole fama e che erano così ben fatte da essere ancor più “stimate” di quelle fiamminghe e tedesche.

Del resto è noto il fatto che Raffaello, già dai primi anni del Cinquecen-to, aveva dedicato particolare interesse alla riproduzione e diffusione dei suoi capolavori, tanto che ospitò nella sua bottega un garzone di nome Baviera, incaricato di realizzare un gran numero di stampe che replicavano le opere del maestro.

Personalmente ritengo che le origini di questa copiosa attività siano scaturite

7 massaRi, Giulio Romano Pinxit et delineavit, p. 322.8 G. vasaRi, Vita di Marcantonio Bolognese, in id., Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori, vol. III.

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da un importante fatto storico, che influenzò il resto della vita dei due protagoni-sti: lo scambio culturale intercorso tra Raffaello Sanzio ed Albrecht Dürer.

Il tedesco era il più autorevole incisore, intagliatore di rame ed esecutore di bellissime stampe, nonché eccellente esponente della pittura d’Oltralpe di quel periodo ed il primo grande ritrattista della storia dell’arte.

È proprio Vasari a testimoniare, agli esordi del secolo, l’inizio di questo scam-bio culturale che impegnò i due più autorevoli protagonisti del Rinascimento eu-ropeo; uno scambio improntato sulla consapevolezza delle loro reciproche capa-cità professionali e sollecitato dal confronto che scaturiva dal cimentarsi dell’uno nelle tecniche proprie delle arti del “collega”.

Vasari scrive che Dürer

divenuto tributario delle sue opere a Raffaello, gli mandò la testa di un suo ritratto condotta da lui a guazzo su una tela di bisso, che da ogni banda mostrava parimente e senza biacca i lumi trasparenti, se non che con acquerelli di colori era tinta e mac-chiata, e de’ lumi del panno aveva campato i chiari: la qual cosa parve meravigliosa a Raffaello; perché gli mandò molte carte disegnate di man sua, le quali furono carissime ad Alberto. Era questa testa tra le cose di Giulio Romano, ereditario di Raffaello, in Mantova. Avendo dunque veduto Raffaello lo andare nelle stampe d’Alberto Durero, volenteroso ancor egli di mostrare quel che in tale arte poteva, fece studiare Marco An-tonio Bolognese in questa pratica infinitamente; il quale riuscì tanto eccellente, che gli fece stampare le prime cose sue, la carta degli Innocenti, un cenacolo, il Nettuno, e la Santa Cecilia quando bolle nell’olio. Fece poi Marco Antonio per Raffaello un numero di stampe, le quali donò poi al Baviera, suo garzone ch’aveva cura d’una sua donna, la quale Raffaello amò sino alla sua morte9.

I due artisti diedero vita ad un rapporto talmente raffinato che superò di gran lunga invidie ed antagonismi che, al contrario, avevano spesso caratterizzato il percorso professionale del giovane Sanzio.

Ritengo che Dürer, inviando in dono a Raffaello il proprio autoritratto, abbia saputo esprimere, inequivocabilmente, la natura elegante e distinta che rese tanto pregevole quanto apprezzato il suo interesse nei confronti del grande Maestro italiano. Egli, inoltre, eseguendo il dipinto su tela di bisso, seppe cogliere l’occa-sione per dimostrare la sua capacità nel cimentarsi e nell’interpretare la tecnica dei più autorevoli maestri della pittura italiana, come Mantegna e Bellini, che tanto lo avevano affascinato durante il suo viaggio in Veneto.

Occorre tener ben presente che per l’artista di Norimberga non era affatto usuale dipingere su tela; tuttavia, decise di realizzare questa particolarissima opera d’arte, avendo cura di scegliere il bisso: un supporto non solo raro e pregiato, ma caratteristico della manifattura italiana. Infatti, si tratta di una sorta di seta naturale marina, ottenuta da un filamento che secernono alcuni

9 G. vasaRi, Vita di Raffaello da Urbino, ibi, p. 214.

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molluschi, pinna nobilis, la cui lavorazione si era sviluppata proprio nell’area mediterranea e che, già a quei tempi, era considerato un materiale raro ed assai pregevole.

Sono convinta che Dürer abbia volutamente e sapientemente inviato a Raffa-ello il suo primo significativo dono, poiché desiderava presentarsi al suo interlo-cutore utilizzando l’unico strumento che, per quell’epoca, poteva consentirgli di superare gli ostacoli di un lungo e prematuro viaggio a Roma: il ritratto. Nondi-meno egli si cimentò in una tecnica che non gli era propria, ma che testimoniava la sua volontà di instaurare uno scambio culturale che avrebbe coinvolto i più autorevoli esponenti del Rinascimento in Europa.

Fu da questi presupposti che Raffaello, un uomo dalla natura affabile e corte-se, accolse con entusiasmo la proposta del grande Maestro d’Oltralpe, acconsen-tendo così a dar luogo ad uno scambio culturale intenso ed appassionante, che si protrasse fino alla sua morte, assai prematura, nel 1520. Ritengo che sia proprio da questo fondamentale ed imprescindibile contesto che sia scaturito quanto la storia, ai nostri giorni, ci può testimoniare.

Le parole del Vasari confermano non solo il fatto che Albrecht Dürer inviò a Raffaello numerose stampe, ma testimoniano anche che il Sanzio apprezzò a tal punto i doni dell’artista di Norimberga, che iniziò a cimentarsi nella medesima arte; e lo fece con tale dedizione che incaricò un allievo, Marcantonio Bolognese, di studiare per affinare la tecnica.

Le stampe, per loro natura, hanno il pregio di prestarsi ad essere agevolmente diffuse e questo fattore rappresentò, per entrambi gli artisti, un adeguato strumen-to per favorire ulteriormente il loro scambio culturale.

Ne scaturì, come conseguenza, una vasta riproduzione dei capolavori del già affermato ed apprezzato Raffaello; e questo contribuì ancor più a diffon-dere e promuovere il suo operato e quello del suo seguace prediletto: Giulio Romano.

Non va sottovalutato neppure il fatto che fu lo stesso Raffaello ad affidare la vendita delle stampe al Baviera, che non tardò a dimostrare le sue eccellenti abilità imprenditoriali, foriere di lucrosi guadagni e di un fiorente commercio de-dicato alle riproduzioni dei capolavori del Sanzio e del Pippi il quale, come noto, ne raccolse i consistenti frutti.

Infatti, la morte prematura del Sanzio non solo fece acquistare valore alle sue opere, delle quali il suo primo allievo fu diretto erede; ma fece anche aumentare la richiesta delle riproduzioni dei capolavori di entrambi.

Questo mercato si fece sempre più fiorente e, pochi anni più tardi, nonostante la censura del Papa sulle stampe erotiche e l’imminente Sacco di Roma (1527), le riproduzioni venivano ormai diffuse ben oltre i confini del nostro Paese.

Nel contesto di questo fiorente commercio antiquario, può trovare conferma un altro fatto importante.

La “bramosia” dei collezionisti per l’acquisto dei più noti capolavori potreb-

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be rappresentare la ragione per la quale del famoso autoritratto di Dürer – che Raffaello dovette custodire con particolare premura e che Vasari ci descrive con dovizia di particolari – si persero le tracce proprio durante il soggiorno del Pippi a Mantova.

È verosimilmente ipotizzabile che, proprio grazie al vasto commercio di stam-pe, qualche facoltoso collezionista ne conoscesse l’esistenza e che ne abbia de-siderato ed ottenuto la proprietà attraverso i ricchi mercanti attivi in quell’epoca.

Fu in questo clima che le opere commissionate a Giulio Romano rappre-sentarono una vera e propria celebrazione per le gesta dei Gonzaga; poiché l’attività grafica del Sanzio, già ampiamente consolidata a Roma, proseguiva a Mantova con il Pippi: il primo allievo del più autorevole esponente del Rina-scimento italiano.

Inoltre, la copiosità delle riproduzioni, anche dei suoi disegni, rendeva inarre-stabile il processo di divulgazione dell’opera di Giulio Romano e, pertanto, anche delle gesta dei suoi committenti.

Il trascorrere del tempo, purtroppo, oggi rappresenta l’aspetto più critico per ristabilire quell’antico scenario che ha dato vita a capolavori unici che, ai nostri giorni, rappresentano il bene più prezioso della nostra umanità. Ed è per questa ragione che oggi il binomio arte/tecnologia può rappresentare uno strumento am-bizioso, innovativo e all’avanguardia, del quale possiamo disporre per superare gli ostacoli della memoria umana, poiché la tecnologia si pone quale strumento indispensabile per il recupero delle informazioni perdute e per la salvaguardia del patrimonio culturale.

5. Contenuti innovativi e peculiarità del “Sistema Penco”: sinergie e benefici rispetto allo “stato della tecnica”

Il percorso di studio applicato al disegno inedito ha condotto ad un’attendibile ipotesi di identificazione iconografica che, attraverso il confronto del risultato della prima ricerca con le altre due banche dati, ci ha consentito di dimostrare come il Sistema Penco rappresenti un metodo di catalogazione assolutamente innovativo.

Il progetto prevede un immenso lavoro di archiviazione, che consente di otti-mizzare e rendere fruibile tutta quella conoscenza che ci perviene dai più illustri studiosi di ogni tempo (si pensi che, solo per la banca dati sui santi, sono state realizzate 1.250 schede, che contengono dati estrapolati da 38.000 pagine di libri di testo). Ma i contenuti innovativi del Sistema Penco risiedono nella disposizio-ne delle informazioni, ossia nel sistema di estrazione dei dati e dei contenuti dai testi storici e dalle funzionalità e dai metodi di ricerca del sistema informatico.

Grazie a questo metodo, il progetto permette la fruibilità delle informazioni presenti ed il recupero di quelle perdute, dalle quali scaturiscono le sinergie ed i benefici che consentono di perseguire i “risultati ambiti”.

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Un esempio su tutti, a riprova dei molteplici aspetti che testimoniano i conte-nuti innovativi del Sistema Penco, si evince da quanto riportato nel testo I beni culturali e la loro catalogazione, dove viene spiegato come i più noti sistemi di catalogazione iconografica, Iconclass e Thesaurus Iconographique, “permettono di arrivare ad identificare l’opera d’arte da un punto di vista estetico e didasca-lico, ma non consentono di collocare nel tempo le immagini che hanno visto mutare la loro tipologia iconografica”10.

L’autrice del libro comprova questo “limite dello stato della tecnica” attraver-so un esempio sull’iconografia di san Sebastiano:

Nell’iconografia delle origini, il Santo è rappresentato come il soldato che la sua “le-genda” narra fosse quindi rivestito di un’armatura. A partire dal XIV secolo viene invece raffigurato come un giovane assai poco abbigliato, e bersaglio di frecce. [...] Iconclass non consente di rintracciare tale distinzione11.

Pertanto, ai fini dell’individuazione del soggetto raffigurato, è come se si trattasse di due santi diversi: cioè due schede iconografiche distinte.

L’ordinamento della banca dati appena descritta, sebbene si tratti del mede-simo soggetto iconografico, incontra un limite: le variazioni della rappresenta-zione iconografica nel tempo e nelle zone geografiche precludono la puntuale identificazione del soggetto raffigurato. San Sebastiano “in armatura” (icono-grafia antecedente il XIV secolo) non è “associabile” a san Sebastiano raffi-gurato come un “giovane poco abbigliato e bersaglio di frecce” (iconografia posteriore al XIV secolo).

Di seguito viene illustrata una dimostrazione pratica dei benefici che si ot-tengono con l’applicazione del Sistema Penco all’iconografia di san Sebastiano raffigurato in due manufatti di epoche differenti, in cui sono presenti le variazioni della rappresentazione iconografica nel tempo.

Nell’albero della ricerca selezioniamo l’argomento “santi” e inseriamo che si tratta di un santo di “sesso maschile”; tra gli “attributi liberi” inseriamo “armatu-ra” e “frecce” ed avviamo la ricerca.

Il sistema ci propone tutte le schede di santi che recano gli attributi inseriti, con un indice di gradimento.

Entrando in ogni scheda è possibile individuare ulteriori attributi non ancora rilevati, ed integrare la ricerca selezionando la parola prescelta. Una delle pe-culiarità di questo progetto, infatti, è il fatto che la banca dati proponga tutti gli attributi con i quali quel soggetto è stato raffigurato: anche quelli meno consueti e quindi più difficili da ricordare.

10 L. conti, I beni culturali e la loro catalogazione, Roma 2003, p. 139.11 Ibidem.

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Entrando nella scheda di san Sebastiano leggiamo che egli è un “soldato” e che, secondo l’antica tradizione, prima del XV secolo, può essere raffigurato come un “cavaliere” o un “cacciatore”, con “frecce” ed “arco”; può essere “legato” ad una “colonna” o ad un “albero”, “trafitto” e “ferito” dalle “frecce”. Può essere anche raffigurato “in compagnia di san Rocco”, con il quale è considerato protettore contro la peste.

Dall’esempio appena illustrato si evince che l’organizzazione della banca dati del Sistema Penco riconduce entrambe le tipologie di raffigurazione alla medesi-ma scheda identificativa: san Sebastiano.

Inoltre, il sistema è in grado di segnalare che l’esecuzione del manufatto può essere riconducibile ad una specifica epoca o zona geografica:

– “in armatura” (iconografia antecedente il XIV secolo);– “giovane”, “poco abbigliato” e “frecce” (iconografia posteriore al XIV secolo).

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Il Sistema Penco ci ha consentito di identificare, ed archiviare, come san Se-bastiano, due manufatti che appartengono ad una tradizione iconografica che è variata nel tempo. Inoltre, la banca dati ci consente di rilevare che san Sebastiano è spesso raffigurato in compagnia di san Rocco, e che può mostrare una “ferita” sulla “coscia nuda” in riferimento alla credenza popolare che fa dei due santi i compatroni ed i protettori contro la peste.

Pertanto, il Sistema Penco ci ha permesso di riconoscere anche il personaggio raffigurato in piedi, nell’affresco, al fianco di san Sebastiano a cavallo.

A questo punto è chiaro come tutte le tipologie di manufatti (quadri, affreschi, statue ecc.) siano archiviate e ritrovate sotto il nome del soggetto raffigurato.

6. Proprietà intellettuale

6.1. Organizzazione della banca dati

L’organizzazione della banca dati è intesa come “raccolta di dati indipendenti (dati a disposizione di tutti), sistematicamente e metodicamente disposti al fine di renderli individualmente accessibili mediante mezzi elettronici (o altro). Ossia: l’elaborazione del contenuto ed il meccanismo di ricerca”12.

6.2. Meccanismo di ricerca

Il meccanismo di ricerca è inteso come specifiche di funzionamento del sistema informatico (mezzo elettronico), preposto ad interrogare i dati. Inoltre, il software che governa il Sistema Penco è stato implementato con l’aggiunta di alcune fun-zioni di affinamento della ricerca. Qualche esempio:

– sinonimi: i “lemmi” che, nella storia dell’arte, possono rappresentare i sino-nimi di un medesimo attributo, vengono considerati come un unico termine (ad esempio: “ampolla”, “vaso degli unguenti”, “profumo”);

– correlazioni: ci sono attributi che vengono correlati ad altri, poiché rappre-sentano un criterio “logico” per agevolare la ricerca (ad esempio: un “vescovo” sarà correlato con “mitria” e “pastorale”; se identifichiamo un santo con l’abito da domenicano, la ricerca escluderà gli altri ordini);

– pesi: ad alcuni “lemmi” il sistema conferisce un peso maggiore, perché sono altamente caratterizzanti ai fini di una più corretta identificazione del soggetto raffigurato (ad esempio: il “modellino di una Chiesa in mano” ecc.).

12 Legge sul Diritto d’Autore. Legge del 22 Aprile 1941, n. 633 Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio (Testo consolidato il 1° Luglio 2010). Titolo I. Disposizioni sul diritto d’autore. Capo I. Opere protette. Art. 2: “[...] Le banche di dati di cui al secondo comma dell’art. I (Sono altresì protetti i programmi per elaboratore come opere letterarie ai sensi della Convenzione di Brera sulla protezione delle opere letterarie ed artistiche ratificata e resa esecutiva con Legge 20 Giugno 1978, n. 399, nonché le banche dati che per la scelta o la disposizione del materiale costituiscono una creazione intellettuale dell’autore), intese come raccolta di opere, dati o altri elementi indipendenti sistematicamente e metodicamente disposti ed individualmente accessibili mediante mezzi elettronici o in altro modo”.

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Dal 1999 ad oggi sono stati effettuati numerosi depositi Siae sulla struttura della banca dati e le specifiche di funzionamento del sistema di ricerca. Il 7 no-vembre 2006 è stata depositata la domanda di brevetto nazionale. Il 6 novembre 2007 è stata depositata la modulistica PCT per la domanda di brevetto Europa ed USA: Discovering a Work of Art. Pub. No.: WO/2008/056392. International Ap-International Ap-plication No.: PCT/IT/2007/000778.

6.3. Obiettivo strategici: “conoscere per difendere”

Il censimento del patrimonio culturale è uno dei fattori altamente critici di que-sto settore. Il binomio arte/tecnologia rappresenta lo strumento che determina l’efficacia del progetto ed il presupposto essenziale per il perseguimento degli obiettivi ambiti: un censimento omogeneo e fruibile per ogni tipologia di manu-fatto; la possibile individuazione della zona geografica e dell’epoca di origine del manufatto; una metodologia nell’organizzazione dei dati; la capacità di rintrac-ciare le informazioni storiche perdute e l’elevato indice di interfacciabilità con gli altri sistemi.

6.4. Monitoraggio e controllo dei fattori di pericolo e relativo programma di si-curezza

La tracciabilità del bene consente di perseguire ambiziosi obiettivi nell’ambito della “sicurezza”. Per questa ragione, dal 1999 a tutt’oggi, il progetto è stato costantemente seguito e sostenuto dal Gen. C.C. (R) Roberto Dott. Conforti (già Comandante del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale dell’Arma dei Carabinieri e Presidente Società Italiana per la Protezione dei Beni Culturali). Il Generale Conforti presiede il comitato scientifico del Sistema Penco per il controllo del commercio antiquario legittimo su scala internazionale e per la salvaguardia e “messa in sicurezza del bene”.

Nell’anno 2005, una versione del Sistema Penco è stata fornita all’Arma dei Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale per il Sistema Leonardo. Tale versione è stata appositamente realizzata per favorire l’identificazione ed il recupero delle opere trafugate.

La tracciabilità del bene culturale rappresenta uno strumento indispensabile anche per la lotta contro il crimine: contro il riciclaggio dei capitali illeciti e con-tro l’evasione. Infatti, spesso questi capitali vengono investiti in beni rifugio. Sot-to questo aspetto il comitato scientifico è presieduto dal Gen. Sen. Luigi Ramponi (già Comandante Generale della Guardia di Finanza e Presidente del Cestudis).

6.5. Come raggiungere gli obiettivi: il ruolo delle Università

Il progetto nasce da una necessità primaria del settore dei beni culturali: conosce-re il patrimonio. È indispensabile essere consapevoli del fatto che il contributo della tecnologia deve rimanere subordinato all’insostituibile ed imprescindibile

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sensibilità dell’uomo: poiché l’arte rappresenta l’espressione delle sue migliori capacità e lo strumento attraverso il quale egli ha scritto la storia della sua civiltà.

Per questa ragione è particolarmente preziosa la collaborazione con le Univer-sità e in particolare con l’Università Europea di Roma, allo scopo di perseguire ambiziosi obiettivi nell’ambito della valorizzazione del nostro patrimonio artisti-co e una politica di promozione di scambi culturali tra Paesi.

7. Alcuni riconoscimenti del Sistema Penco13

– Gazzetta Ufficiale Regione Lazio, n. 25, del 10 settembre 2001: primo posto nella graduatoria di merito per le ammesse a finanziamento L.R. 51/96, per l’im-prenditoria femminile;

– un contratto per la fornitura di una versione del Sistema Penco all’Arma Ca-rabinieri Tutela Patrimonio Culturale inserita nel Sistema Leonardo e realizzata per le finalità di recupero delle opere trafugate (30 marzo 2005);

– una lettera di encomio, datata 14 marzo 2008, da parte di Francesco Rutelli, allora Ministro per i Beni e le Attività Culturali, nella quale si legge:

Le esprimo sincero apprezzamento per il sistema di riconoscimento iconografico Scopri-re l’opera d’arte – Sistema Penco che consente l’archiviazione, lo studio, la ricerca e la diagnostica dei diversi manufatti, attraverso un metodo di indagine assolutamente inno-vativo. [...] Il Sistema Leonardo, nato dai Suoi studi e oggi utilizzato dal Comando Ca-rabinieri Tutela Patrimonio Culturale, è risultato un sistema capace di effettuare ricerche in modo mirato, preciso e veloce, consentendo il rilevamento di manomissioni e contraf-fazioni eseguite allo scopo di rendere difficilmente rintracciabile il manufatto trafugato. I Suoi studi e le applicazioni concrete contribuiscono in modo consistente all’opera di recupero di opere d’arte trafugate di questo Ministero.

– Il Sistema Penco è stato presentato ufficialmente durante il Convegno svol-tosi a Roma, presso la Camera dei Deputati, il 5 maggio 2009, su Il ruolo della tecnologia nella salvaguardia e valorizzazione del patrimonio storico artistico italiano14. Il tema è stato introdotto dal Senatore Luigi Ramponi. Il Convegno si

13 Encomi, patrocini e numerosi articoli pubblicati su quotidiani e riviste come anche gli interventi riportati nel testo sono consultabili on line sul sito www.sistemapenco.com.14 Al Convegno hanno partecipato: il Prof. Claudio Strinati (Sovrintendente speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Roma); Gen. Roberto Conforti (Consulente culturale Gruppo Finmeccanica; Presidente Società Italiana per la Protezione dei Beni Culturali); Prof. Antonio Paolucci (Direttore dei Musei Vaticani); Dott.ssa Sara Penco (Restauratrice; Consulente per lo sviluppo di tecnologie innovative per la sicurezza del patrimonio storico artistico; ideatrice del progetto Scoprire l’opera d’arte – Sistema Penco); Prof. Marco Bussagli (Professore di prima fascia dell’Accademia delle Belle Arti di Roma; esperto in iconologia ed iconografia); Gen. B. Giovanni Nistri (Comandante Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale); Ing. Sabatino Stornelli (Amministratore Delegato Società Selex Se.Ma. del Gruppo Finmeccanica); Dott. Paolo Serafini (Storico dell’arte; editorialista de “Il Giornale dell’Arte”); Dott. Carlo Teardo (Presidente Federazione Italiana

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è concluso con l’intervento dell’On. Sandro Bondi, allora Ministro per i Beni e le Attività Culturali, che ha valutato il Sistema Penco affermando:

E questo primato noi dobbiamo certamente conservarlo nel tempo, perché è un bene pre-zioso del nostro Paese. E, certamente, questo Bene prezioso è valorizzato particolarmente dall’ausilio delle nuove tecnologie e questo fa sì che tutto il mondo dei Beni Culturali oggi stabilisca dei ponti con il mondo delle Università, con gli Istituti di Ricerca, e con quelle imprese private che operano, come la Finmeccanica, a stretto contatto con le at-tività legate ai Beni Culturali; alla tutela ed alla valorizzazione dei Beni Culturali [...] il Sistema Penco […] è uno strumento che fornisce un innovativo strumento allo studio, all’archiviazione ed alla diagnostica dei manufatti d’arte.

Si tratta di un nuovo procedimento […] che permette di stabilire una quantità di ele-menti certi sull’opera d’arte che si sottopone ad esame e che costituiranno un punto di partenza più corretto e, soprattutto, più circoscritto per affrontare i successivi studi.

Il Sistema Penco credo potrà essere confrontato in futuro con l’archivio di altre due banche dati: quella degli antichi libri dei conti dei pittori e quella con le caratteristiche chimiche dei pigmenti e delle tecniche esecutive dei diversi artisti.

Questo progetto testimonia, ancora una volta, il primato italiano, come ho detto, nel settore della ricerca e dell’innovazione nel settore dei Beni Culturali.

Un primato, voglio sottolinearlo, che è frutto non soltanto dell’opera dei tecnici del Ministero, che ho l’onore di rappresentare, ma anche della creatività e della passione di molti privati che, come la Dott.ssa Sara Penco, lavorano da anni in questo settore.

Auspico perciò che questo importante strumento, ideato e concepito da chi lavora a stretto contatto con l’arte, Sara Penco appunto restauratrice ed ideatrice del Sistema Pen-co, possa, in futuro, essere proficuamente utilizzato anche dal personale scientifico del Ministero per i Beni e le Attività Culturali.

– Accordo Selex Se.Ma. (Gruppo Finmeccanica) per la consulenza e lo svilup-po di tecnologie di sicurezza per la salvaguardia del patrimonio storico artistico (10 giugno 2009);

– il Sistema Penco, inoltre, è stato presentato di recente durante il Convegno I Gonzaga e i Papi. Roma e le corti padane fra Umanesimo e Rinascimento 1418-1620 (Mantova-Roma, 21-26 febbraio 2013), promosso dall’Università Europea di Roma – Centro Studi Heritage e Territorio per il Distretto culturale “Le Regge dei Gonzaga”, nell’ambito del più ampio progetto Distretti culturali di Fondazio-ne Cariplo. Nella sessione dedicata alle Tecnologie informatiche per la valoriz-zazione dei beni culturali (che si è tenuta presso l’Archivio di Stato a Mantova il 23 febbraio), io stessa ho potuto presentare il progetto la cui relazione costituisce questo saggio;

– un’ulteriore possibilità di divulgazione del progetto mi è stata infine gentil-mente concessa dall’invito a partecipare a Internationals Conferences Eva Flo-

Mercanti d’Arte); Dott. Francesco Sensi (Consigliere Associazione Antiquari d’Italia); Moderatore: Dott. Paolo Conti (Giornalista).

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rence 2013. Electronic Imaging the Virtual Arts (Firenze, 15-16 maggio 2013), Session 5 – Access to the Culture Information, durante la quale ho potuto pre-sentare personalmente una relazione dal titolo Hypothesis of Identification of a Character of the Universal Judgement of the Sistine Chapel.

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GUIDO BAZZOTTI*

Ricostruzioni 3D per la manutenzione e la tutela dei beni culturali

Nella tradizione protrattasi dall’antichità sino a tempi molto recenti, l’architetto esprimeva graficamente le prime idee su idonea superficie, le elaborava quindi in un progetto, che arricchiva con lo sviluppo di parti significative, per passare, quando richiesto, a un vero e proprio modello ligneo tridimensionale. Era, questo, il grado massimo dell’oggettivazione nel procedimento progettuale, che consenti-va al suo autore una conferma complessiva del proprio operato e al committente, talora anche all’opinione pubblica, di farsi un’idea concreta del risultato finale.

Oggi tale procedimento è obsoleto, soprattutto per quanto riguarda la fase laboriosa e costosa della costruzione del modello. La grafica 3D assolve con inar-rivabili capacità e flessibilità operative qualsiasi esigenza di simulazione tridi-mensionale, raggiungendo risultati immediatamente comprensibili da parte del committente e di un pubblico vastissimo1. La nostra cultura visiva, infatti, è da oltre cento anni assuefatta alle immagini in movimento, alla realtà virtuale pro-posta dal cinema e passata agli schermi domestici, nella quale lo spettatore si immedesima, per vivere con inedito realismo la sequenza visiva.

Le elaborazioni in 3D sono capaci di realismo altrettanto efficace, tuttavia il loro specifico compito non è solo quello di creare suggestioni, quanto piuttosto offrire a chi progetta la possibilità di proporre in toto una nuova realtà: un edificio, un comparto urbano, un restauro, la ricostruzione di un ambiente architettonico, di un’opera d’arte, di un oggetto di design, di un habitat naturale. Oltre a far co-gliere l’aspetto finale del progetto, la grafica 3D consente di prevedere gli effetti di molteplici soluzioni alternative e di ricreare situazioni ambientali di fondamentale interesse, come i rapporti spaziali tra lo spettatore e la realtà progettata, la funzio-nalità del percorso, gli effetti della luce, la disposizione corretta di accessori e altri materiali, la collocazione delle opere d’arte in una mostra, e così via.

Queste possibilità tecniche si rivelano particolarmente utili ed efficaci nel campo della tutela e della valorizzazione dei beni culturali. La simulazione rea-listica dello stato finale dei lavori agevola nella scelta operativa, consente la

* Esperto di computer grafica tridimensionale.1 Nel corso della presente relazione, con il termine 3D si intende riferirsi alla meglio definita computer grafica 3D. Quest’ultima è una branca della computer grafica che basa la creazione di immagini, statiche o in movimento, sull’elaborazione informatica di modelli tridimensionali.

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tempestiva adozione di varianti, suggerisce correzioni e integrazioni altrimen-ti imprevedibili. Questo attento iter procedurale si applica assai bene anche a eventi, in particolare espositivi, che prevedano l’inserimento di nuovi materiali e l’adattamento di percorsi all’interno di monumenti di elevato valore storico.

Nell’intento di fornire un contributo a suffragio di queste riflessioni, propongo alcuni esempi concreti di grafica tridimensionale che ho avuto l’opportunità di elaborare negli ultimi anni nel campo dei beni culturali2.

Su richiesta della Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropo-logici di Mantova, ho realizzato nel 2008 la ricostruzione virtuale della Sala del Pisanello, nella Corte Vecchia di Palazzo Ducale.

Figura 1 - “Sala del Pisanello” ricostruita in 3D allo stato attuale con l’aggiunta degli elementi di progetto

Tale ambientazione, trasportata in 3D, ha consentito di produrre una simulazione del progetto di valorizzazione (ad oggi non ancora realizzato) del celebre ciclo di affreschi. Una profonda ristrutturazione operata nella seconda metà del Cinque-cento aveva causato l’abbassamento della volta e del pavimento dell’ambiente. Quando, alla fine degli anni Sessanta del Novecento, si scopersero gli affreschi pisanelliani, anche grazie alla rimozione del soffitto cinquecentesco, si poté in-

2 Molti dei lavori qui descritti sono ad oggi visibili nella sezione Arte e Storia del sito personale all’indirizzo web www.3dg.it.

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RICOSTRUZIONI 3D PER LA MANUTENZIONE E LA TUTELA DEI BENI CULTURALI 63

dividuare la quota del pavimento originale, ma non furono create le condizioni per restituire allo spettatore il giusto rapporto visivo con il ciclo pittorico. Da qui l’idea di creare una pedana lignea poggiata sull’attuale pavimento. La simulazio-ne in 3D conferma l’efficacia dell’intervento, peraltro non invasivo e reversibile. Nell’ambientazione virtuale, oltre alla pedana, sono inseriti anche un apparato didascalico su monitor touch-screen e supporti di illuminazione dedicati, per una più agevole lettura dei dipinti.

Nel 2009, la Soprintendenza per i Beni Storici e Artistici di Mantova ha ri-chiesto una valutazione di impatto ambientale 3D di un montacarichi in vetro e acciaio nel vano della scala neoclassica di Corte Vecchia in Palazzo Ducale.

Figura 2 - Montacarichi 3D inserito in fotoritocco in una fotografia della scala neoclassica di Corte Vecchia in Palazzo Ducale (MN)

L’impianto si rendeva necessario per adeguarsi alla normativa nazionale sull’ab-battimento delle barriere architettoniche e lo spazio prescelto si prestava, per fun-zione originaria, ad accogliere l’aggiornamento tecnologico, anch’esso concepito come minimamente invasivo e reversibile. Una volta rilevato l’ambiente esistente sia fotograficamente che metricamente, e acquisito il materiale tecnico-descritti-vo, è stata ricostruita la scena virtuale. Il modello tridimensionale dell’elevatore è stato realizzato in due varianti e posizionato nella scena, così da consentire di calcolare le immagini risultanti da sovrapporre successivamente in fotoritocco alle fotografie selezionate. La valutazione della simulazione ha contribuito all’ap-provazione dell’intervento, che è stato di lì a poco realizzato.

Sempre per Palazzo Ducale, nel 2007, si è verificata l’opportunità di collabo-

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rare al progetto del Prof. Antonino Gallo Curcio per la messa in sicurezza delle murature del vastissimo Salone dell’Armeria, che occupa l’ultimo piano del Pa- che occupa l’ultimo piano del Pa-che occupa l’ultimo piano del Pa-lazzo del Capitano, affacciato su piazza Sordello.

Figura 3 - “Salone dell’Armeria” in Palazzo Ducale (MN), scena 3D dell’ambiente ricostruito con aggiunta delle strutture metalliche in progetto

Figura 4 - “Salone dell’Armeria” in Palazzo Ducale (MN), inserimento in fotoritocco di strutture metalliche 3D in una fotografia dell’ambiente

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RICOSTRUZIONI 3D PER LA MANUTENZIONE E LA TUTELA DEI BENI CULTURALI 65

Tale progetto (ancora in attesa di realizzazione) prevede l’inserimento di strutture con tiranti in acciaio ancorati tra pavimento e pareti. L’operazione ha il compito di ridonare stabilità all’edificio, che proprio nella parte sommitale pone in evi-denza un fenomeno di rotazione delle pareti perimetrali lunghe, con possibili gra-vi minacce alla stabilità complessiva. La sottile rete di tiranti, per quanto visibile, risulterebbe certo meno invasiva, oltre che più leggera ed efficiente, del sistema di contrafforti interni in muratura – vere e proprie pareti trasversali – eretti agli inizi del Novecento per contrastare il fenomeno di alterazione statica.

È comunque comprensibile che quando l’operazione di salvaguardia di un bene architettonico di pregio preveda modifiche alla struttura, con interventi più o meno invasivi, si renda necessario valutare la loro incidenza dal punto di vista estetico, oltre che strutturale; la simulazione virtuale dell’opera assume quindi valore elevato, se non determinante. Nello specifico, partendo da un rilievo archi-tettonico, è stato ricostruito in 3D l’intero salone. Facendo riferimento al rilievo fotografico realizzato ad hoc, è stata riprodotta la sorgente luminosa naturale al fine di consentire un’integrazione più realistica, nei giochi di luci ed ombre, di quanto si intendeva realizzare. Sono state, quindi, modellate tutte le strutture in acciaio, posizionate con precisione nel salone ed è stato calcolato il rendering del-le inquadrature nelle prospettive virtuali, ricostruite dalle fotografie selezionate. All’interno degli scatti sono stati inseriti in fotoritocco gli elementi risultanti, così da ottenere una corretta sovrapposizione di stato attuale ed elementi di progetto.

Per la mostra del 2010, Gli arazzi dei Gonzaga nel Rinascimento, a supporto del progettista architetto Roberto Soggia, è stata prodotta la pre-visualizzazione in grafica tridimensionale dell’allestimento espositivo.

Figura 5 - “Fruttiere” di Palazzo Te (MN), allestimento virtuale della mostra “Gli arazzi dei Gonzaga nel Rinascimento”, 2010.

Vista in modalità “wireframe” della scena in lavorazione

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Figura 6 - “Fruttiere” di Palazzo Te (MN), allestimento virtuale della mostra “Gli arazzi dei Gonzaga nel Rinascimento”, 2010. “Rendering” finale

Partendo da un rilievo architettonico delle Fruttiere di Palazzo Te, sono state ricostruite in 3D le porzioni necessarie: muri perimetrali, pareti interne, pi-lastri, pavimentazione. Sono stati configurati tutti i pannelli espositivi lignei in progetto nelle corrette proporzioni; sono stati posizionati tutti gli arazzi previsti in mostra nella giusta collocazione rispettando le misure originali; sono state quindi modellate in 3D teche, panche, pannelli didattici, didascalie e altri dettagli.

L’ambiente delle Fruttiere, così ricostruito e allestito virtualmente, è stato poi completato con la copertura a capriate e si è passati allo studio illuminotecnico (basato su tecnologia LED) che affrontava una serie delicata di problemi, in quan-to doveva permettere sia l’illuminazione delle opere, nel rispetto degli standard in LUX consentiti per la corretta conservazione dei pigmenti degli arazzi, sia la crea-zione di un sufficiente grado di visibilità lungo il percorso di visita. I rendering della scena completa anticipano con rilevante grado di realismo il risultato suc-cessivamente raggiunto. La possibilità di valutare le proporzioni degli elementi, avere la sensazione di visitare la mostra ancor prima di iniziare l’allestimento materiale, ha rafforzato le certezze sugli obiettivi progettuali e ha consentito di intervenire con operazioni mirate.

Passo ora a tre lavori di animazione dove l’applicazione del tridimensiona-le ha un differente impiego narrativo, volto a mostrare molteplici aspetti della composizione architettonica di edifici storici, riducendoli, per quanto possibi-le, a una sintesi visiva efficace e coinvolgente. Mi sembra opportuno, a questo proposito, rammentare quanto teorizzava Bruno Zevi nel suo fortunato saggio

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Saper vedere l’architettura, pubblicato ormai più di cinquant’anni fa, ma punto di riferimento ancora attuale per l’osservazione e l’interpretazione degli edifici nella storia3. Zevi, passando in rassegna i meriti e i limiti delle rappresentazioni grafiche dell’architettura, apprezza l’efficacia della fotografia, che tuttavia non soddisfa requisiti indispensabili:

ma se, come abbiamo ormai chiarito, il carattere precipuo dell’architettura è lo spazio interno e se il suo valore deriva dal vivere successivamente tutti i suoi stadi spaziali, è evidente che né una né cento fotografie potranno esaurire la rappresentazione di un edi-ficio […]4.

Poco oltre, l’autore esalta i meriti della cinematografia:

Se percorrete un edificio con un apparecchio cinematografico e poi ne proiettate il film, voi rivivete il vostro cammino e una parte dell’esperienza spaziale che si è ad esso accom-pagnata. La cinematografia sta entrando nella didattica, e c’è da ritenere che quando la storia dell’architettura, anziché sui libri, si inserirà col cinematografo, il compito dell’e-ducazione spaziale delle masse sarà largamente facilitato5.

Zevi, a quell’epoca, non poteva immaginare come la visione in 3D potesse ancor meglio inoltrarsi lungo la via da lui indicata, quella della presentazio-ne delle sequenze che ci restituiscono integra la spazialità dell’edificio, il rapporto tra spettatore, volumi e membrature architettoniche. Ma il 3D non si limita a riprodurre le capacità di lettura e di sintesi offerte dalla ripresa ci-nematografica: questa è legata alla documentazione dell’esistente, mentre la restituzione tridimensionale al computer può illustrare, sovrapporre, confron-tare le fasi storiche che hanno portato alla creazione di un’entità composita come un edificio, o un più vasto complesso architettonico. Le fasi di costru-zione, gli interventi successivi, le variazioni in atto e quelle tendenziali legate a fattori esterni o al degrado: tutto può essere indagato, esposto con chiarezza, valorizzato.

Il primo dei tre lavori è estratto dal video-documentario Facciate dipinte nella Mantova di Andrea Mantegna del 2006, che nel 2009 è diventato un libro con immagini fotografiche e DVD, edito da Skira6.

3 B. zevi, Saper vedere l’architettura, Torino 1962; in particolare, si veda il capitolo La rappresentazione dello spazio, pp. 35-51.4 Ibi, p. 49.5 Ibi, p. 50.6 Facciate dipinte nella Mantova di Andrea Mantegna, a cura di G. Bazzotti, S. L’Occaso e F. Vischi, Milano 2009.

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Figura 7 - “Facciate dipinte nella Mantova di Andrea Mantegna”, Skira, Milano 2009. Fotografia della facciata di una residenza storica in via Fratelli Bandiera (MN)

Figura 8 - “Facciate dipinte nella Mantova di Andrea Mantegna”, Skira, Milano 2009. “Rendering” della facciata ricostruita di una residenza storica

in via Fratelli Bandiera (MN)

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L’opera propone la restituzione dell’impianto pittorico in facciata di alcuni edifici storici mantovani che ad oggi presentano solo resti di affreschi di difficile e non immediata interpretazione. Qui l’uso del 3D è limitato, ma indispensabile per la corretta restituzione delle parti e per offrire panoramiche geometricamente atten-dibili. Le facciate sono state fotografate in quota a intervalli regolari, per ricopri-re, porzione per porzione, tutta la superficie del prospetto; le fotografie sono state successivamente affiancate per formare un’unica immagine ad alta risoluzione, sulla quale sono stati studiati i motivi geometrici, le figure e la scansione degli elementi. Solo dove il materiale ha concesso un accettabile grado di sicurezza, si è passati alla ricostruzione pittorica su tavola dei motivi, successivamente foto-grafati e montati in una nuova livrea che si sovrapponesse correttamente a quella attuale. Infine, la texture così ottenuta è stata applicata sul modello tridimensio-nale dell’edificio ricostruito sulla base di un preciso rilievo metrico. Il risultato ha permesso di godere di un inserimento virtuale della facciata nel contesto viario, con il risultato di poter restituire la visione che si offriva agli occhi di un passante della fine del Cinquecento nella città dei Gonzaga7.

Il secondo lavoro risale al 2005 e riguarda la chiesa della Madonna della Vittoria.

Figura 9 - Ricostruzione 3D della chiesa della Madonna della Vittoria (MN) allo stato originale

7 Il video ha la durata di 3’50”.

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L’edificio religioso fu fatto edificare nel 1496 dal marchese Francesco Gonzaga in memoria della vittoria ottenuta contro l’esercito francese comandato da Car-lo VIII nella battaglia di Fornovo; sull’altare maggiore troneggiava la celebre pala della Madonna della Vittoria di Andrea Mantegna, oggi conservata al Louvre.

L’edificio nel 2005 presentava un aspetto molto diverso dalla foggia originale, a causa delle alterazioni subite nel corso dei secoli, in particolare dopo la scon-sacrazione. Sono state modificate le aperture (porte e finestre), gli affreschi sono stati coperti da varie scialbature e, soprattutto, l’aula della chiesa nel 1877 è stata suddivisa in due piani da un solaio che occlude la vista delle volte. Al piano supe-riore vi è tuttora una palestra/dormitorio della scuola materna comunale “Strozzi”. Ancor prima di eseguire i veri restauri sulla volta, si è proposta la ricostruzione in computer grafica tridimensionale della chiesa originale sia nell’aspetto architetto-nico che pittorico. Per quanto riguarda la ricostruzione della struttura è stato abba-stanza semplice identificare le aperture originali nelle tracce murarie e procedere alla modellazione dei volumi. L’impianto pittorico della volta era invece ancora nascosto dalle tinteggiature e ci si è dovuti basare su piccoli saggi di restauro in via di esecuzione per ricostruire i moduli decorativi. Dopo sei mesi dalla consegna del video, sono stati ultimati i restauri, ed è stato confortante constatare come l’ipotesi di ricostruzione pittorica virtuale corrispondesse in gran misura a quanto realmente emerso. Il solaio è tuttora in essere, e la chiesa resta suddivisa in due porzioni: per-tanto, l’opportunità data dall’eliminazione, seppur virtuale, del solaio ha permesso di godere delle proporzioni e della luminosità della chiesa altrimenti scomparse8.

Figura 10 - Ricostruzione virtuale della Rocca di Cavriana (MN), cortile centrale

8 Il video ha la durata di 4’30”.

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Il terzo e ultimo contributo che propongo è relativo a una ricostruzione architetto-nica realizzata nel 2011 all’interno del progetto dell’Università Europea di Roma, cofinanziato da Fondazione Cariplo, Dal restauro alla gestione programmata. Una metodologia per castelli, torri e chiese medievali, coordinato dalla Prof.ssa Renata Salvarani9.

Il progetto ha previsto l’ipotesi di ricostruzione tridimensionale del castello di Cavriana (Mantova), oggi ridotto a un rudere ove si delineano solamente parte delle mura perimetrali, una torre, alcune tracce murarie a filo di terra e qual-che dettaglio costruttivo e decorativo. Purtroppo ben poco è pervenuto ai nostri giorni; la letteratura in merito è molto scarsa e l’esiguo materiale disponibile è riassumibile in:

– un prezioso, ma limitato, rilievo architettonico eseguito nel 1752 ad ope-ra dell’ingegnere Nicolò Baschiera10, redatto poco prima dell’abbattimento della struttura (decretato dal Governo austriaco), che riporta l’intera pianta dell’area compresa entro le mura del castello ed è corredato da una descrizione di alcuni ambienti e spazi aperti;

– un quadro del pittore locale Pietro Lancetti datato 1655 e conservato nella chiesa parrocchiale di Cavriana che, sullo sfondo, mostra la rocca dal lato nord-est ed è l’unica testimonianza utile per approssimare le misure in alzato degli edifici e alcuni dettagli compositivi;

– la corrispondenza dell’archivio gonzaghesco custodita presso l’Archivio di Stato di Mantova, che conserva scambi epistolari intercorsi tra progettisti, artisti e committenza;

– gli scavi archeologici del 1984 e le relative tavole descrittive, conservate presso il Museo Archeologico di Cavriana;

– ciò che resta della rocca oggi ed è verificabile tramite sopralluogo.Il lavoro di ricostruzione virtuale del complesso della rocca ha richiesto una

continua e approfondita collazione di questi elementi di studio per raggiungere il maggior grado di dettaglio e realismo possibile. A questo proposito, credo opportuno precisare la ragione della scelta cromatica adottata per la restituzio-ne della superficie esterna dell’edificio. La tessitura cromatica riproduce l’in-tonaco di cocciopesto originale, ancor oggi osservabile sulle esigue porzioni residue, con tracce di un reticolo chiaro che imitava i giunti di un paramento di mattoni con faccia a vista: il motivo è diffuso nel Mantovano dal Medioevo sino al XV secolo11.

9 Si ringrazia il Comune di Cavriana per la collaborazione e la disponibilità offerta; nello specifico si ringraziano il Sindaco Ben Hur Tondini, il Vicesindaco Enrico Caiola e il Geometra Mauro Coffani.10 Archivio di Stato di Mantova (ASMn), Finanze B. 3169.11 Il video ha la durata di 3’58”.

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SEZIONE SECONDA

Applicazione delle metodologie e modelli di valorizzazione integrata:

il caso del Distretto culturale “Le Regge dei Gonzaga”

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ELENA AIELLO*

Il Distretto culturale “Le Regge dei Gonzaga”: un modello innovativo di sviluppo e valorizzazione territoriale

Il Distretto culturale “Le Regge dei Gonzaga”, progetto promosso e finanziato dalla Fondazione Cariplo nel più ampio progetto Distretti culturali, nasce nel giugno del 2011 su iniziativa del Comune di Mantova, della Provincia e di altri tredici Comuni.

Sul versante privatistico il Distretto vede anche la partecipazione di Camera di Commercio, Confindustria, Politecnico di Milano – Polo regionale di Mantova.

Il Distretto culturale rappresenta un modello di sviluppo territoriale in cui la finalità prima è la valorizzazione dei beni culturali in esso presenti, sia materiali sia immateriali, attraverso un sistema organizzato, territorialmente delimitato, di integrazione tra le istituzioni e le infrastrutture da una parte e le organizzazioni che erogano servizi e i settori produttivi dall’altra.

Il Distretto investe pertanto sulla creazione di una rete che vede come assi strategici per lo sviluppo locale e turistico la promozione della tradizione cultura-le ed artistica, la conservazione dei beni architettonici e la filiera del gusto.

Sono tre gli obiettivi del Distretto: – promuovere un sistema di offerta culturale che trova le sue radici nella di-

nastia dei Gonzaga e che sappia essere rispettoso della tradizione e allo stesso tempo innovativo, in grado di rispondere con efficacia ed efficienza alla domanda turistica;

– qualificare il sistema della conservazione attraverso la diffusione di stru-menti e procedure innovative con il coinvolgimento non solo di enti territoriali e università, ma anche dei ceti professionali e delle imprese del settore;

– sviluppare la rete del gusto e della produzione agroalimentare, degli agri-turismi e della ristorazione d’eccellenza come elemento distintivo dell’identità locale.

Al fine di realizzare al meglio alcuni degli obiettivi previsti, il Distretto “Le Regge dei Gonzaga” ha attivato importanti partenariati, primo fra tutti la colla-borazione con l’Università Europea di Roma. Tra le “azioni” principali che il Distretto deve porre in essere si evidenziano in particolare l’azione 1 e l’azione 2: stato delle conoscenze e catalogo e sistema informativo.

Dette azioni prevedono un’attività di ricerca e di archiviazione elettronica di fonti e documentazione sui Gonzaga, con particolare riferimento al patrimonio

* Direttore del Distretto culturale “Le Regge dei Gonzaga”.

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76 ELENA AIELLO

culturale del territorio mantovano e alle regge e residenze, ma anche ad altre tipo-logie di beni e ad aspetti più generali inerenti alla storia e alla civiltà dei Gonzaga.

L’accordo posto in essere con l’Università Europea di Roma ha comportato pertanto la realizzazione di un database, progressivamente aggiornabile nel tem-po e accessibile via web con più livelli di consultazione, in cui riunire conoscenze di carattere tecnico-scientifico, conoscenze divulgative, informazioni sull’offerta e sulla domanda culturale.

Le voci censite e schedate dall’Università Europea di Roma e appartenenti al cosiddetto “patrimonio minore” e al “patrimonio rurale” sono circa un centinaio.

Il sistema Catalogo dei beni culturali e bibliografici Regge dei Gonzaga, at-tualmente già operativo e on line sul sito del Distretto (www.reggedeigonzaga.it), è stato reso possibile grazie anche all’importante collaborazione con Regione Lombardia e con la Provincia di Mantova, ed è stato realizzato dal partner infor-matico Global Informatica di Mantova.

La piattaforma realizzata gestisce due tipologie distinte di catalogazione:– catalogazione bibliografica tematica con schede compatibili OPAC;– catalogazione di complessi architettonici, museali e archivistici con schede

compatibili SIRBeC.Nell’ambito del progetto di ricerca universitaria dell’Università Europea di

Roma I Gonzaga e i Papi. Roma e le corti padane tra Umanesimo e Rinascimen-to, la collaborazione con il Distretto “Le Regge dei Gonzaga” ha visto anche la realizzazione di un convegno internazionale con sessioni a Mantova e Roma, il presente volume di metodologia e, a breve, la produzione di strumenti audiovi-sivi.

Il Distretto culturale si pone così come strumento innovativo di dialogo e di “rete” con il territorio e con tutte le realtà in esso presenti, siano esse istituzionali, culturali, scientifiche, turistiche. È un’istituzione ancora “giovane”, ma in grado di gestire un processo complesso e di essere punto di forza e di aggregazione di un sistema vincente, assicurando credibilità ad un’idea progettuale ambiziosa in un innegabile contesto di crisi in cui, nonostante tagli, difficoltà finanziarie, scar-ne possibilità di programmazione, gli Enti e le Istituzioni pubbliche e private pos-sono trovare forza nell’unione, nella condivisione, nel “fare sistema”. È questa la sfida più difficile: superare le partigianerie locali, saper andare oltre i ristretti confini territoriali, riuscire a proporre, nel rispetto dell’autonomia e delle speci-ficità delle locali Amministrazioni e Istituzioni, un progetto unico, una comune modalità di intenti, un nuovo modo di porsi e di fare cultura.

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GIANMARCO COSSANDI*

Il database bibliografico: un prototipo per la ricerca tematica

Nel suo insieme, la piattaforma on line Catalogo dei beni culturali e bibliografici Regge dei Gonzaga, collegata, in forma autonoma, al progetto (e sito web) del Distretto culturale “Le Regge dei Gonzaga” (www.reggedeigonzaga.it), gestisce, entro un unico contesto integrato, due macro-sezioni, ovvero due differenti ti-pologie di catalogazione: la catalogazione di complessi architettonici, museali e archivistici e quella bibliografica tematica.

Il Catalogo bibliografico, in particolare, è il frutto (ancora in fase di perfe-zionamento, ma nella struttura ormai definitivo) di un processo di elaborazione, iniziato nella primavera dello scorso anno. Obiettivo principale di questo data-base era (ed è) quello di consentire l’accesso alla molteplicità di informazioni bi-bliografiche o di pubblicazioni che possono in qualche modo riferirsi ai numerosi temi che, nelle diverse discipline, hanno interessato la storia della famiglia dei Gonzaga, la quale, come è noto, fu la più longeva tra le famiglie che dominarono sugli antichi stati italiani, avendo governato sul territorio mantovano per quasi quattro secoli. E davvero parecchie sono le pubblicazioni che hanno riguardato la famiglia Gonzaga, sia quella dominante in Mantova, sia i rami minori che nel tempo si sono formati, andando a costituire le cosiddette dinastie collaterali che hanno dominato sulle piccole realtà gonzaghesche periferiche fino al 1746, quan-do cessò di esistere l’ultimo piccolo stato di Guastalla.

La maggior parte delle opere catalogate si riferisce a testi (o materiali) conser-vati presso la Biblioteca Comunale di Mantova, istituto che rappresenta tuttora uno dei più validi punti di riferimento per chi si occupi di storiografia gonzaghe-sca1. I titoli sono stati reperiti attraverso la consultazione per soggetto (sotto la voce Gonzaga) dei cataloghi di diverse biblioteche, nonché per mezzo di quell’in-sostituibile risorsa che è costituita dal volume di Raffaele Tamalio, La memoria dei Gonzaga. Repertorio bibliografico gonzaghesco (1473-1999), Olschki, Fi-renze 1999 e della sua continuazione, a cura del medesimo, Primo aggiorna-mento della bibliografia gonzaghesca, “Civiltà mantovana”, 35/111 (2000), pp. 7-35. Sono stati altresì esaminati gli indici di “Civiltà mantovana”, degli “Atti e

* Università Cattolica del Sacro Cuore, sede di Brescia.1 Valga, al riguardo, il rinvio al sito Internet istituzionale della Biblioteca: http://www.bibliotecateresiana.it/.

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Memorie dell’Accademia Nazionale Virgiliana”, dell’“Archivio Storico Italiano”, dell’“Archivio Storico Lombardo” e del “Bollettino Storico Mantovano”, delle ri-viste “Quaderni di Palazzo Te” e “Postumia”, nonché le note bibliografiche (pe-raltro già oggetto di attenzione da parte di Tamalio) connesse ai più significativi contributi monografici degli ultimi decenni2. A questi (e ad altri) si aggiungono una serie di studiosi locali che spesso hanno rivolto le proprie ricerche verso la storia delle piccole realtà della provincia di Mantova: opere che, in diversi casi, manten-gono ancora intatto il loro valore storico-scientifico3. Si è infine provveduto a “sca-ricare” e inserire direttamente nel database quei titoli ricavati dalla consultazione dei cataloghi in linea, pur correndo il rischio (consapevole) che, non avendo potuto visionare la copia originale, possano riportare alcuni errori (perlopiù ortografici).

Un insieme di elementi decisamente vasto (e potenzialmente dispersivo) che, in quanto tale, abbracciando un ampio arco temporale dal 18304 ad oggi, ha ri-chiesto un’importante fase di modellazione e di riflessione per delineare i confini di ricerca, pur piuttosto sfuocati e non sempre di facile definizione.

L’elaborazione del database (e della relativa piattaforma) ha – come ovvio – coinvolto diversi professionisti, dagli addetti all’individuazione e catalogazione dei materiali bibliografici ai tecnici informatici della ditta Global Informatica; un utile supporto è giunto poi, su taluni aspetti specifici, da consulenti esterni, che, a vario titolo, hanno offerto il proprio contributo al fine di meglio inquadrare e governare la complessità del progetto, senza rinunciare allo spessore scientifico e culturale. In particolare, nelle prime fasi, questo composito gruppo di lavoro è stato chiamato a valutare quale tra le alternative possibili, alla luce dello stato

2 Si pensi ad esempio, solo per citarne alcuni, ai lavori di M. vaini, Ricerche gonzaghesche (1189 - inizi sec. XV), Firenze 1994; di L. ventuRa, Lorenzo Leonbruno. Un pittore a corte nella Mantova di primo Cinquecento, Roma 1995; di M. Romani, Una città in forma di palazzo. Potere signorile e forma urbana nella Mantova medievale e moderna, Brescia 1995 (Quaderni di Cheiron, 1); di I. LazzaRini, Fra un principe e altri stati. Relazioni di potere e forme di servizio a Mantova nell’età di Ludovico Gonzaga, Roma 1996; di D. BodaRt, Tiziano e Federico II Gonzaga. Storia di un rapporto di committenza, Roma 1998; di P. caRpeGGiani - a.m. LoRenzoni, Carteggio di Luca Fancelli con Ludovico, Federico e Francesco Gonzaga marchesi di Mantova, Mantova 1998; di S. L’occaso, Fonti archivistiche per le arti a Mantova tra Medioevo e Rinascimento (1382-1459), Mantova 2005; e ancora di I. LazzaRini, Il linguaggio del territorio fra principe e comunità. Il giuramento di fedeltà a Federico Gonzaga (Mantova 1479), Firenze 2009. Un compendio storico della storiografia dei Gonzaga è già stato affrontato in passato, peraltro con grande maestria e capacità di sintesi, da C. mozzaReLLi, Mantova e i Gonzaga, Torino 1987. Altresì interessante per argomento e contenuti trattati risulta I. paGLiaRi, La biblioteca della corte Gonzaga. Un itinerario di ricerca storica e un progetto multimediale per ricostruire la collezione di codici dei signori di Mantova, “Civiltà mantovana”, 105 (1997), pp. 33-44.3 Si vedano, ad esempio, i vari contributi di Bartolomeo Arrighi e Agostino Agostini su Castiglione delle Stiviere, quelli di Domenico Bergamaschi sui Gonzaga dell’oltre Oglio, quello di Luigi Lucchini su Bozzolo, quello di Ugo Ruberti su Quistello e soprattutto quello di Antonio Palazzi su Viadana e il suo distretto, peraltro già ricordati in tamaLio, La memoria dei Gonzaga, p. 29.4 È lo stesso termine di riferimento post quem utilizzato dall’Istituto Centrale per il Catalogo Unico (ICCU), che circoscrive l’estensione del libro antico alle opere con data di pubblicazione dalle origini della stampa al 1830, data dell’introduzione dei torchi meccanici. Su questo dettaglio si rinvia a: Biblioteconomia. Guida classificata, diretta da M. Guerrini, a cura di S. Gambari, Milano 2008 (I manuali della biblioteca, 1), pp. 15-16.

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IL DATABASE BIBLIOGRAFICO: UN PROTOTIPO PER LA RICERCA TEMATICA 79

dell’arte dei software e dell’ampiezza raggiunta dai cataloghi collettivi e dagli archivi dei progetti digitali, oltre che dei costi (ripartiti in costi di sviluppo e costi gestionali), costituisse sia la strategia più appropriata per gli obiettivi fissati, sia il miglior rendimento.

Nello strutturare il database si è anzitutto tenuto conto della (nota) definizione di Antonella De Robbio, secondo cui una banca dati è

un insieme digitale strutturato e organizzato di descrizioni standard su un determinato argomento, disciplina o evento, in forma testuale o multimediale, con link anche iperte-stuali, accessibile all’utenza pure attraverso interfacce che ne permettano l’interrogazione e il recupero di dati con modalità di colloquio tali da consentirne la crescita5,

a cui si aggiunge, in termini concreti, il suggerimento di Mauro Guerrini che “per essere efficace, il catalogo – o database – si modella sulle necessità concrete di ogni istituto, è funzionale al pubblico a cui si rivolge, rifugge da ogni astrattezza o chiusura in se stesso”6. In altre parole, un database bibliografico non fornisce l’accesso diretto al documento, ma a una sua descrizione strutturata (il record) che contiene tutte le informazioni per il recupero del record (ovvero l’estrazione dalla memoria di quei record che soddisfano i criteri della ricerca), la selezione del record, l’identificazione e la rintracciabilità del documento (fornendo infor-mazioni sulla sua pubblicazione e collocazione per consentire il reperimento di un suo esemplare). Non solo, la struttura interna di un database è altresì una diretta conseguenza del modo in cui i record in esso contenuti vadano utilizzati.

Sull’esempio di altre realizzazioni si è quindi avviata una serie di valutazioni volte a definire (o ipotizzare): quanti record avrebbe potuto contenere la banca dati; quali persone fossero responsabili della loro creazione e del controllo dei record; a quale standard bibliografico attenersi; quali e quante operazioni fosse-ro necessarie per adeguare i record agli standard comunemente in uso; se fosse possibile inserire nei record delle note e indicare le collocazioni delle opere cata-logate; se fosse possibile immettere nel database dati da altri cataloghi (OPAC) o trasferire quelli presenti in altri cataloghi7.

Passando ora dal piano teorico a quello pratico, fin dalle prime riflessioni co-muni si è evidenziata l’opportunità di concepire un sistema aperto (e con software

5 La citazione è ripresa da: Manuale di biblioteconomia e bibliografia. Aggiornato al nuovo Regolamento in materia di deposito legale dei documenti di interesse culturale destinati all’uso pubblico (D.P.R. 30 maggio 2006, n. 252), a cura di N. Silvestro, Napoli 20078 (Manuali, 90), p. 225; si veda anche: A. de RoBBio, Forme di tutela giuridica per le banche dati fra diritto d’autore e diritto sui generis: il Decreto Legislativo n. 169/99 del 15 giugno 1999 e la Legge n. 248 del 18 agosto 2000, “AIDA Informazioni”, 18/3-4 (2000); disponibile all’indirizzo: http://eprints.rclis.org/4425/. 6 M. GueRRini, Catalogazione, Roma 2005 (Enciclopedia tascabile, 16), p. 6.7 Suggerimenti operativi sono ripresi da P.G. Weston - a. peRniGotti, La biblioteca nel computer: come automatizzare? In appendice: il sistema informatico della Vaticana, Città del Vaticano 1990, pp. 124-125; come pure in P.G. Weston, Il catalogo elettronico. Dalla biblioteca cartacea alla biblioteca digitale, Roma 2002 (Beni culturali, 26), p. 30.

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cosiddetto open source) per favorire lo svolgimento di tutte le procedure richie-ste, nonché per garantire ai record una struttura più flessibile di quella richie-sta da un sistema prettamente bibliotecario (e quindi più adeguata a permettere quell’interoperabilità che costituisce uno dei requisiti del progetto)8. È stato del resto a più riprese dimostrato come l’adozione di software libero presenti una se-rie di opportunità: in primo luogo, favorisce una più ampia flessibilità e aderenza ai formati e ai protocolli standard e documentati, determinando la possibilità di realizzare moduli in grado di garantire accessibilità e interoperabilità, nonché di consentire un alto grado di affidabilità in ordine alla preservazione dei dati e alla loro fruibilità nel tempo; in secondo luogo, la portabilità delle applicazioni così realizzate consente di sviluppare un sistema su misura (in ordine al numero dei dati, servizi e fruitori), senza doversi impegnare nell’acquisizione di un prodot-to eventualmente sovradimensionato rispetto alle effettive esigenze, mentre al contempo viene abbattuto il costo per le licenze d’uso del software, che costitui-sce in genere una delle voci più pesanti in caso di acquisizione di un software proprietario. Vantaggi che, per contro, richiedono (e dunque hanno richiesto) un significativo investimento nella fase iniziale, dovuto al reperimento delle risorse umane a cui affidare la progettazione, lo sviluppo e la verifica delle diverse com-ponenti. Ad ogni modo, se è vero che il lavoro richiesto per l’impostazione del data base può essere risultato talvolta complesso, ritenere che l’alternativa più efficace fosse quella di affidarsi a una soluzione proprietaria si sarebbe rivelata, a lungo andare, una scelta controproducente, in quanto avrebbe confinato il proget-to nel suo complesso in un universo circoscritto9.

Una volta definitivamente avviato, il database potrà essere alimentato attra-verso immissioni manuali, anche se nulla vieta tuttavia che, in una fase iniziale – come di fatto è avvenuto10 – o in qualunque altro momento11, possa essere de-

8 Nello specifico, sul piano tecnico, il sistema catalografico è stato realizzato su piattaforma web-based con l’impiego di strumenti open source (codice sorgente aperto) ad esecuzione indipendente dal sistema operativo (Windows, Linux, MacOs ecc.), visualizzabile sui più comuni browser (Internet Explorer ver. 8+, Mozilla Firefox ver. 12+, Google Chrome, Safari, Opera). Non è, in ogni caso, questa la sede per entrare in dettaglio sulle tecnologie adottate per cui si rinvia alla relazione conclusiva del progetto Catalogazione on line di beni culturali e bibliografici realizzata dalla Global Informatica. Quanto invece ai (ricorrenti) dubbi o oscillazioni tra adesione a uno standard o creazione di un sistema autonomo, ricordo, a titolo di esempio, seppure riferita a un altro contesto, l’ampia riflessione teorica sviluppata da Michele Ansani per il progetto Codice diplomatico digitale della Lombardia medievale, illustrata in M. ansani, Il Codice diplomatico digitale della Lombardia medievale, in Comuni e memoria storica: alle origini del comune di Genova, Atti del Convegno di studi (Genova, 24-26 settembre 2001), a cura di D. Puncuh, Genova 2002 (“Atti della Società Ligure di Storia Patria”, 116/1, 2002), pp. 23-49; ma anche id., Edizione digitale di fonti diplomatiche: esperienze, modelli testuali, priorità, “Reti Medievali - Rivista”, 7/2 (2006), disponibile all’indirizzo: http://www.storia.unifi.it/_RM/rivista/forum/Ansani.htm.9 Si rinvia in merito alle riflessioni offerte da P.G. Weston, Caratteristiche degli OPAC e strategie delle biblioteche, “Bibliotime”, 11/1 (2008), disponibile all’indirizzo: http://didattica.spbo.unibo.it/bibliotime/num-xi-1/weston.htm; altresì a: p.G. Weston - a. GaLeffi, Il controllo d’autorità come raccordo fra sistemi descrittivi dei beni culturali: prospettive e progetti in ambito bibliotecario, “Archivi & Computer”, 14/2 (2004), pp. 85-116.10 Inserimento dei dati dall’OPAC regionale.11 Una certa importanza riveste, in questo senso, il protocollo d’intesa siglato dal Distretto culturale “Le

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cisa l’immissione intensiva di blocchi di dati, ricavati da altri cataloghi (OPAC) di adeguata autorevolezza. Pertanto è stato previsto, fin dall’inizio, lo scambio di dati come una delle attività principali del sistema, in primo luogo tra i blocchi interni (tra il catalogo bibliografico e il catalogo dei beni culturali), ma anche con altri sistemi (o database)12. Non vi è dubbio, in effetti, che raggiungere un ade-guato livello di omogeneità, perlomeno nell’ambito di applicazioni pensate per il trattamento di informazioni relative a documenti della medesima natura (o quasi) da parte di realtà affini, costituisca un risultato da non sottovalutare e si propon-ga come un significativo passo nella direzione di una più estesa integrazione tra sistemi eterogenei13.

In siffatta prospettiva è parsa pertanto del tutto ragionevole la scelta di confor-marsi ai più diffusi standard descrittivi attualmente in uso nelle biblioteche pub-bliche italiane e straniere, sia per le modalità di interrogazione che per i formati di scambio, anche nel caso in cui di uno standard vengano percepiti limiti e rigidità. È questo, in particolare, il caso di UNIMARC (Universal Machine Readeble Ca-talogue): pur nella consapevolezza che il formato di codifica per l’input/output dei dati, promosso dall’IFLA (International Federation of Library Association) e ricalcato sulla struttura logica definita dalle ISBD, non risolve tutte le esigenze, abbiamo comunque ritenuto opportuna la sua adozione per mantenere quella coe-renza con gli standard nazionali (fatti propri dall’Istituto Centrale per il Catalogo Unico – ICCU) e internazionali, che ritenevamo uno dei requisiti fondamentali del progetto14.

Per permettere altresì che le informazioni rilevanti potessero arrivare a qualsia si utente, compresi quelli dotati di mezzi relativamente poveri, si è scelta un’inter-faccia web del database piuttosto semplice: nella pagina principale compare in effetti un solo box nel quale inserire i termini da ricercare in tutti i campi, ac-compagnato da poche indicazioni in forma testuale15; d’altra parte la ricerca per

Regge dei Gonzaga” con ICCU-SBN nella prospettiva di un dialogo e di un’intercomunicabilità tra i due cataloghi (o database), realizzando ad esempio quella cooperazione che, tra l’altro, potrebbe servire come strumento per ridurre i costi della catalogazione.12 Si pensi, ad esempio, in ambito mantovano all’opportunità di far dialogare, mediante un formato condiviso o procedure collaudate di esportazione, i dati della piattaforma “Le Regge dei Gonzaga” con il portale Banche Dati Gonzaga realizzato dal Centro Internazionale d’Arte e Cultura di Palazzo Te, in collaborazione con l’Archivio di Stato di Mantova, la Scuola Normale Superiore di Pisa e il Comune di Mantova (http://banchedatigonzaga.centropalazzote.it/portale/), con l’Archivio Herla promosso dalla Fondazione Umberto Artioli – Centro Studi Mantova Capitale Europea dello Spettacolo (http://www.capitalespettacolo.it/ita/ric_gen.asp) o gli eventuali materiali della Fondazione Centro Studi Leon Battista Alberti, nonché a livello nazionale con il progetto Internet Culturale. Cataloghi e collezioni digitali delle biblioteche italiane (http://www.internetculturale.it/opencms/opencms/it/). 13 Un auspicio già proposto da Weston, Il catalogo elettronico, pp. 141-142.14 Per una breve descrizione dello standard UNIMARC si rinvia, ad esempio, al già citato Weston - peRniGotti, La biblioteca nel computer, pp. 110-116.15 I problemi di comunicazione con gli utenti si trovano in vari gradi e combinazioni nelle centinaia di OPAC locali o specializzati che popolano la porzione italiana della rete; si vedano al riguardo le osservazioni e la casistica proposta da C. GnoLi, Informazioni o rumore? Gli utenti di fronte alla complessità dei servizi in rete, “Biblioteche oggi”, 1 (2000), pp. 24-29.

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parole chiave, ovvero per un qualsiasi termine presente in alcune aree (se non in tutte) della notizia, è quella più utilizzata da chi ricordi una o più parole del titolo e può essere molto utile per i nomi degli enti di cui non si conosca l’esatta de-nominazione16. È altrettanto vero che l’immissione di un termine non qualificato nella maschera di ricerca, come ovvio, dà avvio a una ricerca in tutti i campi, con il rischio di ottenere una risposta quantitativamente eccessiva oppure piena di “rumore” (ovvero contenente molti record non pertinenti).

I risultati propongono per ogni record un’anteprima contenente i dati “Defi-nizione”, “Autore”, “Tipologia bibliografica” e “Anno di pubblicazione” (fig. 1).

Figura 1 - Ricerca base

Viceversa, nella pagina “Ricerca avanzata” le possibilità di ricerca sono più articolate, collegando (ad esempio) più termini mediante gli operatori boolea-ni, secondo la logica degli insiemi, ma la grafica è analoga. All’utente viene dunque data la possibilità di stabilire dei criteri generali di selezione che fac-ciano da filtro alla ricerca; in particolare, i campi della “ricerca avanzata” sono: “Titolo”, “Autore”, “Soggetto”17 e “Pubblicazione” (da anno ad anno, estremi compresi), che andranno a filtrare i risultati cercando nei relativi campi dei singoli record (fig. 2).

16 Un aspetto sottolineato pure da Weston, Il catalogo elettronico, p. 63.17 Va precisato che riguardo al “soggetto” si è scelto di non utilizzare la classificazione Dewey, bensì di ricorrere al catalogo alfabetico per soggetto, individuando i termini che meglio descrivono il contenuto del documento.

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Il risultato della ricerca, oltre alle schede bibliografiche dettagliate relative ai documenti rintracciati, fornisce altresì l’elenco delle biblioteche che li pos-siedono.

Figura 2 - Ricerca avanzata

Vale inoltre la pena ricordare che semplicità di funzionamento e immediatez-za della ricerca sono due tra le caratteristiche che ricorrono più di frequente a marcare la differenza tra Google e gli altri strumenti di ricerca proposti, tra i quali (appunto) gli OPAC; d’altra parte, come suggerito da Paul Weston, “la struttura dell’OPAC tradizionale, i servizi che esso mette a disposizione del lettore e il modo in cui esso si lascia interrogare sono stati ripetutamente oggetto di confronto con la nuova generazione di strumenti di ricerca”, la cui superiorità diventa spesso schiacciante quale mezzo iniziale per la ricerca di dati elettronici su specifici argomenti18. In tale contesto, i cataloghi elettroni-ci e i database hanno tuttavia ancora un ruolo fondamentale da svolgere nel garantire l’accesso alle raccolte librarie, nel mantenere una forma coerente e autorevole di controllo bibliografico e nel fornire insiemi di informazioni mirate a comunità di utenti ben definite19.

18 p.G. Weston - s. vassaLLo, “...e il navigar m’è dolce in questo mare”: linee di sviluppo e personalizzazione dei cataloghi, in La biblioteca su misura. Verso la personalizzazione del servizio, a cura di C. Gamba e M.L. Trapletti, Milano 2007, p. 131.19 Il rinvio, tra gli altri, è ancora a Weston, Caratteristiche degli OPAC e Weston - vassaLLo, “...e il navigar m’è dolce in questo mare”, pp. 130-167; ma si veda anche To Google or not to Google? Biblioteche digitali e ricerca bibliografica al tempo di Internet, 5° Workshop di informatica umanistica

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84 GIANMARCO COSSANDI

Alla luce dunque degli obiettivi di semplicità e di interconnessione del data-base, stabiliti durante la fase di elaborazione teorica, si è deciso di seguire per le schede l’impostazione delle ISBD20, scandendo la descrizione in aree, secondo una sequenza prestabilita, dove per ciascuna di esse vengono definiti gli elementi, cioè le unità elementari di informazione; un database – si potrebbe dire – tagliato sull’obiettivo fissato: meno neutrale e comunque utilizzabile, pur con le neces-sarie correzioni e i dovuti aggiornamenti, in altre iniziative simili o quantomeno con finalità assimilabili.

I record così strutturati e di lunghezza definita (poiché ciascuno di essi ha la medesima dimensione) presentano quindi i seguenti campi (o blocchi logi-ci): area del titolo e delle formulazioni di responsabilità (titolo, complemento del titolo, prima formulazione di responsabilità, successive formulazioni di responsabilità); area del tipo di pubblicazione (ad indicare volume e anno per articoli di riviste ed estratti di monografie o miscellanee); area della descri-zione fisica (dettagli, dimensioni, materiali); area della pubblicazione (luogo, nome, anno); area del numero standard e delle informazioni di catalogazio-ne21; informazioni aggiuntive (collegamento con le schede SIRBeC) e collo-cazioni. Si è inoltre introdotto un campo a tendina per indicare i differenti livelli o tipologie documentarie: monografia, periodico, contributo, articolo e materiale multimediale (fig. 3).

(23 gennaio 2006), coordinato da R. Minuti, A. Zorzi e G. Roncaglia, in collaborazione con la Scuola di Dottorato in Storia dell’Università di Firenze, materiali reperibili all’indirizzo: http://www.dssg.unifi.it/_storinforma/Ws/ws-editoria06.htm; oppure A.M. tammaRo, Il caso di Google Book e il futuro della biblioteca digitale, “Biblioteche oggi”, 6 (2009), pp. 28-34. 20 È noto come le ISBD non si basano su una riflessione teorica approfondita, ma sono piuttosto il risultato di una prassi consolidata (ed esplicitamente formalizzata nella loro struttura), che si è poi diffusa ampiamente. La creazione e la diffusione delle ISBD vanno difatti inquadrate nell’ottica degli sforzi compiuti dall’IFLA per la realizzazione di una catalogazione universale. In tal senso “l’obiettivo primario delle ISBD è fornire criteri universali di descrizione per favorire lo scambio internazionale di informazioni bibliografiche tra le agenzie nazionali e nell’ambito della comunità bibliotecaria in genere. Specificando gli elementi che costituiscono la descrizione bibliografica, l’ordine nel quale essi debbono essere presentati e la punteggiatura che li contraddistingue, le ISBD mirano a i) rendere possibile lo scambio di registrazioni provenienti da fonti diverse, in modo che le registrazioni prodotte in un Paese possono essere inserite facilmente in cataloghi di biblioteche o altri elenchi bibliografici di un altro Paese; ii) favorire l’interpretazione delle registrazioni a prescindere dalle barriere linguistiche, cosicché le registrazioni prodotte per gli utenti di una lingua possano essere interpretate dagli utenti di altre lingue; iii) facilitare la conversione delle registrazioni bibliografiche in una forma leggibile dalla macchina”: Weston - peRniGotti, La biblioteca nel computer, p. 117; utile anche C. BiancHini - G. Genetasio - m. GueRRini - m.e. vadaLà, La traduzione italiana dell’ISBD edizione consolidata. Un lungo e impegnativo lavoro destinato a favorire la diffusione dello standard e la partecipazione della comunità professionale italiana al dibattito internazionale, “Biblioteche oggi”, 11 (2009), pp. 7-17 e il già citato Biblioteconomia, pp. 99-107, 452-465.21 Sul valore e sulla funzione di questi elementi si veda, tra gli altri, Weston, Il catalogo elettronico, pp. 106-115.

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IL DATABASE BIBLIOGRAFICO: UN PROTOTIPO PER LA RICERCA TEMATICA 85

Figura 3 - Scheda record

Ogni record corrisponde a un documento fisico e, secondo necessità, può essere collegato ad altri record: ad esempio un periodico può essere collegato alle sue annate (o fascicoli) e la singola annata ai diversi contributi in essa contenuti, o, viceversa, una monografia in più volumi può essere collegata alle parti fisiche che la compongono e all’insieme dei contributi presenti in ciascuna di esse; è

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86 GIANMARCO COSSANDI

noto, infatti, come lo scopo della descrizione catalografica sia duplice, ovvero individuare una pubblicazione tra le altre, caratterizzarne il contenuto, l’oggetto e le relazioni di natura bibliografica e presentarne i dati.

Il database ha quindi una struttura molto semplice e, di conseguenza, tempi di accesso piuttosto ridotti, nella consapevolezza che per sfruttare pienamente le possibilità offerte dalle tecnologie di rete, non sia sufficiente fornire agli utenti strumenti molto potenti, bensì occorra tener presente il probabile punto di vista degli utenti, per metterli in condizione di dialogare con le risorse informative in rete in modo efficace: in caso contrario, la tecnologia da sola, paradossalmente, può finire per ridurre la fiducia degli utenti nel progetto.

Ciò non toglie che in un prossimo futuro i record catalografici possano essere arricchiti di contenuti digitali, quali copertine, frontespizi, indici, saggi di lettura, recensioni, così che (perlomeno a livello locale e in riferimento al tema) il data-base agisca anche da dispositivo promozionale autorevole nei confronti delle pubblicazioni che ospita, ed eventualmente di quei soggetti che tali pubblicazioni hanno prodotto e messo in commercio22; ovviamente, si tratta anche di una que-stione di scelte, oltre che di risorse, ma questo discorso ci condurrebbe lontano, anche perché tutto, e tutto in una volta, non si poteva davvero fare. Non solo, la “sfida” così posta pare piuttosto interessante, ma la questione è estremamente complessa e ha implicazioni che, solo in minima parte, possono essere definite tecnologiche.

In sostanza, il database rappresenta (o meglio aspira a rappresentare) un pro-getto di rilievo, nonché un autorevole punto di riferimento23, tanto che le notevoli potenzialità connesse con la struttura informatizzata ne fanno uno strumento assai funzionale per l’individuazione di opere utili ad avviare un’analisi critica storio-grafica che sia in grado di mettere a confronto la storia della città di Mantova e del suo territorio con la storiografia dei suoi antichi dominanti24.

22 È altrettanto vero che, in tal caso, il catalogo si trasformerebbe da database bibliografico a vero e proprio portale, richiedendo di disporre al suo interno di dispositivi in grado di consentire, su sollecitazione dell’utente, di estendere la ricerca dal patrimonio documentale ivi rappresentato a universi documentali più estesi o di combinare differenti funzionalità che potrebbero anche richiedere lo sviluppo di applicativi gestionali separati. 23 Al riguardo, un esempio è stato e, in termini generali, ancora è, perlomeno per la critica documentaria, quello messo a punto dai Monumenta Germaniae Historica (www.dmgh.de) o per altri aspetti l’esperienza dei Regesta Imperii e dell’OPAC ad essi connesso (www.regesta-imperii.de/startseite.html). Due progetti presentati dalle recensioni di T. LazzaRi, Recensione a Digital MGH <http://www.dmgh.de/>, “Reti Medievali - Rivista”, 6/2 (2005), disponibile all’indirizzo <http://www.dssg.unifi.it/_RM/rivista/recensio/lazzari_Dmgh.htm> e di A. GHiGnoLi, Regesta Imperii. Urkundenverzeichnis zu den deutschen Königen und Kaisern (760-1516) – Prototyp Bayerische Staatsbibliothek Digitale Bibliothek - Sammlungen <http://mdz.bib-bvb.de/digbib/urkunden/ri>, s.i.d., “Reti Medievali - Rivista”, 3/2 (2002), disponibile all’indirizzo <http://www.retimedievali.it>.24 Come auspicava anche tamaLio, La memoria dei Gonzaga, p. 46.

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GLOBAL INFORMATICA*

La schedatura dei beni culturali per il Distretto culturale “Le Regge dei Gonzaga”

1. Introduzione al sistema di catalogazione

1.1. Descrizione generale

Il sistema Catalogo dei beni culturali e bibliografici Regge dei Gonzaga consiste in una piattaforma on line destinata al caricamento di schede bibliografiche e storico artistiche descrittive ed alla fruizione sul web delle stesse, sia in forma autonoma, sia attraverso il sito del Distretto culturale, www.reggedeigonzaga.it.

Dal punto di vista della gestione, l’intuitività dell’interfaccia di amministra-zione rende le operazioni di inserimento, modifica ed eliminazione dei dati, mas-simamente semplificate, garantendo, per quanto riguarda la fruibilità delle infor-mazioni registrate, una rapida ed efficace risposta a fronte di una ricerca utente.

La piattaforma realizzata gestisce due tipologie distinte di catalogazione:– catalogazione di complessi architettonici, museali e archivistici con schede

compatibili SIRBeC;– catalogazione bibliografica tematica con schede compatibili OPAC.SIRBeC è il sistema di catalogazione del patrimonio culturale lombardo

diffuso sul territorio o conservato all’interno di musei, raccolte e altre istituzioni culturali. All’interno di SIRBeC risiedono le catalogazioni delle seguenti tipologie di beni: architetture, opere ed oggetti d’arte, fotografie, stampe ed incisioni, re-perti archeologici, beni etnoantropologici, parchi e giardini e tutto ciò che rientra nel patrimonio scientifico e tecnologico.

Ogni bene viene descritto attraverso una serie di informazioni riguardanti la tipologia, la materia e la tecnica di realizzazione, la denominazione, l’autore, l’u-bicazione e il periodo di realizzazione. Le caratteristiche descrittive variano a se-conda della tipologia dei beni; alle descrizioni sono associate una o più immagini.

La struttura delle schede create all’interno del catalogo è conforme alle nor-mative standard relative al tracciato SIRBeC emanate dall’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione (ICCD), aggiornate all’ultima versione disponibile.

OPAC è l’acronimo di On-line Public Access Catalogue ed è il catalogo infor-matizzato delle biblioteche che ha sostituito i vecchi cataloghi cartacei.

* Global Informatica Srl – Mantova – Reparto Ricerca e Sviluppo Software.

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88 GLOBAL INFORMATICA

Il Servizio Bibliotecario Nazionale (SBN) è la rete delle biblioteche italiane promossa dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali (MiBAC), dalle Re-gioni e dalle Università e coordinata dall’Istituto Centrale per il Catalogo Unico (ICCU), finalizzata ai servizi agli utenti. Vi aderiscono attualmente circa 4.900 biblioteche statali (alla data di settembre 2012), facenti parte di enti locali, uni-versità, istituzioni pubbliche e private operanti in diversi settori disciplinari.

Il catalogo SBN (OPAC SBN) consente all’utenza di accedere con modalità di ricerca semplificate al catalogo collettivo delle biblioteche che partecipano al Servizio Bibliotecario Nazionale.

1.2. Specifiche di schedatura

1.2.1. Schedatura SIRBeC

La strutturazione dei dati è stata messa a punto attraverso una classificazione delle voci e delle informazioni contenute nella scheda alfanumerica. Tali infor-mazioni sono state scomposte in paragrafi, i quali, a loro volta, sono suddivisi in campi e in eventuali sottocampi.

Per ognuno di questi campi sono state definite specifiche che riguardano l’e-ventuale obbligatorietà, la possibilità di ripetizione, la dimensione, la presenza o meno di un vocabolario e la sua tipologia, il contenuto del vocabolario, l’esem-plificazione ecc.

Il tracciato base è stato successivamente integrato con campi aggiuntivi con-tenenti informazioni di interesse interno al sistema di catalogazione e la struttura tabellare è stata organizzata in modo da semplificare la memorizzazione di para-grafi e campi ripetitivi, al fine di velocizzare le operazioni di ricerca sul database. La tabella principale conterrà, quindi, tutti i paragrafi e i campi ritenuti non ripe-tibili mentre per ogni paragrafo, o campo complesso ritenuto tale, è stata creata una tabella apposita collegata alla principale; i campi contenenti un vocabolario sono stati a loro volta convertiti in campi chiave e collegati alla relativa tabella vocabolario.

La struttura del database proposta dalle specifiche di progetto prevede una suddivisione ulteriore delle schede standard in macroschede e microschede. Le prime sono dedicate a nuclei di patrimonio naturalistico, storico, artistico di par-ticolare evidenza nei contesti territoriali individuati, fortemente legati al comune sentire delle popolazioni locali o potenzialmente rilevanti ai fini della realizza-zione di programmi di valorizzazione; le seconde sono la rappresentazione di singoli elementi all’interno di tali complessi, e sono dedicate a singoli edifici, opere d’arte, reperti archeologici, singoli elementi naturalistici.

Le schede dei complessi di interesse si configurano come macroschede distin-te per tipologia. Sono state individuate quattro tipologie, ognuna delle quali viene uniformata allo schema standard di riferimento della tipologia SIRBeC analoga:

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LA SCHEDATURA DEI BENI CULTURALI PER IL DISTRETTO CULTURALE “LE REGGE DEI GONZAGA” 89

Tipologia macroscheda Normativa SIRBeC

Siti di interesse naturalistico e paesaggistico Parchi e giardiniComplessi architettonici ed urbanistici ArchitettureMusei, raccolte e collezioni Architetture / Opere ed oggetti d’arteAree archeologiche Reperti archeologici

I campi dello schema standard di riferimento sono stati integrati con campi ag-giuntivi di interesse interno al sistema di catalogazione (ad esempio: sitografia, accessibilità, contatti ecc.).

Le schede dei complessi di interesse (macroschede) esaminate sopra sono col-legate direttamente con le schede relative ai singoli elementi all’interno dei nuclei di interesse (microschede). Le schede dei singoli elementi sono a loro volta strut-turate sulla base del tracciato SIRBeC a seconda della tipologia di riferimento:

Tipologia microscheda Normativa SIRBeC

Elementi naturalistici Parchi e giardiniSingoli edifici o elementi di complessi architet-tonici e urbanistici Architetture

Singole opere d’arte e oggetti esposti in musei, raccolte e collezioni Opere ed oggetti d’arte

Singoli edifici, oggetti, segni all’interno di aree archeologiche Reperti archeologici

I dati testuali delle schede sono memorizzati nel database; le immagini digita-li eventualmente associate alle schede sono invece contenute in file di formato standard: questi file sono memorizzati in cartelle e supporti di memorizzazione indipendenti dal database. La corrispondenza tra schede e immagini è stabilita attraverso la combinazione di informazioni e regole definite a livello di configu-razione del sistema e di dati (tipicamente il nome dell’immagine o una sua codifi-ca), derivati dalle singole schede. Le due informazioni fondamentali che devono essere fornite al sistema perché possa collegare le immagini alle schede sono:

1. il percorso relativo in cui si trovano le immagini;2. i nomi dei file delle immagini associate alle singole schede.La strutturazione dei tracciati record delle schede ha permesso di definire, a

livello nazionale, un formato comune per il trasferimento e lo scambio dei dati alfanumerici di catalogazione.

Il formato di scambio prescelto risponde in modo ottimale alla necessità di trovare un compromesso funzionale su hardware e software differenti. Tale for-mato consiste in un file sequenziale concatenato, con campi di lunghezza fissa (ad immagine “scheda”).

In modo riassuntivo, le norme per trasferire i dati alfanumerici sono:• utilizzo dei codici definiti nelle pubblicazioni dell’ICCD (ultima edizione)

sulla strutturazione dei dati relativa alle varie tipologie di schede;

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90 GLOBAL INFORMATICA

• nel caso di strutture ripetitive, ad ogni occorrenza è necessario ripetere il codice identificativo della struttura (paragrafo, campo, sottocampo). Si tenga pre-sente che la ripetizione di campi all’interno di un paragrafo e di sottocampi all’in-terno di un campo non implica nessuna correlazione tra le varie istanze.

Il nome dei file è determinato concatenando:• tipo di contenuto (un carattere): S = schede, D = dizionari, T = thesauri, A =

archivi di controllo;• codice dell’Ente schedatore (fino a un massimo di quattro caratteri alfanu-

merici. Per questo elemento si veda la normativa relativa al campo “Ente sche-datore ESC”). Per i soggetti privati si userà un codice di quattro caratteri formato dalla lettera C e dal numero di progetto indicato sulla Gazzetta Ufficiale da cui risulti la concessione (ad esempio: C001, C002, C243). Nel caso di un file trasfe-rito dall’ICCD all’ENTE il codice sarà “ICCD”;

• da uno a tre caratteri che indicano il tipo di scheda (ad esempio: OA, RA, A, FKO ecc.) o il tipo di archivio di controllo (ad esempio: AUT, BIB, ecc.).

Ad esempio:Nome file: SS01OAContenuto: Schede OA

Nome file: DS01OAContenuto: Dizionari schede OAAnalogamente a quanto attuato per i dati alfanumerici, anche per i dati icono-

grafici deve essere fornita una serie di informazioni addizionali che consentano l’identificazione delle immagini e permettano il collegamento univoco delle stes-se immagini con le relative schede catalografiche.

Contestualmente all’invio delle immagini digitalizzate, su ogni specifico sup-porto che le contenga, occorre siano forniti i seguenti file:

• INFORMA.TXT• IMMFTAN.TXTQuesti file contengono le informazioni addizionali necessarie a collegare

le immagini alle rispettive schede. In particolare, il file INFORMA.TXT dovrà contenere specifiche informazioni sulla tipologia dell’invio: nome dell’archivio, soggetto realizzatore dei file, indicazioni sul numero dei supporti e degli invii ef-fettuati ecc. Sarà inoltre possibile inserire informazioni addizionali ritenute utili, non previste in quelle obbligatorie. Nel file IMMFTAN.TXT, invece, dovranno essere fornite le chiavi di collegamento tra i file di immagini e le schede alfanu-meriche tramite riferimenti univoci.

1.2.2. Schedatura OPAC

Il tracciato record delle schede bibliografiche è strutturato in piena compatibilità con il formato UNIMARC come da specifiche di riferimento IFLA, Universal Bi-bliographic Control and International MARC Core Programme (UBCIM).

Il tracciato base è stato ridotto ai campi ritenuti effettivamente rilevanti (in

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LA SCHEDATURA DEI BENI CULTURALI PER IL DISTRETTO CULTURALE “LE REGGE DEI GONZAGA” 91

base alle informazioni reperite dalle schede importate dal catalogo OPAC SBN di Regione Lombardia) ed integrato con campi aggiuntivi contenenti informazioni di interesse interno al sistema di catalogazione.

Il sistema di catalogazione è strutturato in modo da permettere la migrazione dei dati da e verso sistemi di terze parti compatibili; allo stato attuale (ver. 1.0) è implementato e funzionante il modulo di importazione, da sistema esterno, di schede OPAC listate in formato standard UNIMARC su file testuale.

1.3. Tecnologie utilizzate

Il sistema catalografico è stato realizzato su piattaforma web based con l’impiego di strumenti open source (codice sorgente aperto) ad esecuzione indipendente dal sistema operativo (Windows, Linux, MacOs ecc.), visualizzabile sui più comuni browser (Internet Explorer ver. 8+, Mozilla Firefox ver. 12+, Google Chrome, Safari, Opera), sfruttando le seguenti tecnologie:

• Sistema operativo di sviluppo GNU/Linux Ubuntu 11.10 (GNU GPL) su ar-chitettura x86 Intel;

• Server web Apache ver. 2.4.3 (Apache License, licenza libera);• Linguaggi di programmazione utilizzati: HTML (HyperText Markup Langua-

ge) ver. 4.01; CSS (Cascading Style Sheets) ver. 2; linguaggio di scripting orientato agli oggetti Javascript; framework di scripting Jquery ver. 1.7.2 (MIT License); in-terprete per programmazione dinamica PHP ver. 5.3.2 (PHP License 3.01);

• Relational database management system Oracle MySQL ver. 5.1 (GNU GPL).L’utilizzo di tecnologie open source contribuisce al continuo miglioramen-

to del prodotto finale realizzato; il vantaggio principale della programmazione open source deriva infatti dalla possibilità per chiunque di visionare e miglio-rare il codice sorgente del software. La comunità di Internet, sempre in aumen-to, permette quindi di realizzare programmi di ottima qualità grazie al continuo “testing” e “bug fixing”, che sviluppatori di tutto il mondo sono in grado di ese-guire sul software.

L’intero progetto è fondato sul concetto di massima flessibilità, possibilità di integrazione futura, nonché di interazione con i sistemi di catalogazione attuali e quelli in via di sviluppo.

2. Area di amministrazione

2.1. Descrizione generale

La visualizzazione e modificabilità delle informazioni contenute nella piattafor-ma è gestita da tre livelli di accesso utente a cui corrispondono diverse funzioni:

1. Amministratore: accesso tramite autenticazione nome utente/password; visualizzazione completa e modificabilità completa di tutte le schede; gestione

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92 GLOBAL INFORMATICA

dello stato di ogni scheda (completa, incompleta, pubblica, riservata); piena mo-dificabilità di utilità accessorie e configurazioni del sistema di catalogazione;

2. Operatore: accesso tramite autenticazione nome utente/password; visualiz-zazione e modifica delle sole schede create dallo stesso operatore;

3. Utente: accesso libero al catalogo on line con visualizzazione di tutte le schede pubblicate.

L’area di amministrazione per il caricamento dei dati da parte degli operatori si comporrà di semplici maschere da compilare, in modo che si possa interve-nire senza aver bisogno di conoscere alcun linguaggio di programmazione. Per accedere all’area di amministrazione, e quindi apportare le modifiche, gli unici strumenti necessari saranno un dispositivo connesso alla rete Internet e dotato di uno dei più comuni browser (Internet Explorer, Mozilla Firefox, Google Chrome, Safari, Opera).

L’accesso a livello “Amministratore” garantirà la visualizzazione completa di tutte le funzionalità del sistema, permettendo la gestione completa delle seguenti aree:

• Schedario SIRBeC: elenco schede dei beni culturali;• Schedario OPAC: elenco schede bibliografiche;• Scheda: creazione, modifica, stampa ed eliminazione della scheda selezionata;• Vocabolari: gestione elenco dei vocabolari memorizzati per la selezione ra-

pida dei contenuti;• Media: gestione file multimediali (immagini, registrazioni audio/video, do-

cumenti);• Utenti: gestione del registro utenti/operatori;• Configurazione: gestione dei parametri di connessione al DBMS MySQL.L’accesso a livello “operatore” garantirà la visualizzazione e modificabilità

ridotta delle seguenti aree:• Schedario SIRBeC: elenco schede dei beni culturali, creazione e modificabi-

lità delle proprie schede;• Schedario OPAC: elenco schede bibliografiche, creazione e modificabilità

delle proprie schede;• Scheda: creazione, modifica e stampa della scheda selezionata;• Vocabolari: gestione elenco dei vocabolari memorizzati per la selezione ra-

pida dei contenuti.

2.2. Amministrazione del catalogo dei beni culturali

Accedendo all’area di amministrazione tramite login (fig. 1) si passa direttamente alla visualizzazione dell’elenco completo delle schede relative ai beni cultura-li (SIRBeC), organizzate gerarchicamente (macroscheda M001 → microscheda 0001); l’elenco può essere filtrato per tipologia di macroscheda e per utente.

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LA SCHEDATURA DEI BENI CULTURALI PER IL DISTRETTO CULTURALE “LE REGGE DEI GONZAGA” 93

Da questa schermata è possibile effettuare due operazioni:• modifica delle schede esistenti;• creazione di sottoschede relative alla macroscheda.Entrambe le azioni rimandano alla schermata “Scheda” dalla quale è possibile

modificare schede esistenti o crearne di nuove. Per creare una nuova macrosche-da occorre cliccare sul menu Scheda e selezionare la categoria scelta.

1.

La schermata successiva (fig. 2) permette la gestione dei contenuti della scheda selezionata: in testa sono mostrate la tipologia, il codice identificativo (ID) e la definizione, nel caso di una macroscheda; sono invece mostrati i dati della macro-scheda relativa (Tipologia, ID e Definizione) e i dati scheda (ID, Tipologia), nel caso di una microscheda (fig. 3).

2.

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94 GLOBAL INFORMATICA

3.

Sono disponibili inoltre i comandi:• Elimina – eliminazione della scheda;• Stampa – stampa su pdf di tutti i campi della scheda e apertura in modalità

visualizzazione del pdf;• Reset – Azzeramento di tutti i campi della scheda compreso tipologia, ID

e definizione, e predisposizione della maschera per l’inserimento di una nuova scheda;

• Aggiorna – aggiornamento dello stato della scheda:Bozza – nuova scheda in fase di prima compilazione;Consolidata – scheda salvata e memorizzata su database;Incompleta – scheda con campi mancanti o incompleti;Completata – scheda completa e pronta per la pubblicazione.A seguito della testata contenente le informazioni della scheda viene presen-

tato l’elenco dei campi da compilare. In questa fase di compilazione, la scheda in formato bozza è già inizializzata in memoria e pronta per la registrazione su data-base; al passaggio da un campo all’altro viene effettuato un primo salvataggio automatico e, una volta compilati tutti i campi (i campi obbligatori sono eviden-ziati in rosso), si può procedere al salvataggio finale tramite il pulsante “Salva e consolida scheda”. Fin dalla creazione iniziale in formato bozza, la scheda viene immediatamente assegnata all’utente connesso all’area amministrativa, e ad ogni azione di salvataggio viene registrata la data di aggiornamento della scheda.

In presenza di un campo “Vocabolario” (selezione voce da menu a tendina), è possibile selezionare uno dei valori esistenti oppure inserire una nuova voce cliccando sull’icona a lato; si aprirà così una finestra con i campi “Codice” e “Descrizione” editabili (fig. 4). Per modificare o eliminare voci dai vocabolari occorre selezionare la sezione Vocabolari.

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LA SCHEDATURA DEI BENI CULTURALI PER IL DISTRETTO CULTURALE “LE REGGE DEI GONZAGA” 95

4.

In presenza di un campo complesso ripetitivo, per aggiungere nuovi dati è suf-ficiente cliccare sull’icona a fianco del nome del campo e inserire i valori nei sottocampi editabili proposti nella finestra comparsa. Per modificare un campo complesso esistente bisogna selezionare l’icona a fianco della riga corrispondente al valore da editare; per l’eliminazione di un campo complesso esistente occorre cliccare sull’icona a fianco della riga corrispondente al valore da eliminare (fig. 5).

5.

2.3. Amministrazione del catalogo bibliografico

Nell’area “Amministrazione”, selezionando il menu Schedario OPAC (fig. 6) si passa alla visualizzazione dell’elenco completo delle schede relative ai documen-ti bibliografici (OPAC), organizzate gerarchicamente (scheda → sottoscheda);

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96 GLOBAL INFORMATICA

l’elenco può essere filtrato per utente o ricercando un testo all’interno del campo “Definizione”.

6.

Da questa schermata è possibile effettuare due operazioni:• modifica delle schede esistenti;• selezione ed eliminazione delle schede esistenti.L’azione di modifica rimanda alla schermata “Scheda” dalla quale è possibile

modificare schede esistenti o crearne di nuove. Per creare una nuova scheda oc-corre cliccare sul menu Scheda e selezionare la categoria “OPAC - Bibliografia”.

Come avviene nel catalogo dei beni culturali, anche nel catalogo bibliografico la schermata successiva alla “Scheda” permette la gestione dei contenuti della scheda selezionata (fig. 7).

7.

Anche qui, in testa sono mostrate la tipologia, il codice identificativo (ID) e la definizione; sono disponibili, inoltre, gli stessi comandi:

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LA SCHEDATURA DEI BENI CULTURALI PER IL DISTRETTO CULTURALE “LE REGGE DEI GONZAGA” 97

• Elimina – eliminazione della scheda;• Stampa – stampa su pdf di tutti i campi della scheda e apertura in modalità

visualizzazione del pdf;• Reset – Azzeramento di tutti i campi della scheda (compresi i campi tipolo-

gia, ID e definizione), e predisposizione della maschera per l’inserimento di una nuova scheda;

• Aggiorna – aggiornamento dello stato della scheda:Bozza – nuova scheda in fase di prima compilazione;Consolidata – scheda salvata e memorizzata su database;Incompleta – scheda con campi mancanti o incompleti;Completata – scheda completa e pronta per la pubblicazione.Anche in questo caso, come si è già visto per il catalogo dei beni culturali, al

di sotto della testata contenente le informazioni della scheda, viene presentato l’elenco dei campi da compilare. In questa fase di compilazione la scheda in formato bozza è già inizializzata in memoria ed è pronta per la registrazione su database. Al passaggio da un campo all’altro viene effettuato un primo salva-taggio automatico; una volta compilati tutti i campi (come prima, i campi obbli-gatori sono evidenziati in rosso) si può procedere al salvataggio finale tramite il pulsante “Salva e consolida scheda”. Fin dalla creazione iniziale della scheda in formato bozza questa viene immediatamente assegnata all’utente connesso all’area amministrativa e ad ogni azione di salvataggio viene registrata la data di aggiornamento della scheda.

Anche per il catalogo bibliografico, in presenza di un vocabolario (selezione voce da menu a tendina) è possibile selezionare uno dei valori esistenti oppure inserire una nuova voce cliccando sull’icona a fianco del nome del campo: si aprirà così una finestra con i campi “Codice” e “Descrizione” editabili (fig. 8). Per modificare o eliminare voci dai vocabolari occorre selezionare la sezione Vocabolari.

8.

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98 GLOBAL INFORMATICA

Anche in questo caso, in presenza di un campo complesso ripetitivo, per ag-giungere ulteriori dati occorre cliccare sull’icona a fianco del nome del campo e inserire i valori nei sottocampi editabili proposti nella finestra comparsa. Per effettuare modifiche di un campo complesso esistente bisogna selezionare l’icona a fianco della riga corrispondente al valore da editare; per l’eliminazione di un campo complesso esistente, è sufficiente cliccare sull’icona a fianco della riga corrispondente al valore da eliminare (fig. 9).

9.

3. Interfaccia di visualizzazione on line

3.1. Descrizione generale

La grafica per la visualizzazione delle parti pubbliche si basa sull’immagine coor-dinata del sito del Distretto culturale, mentre la struttura è stata realizzata in modo che il database possa essere ampliato all’occorrenza con nuove sezioni.

Il catalogo on line può essere consultato nelle due tipologie di schede effet-tuando la selezione dal menu principale:

• Catalogo beni culturali;• Catalogo bibliografico;

e lanciando una delle ricerche proposte nel relativo menu laterale:• Ricerca semplice;• Ricerca avanzata;• Ricerca tematica;

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LA SCHEDATURA DEI BENI CULTURALI PER IL DISTRETTO CULTURALE “LE REGGE DEI GONZAGA” 99

• Ricerca per autore;• Elenco completo.Ottenuta la lista dei risultati della ricerca, cliccando sul titolo del sito d’inte-

resse, si passa alla visualizzazione delle informazioni contenute all’interno della scheda selezionata.

3.2. Visualizzazione del catalogo dei beni culturali

La prima schermata che viene presentata è la ricerca semplice relativa al Ca-talogo beni culturali (fig. 10). Inserendo un testo nel campo “Testo ricerca” e premendo il tasto “Cerca” si avvia la ricerca all’interno del database di schede storico artistiche SIRBeC. Tutte le parole inserite verranno ricercate nei campi “Definizione” e “Comune” di macroschede e microschede, utilizzando ad un pri-mo passaggio una logica AND (che ricerca solo i risultati che contengono tutte le parole inserite); in assenza di risultati viene utilizzata una logica OR (che ricerca i risultati che contengono almeno una parola tra quelle inserite). I risultati trovati propongono per ogni scheda un’anteprima, contenente un’immagine miniatura, e i dati “Definizione”, “Comune” e “Provincia”.

10.

La seconda schermata è relativa alla ricerca avanzata (fig. 11). I campi della ricerca avanzata sono “Descrizione”, “Titolo”, “Soggetto”, “Autore” e “Luogo”, che andranno a filtrare i risultati cercando nei relativi campi delle schede, utiliz-zando esclusivamente una logica AND.

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100 GLOBAL INFORMATICA

11.

La schermata successiva (fig. 12) propone la ricerca tematica che organizza le schede su tre livelli:

1. macrotipologie (tipologie delle macroschede – Complessi di interesse);2. microtipologie (tipologie delle microschede – Singoli elementi di comples-

si);3. tipologia scheda.I primi due livelli sono subito visibili nel menu di ricerca ed è possibile già

conoscere il numero di schede presenti per ciascuna voce. Selezionando una di queste voci, viene presentato l’elenco dei risultati. La selezione di una voce del secondo livello visualizza il menu aggiuntivo di terzo livello, contenente l’ulte-riore suddivisione tipologica (“Tipologie”).

12.

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LA SCHEDATURA DEI BENI CULTURALI PER IL DISTRETTO CULTURALE “LE REGGE DEI GONZAGA” 101

Poiché la ricerca per autore non viene utilizzata nella versione corrente del catalogo, la schermata successiva (fig. 13) è relativa all’elenco completo. Questa schermata presenta l’elenco completo di tutte le schede organizza-te gerarchicamente (macroscheda → microschede) presenti nel catalogo dei beni culturali.

13.

Per aprire e visualizzare i contenuti di una scheda è sufficiente cliccare sulla definizione in grassetto (fig. 14). La scheda del bene è composta dalle immagi-ni in testata (che possono essere ingrandite cliccandovi sopra) e dai contenuti testuali, ridotti ai soli campi più significativi; scorrendo alla fine della pagina, si ha la possibilità di visualizzare tutti i campi pubblici selezionando la voce “Visualizzazione estesa”. In modalità estesa, oltre a visionare tutti i campi pub-blicati della scheda, è possibile lanciare una versione di stampa su pdf degli stessi, oppure ritornare alla visione ridotta cliccando sull’apposita voce “Visua-lizzazione ridotta”.

Per favorire i collegamenti interni ed esterni al catalogo sono presenti campi con link ipertestuali che rimandano a ricerche interne come “Tipologia”, “Comu-ne” e “Schede correlate”, o siti web esterni come “Sitografia”.

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102 GLOBAL INFORMATICA

14.

3.3. Visualizzazione del catalogo bibliografico

Selezionando il menu Catalogo bibliografico si accede alla ricerca semplice del secondo catalogo (fig. 15). Inserendo un testo nell’apposito campo “Testo ricer-ca” e premendo il tasto “Cerca” si avvia la ricerca all’interno del database di schede bibliografiche OPAC. Anche in questo caso, come avviene per il Catalogo dei beni culturali, tutte le parole inserite verranno ricercate nel campo “Defini-zione”, utilizzando, ad un primo passaggio, una logica AND oppure, in assenza di risultati, una logica OR. I risultati trovati propongono per ogni scheda un’antepri-ma contenente i dati “Definizione”, “Autore”, “Tipologia bibliografica” e “Anno di pubblicazione”.

15.

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LA SCHEDATURA DEI BENI CULTURALI PER IL DISTRETTO CULTURALE “LE REGGE DEI GONZAGA” 103

La seconda schermata (fig. 16) è relativa alla ricerca avanzata. I campi di ri-cerca avanzata sono “Titolo”, “Autore”, “Soggetto” e “Data di pubblicazione” (intervallo da anno ad anno, estremi compresi), che andranno a filtrare i risultati (cercando nei relativi campi delle schede) in base alla selezione effettuata su ogni campo, utilizzando:

• una logica AND (che ricerca tutte le parole);• una logica OR (che ricerca almeno una parola);• ricerca della frase completa.

16.

La schermata successiva (fig. 17) propone la ricerca tematica che organizza le schede su due livelli:

1. Categoria principale;2. Sottocategoria di primo livello.Il primo livello è subito visibile nel menu di ricerca ed è possibile già conosce-

re il numero di schede presenti per ciascuna voce; selezionando una voce viene mostrato il sottomenu della sottocategoria relativa e l’elenco dei risultati trovati per la categoria principale; selezionando il sottomenu prescelto viene presentato l’elenco dei risultati legati alla sottocategoria relativa.

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104 GLOBAL INFORMATICA

17.

Nella schermata successiva (fig. 18) possiamo ricorrere alla ricerca per autore. Selezionando la lettera iniziale del nome dell’autore viene presentato l’elenco di autori presenti e un primo elenco di opere legate a tutti gli autori; effettuando, poi, una seconda selezione sull’autore, verranno filtrate le opere elencate per quell’au-tore specifico.

18.

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LA SCHEDATURA DEI BENI CULTURALI PER IL DISTRETTO CULTURALE “LE REGGE DEI GONZAGA” 105

L’ultima schermata presenta l’elenco completo di tutte le schede organizzate ge-rarchicamente (scheda → sottoscheda) presenti nel catalogo bibliografico (fig. 19).

19.

Per aprire e visualizzare i contenuti di una scheda occorre cliccare sulla defini-zione in grassetto. In questa schermata (fig. 20) vengono proposti tutti i campi pubblici relativi alla scheda selezionata.

20.

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DANIELA SOGLIANI*

La pubblicazione di un database documentario sulla famiglia Gonzaga: problematiche e prospettive

Nel 1998 il Centro Internazionale d’Arte e di Cultura di Palazzo Te, sotto la presi-denza di Renzo Zorzi, ha avviato un progetto di ricerca propedeutico alla mostra La Celeste Galeria, dedicata alla celebre raccolta mantovana e allestita, quattro anni più tardi, nelle Fruttiere di Palazzo Te1. In questa occasione sono state raccolte e trascritte da un gruppo di ricercatori mantovani numerose lettere concernenti gli scambi collezionistici della famiglia Gonzaga per un periodo ben preciso dal 1563, anno in cui Guglielmo Gonzaga è nominato duca della città, fino al sacco dei lanzi-chenecchi nel 16302. Era infatti indispensabile, prima di procedere nell’organizza-zione dell’esposizione, rileggere i documenti oggi conservati presso l’Archivio di Stato di Mantova per ricostruire il contesto culturale, sociale, economico ed artisti-co in cui si costituì una delle più importanti raccolte d’arte europee.

Avendo preso parte a questo progetto sono testimone delle difficoltà incontra-te nell’individuazione di uno strumento di lavoro, un programma informatico in grado di rispondere a tutte le esigenze. Dopo un confronto con la Scuola Normale Superiore di Pisa, al cui interno si era costituito il Centro di Ricerche Informa-tiche per i Beni Culturali diretto da Paola Barocchi, oggi divenuto Laboratorio per l’Analisi, la Ricerca, la Tutela, le Tecnologie e l’Economia del patrimonio culturale, il gruppo di ricerca mantovano contattò i colleghi del Medici Archive Project di Firenze che operavano già a Firenze da qualche anno sotto la guida di Edward Goldberg.

Si aprì pertanto un dibattito in merito allo strumento di lavoro più adatto e compatibile con le nostre esigenze e, pur avendo chiaro che sarebbe stato più efficace e produttivo utilizzare un programma esistente già in rapporto con altri sistemi informatici, fu presa la decisione di ideare un database “dedicato” la cui elaborazione tecnica richiese circa un anno di lavoro3. La versione finale preve-deva la trascrizione dei documenti che in seguito erano inseriti in un’unica banca

* Responsabile organizzativa del Centro Internazionale d’Arte e di Cultura di Palazzo Te (Mantova).1 Gonzaga. La Celeste Galeria, Le raccolte, Catalogo della mostra (Mantova, Palazzo Te-Palazzo Ducale, 2 settembre-8 dicembre 2002), a cura di A. Emiliani e R. Morselli, Skira, Milano 2002.2 Il gruppo di ricerca, diretto da Daniela Ferrari e Raffaella Morselli, era costituito da Andrea Canova, Barbara Furlotti, Maria Chiara Galli, Roberta Piccinelli, Micaela Sermidi, Daniela Sogliani, Carlo Togliani ed Elena Venturini.3 Il primo database del Collezionismo gonzaghesco fu elaborato dal tecnico Mauro Lora.

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108 DANIELA SOGLIANI

dati, depositata presso il Centro Internazionale d’Arte e di Cultura di Palazzo Te, fonte di buona parte delle ricerche del comitato scientifico dell’esposizione mantovana.

Conclusa la mostra, questo database è rimasto per lungo tempo nel server dell’istituzione e sono stati pubblicati negli anni soltanto alcuni di questi docu-menti all’interno di una collana del Centro Internazionale d’Arte e di Cultura di Palazzo Te dal titolo Fonti, Repertori e Studi per la storia di Mantova4. Oggi la banca dati, che merita l’attenzione di tutti gli studiosi di argomenti gonzagheschi, è costituita da più di diecimila lettere trascritte, di cui circa la metà sono ancora inedite. Lo scopo di questa nuova fase della ricerca è rendere disponibile in rete il database, così ricco di informazioni, dal sito del Centro Internazionale d’Arte e di Cultura di Palazzo Te (www.centropalazzote.it).

1. Collezionismo gonzaghesco (1998)

Nel 1998 la banca dati del Collezionismo gonzaghesco era stata ideata utilizzando un formato standard di database relazionale (Microsoft Access per piattaforma Windows nella release 97/8.0). Dall’home page istituzionale, che presentava di-verse funzioni come l’esportazione, l’importazione e il backup dei dati mediante floppy disk, si entrava nella Scheda vera e propria qui visualizzata:

4 B. fuRLotti, Le collezioni Gonzaga. Il carteggio tra Bologna, Parma, Piacenza e Mantova (1563-1634), Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo 2000; R. piccineLLi, Le collezioni Gonzaga. Il carteggio tra Firenze e Mantova (1554-1626), Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo 2000; d. soGLiani, Le collezioni Gonzaga. Il carteggio tra Venezia e Mantova (1563-1587), Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo 2002; e. ventuRini, Le collezioni Gonzaga. Il carteggio tra la Corte Cesarea e Mantova (1563-1633), Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo 2002; R. piccineLLi, Le collezioni Gonzaga. Il carteggio tra Milano e Mantova (1563-1630), Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo 2003; B. fuRLotti, Le collezioni Gonzaga. Il carteggio tra Roma e Mantova (1587-1612), Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo 2003; m. seRmidi, Le collezioni Gonzaga. Il carteggio tra Venezia e Mantova (1588-1612), Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo 2003.

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LA PUBBLICAZIONE DI UN DATABASE DOCUMENTARIO SULLA FAMIGLIA GONZAGA 109

I campi presenti erano i seguenti:1. Archivio: che associava ogni operatore al suo ambito di ricerca (una città o

una corte); 2. Scheda: in cui era digitato dall’operatore un numero arabo progressivo non

automatico finalizzato ad individuare le schede più importanti per una successiva stampa di questi documenti;

3. Segnatura della carta: secondo le indicazioni dell’Archivio di Stato di Mantova (esempio: ASMn, AG, b. 1497, f. V, cc. 698-699). A questi dati erano state aggiunte la lettera C per la corrispondenza ricevuta o spedita dalla Corte di Mantova e la lettera M per le minute di cancelleria;

4. Luogo: luogo di provenienza del documento. Se il luogo non era indicato nella fonte era usata l’abbreviazione “s.l.” (senza luogo). In merito all’annoso problema delle varianti dei nomi, il gruppo di ricerca decise di trascrivere il luogo secondo la toponomastica moderna, accompagnata dalla variante tra pa-rentesi tonde (esempio: Brescello (Berselli)). Quando nella fonte era presente un luogo “composto” (esempio: Chiesa di San Matteo a l’Aquila) è stata indi-cata prima la città e poi la specifica del luogo (Aquila, Chiesa di San Matteo). Queste stesse norme sono state applicate anche al campo Luogo citato nella Fonte che permetteva di salvare, in un elenco a parte, tutti i luoghi citati nel documento;

5. Data: inserita nella forma di anno, mese e giorno (esempio: 1565/11/23). Il programma permetteva di organizzare in senso crescente o decrescente i do-cumenti del database e in mancanza di uno o più di questi elementi numerici era stato introdotto il doppio zero (esempio: 1565/00/00). In assenza della datazione è stata usata l’abbreviazione “s.d.” (senza data);

6. Mittente: colui che redige il documento. Il suo nome è stato trascritto nella forma cognome e nome, seguiti da titolo, ruolo o professione. Sono sempre state segnalate le cariche e i titoli, quando noti, anche se nel documento era presente solo il nome (esempio: Gonzaga Vincenzo I, principe di Mantova). Quando nel documento si presentava solo la carica o il titolo ma non il suo nome si è impli-citamente integrata la sua firma (esempio: principe di Mantova = Gonzaga Vin-cenzo I, principe di Mantova). I titoli, le cariche e, in generale, quanto seguiva il nome del mittente sono stati trascritti seguendo un ordine alfabetico (esempio: Zibramonti Aurelio, monsignore, vescovo di Casale). Unica eccezione sono i re-gnanti per i quali si è rispettato l’ordine cronologico delle cariche (esempio: Gon-zaga Ferdinando, principe, cardinale, duca di Mantova). Gli pseudonimi o i nomi d’arte seguivano il cognome e il nome del mittente ed è stata inserita la parola “detto” preceduta da una virgola. Non sono state recuperate le varianti dei nomi, ma è stato necessario normalizzare il più possibile, utilizzando la lezione preva-lente nei propri documenti. In assenza del mittente è stata usata l’abbreviazione “s.m.” (senza mittente).

Si riportano alcuni casi particolari per i quali è stato necessario controllare dizionari e repertori specifici:

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110 DANIELA SOGLIANI

• cognomi che indicano una provenienza per i quali si è indicato prima il nome e poi il cognome (esempio: Leonardo da Vinci o Lorenzo da Treviso);

• cognomi composti da de/dell’/dall’ per i quali si è scritto prima il cognome, poi la particella “de” tra parentesi e infine il nome (esempio: Calice (del) Barto-lomeo);

• nomi di famiglie nobili per i quali si è scelto di omettere la particella “de” (esempio: Medici o Este);

• nomi di religiosi per i quali si è indicata la specifica don, padre, vescovo o abate;

• nomi di personaggi nobili femminili per i quali si è scelto di indicare en-trambi i cognomi (cognome della famiglia di provenienza e cognome acquisito);

• nomi di regnanti che non erano distinguibili per i quali si è scelto di inserire tra parentesi tonde un numero cardinale (esempio: Gonzaga Vincenzo (I), princi-pe di Mantova e Gonzaga o Vincenzo (II), principe di Mantova);

• quando era presente nella fonte il riferimento ad una famiglia in generale e non ad un suo componente si è trascritto il cognome seguito dalla parola “fami-glia” tra parentesi tonde (esempio: Loredan (famiglia)).

7. Destinatario: colui a cui è indirizzato il documento, per il quale valgono tutte le regole indicate per il Mittente. In assenza del Destinatario si è utilizzato il termine generico di “Corte”;

8. Intermediario: l’informatore, l’agente o la persona coinvolta nella contrat-tazione o segnalazione di un’informazione o di un oggetto d’arte. Per la compi-lazione di questo campo valgono i criteri relativi al Mittente e al Destinatario.

9. Fonte: la trascrizione, sempre presente anche se breve, di una parte o più parti del documento. Per questo campo sono state utilizzate note convenzioni di trascri-zione: per differenziare più brani all’interno della fonte sono stati utilizzati punti di sospensione, le lacune sono state indicate con tre trattini all’interno di parentesi quadre [---], le omissioni del testo con tre asterischi all’interno di parentesi quadre [***] e infine ogni integrazione al testo è stata inserita tra parentesi quadre.

Per quanto riguarda invece le specifiche modalità di trascrizione si è scelto di riportare il documento come riconosciuto nell’originale. Tuttavia, al fine di age-volarne la comprensione e la lettura, sono state osservate le seguenti norme ge-nerali:

• i segni diacritici e interpuntivi sono stati introdotti secondo l’uso moderno;• le abbreviazioni sono state tacitamente sciolte nella forma prevalente nel

documento; • le maiuscole e le minuscole sono state uniformate all’uso moderno;• i titoli e le cariche sono stati trascritti minuscoli (esempio: “sua maestà”,

“vostra signoria” ecc.);• la vocale u e la consonante v sono state distinte;• la lettera j è stata trascritta i, fatta eccezione per le lingue diverse dall’italiano;

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LA PUBBLICAZIONE DI UN DATABASE DOCUMENTARIO SULLA FAMIGLIA GONZAGA 111

• alle voci del verbo avere è stata aggiunta h diacritica (esempio: a, anno = ha, hanno);

• la divisione di alcune parole è stata uniformata all’uso moderno (ben che = benché, fin che = finché, per che = perché, altra mente = altramente, in darno = indarno ecc.). Eccezioni: per che nel senso di “per cui”, acciò che e però che;

• le preposizioni articolate del tipo del’imperatore (= de l’imperatore) o al’am-miratione (= a l’ammiratione) sono state trascritte separate;

• le forme del tipo chel (= che il o che el), sel (= se il) sono state scritte separate come “che ’l” o “se ’l”;

• alcuni verbi sono stati trasformati all’uso moderno: de = diedi, fe = fece, ste = stette, po = può;

• le forme palesemente erronee o sospette sono state segnalate con un [sic];• i nessi consonantici latineggianti cl, pl, ct, pt, ph ecc. sono stati mantenuti;• i gruppi latineggianti tia, tie, tio ecc. sono stati mantenuti (esempio: gratia,

gratie, gratioso);• la h etimologica o pseudoetimologica (homo, habbia ecc.) è stata mantenuta

come quella irrazionale (Gonzagha, longho ecc.);• il latinismo grafico et è stato mantenuto;• le cifre romane sono state trascritte maiuscole (esempio: viij);• nelle cifre è stato messo un punto per indicare le migliaia (esempio: 1.500

ducati);• gli accenti sono stati adattati all’uso moderno;

10. Glossario: la raccolta terminologica delle voci desuete presenti nella Fon-te. La voce di Glossario all’interno della Fonte è stata indicata con un asterisco;

11. Regesto: la sintesi del contenuto del documento. Si è preferito rimandare nelle note il riferimento a personaggi e oggetti citati nella Fonte;

12. Note: un campo libero in cui sono state inserite tutte le osservazioni re-lative alle informazioni presenti in tutti i campi. La numerazione è stata digitata dall’operatore all’interno di parentesi tonde e lo stesso numero, tra parentesi ton-de, è stato riportato manualmente nella Fonte.

Il primo livello di schedatura dei documenti avveniva associando la lettera ad una macrocategoria detta Argomento.

Gli argomenti individuati per la banca dati erano i seguenti:• Arti• Devozione• Letteratura• Mercato• Musica• Palazzo (Palazzo Ducale di Mantova)• Scienze• Spettacolo e Informazione

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112 DANIELA SOGLIANI

I cinque livelli sottostanti di classificazione (Categoria, Oggetto, Specifica o Ti-tolo, Autore e Stima) indicavano tutte le specifiche dell’oggetto.

Le categorie erano: • Abbigliamento e accessori• Animali• Armi e accessori• Arredi• Architettura e Urbanistica (utilizzata quando l’opera architettonica è il sog-

getto della fonte trascritta e non un semplice luogo citato nella fonte)• Biancheria• Carrozze e accessori• Curiosità• Disegno e Incisione• Farmacopea (rimedi)• Finimenti (per cavalli)• Giardini (insieme a tutte le informazioni vegetali)• Gioielli• Materiali (Carte, Legni, Metalli, Pellami, Pietre e Terre, Tessuti, Vetri)• Pittura• Scultura• Strumenti scientifici• Strumenti musicali• Suppellettili liturgiche e reliquie• Suppellettili profane• Testi

La relazione tra gli Argomenti e le Categorie era libera ma preventivamente erano state definite dal gruppo di lavoro queste associazioni:

• Arti con Abbigliamento e accessori, Armi e accessori, Arredi, Architettura e Urbanistica, Biancheria, Carrozze e accessori, Finimenti, Pittura, Gioielli, Dise-gno e Incisione, Scultura, Suppellettili profane

• Devozione con Suppellettili liturgiche• Letteratura con Testi• Mercato quando c’era contrattazione di un oggetto d’arte o c’era una stima• Musica con Strumenti musicali o Testi (musicali)• Palazzo in relazione alle informazioni relative al Palazzo Ducale di Mantova • Scienze per gli Strumenti scientifici, Farmacopea e Giardini• Spettacolo per le informazioni relative al teatro e spettacolo in genere • Informazione per note generiche (esempio: categoria Animali)

Si forniscono le seguenti precisazioni per l’argomento Arti:• i soggetti iconografici, sempre classificati nel database, erano i seguenti:

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LA PUBBLICAZIONE DI UN DATABASE DOCUMENTARIO SULLA FAMIGLIA GONZAGA 113

decorazione, natura morta, paesaggio, ritratto, scena di genere, soggetto geo-grafico, soggetto storico, soggetto classico e mitologico, soggetto sacro, soggetto letterario;

• quando nella Fonte era citata un’opera di pittura è stata utilizzata la parola quadro mentre se era citata una Madonna con Bambino senza indicazioni di tec-nica o altra specifica, l’opera è stata classificata con il solo soggetto iconografico;

• per un ritratto citato con il suo soggetto iconografico (esempio: ritratto del duca Vincenzo I Gonzaga) la classificazione era la seguente: Categoria Pittura, Oggetto ritratto, Specifica Gonzaga Vincenzo I;

• quando nella Fonte era presente l’autore dell’opera ma non era indicato il genere o il soggetto (esempio: opera di Guido Reni) la classificazione era la se-guente: Categoria Pittura, Oggetto quadro, Specifica vuoto, Autore Reni Guido;

• per la Categoria Scultura valevano le stesse regole indicate per la Categoria Pittura.

La schedatura del documento si concludeva con il campo della Bibliografia indi-viduata per il solo documento e non per l’argomento trattato.

2. Collezionismo gonzaghesco (2013)

La nuova versione del programma Collezionismo gonzaghesco, nato dalla col-laborazione tra il Centro Internazionale d’Arte e di Cultura di Palazzo Te, il Co-mune di Mantova e la Scuola Normale Superiore di Pisa5, presenta un ambiente di sviluppo completamente rinnovato e vede l’utilizzo di nuovi strumenti infor-matici quali il linguaggio di programmazione PHP (con il supporto dei Frame work Typo3) e database di tipo relazionale supportati dal linguaggio SQL. Il linguag-gio di programmazione PHP, compatibile con i sistemi Linux e Windows, è distribuito con licenza open source e permette di creare pagine web dinamiche dove il contenuto mostrato all’utente cambia in base alle esigenze del momento integrandosi facilmente con molte tipologie di database.

Per questo progetto è stato adottato un database di tipo relazionale gestito dal programma DBMS (Data Base Management System) MySQL che ha performance ideali e non prevede costi di licenza annuali, essendo anch’esso open source. Senza citare troppi tecnicismi i DBMS sono software capaci di gestire diverse banche dati e per operare su questi sistemi è utilizzato il linguaggio MySQL (SQL: Structured Query Language). La tipologia di database del sistema informativo è relazionale: i dati sono organizzati in tabelle e i valori nelle tabelle sono messi in relazione attraverso i cosiddetti “campi chiave”. Il risultato finale è un “sistema

5 Desidero ringraziare Giulio Paoli della Scuola Normale Superiore di Pisa per l’assistenza nell’elabora-zione del programma e per le informazioni tecniche fornite.

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114 DANIELA SOGLIANI

scalabile” dove l’accrescimento del numero di dati disponibili non comporta la modifica del modello dei dati.

La banca dati Collezionismo gonzaghesco è costruita con una parte di back office, che raccoglie tutte le operazioni di catalogazione dei dati che l’utente non vede, e una parte di front office, cosiddetta pubblica, che risponde a tutte le esi-genze di consultazione e fruizione dei contenuti da parte degli utenti che vi posso-no accedere con il proprio computer senza la necessità di credenziali di accesso.

Nella fase di data-entry (back office) il database è accessibile ai soli utenti catalogatori attraverso un computer collegato a Internet e dotato di un browser. Il loro accesso avviene nella pagina di login solo dopo autenticazione con username e password e tali credenziali di accesso sono fornite dall’amministratore del sistema che ha accesso alla Gestione Utenti.

Questi sono i ruoli assegnati dal sistema:1. Utente “amministratore” che ha accesso a tutte le funzionalità e può gestire

gli utenti, creare schede, cancellarle, bocciarle, proporne di nuove, approvarle e gestire i vocabolari che controllano il database;

2. Utente “compilatore” che può creare nuove schede ma può operare solo sul-le proprie (al momento della creazione di una nuova scheda, l’utente compilatore ne diventa il proprietario);

3. Utente “validatore” che ha il compito di verificare e rendere pubblico il contenuto delle schede;

4. Utente “osservatore” che può consultare ed effettuare ricerche su tutti i campi di tutti i documenti indipendentemente dallo stato in cui essi si trovano.

L’archivio è pertanto controllato dall’amministratore che rende visibili, nella parte pubblica, solo le schede “approvate”. Ciascuna scheda è associata a uno stato: è in “bozza” quando viene creata e resterà in questo stato fino al termine delle modifiche del compilatore; in seguito, passerà nello stato di “proposta” e sarà sottoposta al controllo dell’utente “validatore” che, se l’approva, la renderà visibile nella parte pubblica del sito. Ovviamente, se la verifica da parte del “va-lidatore” non andrà a buon fine, la scheda non sarà resa pubblica e potrà essere riportata nello stato “bozza” o in quello di “bocciata”.

È facile intuire che la fase di data-entry e la consultazione possono convivere poiché i ricercatori lavorano sulle schede, decidono quando e come modificarle, quali rendere visibili, mentre l’utente finale (il pubblico) può consultare contem-poraneamente quanto è già disponibile in rete.

La parte pubblica (front office) è accessibile a tutti gli utenti ed è lo strumento per la visualizzazione dei documenti. È costituita da una home page che descrive il progetto, la raccolta delle norme redazionali adottate nelle trascrizioni delle Fonti, un Glossario generale, una pagina di Crediti e soprattutto una sezione dedicata alla ricerca che ha mantenuto gli stessi campi già descritti nella versione precedente del programma.

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LA PUBBLICAZIONE DI UN DATABASE DOCUMENTARIO SULLA FAMIGLIA GONZAGA 115

3. Prospettive e sviluppi: il portale “Banche Dati Gonzaga”

La riflessione che ha portato all’elaborazione di questo nuovo strumento di lavoro sottende alla volontà, fin dagli anni della mostra gonzaghesca, di riunire insieme le diverse esperienze di progettazione di banche dati dedicate alla famiglia man-tovana. Per questo il Centro Internazionale d’Arte e di Cultura di Palazzo Te ha creato, con la collaborazione del Comune di Mantova e dell’Archivio di Stato, il portale Banche Dati Gonzaga che fornisce un accesso integrato alle informazioni e ai documenti riguardanti varie banche dati e archivi. Il portale è stato sviluppa-to grazie ad un software detto Content Management System (CMS), in grado di gestire le pagine dei siti web. Le aree di amministrazione e fruizione della banca dati sono state elaborate con il framework PRADO PHP (PHP Rapid Application Development Object-oriented), molto diffuso e senza costi di licenza.

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116 DANIELA SOGLIANI

La struttura di questa piattaforma è molto flessibile e permette di raggiungere di-versi obiettivi tra cui fornire l’accesso anche ad altri progetti che possono essere raggiunti con un semplice link6, prevedere un “dialogo interno” tra questi data-base, espandere le banche dati con l’inserimento di immagini e di video collegati alle schede, creare digital libraries con contenuti dinamici e infine permettere la diffusione di tutte le informazioni attraverso nuovi strumenti quali smartphone e tablet.

L’auspicio del Centro Internazionale d’Arte e di Cultura di Palazzo Te è per-tanto ottenere la collaborazione di tutte le Istituzioni interessate alla creazione di una rete informatica dedicata alla conoscenza della storia e della cultura della famiglia Gonzaga.

6 Oggi sono immesse nel portale le due banche dati Collezionismo gonzaghesco (1563-1630) e Giulio Romano mentre due link permettono di interrogare le banche dati del Progetto HERLA, dedicato alla mu-sica e al teatro e messo a disposizione dalla Fondazione Mantova Capitale Europea dello Spettacolo, e i Cataloghi dei Beni Culturali e della Bibliografia gonzaghesca elaborati dall’Associazione Distretto cul-turale “Le Regge dei Gonzaga” e dall’Università Europea di Roma - Centro Studi Heritage e Territorio.

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SIMONA BRUNETTI*

La schedatura dei documenti gonzagheschi legati alla committenza teatrale

1. Il progetto “Herla”

Il Centro Studi Mantova Capitale Europea dello Spettacolo nasce nel gennaio 1999 nell’ambito dei progetti culturali sostenuti dal Comune e dalla Provincia di Mantova; nell’aprile 2000 viene trasformato in Fondazione, ottenendo il ricono-scimento della Regione Lombardia nell’ottobre dello stesso anno. In seguito alla prematura scomparsa nel luglio 2004 del suo ideatore, promotore e presidente, Umberto Artioli, Professore ordinario di Storia del Teatro e dello Spettacolo pres-so l’Università di Padova, l’istituto è oggi a lui intitolato1.

La Fondazione Umberto Artioli Mantova Capitale Europea dello Spettacolo da circa quattordici anni si occupa di attività di organizzazione, promozione e studio in ambito teatrale2. In particolare, sin dalla sua formazione, sostiene un progetto di ricerca e archiviazione, tuttora in corso, di vaste dimensioni sul teatro rinascimentale e barocco: la creazione di un archivio informatico che descriva i documenti, provenienti da archivi italiani ed europei, relativi all’attività spet-tacolare patrocinata dai Gonzaga nell’epoca del massimo splendore del ducato

* Università di Verona – Fondazione Umberto Artioli Mantova Capitale Europea dello Spettacolo.1 Per maggiori informazioni sulla biografia e le pubblicazioni dello studioso mantovano si rinvia alle pagine a lui dedicate nel sito della Fondazione Umberto Artioli (www.capitalespettacolo.it).2 Per quanto riguarda l’attività di organizzazione teatrale, nel corso degli anni la Fondazione ha ospitato spettacoli dei maggiori registi contemporanei e prodotto diversi allestimenti che rivisitassero, alla luce di una concezione registica novecentesca, particolari testi o motivi della spettacolarità rinascimentale. Tra le presenze registiche contemporanee più ragguardevoli che sono state chiamate a partecipare alle stagioni organizzate dalla Fondazione si possono segnalare: Nekrosius, la Fura dels Baus, Pippo Delbono, Sandro Lombardi, Federico Tiezzi, Walter Malosti, Emma Dante, Serena Sinigaglia ecc. Tra le attività promosse spicca anche l’istituzione dell’Arlecchino d’oro, un premio ideato da Umberto Artioli e Siro Ferrone e assegnato ogni anno, all’interno di un’articolata rassegna teatrale, a un artista dello spettacolo di fama internazionale che abbia saputo valorizzare alcuni caratteri condivisi dalla Commedia dell’Arte e dalla spettacolarità contemporanea. I premiati delle trascorse edizioni sono stati: Dario Fo (1999); Marcel Marceau (2000); Ferruccio Soleri (2001); Paolo Poli (2003); Giorgio Albertazzi e Patrice Chéreau (2004); La Fura dels Baus (2006); Enrico Bonavera (2007); Meredith Monk (2008); Carolyn Carlson (2009); Sandro Lombardi (2010); Leo Gullotta (2011); Donato Sartori (2012). Nell’edizione 2002 il premio non è stato attribuito perché la Fondazione ha deciso di partecipare con due contributi scritti di Roberto Tessari e Claudio Gallico alla mostra La Celeste Galeria, mentre nell’edizione 2005 il premio è stato conferito alla memoria di Umberto Artioli.

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(1480-1630), con una speciale attenzione per tutto ciò che riguarda la Commedia dell’Arte. Anche il nome Herla, con cui è stato denominato il progetto, è stato scelto per rendere omaggio all’ambito leggendario – la saga nordica della “caccia selvaggia” condotta da Herla King – da cui sembra prendere origine il mito della maschera di Arlecchino, creata dall’attore mantovano Tristano Martinelli, vero-similmente nella stagione teatrale 1584-1585 nei teatri a pagamento di Parigi3.

Nato da un’idea di Umberto Artioli e Francesco Bartoli, il progetto Herla si è poi ulteriormente precisato con l’aiuto di Siro Ferrone, l’appoggio della direttrice dell’Archivio di Stato di Mantova, Daniela Ferrari, e con l’attività di un gruppo base di ricerca, composto nel 1999 da Cristina Grazioli e Licia Mari, alle quali nell’autunno 2000 si è affiancata Simona Brunetti. Negli ultimi anni l’équipe ha coinvolto stabilmente nell’attività di ricerca anche Roberta Benedusi e Barbara Volponi. Inoltre la preziosa collaborazione, diversificata nel tempo, di studiosi di varia provenienza4, ha reso il progetto “una ricerca in continua metamorfosi, pronta ad assimilare in ogni momento nuove acquisizioni e frutto di un lavoro di ricomposizione per frammenti dal cui accostamento si configura un paesaggio”5.

Accanto alla costituzione di un patrimonio di dati, bibliografie e fonti, l’équi-pe formata per l’attuazione del progetto Herla si è subito occupata di creare un archivio digitale, consultabile on line e periodicamente aggiornato (www.capi-talespettacolo.it/ita/ric_gen.asp), che non privilegia solo la descrizione di grandi eventi spettacolari o la registrazione dei nomi dei personaggi più conosciuti, ma che prende in considerazione qualsiasi informazione che rientra in un contesto di rappresentazione, a partire sia da fonti storiografiche note, sia da indagini origi-nali. Non solo il teatro di corte, la Commedia dell’Arte, il melodramma, il tea-tro ebraico, ma anche tutte le occasioni festive che implichino un allestimento scenico, spesso con la partecipazione di attori, danzatori e musici: dai sontuosi banchetti nuziali agli ingressi trionfali, alle celebrazioni funebri, ai maschera-menti per il Carnevale, ai tornei. L’unico discrimine posto per la selezione e la

3 Sull’argomento si veda almeno d. GamBeLLi, Arlecchino a Parigi, 3 voll., Roma 1993, vol. I (Dall’inferno alla corte del re Sole); s. feRRone, Arlecchino. Vita e avventure di Tristano Martinelli attore, Roma-Bari 2006.4 Nel 2001, a distanza di tre anni dall’avvio del progetto Herla, si è iniziato a coinvolgere alcuni studiosi che collaborassero alla ricerca e alla raccolta del materiale presso archivi o biblioteche esterni a Mantova. La difficoltà nel reperire operatori ideali risiede nei presupposti richiesti alla collaborazione: una conoscenza di base del lavoro d’archivio, della lettura dei manoscritti (XVI e XVII secolo) e parallelamente della storia del teatro del periodo. Un importante contributo viene offerto costantemente anche da studiosi che segnalano documenti di interesse per il progetto e quando un collaboratore esterno fornisce alla Fondazione dei documenti tramite una ricerca personale, lo si segnala nella schedatura con una sigla identificativa. Cogliamo qui l’occasione per ricordare Otto Schindler e per ringraziare Vittoria Asioli, Massimo Bertoldi, Martina Buran, Guido Carrai, Francesca Fantappiè, Fiora Gaspari, Angela Ghinato, Julia Lomuto, Marzia Maino, Giuseppe Osti, Marco Prandoni, Alice Blythe Raviola, Raffaele Tamalio, Veronika Valentova, Federica Veratelli.5 c. GRazioLi, Note per un’indagine su Giovan Paolo Agucchia, il dottore da Bologna, a partire dall’archivio Herla, in Annuario della Commedia dell’Arte, direzione di S. Ferrone e A.M. Testaverde, Firenze 2008, pp. 97-139.

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schedatura è che i documenti debbano sempre recare traccia di un legame con i Gonzaga, con il loro territorio o con la Commedia dell’Arte.

Alla molteplicità dei fenomeni indagabili corrisponde la notevole diversifi-cazione delle fonti da prendere in considerazione: volumi a stampa dei drammi rappresentati, cronache di inviati da altre corti, pagamenti agli artigiani che rea-lizzavano le scene, atti notarili utili a ricostruire le biografie degli artisti, ma so-prattutto una ricchissima corrispondenza (tra le corti e i comici, ma anche firmata da accademici, scrittori, architetti, musici, regnanti di altri Paesi) che offre infor-mazioni su eventi spettacolari in senso lato. Questo materiale, attualmente sparso negli archivi di tutta Europa e in quelli delle città italiane che all’epoca erano in relazione con la Corte mantovana, costituisce una parte considerevole dell’intera documentazione esistente sulla spettacolarità rinascimentale e barocca. Costruire un database che permetta di interrogare contemporaneamente tali dati era la sfida iniziale offerta dal progetto.

A differenza di altri eccellenti piani di catalogazione elaborati negli anni, il progetto Herla si è posto un obiettivo più ambizioso, che presenta non po-chi rischi: è sostanzialmente diverso, infatti, catalogare fondi all’interno di un unico archivio, che ha, per quanto estesi, dei limiti quantitativi, dall’avviare una ricerca tematica all’interno di archivi diversi, spesso geograficamente lontani (e ciò significa anche “metodologicamente” differenti, organizzati se-condo diverse modalità, e così via). Il limite della ricognizione sfugge man mano che ci si addentra nell’oggetto di indagine; i criteri della raccolta varia-no; la maggiore o minore conoscenza del contesto determina esiti a volte poco uniformi. In questo cammino strumenti essenziali per l’avvio della raccolta di fonti sono stati il lavoro di ricerca svolto da Siro Ferrone e dalla scuola fiorentina di studi da lui diretta – che ha messo a disposizione degli studio-si un’ingente mole di documenti riguardanti i maggiori esponenti del teatro professionistico6 – e l’imponente catalogazione dell’Archivio di Mantova, condotta nell’ambito del progetto Le collezioni Gonzaga diretto da Daniela Ferrari e Raffaella Morselli7.

Nei primi anni di attività si è condotto un lavoro che consentisse di mettere a punto metodologie relative alla raccolta e all’inventariazione informatica dei documenti e allo stesso tempo di delineare possibili aree di ricerca, concentrando l’attenzione su nuclei di indagine più definiti rispetto al tema complessivo del progetto Herla. A partire dal 2002, per esempio, è stato individuato l’ambito dei rapporti tra la Corte dei Gonzaga e i territori di lingua tedesca dell’Impero asbur-gico. La ricerca è proseguita negli anni successivi portando alla pubblicazione del

6 Tra i titoli più significativi cfr. Comici dell’Arte: corrispondenze, edizione diretta da S. Ferrone, a cura di C. Burattelli, D. Landolfi e A. Zinanni, 2 voll., Firenze 1993; s. feRRone, Attori, mercanti, corsari. La Commedia dell’Arte in Europa tra Cinque e Seicento, Torino 1993; c. BuRatteLLi, Spettacoli di corte a Mantova tra Cinque e Seicento, Firenze 1999.7 Cfr. Le collezioni Gonzaga, diretto da D. Ferrari e R. Morselli, 12 voll., Cinisello Balsamo 2002-2006.

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volume I Gonzaga e l’Impero. Itinerari dello spettacolo8, presentato nella forma di un convegno nel marzo 2005.

Il volume e il convegno hanno offerto l’occasione di coinvolgere attivamente importanti studiosi membri del Comitato Scientifico della Fondazione, ma anche di chiamare a collaborare specialisti esterni. L’improvvisa scomparsa di Umberto Artioli ha privato il gruppo di ricerca di un riferimento insostituibile e di una guida dal punto di vista scientifico. Il progetto Mantova-Impero è stato dunque portato a termine nel segno delle sue intenzioni, costituendo un importante appro-do che ha permesso di riflettere sui risultati raggiunti, di confermare l’utilità di un database che incroci informazioni provenienti da archivi diversi e di impostare la fase successiva della ricerca.

Se in un primo momento, sulla base di un’idea originaria che prevedeva di avvicendare indagini che percorressero volta a volta diverse aree europee, si è pensato di approfondire i rapporti di Mantova con un altro ambito geografico, nella fattispecie le Fiandre, successivamente si è considerata la possibilità di con-centrare la raccolta dei documenti intorno all’asse Mantova-Venezia. L’individua-zione di quest’ambito ha fatto convergere diversi motivi emersi sin dal sorgere del progetto Herla (come per esempio le vie d’acqua, il teatro ebraico, l’attività dei comici professionisti), consentendo di tornare ad osservare più da vicino la città dei Gonzaga.

In occasione dei dieci anni di vita del progetto Herla ci si è quindi proposti di avviare un dibattito sui modelli di acquisizione informatica delle fonti dello spettacolo. Nel novembre 2009, in collaborazione con le Università di Verona e di Firenze, la Fondazione Artioli ha organizzato un Convegno di studi dal titolo Fonti informatiche per la storia dello spettacolo: HERLA e AMAtI due modelli di banche dati, per mettere a confronto il lavoro svolto dal gruppo di ricerca della Fondazione Artioli con il progetto dell’Archivio Multimediale degli Attori Ita-liani coordinato da Siro Ferrone e per indagare le prospettive offerte alla ricerca scientifica del settore dall’impiego di queste banche dati.

Le due linee di ricerca approvate per il triennio 2012-2014 sono: Mantova-Venezia (1520-1630), in sostanziale continuità con il lavoro svolto negli anni pre-cedenti, e Giulio Romano e i suoi seguaci: artisti e apparati scenici a Mantova (1520-1570).

Va ribadito, infine, come il lavoro del gruppo di ricerca proceda sempre su due binari paralleli: da un lato tenendo presente l’orizzonte cronologico più generale del progetto (1480-1630), dall’altro identificando di volta in volta campi d’inda-gine più circoscritti. L’occasione di pubblicazioni o di partecipazioni a convegni9,

8 Cfr. I Gonzaga e l’Impero. Itinerari dello spettacolo. Con una selezione di materiali dall’Archivio informatico Herla (1560-1630), a cura di U. Artioli e C. Grazioli, con la collaborazione di S. Brunetti e L. Mari, Firenze 2005.9 L’elenco completo dei contributi scritti a partire dal lavoro di ricerca del progetto Herla è pubblicato nel sito della Fondazione (http://www.capitalespettacolo.it/ita/pubblicazioni.asp). Anche i convegni organizzati nel corso del tempo e quelli a cui i componenti del gruppo di ricerca hanno presenziato sono

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ma anche di particolari richieste di informazioni o di documenti da parte di stu-diosi, costituisce sempre un utile momento di approfondimento di temi specifici, di verifica della presenza o meno nell’archivio di materiali relativi ad un dato motivo, oltre che di contatti con specialisti con i quali confrontarsi e avviare collaborazioni.

2. L’Archivio informatico

Una fase fondamentale del progetto Herla è stata, come si è detto, quella dedicata all’impostazione del programma informatico archivistico e alla definizione dei criteri metodologici di schedatura. Per stabilire le principali procedure operative si è effettuata una meticolosa ricognizione esplorativa presso l’Archivio di Stato di Mantova, con l’intento di individuare una serie di documenti-campione che rappresentasse tutte le principali tipologie di fonti e che contenesse il maggior numero di informazioni possibili in ambito spettacolare. Dall’impegno profuso in questa attività nel primo anno di vita della Fondazione è nato un modello di schedatura, che contempla una serie di variabili indispensabili a descrivere un qualsiasi documento di particolare interesse per il progetto nella sua interezza. Dopo aver verificato che nessuno dei principali programmi d’archiviazione già esistenti presentava le caratteristiche ottimali richieste dal progetto, si è risolto di far realizzare un software ad hoc dalla ditta Omega-net di Mantova10. L’esigenza emersa nel corso della ricognizione, infatti, era non solo di poter registrare ogni documento pertinente al progetto mediante una descrizione archivistica, un bre-ve abstract, nonché una serie di campi ritenuti fondamentali, ma anche di poter corredare la scheda con una griglia di riferimenti, identificati appositamente sulla base dei contenuti delle fonti prese in considerazione.

La catalogazione ideata si riferisce solo alla parte del documento interessante dal punto di vista della storia del teatro e dello spettacolo. In rari casi si sono sche-dati alcuni documenti che non trattano esplicitamente di spettacolo, se essi servono di supporto all’interpretazione di altre informazioni, provvedendo a segnalare il legame tra i documenti nel campo note. Si precisa anche che il numero di schede create non corrisponde al numero di documenti, dato che in alcuni casi (soprattutto per lunghe relazioni o opere a stampa) si è ritenuto necessario ai fini della ricerca scandire i singoli eventi descritti. Aggiungiamo che le schede presenti all’interno dell’Archivio Herla possono essere modificate e corrette sulla base di nuove acqui-sizioni. Capita infatti che il contenuto di un documento venga chiarito dalla lettura di altre fonti, magari raccolte molto tempo dopo. Ne consegue anche un’inevitabile non uniformità delle schede redatte nel corso degli anni.

segnalati nella sezione relativa nel sito dell’istituzione mantovana (http://www.capitalespettacolo.it/ita/convegni.asp).10 Per maggiori informazioni si veda il sito dell’istituzione (http://www.omeganet.it/default.asp).

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Un elemento fondamentale per il modello di schedatura elaborato consiste nell’attribuzione di una collocazione specifica alle fonti da descrivere (nel pro-gramma informatico definita segnatura definitiva), che costituisce anche un pri-mo motivo di discrimine al loro interno11. Dal momento poi che il progetto Herla prevede la riproduzione (in microfilm, fotocopia o altro) dei documenti utili per la schedatura, così da creare un secondo archivio (cartaceo o digitale) che racco-glie le copie dei documenti originali presso la sede della Fondazione mantovana, tale collocazione rappresenta anche l’ordine progressivo con cui i duplicati sono conservati.

La segnatura definitiva di ciascun documento catalogato nell’Archivio infor-matico Herla prevede una sigla alfanumerica, la cui lettera dipende dalla tipo-logia del documento descritto, mentre il numero progressivo registra la quantità dei documenti descritti all’interno di quella classificazione. Attualmente le lettere utilizzate sono sei:

A – Atti, decreti e similiC – CorrispondenzaI – IconografiaL – Letterature varieP – PagamentiS – Edizioni a stampa

Tra i documenti la cui segnatura definitiva inizia con la lettera A si trovano, per esempio, i contratti di costituzione delle compagnie di comici. Tra i molti sche-dati si segnalano qui i due più celebri: quello stipulato il 25 febbraio 1545 a Padova (Herla A368), che sancisce convenzionalmente la nascita dell’attore di professione e contestualmente della Commedia dell’Arte12, e quello siglato il 10 ottobre 1564 in una dimora di Campo Marzio (Herla A155), in cui per la prima volta tra i componenti figura una donna13. Anche le disposizioni emanate in meri-to allo svolgimento delle commedie vengono rubricate con questa lettera: si veda, per esempio, il documento dal titolo Ordini circa le commedie delli Desiosi14,

11 D’ora in poi accanto alla collocazione originale dei documenti citati in questo intervento si è scelto di proporre anche la corrispondente segnatura dell’Archivio Herla, come ulteriore strumento d’indagine.12 Cfr. Archivio di Stato di Padova (ASPd), Archivio Notarile, Vincenzo Fortuna Instr., b. 4319, cc. 171-172 (Herla A368). Il documento viene segnalato e trascritto per la prima volta nel 1915 (cfr. e. cocco, Una compagnia comica nella prima metà del secolo XVI, “Giornale storico della letteratura italiana”, vol. LXV, a. XXXIII, fasc. 193, 1915, pp. 55-70). Sui primi contratti comici e loro trascrizioni cfr. f. taviani - m. scHino, Il segreto della Commedia dell’Arte. La memoria delle compagnie italiane del XVI, XVII e XVIII secolo, Firenze 1982, pp. 179-204.13 Cfr. Archivio di Stato di Roma (ASRoma), Notari del tribunale delle acque, Ottavio Gracco, b. 3, prot. 2, cc. 130v-131r (Herla A155). Per la prima segnalazione cfr. e. Re, Commedianti a Roma nel secolo XVI, “Giornale storico della letteratura italiana”, vol. LXIII, 1914, pp. 291-300.14 Herla A160. Il documento è conservato presso l’Archivio Segreto Vaticano (ASV), Miscellanea, Armadi IV-V, n. 60, c. 126.

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che elenca le regole stabilite dall’autorità ecclesiastica affinché i comici Desiosi possano rappresentare i propri spettacoli a Roma nel febbraio 1588 (Herla A160).

Mentre la corrispondenza, classificata con la lettera C, rappresenta il gruppo più nutrito di fonti schedate sinora nell’Archivio Herla, di cui si analizzerà a breve un campione in dettaglio, si è volutamente scelto di limitare i reperti icono-grafici da inventariare sotto la lettera I, che al momento sono in numero ristretto e consistono essenzialmente di disegni, tracciati a mano o a stampa; si veda a titolo esemplificativo lo schizzo preparatorio (Herla I4) per allestire un arco trionfale in onore del passaggio a Mantova nel 1574 di Enrico III di Valois, futuro re di Francia15.

Particolarmente interessante e vario risulta anche il materiale raccolto nel gruppo L. Si tratta di cronache, relazioni, materiale letterario, drammaturgico o elenchi per processioni, banchetti, tornei ecc. All’interno di un Avviso al duca di Urbino inviato da Roma il 17 gennaio 1587 (Herla L58), ad esempio, tra le altre cose si racconta che il lunedì precedente sono state fatte le esequie “del Re mor-to” nella cappella Sistina alla presenza del Papa; che il cardinale Gonzaga, ben-ché preposto a tale ufficio, non ha cantato la Messa e che “dicesi che i Comedianti saranno pubblicamente ammessi in questa città eccetto, che nelli dì privilegiati della chiesa perché paghino un tanto in servitio de luoghi pij”16.

Un’attenzione speciale va riservata, poi, all’insieme di fonti catalogate con la lettera P. Tra queste si annoverano tutte le tipologie di pagamenti che hanno a che fare con l’allestimento dello spettacolo: maestranze, materiali e artisti. Da queste registrazioni emergono spesso nomi di attori, musicisti o pittori celebri, oppure totalmente ignoti, utili sia per ricostruire in dettaglio la dinamica di un evento, sia per tracciare gli spostamenti di artisti e manodopera. Particolare, ad esempio, quantunque non raro, sembra il caso di un certo buffone di nome Marcantonio, definito anche “Marcantonio della commedia”, che viene remunerato17 per aver recitato a Castel Sant’Angelo davanti al Papa (Herla P661 e P662).

Si è scelto, infine, di destinare una collocazione a parte, la lettera S, alle edi-zioni a stampa, per poterle considerare nella loro interezza e non in quanto al loro contenuto, che in genere viene invece descritto nel gruppo delle L. Nelle schede con segnatura S, quindi, si forniscono solo i dati editoriali del testo – si veda per esempio il Ragguaglio della Felicissima Coronatione della Augustissima Impe-ratrice Eleonora in Regina d’Ungheria di Sebastiano Forteguerra (Herla S9) – mentre per i singoli eventi spettacolari narrati all’interno del volume si creano un numero variabile di record 18.

15 Cfr. Archivio di Stato di Mantova (ASMn), Archivio Gonzaga, b. 389, c. 174 (Herla I4).16 Biblioteca Apostolica Vaticana (BAV), Urbinates Latini, b. 1055, cc. 24-26 (Herla L58).17 Cfr. ASRoma, Camerale I, Tesoreria Segreta, b. 1295A, fol. 42v (Herla P 661); ivi, fol. 44r (Herla P662).18 Cfr. s. foRteGueRRa, Ragguaglio della Felicissima Coronatione della Augustissima Imperatrice Eleonora in Regina d’Ungheria, seguita in Edemburgh alli 26 di Luglio 1622, Matteo Formica, Vienna 1622, conservato a Budapest, Országos Széchényi Könyvtár, App. H. 802. Le schede create per questo

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3. Il programma di inserimento dati

Il programma elaborato dai tecnici informatici di Omega-net per generare il data-base dell’Archivio Herla presenta una maschera di inserimento dati composta da quattro pagine. In verticale sul lato destro, sono riportate le seguenti dicitu-re: “Generale”; “Chiavi”; “Collocazione”; “Relazioni”. La pagina iniziale della maschera è sempre quella con la scritta “Generale”. Scorrendo con il mouse su ciascuna delle diciture è possibile accedere alle diverse pagine anche in ordine non sequenziale.

1. 2.

3. 4.

Il primo foglio della maschera di inserimento, a cui è stata attribuita l’etichetta “Generale” (fig. 1), contiene i seguenti campi: titolo del documento (solitamente un incipit, a cui si aggiunge mittente e destinatario nel caso della corrisponden-za), struttura, categorie, abstract per uso interno (una descrizione ad uso del gruppo di lavoro del contenuto del documento).

Il secondo foglio, intitolato “Chiavi” (fig. 2), presenta il campo abstract (in cui si riassume, ad uso degli utenti esterni al gruppo di lavoro, la parte di docu-

volume sono: Herla S9, L332, L333, L334, L335, L336. Il libro fa parte del materiale recuperato da Otto Schindler.

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mento d’interesse per la ricerca), e cinque campi diversificati di dati, in cui, a partire da quanto effettivamente scritto nel documento, vengono individuati ed elencati: termini significativi (campo parole chiave); nomi di attori di Comme-dia dell’Arte (campo comici); nomi di figure di rilievo o artisti (campo persone notevoli); toponimi o zone specifiche di talune città (campo luoghi); titoli di testi letterari o drammaturgici (campo opere citate).

Il terzo foglio contiene i dati di natura più strettamente archivistica della fonte analizzata e per questo presenta la dicitura “Collocazione” (fig. 3). In questa pagi-na vengono inseriti: il luogo di scrittura del documento, la data di inizio e la data di fine, la segnatura definitiva, eventuali note, la tipologia o definizione (lettera, decreti, pagamenti, altro), il supporto (cartaceo o membranaceo), la consistenza, il formato, lo stato di conservazione, la lingua in cui è redatto. Infine nei campi provenienza e segnatura originaria viene riportato in quale città, archivio e fondo si trova il documento originale che si sta schedando.

L’ultimo foglio della maschera di inserimento è quello chiamato “Relazioni” (fig. 4) e contiene i campi documento padre e documenti allegati, che segnalano se il reperto schedato possiede allegati e quale dei due documenti è quello da ritenersi il principale.

Nel foglio “Generale” (fig. 1), in particolare, compaiono due campi, struttura e categorie, che rappresentano l’elemento distintivo del modello di schedatura proposto dal progetto Herla. La voce struttura è intimamente legata ai raggrup-pamenti proposti nella segnatura definitiva. Selezionata da un elenco di defini-zioni elaborato ad hoc dal gruppo di ricerca, la voce struttura mira a spiegare in modo più dettagliato quale sia il contenuto della tipologia di documenti raccolti all’interno delle classificazioni alfabetiche. Qualche esempio tra quelli descritti in precedenza: mentre i contratti tra comici (Herla A368 e A155) sono schedati con struttura “3.5 Contratti in ambito teatrale”, gli ordini pubblicati per le rap-presentazioni dei comici Desiosi (Herla A160) appartengono alla tipologia “3.1 Licenza o divieto di recitare”. Ancora, gli Avvisi al duca di Urbino (Herla L58) si annoverano come “5.2 Cronache e relazioni” e la struttura dei pagamenti al buf-fone Marcantonio (Herla P661 e P662) è “2.4.1 Comici”, vale a dire pagamenti di attori identificabili come comici. Di seguito si elencano tutte le strutture previste dal programma di archiviazione Herla:

eLenco stRuttuRe

1. coRRispondenza

1.1 Firmata da comici1.2 Firmata dai Gonzaga1.3 Firmata da altri1.3.1 Teatrali1.3.2 Extra teatrali1.4 Non firmata / non identificata

2. paGamenti

2.1 Artigiani2.1.1 Pittori2.1.2 Scultori2.1.3 Intagliatori2.1.4 Decoratori2.1.5 Falegnami

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Il campo categorie, invece, permette di descrivere il documento attraverso una griglia di termini afferenti all’area spettacolare e in grado di offrire allo studioso la possibilità di accostare tra loro una serie di materiali inaccessibili attraverso i canali di ricerca tradizionali. Anche le categorie sono state elaborate ad hoc per la schedatura del progetto Herla e mirano soprattutto a legare attraverso un percorso tematico labili frammenti di testimonianze spettacolari apparentemente molto distanti tra loro. Per circoscrivere il tema del professionismo attorico fem-minile19, per esempio, è stata contemplata una specifica categoria, nominata “Av-vento dell’Attrice”, che viene inserita in una scheda ogni qualvolta ci si trovi in presenza di un documento che fa riferimento ad una donna che recita attivamente in compagnie di comici. In questo modo un motivo noto nelle sue cadenze più generali può arricchirsi di dati provenienti da documenti di diversa natura, ma-gari afferenti ad ambiti inconsueti. Vediamo in dettaglio l’elenco delle categorie proposto dal progetto Herla:

19 Sull’argomento cfr. s. BRunetti, Esordi del professionismo attorico femminile nella Commedia dell’Arte, in Donne al lavoro. Ieri, oggi, domani, a cura di S. Chemotti, Atti del Convegno (Padova, 17-19 maggio 2007), Padova 2009, pp. 71-87.

2.1.6 Lanternai2.1.7 Muratori2.1.8 Fabbri2.1.9 Architetti e apparatori2.2 Oggetti di scena2.2.1 Strumenti musicali2.2.2 Maschere2.2.3 Costumi2.2.4 Legname2.2.5 Tessuti2.2.6 Cristalli2.2.7 Lumi e torce2.2.8 Gioielli ed ornamenti2.3 Altro (profumi, vernici, facchini ecc.)2.4 Attori2.4.1 Comici2.4.2 Danzatori2.4.3 Musici2.4.4 Buffoni2.4.5 Altri interpreti2.5 Logistica2.6 Scrittori, copisti e stampatori

2.7 Pagamenti non identificati2.8 Gabelle

3. atti, decReti e simiLi

3.1 Licenza o divieto di recitare3.2 Licenza o divieto di mascherarsi3.3 Conferimento di privilegi ed inca-richi3.4 Altro3.5 Contratti in ambito teatrale

4. iconoGRafia

5. LetteRatuRe vaRie

5.1 Materiale letterario e drammaturgico5.2 Cronache e relazioni5.3 Elenchi e descrizioni

6. edizioni a stampa

6.1 Testi drammaturgici6.2 Altro

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eLenco cateGoRie

1. attoRi1.1 Comici1.2 Danzatori1.3 Musicisti1.4 Cantanti1.5 Buffoni e intrattenitori1.6 Nani1.7 Cerretani, saltimbanchi, acrobati, giocolieri1.8 Altri interpreti

2. itineRaRi attoRi2.1 Città2.2 Mezzi, modalità e vie di percorso2.3 Spese2.4 Permessi

3. ReLazioni deGLi attoRi3.1 Relazioni teatrali3.1.1 Composizione e formazione delle compagnie3.1.2 Rapporti tra compagnie3.1.3 Rapporti tra attori e rivalità3.1.4 Avvento dell’attrice3.2 Relazioni sociali3.2.1 Committenza3.2.2 Protezione e richiesta di favori3.2.3 Incarichi e privilegi3.2.4 Donativi e onorificenze3.2.5 Suppliche3.2.6 Vicende economiche, giudiziarie e atti legali

4. aLLestimenti di spettacoLi4.1 Scenografia e spazio teatrale4.1.1 Pittura4.1.2 Disegno4.1.3 Prospettiva4.1.4 Scultura4.1.5 Architettura4.1.6 Illuminotecnica4.1.7 Costumi e oggetti di scena

4.1.8 Macchine sceniche4.1.9 Altro (artigiani: fabbri, falegnami ecc.)4.1.10 Apparatori4.2 Luoghi di spettacolo4.2.1 Stanze4.2.2 Sale di corte4.2.3 Piazza / strada / giardino4.2.4 Teatri4.2.5 Spazi acquatici4.2.6 Sagrato e chiese4.2.7 Strutture effimere4.3 Questioni connesse alla produzione dello spettacolo4.3.1 Alloggio attori4.3.2 Intermediari4.3.3 Compensi e guadagni4.3.4 Altro4.3.5 Censura

5. appaRati ceRimoniaLi5.1 Ingressi e visite5.2 Banchetti5.3 Processioni e cortei5.4 Funerali5.5 Matrimoni5.6 Trionfi5.7 Cerimonie, riti e occasioni festive5.8 Incoronazioni e simili

6. tipoLoGie spettacoLaRi6.1 Commedia dell’Arte6.2 Commedia6.3 Pastorale (Favola) e Boschereccia6.4 Tragedia6.5 Intermedi6.6 Balletto6.7 Melodramma6.8 Armeggerie6.8.1 Barriera6.8.2 Quintana6.8.3 Giostra

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128 SIMONA BRUNETTI

Una volta determinato l’assetto definitivo del programma si è passati a considera-re i fondi presenti negli archivi italiani ed europei presso cui è conservato il mate-riale di pertinenza del progetto Herla. Ad oggi sono stati visitati numerosi archivi e biblioteche in Italia20 e all’estero21. È necessario porre l’accento sulle numerose

20 Attualmente nell’Archivio Herla sono schedati documenti provenienti da molteplici fondi degli Archivi di Stato di Bologna, Brescia, Ferrara, Firenze, Genova, Mantova, Milano, Modena, Padova, Parma, Roma, Torino, Venezia; dell’Archivio Segreto Vaticano; degli Archivi Storico Comunali di Acqui Terme, Modena, Novellara; dell’Archivio Storico Diocesano di Mantova; delle biblioteche Queriniana di Brescia, Apostolica Vaticana, Ariostea di Ferrara, Teresiana di Mantova, Nazionale Braidense di Milano, Estense di Modena, Nazionale Vallicelliana di Roma, Teatrale del Burcardo di Roma, Universitaria Alessandrina di Roma, Comunale di Trento, Correr di Venezia, Marciana di Venezia, Teatrale di Casa Goldoni, Accademia Filarmonica di Verona, Civica di Verona, Bertoliana di Vicenza.21 Le fonti reperite all’estero provengono dagli archivi di Anversa, Brno, Gent, Innsbruck, Madrid, Monaco, Parigi, Valladolid, Vienna e dalle biblioteche di Breslavia, Bruxelles, Budapest, Jena, Lovanio,

6.8.4 Torneo6.8.5 Altro6.9 Rappresentazioni con musica6.10 Spettacoli acquatici6.10.1 Naumachia6.10.2 Piscatoria6.10.3 Altro6.11 Fuochi d’artificio6.12 Rappresentazioni a soggetto sacro

7. musica7.1 Musica per danze7.2 Musica vocale profana7.3 Musica vocale sacra7.4 Musica strumentale7.5 Composizioni musicali

8. danza8.1 Moresca8.2 Mattacina8.3 Saltarello8.4 Altre danze

9. spettatoRi e cRonacHe

10. dRammatuRGia e aLtRo mateRiaLe LetteRaRio10.1 Commissioni, testi, commedie

10.2 Scrittori10.3 Copisti10.4 Canovacci10.5 Prologhi10.6 Materiale letterario degli attori10.7 Trattatistica

11. editoRia

11.1 Teatro11.2 Musica11.3 Danza11.4 Altro

12. teatRo eBRaico

13. accademie

14. RuoLi teatRaLi e paRti

14.1 Commedia dell’Arte14.2 Melodramma14.3 Altro

15. iconoGRafia spettacoLaRe

15.1 Ritrattistica15.2 Commedia dell’Arte15.3 Feste, cerimoniali, altri generi spettacolari15.4 Altro

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LA SCHEDATURA DEI DOCUMENTI GONZAGHESCHI LEGATI ALLA COMMITTENZA TEATRALE 129

difficoltà prospettate da questo tipo di ricerca. Per rintracciare le fonti documen-tarie presenti nelle sedi esterne a Mantova, in genere, ci si avvale di repertori bi-bliografici e saggi critici utili ad individuare la collocazione del materiale noto, da cui poi si procede per acquisire anche quello eventualmente inedito. Tuttavia non sempre si ha la fortuna di reperire le effettive segnature archivistiche, nemmeno delle fonti certe, dal momento che spesso si preferisce citare di seconda mano re-perti ben conosciuti dalla critica ma di cui non si sa dove effettivamente sia con-servato l’originale. La ricerca si presenta ancor più difficoltosa, e molto spesso decisamente oscura, nel caso degli archivi esteri22. Ma accade anche l’inverso, e cioè che si raccolgano documenti non segnalati dai repertori consultati. In questo caso non sempre si può essere certi del fatto che non siano già stati menzionati in studi meno diffusi.

Si è scelto quindi di privilegiare la quantità dei dati raccolti rispetto ad una indagine analitica dei singoli documenti. Se questa decisione produce spesso una conseguenza in un certo senso svantaggiosa, vale a dire di offrire, talvolta, una descrizione sommaria e di non segnalare la bibliografia specifica, ha l’indubbio beneficio di rivolgersi ad un ventaglio più ampio di indagini. Perciò si è ritenuto più importante offrire un’ingente mole di dati, che in alcuni casi correggono an-che una “tradizione” di errori, a scapito di un’identificazione storiografica precisa di tutti gli elementi descritti.

4. Un esempio di schedatura

In una lettera inviata da Roma il 26 giugno 1520 da Angelo Germanello al Mar-chese di Mantova (Herla C7568) si raccontano varie vicende politiche, ma anche che in occasione della festa di San Giovanni è stata costruita una “girandola” sul ponte di Sant’Angelo ispirata al mito di Fetonte e che si sono corsi alcuni palii23. Questa lettera costituisce un esempio tipico di documento che viene individuato e descritto nell’Archivio Herla. Il documento fa parte del fondo Archivio Gon-zaga conservato presso l’Archivio di Stato di Mantova e come tale rientra appie-no nei limiti tematici definiti dal progetto Herla. Infatti, se negli archivi italiani o europei esterni alla città di Mantova si raccolgono solo fonti che abbiano un chiaro legame con i Gonzaga o la Commedia dell’Arte, ogni materiale conser-

Londra, Madrid, Monaco, Parigi, Praga, Vienna. Per maggiori dettagli si rinvia all’elenco dei fondi consultati pubblicato nel sito della Fondazione (http://www.capitalespettacolo.it/ita/fonti.asp).22 Un esempio: per quanto riguarda la documentazione conservata a Parigi sui Comici dell’Arte, il testo preso a riferimento da gran parte della critica è ancora quello di Baschet che risale all’Ottocento (a. BascHet, Les comédiens italiens à la cour de France sous Charles IX, Henri III, Henri IV et Louis XIII, Plon, Paris 1882); una prima indagine presso gli archivi parigini condotta da Cristina Grazioli ha permesso di verificare le informazioni, date da Baschet, di individuare le collocazioni odierne, di correggere alcuni dati anche sulla base di repertori più aggiornati).23 Cfr. Angelo Germanello al Marchese di Mantova, Roma, 26 giugno 1520, ASMn, Archivio Gonzaga, b. 864, fasc. XIX, c. 632 (Herla C7568).

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vato nell’Archivio Gonzaga all’interno dell’arco cronologico 1480-1630 viene considerato come comunicazione per i Gongaza o da loro emanata, e pertanto pertinente agli intenti del progetto di ricerca. La parte della missiva di particolare interesse è la seguente:

5.

Dopo aver attribuito alla copia cartacea del documento la collocazione Herla C7568, trattandosi di una lettera firmata da un corrispondente della famiglia Gon-zaga che non aveva particolari funzioni in ambito teatrale, si è identificata la struttura di pertinenza in “1.3.2 Extra teatrali”, segnandola nella pagina “Ge-nerale” della maschera di inserimento sotto al titolo identificativo composto da mittente, destinatario e incipit della lettera:

Angelo Germanello al Marchese di Mantova: «Recepecti le littere de la Vostra Excellentia...».

Tra le categorie di riferimento elaborate, quelle che meglio descrivono il do-cumento sono: “4.1.7 Costumi e oggetti di scena” per la presenza di un palio il cui premio è “di Broccato di oro”; “4.1.8 Macchine sceniche” e “4.2.7 Strutture effimere” perché “una Belissima girandola in ponte sant’anzelo con la fabula de phetonthe” richiede indubbiamente la costruzione di una partico-lare struttura (“un macchinario”) per la rappresentazione che non sia stabile ma mobile; “4.2.3 Piazza / strada / giardino” dal momento che lo spettacolo avviene all’aperto a ponte Sant’Angelo; “5.7 Cerimonie, riti e occasioni festi-ve” perché si nomina la festa di San Giovanni; “6.11 Fuochi d’artificio” visto che la “girandola” è un particolare tipo di invenzione pirotecnica; “6.8.5 Al-tro” perché in un diverso punto del documento si parla di uno spazio adibito alla “giostra” (fig. 6).

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6.

Nel caso specifico di questa scheda l’abstract (per uso interno) scritto nell’appo-sito campo della pagina “Generale” (fig. 6) non differisce minimamente dall’ab-stract pensato per l’utente, previsto nella pagina “Chiavi” della maschera di in-serimento (fig. 7). È bene sottolineare che in entrambi i casi l’abstract riassume il contenuto della lettera senza trascriverlo. Benché il brano del documento stret-tamente di pertinenza del progetto Herla di C7568 sia solo quello proposto in precedenza (fig. 5), nella sintesi si è deciso di inserire qualche informazione in più, per poter riportare anche un riferimento, seppur vago, a un’area di campagna laziale in cui c’era spazio sufficiente per giostrare. Questo è il testo proposto come sunto dall’équipe di lavoro:

Il Marchese di Mantova viene messo a conoscenza da Angelo Germanello degli incon-tri che, già dal giorno del Corpo di Cristo, si stanno tenendo fra il Re di Francia e il Re d’Inghilterra: essi alloggiano in località (“Andra” e “Thinex”) distanti circa un miglio fra loro, in un’area di campagna ricca di padiglioni e munita di uno spazio da giostra. Si dice che questi colloqui avranno conseguenze politiche importanti. Germanello informa poi il Marchese che il Papa si trova a Roma, in Castello, da dove ha seguito la festa fatta per il giorno di San Giovanni dai Fiorentini. Essi hanno allestito una bellissima “girandola” sul ponte di Sant’Angelo, rappresentante la favola di Fetonte, e hanno fatto correre sia un palio di broccato d’oro, vinto dal cavallo (senza fantino, perché caduto) dell’Arcivescovo di Nicosia, sia un altro palio riservato alle bufale24.

Sempre nel foglio “Chiavi” (fig. 7) si sono inserite anche le seguenti parole chia-ve estrapolate dal testo del documento: “giorno del Corpo di Cristo, padiglioni, spazio da giostra, giorno di San Giovanni, girandola, favola di Fetonte, palio, broccato d’oro, bufale”. Qualora esistesse già una categoria che lo contempli, un determinato termine non viene ripetuto anche nel campo parole chiave.

24 Cfr. l’abstract di Herla C7568.

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7.

Il campo comici, in questa scheda, rimane vuoto (fig. 7) dal momento che prevede l’inserimento solamente di comici professionisti della Commedia dell’Arte, non presenti nel documento che si sta analizzando. Si segnala comunque che nel cam-po comici gli attori sono inseriti per nome e cognome, mentre tra parentesi tonde viene indicato, se risaputo, il nome d’arte. Per le donne, quando è noto, si indica anche il cognome del marito: “Tristano Martinelli (Arlecchino)”25, “Pier Maria Cecchini (Frittellino)”26, “Virginia Ramponi/Andreini (Florinda)”27 ecc. Tutti gli altri interpreti e i comici non professionisti vengono invece inseriti nel campo persone notevoli (musicisti, cantanti, attori occasionali ecc.).

Le persone notevoli menzionate nel documento Herla C7568 sono: “Angelo Germanello, Marchese di Mantova, Re di Francia, Re di Inghilterra, Papa, Fio-rentini, Arcivescovo di Nicosia”. Come si può notare i regnanti vengono per lo più definiti con il titolo relativo senza specificarne il nome proprio. Inoltre a causa dell’alto numero di figure minori in cui ci si imbatte nella schedatura, la grafia dei nomi dei personaggi non è normalizzata così come i termini in lingua straniera. Nella ricerca sarà bene provare tutte le possibili varianti, o digitare solo una parte del termine per poter avere una selezione di schede che le contempli tutte.

I luoghi citati sono, naturalmente, “Roma (Castel Sant’Angelo, ponte di Sant’Angelo), Andra, Thinex”. Si noti che quando di una città si menzionano parti specifiche, queste indicazioni sono poste tra parentesi tonde.

25 Tra i molti documenti schedati in cui compare il nome dell’attore mantovano cfr. Il Duca di Mantova a Alessandro da Rho, Casette, 22 novembre 1605, ASMn, Archivio Gonzaga, b. 2264, c.n.n. (Herla, C533). Si noti che tutte le informazioni che compaiono tra parentesi quadre si intendono come ipotesi verosimili benché non compaiano esplicitamente nel documento.26 Cfr. Piermaria Cecchini a Giovanni de’ Medici, Ferrara, 7 febbraio 1617, Archivio di Stato di Firenze (ASFi), Mediceo del principato, f. 5143, c. 247 (Herla C2840).27 Cfr. Maria de’ Medici al Duca di Mantova, Parigi, 4 settembre 1612, Parigi, Bibliothèque Nationale de France, 500 de Colbert, vol. 89, fol. 75v-76 (Herla C2222).

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Infine il riferimento alla “fabula de phetonthe”, oltre che nelle parole chiave, trova spazio anche nel campo opere citate in quanto “soggetto” dell’allestimento pirotecnico.

Nel terzo foglio della maschera di inserimento, definito “Collocazione”, si legge la descrizione materiale del documento di cui si è creata la scheda (fig. 8). Se il campo luogo contiene l’indicazione “Roma” perché è la località da cui la lettera è stata scritta, il campo data inizio riporta il giorno, il mese e l’anno in cui è stata scritta: “26/06/1520”. Sembra utile segnalare che nella schedatura delle fonti proposta in Herla si indica sempre la datazione riportata sul documento; solo quando esiste l’assoluta certezza che la data segua, per esempio, l’uso veneto o quello fiorentino la si corregge con quella effettiva e si riporta in nota la data del documento con l’indicazione more veneto o stile fiorentino. Quando invece la da-tazione di un documento è parziale, viene indicato un possibile arco cronologico di riferimento utilizzando anche il campo data fine. Nel campo note della scheda Herla C7568 non si è scritto nulla perché non vi sono particolari indicazioni o legami con altri documenti da segnalare.

8.

Per concludere la descrizione del documento schedato con segnatura definitiva C7568, ma la cui provenienza è “Mantova, Archivio di Stato - Archivio Gonzaga” e la segnatura originaria è “b. 864, fasc. XIX, c. 632”, nel foglio “Collocazio-ne” (fig. 8) si sono inseriti i seguenti dati: la definizione è “lettera”; il supporto su cui si trova è “cartaceo”; la consistenza è di “1 carta” di formato “fino a 21 x 29,7 cm”; lo stato di conservazione è “discreto” e la lingua in cui è stato scritto è “italiano”. La pagina “Relazioni” per questa scheda non è stata compilata dal momento che il documento descritto non ha allegati.

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5. Strumenti di ricerca

L’accesso al programma di archiviazione è estremamente agile e prevede l’uti-lizzo di un numero ridotto di pulsanti, tutti contenuti nella barra degli strumenti.

Il programma di inventariazione dell’Archivio Herla prevede due distinti metodi di ricerca dei documenti: una ricerca più tradizionale, per campi, e una legata alle categorie attribuite a ogni singolo documento. Esaminiamo ora la “sezione ricer-ca” del programma di archiviazione, a cui si accede dai computer della Fondazio-ne Umberto Artioli, e successivamente, il programma elaborato per l’utente che desidera consultare on line l’Archivio Herla. La parte fondamentale per l’utente è la maschera di Ricerca generale, a cui si accede con il tasto:

imposta una RiceRca

9.

La maschera di Ricerca generale (fig. 9) propone una serie di campi in cui è possibile inserire i termini oggetto di indagine. Se si selezionano più termini con-temporaneamente la lista delle schede risultanti sarà più ristretta e riguarderà solo i documenti che hanno tutti gli elementi indicati. Da questa tipologia di ricerca, con una semplice pressione del mouse si può passare agilmente alla Ricerca per categorie.

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10.

La Ricerca per categorie (fig. 10) avviene selezionando una o più voci dalla lista completa delle categorie proposte in Herla. Anche per questo tipo di ricerca se si indicano più termini, il numero delle schede risultanti sarà più ristretto e riguar-derà solo i documenti che hanno tutti gli elementi richiesti.

Una volta scelta la tipologia di ricerca più adatta, ed effettuata la selezione relativa, il programma visualizza la prima scheda trovata in ordine cronologico e la quantità di schede che corrispondono alla ricerca impostata. A questo punto si può visionare ogni singola scheda utilizzando i tasti con le frecce:

oppure visionare l’elenco generale entro cui scegliere una particolare scheda. Per poter vedere sinteticamente la lista dei documenti si deve accedere a una specifica maschera tramite il tasto relativo:

visuaLizza Lista documenti

Con questo tasto si accede alla maschera dell’elenco dei documenti ordinati cro-nologicamente (fig. 11).

11.

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Se non si è effettuata alcuna particolare selezione verranno visualizzati tutti i documenti presenti nel database, mentre dopo aver impostato una ricerca, la ma-schera proporrà solo la lista corrispondente. Da questa maschera sarà poi pos-sibile accedere alla descrizione del documento di proprio interesse. Le schede selezionate possono anche venire stampate, premendo il pulsante:

sceGLi una stampa

12.

Con questo pulsante si accede alla maschera di selezione di stampa (fig. 12). Il programma permette di stampare (in cartaceo o in file .pdf) sia il singolo do-cumento che si sta consultando (Documento Corrente), oppure la selezione dei documenti risultante da una particolare ricerca (Elenco Documenti). La stampa dei documenti prescelti prevede inoltre diverse modalità (campo Tipo di stampa):

1. Completa2. Completa con Abstract uso interno3. Lista ordinata per Data4. Lista ordinata per Segnatura Definitiva5. Lista ordinata per Titolo6. Per estremi7. Per estremi con Abstract uso interno

Ciascun tipo di stampa produce uno o più report in cui i dati inseriti in ciascuna scheda sono riordinati secondo una griglia predefinita. Solo i report elaborati dalla tipologia di stampa “1. Completa” o “2. Completa con Abstract uso inter-no” mostrano tutti i campi disponibili. I report creati dalle altre voci di stampa, invece, selezionano i dati immessi nelle schede secondo criteri funzionali per i ricercatori del progetto.

Il report più completo prodotto dal programma di archiviazione per ogni sin-gola scheda riordina i dati inseriti in otto sezioni distinte, secondo una gerarchia tipologica delle informazioni fornite. Le prime tre sezioni contengono il titolo del documento, la descrizione dal punto di vista archivistico (luogo, data o possibile arco cronologico, struttura, segnatura definitiva, definizione, supporto, consi-stenza, formato, stato di conservazione, lingua) e la sua collocazione originaria. Nella quarta sezione si trova l’abstract, mentre la quinta sezione è riservata ad eventuali note. La sesta sezione è dedicata, invece, ai cinque campi di termini

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rilevanti per la ricerca: parole chiave, comici, persone notevoli, luoghi, opere ci-tate. Nella settima sezione si segnalano eventuali legami del documento con altri e infine l’ottava e ultima sezione è riservata all’elenco delle categorie attribuite al documento schedato. Come esempio si è scelto il report di Herla C7568 (fig. 13).

13.

Per quanto riguarda la ricerca on line le possibilità a disposizione dell’utente sono le stesse che si sono descritte in precedenza (Ricerca generale e Ricerca per categorie); varia solo la fisionomia grafica delle maschere proposte. Per ragioni di visualizzazione, di seguito si propone solo un esempio di indagine attraverso la maschera di Ricerca generale (fig. 14) che offre anche on line la possibilità di cercare in ogni singolo campo della banca dati. A differenza di quanto accade nel programma di ricerca consultabile presso la sede della Fon-dazione Umberto Artioli, ogni voce della maschera on line è corredata da una

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breve spiegazione, accessibile premendo con il mouse sopra al titolo sottolinea-to del campo di interesse.

14.

Una volta impostata la ricerca nei campi desiderati, si invia la richiesta con il pulsante “cerca”. A questo punto il programma visualizza i risultati in forma di elenco in una o più pagine a seconda del numero di record trovati (fig. 15).

15.

Per ogni voce rintracciata la maschera propone il campo titolo, la segnatura defi-nitiva e la data di inizio della scheda del documento. Per accedere ai dati di ogni singolo record basta selezionare la freccia posta accanto al titolo della scheda, sul lato sinistro. Come esempio si propone sempre la scheda di Herla C7568 (fig. 16).

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16.

La maschera on line riordina i dati già analizzati in precedenza in cinque sezioni, a cui sono attribuite due diverse colorazioni. I campi titolo e abstract, infatti, sono differenziati dal resto dei dati per una più rapida consultazione da parte dell’utente.

Fino ad oggi il progetto Herla ha raccolto oltre 15.000 documenti, di cui circa 11.000 già catalogati e la cui descrizione è consultabile on line28. Ciò significa non solo mettere a disposizione degli studiosi una grande quantità di notizie, spesso di difficile reperimento e provenienti da archivi sparsi in tutta Europa, ma anche di renderle accessibili già catalogate dal punto di vista tematico grazie ad un raffinato sistema di ricerca.

A dieci anni di distanza da quello organizzato nel marzo 2005, si sta proget-tando di organizzare per il febbraio o marzo 2015 un convegno internazionale di studi, che prenda spunto dal lavoro di ricerca e archiviazione sin qui elaborato e al contempo possa offrire ulteriori prospettive di approfondimento alla ricerca in atto a partire da un tema che da sempre è sembrato fondamentale e ricco di spunti: lo studio di tutte le figure, spesso minori o sconosciute, che concorrono alla concezio-ne e alla realizzazione dello spettacolo; non solo attori, comici, cantanti, librettisti, musicisti, ma anche apparatori, pittori, falegnami, architetti, ingegneri ecc.

28 Si segnala che le immagini dell’Archivio Herla elaborate per questo intervento sono quelle preparate per la relazione esposta all’interno della Tavola rotonda del Convegno I Gonzaga e i Papi e fanno riferimento all’ultima sincronia pubblicata on line il 20 febbraio 2013 con 10.808 documenti.

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Abstracts

Renata saLvaRani, New media and territory’s development: strategies and modelsTerritory and cultural heritage are directly connected, as faces of the same medal: the culture of a people living in a space. New media offer extraordinary chances to multiply cultural informations and to increase heritage’s potential audience. This trend can support local cultural actions and can enhance territory and its heritage. Some instruments, such as virtual catalogues, maps and archives, can connect web opportunities with territorial realities: historical cities, museums, libraries, archaeological sites, landscapes, traditional cultures and knowledges. In the same perspective, 3D models, virtual tours, augmented reality can favour material heritage’s awareness. In other words, the bond between mate-rial and virtual heritage can boost concrete projects oriented to visit and discover territory and its physical space.

LauRa ciancio, From catalogue to italian digital library of “Internet Culturale”The Central Institute for the Union Catalogue for the Italian Libraries of the Ministry for Cultural Heritage and Activities and Tourism runs nationwide the National Library Ser-vice and the Italian Digital Library by the portal Internet Culturale. The article describes the services that the Institute makes available to the community of libraries and shows the information and knowledge services developed for the Internet users.

saRa penco, “Discovering art work: Penco System”. Cataloging systems based on ico-nography: samples and perspectivesThe project provides an innovative support to the study, filing and diagnostics of the manufacts of art by means of a file of historical-iconographic information and a software.

The hub is a database, including the features which have characterized the icono-graphy of a “subject” in the long run. The system can detect the features characterizing a definite historical period and a localized geographical area, thus allowing to identify the age and the area the manufact derives from.

The filing method can be applied to any subject, from the holy to the profane one and to any type of manufact. The images can be filed.

The result of the iconographic research will be able to be compared with two other databases: the one of the historical documents and the one of the chemical characteristic of pigments as well as of the executive techniques.

The method characterizing the Penco System can also be applied to the Eastern Cul-tural Heritage.

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146 ABSTRACTS

Guido Bazzotti, 3D reconstructions for the maintenance and protection of cultural heritageIn a methodology that starts traditionally from the study of existing elements, the trian-gulation of evidences and documents and the fundamental contribution of historians and designers involved, follows a more technical and innovative phase of three-dimensional manual reconstruction of models and elements until we get to a final result realistic and highly flexible that essentially becomes communication by images and movies. The three-dimensional graphics integrates and completes the photography thanks to the opportunity we have to overlap or replace over the existing something changed or disappeared and recreate the atmosphere lost in the eyes of the users.

Acting in conjunction with government agencies, foundations and administrations of cultural heritage, the three-dimensional computer graphics turns out to be a flexible and effective means for the production of media intended for study and divulgation. The signs of the times can be mitigated or completely disappear if, through architectural or pictorial reconstructions, you take advantage of the instruments and computing methodologies available to speculate or restore its original appearance to buildings, murals, textiles or urban territorial conformations. The correct ideal reconstruction of a historical-artistic monument can also provide a valuable contribution to the critical debate that opens at major restoration where the choice is about the demolition hypotheses or the restoration to the original situation. The restitution of the 3D monument, or any of its specific parts, the ability to recreate the visual effect from different perspectives, become elements with a significant reference value.

Maintenance and protection of artworks in their showrooms, or simulation of a mu-seum exhibition, exploit three-dimensional renderings in order to understand the feasibil-ity of a project and the dialogue between the parts; also enjoy the precision expressed in virtual lighting techniques that allow you to see what will be even before beginning, to make focused decisions and to minimize missteps and unexpected results in favour of investments.

eLena aieLLo, Cultural district “Le Regge dei Gonzaga”: an innovative model of develop-ment and territory enhancingCultural district “Le Regge dei Gonzaga” is a project promoted and financed by Fon-dazione Cariplo in the general project Cultural districts. It has been founded in 2011 by Mantua’s Municipality, Mantua’s Provincia and other 13 municipalities, joined with some private partners, with three main aims: to enhance cultural heritage related with Gonzaga dynasty based both on local traditions and innovation technology; to improve cultural heritage conservation system with innovative skills and monitoring services; to develop gastronomic and enological products and excellences in a network connecting territory, culture and agriculture.

In the cultural district “Le Regge dei Gonzaga” Università Europea di Roma perfor-med preliminary actions about cultural knowledge, catalogue and data system.

A multidisciplinary researchers team completed a double database composed by two thematic catalogues: a bibliographic one with OPAC records system and a cultural and ar-tistic one, composed by multiple records about buildings, archives, museums, connected with SIRBeC system.

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ABSTRACTS 147

GianmaRco cossandi, The bibliographic database: a prototype for thematic researchThe bibliographic database, related to the project (and to the website) of the cultural district “Le Regge dei Gonzaga”, has the purpose to allow access to the variety of publi-cations that can somehow refer to various themes concerning the Gonzaga’s story.

Since the first common reflections, it came out the opportunity of conceiving an open system (with an open source software) to facilitate the development of all the required procedures, as well as to guarantee to (the) records a flexible structure.

The database has therefore an easier structure, and, consequently, reduced times of access, with the awareness that, in order to best exploit the opportunities that the net/web offers, it is not enough to give users very powerful tools, but to put them in the condition of interacting with the web informative resources in an efficient way.

In substance, the database represents (or it aspires to represent) a significant project, as well as a reliable point of reference, so that the remarkable potentialities connected to the computerized structure make it a very functional instrument to locate useful works, and to start a critical and historiographic analysis, that can compare the story of Mantova and its territory with the historiography of its ancient dominants.

GLoBaL infoRmatica, Filing cultural heritage for cultural district “Le Regge dei Gonzaga”The Regge of Gonzaga Catalog of cultural and bibliographical assets system consists of an on line platform designed to load bibliographic records (thematic bibliographic cataloging with compatible OPAC standard) and historical and artistic records (cataloging architectural complexes, museums and archives with compatible SIRBeC standard) and the enjoyment of the same on the web, whether stand alone or through the website of the cultural district www.reggedelgonzaga.it. In terms of management, intuitive administra-tive interface makes the operation of insertion, modification and deletion of data maxi-mally simplified, ensuring, on the side of the usability of the information recorded, a rapid and effective response in the face of a user search.

danieLa soGLiani, Publication of a documentary database on the Gonzaga family: issues and perspectivesThe Centro Internazionale d’Arte e di Cultura di Palazzo Te thanks to the prominence and scientific relevance of its activities, has established itself as an institution of excellen-ce for artistic promotion in the contemporary cultural scenario. Founded in 1990 through a collaboration between private and public stakeholders, the Centro is located at Palazzo Te, the Gonzaga family’s leisure villa, designed and built by Giulio Romano between 1525 and 1535 (at the behest of Federico II Gonzaga, Duke of Mantua).

From 1990 to 2013 the Centro has conducted an intensive planning activity and has organized more than thirty art-exhibitions, some of which achieved great success (such as Leon Battista Alberti in 1994, Alvar Aalto in 1998, Celeste Galeria in 2002, Mantegna a Mantova 1460-1506 and many others).

The concepts of intellectual modernity and cultural engagement, which reflect the guidelines of the Centro’s artistic identity, have developed its profile as a real cultural precinct, which focuses, on one hand, on exhibition activities as a natural competence area and, on the other, on research on ancient and modern art as well as architecture and design.

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148 ABSTRACTS

In 1998, under the guidance of president Renzo Zorzi, the Centro Internazionale d’Arte e di Cultura di Palazzo Te started a preparatory research project for La Celeste Galeria exhibition, dedicated to the renowned Mantuan collection and held four years later at the Fruttiere in Palazzo Te. On such occasion, a group of Mantuan researchers had collected and transcribed a corpus of letters concerning collection exchanges made by the Gonzaga family for a distinct period between 1563 and the Sack of Rome by the Lansquenets in 1630. Before proceeding with the organization of such exhibition, these documents, now kept at the State Archive in Mantua, were thoroughly examined in order to retrace the cultural, social, economic and artistic context, in which one of the most im-portant European art collections was gathered. The database compiled for such research project is now available on-line at www.centropalazzote.it in the Banche Dati Gonzaga portal, which also provides access to other databases dedicated to the Mantuan family.

simona BRunetti, Filing Gonzaga’s family documents related with theatral commissionSince 1999 the Umberto Artioli Mantova Capitale Europea dello Spettacolo Foundation has been operating within the municipal and provincial cultural projects of Mantua. The Herla archive is the most important project of the Mantuan Foundation and is carried out by a team of experts, once co-ordinated by Umberto Artioli. The Herla project entails collecting the documentation related to the spectacular events supported by the Gonzaga at the height of their maximum splendour (1480-1630), describing and recording it in one comprehensive electronic database, available on line at www.capitalespettacolo.it. The topic of the research is considered in its widest sense: not only theatre examined in its literal sense (Court theatre, Commedia dell’Arte, Opera, Jewish theatre), but also all the events which required a stage setting – starting from sumptuous nuptial banquets, up to triumphal entries, funeral celebrations, carnival masquerades and tournaments.

A fundamental part of the job was setting out the database and establishing methodo-logical criteria for filing. In the Herla database each evidence is recorded in Italian with a strictly archival description, a brief abstract and five keywords fields. Next to more tradi-tional fields, each record is supplied with a special definition – called struttura (structure) – and some categorie (categories), which describe the original document through a grid of terms expressly conceived for this project.

The Herla database provides also two separate searching opportunities: a multiple field search and a search by categories.

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Distretto Culturale “Le Regge dei Gonzaga”

consiGLio diRettivo

Nicola Sodano PresidenteComune di MantovaFrancesca Zaltieri Vice PresidenteProvincia di MantovaAndrea Sanfelici ConsigliereComune di CommessaggioGiovanni Sartori ConsigliereComune di SabbionetaArmando Trazzi ConsigliereComune di Roncoferraro

comitato tecnico-scientifico

Fabrizio Nosari CoordinatorePaolo BertelliRenato BoccedaPaola RossettiLisa ValliMariano VignoliMartino Zurra

staff

Elena AielloDirettoreAlessandra DemonteCoordinamento editorialeElena Froldi PaganiniCoordinamento “Rete Regge”Alessandro TanassiResponsabile comunicazione e Ufficio StampaCarmelita TrentiniReferente amministrativa e monitoraggio

Il Distretto Culturale “Le Regge dei Gonzaga” fa parte del più ampio progetto Distretti culturali promosso e realizzato da Fondazione Cariplo.

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Finito di stamparenel mese di novembre 2013

da LegoDigit srlLavis (TN)

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