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Il magazine della Community “AutoCAD, Rhino e SketchUp designers” su Google Plus Il magazine della Community “AutoCAD, Rhino e SketchUp designers” su Google Plus DAL 2014 DAL 2014 AGOSTO 2014 Anno I Numero 3 edizione gratuita /12 Arduino Un anfurto per la tua stanza o il tuo garage realizzato da Gianmar- co Rogo con Arduino. /15 Arte L’arte dadaista ed urbana di Fausto delle Chiaie che incanta i turis in visita a Roma con le sue opere ricche di humor. /16 Autoformazione Due arcoli per potenziare la propria visibilità e sulle precauzioni da adoare con determinate pologie di commienza

CADZINE n° 3, agosto 2014, ANNO III

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Il magazine della Community “AutoCAD, Rhino e SketchUp designers” su Google PlusIl magazine della Community “AutoCAD, Rhino e SketchUp designers” su Google Plus

DAL 2014DAL 2014

AGOSTO 2014 Anno I Numero 3 edizione gratuita

/12 Arduino

Un antifurto per la tua stanza o il

tuo garage realizzato da Gianmar-

co Rogo con Arduino.

/15 Arte

L’arte dadaista ed urbana di

Fausto delle Chiaie che incanta i

turisti in visita a Roma con le sue

opere ricche di humor.

/16 Autoformazione

Due articoli per potenziare la

propria visibilità e sulle precauzioni

da adottare con determinate

tipologie di committenza

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La Comm. per progettisti, disegnatori tecnici ed appassionati La prima Community italiana, della piattaforma Google Plus sul CAD e le sue applicazioni, per

data di fondazione e numero di iscritti

BIM

CAD

CAD MEP

FEM

Linguaggi CAD

Modellatori 3D

Modellatori organici

Post produzione

Prog. edile

Altro software

Progettazione

Portfolios

A.N.T. Automotive

Stampa 3D

Concorsi

Curiosità

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33

L’ISTRUZIONE È IL GRANDE MO-

TORE DELLO SVILUPPO PERSO-

NALE. È ATTRAVERSO L'ISTRU-

ZIONE CHE LA FIGLIA DI UN

CONTADINO PUÒ DIVENTARE

MEDICO, CHE IL FIGLIO DI UN

MINATORE PUÒ DIVENTARE DI-

RIGENTE DELLA MINIERA, CHE

IL FIGLIO DI UN BRACCIANTE

PUÒ DIVENTARE PRESIDENTE DI

UNA GRANDE NAZIONE.

NELSON MANDELA

LA METTO IN CORNICE

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HOME PAGE

Direttore responsabile: Salvio Giglio Redazione: Nicola Amalfitano, Antonello Buccella, Marco Garava-glia, Gianmarco Rogo

Segretaria di redazione: Nunzia Nullo Redazione bozze: Nicola Amalfitano, Nunzia Nullo

In questo numero l’editoriale ospita due signore, Orsola Latella e Nunzia Nullo, che ci dicono la loro su scuola e mondo del lavoro. Gianmarco Rogo ci presenta il suo primo esperimento con Arduino: un antifurto per proteggere la propria camera da intrusioni indesiderate. Fausto delle Chiaie, il famoso artista di strada romano, ci strapperà

un sorriso con qualche foto delle sue opere. La rubrica Autoformazione si occupa di brand e tipologie di clienti. La Centrale elettrica di Imola della HERA sarà oggetto di approfondita analisi per la rubrica Basi per il disegno e la progettazione. Sempre pie-no di colorate novità il box Community Showcase. Nuc-cio Bertone è la Designer’s story di questo numero. La rubrica Intervista ospita Lo-renzo Caddeo mentre quella

dedicata ai Libri presenta Daniele la Penna e il suo Ca-valiere di ghiaccio. Nicola Amalfitano ci parlerà del Poe-ma sinfonico nella rubrica dedicata alla musica. L’alle-stimento elettrico di una stampante 3D è illustrato nel-la rubrica New hardware for CAD. Chiudono l’edizione i corsi di orientamento alla BIM, quello di base per Sket-chUp e uno nuovo dedicato alla geomodellazione su Google Earth di Antonello Buccella

Diario di bordo

designer

[dəˈzīnər] sostantivo maschile e femminile Ideatore e progettista nell’area del graphic o dell’industrial design.

rubriche corsi & tutorials PAG. 57 CORSO DI ORIENTAMENTO ALLA BIM di Salvio Giglio “Introduzione alla BIM: Building Informa-tion Modeling”. I PUNTATA

PAG. 60 CORSO DI BASE PER SKETCHUP di Salvio Giglio “Comandi basilari per cominciare”. III PUNTATA

PAG. 66 MODELLAZIONE GEOLOCALIZZATA CON SKETCHUP di Antonello Buccella “Un primo approccio con i rudimenti della geomodellazione tridimensionale” . I PUNTATA

PAG. 07 NEWS

PAG. 09 EDITORIALE di Orsola Latella “Il ruolo della scuola e del lavoro per i giovani ”; PAG. 11 di Nunzia Nullo “Ci vuole auda-cia per cambiare le cose…”

PAG. 12 ARDUINO di Gianmarco Rogo “Un allarme fai-da-te”

PAG. 15 ARTE di Salvio Giglio “Fausto delle Chiaie dadaista contempo-raneo”

PAG. 16 AUTOFORMAZIONE di Salvio Giglio “Brand: una questione di comunicazione”; PAG. 17 “Tipologie di clienti e rischi professionali”

PAG. 18 BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTA-

ZIONE di Salvio Giglio “La centrale di cogenerazione HERA di Imola”. III PUNTATA

PAG. 27 COMMUNTY SHOWCASE

PAG. 28 DESIGNER’S STORY di Salvio Giglio “Giuseppe ‘Nuccio’ Bertone”

PAG. 35 INTERVISTA di Salvio Giglio “Lorenzo Caddeo”

PAG. 41 LIBRI di Salvio Giglio “Daniele Lapenna e il Cavaliere di ghiaccio”

PAG. 43 MUSICA di Nicola Amalfitano “Il poema sinfonico ”

PAG. 47 NEW HARDWARE FOR CAD di Salvio Giglio “Allestimento elettrico di una stampante 3D”. IV PUNTATA

eventuali & varie PAG. 66 UMORISMO

PAG. 67 GIOCHI

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HOME PAGE

Cos’è CADZINE è una rivista gratuita nata in

seno alla Community di “AutoCAD, Rhino & Sket-

chUp designer” per informare & formare disegnatori tecnici e

appassionati sul CAD ed i suoi “derivati”.

La pubblicità Le inserzioni pubblicitarie pre-

senti sono gratuite e sono create e pubblicate a discrezione della

redazione.

Per contattarci Vuoi segnalarci un argomento?

Vuoi suggerirci delle modifiche? Vuoi segnalarci degli errori?

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CADZINE è solo uno dei progetti crossmediali in corso legati alla

nostra Community… Visita il nostro sito

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mettendo a disposizione di tutti e gratuitamente le tue cono-scenze. Sarai il benvenuto!

Segretaria di redazione: Nunzia Nullo Redazione bozze: Nicola Amalfitano, Nunzia Nullo

Impaginazione, pubblicità e progetto grafico: Salvio Giglio Editore: Calamèo (Hachette)

E’ consentita la riproduzione di testi, foto e grafici citando la fonte e inviandoci la copia. La pubblicazione è CopyLeft & Open Access ;-)

Pensandoci bene

Sulle città purgatoriali... Spesso mi chiedo cosa avrebbe scritto Italo Calvino se avesse avuto la croce di vivere nelle città dei nostri giorni… Probabilmente il suo “Le città invisibili” sarebbe diventato “Le città

purgatoriali”! Viviamo male, inquinati in tutto e tra rumori di ogni sorta, in casette brutte, sepa-rate l’un dall’altra solo da pareti di “cartone” che trasmettono in diretta la vita del vicinato co-me in un’ininterrotta puntata de “Il grande fratello”. Si aggiungano poi le baldanzose ammini-

strazioni comunali nostrane che, nell’intento di dimostrare che fanno qualcosa per la cittadinan-za, si dilettano con uno sforzo “social-edonistico” ad organizzare feste & festini in città sempre

più pericolose & pericolanti… Città in cui, delinquenti a parte, gli alberi ti crollano addosso alla prima raffica di vento, le strade vengono giù alla prima pioggia e i cui i monumenti cercano di lasciare ben impressa sulla tua persona una traccia indelebile della loro presenza, bersaglian-

doti con pezzi di cornicione, balconi e quant’altro. Le nostre meravigliose città italiane del 2000: veri luoghi purgatoriali dove la cafonaggine e la prepotenza di certi figuri & megere la fanno

da padrone. Siamo proprio sicuri che il nostro sia ancora il Bel Paese?

In questo numero l’editoriale ospita due signore, Orsola Latella e Nunzia Nullo, che ci dicono la loro su scuola e mondo del lavoro. Gianmarco Rogo ci presenta il suo primo esperimento con Arduino: un antifurto per proteggere la propria camera da intrusioni indesiderate. Fausto delle Chiaie, il famoso artista di strada romano, ci strapperà

un sorriso con qualche foto delle sue opere. La rubrica Autoformazione si occupa di brand e tipologie di clienti. La Centrale elettrica di Imola della HERA sarà oggetto di approfondita analisi per la rubrica Basi per il disegno e la progettazione. Sempre pie-no di colorate novità il box Community Showcase. Nuc-cio Bertone è la Designer’s story di questo numero. La rubrica Intervista ospita Lo-renzo Caddeo mentre quella

dedicata ai Libri presenta Daniele la Penna e il suo Ca-valiere di ghiaccio. Nicola Amalfitano ci parlerà del Poe-ma sinfonico nella rubrica dedicata alla musica. L’alle-stimento elettrico di una stampante 3D è illustrato nel-la rubrica New hardware for CAD. Chiudono l’edizione i corsi di orientamento alla BIM, quello di base per Sket-chUp e uno nuovo dedicato alla geomodellazione su Google Earth di Antonello Buccella

designer

[dəˈzīnər] sostantivo maschile e femminile Ideatore e progettista nell’area del graphic o dell’industrial design.

corsi & tutorials PAG. 57 CORSO DI ORIENTAMENTO ALLA BIM di Salvio Giglio “Introduzione alla BIM: Building Informa-tion Modeling”. I PUNTATA

PAG. 60 CORSO DI BASE PER SKETCHUP di Salvio Giglio “Comandi basilari per cominciare”. III PUNTATA

PAG. 66 MODELLAZIONE GEOLOCALIZZATA CON SKETCHUP di Antonello Buccella “Un primo approccio con i rudimenti della geomodellazione tridimensionale” . I PUNTATA

eventuali & varie PAG. 66 UMORISMO

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NEWS gli ultimi post prima di andare in stampa

(ANSA) Nessun costruttore e/o progettista potrà più affermare: “Io non lo sapevo” dopo la deci-sione di Google Earth di pubbli-care, dallo scorso 9 luglio, la mappatura in 3D delle zone sismiche dell’Umbria. Infatti, è di pubblica disposizione su Google Earth tutto il complesso cartografico, suddiviso in base a zone di pericolosità sismica, realizzato dal servizio Geologi-co e sismico della Regione Um-bria e la società regionale di semplificazione e digitalizza-zione Webred. Afferma Stefano Vinti, assessore regionale per i LL.PP.: "L'Umbria è l'unica Re-gione in Italia ad avere realiz-zato e reso disponibile per tutto il proprio territorio questa car-tografia". Da questo lavoro im-mane è possibile ottenere in-formazioni su 69.675 aree omo-genee a diversa pericolosità sismica locale. S.G.

I cantieri navali di Castellama-re di Stabia (NA) della Fincan-tieri hanno varato, lo scorso 28 giugno, il traghetto di ultima generazione "F. A. Gauthier", alimentato a gas metano, per la Société des traversiers du Québec (STQ), compagnia ca-nadese che opera nel trasporto marittimo di passeggeri. Il "F. A. Gauthier" ha già due record: è il primo traghetto a metano prodotto in Italia ed è anche l’unico a circolare nel Nord America con questa motoriz-zazione. Il cantiere di Castel-lammare di Stabia, alle porte di Napoli, ha acquisito l'ordine nel luglio del 2012, surclassan-do competitor internazionali

di primissimo livello. Il nome del natante è in onore di Felix-Adrian Gauthier, storico sinda-co di Matane (1960-1963) e fondatore della società di navi-gazione. Una curiosità legata ad una tradizione religiosa che si inserisce nei buoni auspici delle maestranze per il varo della loro creatura di acciaio: sulla prua del traghetto sono state incollate diciotto imma-gini sacre insieme con la bene-dizione personale del parroco locale, don Salvatore Savarese, che, prima del battesimo, ha letto il Vangelo e invitato tutti a recitare il Padre Nostro. Visti i risultati sembra proprio che la cosa abbia funzionato S.G.

La notizia è arrivata il 3 agosto attraverso un post/comunicato, siglato da Lorenzo Caddeo, Gontrand Nyung e Jocelyn Groizard, in cui annunciano la loro separazione definitiva dal-la Kozana fondata da Jenna-rong M. motivando così la de-cisione: “Perché non ci ha por-tato nulla. Ci siamo sentiti come piccoli marchi in una grande collezione e non c'era-no azioni fatte in comune con gli altri marchi del gruppo…”. Il

comunicato ha anche messo in evidenza il grave problema della rielaborazione di molti modelli da parte della Kozana in virtù della sua posizione privilegiata. Come emblema del nuovo Gruppo una formica in quanto simbolo di collabora-zione e operosità. La A.N.T è composta da sei marchi: Avan-tis; Enteles; Fomalhaut; NEG; NB; N & K che manterranno integre le loro filosofie produt-tive. S.G.

In Grecia, sull’isola di Chios, è stata scoperta dagli studiosi, già operanti nell’area archeolo-gica di Psomi, i resti di un’anti-chissima necropoli che risali-rebbe al VI-VII secolo a.C. Oltre alle strutture della stessa, sono stati rinvenuti diver-si sarcofagi di argilla nonché i resti completi di un cavallo che, dopo il recupero, sono stati trasferiti nel Museo Ar-cheologico locale. S.G.

Il primo traghetto a gas metano prodotto in Italia

Google Earth pub-blica la mappa si-smica dell’Umbria

Grecia, scoperta antica necropoli di Chios a Psomi

Nasce su G+ un nuovo atelier per la modellazione di automobili tutto europeo: A.N.T Automotive Group

Plastica bio ottenuta al 100% da scarti vegetali. IIT ha sviluppa-to il metodo per produrre pla-stica 100% bio, attraverso un processo a temperatura am-biente, senza alcun impatto anche nella fase produttiva. Per la materia prima si utiliz-zano gli scarti della produzione che, normalmente, vengono invece smaltiti. In fase di stu-dio i primi tentativi di applica-zione nel mondo dell’industria: moda, packaging, wellness e depurazione delle acque. Si, la plastica vegetale ha anche proprietà che consentono di purificare l’acqua dagli inqui-nanti (metalli pesanti). Da http://www.iit.it/ del 15 luglio 2014. S.G.

Plastica bio al 100%

Nuovo FreeCAD 0.14 E’ stata rilasciata una versione stabile di FreeCAD, la 0.14. Que-sto modellatore parametrico 3D è estremamente modulare e impiegabile in svariate applica-zioni come: CAD, MCAD, CAx, CAE e PLM, poiché è soft-ware multi-piattaforma rivolto soprattutto all’ingegneria mec-canica, architettura e altre spe-cialità i ngeg neri sti che . FreeCAD è basato sulla piatta-forma di sviluppo Open Casca-de, utilizzata come base di partenza da molti progetti liberi nel campo CAD/CAE. L’interfac-cia del software è il suo punto di forza ed è stata sviluppata con Qt. Inoltre il suo funziona-mento è inalterato sia che si adoperi su Windows, Mac OSX, Linux e FreeBSD. S.G.

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C ompito istituzionale del-la scuola è promuovere la formazione, attività fina-lizzata alla valorizzazio-

ne della persona umana, delle identità di ciascuno nel rispetto delle diversità. Nella sua specifici-tà, la scuola persegue fini d'istru-zione, formazione e orientamento: per fini d'istruzione promuove l'acquisizione di conoscenze e sa-peri, per fini di formazione pro-muove l'acquisizione di competen-ze e incide sulla sfera dei compor-tamenti degli alunni promuovendo lo sviluppo intellettuale, affettivo, morale e sociale, riconoscendo la persona come “valore fondamenta-le” in termini di dignità umana e diritto di esprimere tutte le sue potenzia-lità. Il termine “personalizzazione”, ap-parso sulla scena pedagogica in-torno al 1970, si sviluppa nel corso del trentennio successivo fino ad essere accolto nella Riforma com-plessiva del Sistema scolastico con la Legge 53/2002 che, all'art. 1, fa una precisa dichiarazione di principio: “... la definizione delle

norme generali sulla istruzione e dei livelli essenziali delle presta-zioni in materia di istruzione e formazione, ha il fine di favorire la crescita e la valorizzazione della persona umana”. La grossa trasfor-mazione delle conoscenze, genera-ta dalle rivoluzioni epistemologi-che che hanno investito la scien-za, l'arte, la tecnologia, impegna la scuola ad entrare in sintonia con la globalizzazione e promuovere i saperi necessari e irrinunciabili in una società globale. A tal fine, la scuola ha il compito di delineare le strutture di base necessarie per il successivo sviluppo delle capacità di capire, fare, decidere, progettare. Nella complessità della globalizza-zione e della multiculturalità, è necessario che i giovani abbiano fermi riferimenti valoriali e la scuola, pertanto, ha la missione di integrare, nella cultura giovanile, la formazione alla conoscenza, all'identità personale e di promuo-vere un'etica della responsabilità. Il “capitale invisibile” su cui e per cui lavora la scuola non è costitui-to solo da conoscenze, abilità e competenze ma anche di compor-tamenti, acquisizioni di valori etici fondamentali che stanno alla base della convivenza democratica ed

attualizzano il percorso di for-mazione del cittadino, inteso come portatore di doveri e di-ritti nell'esercizio della “cittadinanza attiva”. Ne con-segue la necessità da parte del sistema sociale produttivo, quindi del mondo del lavoro, di garantire condizioni di sociali-tà, solidarietà, rispetto dell'i-dentità, valorizzazione della persona, per la salvaguardia del bene comune. La visione dinamica e trasformativa in tema di lavoro nella società contemporanea trova origine nella concezione di Talcott

Parsons che, già agli albori del se-colo scorso, affidava al lavoro un ruolo utile alla comprensione di se stessi, delle condizioni produttive, della trasversalità delle competen-ze, delle relazioni tra fattori intra-psichici ed elementi di contesto. Oggi non sono più tanto le inclina-zioni e le attitudini personali a fondare il “true reasoning” nella scelta occupazionale ma, piuttosto, la disposizione complessiva e multifattoriale come l'employabili-ty considerata come una forma di adattabilità proattiva specifica uti-le a fronteggiare le nuove situazio-ni e i cambiamenti legati al lavoro in un mercato governato da siste-mi globali, flessibili, continui e tra-sversali. Quella lavorativa è un'e-sperienza formativa che storica-mente oggi, nella società comples-sa, si traduce nell'obiettivo di ge-nerare proattività nel lavoro, resi-lienza, autoefficacia, iniziativa personale, creatività, motivazione alla carriera. Per concludere, va evidenziato che scuola e lavoro svolgono in primis il compito di educare il soggetto all'etica della responsabilità: restaurare il senso di responsabilità a livello indivi-duale e collettivo è un imperativo categorico irrinunciabile nell'era della globalizzazione e della tec-nologia avanzata. Attraverso la conoscenza, la cultura e la profes-sionalità si può prefigurare una più funzionale modalità di rispon-dere alle aspettative di realizzazio-ne e di affermazione personale secondo questa ragione di senso: la ragione stessa dell'esistenza, della dignità della persona e della sua funzione sociale.

di Orsola Late l la

Il ruolo della scuola e del lavoro per i giovani

EDITORIALI & PUNTI DI VISTA NON CONVENZIONALI...

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S alve a tutti! Incomincio col dire che io non sono per nulla una "del campo" ma apprezzo notevolmen-

te tutte quelle tecnologie che mi-gliorano la vita dell'uomo, in pri-mis l'informatica. Detto ciò, ringra-zio Salvio Giglio che mi ha dato la possibilità di esprimere il punto di vista della gente comune, di quelli che non conoscono per forza un programma di CAD ma che, nello stesso tempo, capiscono che questi strumenti che il progresso ci ha donato fanno parte, per forza di cose, della vita di tutti i giorni... Basti pensare all'impiego che le Stampanti 3D stanno avendo prati-camente in ogni campo, dal "costruirsi" un semplice souvenir fino ad altissime applicazioni nell'ambito ingegneristico e medi-co! Con questo voglio dire che se il progresso viene a noi sommergen-doci inesorabilmente, da parte no-stra dobbiamo essere abili nuota-tori di questo mare e sfruttarlo per il bene comune. Molti pensano che "certe" cose siano solo per i giova-ni: mai nulla di più sbagliato! Il bel-lo delle tecnologie è che sono for all, non conta quanti anni hai, l'im-portante è che la tua mente si pre-disponi per capirle. Chi dice: "Io

non so farlo", in realtà non vuole farlo. Di fondo tutto ciò che è inno-vativo ci spaventa, ci fa sentire inadeguati: altra cosa sbagliata! Se così fosse l'uomo sarebbe ancora all'età della pietra… Nella vita biso-gna anche imparare ad osare cer-cando di superare i propri limiti o stupidi stereotipi. Proprio cum gra-no salis, mi è capitato di veder na-scere su G+ una pagina di Automo-tive, A.N.T. Automotive Group, creata da tre giovanissimi ragazzi europei: Lorenzo Caddeo (di cui apprezzerete l'intervista), Gon-trand Nyung e Jocelyn Groizard. Quello che più mi ha colpito, a par-te l'incommensurabile bravura, è l'audacia (ma condita da tanto buon senso) e il mettersi in gioco di questi tre ragazzi! Hanno detto: "Noi sappiamo fare questo e lo vo-gliamo far sapere al mondo inte-ro!". Questo è lo spirito giusto per affrontare, oggi, il mondo che, di-ciamo la verità, non ti regala nien-te o lo da alle persone sbagliate. Il futuro bisogna costruirselo con le proprie mani anche se sul cam-mino si affrontano tanti ostacoli e porte chiuse in faccia! Questi ra-gazzi, per me, sono un vero esem-pio di come oggi deve essere co-struito il mondo del lavoro, parten-do dalle proprie forze, senza aspet-tare aiuti dallo Stato o altro! Anche perché, da questo punto di vista, il quadro è davvero avvilente, alme-no per quanto riguarda l'Italia: fon-

di per la ricerca che non ci sono (o che ci sarebbero ma chissà che fine fanno), fughe di cervelli all'e-stero, lungaggini burocratiche a non finire per aprire una semplice partita IVA o avviare una start up... Ma vi rendete conto? Il mondo va avanti ma il nostro Paese è ancora fermo al Medioevo anzi magari aggiungerei! Almeno all'epoca gli artigiani erano presi in seria consi-derazione! Ma cosa possiamo aspettarci, d'altronde, dal Paese del Bunga Bunga? Non siamo capaci neanche di far soldi col turismo: le nostre bellezze ce le invidia il mondo intero ma noi siamo lì, fer-mi, a guardare come si sgretolano o aspettando l'elemosina di qual-che privato. L'Italia si deve sveglia-re ma in modo serio! Puntiamo di più sulle piccole imprese, siamo un Paese di artigiani, lo siamo sempre stati... I colossi industriali pensano solo ai propri interessi, pronti a svendersi per quattro spiccioli o trapiantandosi in altri Paesi dove i legittimi diritti di un operaio non esistono! Concludo dicendo che dobbiamo vivere i nostri tempi con un occhio al futuro e la lungimi-ranza del passato, cavalchiamo l'onda del progresso ma non fac-ciamoci trovare impreparati, ge-stiamola in modo che il nostro già "saper fare" si integri perfettamen-te con essa: facciamoci ancora in-vidiare per il nostro "made in Ita-ly".

di Nunzia Nul lo

Ci vuole audacia per cambiare le cose...

EDITORIALI & PUNTI DI VISTA NON CONVENZIONALI...

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I n questo breve articolo vedre-mo come costruire un allarme domestico con Arduino per la protezione di una sola zona.

In questo progetto ho elaborato un semplice modello di allarme la cui funzionalità consiste di due diver-se modalità di rilevamento per l’intrusione: movimento, entro il raggio d’a-

zione di un sensore ad infraros-si PIR (motion sensor);

lettura della variazione della luminosità attraverso un foto-resistore (LDR) verso il quale è direzionato il fascio luminoso di un mini-laser.

Quest’ultima particolarità costitui-sce una sorta di “fotocellula” para-gonabile a quelle situate dinanzi ai cancelli automatici: nel momento in cui un oggetto intralcia la traiet-toria laser - ldr, il sistema reagisce. In risposta all’allarme, il modello emetterà un suono dallo speaker (che dovrebbe imitare un effetto sirena) e, contemporaneamente, un LED rosso inizierà a lampeggia-re. L’intero sistema è attivabile e disattivabile tramite i relativi tasti di un telecomando ad infrarossi e registra il numero di volte che è scattato l’allarme. Tutte le proce-dure (inserimento, disinserimento e conteggio) dell’allarme sono gui-date da una stringa di testo sul display LCD. In particolare, la pri-ma riga del display riporta lo stato attuale del sistema mentre la se-conda giorno ed ora attuali. Per raggiungere questo scopo mi sono servito di un modulo RTC (Real Time Clock) in grado di fornire da-ti sempre aggiornati sulla data e

l’ora con approssimazione al se-condo, anche con alimentazione scollegata. Componenti utilizzati Ecco il Bill (la lista materiali) per eseguire questo circuito: Arduino UNO, breadboards e

cavi di collegamento;

1 sensore per rilevamento dei movimenti a infrarossi (PIR);

1 RealTimeClock (RTC); 1 LED rosso; 1 speaker piezoelettrico

(buzzer); 1 display LCD + Keypad shield; 1 ricevitore segnali ad infraros-

si (IR-remote) + Telecomando;

di Gianmarco Rogo

ARDUINO

Un allarme fai-da-te

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1 mini laser 5mW; 1 foto-resistore (LDR); 2 resistori (220 e 100 ohm). Particolarità di funzionamento INPUT Un movimento nel raggio d’azione del sensore per il rilevamento dei movimenti, oppure un ostacolo

nella traiettoria di proiezione del raggio mini-laser sul foto-resistore. OUTPUT Led-blinking, riproduzione di una sirena dallo speaker e messaggio sul display.

Altre funzionalità Esecuzione guidata di ogni pro-

cedura grazie alle informazioni visualizzate sul display LCD.

Inserimento/disattivazione dell’allarme dal telecomando tramite, rispettivamente, i pul-santi 1 e 2

Visualizzazione del numero di allarmi già registrati alla pres-sione del pulsante 3.

Ricordo ai lettori che questi sono i miei primi esperimenti con Ardui-no; quindi, se dovessi risultare po-co chiaro nella spiegazione, sono pronto a dare ulteriori delucida-zioni via Social (FB e G+) o rispon-dendo a vostre eventuali mail che potete inviare a:

[email protected] mettendo come oggetto “Arduino allarme”. Questo sketch è la ver-sione aggiornata di un precedente progetto.

ARDUINO

Un progetto particolarmente utile se decidete di andare in vacanza o sem-plicemente non volete intrusi nella vostra camera o nel vostro garage… ;-)

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Fausto delle Chiaie dadaista contemporaneo

ARTE

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Brand: una questione di comunicazione

AUTOFORMAZIONE

C hi segue la nostra Com-munity di G+ avrà notato ogni tanto alcune stra-nezze consistenti in post

che sembrano apertamente Out Theme per un disegnatore CAD… Post come quelli, ad esempio, di Cinzia Di Martino o di Francesca Borghi sulle strategie di comuni-cazione da adottare per un brand! Le autrici stesse dei post hanno arricciato il naso chiedendosi, giu-stamente, che rapporto ci possa essere tra disegno CAD e bran-ding. Se si pensa alla libera profes-sione, progettisti (architetti ed inge-gneri) e disegnatori tecnici (periti tecnici e geometri) sono equipara-bili a piccole aziende che vendono idee e servizi di grafica tecnica. Il professor Philip Kotler, uno dei principali teorici di strategie ap-plicate alla gestione degli affari, nota anche col termine di mana-gement, è il pioniere del marke-ting sociale. E’ lui che, per anni, ha “vivisezionato” clienti e mercato estraendo concetti vincenti da ap-plicare nelle campagne pubblicita-rie. Kotler ha fatto tutto ciò acca-demicamente e in modo scientifi-co, inquadrando lo studio del mar-keting da un punto di vista mana-geriale, anziché merceologico o funzionale come avveniva prece-dentemente, facendolo evolvere da

semplice funzione aziendale a processo di gestione dell'intera impresa. Bella, a tal proposito, una definizione di Kotler circa il brand:

“nome, termine, segno, simbolo o di-

segno oppure ad una combinazione di questi al fine di identificare i beni o

servizi (product brand) di un’impresa

o l’impresa stessa (corporate brand) e di differenziarli da quelli della concor-

renza”.

Alla luce di queste considerazioni si de-duce, quindi, che, non diversamente da altri settori professionali, anche studi di progettazione e CAD service devono ne-cessariamente avere un brand e una strategia per essere sempre ben visibili ed acquisire nuovi clienti. Ciò vale spe-cialmente in rete, dove le possibilità di ingaggio lavorativo vengono centuplica-te se si opera nel modo giusto. Il brand ha sostituito, in un certo modo, i vecchi em-blemi araldici del passato: scudi con leo-ni e grifi rampanti, elmi e cimieri, motti, armi e quant’altro veniva rappresentato servivano a descrivere sinteticamente la famiglia con cui si stava per interagire. Oggi il brand fa lo stesso lavoro dell’aral-dica perché racchiude in se tutta una serie di aspetti connotativi e storici dell’impresa a cui è associato (brand identity) quali: l’esperienza maturata da consumatori e dipendenti, il livello di notorietà raggiunto, le aspettative di po-tenziali acquirenti e dipendenti. Non c’è bisogno di formule strane per creare un brand: basta semplicemente un cogno-me o la ragione sociale di un’azienda. Perché un prodotto o un’impresa possa differenziarsi da un suo competitor è necessario che il

consumatore ne identifichi facil-mente l’origine e soprattutto gli assegni un valore simbolico (brand equity) grazie alle sensa-zioni, alle immagini, alle percezio-ni che quella impresa è in grado di suscitare attraverso un’efficace azione di comunicazione e bran-ding. Il brand è uno strumento indi-spensabile per raggiungere obiettivi di comunicazione che si vogliono realizzare sia a livello di prodotto (product brand), sia a livello di realtà istituzionale (corporate identity). Questi obiettivi, per es-sere conseguiti, richiedono un’a-zione programmata e cioè un’atti-vità di branding con la quale favo-rire il rafforzamento del marchio e del suo valore: raggiungere un po-sizionamento sul mercato di rife-rimento come brand “unico” e fa-cilmente riconoscibile e distingui-bile rispetto a quello della concor-renza (brand positioning). Un brand però non è solo un logo o un sito portfolio con una bella e nar-cisistica biografia e quattro dise-gni pubblicati. Quello che conta di più oggi in rete è la vostra even-tuale immagine a partire dai social network. Le informazioni di con-tatto, quel che scrivete nel vostro profilo e quanto pubblicate in ter-mini di post incidono non poco sull’idea che una persona può farsi su di voi e sulla vostra attività. Da un profilo professionale ci si aspetta sempre di trovare delle tracce coerenti con quanto dite di esercitare.

di Salvio Gigl io

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AUTOFORMAZIONE

Tipologie di clienti e rischi professionali

N el nostro ambito lavo-rativo troviamo almeno due tipologie di base di clienti:

- quelli non professionali, che si dividono a loro volta in: “super tecnici” ed “extra ignoranti”; - quelli professionali, che si divi-dono in “onesti” e “te faccio lavorà e vuoi pure i soldi?”. La prima tipologia è abbastanza insidiosa, in ciascuna della sue declinazioni, proprio perché en-trambe non sono del “mestiere” e tenteranno di suscitare in voi sen-timenti di commiserazione ad ogni loro mancanza, in particolar modo nel caso degli “extra igno-ranti”. Infatti, vi sorprenderete a scoprire voi stessi mentre pensa-te: “E vabbè… non è del mestiere, non poteva saperlo!”. Vice versa potreste trovarvi al cospetto del cliente “super tecnico” che, van-tando conoscenze acquisite su lavori simili fatti da parenti o ami-ci in cui loro erano presenti, ten-derà a intromettersi continua-mente nel lavoro cambiando le richieste iniziali, sognando cose grandiose pur avendo un budget striminzito: questo cliente tende a sminuire il vostro lavoro per ri-

sparmiare sul prezzo concordato in preventivo, restringendo i tem-pi di consegna e dilatando quelli di pagamento… La seconda tipolo-gia, invece, è abbastanza precisa e lineare nelle richieste e, a diffe-renza della precedente, riesce an-che a darvi i consigli giusti… “Una manna dal cielo” penserete voi! Si, se appartiene al ristretto gruppo degli “onesti” (percentuale 1 su 100). No, se fa capo alla categoria “te faccio lavorà e vuoi pure i sol-di?”. Questi “signori” dello sfruttamento professionale, che tengono presso i loro studi i praticanti fresco di-plomati/laureati a gratis solo con il rimborso spese che il più delle volte manco riesce a coprirle pie-namente, vivono di continui turn over nei loro studi; commissiona-no lavori extra a malcapitati free lancers per pagarli o in tempi lun-ghissimi o non pagarli proprio e uscendosene con un bel: “Ahò alla fine hai fatto un’espe-rienza, no? Puoi sempre dire che hai lavorato con me… no? Tu falli telefonare, ti referenzio io, stai se-reno!”.

Referenze che probabilmente non arriveranno mai o saranno liqui-date da uno stroncante: “Chi? E chi è?... Ahhh, si quel ra-gazzo/a! No, non mi ha creato grandi problemi ma non riesco proprio a dirle un lavoro preciso in cui è emerso/a”. Non voglio assolutamente farvi preoccupare più del dovuto, solo farvi aprire un attimino di più gli occhi, rendendovi più consapevoli delle vostre potenzialità. Ovviamente i clienti non sono tut-ti come li ho descritti io e ogni la-voro è una storia a sè… Il mio in-tento è quello di fornirvi una serie di input ordinati in modo tale che possiate utilizzarli in situazioni particolarmente importanti. In collaborazione con Francesca Borghi saranno pubblicati, di tanto in tanto, alcuni articoli, dedicati soprattutto ai giovani lettori, mira-ti al miglioramento della loro im-magine professionale e in cui sa-ranno suggerite quelle strategie di comunicazione più efficaci da adottare anche sui media per con-vincere e guadagnare nuovi clienti con-solidando i rapporti con quelli vecchi. Nel frattempo state in campana!

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BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTAZIONE

D opo aver familiarizzato con i sistemi di genera-zione elettrica alternati-vi, in questa puntata vo-

glio mostrarvi una bella applica-zione su grande scala, la Centrale di cogenerazione di Imola (BO), realizzata dal gruppo HERA. A tal proposito Tomaso Tommasi di Vi-gnano, Presidente del Gruppo Hera in un book dedicato alla centrale di Imola afferma: “Questa centrale rappresenta un passaggio strategico importante del nostro impegno in un settore che, alla nascita di Hera, era mar-

ginale: quello dell’energia elettrica. Oggi la nostra capacità di genera-zione supera gli 800 MW e la no-stra base clienti ha oltrepassato la soglia dei 300mila, con oltre 6TWh di energia venduta. Ciò è stato possibile grazie alle ingenti risor-se investite nella realizzazione e nel potenziamento degli impianti, che ci hanno permesso di arrivare a produrre circa il 43% dell’energia elettrica da fonti rinnovabili o as-similate. Percentuale che voglia-mo incrementare ulteriormente, a conferma del fatto che l’attenzione all’ambiente e alla sostenibilità può coesistere con logiche econo-miche che ogni azienda deve se-guire per stare sul mercato. La centrale di cogenerazione di Imola è un impianto speciale per due

motivi: per le caratteristiche tecni-che che lo rendono unico nel no-stro panorama nazionale e per la volontà tenace di realizzarlo che ne ha caratterizzato l’intero per-corso. È unica per i ridotti livelli di emissioni garantiti, più restrittivi rispetto alla normativa nazionale e regionale vigente e perché è in grado di rendere autonoma Imola in caso di black-out sulla rete na-zionale, grazie a scelte tecnologi-che di assoluta avanguardia. Se questo impianto è stato realizzato è merito della forte determinazio-ne della nostra azienda a realizza-re l’opera, ma anche della lungimi-ranza di amministratori pubblici consapevoli dei benefici che ne sarebbero derivati per la comunità e le sue imprese che hanno scelto

III puntata

di Salvio Gigl io

La centrale di cogenerazione HERA di Imola

Il centro storico di Imola

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BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTAZIONE

Dall’alto, il Municipio di Imola a piazza Matteotti; in basso a sinistra il Presidente della HERA Tomaso Tommasi di Vignano; a destra l’Ospedale Nuovo, la Biblioteca comunale ed il Castello Sforzesco illuminato.

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di confrontarsi con la città, anche con momenti di discussione acce-si ma costruttivi per tutte le parti. Sono dunque molto lieto di poter consegnare a questa comunità un impianto che ha una tecnologia e un’architettura tali da poter essere considerate un simbolo per l’intera città.”. La HERA si propone come un gruppo “multiutility” in grado di offrire servizi energetici, idrici ed ambientali a oltre tre milioni di persone distribuite in 240 Comuni dell’Emilia Romagna e della vicina Toscana. La HERA è il risultato della fusione di ben 11 aziende di servizi pubblici locali! Imola: una citta icona dell’Emilia Romagna. Credo che la scelta di Imola per questo progetto non è stata casua-le dal momento che essa rappre-senta pienamente lo spirito e l’ini-ziativa caratterizzanti l’operosissi-ma Emilia Romagna, da sempre fucina di novità in svariati campi produttivi. Dalle mie personalissi-me esperienze di lavoro come ex operaio “trasfertista”, che si mette-va in viaggio non per fare il turista

ma per vivere e lavorare come gli abitanti del posto, ho ricavato sempre la sensazione di essere in un gran bel pezzo d’Italia… Questa regione è popolata da persone voli-tive che mettono il lavoro in primo piano, svolgendolo con la massima serietà e che, al momento giusto, sanno anche godersi la vita. A que-sto aggiungete anche una serie di scelte felici fatte dagli ammini-stratori pubblici locali che, nel cor-so degli anni, hanno reso l’Emilia Romagna un modello da seguire per la sanità, l’educazione scolasti-ca, le infrastrutture, ecc. Ecco per-ché quest’esperimento di centrale di cogenerazione ad Imola, non mi sembra assolutamente fuori luogo. Uno dei fattori che hanno contri-buito alla realizzazione di questo bel progetto, anche sotto il profilo architettonico, è sicuramente la voglia di essere indipendenti dalla Rete Elettrica Nazionale in caso di Black Out, garantendo continuità di esercizio per unità abitative e produttive. Il teleriscaldamento generato dalla nuova centrale ha contribuito poi a ridurre drastica-mente le emissioni nocive di CO2,

benzene ed altri inquinanti nell’a-ria, mantenendo, tuttavia, la stessa affidabilità del servizio elettrico. A questa rete sono anzitutto connes-se anche una serie di edifici di pubblico interesse quali: il Munici-pio, l’Ospedale Nuovo, l’Istituto Tecnico Industriale F. Alberghetti, sino alla Biblioteca Comunale, ai teatri cittadini, per culminare con l’illuminazione artistica dell’impo-nente Rocca Sforzesca. Il gruppo HERA ha impiegato tecnologie so-fisticatissime e innovative basate sulla filosofia del ciclo combinato ad alto rendimento ed efficienza il cui cuore sono le potenti turbine a metano della Rolls Royce. L’indi-pendenza energetica legata a que-sto progetto ha coinvolto anche altri quattro Comuni limitrofi: Ba-gnara di Romagna, Massa Lombar-da, Mordano e Sant’Agata sul San-terno e questo senza alcuna altera-zione paesaggistica. Come nasce la Centrale di Imola Il progetto della centrale di Imola risale al 1980 e, giudicandolo oggi in un pericoloso momento di im-mobilismo politico ed istituziona-

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Centrale HERA di Imola vista dall’alto (foto HERA)

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le, credo che non sarebbe affatto sbagliato considerarlo “coraggioso”, “avveniristico” e “lungimirante”. Anima-ta dalla voglia di contribuire signi-ficativamente al Progetto Naziona-le di Risparmio Energetico, la A.M.I. (la vecchia Azienda Munici-palizzata Imolese) mise in campo e organizzò questo ambizioso pro-getto di cogenerazione e teleri-scaldamento ottenendo, dalle ana-lisi di valutazione preliminari, dei risultanti molto incoraggianti. Le prime opere della vecchia centrale di Montericco videro la luce nel 1982 per raggiungere il totale com-pletamento in appena sei anni. Col passare degli anni, le esigenze energetiche in continua crescita hanno spinto la HERA, nel 2003, a concepire il progetto per una nuo-va centrale ad Imola. Descrizione generale La nuova centrale di Imola è in grado di produrre ben 80MWe di potenza elettrica e 80 MWt di po-tenza termica recuperabile. Il CGTC (Combined Cycle Gas Turbi-ne cioè Ciclo Combinato con Tur-bine a Gas), che è alla base del

nuovo impianto, garantisce in un anno ben 232.400 MWht per la pro-duzione termica. Questo dato rap-presenta il 98,5% del fabbisogno termico della rete di TLR (tele ri-scaldamento). Per la produzione elettrica ci troviamo innanzi ad un altro dato di tutto rispetto e che rappresenta il 96% del fabbisogno elettrico della zona con i suoi 645.000 MWhe/anno! L’impianto consiste di una composizione in serie di un ciclo Brayton (ciclo con turbina a gas) e di un ciclo Ranki-ne (ciclo con turbina a vapore) che partecipano alla produzione di energia elettrica e termica utiliz-zando un unico combustibile: il gas metano. Due turbine a gas, munite di relative caldaie a recu-pero per la produzione di vapore surriscaldato, rappresentano il motore dell’impianto e garantisco-no la continuità produttiva in caso di fermo di una delle due. In ogni caso il calore necessario al servi-zio di teleriscaldamento, anche se le due turbine a gas fossero fuori servizio, è garantito da una sezio-ne autonoma di produzione di ca-lore costituita da caldaie alimenta-

te a gas naturale (caldaie di soc-corso). L’aria è stata scelta come fonte primaria di raffreddamento delle utenze di centrale utilizzan-do torri evaporative di tipo ibrido (wet-dry). Per farvi comprendere schematicamente il funzionamen-to di una torre, basata su questo principio, vi ripropongo un parti-colare del modello che ho pubbli-cato nella scorsa puntata (vedi Fig.10). Come si vede, in una wet-dry il raffreddamento dell’acqua si basa sia sullo scambio termico (attraverso uno scambiatore a su-perficie) con la corrente di aria convogliata al suo interno da una serie di potenti ventilatori, sia con una parziale evaporazione dell’ac-qua stessa direttamente nebuliz-zata nella corrente d’aria. In defi-nitiva, come già sappiamo, il pro-cesso di evaporazione parziale avviene assorbendo il calore dalla parte di acqua che non evapora e che, quindi, contribuisce al raf-freddamento. Tutto ciò favorisce l’eliminazione di condense in uscita, caratteristica delle torri evaporative classiche, nei periodi più freddi dell’anno. Non poteva

BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTAZIONE

Centrale HERA di Imola, ingressi

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Schema di funzionamento della centrale (HERA) e nel riquadro rosso una rappresentazione del sistema di tra-smissione dell’elettricità e del calore. (HERA)

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Dall’alto, da sinistra, in senso orario: una torre di evaporazione; una turbi-na a gas (foto HERA); i mastodontici interruttori blindati AT 132KV in SF6; un condensatore di vapore e un cavo elettrico tipo XPLE

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BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTAZIONE

mancare un impiego intelligente di questa aliquota energetica di acqua calda per il periodo estivo… Così la HERA ha messo a punto un sistema di condizionamento e cli-matizzazione dei suoi uffici e degli ambienti della centrale stessa ba-sato sul ciclo frigorifero ad assor-bimento a noi ormai ben noto! C’è da dire che la coppia di turbine Rolls-Royce RB 211-T ha come ca-ratteristica il sistema Dry Low Emission (DLE) che, mediante ap-propriati organi meccanotronici, permette una combustione unifor-me del metano in funzione del re-gime di marcia dell’apparato. Que-sto permette un contenimento e un’ottimizzazione della formazio-ne degli ossidi di azoto e del mo-nossido di carbonio, garantendo concentrazioni nei gas di scarico rispettivamente pari a 50 mg/Nm3 e 30 mg/Nm3. I gas di scarico delle turbine, prima di essere rilasciati nell’atmosfera, transitano in due camini catalizzatori, installati all’interno di ogni caldaia a recu-pero, che permettono tutto ciò. In essi il processo di Riduzione Cata-litica Selettiva (SCR), consistente nell’iniezione di ammoniaca, ridu-ce le concentrazioni degli ossidi di azoto mentre un secondo proces-so, il CO Catalytic Oxidation, ab-batte il monossido di carbonio tra-mite ossidazione catalitica. Caratteristiche tecniche principali La centrale di cogenerazione di Imola è stata realizzata nella fra-zione di Sasso Morelli ed insiste su di una superficie di 5000 mq. Appartiene alla famiglia delle cen-trali termoelettriche con alimenta-zione a metano, gas prelevato dal-la rete di distribuzione nazionale. I principali sistemi ed apparati di centrale consistono dei seguenti elementi:

A) SISTEMI ELETTRICI a.1) Generazione 2 turbine a gas della Turbo-

mach / Rolls-Royce mod. RB 211-T munite di alternatori da 15kV, 30MWe della Brush;

1 turbina a vapore della Franco Tosi Meccanica munita di alter-natore da 15kV, 20MWe della ASI Robicon;

a.2) Trasmissione Sistema elettrico Alta Tensione Siemens per il collegamento alla Rete di Trasmissione Nazionale composto da due sottostazioni pri-marie collegate da cavidotto inter-rato: Cabina primaria di partenza,

interna alla centrale, munita di interruttori di corrente blindati caricati con gas Esafloruro di Zolfo (SF6), tipo GIS (Gas Insula-ted Switchgear).

Cabina primaria di arrivo, loca-lità Ortignola, collegata con la Rete di Trasmissione Nazionale e munita di apparecchiature per il controllo, la protezione ed eventuale attivazione del fun-zionamento in stand-alone del-la centrale in caso di blackout.

Cavidotto di collegamento ar-mato con conduttori tipo XLPE (cfr. IEC 60840) costituito da corde di 650mmq per 132 kV di esercizio.

a.3) Servizi Sistema elettrico Media Tensio-

ne Siemens per i servizi di cen-trale.

B) APPARATI TERMICI, CONTROLLO ED AUSILIARI 2 caldaie a recupero equipag-

giate con catalizzatori per la riduzione degli inquinanti pro-dotti dalla combustione del gas nelle turbine;

2 camini di scarico 3m e al-tezza 50 metri;

sistema di produzione acqua calda per il teleriscaldamento;

sistema di condensazione del vapore esausto allo scarico del-la turbina a vapore;

sistema di raffreddamento con torre evaporativa;

sistema di monitoraggio emis-sioni;

sistema di produzione di aria compressa;

sistema di produzione di acqua demineralizzata;

sistema antincendio; sistema di integrazione e soc-

corso al teleriscaldamento co-stituito da 4 caldaie a tubi di acqua, di 11,25 MWt ognuna, alimentate a gas;

sistema di condizionamento aria centrale ed uffici con ciclo frigorifero ad assorbimento.

Nella prossima puntata chiudere-mo questa “gita tecnica” ad Imola parlando di tutto il lavoro che c’è stato anche dietro al progetto ar-chitettonico della centrale, volto a mantenere anche un certo equili-brio con il paesaggio circostante, evitando brusche interruzioni con strutture esasperatamente tecni-che e quindi… brutte! Inoltre ap-profondiremo il tema della coge-nerazione legato agli impianti di grande scala. Continua

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Fig. 2, didascalia

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COMMUNITY SHOWCASE

AV PROJE

Consultoria em Projetos Mecâni-

cos e Industriais

[email protected]

Sketchup Orlando

[email protected]

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N el numero scorso ab-biamo parlato di Gior-getto Giugiaro e, in un certo qual modo, vi ho

fatto fare un salto temporale senza curarmi troppo di chi aveva inau-gurato il concetto stesso di auto-motive nel nostro Paese. Per col-mare questa lacuna ho deciso di parlarvi di un pioniere del design industriale legato alla meccanica dei trasporti: Nuccio Bertone. Ber-tone è stato un innovatore e un grande talent scout, come vedre-mo, e le sue intuizioni da vero vi-sionario sono ancora validissimi orientamenti per l’automotive. Giuseppe Bertone, detto Nuccio, nasce a Torino il 4 luglio 1914. E’ il secondo figlio di Carolina Aprà e Giovanni Bertone. Fin da bambino, Nuccio passa molto tempo nell’at-tività di famiglia, la carrozzeria: una vera scuola che gli farà capire il funzionamento delle automobili e il lavoro del carrozziere come riparatore ed elaboratore. Sicura-mente questo periodo avrà inciso

tantissimo su Nuccio, facendogli comprendere, da una parte, il sem-pre complicato rapporto tra forma e funzione nella creazione auto-mobilistica e, dall’altra, gli sviluppi e le applicazioni future che esso poteva avere in campo industriale. Considerate che le vetture dell’e-poca erano composte da un mas-siccio telaio portante, formato da longheroni e traverse in ghisa o in acciaio, e che la carrozzeria dell’auto veniva realizzata sul telaio! Il dise-gno d'auto rappresentava quindi una vera novità in Italia. Ancora studente di Economia e Commer-cio, nel 1933, Nuccio entra ufficial-mente nell'azienda paterna. Negli anni Quaranta, con la seconda guerra mondiale, la produzione delle carrozzerie riguarda l'allesti-mento di veicoli militari di vario tipo e Nuccio si aggiudica alcuni ordinativi importanti per delle au-toambulanze. Dopo le devastazioni del sanguinoso conflitto bellico, l’Italia ha voglia di ricostruire e tornare a vivere e Bertone è pro-prio tra i protagonisti di questa rinascita. E’ un leader che si assu-me la completa responsabilità dell'azienda e la rilancia grazie

anche alla sua passione per il mondo delle corse automobilisti-che e alla sua diretta esperienza di pilota sportivo. Da questo back-ground nascono la Lancia Aprilia Cabriolet e la Fiat 1100 Stanguelli-ni da competizione, vetture dal design avveniristico per l’epoca e in cui si rintracciano tendenze sti-listiche del decennio seguente. Il periodo delle competizioni sporti-ve termina nel 1952 e Nuccio, da quel momento in poi, si dedica totalmente alla sua fabbrica, rior-ganizzando il lavoro con criteri più razionali e acquisendo una conti-nuità produttiva grazie alle prime commesse estere, come con la Ar-nolt che gli commissiona l’allesti-mento della MC e della Bristol. Sa-rà l’incontro con Rudolf Hruska, direttore tecnico responsabile dei settori di produzione e progetta-zione della Alfa Romeo, a far ag-giudicare a Nuccio e alla sua equi-pe, nel 1953, la realizzazione del prototipo Giulietta Sprint, poi pre-sentata al Salone di Torino del 1954 ove viene accolta con i favori del pubblico e della critica. Da buon imprenditore, Bertone inve-ste nel potenziamento delle linee

DESIGNER’s STORY

Giuseppe “Nuccio” Bertone

di Salvio Gigl io

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DESIGNER’s STORY

Lancia Aprilia Cabriolet

Fiat 1100 Stanguellini 1947

Giulietta Sprint 1953 Arnolt-Bristol 1953

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DESIGNER’s STORY

Lamborghini Miura

Alfa-Romeo BAT 9 1955

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DESIGNER’s STORY

produttive per poter affrontare una lavorazione di 32 esemplari completi al giorno. In questi anni, Bertone è un designer instancabi-le e si dedica alla progettazione e realizzazione di chassis per vettu-re sportive che poi presenta ai vari Saloni internazionali, percependo che questa è la strada migliore per farsi pubblicità! Lo sforzo è ripaga-to con ordini da tutto il mondo per consulenze stilistiche. Ed ecco che entra in scena Giugiaro… Alla fine degli anni ’50, in pieno boom economico, Bertone scommette su un giovanissimo designer: Gior-getto Giugiaro. Con l’incremento degli ordini e la crescita dell’a-zienda, Nuccio deve occuparsi ne-cessariamente della gestione ma-nageriale e commerciale. Nei pri-mi anni Sessanta, col diradarsi delle commesse di Alfa Romeo, Bertone entra in contatto con la FIAT a cui propone un modello di spider con meccanica della 850. Per far fronte ad un improvviso calo d’interesse del pubblico ita-liano, Nuccio ha l'idea di esportare il modello negli Stati Uniti dove

incontra, invece, i favori del pub-blico. Nel 1965, Giugiaro lascia l'a-zienda con la voglia di creare un qualcosa di suo: la cosa amareggia Bertone ma non gli fa cambiare idea sul fatto che ci dovesse esse-re un giovane come capo-designer e così assume Marcello Gandini, un giovane ventisettenne senza alcuna esperienza nel settore ma "con molta immaginazione". Fu una scelta vincente e la fiducia riposta in Marcello si concretizza nel successo della sua prima crea-zione, la Miura Lamborghini. Nuc-cio lottò molto per quella commes-sa tanto ambita da tutti i carroz-zieri piemontesi. Con l’aumentare dei contrasti con Alfa Romeo, Nuc-cio intensifica i contatti con FIAT e Lamborghini, proponendo loro la sede di Grugliasco, non solo come fucina di idee ma anche come centro studi per l'ingegneria dei veicoli. Erano da poco cominciati gli anni ’70 e Nuccio progetta per Lancia la storica Stratos, una ber-linetta compatta, dal target preva-lentemente agonistico, che si co-prirà di gloria in diversi Campio-

nati Mondiali di Rally. Il 1972 vede l’inaugurazione del nuovo Centro Stile in quel di Caprie, un vero ate-lier dell’auto appositamente voluto lontano da Torino per esigenze di tranquillità e riservatezza. Sempre aperto alle idee più innovative e convinto sostenitore di nuovi pro-pulsori ecologici, all’inizio degli anni ’90 Bertone investe nello stu-dio delle auto elettriche e, così, nel 1992, al Salone di Torino viene pre-sentata la Barchetta Blitz, un vei-colo che combina al motore elettrico delle soluzioni costruttive di avanguar-dia. Successivamente, nel 1994, pro-seguendo sulla strada del green, Bertone presenta la ZER (Zero Emission Record) che offre delle prestazioni elevatissime per il set-tore dei veicoli elettrici e conqui-sta il record mondiale di velocità sull'ora. Il 26 febbraio 1997 Nuccio Bertone muore a Torino. Dopo la morte del fondatore, la società in-traprende un lento declino, deter-minato da investimenti e scelte manageriali sbagliati. L'azienda conosce così i suoi più brutti anni di storia: il primo colpo molto duro

Lancia Stratos Rally

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Museo Centro Stile Bertone, Caprie (TO)

DESIGNER’s STORY

Gli stabilimenti Bertone a Grugliasco (TO)

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La meravigliosa Nuccio, dedicata al centenario della nascita di Bertone nel 2012

DESIGNER’s STORY

lo assesta la FIAT con l’annulla-mento del contratto produttivo che prevede il trasferimento della produzione dell'Alfa Romeo GT nel suo stabilimento di Pomigliano d'Arco. La crisi aziendale investe anche gli eredi Bertone creando accesi contrasti e contrapponendo la vedova alle due figlie. Comincia il triste iter delle trattative di ac-quisizione del gruppo. La vedova Bertone, in qualità di presidente del CdA della società, liquida l'a-zienda nel gennaio del 2008 ven-dendola a Domenico Reviglio, pre-sidente del gruppo Keiber. Questa vendita farà ipotizzare alla Procu-ra di Torino il reato di bancarotta fraudolenta. Viene dichiarato lo stato di insolvenza del gruppo e il Ministero dello Sviluppo Economi-

co nomina tre commissari straor-dinari che richiedono l'ammini-strazione straordinaria per proce-dere alla redazione di un program-ma di cessione dell’azienda e alla pubblicazione del relativo bando di gara. Il 6 agosto 2009, il Ministe-ro per lo Sviluppo Economico au-torizza la cessione dello stabili-mento Bertone di Grugliasco al Gruppo FIAT, ironia della sorte, col nuovo nome di FCA-OAG (Officine Automobilistiche Grugliasco). Il marchio Bertone, invece, rimasto di proprietà della famiglia abban-dona completamente la produzio-ne in serie di automobili e si occu-pa di automotive a ciclo completo in outsourcing. La sede è rimasta a Caprie, in Val di Susa, e si occu-pa ancora oggi della produzione di

autovetture fuoriserie in esempla-ri unici allestiti artigianalmente. Forse in memoria dei vecchi tem-pi, è stato realizzato il recente pro-totipo Alfa Romeo Pandion, per il centenario Alfa Romeo, esposto al Salone di Ginevra nel 2010. Nello stesso anno la Bertone ha aperto una sede in Cina seguendo, tutto sommato, la logica di Nuccio: pro-porre direttamente autovetture fuoriserie sul principale mercato mondiale automobilistico. Il suo esordio in Asia è avvenuto con l’esposizione proprio della Pan-dion al Salone di Hong Kong. Nel 2012, presso la sede della società è stato aperto il museo Bertone dove è custodita la collezione Bertone di auto storiche.

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INTERVISTA

Lorenzo Caddeo

S ei entrato in Community, nei suoi primissimi gior-ni di vita, con una foto in bianco e nero.... ero con-

vinto, per come scrivevi, che eri un mio coetaneo appassionato di auto vintage... Alla fine chi è vera-mente Lorenzo Caddeo? Ho diciassette anni, quasi diciotto, sto per andare al quinto anno di liceo scientifico e quindi sono ver-so la maturità! Sono un grande appassionato di design automobi-listico e in generale mi piace l'arte in tutte le sue forme. Come è nata questa passione per l'automotive? Quando hai comin-

ciato a disegnare automobili? Come direbbero i miei genitori: “Lorenzo ha imparato prima a di-segnare le auto e poi a scrivere e leggere" e tutto sommato è davve-ro andata così. Ho disegni che feci quando avevo tre anni, anche me-no. Sin da piccolo sono rimasto affascinato dalle auto, dalle loro forme, dalla loro capacità di "muoversi da sole". Per me erano delle opere d'arte in movimento e lo sono tutt'ora! Come sei arrivato a SketchUp? Da quanto tempo lo usi? SketchUp iniziai a usarlo alle me-die, per dei lavori di architettura per il professore di tecnica che a volte ci faceva elaborare dei pro-getti al computer. Un'ottima scelta da parte sua che ci ha avviato ver-so l'informatica unita al mondo

del lavoro. Piano piano mi ha pre-so ed è stato un lungo cammino. L'utilizzo serio, vero e proprio di SketchUp è però iniziato due anni fa, quando aprii una mia collezio-ne automobilistica sulla Trimble Warehouse, per vedere le valuta-zioni che ricevevo sulle mie auto-mobili. Un'esperienza che si rivela ogni giorno utile. Quali sono, secondo te, pregi e di-fetti di SketchUp? L'interfaccia di SketchUp è sem-plice, intuitiva e ti permette di fare i tuoi primi esperimenti. La bellez-za di SketchUp risiede anche nella sua versatilità, dal momento che puoi installare plugins per rendere l'esperienza migliore e più at-traente. Forse il difetto di Sket-chUp è che non implementa fun-zioni capaci di generare poligoni

Sulle prime pensavo che si trattasse di un mio

coetaneo amante della musica e delle auto

vintage. Anche i suoi modelli di auto, stile anni

‘70 e ‘80, che realizzava con SketchUp sem-

bravano confermare le mie sensazioni… Alcuni

suoi post apparivano come veri e propri articoli

usciti da Quattroruote per il modo in cui descri-

vevano minuziosamente i modelli realizzati in

3D. Ad un certo punto la curiosità fu più forte di

me e gli chiesi quanti anni avesse: “Ho 15 anni,

sono sardo e vado alle superiori!”. Rimasi am-

mirato, basito e divertito allo stesso tempo; di

ragazzi così oggi nel nostro Paese ce ne sono

veramente pochissimi… Si aggiunga un piglio

da studente sessantottino e rivoluzionario con

le idee molto chiare in campo sociale e politico

e qualche pasticcio amoroso… Impossibile non

considerarlo affettuosamente come la mascotte

della Community! Da quei primi modelli di due

anni fa Lorenzo ne ha fatta di strada ed è cre-

sciuto enormemente tanto che Gontrand Nyung

e Jocelyn Groizard, altre “vecchie” conoscenze

della nostra Community CAD, lo hanno voluto

con loro recentemente per la fondazione di un

atelier automobilistico virtuale europeo che

hanno chiamato ANT (formica) ispirandosi

all’operoso insettino. Sembra giunto il momento

di fare una chiacchierata con questo giovanotto

geniale e talentuoso che, insieme a Gian Mar-

tin Corso, dà tanto lustro alla nostra splendida

Sardegna… Ajò!

di Salvio Gigl io

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INTERVISTA

Alcuni render di modelli sviluppati da Lorenzo all’inizio delle sue frequentazioni su G+ (2012/ ‘13)

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INTERVISTA

più velocemente, senza che si deb-ba fare un collegamento manuale tra di essi, il che rende a volte lun-go un lavoro che con altri software potresti completare immediata-mente. Sotto certi punti di vista, trovo la modellazione di SketchUp molto limitativa, perché devi fare tutto manualmente e a volte non sempre il risultato coincide con ciò che si ha in mente. Cosa ne pensa la tua famiglia dei tuoi lavori? Chi è il tuo supporter maggiore? Entrambi sono rimasti molto incu-riositi da questa mia svolta, sia mia madre che mio padre. Mi ri-volgo a entrambi per i pareri sulle automobili, opinioni che conservo per il futuro. In particolare un rin-graziamento lo rivolgo a mia ma-dre per avermi insegnato, sin dai primi giorni in cui facevo automo-bili, il concetto dell'armonia tra le forme e del "nessuna forma viene fatta così per caso". Entrambi sup-portano questa attività e sono mol-to contenti dei lavori che svolgo! A scuola quanto "paga" la tua bra-vura e popolarità nel campo dell'automotive? Sei bravo in tutte le materie? In cosa eccelli? Purtroppo a scuola il mio talento estetico non si manifesta moltissi-mo, ad essere sincero. A detta dei professori (io non mi giudico mai, lascio agli altri i pareri obiettivi su di me) sono molto bravo un po' in tutte le materie. Apprezzano la proprietà del linguaggio che pos-siedo e la mia capacità di articola-re e di presentare i concetti che ho in testa e affermano che possiedo una buona capacità di creare col-legamenti tra le varie materie in una sola interrogazione. Hanno molta fiducia in me e molti di loro hanno, sin da subito, notato la mia passione per le automobili, ap-prezzando i lavori che ho fatto. Anche a scuola, nei ritagli di tem-po disegno automobili: traggo ispi-

razione da qualsiasi cosa, anche la più insignificante. Cosa significa per te disegnare? Questa è una domanda interessan-te. Disegnare per me è soffiare ciò che si ha dentro su un foglio, a vol-te con delicatezza, a volte con vio-lenza. L'arte in sé è un cambia-mento, è un evoluzione dal foglio bianco che si ha davanti. Il dise-gno, il dare una forma a qualcosa che non c'è, è la base della crea-zione. Disegnare richiede tecnica, richiede un riscontro con la realtà che solo tu puoi dare. In un certo senso, sulle spalle grava un peso enorme, alleggerito dall'arte che inietti nella matita. Disegnare ha sempre avuto un grande significa-to per me, sia nel lato tecnico che in quello artistico. Ascolti ottima musica vintage... chi è il "musicologo" di casa? Non salvi nessun artista di questi ulti-mi anni? Un po' tutti, mia madre e mio pa-dre mi hanno trasmesso un sacco di generi, poi io ho preso la mia strada e ho fatto un po' di selezio-ne, alla fine i gusti sono gusti! I miei artisti preferiti restano Stevie Nicks, Giorgio Gaber, Rino Gaetano ma anche i Pink Floyd, i Kiss, i Fleetwood Mac (la stessa Nicks ne fa parte) e altri. Ascolto di tutto, da Miles Davis, che ho scoperto da solo, a Tupac, dal reggae al metal. Ci sono artisti che salvo, ovvia-mente, ma al giorno d'oggi nella musica ci sono troppi, troppi arti-sti. Certo, ognuno di loro ha qual-cosa da dire. A volte nasce anche il dubbio che lo facciano solo per soldi e, quando è così, un po' me ne accorgo. I miei artisti preferiti re-stano quelli che ascolto di più per-ché in parte mi ci rispecchio e in parte rispetto profondamente la persona che sta dietro a quei testi e a quelle parole, al di là dell'indi-scusso talento o della formidabile voce.

Cosa cambieresti nella scuola ita-liana per renderla più formativa? Nella scuola di oggi mancano mezzi per farla sentire meno di-stante dal mondo del lavoro. O for-se è quest'ultimo che si sta allon-tanando dalla scuola? Di per sé, ogni giorno sembra che l'insegna-mento che ti da la scuola non sia utile per il lavoro o che comunque una volta arrivato a cercare lavoro, nessuno te ne darà uno perché manca l'esperienza e allora la do-manda sarà: "Ho studiato a scuola per me stesso e per me stesso si-gnifica per un lavoro". La scuola italiana è un paradosso che, per volontà dei dipendenti pubblici, continua a funzionare nonostante (ci tengo a sottolinearlo) le riforme attuate in questi anni hanno sol-tanto stravolto il percorso scolasti-co. In Italia le “menti” ci sono ma la ricerca è finanziata pochissimo e così la fuga di cervelli è fatta da persone intelligenti che hanno fatto un percorso scolastico e che hanno capito che il mondo della scuola e il mondo del lavoro, per quanto strettamente collegati, so-no lontanissimi anni luce. Chi è nella Community e su G+ la persona che ti ispira e ti stimola di più? Non c'è una persona che mi ispira o che mi stimola, un po' tutti a mo-do loro sanno ispirarmi e mandar-mi avanti in questa mia esperien-za. Nella Community un ringrazia-mento personale devo darlo a Sal-vio Giglio che mi ha fornito molti consigli sulle auto e, soprattutto (tengo a precisarlo), mi ha fatto crescere in un lampo per quanto riguarda la cura degli interni delle automobili: se oggi io disegno da zero gli interni delle mie auto lo devo a lui! Un altro ringraziamento va a tutti coloro che seguono i miei lavori, che sono sempre di-versi e lanciano uno sguardo sui miei lavori ( e di questo li ringrazio

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INTERVISTA

Lavori più recenti di Lorenzo Caddeo (2014): in alto viste posteriore ed anteriore della Letizia; al centro tre immagini della furgonetta commissionata direttamente da CADZINE, la Laura VAN; chiudono la galleria tre immagini del nuovo circuito idea-to da Lorenzo per le prove di renderizzazione dei suoi modelli.

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INTERVISTA

calorosamente). Su G+ un ringra-ziamento personale va dato a Jo-celyn, un mio "collega" molto bra-vo che mi ha aiutato in alcuni mo-delli e con lui svolgo diversi lavori in comune, per una crescita stili-stica parallela. I ringraziamenti li devo anche a Humberto, un "collega" che con i suoi lavori mi ha ispirato ad aprire la collezione di automobili online, altrimenti a quest'ora non sarei qui! Il tuo designer preferito, quello a cui vorresti somigliare di più? Questa è una domanda davvero difficile! Sono molti i mostri sacri che io apprezzo. Parlo del rivolu-zionario Chris Bangle, Walter De Silva, Franco Scaglione, Marcello Gandini, Battista Pinin Farina, Giorgetto Giugiaro, Patrick Le Que-ment, Robert Opron... Sono molte le persone cui vorrei somigliare o da cui vorrei imparare. Non so esattamente però a chi vorrei so-migliare: tutti a modo loro hanno avuto un prpoprio stile. Forse è proprio questo ciò in cui vorrei somigliare a loro, nell'avere uno stile tutto mio! Cosa vuoi fare da grande? Il mio sogno sarebbe il designer automobilistico. Un lavoro in cui unirei passione e volontà, perché mi piace lavorare con l'arte e per l'arte. E mi piace lavorare per il prossimo, immaginare che i miei lavori un giorno verranno guidati da qualcuno, apprezzati da qualcu-no, riceveranno una certa conside-razione, saranno disponibili a tutti,

saranno vere, tangibili, reali. Ti chiedo un parere anche se sei giovanissimo... Come può uscire il nostro Paese dalla crisi? Una domanda davvero particolare. Ci vorrebbe un reset, perché sono troppi gli errori che si sono fatti dal dopoguerra a oggi. Abbiamo perso l'amore della cultura in favo-re dell'immediatezza tecnologica, un'immediatezza nella quale tutti, me incluso, ci siamo riversati, chi per convenzione, per abituarsi, per non stare fuori, chi per comodità. Come Paese abbiamo molto da da-re ma è la gestione dei soldi che è semplicemente sbagliata. Abbia-mo una mentalità bacata, perché non pensiamo a utilizzare i fondi che si hanno per valorizzare, bensì per espandere senza riuscire vera-mente a capire i punti di forza an-che di un semplice paesino ricco di storia. Certo, la cultura non fa mangiare ma, a quanto mi risulta, il turismo sì: è un Paese pieno di arte può contare certamente sul turismo. Altre cose che cambierei sono sicuramente il controllo dell'evasione e l'eccessiva tassa-zione sulle imprese che vorrebbe-ro nascere e vengono ammazzate immediatamente da un'onda di tasse che rende loro impossibile imporsi sul mercato e ciò ammaz-za l'economia da dentro: è un ser-pente che si morde la coda. In Ita-lia purtroppo abbiamo saputo creare l'immagine della non-serietà e nessuno investe davvero nelle nostre aziende, perché la corruzione ha creato all'estero

un'immagine sbagliata dell'Italia, l'Italia dei buffoni. Un'opinione sincera sulla Commu-nity e su CADZINE... La Community è un bel posto, mi ci trovo bene. Guardo i post che vengono messi, che sono molto interessanti e soprattutto vari. Col-go l'occasione per ringraziare Mar-co Garavaglia che ci insegna sem-pre qualcosa di matematica instil-lando in noi la curiosità verso nuo-vi argomenti particolari che spes-so ignoriamo completamente! La Community la considero un ottimo posto per imparare, scoprire nuove cose, nuove curiosità e anche farsi un nome, pubblicare lavori per persone che conoscono un po' la materia e lasciano un parere, che io apprezzo sempre, sia che venga da un esperto che da una persona che ignora la materia. CADZINE è un'esperienza tutta nuova per me! È un bel mensile che a me piace leggere perchè è molto vario e non segue un solo argomento. L'attra-versare frontiere diverse, dalla matematica alla fisica, per andare al design, è un buon modo per farsi una visuale a 360 gradi sulla cultu-ra e sulle conoscenze che si hanno oggi. Approfitto dell'intervista per la-sciare un render del mio ultimo lavoro, un concept sviluppato completamente da me. Un saluto a tutti quelli della Community, di CADZINE e di G+ che mi seguono e valutano i miei lavori!

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Daniele Lapenna e il Cavaliere di ghiaccio

D aniele nasce ad Andria (BA) il 6 dicembre 1986, dopo il diploma come Perito Informatico si

appassiona alla scrittura creativa, poesia e disegno. Nel 2007 fonda il suo blog Il Ventunesimo Secolo. Nel febbraio del 2009 alcuni suoi disegni sono esposti alla Galleria d'Arte Mentana a Firenze di cui Daniele afferma: “É stata una sod-disfazione personale ed un sogno che si avverava: il far conoscere a tutti la mia passione per il dise-gno” e aggiunge che “è stata co-munque un' esperienza ecceziona-le che mi ha fatto capire quali sono i miei punti forti…”. Attualmente vive a Cagliari dove si è trasferito da cinque anni.

Il romanzo Questo lavoro ha impegnato Da-niele per quasi tre anni e ha cono-sciuto diverse interruzioni e modi-fiche sino alla stesura finale, poi distribuita attraverso il circuito del Self Publishing. “Il Cavaliere di Ghiaccio” è un romanzo storico ambientato tra la fine dell'Alto e l'inizio del Basso Medioevo, esatta-

mente nell' anno 1008. L’autore afferma che si è impegnato su questo tema poiché “questo perio-do... non piace ai lettori, o forse solo perché non viene presentato come un mondo molto simile a quello odierno e quindi con dei punti in comune interessanti”. Ha da poco aperto un blog dedicato al suo romanzo, ilcavalieredighiac-cio.blogspot.it , dal quale cercherà non solo di spiegare la trama ed i personaggi del testo ma anche lo stile di vita del Medioevo: usi, co-stumi, cucina, leggi ed altre curio-sità con lo scopo di far amare que-st’epoca ai lettori italiani. La trama in pillole Il protagonista del romanzo è lo spadaccino Glower: un ragazzo di vent’anni anni molto introverso e dal fisico possente. L’alone di mi-stero legato alla figura di questo personaggio lo accompagnerà lun-go tutta la narrazione anche se il ragazzo, nonostante il suo caratte-re glaciale, mostra in più occasioni anche molti suoi punti deboli. Nel corso della vicenda a Glower si assoceranno nuovi amici ed insie-me tenteranno di capovolgere l'Impero della Regina per instaura-re un Regno di pace e tranquillità. Gli ideali di Glower sono vissuti con tanta convinzione da renderlo un eroe; le sue uniche armi sono solo una spada color zaffiro, grossa e pesante, ed un' armatura che lo protegge dagli attacchi nemici. Quella corazza è anche una meta-fora dell’animo del personaggio, sufficientemente robusto per pro-teggerlo dalle emozioni del mondo che lo circonda, facendolo appari-re come un individuo senza desi-deri e sentimenti. Parlando di Glo-wer l’autore afferma che egli è “di ghiaccio perché è solido, freddo, anche se ci sarà occasione per far-

lo sciogliere e per mostrare qual-cosa in più del suo vero essere.”. I personaggi I personaggi della trama sono tan-tissimi, complessivamente più di una trentina; quelli principali so-no circa una decina ed ognuno con la sua storia. A tal proposito Da-niele è sicuro che “il lettore si ri-specchierà per forza almeno in uno di loro. Già, perché nel testo si trova qualsiasi tipo di personaggio: c'è quello timido, l' assassino, quel-lo spietato e quello magnanimo, il cattivo buono ed il buono un po' cattivo, i carnivori, i vegetariani, i magri e i grassi, i famosi e gli sco-nosciuti, gli idealisti e i realisti, i genitori ed i figli. Quest' ultimi so-no i protagonisti che incorniciano la storia. La strada attraversata dal libro è quella del rapporto fra geni-tori e figli. C'è chi li ama, chi li odia, chi non li ha mai visti, chi non li ha mai potuti vedere e chi non li avrebbe mai voluti avere. Un rapporto che sin dalla notte dei tempi ha condito le vite di ognuno di noi e che ci condiziona in ogni nostra scelta. Il genitore che è di-stante e si pente dei suoi errori; il genitore che invece è fiero di ciò che ha fatto senza che si avveda delle conseguenze sui figli; il geni-tore inaspettato, ovvero quello che non pensava sarebbe divenuto una specie di padre.”. In definitiva so-no storie d'attualità, trasportate in un mondo di cavalieri, arcieri, sag-gi, bottegai e contadini, che si in-trecciano, si collegano, emoziona-no e fanno riflettere. Sembrerà di vivere ai giorni nostri perché, an-che se passano i secoli, l'essere umano non cambia mai. Attual-mente Daniele ha già completato il sequel di questa storia che però non ha ancora pubblicato.

LIBRI

di Salvio Gigl io

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MUSICA

I l poema sinfonico è una com-posizione di ampio respiro, quasi sempre in un solo mo-vimento, che sviluppa musi-

calmente un'idea ispirata ad un'o-pera letteraria, prosa o versi che sia, oppure ad un'opera figurativa, filosofica ma può rappresentare anche un omaggio a luoghi od oc-casioni particolari o, semplice-mente, una libera intuizione del compositore. Il poema sinfonico deriva direttamente dalla musica a programma, forma prediletta dai musicisti romantici, che nella Sin-fonia Fantastica di Berlioz vede uno degli esempi più significativi. La funzione descrittiva è stata sempre uno degli scopi principali del linguaggio musicale. Ricordia-mo le "Cacce" trecentesche, le "Battaglie" del Cinquecento; cele-berrimi sono i quattro concerti

dell'opera 8 di Vivaldi “Le Quattro Stagioni”, ispirati ciascuno di essi ad una stagione dell’anno e com-posti su altrettanti sonetti di auto-re ignoto. Non meno famosa è la Sesta Sinfonia di Beethoven “Pastorale”: qui ognuno dei quattro movimenti è accompagnato da una descrizione della vita dei campi; Beethoven si ispira alla campagna e, attraverso l'orchestra, ne imita i suoni. Con Berlioz, le tante azioni descrittive si legano tra loro per costruire una “storia” da raccontare in musica: lo stru-mento per la sua realizza-zione è l'idea fissa, cioè il tema musicale che ricorre frequentemente per tutta la com-posizione e che ha come specifico riferimento un personaggio, un evento, un oggetto, un sentimento, un’idea. Il forte sentimento di li-bertà, che pervade il XIX secolo, spinge i compositori verso forme

musicali sempre più lontane da schemi precostituiti, vicine peral-tro al sentimento e all'irrazionalità che caratterizza l'epoca romantica ed è in questo contesto, con il pro-gressivo dissolvimento della Sin-fonia, che si afferma il poema sin-fonico come espressione tardo ro-mantica della musica a program-ma. Il poema sinfonico prende for-ma dalla fantasia creativa di Franz Liszt, il cui maggiore intento era quello di fondere l’ispirazione let-teraria con la musica strumentale pura, in modo da poter esprimere

con la musica quelle medesime azioni interiori che sono oggetto dell’espressione poetica stessa ed è quindi indispensabile il collega-mento tra musica e letteratura. Le orme del grande pianista unghere-se, che a questa forma si dedica

di N ico la Amalf i tano

Il poema sinfonico

Franz Liszt

Forma prediletta della musica del periodo Romantico, il poema sinfonico diventa occasione per narrazioni anche nazionalistiche, di tipo epico, potentemente evocative e capaci di risvegliare sentimenti patriottici.

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MUSICA

AM STILLEN HERD di F. Liszt Lied aus Richard Wagner's (da collezione privata)

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MUSICA

quasi esclusivamente tra il 1849 e il 1857 componendo 14 poemi sin-fonici, vengono seguite da tanti altri musicisti con la più abbon-dante fioritura in Germania, sul finire del XIX secolo, per opera di Richard Strauss. In Italia, il poema sinfonico trova sviluppo dopo il 1910, soprattutto con Ottorino Re-spighi che a questa forma musica-le dedica sette composizioni: Le fontane di Roma, Ballata delle Gnomidi, I pini di Roma, Vetrate di Chiesa, Trittico botticelliano, Im-pressioni brasiliane, Feste roma-ne. Il poema sinfonico può presen-tarsi con i suoi episodi saldamente concatenati, oppure nettamente diviso in quadri dal titolo e dal programma diverso, come nelle opere del citato Respighi, ed anco-ra in un unico brano, come nell'Apprendista Stregone di Dukas. Particolarmente interes-sante e significativa sotto gli aspetti formali e nazionalistici è l'opera di Smetana “Má vlast” (La mia Patria), formata da ben sei

poemi sinfonici. Un esempio d'im-mediata percezione, riguardo agli intenti descrittivi del poema sinfo-nico, è fornito dal brano “Nelle Steppe dell'Asia Centrale” di Alek-sandr Borodin. Sul tema di una canzone russa, Borodin descrive il paesaggio sabbioso della steppa e l'avvicinarsi di cavalli e cammelli; una lenta melodia orientale sotto-linea il transito della carovana e il suo allontanarsi con la musica che pian piano si dissolve. Camille Saint-Saëns, per la sua Danza Ma-cabra, si ispira ai versi di Henri Cazalis e, mentre il violino suona un'aria di danza, gli scheletri vaga-no nell'ombra avvolti in bianchi sudari. Modest Mussorgskij trae ispirazione dai racconti di Nikolaj Gogol' e, nel poema “Una notte sul Monte Calvo”, immagina un sabba delle streghe ai piedi del Monte Triglav. Paul Dukas fa riferimento ad una ballata di Gothe nella quale il protagonista è un apprendista stregone che durante l'assenza del maestro cerca di imitarlo. Oggetto

dell'incantesimo è una scopa alla quale comanda di prelevare acqua dal pozzo ma poi non riesce più a fermarla avendo dimenticato la parola magica; soltanto l'interven-to del vecchio maestro porrà fine al disastro. Un altro esempio, que-sta volta con intenti celebrativi, possiamo trovarlo nell'Overture 1812 di Ciajkovskij, scritta per commemorare l’anno della disfatta di Napoleone durante il tentativo d’invasione della Russia. L’orche-stra rende vivo lo scontro delle due armate, sottolineato dall’ese-cuzione dell’inno “Dio salvi lo zar” e della “Marsigliese”. I colpi di can-none, nel diminuendo finale, se-gnano il ritiro da Mosca e il ritorno dei francesi sui propri confini. La vittoria e la liberazione della Rus-sia sono celebrate in pompa ma-gna nel finale arricchito da rintoc-chi di campane.

F. Liszt, Sonata in si minore per pianoforte, S 178

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NEW HARDWARE FOR CAD

U n caloroso benvenuto (vista la stagione) agli amici che stanno se-guendo questi articoli

sulle stampanti 3D e la realizza-zione della RepRap Mendel. In questa puntata, ci occuperemo di definire l’allestimento elettromec-canico della stampante, partendo da alcune nozioni di base che pos-sono tornare utili anche in altre occasioni. Pensando al montaggio della Mendel, qualche settimana fa, mi è tornato in mente il periodo in cui mi occupavo di automazio-ne industriale professionalmente: un lavoro bello ma massacrante. Ci occupavamo di allestire mac-chinari molto complessi come le catene di montaggio per lavatrici con oltre 40 postazioni di lavoro. La linea di produzione prelevava la scocca di una lavatrice provenien-te dalla verniciatura e, stazione dopo stazione, la macchina veniva

montata, testata e imballata. Allestimento elettromeccanico Allestire elettricamente e/o mec-canicamente una macchina signi-fica corredarla di tutti quei dispo-sitivi, attivi e passivi, che ne con-sentono il controllo per il funzio-namento e la produzione. Al pari del corpo umano, ogni macchina è equipaggiata da almeno un centro di controllo digitale (PLC, MCU, WS) e necessita di un albero elet-trico (composto da cavi di potenza e cavi di segnale) op-portunamente colle-gati, alle loro estre-mità, da una parte a generatori (elettrici o di segnale) e dall’altra ad attuatori e rivelatori. Un esem-pio immediatamente a portata di… mano è proprio la mano! :D Se cer-cassimo di replicare bionicamente questo arto complicatissimo do-vremmo, dopo aver costruito la-struttura portante che funge da ossatura, applicare tutta una serie di sensori ed attuatori per consen-tirne il movimento e controllo.

L’allestimento di una macchina, in termini di componentistica impie-gata, è direttamente proporzionale alla complessità delle funzioni a cui è chiamata ad assolvere. Un buon allestimento elettrico deve tener conto non solo di attuatori e sensori ma anche del loro fissag-gio, cablaggio e del posizionamen-to della loro cavetteria elettrica e delle relative condutture protetti-ve, lì ove esse sono richieste. Es-sendo ogni macchina dotata di un

certo numero di GDL (gradi di li-bertà) o DOF (degree of freedom) l’allestimento elettrico non deve assolutamente interferire con essi impedendone i movimenti durante un’operazione: ne consegue che ogni cavetto e/o conduttura elet-trica deve avere gioco sufficiente in prossimità di articolazioni e snodi. Fortunatamente la nostra Mendel è una macchina molto semplice e i suoi attuatori e senso-

IV puntata

di Salvio Gigl io

Allestimento elettrico di una stampante 3D

Fig. 1, la componentistica hardware di base di una RepRap Mendel

ALLESTIMENTO ELETTRICO, i MOTORI PASSO–PASSO, AZIONA-

MENTO ELETTRICO e tanti concetti utili per capire come funzio-

na il mondo dell’elettronica digitale applicata alle macchine

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ri si limitano a poche unità le cui membrature elettriche (cavi se-gnale e potenza) sono di sezione ridotta e di facile fissaggio alla struttura della stampante. L’alle-stimento elettromeccanico della Mendel consiste dei seguenti ele-menti: MPP motori passo-passo (stepper); resistori estrusori (per ammor-

bidire il filamento termoplasti-co);

termistori per il controllo degli estrusori (sensori termici per far riscaldare i resistori entro una certa temperatura);

piatto termico ove stampiamo il nostro modello evitando che si saldi alla stampante;

termistore per il controllo del piatto termico (per evitare di “cuocere” il modello).

Pur trattandosi di componenti elettrici ed elettronici alimentati in ELV (extra low voltage - bassis-sima tensione), essi vanno adegua-tamente fissati alla struttura per evitare danneggiamenti e donare anche una certa estetica alla mac-china! Tutti i consigli necessari all’allestimento ottimale della stampante ve li fornirò nel ciclo di articoli destinati all’assemblaggio della printer; in questa puntata approfondiremo l’argomento intro-

dotto nel numero 2 relativamente ai drivers e alla steper shield: i mo-tori passo-passo o stepper. I motori passo-passo o stepper (MPP) Con questa designazione si fa rife-rimento ad una famiglia di motori elettrici, alimentati da impulsi, che può essere suddivisa in tre catego-rie costruttive principali: a rilut-tanza variabile, a magnete perma-nente e ibridi. Di questi analizze-remo rapidamente, nei prossimi paragrafi, le principali caratteristi-che di funzionamento e valutere-mo vantaggi e svantaggi legati alla loro adozione. Partiamo subito col capire, per linee generali, come funzionano questi motori in modo da comprendere meglio le varie tipologie costruttive reperibili sul mercato e valutare, così, se esse fanno al caso nostro nella realizza-zione di un progetto. Costruttivamente non differiscono molto dai loro fratelli di maggiori dimensioni e potenza, normal-mente utilizzati in macchine di ogni ordine di grandezza e funzio-ne. Hanno una struttura fissa chia-mata statore e una mobile detta rotore. Sulla parte esterna dello statore si trovano opportuni siste-mi di fissaggio per assicurare il

motore ad una struttura o ad una superficie. Al rotore corrisponde anche l’albero motore a cui è affi-data la trasmissione del moto rota-torio alla macchina azionata. Com-pletano il motore due coperchi, anteriore e posteriore, chiamati anche carter. Sui due carter sono praticati degli alloggiamenti per i cuscinetti di supporto dell’albero motore; in particolare il carter an-teriore ha un foro passante da cui fuoriesce l’estremità dell’albero motore preposta al collegamento meccanico con la macchina azio-nata. Il principio di funzionamento dei MPP è molto semplice ed è as-similabile a quello di un motore elettrico di tipo sincrono in cui l’albero motore si muove seguendo il campo elettromagnetico degli avvolgimenti dello statore. Negli steppers tutto ciò avviene a scatti: ad ogni impulso di alimentazione emesso dal circuito elettronico preposto alla gestione, corrisponde un avanzamento angolare elemen-tare costante dell’albero, detto pas-so. In altre parole, un MPP conver-te un comando elettrico in un mo-vimento rotativo o traslatorio, sempre di tipo incrementale, con-tinuo. Una successione di impulsi, chiamata treno, emessa ad una certa frequenza da un controllore

NEW HARDWARE FOR CAD

Fig. 2, Sezione di un MPP (S. Giglio)

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Tab. 1, caratteristiche costruttive principali delle tipologie di MPP (S. Giglio)

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Schema 1, controllo ad anello aperto

Schema 2, controllo ad anello aperto e protezione dai disturbi

Schema 3, esempio di un controllo per MPP

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elettronico, come la steper shield per intenderci, consente di ottene-re una velocità di rotazione prati-camente costante. Alle frequenze elevate e durante le fasi di accele-razione e decelerazione, le presta-zioni del MPP sono strettamente relate al suo sistema di controllo. Si tenga presente sempre, al di la della Mendel e di Arduino, che per una gestione ottimale dei MPP è necessario disporre di una sor-gente di corrente controllata e op-portunamente protetta da un cir-cuito ausiliario di estinzione per limitare le sovratensioni derivanti dalla successione delle accensioni e degli spegnimenti delle bobine. La stessa poi deve anche assicura-re la successione delle commuta-zioni tra le varie fasi del MPP a un ritmo compatibile con le funzioni da realizzare. E’ necessario consi-derare l’adozione di un controllo del tipo ad anello aperto, come vedremo più innanzi, data la natu-ra sincrona del MPP. In conclusio-ne, questi motori permettono di convertire “informazioni” in un controllo di posizione e velocità estremamente affidabile e preciso. Passiamo adesso a capire il fun-zionamento delle tre tipologie di MPP. MPP a riluttanza variabile Lo statore è costituito da una serie di lamierini metallici. La forma costruttiva prevede un certo nu-mero di protuberanze, chiamate espansioni polari, attorno alle quali sono avvolte delle bobine che costituiscono, dopo essere state opportunamente abbinate, dei circuiti magnetici chiamati anche fasi del motore. Il numero di coppie di bobine può essere 2,3,4,5 oppure 8; ciò dipende da una serie di parametri del motore quali: il numero di passi per giro, la coppia, la velocità, ecc. Alcuni produttori realizzano anche delle versioni monofasi. La parte più esterna di questi prolungamenti, quella vicina al rotore per capirci,

è realizzata con un profilo denta-to. Il rotore è un cilindro in ferro dolce su cui è ricavata una denta-tura e il cui passo è uguale a quel-lo della dentatura dello statore Tab. 1. Il nome di questi MPP è dovuto alla riluttanza magnetica cioè alla misura del legame esi-stente tra flusso di induzione ma-gnetica e la forza magneto-motrice, per estensione è la resi-stenza opposta da un circuito ma-gnetico al flusso di induzione ma-gnetica. La riluttanza è quindi co-me una sorta di “attrito magneti-co” che oppone un circuito ma-gnetico al flusso che lo vorrebbe far ruotare. A questo punto, quan-do la riluttanza è minima, la posi-zione assunta dal rotore può con-siderarsi in equilibrio stabile. Ec-co perché quando il circuito ma-gnetico è attraversato dalla cor-rente e si eccita, il rotore si sposta nella posizione di riluttanza mini-ma relativa alla fase alimentata, in corrispondenza della quale po-tremmo anche notare un allinea-mento tra le dentature di statore e rotore. Fino a che la fase è eccitata questa posizione non muta; cam-bierà solo quando la fase corrente sarà diseccitata per lasciare il po-sto ad un’altra, fatto questo che determinerà una nuova posizione di equilibrio del rotore e allinea-mento delle dentature e così via. MPP a magnete permanente. I MPP di questa tipologia devono il nome al rotore realizzato in mate-riale magnetico permanente su cui sono presenti, in successione, le due polarità nord e sud. Due se-mistatori cilindrici cavi, perfetta-mente identici, rappresentano lo statore. Essi sono realizzati con lamierini ferromagnetici con un numero di poli pari a quello del rotore e sfalsati tra loro di mezzo passo polare. Sui poli di ciascun semistatore sono disposte delle bobine, opportunamente collegate in serie l’un l’altra, in modo da ot-tenere un unico avvolgimento in

grado di generare, quando percor-so da corrente continua, polarità magnetiche nord e sud alternati-vamente, facendo assumere così al rotore la posizione di equilibrio desiderata. Anche in questo caso le coppie di bobine, che possono essere 4, 5, 6, prendono il nome di fasi del motore e fanno capo ad un certo numero fisso di conduttori che fuoriescono dal MPP per l’ali-mentazione. Ad essi è applicata la sequenza di impulsi per l’avanza-mento del rotore Tab. 1. Principali pregi di questo tipo di motore so-no: basso costo ed elevata robu-stezza; principali difetti: scarsa precisione e limitate prestazioni in termini di coppia e velocità. MPP ibridi Il rotore di questo tipo di MPP è formato da due nuclei realizzati da una serie di lamierini in metal-lo ferromagnetico, opportunamen-te dentati, chiamati anche coppet-te. L’assemblaggio del rotore è concepito in modo tale che tra i denti di una coppetta e l’altra sus-sista uno sfalsamento di mezzo passo di dentatura. I due nuclei sono separati da un magnete permanente polarizzato in dire-zione assiale; in tal modo i denti di una coppetta risultano tutti ma-gnetizzati nord, quelli dell'altra tutti magnetizzati sud Tab. 1. Lo statore è anche esso realizzato con lamierini metallici ferroma-gnetici, munito di un numero pari di espansioni polari con l’estremi-tà rivolta verso il rotore, recanti un profilo dentato, attorno a cui so-no disposte delle bobine, oppor-tunamente collegate per realizza-re due fasi. Definizione ed elementi di un Azionamento Elettrico (A.E.) Dopo aver accennato alle caratte-ristiche di base dei MPP, ci occu-peremo adesso del loro controllo attraverso una schematizzazione ideale. Quando si parla di gestione di un motore elettrico, di qualun-

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que tipo esso sia, per controllare i suoi parametri principali come la coppia, la velocità, il senso di rota-zione, la posizione del suo albero motore, ecc., si fa riferimento ad un Azionamento Elettrico (A.E.). Un Azionamento Elettrico è, infat-ti, l'insieme composto da un moto-re elettrico e dai relativi apparati d'alimentazione, comando e con-trollo. Nello Schema 1 sono ripor-tati, sotto forma di flow chart, i componenti essenziali di un A.E.: sorgente elettrica di alimenta-

zione primaria; il convertitore statico di poten-

za; il dispositivo di controllo;

il motore elettrico; la macchina azionata. Se contestualizziamo questa defi-nizione alla nostra stampante, rin-tracceremo subito gli elementi costituenti l’azionamento elettrico per la gestione dei suoi movimen-ti: l’alimentatore stabilizzato è la

sorgente di alimentazione; Arduino e la shield fungono da

convertitore statico di potenza e dispositivo di controllo;

i 4 MPP sono il motore elettri-co;

la stampante è la macchina da azionare.

Oltre all'esperienza della costru-

zione della Mendel, se in futuro vi cimenterete in altre applicazioni di robotica, automazione o elettro-meccanica, ricordate sempre che è proprio la macchina da azionare a definire, in base alle proprie ca-ratteristiche meccaniche, le speci-fiche elettriche dimensionali di ogni componente costituente il complesso dell’A.E. stesso! Circa il convertitore statico di potenza vorrei ricordare che questo è l’ele-mento principe di un A.E. e lo pos-siamo paragonare, in un certo senso, ad un amplificatore di po-tenza che provvede a modificare, sotto il governo del dispositivo di controllo, le caratteristiche dell'e-

Fig. 3, Ingombri caratteristici di un MPP NEMA17

Fig. 4, un MPP NEMA17 Tab. 2, caratteristiche tecniche di un MPP NEMA 17

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nergia elettrica proveniente dalla sorgente d'alimentazione prima-ria in modo da adattarle all'ali-mentazione del particolare tipo di motore. Il dispositivo di controllo determina, istante per istante, il valore delle grandezze di coman-do del convertitore statico in base alla modalità ed alla strategia di controllo adottate per lo specifico azionamento. Il controllo della tensione può presentare, a regime, degli scostamenti rispetto al valo-re di riferimento per presenza di disturbi. La natura di questi di-sturbi può essere dovuta a una o più tra queste cause: - la caratteristica di carichi (statici e dinamici) della macchi-na azionata; - le cadute di tensione nel conver-titore; - le variazioni parametriche nel sistema controllato. Con lo schema di controllo in ca-tena aperta questi effetti, se noti, possono essere compensati a li-vello della legge di controllo inse-rita nel codice di programmazione della macchina ma se si vuole as-sicurare scostamento nullo biso-gna ricorrere al controllo in cate-na chiusa che, però, è più com-plesso ed oneroso. Nel nostro ca-so, la sorgente di alimentazione primaria è la rete in corrente al-ternata monofase 220V 50Hz op-portunamente trasformata attra-verso un alimentatore stabilizzato collegato ai circuiti Arduino della stampante. Lo standard NEMA e i motori della RepRap Mendel RepRap, come la stragrande mag-gioranza dei costruttori e allestito-ri, ricorre, per i MPP equipaggian-ti le sue stampanti, alla classifica-zione di uno standard americano: il NEMA. Il National Electrical Ma-nufacturers Association (NEMA) è un'associazione statunitense di produttori d’apparecchiature elet-triche e di diagnostica medica per immagini che pubblica norme,

guide applicative, white paper e schede tecniche per l’unificazio-ne. Lo standard NEMA ICS16/ 2001 descrive le caratteristiche di MPP e servo motori in termini di movi-mento, posizione, velocità, coppia, ecc. Si occupa anche di standar-dizzare i sistemi e le procedure di controllo relative ai MPP nonché degli strumenti preposti al feed-back sul funzionamento, come encoders e resolvers. Nella ICS16/2001 sono raccolte anche le geometrie co-struttive dei MPP e i relativi siste-mi di fissaggio. La designazione dei motori step-per per NEMA avviene in base alla dimensione della loro piastra di fissaggio. Per determinare la di-mensione di un MPP in mm si adotta questa formula:

in cui: n NEMA è il numero di designa-zione indicato ed espresso diretta-mente come prodotto dei due lati della piastra di fissaggio (lato x lato); esso va poi diviso per 10, ot-tenendo la misura del lato in polli-ci, e moltiplicato per il fattore di conversione 25,4 per avere la mi-sura in mm (1 pollice = 25,4 milli-metri). La Mendel adotta un MPP NEMA17 cioè con fattore di forma della pia-stra di fissaggio 17 da cui avremo:

La designazione, ovviamente, non si riferisce solo alla forma costrut-tiva ma anche ai parametri fun-zionali del motore come la coppia, il numero di passi, la velocità, ecc. I parametri caratteristici che ci interessano per l’acquisto di un MPP per la nostra Mendel sono approssimativamente quelli ripor-tati nella Tab. 2. Per il profilo di-mensionale si faccia riferimento

alla Fig. 3. I costruttori, inoltre, rilasciano indicazioni anche sul colore dei cavi elettrici associati alle bobine o coil (normalmente si tratta di doppini rivestiti da una guainetta di isolante siliconico) e all’ordine con cui essi devono essere con-nessi alla shield Arduino. Torne-remo nuovamente su questo argo-mento quando tratteremo del montaggio della Mendel.

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ri che non hai ancora scaricato! Buona lettura

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CORSO di ORIENTAMENTO alla BIM

L a Building Information Modeling (BIM) è un pro-cesso incentrato sullo sviluppo, l'utilizzo e il tra-

sferimento del modello di infor-mazioni digitali di un progetto di un edificio. Nel suo insieme la BIM migliora la progettazione, la co-struzione e la gestione del proget-to stesso grazie ad un nutrito pac-chetto di servizi interconnessi. La Commissione USA del National Building Information Modeling Standards (NBIMS) definisce la BIM come: "Una rappresentazione digitale delle

caratteristiche fisiche e funzionali di un

cantiere edile. La BIM è una risorsa di

conoscenza condivisa, per le informazio-

ni su di un edificio, fondata su di una

base affidabile per le decisioni durante il

suo ciclo di vita, definito “esistente”

dalla sua concezione sino alla demoli-

zione. Una premessa di base della BIM è

la collaborazione tra i diversi esecutori

nelle varie fasi del ciclo di vita di un

fabbricato per inserire, estrarre, aggior-

nare o modificare le informazioni nella

BIM, per supportare e rispecchiare i

ruoli delle parti interessate.". Se correttamente implementata, la BIM è in grado di fornire valore aggiunto ad un progetto. La sua validità è stata comprovata attra-verso una lunga serie di progetti realizzati che hanno evidenziato i seguenti benefici: elevata qualità della progetta-

zione, ottenuta attraverso effi-caci cicli di analisi;

maggiore prefabbricazione, do-vuta ad una programmazione ottimale del cantiere;

migliore efficienza in cantiere, grazie alla realizzazione del programma di costruzione pia-nificato che offre maggiore in-novazione per l'impiego di ap-plicazioni di progettazione digi-tale.

Si tenga presente anche che al ter-mine della fase di costruzione le preziose informazioni BIM posso-

no essere utilizzate successiva-mente dall’amministratore della struttura immobiliare per la piani-ficazione degli spazi, per la pro-grammazione della manutenzione ordinaria e per migliorare le pre-stazioni complessive dello stabile o di un suo gruppo di servizi. Tut-tavia si devono segnalare anche casi in cui il team ha fallito non pianificando in modo efficace l'implementazione della BIM col processo edile, facendo così verifi-care: un considerevole aumento dei

costi per i servizi di modella-zione;

un rallentamento nella proget-tazione causato da informazio-ni mancanti;

La conseguenza di tutto ciò si è tradotta in un valore aggiunto del-la progettazione minimo o addirit-tura inesistente. Se ne deduce quindi che l’implementazione BIM richiede una pianificazione detta-gliata e una serie di modifiche di processo che risultano essere fon-damentali per quei membri del

I puntata

di Salvio Gigl io

Introduzione alla BIM: Building Information Modeling

Fig. 1, procedura di pianificazione BIM di un progetto

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CORSO di ORIENTAMENTO alla BIM

team progettuale che vogliono ot-tenere pienamente e con successo la valenza dalle informazioni rese disponibili dal modello digitaliz-zato. Perché il team progettuale deve pianificare l’esecuzione della pro-gettazione BIM Per integrare efficacemente la BIM nel processo di consegna del pro-getto, il team deve sviluppare un piano di esecuzione dettagliato per la sua attuazione. Un piano di esecuzione per la BIM delinea la visione d’insieme del progetto for-nendo alla squadra i dettagli sull’implementazione che sono necessari alla sua intera realizza-zione. Il Piano BIM deve essere concepito nelle fasi iniziali di un progetto e aggiornato ogni volta che si uniscono nuovi partecipanti al team, così come deve essere monitorato, aggiornato e rivisto, se necessario, durante la fase di rea-lizzazione del progetto stesso. Il piano BIM deve: definire l'ambito di applicazione BIM per il proget-to, identificare il flusso di proces-so per le attività della BIM, defini-re gli scambi di informazioni tra le parti e descrivere il progetto ri-chiesto e l’infrastruttura aziendale necessaria per sostenerne l'attua-zione. Con lo sviluppo di un Piano BIM, i membri del team progettua-le possono ottenere i seguenti ri-sultati: 1. Gli obiettivi strategici per l'at-tuazione della BIM saranno comu-nicati con maggiore chiarezza alle parti interessate, facilitandone così la comprensione. 2. Le imprese esecutrici compren-deranno meglio i loro ruoli e rela-tive responsabilità per la costru-zione. 3. Il team sarà in grado di pianifi-care un processo esecutivo, adatto per le attività lavorative di ogni membro della squadra, munito di appropriate sequenze di lavoro programmato.

4. Il piano delineerà ulteriori risor-se, formazione o altre competenze necessarie per implementare con successo la BIM per gli impieghi previsti. 5. Il piano costituirà un punto di riferimento basilare per descrivere il processo ai futuri partecipanti aderenti al progetto. 6. L’ufficio appalti sarà in grado di definire la lingua dei contratti per garantire che tutti i partecipanti al progetto rispettino i loro obblighi. 7. Il piano di base fornirà un termi-ne di paragone per misurare i pro-gressi raggiunti in ogni parte del progetto. La BIM, come altre nuove tecnologie, può comportare un ul-teriore livello di rischio progettua-le quando viene adottata da team che non hanno esperienza con il processo di attuazione o se i suoi membri non hanno familiarità con le strategie di pianificazione. In definitiva, l'intero team raggiunge-rà il suo scopo progettuale aumen-tando il livello di pianificazione e riducendo le incognite nel proget-to esecutivo. Solo in questo modo avrà ridotto al minimo il numero di rischi che potrebbero correre tutti i partecipanti al progetto, sal-vaguardando così la realizzazione dello stesso. La procedura di esecuzione per la pianificazione BIM Questo corso descrive una proce-dura articolata in quattro fasi per sviluppare un piano dettagliato BIM. Essa ha lo scopo di guidare i proprietari, i Program Manager e i primi partecipanti al progetto at-traverso un processo strutturato, nato per sviluppare dettagliati pia-ni coerenti per la progettazione edile. Questa procedura è stata sviluppata attraverso un program-ma di ricerca multi-step che in-clude interviste con oltre 40 esperti del settore, l'analisi detta-gliata dei documenti di pianifica-zione esistenti, incontri di gruppo mirati con i partecipanti del setto-re edile, redazione di una mappa-

tura dei processi progettuali effi-cace ed efficiente e studio di ricer-ca sulla casistica progettuale esi-stente per confermare la procedu-ra qui proposta. I quattro passaggi, illustrati nella Fig. 1, consentono di individuare: gli obiettivi BIM più appropria-

ti; gli impieghi progettuali BIM; la programmazione del proces-

so di esecuzione della BIM, per raggiungere gli scopi proget-tuali precedentemente fissati;

l’identificazione delle infra-strutture di supporto necessa-rie per implementare con suc-cesso il piano.

Questi passaggi saranno illustrati dettagliatamente nei prossimi ar-ticoli di questo corso. Continua

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I comandi basilari per cominciare a modellare

B envenuti al nostro ap-puntamento mensile con i tutorials di SketchUp. In questa puntata, ci oc-

cuperemo di collocare le barre de-gli strumenti che ci servono real-mente e dei comandi basilari per cominciare a gestire la visualizza-zione dell’area di lavoro. Appar-tengo a quella brutta categoria di disegnatori che è ancora testarda-mente convinta che un’area di la-voro libera da toolbars inutili sia migliore! Non sono le toolbars che impressionano i vostri clienti ma quanto riuscite a disegnare real-mente! Chi ha installato recente-mente il programma avrà notato che esso propone una serie di tem-plates (modelli) con dei presets (impostazioni) relativi alla vista e alle unità di misura. I meno esperti si saranno ritrovati con la barra “Per cominciare” che serve vera-mente a poco e con una scala in pollici! Per ottenere una bella area di lavoro, potente e senza troppi

comandi strani, dovete andare su-bito nel menù Visualizza e nel sot-to menù Barre degli strumenti e, da qui, scegliere in ordine alfabeti-co: “Google”; “Layer”; “Set grande di strumenti”; “Standard”; “Stili”; “Viste”. Ecco tutto qua! Con queste sole sei toolbars avrete tanto spazio sull’a-rea di lavoro e potrete gestire un modello molto complesso senza problemi! Prendere confidenza con questi comandi risulta parti-colarmente vantaggioso quando si è alle prese con modelli molto estesi e composti da molti gruppi nidificati; se si ha la necessità di stampare un disegno nelle sue vi-ste principali, piante, profili, pro-spetti, ecc. saper scegliere la vista giusta può fare la differenza! Si tenga presente che i pulsanti dei comandi non compaiono tutti sul-la stessa barra pur agendo sull’a-rea di lavoro. SketchUp offre due diversi tipi di comando per gestire la visualizzazione dell’area di la-voro: - STATICI che richiedono solo un click per la loro attivazione e che offrono una vista standardizzata del disegno (ad es. la vista dall’al-to, il prospetto, ecc.). Sono conte-

nuti nella barra degli strumenti Views (Viste). - DINAMICI che dipendono dagli spostamenti fatti dall’utente col mouse o con periferiche analoghe. Attraverso questi comandi è possi-bile gestire completamente lo svi-luppo del disegno in maniera tridi-mensionale ed esplorarlo! Le tool-bars Camera (Telecamera) e Walkthrough (Attraversare) con-tengono, infatti, i comandi dinami-co-esplorativi. Nella Tab. 1 ho rea-lizzato un breve prospetto riassun-tivo di queste tre toolbars, spie-gandone l’uso e la funzione dei relativi comandi. Nei prossimi ar-ticoli torneremo a parlare nuova-mente, e in maniera più approfon-dita, di questi comandi e degli stratagemmi per il loro totale im-piego. Conviene spendere ancora qualche parola circa la terna d’assi cartesiani ortogonali X, Y, Z. Come si può notare, nella Fig. 2 è dise-gnata una riproduzione 3D dell’i-cona dei comandi di Views e cioè una casetta. L’intersezione dello spigolo inferiore sinistro della faccia principale con l’origine de-gli assi permette di esaminare la disposizione delle viste in base al

III puntata

di Salvio Gigl io

CORSO di BASE per SketchUp

Fig. 1, toolbars e loro posizione sull’area di lavoro. A destra, in primo piano, la finestra Toolbar

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CORSO di BASE per SketchUp

Fig. 2, comandi statici di visualizzazione ed effetto sul modello

Tab. 1, comandi statici e dinamici di visualizzazione

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S ketchUp è un software di modellazione 3D davvero molto versatile, potente e allo stesso tempo sempli-

ce da imparare. Può essere utiliz-zato per la progettazione in archi-tettura, in ingegneria, in urbanisti-ca ma anche al mondo del design e della grafica in generale. Personal-mente mi sono avvicinato a questo programma nel 2010, frequentando un breve ma intenso ed efficace corso di geomodellazione, organiz-zato e condotto da Google. Lo sco-po era quello di aiutare la mia cit-tà, L'Aquila, colpita da un forte ter-remoto nell'aprile del 2009. Nello specifico, il progetto era finalizza-to alla realizzazione tridimensio-

nale di più edifici possibili che, dopo un'attenta revisione, se rite-nuti idonei potevano essere visi-bili da tutti su Google Earth. L'e-sperienza è stata molto positiva perché, per la prima volta, potevo modellare tridimensionalmente su una porzione di terreno appunto geolocalizzato e con quote altime-triche abbastanza corrispondenti alla realtà. Per chi conosce ed ha un pochino di pratica con questo software, non dovrebbe esser difficile seguire questi piccoli e semplici passi per provare a modellare un'i-potetica restituzione 3D da poter poi presentare, eventualmente, in un contesto realistico, semplice-mente scaricandola in anteprima nel livello di Google Earth. Il posto

che ho scelto per questa piccola dimostrazione è Castel di Tora, vi-sibile in Fig. 1, un Borgo, in provin-cia di Rieti nel Lazio, tra più belli d’Italia e che si erge su un promon-torio lungo le sponde del lago artifi-ciale del Turano. Nello specifico, l'edificio scelto è la piccolissima chiesetta di S. Rocco, Fig. 2, di re-cente costruzione (anni ’40-‘50) che

si trova esattamente sulla sponda opposta a Castel di Tora, subito do-po aver attraversato il ponte a sini-stra. In un giorno d'estate, questa semplice chiesetta, insieme al pa-norama che la circondava, mi colpì non poco ed alla prima occasione

I puntata

di Anto nel lo B ucce l la

Un primo approccio con i rudimenti della geomodellazione tridimensionale

CORSO di Modellazione Geolocalizzata per SketchUp

Geomodellare è un modo di immortalare nel tempo e nel-

la rete un luogo caro… Antonello Buccella è un esperto di

modellazione 3D georeferenziata ad ha accettato di buon

grado l’invito di CADZINE per questo ciclo di tutorials.

Fig. 1, Castel di Tora, Rieti (Lazio)

Page 63: CADZINE n° 3, agosto 2014, ANNO III

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Un primo approccio con i rudimenti della geomodellazione tridimensionale

CORSO di Modellazione Geolocalizzata per SketchUp

di tempo libero decisi di modellar-la, sperando che, una volta scarica-ta nella Warehouse, fosse accettata nel livello 3D di Google Earth (dove tutt'ora è ancora presente e visibile spuntando semplicemente il livello di edifici 3D ). Tornando al corso, mettiamoci dunque all'opera e apriamo SketchUp… Il primo passo per poter scaricare un terreno geolocalizza-to è il seguente: Fig. 3 dal menù FILE cliccare POSIZIONE GEOGRAFICA - AGGIUNGI POSIZIONE. Ci apparirà que-sta finestra in cui, dopo aver digita-to la località scelta, potremo sele-zionare ed importare, attraverso il comando CATTURA, il nostro terreno in 3D geolocalizzato, Fig. 4, stabi-lendone i confini e le dimensioni. Ora siamo "proprietari" del nostro piccolo ma prezioso appezzamento di terreno tridimensionale! Provia-mo a ruotarlo ed esaminarlo, utiliz-zando lo strumento ORBITA, Fig. 5.

Subito ci accorgiamo della "maneggevolezza" e della tridimen-sionalità del terreno che rendono netta la differenza di quota tra l'ac-qua ed il pezzo di promontorio su cui è posizionato il nostro piccolo edificio, proprio a ridosso della sponda del lago. Ora, proviamo ad utilizzare il comando ATTIVA / DI-

SATTIVA TERRENO, Fig. 6, che ci con-sente di trasformare la tridimen-sionalità in bidimensionalità e vi-ceversa. Con il terreno bidimensio-nale totalmente piatto, quindi con DISATTIVA TERRENO abilitato, possia-mo iniziare la nostra modellazione. Individuiamo la sagoma dell'edifi-cio e fissiamo subito gli assi me-diante il comando ASSI: a questo punto posizioniamo X (rosso lato lungo) e Y (verde lato corto) sui lati della chiesetta; l'asse verticale Z (blu), Fig. 7, si adatterà automatica-mente. La terna cosi posizionata è

molto importante e ci aiuterà in tutti i prossimi passi per la model-lazione volumetrica e per i vari det-tagli. Il terreno geolocalizzato do-vrebbe corrispondere alle misure reali dell'edificio, quindi ora inizia-mo la modellazione della base (pavimento) e delle quattro pareti perimetrali. Dopo aver individuato l'esatta posizione della chiesetta, tracciamone i quattro segmenti perimetrali a terra, Fig. 8, aiutando-ci con la direzione obbligata degli assi X e Y e seguendo l'impronta quasi zenitale dell'immagine. In alternativa possiamo utilizzare, se ne siamo in possesso, le misure precise del rilievo. La sagoma ret-tangolare ottenuta (bianca o grigia) altro non è che la pavimentazione della nostra chiesetta. La semplice estrusione lungo l’asse Z del pavi-mento, mediante il comando SPIN-

GI/TIRA come in Fig. 9, fino alla quo-

Fig. 2, modello 3D di Antonello Buccella della chiesetta di San Rocco sul Lago artificiale del Turano (Rieti, Lazio)

Page 64: CADZINE n° 3, agosto 2014, ANNO III

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ta del colmo del tetto, ci farà otte-nere il parallelepipedo su cui lavo-rare per ricavare le due falde della copertura. In Fig. 10 è visibile il risultato ottenuto dopo aver ricava-to le pendenze sul prospetto fronta-le e poco prima di tracciare il seg-

mento (colmo del tetto) che unisce e compone le due falde inclinate . Nella seconda puntata del prossi-mo numero di CADZINE verrà spie-gato come perfezionare le attuali semplici volumetrie del modello utilizzando le textures di rivesti-

mento e specificando ulteriori det-tagli. Continua

CORSO di Modellazione Geolocalizzata per SketchUp

Fig. 3 Fig. 4

Fig. 5

Page 65: CADZINE n° 3, agosto 2014, ANNO III

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CORSO di Modellazione Geolocalizzata per SketchUp

Fig. 10

Fig. 7

Fig. 9

Fig. 6

Fig. 8

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UMORISMO

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GIOCHI

di Marco Ga ra vag lia

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