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Il magazine della Community “AutoCAD, Rhino e SketchUp designers” su Google Plus Il magazine della Community “AutoCAD, Rhino e SketchUp designers” su Google Plus DAL 2014 DAL 2014 MAGGIO 2015 Anno II Numero 5 edizione gratuita /14 Arduino Una esercitazione praca su Fritzing per imparare a progeare i propri lavori e ricavarne poi gli elabora esecuvi per un PCB /21 IEC L’avvincente storia del primo grande Comitato Normavo Internazionale per l’Elerotecnica /31 Tale of Tales Un grande film che ha rappresenta- to il cinema italiano alla presgiosa Mostra del Cinema di Cannes

CADZINE n° 5, maggio 2015, ANNO II

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Il magazine della Community “AutoCAD, Rhino e SketchUp designers” su Google PlusIl magazine della Community “AutoCAD, Rhino e SketchUp designers” su Google Plus

DAL 2014DAL 2014

MAGGIO 2015 Anno II Numero 5 edizione gratuita

/14 Arduino

Una esercitazione pratica su

Fritzing per imparare a progettare i

propri lavori e ricavarne poi gli

elaborati esecutivi per un PCB

/21 IEC

L’avvincente storia del primo

grande Comitato Normativo

Internazionale per l’Elettrotecnica

/31 Tale of Tales

Un grande film che ha rappresenta-

to il cinema italiano alla prestigiosa

Mostra del Cinema di Cannes

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La Comm. per progettisti, disegnatori tecnici ed appassionati La prima Community italiana, della piattaforma Google Plus sul CAD e le sue applicazioni, per

data di fondazione e numero di iscritti

BIM

CAD

CAD MEP

FEM

Linguaggi CAD

Modellatori 3D

Modellatori organici

Post produzione

Prog. edile

Altro software

Progettazione

Portfolios

A.N.T. Automotive

Stampa 3D

Concorsi

Curiosità

33

OGNI TECNOLOGIA CREA NUOVE

TENSIONI E NUOVI BISOGNI NEGLI

ESSERI UMANI CHE L'HANNO GENE-

RATA. IL NUOVO BISOGNO E LA

NUOVA RISPOSTA TECNOLOGICA

NASCONO DAL FATTO CHE CI SIA-

MO IMPADRONITI DELLA TECNOLO-

GIA GIÀ ESISTENTE: È UN PROCES-

SO ININTERROTTO.

MARSHALL MCLUHAN

da it.wikquote.org

LA METTO IN CORNICE

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HOME PAGE

Direttore responsabile: Salvio Giglio Redazione: Nicola Amalfitano, Antonello Buccella, Nunzia Nullo, Mario Monfrecola, Gianmarco Rogo

Segretaria di redazione: Nunzia Nullo Redazione bozze: Nicola Amalfitano, Nunzia Nullo

La rubrica di ARDUINO propo-ne un esercizio pratico per imparare ad impiegare la breadboard virtuale. Continua la storia sui vari Enti Norma-tivi nella rubrica dedicata alle BASI PER IL DISEGNO E LA PRO-

GETTAZIONE. Per la rubrica CI-NEMA E ANIMAZIONE N. Nullo ci presenta la recensione di Tale of tales una straordinaria fia-ba filmata. Rodolfo Bonetto è la DESIGNER’S STORY di questo numero. Ospite della rubrica

dedicata all’INTERVISTA è un artista a tutto tondo di G+: Adam Sondel. M. Monfrecola ci strappa un sorriso ed una riflessione dalla sua rubrica MATEMATICA & DINTORNI par-landoci della statistica dei capelli bianchi. Un prezioso servizio su Voce e vocalità di N. Amalfitano nella rubrica dedicata alla MUSICA. Sulla scia dei precedenti articoli a partire da questo numero NEW HARDWARE FOR CAD si occupa

di UAV, i simpatici robottini volanti che portano, attraver-so varie strumentazioni ad essi sospese, i nostri occhi virtuali per carpire ogni aspetto di un manufatto edile. Il numero di maggio si chiude con le due rubriche fisse de-dicate al CORSO DI ORIENTAMEN-

TO ALLA BIM, con un articolo sui processi pianificazione BIM e con il CORSO DI BASE PER SKETCHUP tutti i segreti del menù MODIFICA.

Diario di bordo

compasso

[com·pàs·so ] sostantivo maschile

Strumento costituito da due asticelle articolate tra loro per mezzo di una cerniera per disegnare circonferenze o misurare distanze.

rubriche corsi & tutorials PAG. 07 NEWS - IN PRIMO PIANO di Antonello Buccella “L'Aquila ha gli Alpini nel cuore”

PAG. 11 NEWS

PAG. 12 EDITORIALE di Salvio Giglio “Unificare il mondo dell’informatica è un vantaggio per tutti”

PAG. 14 ARDUINO di Salvio Giglio “Un esercizio con la breadboard virtuale di Fritzing”, III PUNTATA

PAG. 21 BASI PER IL DISEGNO E LA PROGET-TAZIONE di Salvio Giglio “Condividere idee ed esperienze” , III PUNTATA

PAG. 31 CINEMA & ANIMAZIONE di Nunzia Nullo “Tale of tales”

PAG. 34 DESIGNER’S STORY di Salvio Giglio “Rodolfo Bonetto”

PAG. 41 INTERVISTA di Salvio Giglio “Adam Sondel”

PAG. 45 MATEMATICA & DINTORNI di Mario Monfrecola “La statistica dei capelli bianchi)”

PAG. 47 MUSICA di Nicola Amalfitano “Voce e vocalità ”

PAG. 51 NEW HARDWARE FOR CAD di Sal-vio Giglio “Gli Unmanned Air Vehicle”, I PUNTATA

PAG. 63 CORSO DI ORIENTAMENTO ALLA BIM di Salvio Giglio “Processo di pianificazio-ne della BIM”, X PUNTATA

PAG. 66 CORSO DI BASE PER SKETCHUP di Salvio Giglio “Il menù MODIFICA”, XII PUNTATA

eventuali & varie PAG. 70 UMORISMO

PAG. 71 GIOCHI

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HOME PAGE

Cos’è CADZINE è una rivista gratuita nata in

seno alla Community di “AutoCAD, Rhino & Sket-

chUp designer” per informare & formare disegnatori tecnici e

appassionati sul CAD ed i suoi “derivati”.

La pubblicità Le inserzioni pubblicitarie pre-

senti sono gratuite e sono create e pubblicate a discrezione della

redazione.

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mettendo a disposizione di tutti e gratuitamente le tue cono-scenze. Sarai il benvenuto!

Segretaria di redazione: Nunzia Nullo Redazione bozze: Nicola Amalfitano, Nunzia Nullo

Impaginazione, pubblicità e progetto grafico: Salvio Giglio Editore: Calamèo (Hachette)

E’ consentita la riproduzione di testi, foto e grafici citando la fonte e inviandoci la copia. La pubblicazione è CopyLeft & Open Access ;-)

Pensandoci bene

Sempre meno disegno tecnico... Una delle meraviglie delle ultime release software 2 e 3D è la propensione ad offrire dei risultati finali molto più aggraziati

rispetto ai layout di qualche decennio fa. Oggi sul layout di un modello 3D può intervenire l’artista digitale ed elaborarlo a

proprio piacimento nella misura in cui è possibile inserire in un modello BIM dipinti, texture marmoree e altri dettagli estre-

mamente realistici… altro che semplici disegni tecnici!

La rubrica di ARDUINO propo-ne un esercizio pratico per imparare ad impiegare la breadboard virtuale. Continua la storia sui vari Enti Norma-tivi nella rubrica dedicata alle BASI PER IL DISEGNO E LA PRO-

GETTAZIONE. Per la rubrica CI-NEMA E ANIMAZIONE N. Nullo ci presenta la recensione di Tale of tales una straordinaria fia-ba filmata. Rodolfo Bonetto è la DESIGNER’S STORY di questo numero. Ospite della rubrica

dedicata all’INTERVISTA è un artista a tutto tondo di G+: Adam Sondel. M. Monfrecola ci strappa un sorriso ed una riflessione dalla sua rubrica MATEMATICA & DINTORNI par-landoci della statistica dei capelli bianchi. Un prezioso servizio su Voce e vocalità di N. Amalfitano nella rubrica dedicata alla MUSICA. Sulla scia dei precedenti articoli a partire da questo numero NEW HARDWARE FOR CAD si occupa

di UAV, i simpatici robottini volanti che portano, attraver-so varie strumentazioni ad essi sospese, i nostri occhi virtuali per carpire ogni aspetto di un manufatto edile. Il numero di maggio si chiude con le due rubriche fisse de-dicate al CORSO DI ORIENTAMEN-

TO ALLA BIM, con un articolo sui processi pianificazione BIM e con il CORSO DI BASE PER SKETCHUP tutti i segreti del menù MODIFICA.

compasso

[com·pàs·so ] sostantivo maschile

Strumento costituito da due asticelle articolate tra loro per mezzo di una cerniera per disegnare circonferenze o misurare distanze.

corsi & tutorials PAG. 63 CORSO DI ORIENTAMENTO ALLA BIM di Salvio Giglio “Processo di pianificazio-ne della BIM”, X PUNTATA

PAG. 66 CORSO DI BASE PER SKETCHUP di Salvio Giglio “Il menù MODIFICA”, XII PUNTATA

eventuali & varie PAG. 70 UMORISMO

PAG. 71 GIOCHI

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L'Aquila ha gli Alpini nel cuore

G li Alpini, hanno una for-za d'animo e un carisma non facili da spiegare e raccontare... sarà la tem-

pra che questo corpo ha conqui-stato in tanti anni, sarà la fatica della montagna, la capacità di far gruppo e portare aiuto dove neces-sita... o sicuramente le tante im-prese eroiche vissute durante l'ul-tima guerra mondiale... il fronte in Grecia ed ancor più in Russia, han-no sicuramente lasciato un segno indelebile. La folle avanzata a tutti i costi sul fronte gelido nel '42 (nonostante la pochezza dei mez-zi) la conseguente e drammatica ritirata nel '43... lenta e silenziosa, quanto sofferta e allucinante. Troppi giovani non sono mai più tornati, troppi cari li hanno pianti e ricordati per tanti anni, come in un ultimo e caparbio tentativo di fissarne per sempre il ricordo nel-le future generazioni. Questa credo sia una delle tante spiegazioni al loro immenso spirito di corpo e di appartenenza, alla tempra delle nuove reclute che oggi partecipa-no alle innumerevoli azioni uma-nitarie, raccontando e condividen-do queste forti esperienze con le loro famiglie. Questo ho capito do-

po l'88° Raduno Nazionale avvenu-to a L'Aquila nei giorni 15/16/17 maggio 2015. Torno con la mente qualche anno indietro, 6 aprile 2009, quando la mia città è scon-volta da un forte terremoto... pro-prio loro, gli Alpini, sono subito sul campo, per aiutare, per salvare vite umane, per scavare fra le ma-cerie, per organizzare punti di ri-covero, tendopoli, bagni, cucine da campo... per sostenere con la pro-pria forza ed il proprio coraggio, chi in quel momento si ritrovava a dir poco smarrito e confuso. Il ra-duno che si è da pochi giorni con-cluso, ha visto questi fratelli torna-re con i loro cari e le loro famiglie, come in una sorta di pellegrinag-gio... come per far vedere il "campo di battaglia", i luoghi dove hanno prestato soccorso, dove hanno sof-ferto, pianto ed aiutato. Sei anni fa in mezzo ai crolli e alle macerie, oggi in mezzo a tante svettanti gru che sottolineano una ricostruzione avviata, ma purtroppo ancora in-certa e singhiozzante. Quante pen-ne nere, quanti giovani ed anziani in divisa, quanto folklore e colore, quanta voglia di portare allegria, spensieratezza ed amicizia, quanti piacevoli dialetti che hanno riem-pito strade, vicoli e locali. Non vo-glio snocciolare cifre su quanti hanno partecipato, su quanta birra è stata bevuta, su quanti autobus e camper sono arrivati e quant'al-

tro... posso solo dire e raccontare la mia esperienza, catturata nel partecipare alla sfilata dell'ultimo giorno. Ho provato un'emozione incredibile nel procedere lungo il percorso dove tutti gli Alpini han-no sfilato, letteralmente assaliti da due ali di folla a destra e a sinistra. Ho voluto portare con me le mie due figlie, Elisa e Giulia, perchè sapevo e sentivo che quella sareb-be stata un occasione per far av-vertire loro il vero calore delle per-sone che tanto ci hanno aiutato. E' importante sapere che ancora oggi c'è qualcuno che fa il tifo per te, per questa città e per la sua rina-scita... nonostante gli anni difficili che stiamo vivendo, che rischiano di allontanare per sempre tanti cittadini e tanti giovani ormai sfi-duciati. E infatti loro toccando con mano, hanno catturato questa sen-sazione immensa, questa indimen-ticabile scossa di vita e di energia, questo forte e sincero segnale di incoraggiamento, che spero con-tribuisca in futuro a tenerle legate, insieme a tanti giovani aquilani, a queste montagne e a questa città. Ringrazio il gruppo aquilano di azione civica "JEMO 'NNANZI" (andiamo avanti) che ci ha dato la possibilità di contribui-re a far sfilare la loro "mitica" ban-diera tricolore, lunga ben 99 me-tri).

di Antone l lo Bucce l la

NEWS - in primo piano

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Nelle foto di Antonello Buccella alcuni momenti della bella manifestazione con il lunghissimo tricolore

NEWS - in primo piano

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NEWS gli ultimi post prima di andare in stampa

Steve McCurry e la fotografia. Una passione, oltre che un lavoro, che l'ha portato e che lo porta a viaggiare in conti-nuazione per il mondo, perché - come ha più volte dichiarato - "viaggiare e approfondire la conoscenza di culture diverse, mi procura gioia e mi da' una carica inesauribile". I suoi ritratti sono speciali e princi-palmente a colori, dei veri e propri capolavori che racchiu-dono un complesso universo di esperienze e di storie piene di dolori, di emozioni, di paure e di speranze. La foto che lo ha reso celebre l'ha scattata nel 1984 in Paki-stan a Sharbat Gula, una ra-gazzina che fissa l'obiettivo con in suoi occhi chiari. Dopo la pubblicazione sulla coperti-na del National Geographic, è divenuta una vera e propria icona assoluta ed è ancora oggi una delle sue foto più amate. "Ho capito subito che era un ritratto importante per la profondità del suo sguardo, che raccontava tutta la tristez-za della condizione del popolo afgano costretto a vivere nelle tende dei campi profughi", mi ha spiegato quando l'ho in-contrato a Roma, dove a Cine-città è stata organizzata una grande mostra in suo onore, Oltre lo Sguardo, visitabile fino al 20 settembre prossimo (info e prenotazioni: tel. 0632810910 -www.mostrastevemccurry.it). Giuseppe Fantasia, giornalista (da: L'Huffington Post del 28 aprile 2015) A. B.

Un piccolo microcontrollore co-struito intorno alla Atmel ATtiny85, con un piccolo chip e tantissima potenza, abbastanza piccolo da stare in qualsiasi progetto e dal costo contenutissimo. Non è un sogno ma è l’Adafruit Trinket delle lillipuziane dimensioni di soli 27mm × 15mm, una IDE board Arduino programmabile attraverso una porta micro USB-B che costa solo 6,95$ (6.35€ )! L’ATtiny85 è un processore divertente perché, pur essendo così piccolo, ha ben 8K di flash, 512 byte di SRAM, 512 byte di EEPROM, 5 pin I / O, tra ingressi e uscite analogiche PWM, l’alimenta-zione determina due versioni di-verse: una funzionante a 3,3V e max 8MHz ed un’altra a 5V a 8 e 16

Mhz con frequenza di clock setta-bile dal software. Il bootloader USB è stato concepito in modo da poter essere collegarlo a qualsiasi PC attraverso una porta USB, proprio come Arduino. Tra gli altri dettagli di questa scheda francobollo tro-viamo il pulsante di rispristino che non necessita di scollegare la board e un pratico switch per l’ali-mentazione tramite una batteria. Specificano i tecnici di Adafruit che pur essendo una board Arduino compatibile essa può avere delle limitazioni nella programmazione e, del resto, per un prezzo così basso, poco più di un pacchetto di sigarette e meno di una pizza, qualche limitazione ci può stare! S. G.

Entrare nella mente di Leonardo Da Vinci ed osservare la realtà con la sua originale visione del mondo. Ora si può grazie a Being Leonardo, un’app su cui scorre in maniera interattiva l’intera vita del genio del Rinasci-mento, dagli ambienti in cui visse alle sue avveniristiche macchine ai cele-berrimi dipinti. Visti anche attraverso un visore per la realtà aumentata. L’iniziativa arriva con l’apertura a Palazzo Reale a Milano della più grande mostra dedicata al genio vinciano. Being Leonardo - progettata da Applix e Skira - consente diverse esperienze di fruizione grazie a una timeline, cioè una tavola sinottica che organizza tutti i contenuti divisi per vita, opere, idee, eventi e perso-naggi. Nella sezione dedicata alle idee di Leonardo, ad esempio, si spe-rimenta l’accesso al suo mondo attra-verso le straordinarie invenzioni, i disegni, i codici e i dipinti. Le scene reali e immaginarie disegnate dal genio diventano visioni a 360 gradi e in realtà virtuale. Tra gli ambienti realizzati si potranno visitare il refet-torio del Cenacolo di Santa Maria delle Grazie e alcuni celebri quadri come la Gioconda e L’Ultima Cena. Sezione imperdibile è quella delle macchine e invenzioni ricostruite in 3D. I modelli tridimensionali sono raccolti in grandi ambienti immersivi come canali, città, natura, il cantiere, la battaglia, il volo. Il progetto multi-mediale si completa con il percorso Being Leonardo a Palazzo Reale, con l’app pensata per il visore Samsung Gear VR: indossando il dispositivo i visitatori si proiettano in una espe-rienza immersiva, tipo videogioco. «Diventeranno Leonardo» entrando nella sua mente e vivendo il suo mondo a 360 gradi. (da: La Stampa del 15 aprile 2015) A. B.

Adafruit Trinket - Mini microcon-trollore logico MicroUSB - 3.3V

Steve McCurry: una mostra a Cinecittà

Being Leonardo

Google Foto diventa autonomo

Dopo le dimissioni di V. Gundotra, seguito dall’addio di D. Bebris, il ruolo vacante di responsabile di Google+ è passato a Bradley Horo-witz che, attraverso un post in cui annunciava la sua promozione, faceva intuire di una separazione tra G+ e Foto visti ora come due prodotti separati. A tre mesi dalla pubblicazione di quel post il pro-getto si è concretizzato e dovrebbe attuarsi per la fine di maggio o i primi giorni di giugno. Sembra che lo sviluppo della nuova applicazio-ne sia stato completato. Dal 28

giugno, quindi, potremmo provare, il nuovo Google Photos con un nuovo backup automatico, miglio-rato nel processo di configurazione iniziale che permetterà subito di scegliere tra qualità originale (spazio limitato) o ridotta (spazio illimitato). Inoltre si potrà decidere di quali cartelle si desidera fare il backup. Si aggiunga che c’è anche un’integrazione con Play Services, di cui è possibile modificare le impostazioni dell’applicazione direttamente da Photo. S. G.

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EDITORIALE

L o scorso 20 aprile sono stato ospite ai lavori della BIM DAY organizzata dall’amico Arch. Felice

Poliseno presso la Casa dell’Archi-tettura di Roma per conto dell’Or-dine degli Architetti P.P.C. di Ro-ma e provincia e, come molti di voi già sapranno, sono stato uno dei relatori (mio malgrado). Il mio maldestro intervento introduttivo era solo un’esortazione ad adottare la BIM come alternativa alla pro-gettazione tradizionale… i pezzi migliori, fortunatamente per i par-tecipanti, venivano subito dopo di me e da tutta quella giornata, al di la della BIM e delle sue meraviglie emergeva inconsciamente un’i-stanza: unificare il mondo dell’in-formatica. Lasciate che mi spieghi meglio. Già da prima che comin-ciassero i lavori sono sorti i primi problemi, informaticamente par-lando, quando uno dei relatori col suo Macbook non poteva connet-tersi al sistema di proiezione della sala perché questo capiva esclusi-vamente macchine che lavorava-no con Windows… A conferenza cominciata ognuno dei relatori, poi, ha descritto dei casi studio

scaturiti dalla sua esperienza lega-ta ad un particolare software BIM e tutti e tre convenivano che la ri-cerca di un “linguaggio comune” da far parlare ai vari software de-dicati si era resa assolutamente necessaria per permettere l’intero-perabilità a tutti gli utenti parteci-panti ad un progetto BIM. Intero-perabilità: che bella parola! Signifi-ca che qualcuno si è preso la briga di creare un modo per far comuni-care tra loro i vari software BIM anche se lavorano su sistemi ope-rativi diversi… Mentre ascoltavo queste cose non potevo fare a me-no di raffrontarle con i miei ultimi articoli pubblicati circa la nascita degli enti di normazione nazionali ed internazionali; in un momento di distrazione mi aspettavo persi-no di veder salire sul pulpito, da un momento all’altro, Sir With-worth e arringare gli astanti con un bel discorso sugli standards! A parte gli scherzi, ma ci pensate mai a come sarebbe bello poter utilizzare sulla propria macchina un software o un device qualunque senza stare a guardare il tipo di sistema operativo, il numero di bit e altre cavolate del genere! Osando ancora di più, pensate come sareb-be bello aprire AutoCAD o Word su Linux o un software FOSS Open Source su un Mac con la stessa semplicità con cui si beve un bic-

chier d’acqua! Questo sarebbe un vero progresso di cui ne benefice-rebbero tutti gli utenti senza la-sciare nessuno fuori. Tornando alla BIM poi mi piacerebbe rivol-germi agli sviluppatori di software Open Source e dirgli: “Ragazzi ma invece di star li ad avvolgere cavi wireless ma perché non ci provate almeno a creare un FOSS BIM?… Guardate che il primo che fa una figata del genere e la fa bene, che funziona sul serio, fa una barca di soldi!”. Voce di uno che grida nel deserto! Ah se fossi un docente di programmazione in qualche ate-neo universitario: farei il diavolo a quattro per sviluppare con i miei studenti un progetto Open Source del genere invece di fare fuffate ed aria fritta! Se avete letto l’articolo sulla nascita della Structure from Motion sul numero di aprile capi-rete perfettamente a cosa mi rife-risco nell’ambito della ricerca uni-versitaria… Lasciatemi concludere con il sentitissimo auspicio che un giorno il mio pronipote nato poche settimane fa un giorno da sopra ad un PC su cui gira Linux apra alcuni software Mac e contemporanea-mente, con un collegamento wire-less, si connetta, in meno di un nanosecondo, ad un dispositivo prodotto da Microsoft e gestito con Debian!

di Salvio Gigl io

Unificare il mondo dell’informatica è un vantaggio per tutti

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ARDUINO

S iete comodi? Comincia-mo? Bene, prima di spie-gare come funziona ope-rativamente la bread-

board di Fritzing permettetemi di dare un consiglio a chi ha cono-scenze zero in elettronica… un buon metodo per impararne i rudi-menti sui componenti elettronici di base e la logica con cui essi vengono impiegati può essere quello di acquistare alcune bread-board che, come potete vedere da Fig. 1 costano veramente poco, qualche componente e una buona guida come questa: https://upload.wikimedia.org/wikibooks/it/e/e9/Elettronica_pratica.pdf scaricabile gratuitamente dal web. Con un pizzico di buona volontà, senza fare saldature e recuperan-do i singoli componenti, di volta in volta dopo ogni esperimento, po-trete apprendere a casa vostra teo-ria e pratica in un sol colpo! Il pas-so successivo sarà sicuramente quello di acquistare Arduino o board similari e cominciare a spe-rimentare il più possibile, magari esercitandovi con progetti di altri

maker già esperti. Senza uscire da Google Plus vi segnalo Daniele Al-berti che nella sua pagina di profi-lo ha postato una serie di articoli/progetti/tutorial su come muovere proprio i primi passi con Arduino. Questo è l’indirizzo del suo sito: www.danielealberti.it. Detto questo, cerchiamo ora di ca-pire come progettare un esperi-mento su Arduino o come replicar-ne uno graficamente avvalendoci della breadboard virtuale di Fri-tzing. Per questo esempio utilizze-rò proprio un esperimento propo-sto da Daniele “Costruiamo un semplice semaforo con Arduino”, che potrete visionare a questo link: http://www.danielealberti.it/2014/02/semaforo-con-arduino.html Ovviamente a noi interessa anzi-tutto la realizzazione grafica con Fritzing e per questo ci salviamo subito la jpeg, quella di Fig. 2, dello schema del progetto proposto da Daniele nel suo tutorial e diamo un’occhiata al materiale che ci oc-corre: 6 led (2 gialli, 2 rossi e 2 verdi); 6 resistori da 330ohm; una board Arduino; una breadboard da 300 fori; cavetti vari. Prima di cominciare il lavoro ci conviene fare qualche settaggio di

massima al programma per avere una risposta grafica più fluida con i componenti e il disegno. Anzitut-to andiamo nel menù Modifica e scegliamo Preferenze… che apre una finestra di dialogo, Fig. 3, sud-divisa in cinque schede: Generale, Vista breadboard, Vista schema, Vista PCB, Code view di cui a noi, per il momento, interessano solo quelle delle tre viste e, più in par-ticolare la casella di spunta CURVY WIRES AND LEGS, (Curva conduttori di collegamento e piedini dei com-ponenti) posta all’interno di cia-scuna di esse, Fig. 4. Dopo questa impostazione chiudiamo la fine-stra e passiamo alla disabilitazio-ne della griglia attraverso il menù Visualizza spuntando l’item Allign to grid, Fig. 5, che obbligherebbe, se attivo, i componenti in posizioni poco realistiche. Dando un’occhiata al progetto di Daniele ci rendiamo subito conto che per posizionare il microcon-trollore al fianco della breadboard dobbiamo, necessariamente, vi-sualizzare l’area di lavoro un po’ più piccola. Per zoomare possiamo scegliere se utilizzare i comandi RQ dello zoom oppure, come di consueto, la rotellina del mouse posizionando il puntatore sull’area stessa. A questo punto occorre cambiare il tipo di breadboard sce-

III puntata

di Salvio Gigl io

Un esercizio con la breadboard virtuale di Fritzing

Fig. 1, uno snapshot di alcuni prezzi delle breadboard distribuite tramite un famoso rivenditore online

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ARDUINO

Fig. 3, la finestra Preferenze di Fritzing

Fig. 5, casella di controllo Curvy wires and legs per modellare i con-duttori di collegamento e i piedini dei terminali

Fig. 4, disattivazione della griglia

Fig. 2, il progetto di Daniele Alberti

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ARDUINO

gliendone una più piccola rispetto a quella proposta dal default e cioè una da 300 fori. Clicchiamo una sola volta su di essa per selezionarla e andiamo nella fine-stra Inspector dopo di che dalla casella a discesa size scegliamo il modello half+, Fig.6. Adesso occorre di-sporla verticalmente con la numerazione dei fori orientata in modo che sia ben leggibile; per fare ciò ci portiamo sulla barra rossa in basso e ci avvaliamo del comando selettivo Ruota che, appunto, ruota glo og-getti selezionati di 90° in senso antiorario ad ogni click che faremo su di esso. A questo comando è an-che associato un minuscolo selettore a freccia, Fig. 7, che visualizza un menù in cui l’utente può scegliere tra diverse opzioni legate alla rotazione degli oggetti. Il secondo passo riguarda Arduino e così torniamo sul panello dei componenti e, scorrendolo lentamente, cerchiamo il gruppo Microcontroller della categoria Core come evidenziato in Fig. 8. Selezionato il compo-nente lo trasciniamo sull’area di lavoro ponendolo al di sopra della breadboard e lo ruotiamo fino a quando la scritta Arduino della scheda non ci appare chiara-mente leggibile. Ora è giunto il momento di posizio-nare i sei resistori da 330ohm del progetto, il compo-nente resistenza è nel pannello dei componenti ed è parte del gruppo Basic. Lo selezioniamo e lo trascinia-mo sulla breadboard come in si vede in Fig. 9 dopo di che stabiliamo il suo valore in Ohm in Inspector, at-traverso la casella a discesa resistenza. Ripetiamo quest’operazione per sei volte intervallando i resistori di una riga e disponendoli come si vede in Fig. 2. Pro-viamo adesso a posizionare i LED; dopo aver rintrac-ciato il componente sul pannello lo trasciniamo al fianco del primo resistore quello in alto… A proposito, avete visto come sono flessibili i piedini dei LED? E’ grazie alle impostazioni che abbiamo fatto prima! No-tate adesso alcuni dettagli relativi ai terminali dei componenti: quando il componente non è collegato a nessun connettore le estremità dei terminali sono di colore rosso, come in Fig. 10A; quando posizionate il mouse sul terminale di un componente, a prescinde-re se esso sia collegato o meno, la sua estremità si auto-seleziona e diventa di colore blu, come in Fig. 10B; infine, quando posizionate correttamente il piedi-no nel pin la sua estremità è di colore verde come in Fig. 10C. Prima di passare avanti avete notato che di verde sono colorate anche le righe di fori interessate dai collegamenti? I programmatori di Fritzing hanno elaborato questa soluzione grafica per farvi rendere subito conto su quale clips a pettine state lavorando. Bene, detto ciò passiamo a posizionare con una certa logica i piedini dei LED sulla breadboard; sul lato sini-stro non abbiamo alcun problema, essendo quella po-sizione comune a tutti e sei reofori dei LED in quanto sono collegati alla massa della scheda (GND). Sul lato destro, quello delle resistenze, invece ci conviene po-

Fig. 6, il pannello Inspector per il settaggio della bread-board

Fig. 7, il comando Ruota e il relativo menù

Fig. 8, pannello componenti sezione Core gruppo Micro-controller

1717

ARDUINO

sizionare i piedini in modo scalato così come ha fatto Daniele, Fig. 11. Questo stratagemma offrirà una mag-giore comprensione dell’elaborato grafico ad eventuali suoi osservatori. Cambiamo adesso il colore del LED selezionandolo e portandoci nella finestra Inspector, Fig. 12, sulla casella a discesa colore e li scegliamo gial-lo. Ripetete questa sequenza di operazioni per i restanti LED del circuito prendendo una necessaria precauzio-ne: distanziate, come ha fatto Daniele in Fig. 2, il secon-do gruppo di LED lasciando un certo spazio in modo che i componenti non risultino affastellati. Per velociz-zare il tutto usate in combinazione il tasto Ctrl e il pul-sante sinistro del mouse selezionando tutti i compo-nenti del primo gruppo e poi facendo un bel Ctrl + C (copia) e Ctrl + V (incolla). Non vi date pena per la posi-zione in cui il secondo gruppo è stato incollato dal mo-mento che tutti i suoi componenti sono già belli e sele-zionati: basterà semplicemente trascinarli sui pin giusti e vedrete che tutti terminali prima diventeranno blu e subito dopo verdi! Fatto questo passiamo ad occuparci dei collegamenti elettrici. Vi dico subito che le prime mosse con i wires, i cavetti unipolari di collegamento, sono un attimino inusuali per chi opera con il CAD e sono più vicine a certi FOSS di grafica vettoriale tipo Inkscape… ma si padroneggiano dopo pochi minuti e con un minimo di pratica! Per collegare con un wire due punti non è necessario andare sul pannello dei compo-nenti basta semplicemente scegliere il punto di parten-za e tenere premuto il tasto sinistro del mouse sino al pin di destinazione, punto. In Fig. 13A ho disegnato “a fantasia” un collegamento tra la breadboard ed Arduino e si presenta come una semplice retta. In sostanza que-sto segmento lo possiamo deformare secondo le nostre esigenze e, come vedete in Fig. 13B esso si comporta proprio come una curva di Bezier… In Fig. 14 vediamo il menù contestuale che è visualizzato cliccando sul con-duttore col tasto destro del mouse; attraverso di esso possiamo gestire i parametri grafici dell’oggetto wire come: Sollevare ed Abbassare, da questo item si stabilisce

la posizione del “layer” del cavetto attraverso quattro opzioni: manda in primo piano (davanti a tutti), man-da avanti (su di un livello), manda indietro (dietro a tutti), manda dietro (giù di un livello).

Wire color (colore del cavetto), menù con 13 colori fissi da attribuire alle guainette del conduttori.

Create wire from ratsnest, disabilitato per collega-menti normali serve in caso di particolari collega-menti estremamente ramificati rendendoli un unico conduttore (per utenti un po’ più esperti).

Delete wire, cancella il cavetto. Delete wire up to bendpoint, cancella una porzione di

conduttore sino al punto curva (bend = curva); Add bendpoint, aggiungi punto curva o punto smus-

Fig. 9, il componente resistore e il settaggio del suo valore

Fig. 10, in A un componente non collegato ha le punte dei terminali rossi; in B un terminale selezionato ha l’estremità di colore Blu mentre quando è collegato correttamente, come in C, ai pin della breadboard di-ventano di colore verde.

A B

C

1818

ARDUINO

Fig. 11, per migliorare la comprensione del progetto scala-te il posizionamento dei terminali dei piedini

Fig. 12, per impostare il colore del LED si ricorre alla finestra Inspector e al relativo selettore di colore

Fig. 13, in A un wire appena collegato appare come un sem-plice segmento colorato, ma appena cominciamo a manipo-larlo, come si vede in B, ci rendiamo conto che esso è estre-mamente plasmabile

A B

Fig. 14, il menù contestuale associato ai wires permette una loro completa gestione grafica

1919

ARDUINO

sato (Bezier) crea un punto smussato facilmente modella-bile e che mantiene la sua geo-metria di curvatura grafica-mente omogenea.

Straighten curve, raddrizza cur-ve (straight = dritto), comando per l’eliminazione delle curva-ture dai conduttori.

Insomma, come avrete potuto con-statare, non mancano i settaggi per aggraziare i nostri primi disa-

stri grafici, anche se vedrete che, in pochissimo tempo, familiariz-zerete con Fritzing. Adesso tornia-mo al nostro esercizio. Per collega-re la prima terna di LED alla mor-settiera di Arduino, come proposto dal progetto di Daniele, ho collega-to anzitutto con tre wire, Fig. 15A, e poi li ho modellati come in Fig. 15B. Vi consiglio di manipolare il cavo prima ad un’estremità e poi all’altra addolcendo il più possibile

le curvature e facendo in modo che si legga chiaramente la nume-razione del morsetto… Ricordate che è pur sempre un disegno tec-nico e la replicabilità è un requisi-to essenziale. In Fig. 16 il risultato finale… Sono stato bravo? Alla prossima :) Continua

Fig. 15, in A un gruppo di wires così collegati non aiuterebbe assolutamente a capire come si sviluppa il circuito; in B, invece, si capisce già chiaramente come essi siano stati col-legati alla breadboard

A B

Fig. 16, il risultato finale del mio primo lavoro con Fritzing

2020

2121

Q uesta puntata è dedicata alla trasformazione dell’International Electri-cal Congress, o IEC

(Congresso Elettrico Internaziona-le) in un vero e proprio organismo internazionale di normazione: la Commissione Elettrotecnica Inter-nazionale. Gli studi e lo sviluppo delle normative elettriche promos-se dall’IEC hanno influenzato pro-fondamente gli enti normatori na-zionali permettendo, nel corso de-gli anni, di affinare sempre di più la progettazione e la conseguente produzione di apparecchiature elettriche ed elettroniche, ponen-do al centro di ogni questione il problema della sicurezza, garan-tendo così all’utente finale una sempre maggiore salvaguardia dal rischio di folgorazioni ed incendi e, più recentemente, anche la pro-tezione dai campi elettromagneti-ci generati da queste apparecchia-ture. La decisione di instituire

questo Congresso segue perfetta-mente il filone delle motivazioni che sono state alla base di tutti gli altri organismi di unificazione na-zionali ed internazionali: discipli-nare una materia con unità di mi-sura e quadri normativi di riferi-mento universalmente riconosciu-ti. Pensate che all’epoca del primo IEC, quello del 1881 svoltosi a Pari-gi, a cui erano presenti i delegati di enti ed associazio-ni provenienti da mezzo mondo, furono presentate oltre 12 diverse unità di misura per la FEM (forza elettromotrice), 10 differenti unità di misura della corrente elettrica e ben 15 unità di misura per la resi-stenza elettrica! Vi renderete con-to da soli, quindi, che in queste condizioni era impensabile qua-lunque discorso di commercio in-ternazionale, senza contare tutti gli aspetti legati alla sicurezza e all’affidabilità di apparecchi ed accessori. Si decise così di partire proprio, come già abbiamo visto

nella prima puntata, dall’unifica-zione delle unità di misura stabi-lendo così il volt, l’ohm, l’ampere, il coulomb e il farad per quantifi-care, finalmente con precisione, tensione, resistenza, corrente, quantità di carica e capacità, con tanto di approvazione di un’istitu-zione scientifica riconosciuta a livello internazionale come la British Association for the Ad-

vancement of Science o BAAS. Passarono ben dieci anni, un tem-po enorme per lo sviluppo tecnolo-gico e scientifico anche a quei tempi, per il secondo IEC che si tenne a Francoforte nel 1891 in cui ci si rese conto che se si volevano realmente raggiungere dei tra-guardi significativi per l’unifica-zione elettrica ed elettronica biso-gnava incontrarsi con maggiore frequenza perché l’elettricità e le

III puntata

di Salvio Gigl io

Condividere idee ed esperienze

Un gruppo di uomini talentuosi, generosi e lungimiranti

riesce a realizzare un ente normatore per l’elettrotecni-

ca e l’elettronica di livello mondiale. La passione e l’en-

tusiasmo che ci hanno messo dentro più di un secolo fa

è solido fondamento di questa prestigiosa istituzione...

BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTAZIONE

2222

BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTAZIONE

In alto, i partecipanti all’IEC di Edimburgo del 1893; al centro da sinistra A. Einstein, H. G. Wells, J. A. Fleming e Lee De Forest; in basso da sinistra i lavori per il Canale di Panama e il brevetto del jukebox

2323

BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTAZIONE

sue applicazioni erano in pieno sviluppo e sarebbe stato poi diffi-cile analizzare e codificare ade-guatamente tutti gli aspetti di que-sta crescita. Si cercò di mantenere una cadenza annuale per questo impegno nel 1892 ad Edimburgo e nel 1893 a Chicago. Purtroppo sus-sistevano delle ideologie differenti in campo metrologico tra paesi anglosassoni e paesi europei, che venivano scherzosamente distinti tra “paesi del pollice” e “paesi del metro”, che incidevano in qualche misura anche sull’elettrotecnica e così passarono altri sette anni fino all’IEC del 1900 svoltosi nuova-mente in quel di Parigi. 1904-1906: un biennio d’oro per l’IEC La pagina History del sito della IEC fa molto onore a questa antica istituzione normativa continentale anche perché è stata redatta da una delle firme più prestigiose del giornalismo britannico, Mark Fra-ry di cui voglio riportare la tradu-zione della sua bella introduzione che rende subito l’idea del conte-sto storico entro cui si sono svi-luppati gli eventi di cui ci stiamo

occupando: “Molto stava accadendo nel mondo nel breve periodo che va dal 1904 al 1906. Einstein pubblicava un documento sulla sua speciale teo-ria della relatività; gli ingegneri americani avevano avviato i lavori per il Canale di Panama mentre la cartolina, il cono gelato e il juke-box erano stati appena inventati. Su entrambi i lati dell'Atlantico, le fabbriche ed i sobborghi chiedeva-no a gran voce più energia elettri-ca per sostituire gli obsoleti siste-mi di illuminazione a gas e a pe-trolio. H. G. Wells, nel North Ameri-can Review (1901), ha già previsto il “secolo elettrico” quando le case e le fabbriche sarebbero state ri-scaldate, ventilate ed azionate da energia elettrica. Anche nel mon-do dell’ingegneria elettrica stava accadendo molto: John Ambrose Fleming, il primo professore bri-tannico di ingegneria elettrica, ha appena inventato la valvola ter-moionica mentre negli Stati Uniti, Lee De Forest inventa il triodo. Questo fu il periodo che vide l’e-sordio della Commissione Elettro-tecnica Internazionale (IEC).”.

Sono in debito con Frary per que-sta introduzione magistrale e, con minori mezzi espressivi, cercherò di riassumervi le prime fasi che hanno portato alla fondazione di questa organizzazione che ha vi-sto nei lavori del VI IEC, quello del 1904 a St. Louis, una fase decisiva per trasformare delle occasionali riunioni scientifiche in un vero e proprio ente normativo internazio-nale per l’elettrotecnica, l’elettro-nica e le loro applicazioni indu-striali. C’è il lavoro tenace di un uomo dietro questa importantissi-ma Conferenza: il professor Elihu Thomson, che lo stesso colonnello R. E. B. Crompton, una delle anime più volitive dell’IEC di quel perio-do, indica nelle sua autobiografia “Reminiscenze” come il vero crea-tore dell’apparato di internaziona-lizzazione a St. Louis. Inglese di nascita, Manchester 1853, e tra-piantato a cinque anni con la sua famiglia a Philadelphia, il professor Thomson si era occu-pato di chimica fino al 1880; da quell’anno in poi si era appassio-nato e dedicato completamente all’ingegneria elettrica ottenendo

Vista prospettica dell’Expo di Saint Louis del 1904

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BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTAZIONE

Da sinistra: planimetria dell’Expo di St. Louis, la locandina e, in basso, il Palazzo dell’Elettricità

I delegati che parteciparono all’IEC di St. Louis

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un gran numero di brevetti come quello della saldatrice elettrica. Insieme E. J. Houston crea una società che dopo pochi anni sarà fusa con la ditta di T. A. Edison per creare la General Electric Compa-ny. Thomson era, quindi, la perso-na più adatta per il ruolo di Presi-dente del Congresso del 1904 a St. Louis… Pochi anni dopo l'inaugu-razione dell’IEC, ripensando a quei primi anni di cooperazione inter-nazionale con il colonnello Crompton, Thomson affermò delle cose che oggi più che mai sembra-no essere ancora vere per l’infor-matica, l’automazione, il software e la filosofia Open Source: "Nessun’opera di grande impor-tanza per l'industria elettrica è stata ancora intrapresa ed ha su-perato quella del lavoro svolto nel corso degli ultimi anni nello scam-bio internazionale di idee per l’e-lettrotecnica. Queste tematiche sono una cosa molto difficile da portare avanti a livello internazio-nale: ci sono molte gelosie da su-perare e molte suscettibilità da rispettare! C’è da essere solo orgo-gliosi che ancora non siano sorti litigi e problemi.". Ma torniamo al Congresso… In quell’anno a St. Louis, la bella città statunitense adagiata sulle rive

del Missouri, accadeva un po’ di tutto: si tenevano, contemporanea-mente, le Olimpiadi e l'Esposizione Universale Louisiana Purchase Exposition, mentre ingegneri elet-trici ed elettronici provenienti da tutto il mondo si erano riuniti pro-prio qui per i lavori dell’IEC. Il 15 settembre, alla chiusura del mee-ting, i delegati delle varie associa-zioni tecniche che vi avevano par-tecipato, al loro rientro in patria, avrebbero informato le rispettive sedi su quanto era accaduto a St. Louis e presentato la relazione fi-nale del Congresso; un documento di linee-guida molto importante da cui si può cogliere un passaggio estremamente significativo: "(...) è opportuno procedere ulte-riormente, con la nomina di un rappresentante della Commissio-ne, per stabilire la collaborazione tra le varie associazioni tecniche mondiali finalizzata a considerare la questione della normalizzazione della nomenclatura e le relative valutazioni di apparecchi e mac-chinari elettrici.". Si trattava di un momento epocale se si considera che in meno di un quarto di secolo si era passati dal-le unità di misura alla questione della normalizzazione (…). I rap-presentanti dei vari organismi

normativi furono anche invitati a comunicare tutti gli sviluppi ine-renti la risoluzione di cui sopra al delegato britannico della BSI, il colonnello Crompton, e al Presi-dente della American Institute of Electrical Engineers. Il colonnello Crompton era una figura chiave del settore elettrotecnico nel suo Paese e al Congresso di St. Louis ci era andato insieme al nuovo presi-dente della IEE, J. K. Gray. Al suo ritorno, Crompton comunica le vo-lontà del Congresso alla BSI che si attiva rapidamente organizzando dei tavoli di discussione per le va-rie discipline col fine di discutere una strategia normativa aderente ai propositi presi all’IEC. Nel feb-braio 1905, il presidente dell’ICE (Institution of Civil Engeeners) Sir John Wolfe Barry, decise insieme all’ex presidente della IEE, Alexan-der Siemens, di realizzare un Co-mitato Esecutivo per sviluppare unitariamente quanto era stato deciso a St. Louis. Alla fine del 1905 il colonnello Crompton, che nel frattempo aveva contattato associazioni elettriche di mezzo mondo per pubblicizzare gli inten-

ti dell’IEC, fa un resoconto del suo lavoro al Consiglio dell’IEE affer-mando di aver già ricevuto rispo-ste favorevoli da enti elettrici di normazione di ben nove paesi: Au-stria-Ungheria, Canada, Danimar-

BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTAZIONE

Elihu Thomson Il colonnello R. E. B. Crompton

Alexander Siemens

2626

BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTAZIONE

ca, Francia, Germania, Italia, Nor-vegia, Svezia e USA. Dal canto suo la IEE aveva già costituito il suo Comitato Esecutivo presieduto da A. Siemens e in cui figurano nomi estremamente significativi del panorama elettrotecnico britanni-co dell’epoca a partire dal nuovo presidente della IEE J. K. Ga-vey, Sir W. Preece, Lord W. Thom-son barone di Kelvin e l’energico colonnello Crompton. Il Consiglio della IEE aveva deciso di indire per

il giugno del 1906 un IEC per fare il punto della situazione circa gli obiettivi proposti al precedente Congresso di St. Louis. Furono in-vitate ad intervenire molte asso-ciazioni elettrotecniche interna-zionali per "restituire, in qualche misura, le cortesie ricevute negli anni precedenti dalle istituzioni elettriche di Europa e America". Il meeting sarebbe durato due giorni, il 26 e il 27 giugno e si sarebbe svolto a Londra sotto la direzione

di Siemens. La IEE fece veramente le cose in grande: pensate che ai delegati che partecipavano al meeting veniva offerto dopo i lavo-ri congressuali anche un tour, in un treno di lusso appositamente noleggiato, di dieci giorni in In-ghilterra e Scozia in cui si sareb-bero visitate varie aziende elettri-che e filiali locali della IEE. Su no-ve paesi che avevano accettato l'invito di sir Crompton solo Dani-marca, Svezia e Norvegia non era-

L’Hotel Cecil a Londra, in alto a sinistra visto dal Tamigi, a destra dalla Strand street ed in basso una cartolina dell’epoca che riproduce i fastosi saloni

2727

BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTAZIONE

no riusciti a nominare i delegati per partecipare al meeting londinese a cui però avevano aderito di buon grado i rappresentanti di Belgio, Olanda, Giap-pone, Svizzera e Spagna. Per la location del meeting la IEE non badò a spese e scelse quello che, all’epoca, era l’hotel più grande d’Europa: il Ceci Hotel; il com-plesso alberghiero, meta di soggiorno per facoltosi industriali americani, contava più di 800 camere, lussuosamente arredate, aveva l’ingresso sulla popo-larissima Strand street e offriva ai suoi ospiti una meravigliosa vista sul Tamigi. La prima serata del meeting si concluse con un banchetto per 450 invi-tati nei saloni del Cecil! Considerate, comunque, che la IEE era di casa al Cecil sin dalla sua inaugurazio-ne del 1896 tenendo lì puntualmente la sua cena an-nuale… Per quanto riguarda lo svolgimento e i conte-nuti tecnici del meeting i lavori possono riassumersi schematicamente nei suoi punti salienti Primo giorno Il Presidente Siemens apre i lavori con un discorso di benvenuto ricordando ai delegati intervenuti che lo scopo principale del meeting è la realizzazione definitiva di un Regolamento per la costituzione di una Commissione Esecutiva. Il progetto era stato preparato e distribuito in precedenza ai delegati in modo che potessero visionarlo con calma e discuter-lo in un esame approfondito nei lavori di una sotto-commissione il giorno seguente. Secondo giorno si aprono i tavoli di una serie di riunioni da cui emergono, oltre ai primi accenni normativi di carat-tere generale, i tratti principali dello statuto dell’IEC: La decisione di estendere nome della Commissio-

ne in “Commissione Elettrotecnica Internaziona-le per la standardizzazione della nomenclatura e le valutazioni di apparecchi elettrici e macchi-ne ...”.

L’adesione alla CEI è aperta a qualsiasi paese de-sideri di unirsi ad essa. L’adesione avvie-ne costituendo un Comitato Locale, realizzato da associazioni tecniche o enti normativi nazionali o in mancanza di questi dal governo del paese stes-so.

Lo scopo di ogni Comitato Locale è quello di crea-re un ponte con l’IEC, attraverso i propri delegati, partecipando ai Congressi e facendo in modo che i piani normativi internazionali si applichino con successo nei propri paesi.

Ogni paese ha diritto a un solo voto, a prescindere dal numero dei suoi delegati.

L’IEC pubblica solo quei provvedimenti che sono stati approvati all’unanimità; in caso di direttive assunte senza il quorum saranno pubblicati an-che i nomi e le motivazioni dei paesi che hanno Due immagini del documento preliminare del meeting

2828

Il primo Presidente Generale dell’IEC Lord William Thomson barone di Kelvin

votato a favore e contro. Gli uffici centrali della Com-

missione sono attualmente ubi-cati a Londra presso la sede della IEE.

Il Consiglio Esecutivo gestisce le modalità operative delle nor-me abbozzate durante i lavori della Commissione.

La Commissione è così compo-sta:

a) Presidente Generale, b) i Presidenti delle Commis-

sioni Locali, c) un delegato per ogni Comi-

tato Locale, d) il Segretario Onorario.

In generale, l'attività della Com-missione sarà condotta per cor-rispondenza anche se il Presi-dente può convocare una riu-nione del Consiglio o della Commissione, quando ritiene opportuno (...).

Questi incontri si possono svol-gere a Londra o in qualsiasi al-tro luogo come stabilito dalla maggioranza della Commissio-ne.

Ogni Comitato Locale deve re-perire i fondi per le proprie spe-se e contribuire con una quota pari alle spese dell'Ufficio Cen-trale.

Questi sono i punti salienti del

modus operandi che IEC aveva scelto di seguire più di un secolo fa e che l’hanno fatto funzionare sino ad ora… Restava solo di nomi-nare i primi leader storici per le due posizioni ancora vacanti del nascente Consiglio IEC: quella del Presidente Generale e quella del Segretario Onorario… Un fisico come Presidente Genera-le Chi a scuola non ha sentito parlare della famosa scala Kelvin e dello zero assoluto la temperatura alla quale ogni movimento molecolare cessa? Ebbene, il primo Presidente Generale dell’IEC, fu proprio il fa-moso fisico e ingegnere irlandese Lord William Thomson barone di Kelvin. Il titolo onorifico gli fu con-ferito in seguito alla sua vasta atti-vità di ricerca e i suoi studi sulla termodinamica. La sua pubblica-zione del 1856 “Dynamical illustra-tions of the magnetic and helicoi-dal rotary effects of transparent bodies on polarized light” gettò le basi per le successive teorie di J. C. Maxwell sull'elettromagneti-smo, mentre il suo galvanometro a specchio è stato determinante per il successo della posa del primo cavo transatlantico sottomarino nel 1865. E' fu proprio per questo

ultimo lavoro che fu chiamato presso la House of Lord inglese ricevendo, così, il prestigioso tito-lo. Per quel che riguarda il ruolo di Segretario Onorario dell’IEC la scelta cadde, ovviamente, sull’im-pareggiabile colonnello Crompton dato il suo ruolo di primo piano nel portare a compimento la Commis-sione con lo stesso piglio con cui si combatte una battaglia campale! Per celebrare questo risultato mol-to soddisfacente, Lord Kelvin e il colonnello Crompton sono stati tra 1700 ospiti che si sono recati la sera di quel lontano 27 giugno al Museo di Storia Naturale per una serata colloquiale piacevolmente intrattenuti dai motivi suonati dal-la banda dei Royal Engineers. Il giorno successivo i delegati tecni-ci partivano per il loro tour britan-nico felicemente consapevoli di aver intrapreso un nuovo cammi-no di cooperazione internazionale. Lo stesso spirito di cooperazione persiste ancora oggi e l’IEC con la sua esistenza può giustamente vantarsi di aver realizzato un qual-cosa che non è ancora riuscito a nessuna religione e ideologia poli-tica. Continua

BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTAZIONE

Il Savoy Place sede storica dalla IEE e poi anche della IEC

2929

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CINEMA E ANIMAZIONE

Tale of tales

T ale of tales (Il Racconto dei racconti) è un film a episodi del 2015 co-scritto, co-prodotto e di-

retto da Matteo Garrone, al suo pri-mo film in lingua inglese. Le riprese del film, iniziate il 15 maggio 2014, sono durate quattro mesi con loca-tion ambientate esclusivamente in Italia: Campania (Napoli tra cui il Palazzo Reale), Toscana (a Sovana e Sorano, nel Castello di Sammezza-no di Reggello e nel Palazzo Vec-chio di Firenze), Puglia (a Castel del Monte, Gioia del Colle, Mottola e Statte), Sicilia (nel Castello di Don-nafugata e nelle Gole dell'Alcanta-ra) ed Abruzzo (nel castello di Roc-cascalegna). Il film, presentato al Festival di Cannes 2015 dove è in concorso come candidato alla Pal-ma d’oro, è stato distribuito nelle sale cinematografiche italiane a partire dal 14 maggio 2015. Tale of tales è un fantasy ambienta-to nel 1600 e liberamente tratto da Lo Cunto de li cunti ovvero lo Trat-teniemento de’ peccerille di Giam-battista Basile, un autore napoleta-no del XVII secolo: esso è una pre-ziosa raccolta di fiabe popolari, scritte in dialetto napoletano arcai-co, a cui si ispirarono in seguito grandi autori nordici di fiabe (Grimm, Andersen, Perrault) che hanno resi celebri molti suoi perso-naggi. Il film di Garrone parla di tre storie diverse tratte dalla raccolta (La cerva fatata, La vecchia scorte-cata e Lo polece diventati, rispetti-vamente, La regina, Le due vecchie e La pulce) descrivendo tre regni diversi con tre sovrani diversi e cia-scuna con un protagonista diverso: Salma Hayek nel primo episodio, Vincent Cassel nel secondo e Toby

Jones nel terzo. Tuttavia, le tre sto-rie si intrecciano perché ogni sin-gola vicenda contiene qualcosa del-le altre: “un doppio, un riflesso, una citazione, uno scambio di sguardi. La brama con cui la regina vuole per sé (e solo per sé) un figlio an-nulla il sacrificio del marito e soffo-ca il desiderio di essere amato (per sé) del nuovo nato, che una volta cresciuto incontra il suo "gemello" più povero ma infinitamente più libero. La lascivia insaziabile del re erotomane, archetipo predongio-vannesco, è una sfida inesauribile alla morte e alla deca-denza del corpo, così ben incarnata (perché di carne, pelle e sangue sempre si par-la ne Il racconto dei racconti) dalle due anziane sorelle impegnate in una corsa a ritroso nel tempo che finirà per dividerle, "separando ciò che è inseparabile": come l'unione fra i due "gemelli" dell'episodio pre-cedente, come il legame fra un pa-dre immeritevole e una figlia degna di ereditare un regno nell'episodio successivo. Il risultato è un caleido-scopio di immagini potenti ed evo-cative, ma anche un carnevale di umani sentimenti, pulsioni e cru-deltà, nonché una riflessione pro-fondissima sulla natura dell'amore, che può (dovrebbe) essere dono e che invece, per quelle fiere che so-no (ancora) gli esseri umani, è spes-so soprattutto cupidigia” (tratto da una recensione di Paola Casella su mymovies.it). In un primo momento la voce che Matteo Garrone, dopo i successi internazionali avuti con Gomorra e Reality, avesse in mente di traspor-re cinematograficamente l’opera di Basile contando su un budget im-

portante (12 milioni di euro), un cast di stelle internazionali e girandolo completamente in inglese aveva fatto gridare subito alla bufala. Que-sto per due motivi: innanzitutto perché il genere fantasy è poco ap-prezzato in Italia e, soprattutto, per-ché abituati ad un tipo di cinema profondamente legato alla realtà quale è quello di Garrone. Invece, alla fine, il regista ci ha messo di fronte ad un vero e proprio miracolo di equilibrio, partendo dal presup-

posto che sia la fiaba a raccontare la realtà e non viceversa così come invece accade per ogni pellicola che abbia cercato di sfruttare il pa-trimonio “fiabesco” popolare per tramutarlo in cinema. Una sfida quindi anche con se stesso, avvezzo com’è ad un cinema che parte dal reale per poi spaziare nel fantasti-co. L’approccio di Garrone è confer-mato anche dal suo quasi totale ri-fiuto di ricorrere ad artifici digitali per la creazione, ad esempio, delle due sole creature veramente fiabe-sche del film: il drago marino de La Regina e la gigantesca pulce de La pulce sono frutto di sapiente arti-gianato di una volta e i due ingom-branti animali appaiono incredibil-mente realistici pur non essendo stati creati al computer. Merito è piuttosto dell’artista fanese Andrea Giomaro “Gommo”, dell’associazio-ne culturale fanese He.Go Film, che ha contribuito attivamente alla rea-lizzazione del drago lungo 14 metri, della pelle della pulce di 3 metri, della testa mozza di un orco, di un cuore enorme, degli stampi del viso

di Nunzia Nul lo

“Una regina sterile accetta di seguire i consigli di un negromante pur di avere l’agognato figlio che ha sempre solo sognato, ma non può prevedere le conse-guenze di questo suo gesto. Un re erotomane si lascia sedurre dalla voce di quella che crede una ragazza, scoprendo poi che però si tratta di una vecchia avvizzita la quale, grazie ai sortilegi di una maga, si trasforma in una giovane bellissima e lo riconquista. Un re promette la mano della figlia a chi riuscirà a indovinare a che animale appartenga la pelle di una pulce che lui stesso ha allevato e nutrito fino a convertirla in un montone, ma non può prevedere che il solo in grado di farlo sarà un orco dai modi ferini. .”

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di due vecchie, lavorando incessan-temente per oltre due mesi. Mai come quest'anno anche il cine-ma italiano ha dimostrato di poter e saper utilizzare gli effetti speciali e Il Racconto dei racconti è il titolo che ha dato una svolta all'industria del genere grazie alla nascita di Makinarium, un centro creativo e produttivo, completamente italiano e con sede a Roma, specializzato nello sviluppo di effetti speciali in-tegrati fisici e visivi. Un’azienda giovane ma già ben consolidata tanto da essere coinvolta anche in altre produzioni di respiro interna-zionale come il remake di Ben Hur e Zoolander 2. La grandezza di Ma-kinarium sta nel fatto di aver riuni-to in un unico marchio le migliori maestranze italiane e in parte euro-pee di diversi settori: percezione visiva, post-produzione digitale, animazione 2 e 3D, animatronics, effetti meccanici, special make up e iperrealismo. Una vera e propria integrazione, quindi, tra artisti e materie diverse che, finora, avevano lavorato sempre in maniera disso-ciata; questo è il tratto distintivo del progetto che si concretizza in un

metodo di lavoro innovativo così come afferma Leonardo Cruciano che, insieme ad Angelo Poggi e Ni-cola Sganga, è uno dei soci fondato-ri. Siamo, quindi, di fronte ad un project management applicato al cinema dove artisti grafici e digitali, tecnici e ingegneri elettronici, mec-canici dell’animatronica, special make up artist, VFX compositor, 3D artist, scultori, artisti e pittori, nello stesso luogo e in team, hanno modo di scambiarsi idee, competenze ed esperienze volte al raggiungimento di un obiettivo comune. Questo nuovo metodo di lavoro applicato da Makinarium ha reso possibile lo sviluppo e la brevettazione di un primo sistema di effetti speciali integrato ossia il LCW’S SFX Inte-grate System che, combinando di-rettamente sul set del film effetti fisici e ritocchi digitali e quindi senza l’uso separato del green screen e della CGI, crea dei perso-naggi assolutamente realistici. Quindi, senza perdere nulla in ter-mini di qualità, sono notevolmente abbattuti i costi di produzione e post-produzione, rendendo molto più pratico tutto il lavoro sugli ef-

fetti speciali che, come dice lo stes-so Garrone, hanno lo scopo di dare credibilità fisica ed emotiva e vero-simiglianza al film. Questo dunque il motivo per cui si è dato tanto spa-zio all’artigianato nella ricostruzio-ne fisica delle creature fantastiche, lasciando il digitale solo per qual-che ritocco. Un tipo di approccio che ha facilitato anche il lavoro de-gli attori che, recitando a “stretto contatto” fisico con le creature sul set, sono riusciti a calarsi meglio nel proprio ruolo e che ha dimostra-to come sia possibile realizzare an-che nel nostro Paese effetti di livel-lo internazionale ma ad un costo più basso. Alla fine Tale of Tales, film fanta-stico e pieno di effetti speciali, non vuole altro che rappresentare l’es-sere umano in tutte le sue debolez-ze: infatti i temi e i sentimenti del libro, che appaiono sorprendente-mente moderni, sono stati lasciati intatti dal regista affascinato non poco dal talento di Basile, conside-rato un autore straordinario a cui spera di poter dare maggior lustro attraverso il suo film.

CINEMA E ANIMAZIONE

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S empre alla ricerca di per-sonaggi che, con il loro intelletto, hanno contri-buito a migliorare il no-

stro Paese e a realizzare e consoli-dare il concetto di Made in Italy nel mondo, mi sono imbattuto in

una figura, a dir poco, originale nel panorama del design industriale italiano degli ultimi quattro decen-ni: Rodolfo Bonetto. Un musicista design che alle sue realizzazioni grafiche ha saputo dare la metrica del jazz, sua prima grande passio-ne, rendendole un qualcosa di uni-co, elegante ed estremamente con-temporaneo. Rodolfo Bonetto ha vissuto due vite, professionalmen-te parlando, raggiungendo i vertici della carriera in entrambe, pur non

avendo seguito alcun particolare percorso accademico, animato solo dalla curiosità e dalla passio-ne. Bonetto è stato un autodidatta, sia nella musica che nel design, quasi un’anomalia per noi italiani che, pur vivendo in un Paese icona culturale mondiale per antonoma-sia, siamo abituati a concepire la cultura come un qualcosa di su-perfluo o da acquisire quasi esclu-sivamente dietro un banco solo

per fare soldi e car-riera, comunque lontano anni luce dal ristretto novero delle nostre pas-sioni… Nota biografica Rodolfo Bonetto nasce a Milano il 18 settembre del 1929 e segue gli studi liceali sino alla maturità colti-vando contempo-raneamente la sua grande passione per la batteria e la musica jazz che lo porteranno a lavo-rare con musicisti, che sono delle vere leggende del jazz italiano, nel mitico Sestetto Italiano

all’epoca in cui la formazione era composta da: Oscar Valdambrini (tromba), Gianni Basso (chitarra), Piero Umiliani (pianoforte), Anto-nio De Serio (basso) e con cui inci-derà brani di grande successo co-me: Tea For Two / Non ti scordar di me / Il mulino sul fiume / Inven-zione. (Columbia CJ 1003) Milano, 22-10-52. Oppure in quartetto con Gianni Basso (chitarra), Vittorio Paltrinie-

ri (pianoforte), Al King (basso): Ain’t Misbehavin’ / Whispering / Over The Raimbow. (MJCD 1111) Milano, 20-5-54. Parallelamente alla carriera musi-cale, Rodolfo seguiva le vicende sportive dello zio paterno Felice, un noto pilota automobilistico che a 47 anni faceva il suo debutto in Formula 1 con la scuderia Maserati al Gran Premio di Svizzera del 1950. Felice aveva un notevole ascendente sul nipote e riuscì a trasmettergli la sua passione per i motori e le automobili tanto che Rodolfo, dotato anche di grande senso estetico, capacità e talento per il disegno tecnico, inizia a la-vorare come disegnatore tecnico per la Veglia Borletti, disegnando strumentazioni per automobili. Una grande passione di Rodolfo di quel periodo sono i suoi studi sul design automobilistico derivati dall’ambiente di lavoro e da quello delle competizioni sportive dello zio. Infatti, partendo quasi per gio-co da bozzetti di automobili sporti-ve, nell’arco di pochi anni, Rodolfo passò a vere e proprie progettazio-ni complete di allestimenti auto-mobilistici come quella preparata appositamente per lo zio per la Mille Miglia del 1951: si trattava dell’elaborazione di un’Alfa 412 del 1939. Fu in questa occasione che il giovane designer, appena 21enne, fu presentato al carrozziere torine-se Alfredo Vignale. La vettura fece aggiudicare a Felice Bonetto un buon piazzamento, il VI posto, con-siderando che correva come pilota privato. L’anno successivo Rodolfo elabora un nuovo modello per Vi-gnale; si tratta di rimaneggiare una berlina della Lancia, la Aurelia B21 prodotta dal 1950 al 1958, partendo da uno dei 98 telai B52 forniti dalla casa automobilistica a vari carroz-zieri per farne dei prototipi. Il ri-

DESIGNER’s STORY

Rodolfo Bonetto

di Salvio Giglio

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DESIGNER’s STORY

In alto da sinistra, Rodolfo Bonetto alla batteria, Giorgio Gaslini al pianoforte e Alceo Guatelli al contrabbasso in uno scatto preso al Balzer Centro - ex Nazionale in un concerto organizzato dal Jazz Club Bergamo. In basso una foto del 1956 scattata al Teatro Rubini di Bergamo del quartetto Glauco Masetti. Masetti al sassofono contralto, Gianfranco Intra al pianoforte, Al King al contrabbasso e Rodolfo Bonetto alla batteria. La serata era stata organizzata dal Jazz Club Ponte San Pietro e da Gioventù Studentesca

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DESIGNER’s STORY

sultato finale è un coupé, elegan-temente sportivo e molto sovversi-vo rispetto alla produzione Lancia dell’epoca. Del veicolo originario non restò nulla se non il solo mo-tore V6 di 1991 cc da 70 cavalli che consentivano alla vettura una ve-locità massima di 145 km/h. Il no-me di Rodolfo inizia a diventare famoso e così cominciano le colla-borazioni con altri carrozzieri tori-nesi anch’essi impegnati nel giro delle competizioni motoristiche sportive dell’epoca, come Bone-schi e Viotti. Il 21 novembre del 1953 un avvenimento tragico se-gna luttuosamente la famiglia Bo-netto: durante la gara automobili-stica “IV Carrera Panamericana”, Felice perde la vita in un grave incidente in località Silao de la Victoria in Messico. Il pilota parte-cipava alla competizione con i

compagni di squadra della scude-ria Lancia ed era stato in testa alla classifica provvisoria con un I po-sto e due seconde posizioni di tap-pa. Il ricordo dello zio e il consen-so ricevuto con la realizzazione dei suoi primi prototipi spinsero Rodolfo ad approfondire sempre di più il discorso sul design indu-striale e così abbandona la fortu-nata carriera di batterista jazz per dedicarsi alla nuova professione. Nel 1958 fonda Bonetto Design e la sua attività di product designer cresce, specialmente nell'ambito dell'automotive con il contributo trentennale con il gruppo Fiat, di-segnando molti interni di auto di grande successo fino ad arrivare al motore FIRE e spaziando poi anche tra i settori più vari del de-sign industriale di serie collabo-rando con Artemide, Brionvega,

Bilumen, Candle, Driade, Flexform, iGuzzini, Olivetti. In quarant’anni di carriera Bonetto ha realizzato oltre 900 progetti in cui ha dise-gnato di tutto: apparecchi e calco-latori elettronici, elettrodomestici, lampade, laser chirurgici, macchi-ne utensili, mobili, orologi, sanita-ri, sistemi hi-fi, strumenti musica-li, telefoni, televisori, treni, valigie, scarponi da sci… Di tutte queste tipologie, è sempre la componente tecnica il denominatore comune che più lo appassiona, una pecu-liarità che lo distingue dalla mag-gioranza dei designer italiani, per tradizione più vicini al mondo dell’architettura e dell’arredamen-to, restando esclusivamente inte-ressato alla produzione in serie. Il suo rapporto con la Olivetti è stato tra i più intensi e professional-mente stimolanti: per la casa di

Alfa 412 del 1939 rielaborata con A. Vignale per la Mille Miglia del 1951 disputata dallo zio di Rodolfo il pilota F. Bonetto

A destra la berlina della Lancia, la Aurelia B21 dal cui telaio è fuoriuscito il grintoso coupè B52 di Bonetto nel 1952

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DESIGNER’s STORY

Orologio Sfericlock, realizzato per Borletti, che ha ricevuto il premio Compasso d’oro ADI nel 1964 collezione MoMa

Televisore Ultrvox, 1970 Televisore Autovox linea 1, 1969

ARA table lamp Giotto Stoppino, 1964 Magic drum Autovox radio a transistors Telefono pubblico Rotor, SIP, 1987

Autoradio estraibile Voxson Mostro7001, 1978 Autoradio estraibile Voxson, Tanga, 1979

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Ivrea Rodolfo progetta complesse macchine utensili e attrezzature per il lavoro, di cui studia minuziosa-mente i particolari ergonomici per ottimizzare le prestazioni degli operatori che le dovranno utilizza-re per molte ore al giorno, che modificano in meglio l’ambiente industriale. In definitiva a Rodolfo Bonet-to interessa da sempre lo sviluppo della pratica pro-gettuale, da lui intesa come immediata trasposizio-ne produttiva e seriale di un’idea e aliena da qualun-que vuota filosofia estetica. Questo approccio diretto con la progettazione lo rende famoso anche in am-bito accademico e gli vale una cattedra di design industriale, prima all’estero, presso la prestigiosa scuola di design tedesca di Ulm la Hochschule für Gestaltung dal 1961 al 1965, e, successivamente, all’ISIA di Roma. Anche come docente Bonetto rie-sce ad eccellere e a fornire ai suoi allievi un elevato contributo didattico derivato da anni di pratica in-dustriale. Riconosciuto come uno dei padri fondato-ri del design italiano, è nominato Presidente dell’A-DI dal 1971 al 1973 e dell’ICSID (International Council of Societies of Industrial Design) dal 1979 al 1981. Studia il design anche in Paesi quali la Russia, gli Stati Uniti e il Giappone. Rodolfo è stato poi affian-cato dal figlio Marco che da lui ha ereditato l'abilità e la creatività e che ha preso la guida dello studio, dopo un lungo periodo di duro apprendistato, all’im-provvisa scomparsa del padre avvenuta nel 1991 a 62 anni. Lavori principali e premi Tra i lavori più famosi realizzati da Rodolfo Bonetto ce ne sono alcuni che hanno tutto il fascino del de-sign vintage anni ’60 e ’70 come ad esempio: l’orologio Sfericlock, realizzato per Borletti, che ha ricevuto il premio Compasso d’oro ADI 1964 e che entra a far parte della collezione permanente del MoMa; la macchina utensile a controllo numerico Auctor per la Olivetti che ha ricevuto il premio Compasso d’oro ADI 1967; le autoradio estraibili per la Voxson: la Tanga del 1970 e la Mostro7001 col frontalino estraibile del 1978; la poltroncina Melaina realizzata per Driade nel 1971; il telefono pubblico Rotor, realizzato per la SIP nel 1987 e prodotto sino al 2002. Bonetto ha ricevuto in totale otto Compassi d'oro: 1964, 1967, 1970, 1979, 1981, 1984. Dopo la sua morte, gli è stato dedicato il Compasso d’Oro 1991 alla me-moria per il complesso della sua attività.

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INTERVISTA

Adam Sondel

C iao Adam, presentati ai nostri lettori. Hi guys! Ho quarant’anni, sono polacco e sono un

vero maniaco della pittura digita-le. Ho capito che devo trascorrere ancora molto tempo ad imparare per diventare un artista migliore :) Lavoro a tempo pieno come do-cente di Scienze dell’informazio-ne. Sono sposato, ho due figli e nessun gatto! :) Tu ti occupi di grafica a 360°. Qua-le percorso formativo hai seguito per diventare così bravo? Non ho mai frequentato alcuna scuola di grafica o di design arti-stico, io sono un artista autodidat-ta. In realtà, sto ancora studiando

a casa guardando tutorials e i la-vori dei migliori pittori digitali di tutto il mondo attraverso Internet. Nel tempo libero disegno e faccio continuamenti bozzetti - questa è sicuramente la cosa più importan-te: pratica, pratica e ancora prati-ca! :) Digital painting, graphic e web design, concept art design; quale di queste attività ami di più e per-chè? Le attività che amo di più sono la digital painting e la concept art. Digital painting mi regala la totale libertà nella creazione…. Divento il creatore di nuovi mondi quando dipingo: l’unico limite è solo la mia immaginazione. La Concept art poi la trovo straordinaria spe-cialmente guardando il lavoro di altri artisti e da cui prendo talvolta ispirazione per i miei elaborati.

Quando hai cominciato a occupar-ti di grafica? Ho iniziato dalla scuola materna. Il primo disegno che ricordo è sta-to quello di un'ape. Il nostro mae-stro disse a mia madre che la mia ape era stata la migliore tra quelle disegnate dal nostro gruppo e lei era molto orgogliosa di me :) Suc-cessivamente ricordo che ho dise-gnato fumetti nella scuola prima-ria e a vent’anni ho fatto solo po-chi disegni per gli amici… Poi ho seguito sino al 2009 altri interessi anno in cui ho ripreso a disegnare. Quale è, secondo il tuo parere, il miglior software che deve assolu-tamente imparare un disegnatore? Non lo so. A mio parere il software è solo uno strumento, la cosa più importante è nella tua testa e nella tua mano. Naturalmente, se si co-nosce bene del software è possibi-le fare qualcosa di più efficiente e

Adam è una vecchia conoscenza di G+, un artista digitale polacco che insegna Scienze dell’Informazione… Ho

sempre ammirato i suoi lavori grafici capaci di evocare scenari di mondi fantastici, futuri, lontani o di raccontare

con la matita favole che suggestionano e coinvolgono l’osservatore pienamente riportandolo a quella piacevole

dimensione ludica che caratterizza l’infanzia. Adam è una persona di grande energia e me lo ha dimostrato pro-

prio con questa intervista a cui ha risposto con estrema disponibilità, nonostante gli impegni, quasi in real time

di Salvio Gigl io

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INTERVISTA

Alcuni dipinti digitali di Adam Sondel

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INTERVISTA

veloce. Ho letto che usi anche SketchUp... cosa disegni con esso? Ti piace come software per la modellazione 3D o hai anche altre preferenze? Mi piace Sketchup per la sua sem-plicità e velocità nella modellazio-ne. Io lo uso per fare le illustrazio-ni in due modi: o dipingo sul mo-dello il rendering, o per impostare la prospettiva, le luci e poi la pittu-ra in modo esclusivo. Stavo cer-cando di imparare Blender ma ri-chiede un sacco di tempo. Quale fase del tuo lavoro ti da più soddisfazione? Mi sento totalmente soddisfatto quando ho realizzato il 100% di un’immagine, partendo da zero - senza texture, foto-manipolazioni ecc.

Se, per assurdo, un giorno la tec-nologia dovesse finire e/o regredi-re, riesci ad immaginare il tuo la-voro senza i computer? Sì, perché mi piace da sempre di-segnare con la matita e un sempli-ce pezzo di carta. E 'così facile e naturale - senza bisogno di attrez-zature speciali, dispositivi vari e computer. Cominci a disegnare subito appena hai l’inspirazione. Cosa ne pensi dei Social Networks e del WEB? Essi ti hanno aiutato nel tuo lavoro? Se si in che modo? Web è la mia scuola. Il 90% delle mie conoscenze provengono dalla Rete. Ogni giorno osservo grandi artisti da tutto il mondo. Uso vo-lentieri tutorial - gratuiti ed a pa-gamento. La Rete è piena di cose preziose, basta solo cercarle.

Come usi Google Plus? Lo uso principalmente per guarda-re e imparare da altri artisti. Mi piace molto G + è più semplice di FB. Ad esempio le Community so-no un’ottima idea per avvicinare persone che hanno gli stessi inte-ressi. Parlaci del tuo sogno nel cassetto e del tuo prossimo progetto. Il mio sogno è quello di lavorare come illustratore e di non dover più far lavorare anche mia mo-glie :) Il mio prossimo progetto? È ancora sconosciuto, esso arriverà improv-visamente :)

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MATEMATICA & DINTORNI

La statistica dei capelli bianchi

DA EDWARD MANI DI FORBICE

B loccato sulla comoda poltrona ed imprigionato nel morbido asciugama-no di spugna bianco, os-

servo cadere lentamente una cioc-ca innevata di capelli. Il colpo del barbiere suscita una profonda riflessione: «Ma quanti capelli bianchi ho?» rifletto a voce alta. «Dotto’ non vi preoccupate, non sono molti» mi consola con tono incerto il giovane coiffeur. «Non chiamarmi dottore, sono Ma-rio …» replico dubbioso. «Come volete voi, dotto’» sentenzia asettico il giovane mentre conti-nua la sua opera di potatura.

La nevicata improvvisa mi riporta dietro nel tempo, nell’aula della Facoltà di Matematica, lezione di Statistica: “Come contare il nu-mero di pesci in un lago?”. QUANTI PESCI CI SONO IN UN LAGO? Il metodo è detto del cattura-ricattura: si pescano alcuni pe-sci, si marcano con una vernice innocua e si rimettono nel lago. Dopo qualche giorno, si ripescano un certo numero di pesci (solitamente diverso da quelli pre-si la prima volta). Sono stati mar-cati ad esempio 20 pesci. Si sono ripescati 15 e 3 di essi sono marca-ti. Con una opportuna proporzione, si ricava il numero N dei pesci to-tali presenti nel lago... Per chi ha familiarità con i numeri ed i conti: 15 : 3 = N : 20, cioè nel lago ci sono N= 15×20/3 = 100 pesci circa).

Le stime non mentono: sono bian-co al 60% Prendo tra le mani il ciuffo appena caduto, conto minuziosamente quanti capelli sono bianchi e quanti neri, poi lo getto. Ne ripren-do un altro, continuo con il conteg-gio. Ripeto il procedimento con un terza, microscopica ciocca. «Dotto’ che fate?» chiede il parruc-chiere incuriosito. «Calcolo quanti pesci ci sono nel lago» replico concentrato. Mi guardo allo specchio con atten-zione, la statistica conferma: il 60% dei miei capelli sono innevati. «Dotto’, volete fare una tintura? Usiamo solo prodotti naturali», l’imprenditore fiuta l’affare e subi-to si insinua tra le prime incertez-ze senili. «E perché?» sbotto divertito. La statistica – come la Vita – ha le sue regole e vanno accettate.

di Mario Monf reco la

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2009 2015

2035

Il tempo passa impietosamente per tutti! Una ricostruzione digitale della capigliatura di Mario Monfrecola dal 1990

(stile Maradona) fino al 2035 :D

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MUSICA

L a voce è il suono emesso dall'essere umano parlan-do, cantando oppure ur-lando: è quindi il primo e

il più istintivo "strumento musica-le". Il termine vocalità indica le tecniche e i modi di trattare la vo-ce umana nella composizione e nell’esercizio musicale; può anche riferirsi alle caratteristiche di un cantante o alla qualità di una mu-sica in rapporto alla sua facilità di esecuzione. Anche se tendenzialmente siamo portati a considerare la voce come indirizzata verso i due grandi am-biti della musica lirica e della mu-sica leggera, non dobbiamo di-menticare che in realtà la voce umana si è espressa, e lo fa ancora oggi, in contesti musicali ben più vasti: il canto gregoriano, le canzo-ni di trovatori e trovieri, l'Ars nova,

il Rinascimento, la polifonia sacra e profana, l'opera buffa e il melo-dramma del Seicento, il belcanto del Settecento, la grande stagione operistica dell'Ottocento, la liede-ristica e, ancora, il blues, lo spiri-tual, il jazz. La voce, i cui elementi distintivi sono l'estensione, l'intensità, l'al-tezza, il timbro, è prodotta attra-verso il medesimo apparato utiliz-zato per le funzioni vitali della re-spirazione. La fonazione (qui una breve ani-mazione http://www.youtube.com/watch?v=JzyHKYQzPBk) è il pro-cesso fisiologico mediante il quale le corde vocali, vibrando, produco-no una specifica gamma di suoni; la variazione della frequenza di vibrazione delle corde vocali e l'a-zione congiunta della laringe e della bocca permettono l'articola-zione della parola e l'emissione coordinata di suoni. La fonazione avviene quando l'a-ria, sospinta dai polmoni e dall'at-

tività del diaframma e dei muscoli del torace, attraversa la trachea e giunge nella laringe mettendo in vibrazione le corde vocali; il suono prodotto viene amplificato dalla cavità orale, da quella nasale e da altre piccole zone situate nella scatola cranica. È importante no-tare che la bocca, il principale ele-mento risonante, essendo mobile, può modificare la propria forma permettendo così di modificare continuamente il timbro della vo-ce. Le corde vocali possono variare rapidamente la loro lunghezza, la larghezza, lo spessore e la tensio-ne in modo da rendere possibile il succedersi graduale dei suoni os-sia la loro articolazione armonica. Le sfumature della voce, le tonalità e la sonorità del canto dipendono dall'azione di una dozzina di fasci muscolari che allargano e restrin-gono l'apertura della glottide, così come tendono o dilatano le corde vocali. La frequenza del suono, quindi, dipende dalla frequenza di oscillazione delle corde vocali, de-

di N ico la Amalf i tano

Voce e Vocalità

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MUSICA

Sezione trasversale corpo umano all’altezza del cranio

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MUSICA

terminata a sua volta dalla loro tensione, densità e lunghezza. Nei maschi adulti le corde vocali sono lunghe circa 17-25 mm, mentre nelle femmine circa 12,5-17,5 mm. Il suono prodotto dalla vibrazione delle corde vocali non è un suono puro; contiene infatti diversi ar-monici per il loro passaggio attra-verso alcune cavità di forma com-plessa e di geometria variabile: la glottide, la lingua, il palato. Per modificare il timbro della voce emessa, i cantanti, come pure gli attori, imparano a sfruttare me-diante tecniche raffinate non solo le risonanze della bocca ma anche quelle proprie delle fosse nasali e dei seni paranasali. La cosiddetta voce impostata, si-stema di fonazione usato nel canto classico ed in parte anche nel tea-tro di prosa, che permette di usare la voce a lungo e a volume molto alto, sfrutta le risonanze di una o più delle cavità orofaringee, crani-che e tracheali per creare un se-condo sistema oscillante accop-piato a quello delle corde vocali. Durante l'emissione del suono è pertanto necessario sostenere un flusso d'aria continuo e maggiore del normale, quindi diventa di fon-damentale importanza il controllo della respirazione e dei muscoli coinvolti nell'espansione dei pol-moni; in questo modo le corde vo-cali devono soltanto iniziare, e poi regolare, una vibrazione che si au-tosostiene con la pressione dell'a-ria in arrivo dai polmoni. Di nor-ma, la cavità che risuona è localiz-zata alla radice del naso ma può anche essere nella fronte per i suoni più acuti oppure nel petto per le note più gravi. Se la tecnica applicata è corretta, le corde vocali risultano poco sollecitate anche dopo una prestazione protrattasi nel tempo. La voce impostata ten-de a realizzare un’emissione voca-le di ampia estensione, soprattutto in acuto, sia nelle donne che negli uomini, di forte intensità e di tim-

bro omogeneo; serve anche a na-scondere i passaggi naturali di registro e a sfruttare la parte supe-riore del volto allo scopo di au-mentare l’area di risonanza e di evitare la “voce di gola” che, inve-ce, è praticata nella musica legge-ra. I registri principali della vocalità impostata si distinguono in Soprano, la voce femminile più alta; Mezzosoprano, voce interme-dia tra soprano e contralto;

Contralto, la voce femminile scura, estesa soprattutto nel setto-re grave; Tenore, la voce maschile este-sa in acuto; Baritono, voce intermedia fra tenore e basso; Basso, la voce maschile più estesa nel grave. Altre voci sono: il falsetto naturale, la voce dei castrati; il falsetto artificiale, voce ma-schile, che simula il falsetto, spes-so definita controtenore,; la voce bianca, cioè quella dei fan-ciulli che corrisponde all’estensio-ne di soprano ma è più chiara e squillante. Con riferimento alla parte del cor-po che entra in risonanza durante il canto, possiamo distinguere: il registro di petto, se risuona la cassa toracica o quanto meno la sua parte mediana (mediastino); il registro di testa, se la voce risuona in testa, sfruttandone le cavità durante l'esecuzione di note molto acute; il registro di gola se, come avviene per le note maggiormente acute, la voce risuona solo nella gola. Al cantante si richiede grande abi-lità nel passare da un registro all'altro in modo non avvertibile e possibilmente evitando il registro di gola che tende a produrre un suono sgradevole, debole e stridu-

lo. In merito all'articolazione delle parole, poiché la voce impostata si basa sulla risonanza e su un flusso costante d'aria, notiamo che è ab-bastanza semplice emettere le vo-cali, ad eccezione della a che, es-sendo molto aperta, rende difficile mantenere la risonanza; resta an-cora agevole emettere le conso-nanti sonore cioè quelle che si pronunciano con la vibrazione del-le corde vocali (b, d, g, m, n, …). Di-venta invece molto critica l'emis-sione delle consonanti sorde (t, f, p, …) che sono articolate senza la vi-brazione delle corde vocali: la pro-nuncia di queste consonanti com-porta l'interruzione del flusso d'a-ria, operazione che, se compiuta bruscamente come nella pronun-cia normale, può danneggiare le corde vocali che devono assorbire l'energia accumulata nella cavità risonante. Per questo motivo, nel canto, la pronuncia delle conso-nanti sorde diventa una non pro-nuncia: ad esempio la c si pronun-cia alla toscana; la t si elide inter-rompendo l'emissione del suono per un attimo ma senza accostare la lingua ai denti; la r non si pro-nuncia mai alla francese. La tecnica, unitamente all’eserci-zio, è pertanto l'elemento fonda-mentale per il corretto utilizzo di ogni voce e, sfruttando le sue pe-culiari caratteristiche nel contesto tipico del proprio registro, dà la possibilità di generare un suono più ricco in armonici e di maggio-re intensità, a parità di pressione dell'emissione. Possiamo perciò apprezzare la capacità tecnica di un cantante valutandolo nella mi-sura con la quale rende compren-sibile il testo cantato.

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U na delle invenzioni più sfiziose di quest’ultimo periodo é sicuramente quella dei robot volanti

meglio conosciuti come droni. Per chi è un veterano di Google Plus quest’argomento non è una novità assoluta specialmente se ha nelle proprie cerchie Matteo Rubboli, il simpatico fondatore di Vanilla Ma-gazine, o il suo grande amico An-tonio Pinza, il socio fondatore del-la prima impresa italiana impe-gnata con droni volanti: la ITAL-DRONI. Matteo ed Antonio hanno anche realizzato su G+ una Com-munity molto bella, Droni Italia che presenta, quasi quotidiana-mente, le ultime novità per questo settore. Dal momento che da qual-che numero ci stiamo occupando di tecnologie per il rilievo architet-tonico, mi sembrava opportuno scrivere qualcosa su quest’innova-tivo supporto, sempre più econo-mico, che permette di effettuare set di riprese metriche aeree sen-za dover ricorrere ad aerei o elicot-teri come si faceva, con costi ele-

vati, fino a poco tempo fa. I droni volanti, negli ultimi anni, hanno subito un avanzamento tecnologi-co enorme dovuto alla miniaturiz-zazione elettronica e all’impiego di materiali strutturali estremamente leggeri e resistenti. Ecco perché oggi queste macchine permettono di effettuare analisi di varia natu-ra, rilievi, filmati, fotografie e an-che trasporto di piccoli oggetti. La televisione li ha resi noti al grande pubblico, purtroppo, per le loro at-tività in ambito militare dal mo-mento che alcune versioni speciali di essi, allestiti con sofisticati equipaggiamenti bellici, possono effettuare sia operazioni di intelli-gence che interventi di “guerra chirurgica” agendo su piccoli obiettivi specifici. I droni per im-piego civile sono cresciuti di pari passo con le nuove metodologie di indagine permettendo studi più approfonditi sulla conservazione ed il recupero di edifici storici e monumentali, sulla mappatura di complessi archeologici, sullo stato di salute delle terre coltivate e del-le foreste, sulla manutenzione in-dustriale e navale senza contare gli impieghi di monitoraggio terri-toriale in occorrenza di incendi, contaminazioni radioattive, inci-

denti stradali, ferroviari e navali. Chi segue con passione la tecnolo-gia non è rimasto assolutamente indifferente al fascino e all’utilità legati a questi robot volanti! Prima di addentrarci nella trattazione, affrontiamo subito una questione terminologica legata a quest’argo-mento distinguendo tra veicoli aerei con pilotaggio tradizionale, o manned, da quelli a pilotaggio au-tomatizzato, o remoto, definiti ap-punto unmanned. Da questo punto in poi impiegheremo, quindi, al posto della parole drone l’acroni-mo UAV da Unmanned Air Vehicle e per spiegarlo mi servirò dell’au-torevole definizione tratta dal Di-zionario del Ministero della Difesa degli USA: “Un veicolo aereo attivo e senza pilota, in grado di volare autonomamente o essere pilotato in remoto, che può essere sacrificabile o recuperabile e che può trasportare un payload (carico utile) letale o non letale.”; (Office of the Secretary of Defense. “Unmanned Aircraft Systems Roadmap: 2005–2030”, 2005). Una breve storiografia sugli UAV Ho deciso di strutturare queste

I puntata

di Salvio Gigl io

Gli Unmanned Air Vehicle

Il quadricottero Hubsan X4 PRO equipaggiato con un gruppo di fotocamere ad alta risoluzione (foto Vanilla Magazine)

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puntate dedicate agli UAV parten-do, come di consuetudine, dal background storico del fenomeno tecnologico in esame, perché ri-tengo sia sempre utile ed interes-sante analizzarne ogni suo aspet-to. Quando a metà maggio ho co-minciato il lavoro di raccolta della documentazione storica, ho con-sultato alcune decine di siti dedi-cati a quest’argomento, la maggio-ranza in lingua inglese, con notizie più o meno attendibili… una situa-zione, vi assicuro, decisamente frustrante durata fino a che non ho scoperto il pregevole lavoro acca-demico di un brillante studente statunitense, Scott D. Hanford, lau-reatosi nel dicembre del 2005 in Ingegneria Aerospaziale presso la prestigiosa Pennsylvania State University. La sua tesi di laurea, intitolata “A Small Semi-Autonomous Rotary-Wing Unman-ned Air Vehicle”, dimostra una grande passione e competenza per l’argomento, andando ben oltre la sterile descrizione tecnica di rito e riuscendo a corredare il proprio

progetto di una validissima base storiografica introduttiva estrema-mente ricca di riferimenti biblio-grafici. Un bel lavoro, insomma, molto originale i cui primi capitoli meriterebbero da soli una pubbli-cazione a parte, perché offrono un punto di partenza ottimale per fare delle ricerche storiche su questo specifico, ed ancora sconosciuto, ramo dell’aeronautica; il resto del-la tesi, inoltre, appare come un ec-cellente manuale per la costruzio-ne, step by step, di un quadricotte-ro UAV. Mai come in questo caso, posso affermare che è valsa vera-mente la pena scrivere sui princi-pali caposaldi storici di questo te-ma tecnologico, poiché la time line degli UAV è molto affascinante e ricca di personaggi famosi e di in-venzioni straordinarie. Se conside-rate solo che negli ultimi cento anni si sono concretizzate, attra-verso tantissime invenzioni, quelle tecnologie di base necessarie per lo sviluppo di una vera e propria nuova disciplina tecnico-scientifica, quale è quella della

conduzione automatica dei veicoli terrestri, aerei e navali, vi rendere-te conto da soli della complessità dell’argomento. Dalla tesi di Han-ford ho ottenuto anzitutto una di-rezione di ricerca da seguire legata allo sviluppo e alla diffusione degli aerei manned rispetto a quelli un-manned. Pur avendo in comune tantissimi elementi, ciò che ha fatto la fortuna iniziale dei primi è stata proprio la conduzione del velivolo attraverso le azioni del pilota che, nel loro insieme, sono riuscite a sopperire all’iniziale mancanza di tecnologie fonda-mentali, alcune di esse oggi basila-ri su qualsiasi tipo di aeromobile, come il pilota automatico, la stabi-lizzazione automatica dell’assetto e, nel caso specifico degli UAV, il controllo remoto del velivolo. In questa prima tappa del nostro bre-ve viaggio nella storia degli UAV, partiremo da quei personaggi chiave che, con le loro felici intui-zioni, hanno gettato le basi per la conduzione automatica dei veicoli.

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Il giovanissimo Dott. Scott D. Hanford Il quadricottero progettato da Scott D. Hanford durante il decollo

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Gli aquiloni di W. A. Eddy Un personaggio storico che può essere giustamente annoverato tra i pionieri dell’idea di volo unman-ned è il contabile statunitense William Abner Eddy (New York, 28 gennaio 1850 - Bayonne, 26 dicem-bre 1909). Come molti suoi con-temporanei, William aveva tantis-simi interessi culturali: infatti si occupava di meteorologia, fotogra-fia, rudimenti di aeronautica e, su quest’ultimo argomento, ha scritto anche degli articoli scientifici per delle riviste dell’epoca. Sin da ra-gazzo Eddy era stato attratto dal volo degli aquiloni e, nel corso de-gli anni, era riuscito a migliorarne notevolmente le caratteristiche, lavorando sulla loro manovrabilità e stabilità in volo e cercando di far raggiungere ad essi quote sempre più elevate. Sono tantissimi i siti statunitensi che raccontano la successione delle sue innumere-voli sperimentazioni con treni di aquiloni, anche con finalità scien-tifiche (meteorologia e fotografia), che hanno raggiunto altezze con-

siderevoli. Si possono intravedere le tracce dell’idea di un veicolo unmanned controllato da terra nell’esperimento del 4 agosto 1894. Nella primavera di quell’anno, per l’imminente periodo estivo, Eddy fu invitato da Lawrence Rotch, il direttore dell’Osservatorio Blue Hill, una località nei pressi di Bo-ston nel Massachusetts, a portare i suoi aquiloni e le sue competenze per aiutarli con il loro lavoro di misurazione della temperatura dell’aria, della velocità del vento e di altre caratteristiche della bassa atmosfera. Immaginatevi ora la scena di quel lontano quattro ago-sto di oltre cento anni fa: dalla col-lina dell’Osservatorio, in una gior-nata senza nubi e grazie ai venti favorevoli, un treno di cinque aquiloni si librava nell’aria e riu-sciva a sollevare un termografo di Richard, del peso di 1Kg, portando-lo a 458 metri da terra; fu un suc-cesso totale. Gli aquiloni, nel loro complesso, offrivano una superfi-cie velica totale di nove metri qua-drati e l’apparecchio termografico

serviva a registrare le misurazioni delle temperature dell’aria in quo-ta. Il 30 maggio del 1895, Eddy ha effettuato la prima fotografia ae-rea dell'emisfero occidentale uti-lizzando uno dei suoi treni di aqui-loni e sollevando una piccola rudi-mentale fotocamera a forma di cubo, di 9cm di lato, a 450 metri da terra. Nell’agosto dell’anno suc-cessivo, Eddy otteneva ulteriori risultati positivi utilizzando uno dei primi modelli di macchina fo-tografica della KODAK, sollevan-dola ad un'altezza superiore ai 400 metri. Eddy aveva realizzato, per quell’occasione, un sistema di so-spensione, a forma di “T” per la macchina fotografica. Questo era costituito da due semplici barre di legno a sezione circolare che, op-portunamente fissate al gruppo di aquiloni, assicuravano un paralle-lismo perfetto tra suolo e fotoca-mera realizzando così delle foto-grafie eccellenti per l’epoca. In entrambi i casi Eddy aveva risolto anche il problema del controllo a distanza dell’apparecchio fotogra-

Da sinistra: W. A. Eddy, al centro in alto un treno di aquiloni, in basso l’Osservatorio Blue Hill, a destra il treno di aquiloni per il termografo di Richard

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fico. Nel 1897, l’inventore pubblicò un articolo, sull’edizione maggio-ottobre del prestigioso periodico The Century Magazine, in cui sin-tetizzava il suo lavoro di ricerca e descriveva accuratamente, nelle conclusioni, le potenzialità d'uso degli aquiloni per la fotografia ae-rea a scopi di intelligence militare. A tal proposito, formulò l’esempio

dell’impiego di una fotocamera montata su di un treno di aquiloni per consentire alla Marina Milita-re statunitense di vedere ben oltre la linea d'orizzonte e ottenere così, con un certo anticipo, preziose informazioni sulle eventuali attivi-tà delle navi nemiche operanti nella zona. L’articolo fu profetico: infatti nella guerra ispano-

americana del 1898, combattuta tra USA e Spagna per il possesso di Cuba, l’esercito americano impie-gò proprio degli aquiloni-spia per scattare foto delle attività nemi-che. Si trattava, in un certo senso, dei primi UAV militari della storia. L’idea di UAV aveva preso il volo, quindi, molto prima dell’aereo dei fratelli Wright!

In alto, alcuni dettagli del brevetto dell’aquilone di Eddy, a sinistra la Kodak in sospensione sotto un treno di aquiloni (si noti il cavetto per lo scatto indicato dalla freccia rossa); a destra uno stralcio di un articolo di Eddy con una foto della White House; sotto un’altra foto scattata da un treno di aquiloni di Eddy.

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L’Art of Teleautomatics di Nikola Tesla Percorrendo la linea storica degli UAV, un primo e significativo passo verso il controllo remoto di un dispositivo di pilotaggio lo compie un uomo molto particolare, per spiritualità ed intellet-to, l’ingegnere elettrico, fisico ed in-ventore serbo Nikola Tesla (Smiljan, 10 luglio 1856 – New York, 7 gennaio 1943). Erano gli anni di Hertz, Maxwell, Bose e Marconi e stava nascendo la radio e Tesla stava effettuando delle particolari ricerche proprio sulle radio-frequenze. Nel 1897, l’appena quarantu-nenne Tesla depositava uno dei primi brevetti di un prototipo di apparecchio radiofonico (United States Patent 645576) presso lo United States Patent and Trademark Office. Un anno dopo, realizzava il modello di un piccolo sommergibile radiocomandato e lo pro-poneva, senza grande successo, alla Marina Militare statunitense come idea di base per teleguidare un siluro. Una versione successiva di questo pro-getto venne presentata da Tesla nel 1898, nell'ambito di una mostra sull'e-lettricità al Madison Square Garden: si trattava dell’Art of Teleautomatics, un piccolo natante della lunghezza di cir-ca un metro che può essere considera-to come una delle prime applicazioni robotiche della storia. Infatti il model-lo, attraverso un radiocomando, poteva immergersi, eseguire svariate manovre e far lampeggiare delle luci che aveva sullo scafo. I suoi apparati di manovra erano muniti sia di un innovativo coe-sore (una valvola elettronica che per-mette di rivelare esclusivamente la presenza di una sola frequenza portan-te) che di una serie di porte logiche per la gestione dei vari movimenti. Han-ford afferma che Tesla, in quel periodo, avrebbe descritto a Peter Cooper Hewitt la sua idea per una macchina volante telecomandata che sarebbe stata capace di "(…) cambiare la sua direzione in volo e sparare a coman-do… senza sbagliare mai.". Queste con-fidenze, come vedremo prossimamen-te, saranno la base per lo sviluppo di un progetto molto importante per il volo unmanned.

In alto, a sinistra N. Tesla nel 1890; nelle altre immagini il suo Art of Teleautomatics presentato al Madison Square Garden nel 1898

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Una sintesi del brevetto di Tesla del suo straordinario sommergibile radiocomandato Art of Teleautomatics presentato nel 1898 al Madison Square Garden

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La controversa scoperta della girobussola La nostra narrazione passa ora per la vicenda legata alla scoperta della girobussola, uno strumento di orientamento indispensabile soprattutto nella naviga-zione marittima che, come vedremo tra poco, sembra avere più di una paternità! La sua realizzazione deriva da un’oggetto molto semplice, simile ad una pesante trottola, chiamato giroscopio, che ha la proprietà di mantenere invariata la posizione del proprio asse e di opporsi ad ogni tentativo di far cambiare il suo orien-tamento quando la sua massa è in rotazione. La teoriz-zazione di questa proprietà delle masse rotanti fu for-mulata dal noto fisico francese J. B. Leon Foucault nell'ambito dei suoi studi sulla rotazione terrestre. Nel 1852, Foucault installò una massa giroscopica in una struttura a sospensione cardanica notando che questa poteva muoversi liberamente, nelle tre direzioni dello spazio, mantenendo tuttavia costante l’orientamento del suo asse. Il lavoro di Foucault sul giroscopio carda-nico suggerì a diversi scienziati ed inventori l’idea di realizzare un’innovativa bussola per la navigazione. Il professor William Thomson, Lord di Kelvin, dell'Uni-versità di Glasgow aveva condotto diversi studi sul mi-glioramento della bussola magnetica e, nel 1876, aveva brevettato un prototipo regolabile di questo strumento. Successivamente Thomson integra le proprie ricerche con gli studi sui giroscopi di Foucault e, nel 1884, pre-senta alla British Association una relazione su di un modello girostatico di bussola magnetica basato su un contenitore galleggiante. Nel frattempo gli inventori olandesi Marinus Gerardus van den Bos e Barend Jan-se brevettano, il 19 aprile del 1885 in Germania, il primo prototipo di girobussola (Deutsches Reichpatent 34513) non perfettamente funzionante ma che comunque at-tira l’attenzione della Siemens & Halske che lo acqui-sta senza però riuscire a realizzare una versione com-mercialmente praticabile di girobussola. Nel 1889, il Capitano francese Arthur Krebs progetta uno stabiliz-zatore giroscopico zavorrato elettrico per il controllo dell’assetto del sommergibile sperimentale francese Gymnote con cui riuscì a forzare il blocco navale ingle-se del 1890. Nei primissimi anni del secolo scorso, lo sviluppo delle girobussole è stato duramente conteso tra due inventori, il tedesco Herman Anschütz-Kaempfe e l'americano Elmer Ambrose Sperry che, addirittura, arriveranno ad impiantare una causa lega-le in cui sarà coinvolto in qualità di tecnico anche Al-bert Einstein. Per comprendere meglio i motivi della disputa concluderemo questa puntata con le caratteri-stiche di funzionamento generali di questo prezioso dispositivo che oggi equipaggia non solo i natanti ma, in esecuzioni particolari, anche veicoli aerei e terrestri nonché gli smartphone.

J. B. Leon Foucault ed il suo giroscopio

William Thomson e la bussola magnetica girostatica

Arthur Krebs e il suo stabilizzatore giroscopico elettrico

E. A. Sperry H. Anschütz-Kaempfe

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Brevetto della girobussola realizzata da M. G. van De Bos e B. Janse. Vista della sezione longitudinale

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La girobussola Una girobussola è un tipo di bussola amagnetica che si basa sia sulla rotazione ad altissima veloci-tà (tra i 10 ed i 20.000 giri/minuto) di un girostato (una trottola con una massa molto pesante) che su quella della Terra intorno al proprio asse per ottenere, automaticamente, il nord geografico. Anche se il giroscopio è uno dei componenti fon-damentali di una girobussola, non bisogna assolu-tamente confondere i due dispositivi. La girobus-sola, infatti, è concepita per sfruttare un solo aspetto specifico derivante dall'effetto giroscopi-co: la precessione. La principale destinazione d’impiego di questi dispositivi è l’orientamento dei natanti, perché essi offrono tre significativi vantaggi rispetto alle bussole magnetiche tradi-zionali: non sono influenzate da materiali ferromagnetici come, ad esempio, lo scafo metallico delle imbar-cazioni capace di schermare il campo magnetico terrestre; rivelano il nord geografico, diverso da quello ma-gnetico e più utile per la navigazione, in base alla rotazione terrestre; il segnale ottenuto dalla misurazione per l’indica-zione della rotta può essere ripetuto in svariati punti di un’imbarcazione. Principio generale di funzionamento Una girobussola è formata da un girostato rotante ad alta velocità e reso indipendente, dai movi-menti, del natante (variazioni di prora, rollio e beccheggio) e dalla rotazione terrestre, mediante una sospensione cardanica. Per far si che lo stru-mento mantenga un preciso riferimento verso il nord geografico, l'asse del girostato è zavorrato con una massa pendolare che, grazie alla forza di gravità, si mantiene sempre allineata vertical-mente, variando continuamente la sua angolazio-ne, a causa della rotazione terrestre, in base allo spostamento del natante. Questa massa pendola-re, di fatto, corregge costantemente il piano in cui è contenuto l’asse dello girostato, esercitando su di esso una coppia di forze che gl’impone di man-tenersi parallelo al piano orizzontale e obbligando così la sua posizione verso il nord geografico. In tal modo, chi osserva lo strumento può stimare la rotta del natante rispetto ad un prefissato punto. Se ci prendessimo la briga di osservare il qua-drante di una girobussola, da un punto fisso del nostro pianeta, potremmo notare che l’asse dello strumento compie un giro completo ogni venti-quattro ore in virtù proprio della rotazione terre-stre. Le girobussole, per ottimizzare il loro funzio-namento sono generalmente installate in prossi-

In alto, una girobussola sezionata; al centro, schema di princi-pio di una girobussola; in basso, orientamento in navigazione

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mità del centro della carena, quindi in basso, sot-to la linea di galleggiamento al centro del natan-te. In questo modo si riducono enormemente le influenze esercitate dalle accelerazioni longitu-dinali, laterali e verticali dovute ai moti di rollio e beccheggio del natante. Per ottenere il cosiddetto dato di Prora, la girobussola è corredata di oppor-tuni sensori interni che non influenzano in alcun modo il girostato e che sono in grado di rilevare istantaneamente la posizione dell'elemento sen-sibile rispetto alla parte fissa dell'apparecchiatu-ra, assicurata allo scafo del natante. Il segnale di misura è poi trasmesso ai ripetitori ubicati in plancia comandi attraverso una specifica rete. Il setting della girobussola richiede circa un’ora poiché, dopo l'avviamento, il girostato deve asse-starsi progressivamente intorno alla direzione del Nord. La precisione "a regime" fornita dalla girobussola, correttamente installata, è dell'ordi-ne di tolleranza di ± 0,5° che, in condizioni di ma-re agitato, può peggiorare portandosi fino a ± 1°. Nella prossima puntata, ci occuperemo della di-sputa tra Herman Anschütz-Kaempfe e Elmer Ambrose Sperry, approfondendo le loro invenzio-ni. Continua

Come agisce la zavorra sulla girobussola in navigazione

Schema dei sensori di una girobussola e ripetizione al pannello

Girobussola madre

Ubicazione ideale della girobussola master sotto la linea di galleggiamento e dettaglio della cabina ad essa dedicata

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CORSO di ORIENTAMENTO alla BIM

I n questa puntata stabiliremo i principali caposaldi per il progetto di pianificazione della BIM

PROCESSO DI PROGETTAZIONE DELLA BIM Le due mappe di sviluppo create nella fase di esecuzione BIM Pro-gettazione Processo, per ogni im-piego BIM prescelto, dovrebbero essere documentate nel Piano BIM poiché forniscono un piano detta-gliato per l’attuazione di ciascuno di essi. Esse definiscono, inoltre, gli scambi di informazioni specifi-ci per ogni attività, costruendo le basi per l'intero piano di esecuzio-ne. Il piano poi dovrebbe includere: la mappa panoramica degli impie-ghi BIM, una mappa dettagliata di ogni impiego BIM e una descrizio-ne degli elementi su ciascuna mappa. Informazioni Scambi BIM Il team deve documentare gli scambi di informazioni creati co-me parte del processo di pianifica-

zione nel Piano di esecuzione BIM Project. Gli scambi di informazioni illustreranno gli elementi specifici del modello per ciascun settore, il livello di dettaglio e le specifiche caratteristiche importanti per il progetto. Nei modelli di progetto esecutivi non è necessario inclu-dere proprio tutti gli elementi del progetto; viceversa, per il team, è molto importante definire i com-ponenti del modello e i gli specifi-ci risultati per ogni settore, limi-tando la modellazione inutile e ottimizzando la qualità generale del progetto. BIM e requisiti dei dati immobiliari Alcuni committenti possono porre al team progettuale BIM delle ri-chieste molto specifiche per parti-colari esigenze. E 'importante, quindi, che queste figurino nella lista BIM delle Richieste della Committenza per il progetto e ri-portati così come specificati nel capitolato di fornitura. In tal modo il team potrà regolarsi di conse-guenza, attraverso la progettazio-ne, per soddisfare ogni richiesta formulata.

Pianificare le procedure di collabo-razione La squadra deve elaborare un pia-no per le procedure elettroniche relativo alle attività di collabora-zione. In estrema sintesi, questo piano descriverà, quindi, le proce-dure per la gestione: del modello (come, ad esempio, le modalità di verifica e revisione), delle opera-zioni, degli standard per la reda-zione degli ordini del giorno per i briefings tecnici.

Strategie di collaborazione Il team BIM deve elaborare una vera e propria strategia sulle mo-dalità di collaborazione generale per il team di progetto. In questa pianificazione è necessario pren-dere in considerazione elementi fondamentali come i metodi di comunicazione, la gestione dei documenti e il trasferimento e la memorizzazione di registrazioni, ecc Procedure attività di collaborazio-ne E’ necessario definire le specifiche circa le attività di collaborazione che includeranno i seguenti punti: 1. Identificare tutte le attività di

collaborazione che supportano

X puntata

di Salvio Gigl io

Processo di pianificazione della BIM

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CORSO di ORIENTAMENTO alla BIM

o che sono supportati dalla BIM; 2. Determinare quale fase del pro-

getto sarà svolta da un’attività. 3. Determinare la frequenza ade-

guata con cui sarà aggiornato lo stato delle varie attività.

4. Determinare il numero di parte-cipanti necessari per condurre correttamente queste attività.

5. Determinare la sede operativa dove svolgere queste attività.

MODELLO DI PROGRAMMA PER LO SCAMBIO DI INFORMAZIONI PER LA PRE-

SENTAZIONE, LA CONSEGNA E L'APPRO-VAZIONE. Programma per lo scambio di in-formazioni tra le parti. Gli scambi di informazioni dovreb-bero essere stati analizzati già in una fase precedente; tuttavia è sempre utile ricordare a tutti i par-tecipanti alla BIM di documentare le loro attività in un unico posto. Ecco un elenco delle informazioni-chiave che dovrebbero essere in-cluse: 1. Scambio informazioni nomina-

tivi.

2. Scambio di informazioni mit-tenti.

3. Scambio di informazioni desti-natari.

4. Frequenza scambio informazio-ni.

5. Impostare le date di scadenza. 6. Tipo di file del modello. 7. Software utilizzato per creare il

file. 8. Tipi di file nativi. 9. Tipi di file di scambio (per la

ricezione) Un’area di lavoro interattiva Tra le tante cose da approntare da parte del team di progetto c’è an-che quella di individuare uno spa-zio fisico adeguato per ospitare, lungo tutto il ciclo di vita del pro-getto, le svariate attività legate alla BIM necessarie per la collabora-zione, la comunicazione e le revi-sioni che, nel loro insieme, miglio-reranno il processo di pianifica-zione decisionale BIM. Nella piani-ficazione della scelta per la sede sarà necessario, anzitutto, descri-vere in che modo si incontrerà il team di progetto, gli spazi di lavo-ro per ciascuna attività in base al

numero di partecipanti e quale sarà lo spazio per computer, proiettori, tavoli, ecc. Anche que-ste informazioni vanno incluse quindi nel processo di pianifica-zione. Procedure di comunicazione elet-tronica E’ necessario stabilire un protocol-lo di comunicazione con tutti i membri del team di progetto. La comunicazione elettronica con le parti interessate può essere creata, caricata, inviata e archiviata attra-verso un sistema di gestione colla-borativa dei progetti. Il sistema salva ed archivia per riferimenti futuri le copie di tutte le comuni-cazioni relative al progetto. Una particolare attenzione va dedicata alla definizione della gestione dei documenti quali la struttura delle cartelle di file, autorizzazioni ed accessi, la manutenzione delle cartelle, le notifiche delle cartelle ed i file di denominazione conven-zionali. Continua

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Il menù MODIFICA

I l pannello del menù modifica può essere suddiviso ideal-mente in sette sezioni che consentono di eseguire ope-

razioni di modifica alla geometria di oggetti creati con SketchUp. Più in particolare queste voci di menu comprendono i comandi per crea-re e modificare gruppi e compo-nenti, nonché le operazioni per la visualizzazione di oggetti e i co-mandi standard Annulla, Ripeti, Taglia, Copia, Incolla ed Elimina. Da questo menù ciò che utilizzere-te più frequentemente saranno sicuramente i comandi per la ri-

mozione delle guide, per mostrare e nascondere entità, oggetti, grup-pi e componenti e il prezioso co-mando per l’intersezione delle fac-ce che produce entità geometriche nei punti di contatto di esse. C’è da dire che la stragrande maggioran-za di questi comandi sono tutti disponibili nei menù contestuali, un aspetto che velocizza enorme-mente il lavoro evitandoci di fare continuamente riferimento alla barra dei menù. Tra le voci del me-nù si fa riferimento anche una funzionalità relativa ai componen-ti presenti nel modello permetten-do di bloccarli o di sbloccarli per evitare modifiche e cancellazioni accidentali. Come nella puntata precedente ho realizzato una ta-bella che potete stampare e con-

servare in cui sono spiegate tutte le funzionalità di questo menù. Qualche parola sui Componenti di SketchUp Per quel che riguarda i componen-ti di SketchUp è giunto il momen-to di spendere qualche parola su di essi anche se ho già in cantiere una puntata speciale su quest’ar-gomento. Saper usare bene i com-ponenti ci avvicina, in qualche modo, al mondo della BIM (Building Information Modeling) che basa sui componenti parame-trici parte della sua grande forza progettuale. Capire, quindi, le fun-zionalità di un componente in SketchUp significa non restare a bocca aperta quando si sente par-lare di essi su di un’altra piattafor-

XII puntata

di Salvio Gigl io

CORSO di BASE per SketchUp

Il menù Modifica anche se diviso in otto sezioni si può idealmente suddividere in sette dal momento che due di esse sono interamente dedicate ai componenti e, marginalmente, ai gruppi (nell’immagine ci si riferisce alla sezione V).

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CORSO di BASE per SketchUp

Funzionalità del menù Modifica in SketchUp (FREE version)

Sezione Menù item Descrizione

I Annulla

Annulla gli ultimi comandi di disegno o eventuali modifiche eseguite uno per uno dopo l'ultimo salvataggio. Il numero massimo di comandi annulla-ti consecutivi è di 100. Tasti scorciatoia Ctrl + Z

Ripeti Ripristina lo stato precedente all'ultimo comando Annulla. Tasti scorcia-toia Ctrl + Y

II

Taglia

Rimuove dal modello gli elementi selezionati e li memorizza negli appunti. Il contenuto degli appunti, poi, può essere inserito nuovamente in qualsia-si documento di SketchUp aperto, usando il comando Incolla. Il contenuto degli appunti rimarrà negli appunti finché non verrà sostituito con altro contenuto utilizzando un ulteriore comando Taglia o Copia. Tasti scorcia-toia Ctrl + X

Copia

Copia dal modello gli elementi selezionati e li memorizza negli appunti. Il contenuto degli appunti, poi, può essere inserito nuovamente in qualsiasi documento di SketchUp aperto, usando il comando Incolla. Il contenuto degli appunti rimarrà negli appunti finché non verrà sostituito con altro contenuto utilizzando un ulteriore comando Taglia o Copia. Tasti scorcia-toia Ctrl + C

Incolla

Incolla il contenuto degli appunti nel documento attuale di SketchUp. La geometria incollata rimarrà attaccata alla punta del cursore e si potrà po-sizionarla dove desiderato. Il contenuto degli appunti resterà finché non verrà sostituito con altro contenuto, utilizzando un ulteriore comando Ta-glia o Copia. Tasto di scelta rapida: CTRL+V

Incolla sul posto Per incollare un elemento nella stessa posizione in cui è stato tagliato o copiato.

Elimina Per eliminare dal modello le entità attualmente selezionate. Tasto rapido Canc.

Elimina guide Per eliminare tutte le guide di costruzione dall'area del disegno.

III Seleziona tutto

Seleziona tutte le entità presenti sull’area di lavoro. Tasti scorciatoia Ctrl + A

Annulla selezione Deseleziona tutte le entità selezionate sull’area di lavoro. Tasti scorciatoia Ctrl + T

IV Nascondi Per nascondere tutti gli oggetti selezionati per semplificare la vista attuale,

oppure per poter visualizzare e lavorare in spazi ridotti.

Mostra Offre due opzioni: Ultimo mostra le ultime entità nascoste; Tutto mostra tutte le entità nascoste nel documento attuale.

V

Blocca Utilizzato per bloccare qualsiasi componente o gruppo di cui non si desi-dera che venga spostato o modificato.

Sblocca Contiene opzioni per sbloccare componenti e gruppi.

Crea componente… Per creare un'entità componente dalle entità selezionate.

Crea gruppo Per creare un gruppo dalle entità selezionate.

Chiudi gruppo/componente

Per uscire dal contesto o dalla sessione di modifica di un gruppo o compo-nente.

VI Interseca facce

Contiene le opzioni per intersecare le geometrie con altre geometrie: Interseca con il modello, per intersecare tutte le entità che si sovrap-

pongono con l'entità attualmente selezionata (ad esempio, il compo-nente di una scatola e quello di un tubo).

Interseca con il contesto, per intersecare due entità del contesto attuale (escluse tutte le entità fuori dal contesto).

Interseca con la selezione, per intersecare solo gli elementi selezionati.

VII Comandi Entità Mostra tutti i comandi disponibili per la manipolazione dell’entità selezio-nata che sono gli stessi dei menù contestuali relativi alle entità. Il nome e il contenuto del sottomenu cambieranno a seconda dell'entità selezionata.

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CORSO di BASE per SketchUp

Ted Nelson… in pillole. Nasce a Chicago nel 1937 in una famiglia di artisti; il padre Ralph era un regista e la madre Celeste Holm un’attrice. ha conseguito una laurea triennale in filosofia allo Swarthmore College nel 1959, una laurea specialistica in sociologia alla Harvard University nel 1963 e un dottorato di ricerca in semiotica dei nuovi media e usabilità presso la Keio University nel 2002.

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CORSO di BASE per SketchUp

ma di sviluppo CAD 3D. Il primo vantaggio che è associato ad i componenti è sicuramente quello di alleggerire l’hardware del vostro PC, poiché essi sono oggetti tra-sclusi! “Ohibò! Trans che?” starete pensando hehehe, ve lo spiego su-bito! Questo termine abbastanza astruso fu coniato dal filosofo, so-ciologo e pioniere dell’informatica Theodor Nelson, il papà del con-cetto di ipertesto, nel lontano 1963 e ha dato vita alla tecnologia OLE (Object Linking and Embedding) sviluppata quasi trent’anni dopo da Microsoft nell’ambito del pac-chetto Office. La trasclusione è un modo per includere un oggetto, precedentemente realizzato, nel

contesto corrente mantenendo la sua indipendenza di insieme com-plesso di entità geometriche (una sedia, un tavolo, ecc.). La trasclu-sione consente di fare una copia virtuale di un oggetto da includere in una modellazione lasciando che l'originale rimanga intatto. In altre parole, quando scaricate un qua-lunque oggetto dalla libreria com-ponenti l’originale resta là, a di-sposizione per altri migliaia di uti-lizzi, mentre la copia che vi siete scaricati, anche dalla Warehouse di SketchUp, può essere ulterior-mente clonata un n numero di vol-te ed eventualmente modificata nel vostro lavoro. SketchUp gesti-sce i componenti, a differenza del-

le altre entità, allocando sulla RAM solo lo stretto necessario, vale a dire solo le copie che avete scari-cato dalla libreria o i componenti che avete realizzato voi stessi. Ciò si traduce in una maggiore fluidità della visualizzazione e leggerezza del file. Anche se in un vostro la-voro duplicherete un componente 1000 volte per SketchUp, ed il PC, risulta sempre uno solo! Un altro aspetto notevole dei componenti è la possibilità di modificare uno solo di essi per agire simultanea-mente su tutte le copie di esso pre-senti nel modello. Continua

La creazione di un componente è molto semplice: basta selezionare l’oggetto di partenza, poi col tasto destro del mouse apri-re il menù contestuale e da li scegliere Crea componente; a questo punto si possono eseguire vari settaggi e poi cliccare su Crea

Dopo aver eventualmente clonato il nostro componente passiamo alla sua elaborazione; durante il lavoro vi stupirete nell’os-servare che quanto state operando su di un componente accade simultaneamente in tutti i suoi cloni….

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UMORISMO

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GIOCHI

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