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LE DIRETTIVE ANTICIPATE SULLE CURE DI FINE VITA NEI CENTRI SERVIZI PER ANZIANI. ANALISI GESTIONALE DEL PROBLEMA Master universitario di 1° livello di case manager di cure primarie e palliative Università degli studi di Verona Edith Gladys Aucatoma Altamirano Vicenza 13 dicembre 2016

Case Manager di cure primarie e palliative

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LE DIRETTIVE ANTICIPATE SULLE CURE DI

FINE VITA NEI CENTRI SERVIZI PER ANZIANI.

ANALISI GESTIONALE DEL PROBLEMA

Master universitario di 1° livello di case manager di cure primarie e palliative

Università degli studi di Verona

Edith Gladys Aucatoma Altamirano 

Vicenza 13 dicembre 2016

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Negli ultimi tre mesi sono comparsi i primi segni di disfagia accompagnati da un marcato declino delle condizioni fisiche e mentali.

Inviata al pronto soccorso dopo due episodi di ab-ingestis, trattata con terapia antibiotica ed idratazione parenterale (scarsissimo patrimonio venoso).

Il medico si consulta con i figli per il posizionamento della PEG, i figli sono contrari, riferendo che la mamma non avrebbe voluto tale intervento. Si concorda per il posizionamento del SNG con la speranza di un recupero.

Rosanna tenta di togliersi il sondino, riuscendoci per ben quattro volte. Un sabato pomeriggio insorge un episodio acuto con evidenti segni di ab-ingesti, dispnea ingravescente, parametri vitali instabili, SpO2 65%. L’infermiere di turno chiama il 118.

Rosanna viene ricoverata in ospedale, previa consultazione dei figli, vengono posizionati un CVC per il trattamento antibiotico e la PEG, nonostante il suo evidente deterioramento, non riconosce più i figli e non è più in grado di comunicare.

Dopo tre settimane rientra in RSA in un reparto a maggiore intensità di cura, con terapia antibiotica e alimentazione tramite PEG.

Le condizioni continuano a deteriorarsi, è sofferente, non comunica più… muore dopo 10 giorni.

Rosanna 97 anni con demenza senile in RSA

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Alcune riflessioni sul caso di Rosanna

Le terapie sono rimaste invariate fino al giorno del decesso con frequenti controlli dei parametri vitali.

Gli strumenti che permettono una valutazione del paziente ed una prognosi sullo stato clinico non vengono utilizzati.

Manca un momento in cui l’equipe si confronti per rivalutare il piano di assistenza adeguandolo ai bisogni del fine vita. Le misure di comfort erano legate più all’iniziativa dei singoli operatori.

I trattamenti scelti si scontrano con il modello assistenziale proposto dalla medicina palliativa e dalle buone pratiche di assistenza primaria.

La famiglia è stata coinvolta nella decisione sulla nutrizione enterale, non sulla scelta del luogo di morte, colloqui informali con il personale facevano intuire delle preferenze.

Le scelte sulle cure sono state prese in momenti di criticità dal personale in turno. Non viene considerata una pianificazione anticipata delle cure. Le direttive anticipate non sono

formalizzate. (Vanno inserite nelle procedure di qualità interna)

Questo caso, non raro in RSA, è utile per far emergere le problematiche cliniche, assistenziali, psicologiche ed etiche che il fine vita propone ai professionisti sanitari nei contesti residenziali.

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Obiettivi della tesi

In questo lavoro si intende fare un analisi con approccio sistemico sulle direttive anticipate nelle cure di fine vita nei residenti nei Centri Servizi

Anziani e offrire spunti di riflessione per l’apertura a nuovi orizzonti

Analizzare se e come vengono gestite le direttive anticipate nei CSADescrivere i ruoli degli attori coinvolti Identificare gli strumenti da utilizzare e gli step da seguireRiflettere su come rendere il tutto sostenibile

 

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Come si muore in RSA 2005 Studio retrospettivo su 7 grandi RSA provincia di Cremona: 147 malati deceduti con demenza grave Il 21% sottoposto a nutrizione enterale, spesso associata anche

l'idratazione Il 66.6% sottoposti ad idratazione artificiale (ipodermoclisi) Il 58% è sottoposto a contenzione fisica.

(Toscani 2008)

Non riceve cura per il dolore il 40-80% anziani a domicilio il 16-27% degli istituzionalizzati, soprattutto i dementi hanno 1,5 probabilità in più di non ricevere cure

(Stolee 2005)

Pazienti con tumore: 29% riferiva dolore quotidiano e tra questi 26% non riceve antidolorifico (Trabucchi, Franzoni 2009)

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Affinché il consenso/dissenso sia espressione della volontà di un soggetto in grado di comprendere e decidere serenamente, l’informazione deve essere completa e comprendere le alternative, i rischi, gli aspetti che possono incidere sulla qualità della vita. La pianificazione anticipata delle cure (PAC), comprende anche l’annotazione in cartella clinica delle eventuali volontà di trattamento anticipatamente espresse.

(Art.26 Codice di deontologia medica)

Le opinioni precedentemente espresse dal soggetto incosciente rivestono un ruolo importante sotto il profilo etico, deontologico e giuridico. (sentenza Englaro - Codice Deontologico Medico 2014 art. 38-39)

L’infermiere, quando l’assistito non è in grado di manifestare la propria volontà, tiene conto di quanto da lui chiaramente espresso in precedenza e documentato. Il fine vita è un momento a cui l’infermiere guarda con rispetto e sensibilità ponendosi dalla parte dell’assistito, dei suoi bisogni e delle sue volontà in merito alle prestazioni da erogare.

(Codice deontologico dell’infermiere 2009)

LE DIRETTIVE ANTICIPATE E LA PAC

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Registro del processo di PACPermette ai professionisti sanitari che in un determinato momento prendono in carico il paziente, di conoscerne i desideri e le preferenze. Facilita la valutazione interna della PAC.

Dovrà includere: • le direttive anticipate del paziente • i dati del rappresentante scelto dal paziente • Le informazioni sulla capacita mentale del paziente

(Karnofsky/Barthel/…,) • I desideri, le preferenze e le aspettative• Il piano di cura condiviso con il paziente

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Fallimento della PAC?

Ci sono studi che confermano il fallimento della PAC dovuto alla mancata condivisioni di informazione sui valori e desideri del paziente utili a guidare il processo decisionale tra i diversi setting di cura. Tra le strategie di soluzioni a queste barriere si raccomanda una maggiore attenzione al collegamento tra i fornitori di tutto il processo di cura, massimizzando il potenziale della cartella clinica elettronica, e condividendo le informazioni circa i valori e desideri del paziente tra i diversi setting di cura.

(Sangeeta C. Ahluwalia, et al. 2015)

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Fattori di insuccesso della PACBarriere del paziente Barriere della famiglia Barriere dei professionisti •Paura ad essere rifiutato da parte del personale o i familiari.•Non sapere quando, né come, né a chi parlarne.•Diffidenza per un possibile abbandono delle cure.•Non conoscenza dei propri diritti.•Negazione della malattia.•Pregiudizi morali e religiosi.

•Sovraprotezione “patti di silenzio”•Condizioni sociali e culturali: temi tabù, concetto della morte•Diffidenza o preoccupazione sulle capacità dei professionisti sulla gestione della PAC.•Angoscia incontrollabile del gruppo familiare.•Pregiudizio morale o religioso.•Mancata conoscenza delle leggi, diritti del paziente e obblighi dei professionisti.

•Mancata conoscenza sulla PAC.•Non considerare la PAC parte della responsabilità professionale.•Mancanza di tempo, di risorse e inadeguata organizzazione •Carenza delle abilità per la comunicazione e appoggio emozionale.•Difficolta nel coordinamento tra diversi livelli assistenziali.•Idee preconcette rispetto alla sua efficacia. •Morte come percezione di “sconfitta professionale”.•Pregiudizi morali e religiosi. “eutanasia?”

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Fattori facilitanti la PACRiferiti al paziente e famiglia Riferiti ai professionisti e

all’organizzazione nei CSA Livello di interesse dell’individuo e

capacità di partecipare ai processi decisionali;

Percezione del proprio livello personale di controllo e di quello delle autorità, benefici percepiti dalla partecipazione;

Risorse per la partecipazione e identificazione della persona con la quale desidera impegnarsi nelle discussioni in merito al processo decisionale;

Qualità, frequenza e disponibilità di comunicazione con i sanitari;

Riconoscere il ruolo del medico e il suo coinvolgimento per facilitare il completamento dei piani avanzati di cure.

Personale con formazione bioetica, giuridica e sulle cure palliative = utilizzo modelli strutturati per interagire sulla PAC.

Abilità nella comunicazione e appoggio emozionale. La preparazione ad una corretta comunicazione crea le condizioni perché le informazioni siano date in modo adeguato ad ogni persona a seconda delle specifiche condizioni

Considerare la PAC come parte della responsabilità professionale e prendere del tempo da dedicare all’informazione, alla comunicazione ed alla relazione.

Coordinamento tra diversi livelli assistenziali e inserimento di buone pratiche organizzative: considerare la PAC un modello sistematico e coordinato, centrato sul paziente. Predisporre una procedura operativa sottoscritta dai soggetti e dai MMG, adottare Cartella/fascicolo socio-sanitario utilizzabile dai vari soggetti, anche attraverso sistemi online. 

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Possibili soluzioni e implicazioni per la pratica

Dopo la cultura della riabilitazione predominante nelle RSA, deve nascere anche la cultura della palliazione e delle cure simultanee.

Le strutture residenziali per anziani o disabili devono garantire le PAC e le Cure Palliative ai propri ospiti anche avvalendosi della Unità di Cure Palliative Domiciliari territorialmente competenti e dei professionisti dell’unità operativa interna.

Utilizzare gli strumenti di valutazione esistenti all’interno delle RSA (valutazione multidimensionale, Karnofsky, Stass, PAI…).

Orientare la pianificazione del processo di assistenza verso le cure palliative, integrando i punti di vista di tutti gli attori favorendo la centralità e l’autonomia della persona.

Elaborare un protocollo di attuazione orientato a coprire i bisogni degli anziani per ottenere una pianificazione anticipata delle cure di fine vita. Definire i momenti e le modalità di informazione dei pazienti e della famiglia e come elaborare e documentare le direttive anticipate.

Effettuare delle valutazioni periodiche (audit) sul processo ed i risultati.