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Adeste31 domenica 02 agosto 2015c

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La pedagogia totalitaria si proponeva di plasmare

fascisticamente» le nuove genera-zioni di italiani residenti all’este-ro, attraverso una «progressiva opera di sensibilizzazione». Furono promosse iniziative volte a stimolare l’amore per la ma-drepatria tra giovani oriundi che, nella stragrande maggioran-za, la conoscevano solo attraver-so i racconti dei genitori. Una minoranza fu inquadrata nelle organizzazioni giovanili fasci-ste e indottrinata politicamen-te nelle scuole italiane all’este-ro, come testimoniano i temi svolti in classe, traboccanti re-torici inni alla madrepatria fascista. L’invio di giovani oriundi nel-le colonie estive in Italia fu l’iniziativa più rilevante, ove giocava un ruolo fondamentale anche la scenografia: la colonia marina di Cattolica «XXVIII Ot-tobre», ad essi riservata, fu co-struita in forma di nave, per rap-presentare sia il viaggio dell’emi-grante sia la patria in movimen-to nel mondo per raggiungere gli italiani ovunque risiedessero. La struttura, però, richiamava anche l’idea di una madre acco-gliente, seppur dai tratti marzia-li. «Il Legionario», organo dei fasci italiani all’estero, riportava co-stantemente notizie sull’attività dei giovani nelle colonie, sottoli-neando lo stile di vita ginnico e militare e il cameratismo, che avrebbero dovuto favorire la riscoperta della «italianità». Il soggiorno degli ospiti era spesso concluso da un incontro con il duce, descritto come una sorta di «divinità misteriosa e amore-vole, di quelle che si foggiano i bimbi, con Custode». Nelle co-lonie, superate le differenze lin-guistiche e le proprie difficoltà nel parlare italiano, i giovani si sarebbero preparati ad essere i «soldati di domani» e «nuclei

avanzati di italianità, che il Fascismo cura nel Mondo». Il «Legionario» indicava con chiarezza la funzio-ne di queste attività: [Questi bambini] sono la inno-cenza, essi sono l’avvenire, essi sono la vita. Questi bimbi che, in questi mesi estivi, vengono in Italia da tutte le parti del mondo a godere il sole, l’aria, la luce della Patria, porteranno, nei paesi remoti dove li attendono

le loro famiglie, un ricordo in-cancellabile e imperituro. Porte-ranno, prima di tutto, un ricor-do di bellezza e nulla è più edu-cativo della bellezza naturale su l’anima dei fanciulli. Ritornando, essi potranno dire, con piena coscienza della verità, che è ve-rissimo quanto si legge nei libri, e, cioè, che l’Italia è il paese più bello del mondo; che il suo cielo è il più limpido, che i suoi mo-numenti sono i più gloriosi, co-me quelli che attestano la più illustre delle civiltà. Ancora. Ri-tornando essi saranno i messag-geri di una più stretta solidarietà nazionale. Ai loro padri, che le vicende della vita obbligarono ad emigrare, essi diranno che la Patria, sotto il segno del Littorio, non dimentica nessuno dei suoi figli; che tutti li vorrebbe acco-gliere ed ospitare nella sua rin-novata coscienza nazionale. Ma se questo non è possibile, questa ospitalità che essa offre ai fan-ciulli degli italiani residenti oltre le Alpi e oltre il mare, sta a pro-vare con quale animo l’Italia di Mussolini vigila dovunque si par-li la lingua di Dante.

Ricorrente era l’enfasi sul presun-to desiderio dei giovani di visita-re la Roma antica e moderna, un’esperienza di cui spesso si da-va conto, al ritorno, sulla stam-pa etnica o, talora, in serate ove si narrava alla comunità il viag-gio nel paese di Mussolini.

Dietro la facciata pro-pagandistica, le colonie estive per i figli degli emigrati non erano pe-rò sempre attraenti: sporcizia dei dormitori, lontananza dalla fami-glia e una rigida discipli-na militare toglievano buona parte del fascino

di quella che si era immaginata come una bella gita turistica. Un informatore del ministero dell’Interno lamentava che fuori del campo i ragazzi si raccoglies-sero in base al paese di prove-nienza e alle affinità di lingua e costumi, facendo «mancare quel-la fusione, quello un volto in cui c’è dentro un po’ della mamma, un po’ del papà, un soldato e l’Angelo scambio di simpatie od affetti così facili tra giovanetti». In alcune occasioni scoppiarono risse, mentre nel 1935 fu segnala-to al duce che, tornati a Parigi, alcuni ragazzi reduci dalle colo-nie estive non avevano fatto buona impressione per organiz-zazione e disciplina. Né il richia-mo «amorevole» della patria era sempre così irresistibile: le ten-sioni fra Italia ed Etiopia indusse-ro alcune famiglie residenti negli Stati Uniti a ritirare i figli da viaggi già programmati in Italia; altri ragazzi decisero di non par-tecipare quando seppero che in Italia non avrebbero potuto al-lontanarsi dai campi per visitare parenti o amici.

Colonie estive per i figli degli emigrati

all’estero

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P er motivi propagandistici legati ad un concetto di «Italianità» che travalicava

di gran lunga i confini nazionali, il Regime fascista, sulla base di una attenzione che aveva cominciato a diffondersi in Italia già ai primi del Novecento, volle dedicare partico-lare cura ai numerosissimi Italiani all’Estero (emigrati da poco o già da qualche generazione) per rinsal-dare il loro legame con la Madrepa-tria: la fondazione dei numerosissi-mi “Fasci all’Estero” e di un Ente apposito ‘appoggiato’ al Ministero degli Esteri ma dotato di autonomia – la «Direzione Generale degli Ita-liani all’Estero e delle Scuole» con-dotta da Piero Parini equiparato ad un Ministro - che curasse i rapporti tra gli Italiani in Patria e fuori Pa-tria, oltre al coinvolgimento dei vari Emigrati nelle principali rac-colte di fondi organizzate dal Regi-me (specie per i vari Monumenti commemorativi, come quello alla Vittoria di Bolzano), costituirono momenti imprescindibili, cui si as-sociarono anche i proclami di Mus-solini e dei vari Politici italiani in visita alle Comunità italiane nel mondo. Se l’attenzione per la gioven-tù in generale ricevette cure parti-colari da parte del Governo fasci-

sta , nel caso dei Figli de-gli Italiani all’Estero l’impegno del Regime si mostrò particolar-mente fervi-do per rinsaldare i loro legami con la Patria lontana, portandoli, ogni estate, a trascorrere un periodo di vacanza nelle varie località italiane, anche se inizialmente in sistema-zioni ‘riadattate’ (scuole o municipi trasformati allo scopo). Le Comunità estere più nu-merose fornivano, ovviamente, il maggior numero di ragazzi che pro-venivano so-prattutto da Francia, Sviz-zera e Germa-nia, ma anche da Romania, Albania, Jugo-slavia (specie dalla zona di Susak, presso Fiume, asse-gnata alla Na-zione jugosla-va), dalla Tu-nisia in parti-colare, per concentrarsi a Milano e

Roma – con grande attenzione da parte delle testate giornalisti-che nazionali – per poi spostarsi nelle varie località. Nel 1931, però, attraverso la “Fondazione dei Fasci all’E-stero” quella politica di soggior-ni e visite subiva una svolta e si decideva di realizzare una pri-ma nuova colonia marina mo-dello, che nascesse apposita-mente per le vacanze dei ragazzi italiani provenienti da fuori Ita-lia, tanto che Parini si incaricava personalmente della cosa: così, dal 1932 sorgeva la prima Co-lonia maschile di vacanza ma-rina «per i Figli degli Italiani all’Estero», la “XXVIII Otto-bre” a Cattolica presso Rimini su progetto dell’ingegnere roma-no Clemente Busiri Vici, com-pletata poi nel 1936. Di lì a poco veniva realiz-zata la colonia femminile “dei

Fasci Italiani all’Estero”, voluta sempre dalla “Fondazione Naziona-le Figli del Littorio” coordinata dal Segretario Generale Piero Parini, a Calambrone sul Tirreno (Tirrenia) in provincia di Pisa (era l’esempio ‘gemello’ rispetto a quello di Cattolica essendo destina-to alle bambine). Il progetto, del 1933 (la Delibera del Podestà per la

costruzione era del 28 dicembre 1933), veniva redatto da Giulio Pe-diconi e Mario Paniconi di Roma; l’inaugurazione avvenne poi il 6 luglio 1935 alla presenza dei So-vrani di Casa Savoia . Realizzata anch’essa in cemento armato – a ribadire la novità anche tecnologica delle realizzazioni della “Fondazione” esattamente come a Cattolica – si tratta di un esempio tipologico di colonia a semi-monoblocco su “pianta aperta”, cioè con ali minori a pettine rispet-to ad un volume principale, la co-siddetta ala «Lupa» (si è in presen-za di volumi autonomi, collegati da passaggi coperti e da porticati, che mediano tra la tipologia più stretta-mente a padiglione e quella a mo-noblocco) Anche il complesso tirre-nico, considerato «prettamente me-diterraneo», come una delle «più riuscite realizzazioni dell’architet-tura moderna

Le due colonie marine destinate esclusivamente ad accogliere i figli degli italiani all’estero.

Colonia XXVIII OTTOBRE-Cattolica

Colonia di Calambrone –Tirrenia (Pi)

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N el IV secolo, soo il pon�-

ficato di papa Liberio (352-

366), un nobile e ricco pa-

trizio romano di nome Giovanni, insieme alla sua altreanto ricca e nobi-

le moglie, non avendo figli decisero di offrire i loro beni alla Santa Vergi-

ne, per la costruzione di una chiesa a lei dedicata. La Madonna gradì il

loro desiderio e apparve in sogno ai coniugi la noe fra il 4 e il 5 agosto,

tempo di gran caldo a Roma, indicando con un miracolo il luogo dove do-

veva sorgere la chiesa.

Infa, la ma,na dopo, i coniugi romani si recarono da papa Liberio

a raccontare il sogno fao da entrambi, anche il papa aveva fao lo stes-

so sogno e quindi si recò sul luogo indicato, il colle Esquilino e lo trovò

coperto di neve, in piena estate romana. Il pontefice tracciò il perimetro

della nuova chiesa, seguendo la superficie del terreno innevato e fece

costruire il tempio a spese dei nobili coniugi.

Questa la tradizione, anche se essa non è comprovata da nessun

documento; la chiesa fu dea ‘Liberiana’ dal nome del pontefice, ma dal

popolo fu chiamata anche “ad Nives”, della Neve.

L’an�ca chiesa fu poi abbauta al tempo di Sisto III (432-440) il

quale in ricordo del Concilio di Efeso (431) dove si era solennemente de-

cretata la Maternità Divina di Maria, volle

edificare a Roma una basilica più grande

in onore della Vergine, u�lizzando anche il

materiale di recupero della precedente

chiesa. In quel periodo a Roma nessuna

chiesa o basilica raggiungeva la sontuosità

del nuovo tempio, né l’imponenza e mae-

stosità; qualche decennio dopo, le fu dato il �tolo di Basilica di S. Maria Mag-

giore, per indicare la sua preminenza su tue le chiese dedicate alla Madon-

na. Nei secoli successivi la basilica ebbe vari interven� di restauro struurali e

ar�s�ci, fino a giungere, dal 1750 nelle forme architeoniche che oggi ammi-

riamo.

La Basilica è una delle quaro maggiori mete giubilari con tanto di

“Porta Santa“, si traa del più grande tempio romano della Vergine, con raffi-

nate decorazioni mosaicali che la pongono al ver�ce dell’arte romana. Anche

il suo campanile è il più alto di Roma con le due cupole delle cappelle Sis�na e Paolina, create da Sisto v e da

Paolo v, che la caraerizzano al punto da farla emergere anche nella linea del

panorama romano.

Dal 1568 la denominazione ufficiale della festa liturgica della Madonna

della Neve, è stata modificata nel termine “Dedicazione di Santa Maria Mag-

giore” con celebrazione rimasta al 5 agosto; il miracolo della neve in agosto

non è più citato in quanto leggendario e non comprovato. Ma il culto per la

Madonna della Neve, andò comunque sempre più affermandosi, tanto è vero

che tra i secoli XV e XVIII ci fu la massima diffusione delle chiese dedicate alla

Madonna della Neve, con l’instaurarsi di tante celebrazioni locali, che ancora

oggi coinvolgono interi paesi e quar�eri di cià.

A Roma il 5 agosto, nella patriarcale Basilica di S. Maria Maggiore, il

miracolo viene ricordato, con una pioggia di petali di rose bianche, caden�

dall’interno della cupola durante la solenne celebrazione liturgica. Il culto co-

me si è deo, ebbe grande diffusione e ancora oggi in Italia si contano ben 152

fra chiese, santuari, basiliche minori, cappelle, parrocchie, confraternite, in�to-

late alla Madonna della Neve

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Commento su Giovanni 6,24-35 (Paolo Curtaz) È stordito Gesù, turbato. Quello che doveva essere È stordito Gesù, turbato. Quello che doveva essere È stordito Gesù, turbato. Quello che doveva essere È stordito Gesù, turbato. Quello che doveva essere il più importante dei miracoli, il miracolo della con-il più importante dei miracoli, il miracolo della con-il più importante dei miracoli, il miracolo della con-il più importante dei miracoli, il miracolo della con-divisione, che avrebbe dato il tono del sogno di Ge-divisione, che avrebbe dato il tono del sogno di Ge-divisione, che avrebbe dato il tono del sogno di Ge-divisione, che avrebbe dato il tono del sogno di Ge-sù, un popolo che mette in gioco quel poco che è sù, un popolo che mette in gioco quel poco che è sù, un popolo che mette in gioco quel poco che è sù, un popolo che mette in gioco quel poco che è per sfamare tutti, si è trasformato in un flop clamo-per sfamare tutti, si è trasformato in un flop clamo-per sfamare tutti, si è trasformato in un flop clamo-per sfamare tutti, si è trasformato in un flop clamo-roso.roso.roso.roso. Gesù fugge davanti alla nostra piccineria, non si fa trovare, scompare quando lo manipoliamo, lo usia-mo, quando lo tiriamo per la giacchetta. La folla lo

raggiunge, stupita dall'atteggiamento del Signore. Forse fa i complimenti? Vuole essere pregato per accettare il titolo di re? Gesù si rivolge alla folla, esprime un giudizio tanto tagliente quanto vero: voi non mi cercate per me o per le mie parole, ma perché avete avuto la pancia piena. Spesso cerchiamo Dio sperando che ci risolva i problemi, e senza mettere in gioco nulla di noi stessi. Gesù è tagliente: non sempre Dio accarezza, a volte il modo di esprimere il suo amore è un servizio alla verità, taglien-te e inatteso. Ma non sta chiuso nella sua delusione, Gesù. Aggiunge: cercate il pane vero, quello che sazia. Esiste quindi un pane che sazia, e uno che lascia la fame. È vero: la fame del successo, di dena-ro, di approvazione, di gratificazione, spesso ci lascia con un buco nello stomaco. Meglio seguire, al-lora, la fame interiore, quella di senso, quella della verità profonda, del giudizio sul mondo e la sto-ria che Dio solo può dare. Gesù aggiunge: il pane che sazia, solo io ve lo posso dare. Gli crediamo?

PERDONO DI ASSISI 2 AGOSTO

SANTA MARIA DEGLI ANGELI ALLA PORZIUNCOLA Quella notte in cui Cristo apparve a san Francesco

che pregava in Porziuncola All'origine della «Festa del Perdono» c'é un episodio della vita di san Francesco. Una notte del 1216, era immerso nella preghiera al-la Porziuncola. All'improvviso entrò una luce fortissima e Francesco vi-de sopra l'altare il Cristo e alla sua destra la Madonna e gli Angeli. Gli chiesero che cosa desiderasse per la salvezza delle anime. La risposta fu immediata: «Santissimo Padre, benché io sia misero e peccatore, ti prego di concedere ampio e generoso perdono». La sua richiesta fu esaudita co-sì da quell'anno, dopo aver ricevuto il permesso dal Pontefice Onorio III, il 2 Agosto si celebra la «Festa del Perdono» a Santa Maria degli Angeli ma anche in tutte le parrocchie e le chiese francescane. E' concessa l'in-dulgenza a chi si comunica, si confessa c prega per il Papa Dal mezzogiorno del 1° Agosto alla mezzanotte del giorno seguente si può ottenere, una sola volta l’indulgenza plenaria della Porziuncola.

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V iene definito spesso come la Stonehenge d’Oriente, Unesco l’ha incluso nel 1999 tra i siti del suo patrimonio artistico mon-diale, per la prestigiosa rivista britanni-

ca The Guardian le Fortezze Daciche di Sarmizege-tusa sono il luogo più affascinante della Romania e per gli archeologi di tutto il mondo que-sto insediamento resta ancora avvolto nel miste-ro. Tentazione irresistibile per i cacciatori di tesori, portale di comunicazione con un mondo parallelo, fonte energetica in cui me-ditare per per gli appassio-nati di yoga di tutto il mondo. Il turismo alternativo, eso-terico, è talmente diffuso che, fino a non molto tempo fa, le autorità per-mettevano ai gruppi di turisti permanere anche di notte nel complesso ar-cheologico di Sarmizegetusa Regia, soprattutto nel giorno del solstizio d’estate, quando, secondo gli studiosi di esoterismo, l’area si riempirebbe di un “magnetismo” unico. Verità storiche, scoperte archeologiche sorpren-denti, storie di tesori rubati, risonanze con la ter-ra mitica di Shambala (in sanscrito “luogo di pace/tranquillità/felicità”, luogo ideale nella letteratura buddista per la ricerca dell’illuminazione), carica vitale eccezionale, luogo irresistibile per gli ufolo-gi… la capitale dell’antica Dacia, Sar-mizegetusa, è tutto questo, un luogo incredibile dove storia e misticismo si amalgamo in armonia da oltre 2000 mila anni fa. Questa era la terra dei daci (conosciuti tra i greci anche come geți), il popolo misterioso e fiero, il più coraggioso e giusto della Tracia, secondo il padre della storia, Erodoto. Per Platone, in-vece, era il popolo che credeva nell’immortalità dell’anima, e che considerava la morte come un viaggio per ricon-

giungersi al suo dio, Zalmoxis, nella consapevo-lezza di acquisire l’immortalità. Proprio questa convinzione ha reso l’esercito dei daci il più temu-to, temerario e potente. Non fu facile per i romani conquistare la Dacia del re Decebal, un grande stratega militare. L’im-peratore Traiano ci riuscì solo nel 106 d.c, dopo ben 5 anni di dure campagne militari, al prezzo della metà del suo esercito. Pri-ma di lui, avevano provato a sconfiggerli anche gli imperatori Giulio Cesare e Domiziano, ma capirono presto che il popolo di Decebal era “estremamente pre-parato, difficile da sconfiggere e mai domo”, come storicamente

tramandato. La capitale dell’impe-

ro, Sarmizegetusa (situata nei Monti Orăștie, nel sud ovest della Romania), era una vera fortezza naturale, impren-dibile, circondata da foreste impenetra-bili. Eretta in cima ad una rupe alta 1200 metri, la fortezza era il centro stra-tegico di difesa, che comprendeva sei cittadelle. Era considerata all’epoca la città fortificata più sviluppata tra i centri politici e religiosi europei dell’età preistorica, uno dei più grandi e popola-

ti centri di tutta Europa. Non sono in pochi a ritenere che la fortezza fun-zionasse anche come centro astronomico-astrologico, per il grande sole di andesite (una roccia vulcanica), posto in un disco di pietra, che si trova qui rappresentato. Nonostante una corrente storica filo-romana ab-bia dipinto i daci come un popolo non civilizzato e acculturato fino alla conquista di Traiano, le for-tezze daciche, costruite tra i secoli I a.c. e I d.c,

raccontano una storia ben diversa. I daci era-no abilissimi costruttori, specializzati nella posa di acquedotti e di mura di fortificazione. La cin-ta muraria era formata da massicci blocchi di pietra e edificata su cin-que differenti terrazza-menti. I civili vivevano intorno alla fortezza,

protetti dalle montagne, in terrazzamenti artificia-

Le fortezze daciche di Le fortezze daciche di Le fortezze daciche di Le fortezze daciche di SarmizegetusaSarmizegetusaSarmizegetusaSarmizegetusa

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li. La nobiltà dacica aveva acqua corrente, portata nelle loro residenze da tubi di ceramica. Le sco-perte archeologiche nel sito mostrano che la so-cietà godeva, per l’epoca, di un alto tenore di vi-ta. Le fortificazioni non rappresentano solo città di-sparate, collocate sulle cime delle montagne, ma un insieme compatto, un vasto insediamento mili-tare e civile, con differenti nuclei, esteso su di una superficie grande circa quanto l’attuale Bucarest, circa 200 km quadrati. Si calcola che attualmen-te solo il 5% di ciò che costituisce Sarmizegetusa Regia è stato portato alla luce. Abbastanza da atti-rare ogni anno migliaia di turisti, talmente deside-rosi di entrare nel regno dei daci, da cimentarsi nell’ardua impresa di arrivarci. Ancora oggi il percorso è affascinante e impervio, la cittadella sembra inarrivabile, così come dovet-te esserlo per i soldati di Traiano. La strada sterrata si inerpica per 18 Km, larga, fangosa, con ripide curve a gomito, sempre a ri-dosso del fiume. Nel regno dei daci si entra pas-sando sotto una curiosa por-ta dallo stile orientaleggiante. Due pilastri squadrati sosten-gono un tettuccio stretto e spiovente. Sulla sinistra il mu-ro “ospita” su sfondo azzurro uno stucco bianco che raffi-gura un guerriero daco, con tanto di spadone ricurvo. Sul pilastro di destra un romano, rappresentante del popolo che invase, combatté, distrus-se i daci e poi colonizzò la nuova provincia dell’Impero. Il viaggio comincia su stradine di campagna fiancheggiate da piccole case di monta-gna, sparse in mezzo alla natura. Non sono nu-merose, ma sono fantasiose, sui cartelli di legno, ferro, alluminio, o sulle cortecce degli alberi, una freccia o una croce che indica la strada per laceta-te (cittadella). Spesso, dopo qualche curva lo sguardo si sofferma sul disegno colorato e naif di un Cristo crocefisso circondato da san-ti. Guardando dal basso, la cima della rupe sem-bra sempre così lontana, conferendo un alone di regalità ed esclusività al mondo daco. Gli ultimi km di strada sono da percorre-re a piedi, ma la fatica viene ampiamente ricompensata: dopo aver varcato le mura della città si attraversa un pezzo di bosco e si giunge alla radura dove si trova l’area sacra. Si possono ammirare i resti delle imponenti mura, ora in mezzo a un bo-sco di faggi, e la strada lastricata che por-tava all’ampia spianata dove si trovava-no i templi, una terrazza erbosa che do-mina le valli circostanti. È un luogo in-

dubbiamente di grande suggestione. L’area sacra è composto da due edifici circolari, il più grande formato di 104 anelli di andesite, con una fila di pilastri parallelepipedi e, verso il centro, altre due file di pali lignei coperti da lastre di terracotta, la prima, circolare, la seconda a ferro di cavallo. La disposizione dei pilastri di andesite presenta un particolare interesse: la loro divisione in 30 gruppi di 7 pilastri, fa pensare a un rapporto tra questo santuario e certi fenomeni celesti e persino all’ipo-tesi che il monumento fosse la rappresentazione architettonica del calendario dacico. Molto interessante è il disco solare trovato vicino al grande santuario circolare, suddiviso in 10 spic-chi di circa 36° ognuno, il che renderebbe eviden-te che i daci conoscessero molto bene il periodo terrestre di 365 giorni ma non fossero adeguata-mente precisi nelle misurazioni o nel taglio dell’ andesite. La scoperta del sole di pietra è conside-rata la prova più certa dell’esistenza di un culto solare presso i Daci, nei secoli I a. C. e I d. C. In-torno ci sono sassi “piantati” nell’erba a formare

rettangoli e quadrati, re-sti di quelle che doveva-no essere colonne alli-neate come soldati. Non è ancora chiaro co-me siano riusciti a trasportare i pesanti blocchi di pietra fino alla sistemazione finale per un percorso così lungo e impervio, ma per gli ufo-logi non ci sono dubbi,

l’aiuto alieno è inoppugnabile! Sulla strada di ritorno fermatevi a parlare con qualche contadino… se lo trovate. Vi racconterà dei cacciatori di tesori che, fino qualche anno fa, giravano di notte da queste parti e di un americano che avrebbe pagato oltre quattro milioni di euro per quindici bracciali d’oro massic-cio. Se gli chiedete perché non si sistema un po’ la strada vi risponderà che ai daci non sarebbe pia-ciuta l’idea di rendere più accessibile la loro enig-matica fortezza! (da Blog cu doua fetzeda Blog cu doua fetzeda Blog cu doua fetzeda Blog cu doua fetze)

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C. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo A. Amen C. La grazia del Signore no-stro Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre e la comunione dello Spi-rito Santo siano con tutti voi. A. E con il tuo spirito. C. Fratelli e sorelle, per cele-brare degnamente i santi miste-ri, riconosciamo i nostri peccati.

Breve pausa di riflessione C. Signore, che doni ogni be-ne a noi affamati nel corpo e nel-lo spirito, abbi pietà di noi. Signore, pietà. Cristo, vero pane disceso dal cielo, abbi pietà di noi. Cristo, pietà. Signore, solo pane capace di saziare il cuore, abbi pietà di noi. Signore, pietà. C. Dio Onnipotente abbia mi-sericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eter-na. A. Amen. GLORIA A DIO NELL’ALTO CIELI e pace in terra agli uomi-ni di buona volontà. Noi ti lodia-mo, ti benediciamo, ti adoria-mo, ti glorifichiamo, ti rendia-mo grazie per la tua gloria im-mensa, Signore Dio, Re del cie-lo, Dio Padre onnipotente. Si-gnore Figlio unigenito, Gesù Cristo, Signore Dio, Agnello di Dio, Figlio del padre, tu che to-gli i peccati del mondo, abbi pietà di noi; tu che togli i pecca-ti del mondo, accogli la nostra supplica; tu che siedi alla de-stra del Padre, abbi pietà di noi. Perché tu solo il Santo, tu solo il Signore, tu solo l’Altissimo, Ge-sù Cristo, con lo Spirito Santo: nella gloria di Dio Padre. Amen.

COLLETTA C. O Dio, che affidi al lavoro dell'uomo le immense risorse del creato, fa' che non manchi mai il pane sulla mensa di ciascuno dei tuoi figli, e risveglia in noi il desi-derio della tua parola, perché possiamo saziare la fame di verità che hai posto nel nostro cuore. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e re-gna con te, nell'unità dello Spirito

Santo, per tutti i secoli dei secoli. A. Amen LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura Dal secondo libo Dell’Esodo In quei giorni, nel deserto tutta la comunità degli Israeliti mormorò contro Mosè e contro Aronne. Gli Israeliti dissero loro: «Fossimo morti per mano del Signore nella terra d’Egitto, quando eravamo seduti presso la pentola della car-ne, mangiando pane a sazietà! Invece ci avete fatto uscire in que-sto deserto per far morire di fame tutta questa moltitudine». Allora il Signore disse a Mosè: «Ecco, io sto per far piovere pane dal cielo per voi: il popolo uscirà a racco-glierne ogni giorno la razione di un giorno, perché io lo metta alla prova, per vedere se cammina o no secondo la mia legge. Ho inte-so la mormorazione degli Israeliti. Parla loro così: “Al tramonto man-gerete carne e alla mattina vi sa-zierete di pane; saprete che io sono il Signore, vostro Dio”». La sera le quaglie salirono e copriro-no l’accampamento; al mattino c’era uno strato di rugiada intorno all’accampamento. Quando lo strato di rugiada svanì, ecco, sulla superficie del deserto c’era una cosa fine e granulosa, minuta co-me è la brina sulla terra. Gli Israe-liti la videro e si dissero l’un l’al-tro: «Che cos’è?», perché non sa-pevano che cosa fosse. Mosè dis-se loro: «È il pane che il Signore vi ha dato in cibo». Parola di Dio. A. Rendiamo grazie a Dio.

SALMO RESPONSORIALE R. Donaci, Signore, il pane del cielo. Ciò che abbiamo udito e conosciuto e i nostri padri ci han-no raccontato non lo terremo na-scosto ai nostri figli, raccontando alla generazione futura le azioni gloriose e potenti del Signore e le meraviglie che egli ha compiuto. R/. Diede ordine alle nubi dall’alto e aprì le porte del cielo; fece piovere su di loro la manna per cibo e diede loro pane del cielo. R/. L’uomo mangiò il pane dei forti; diede loro cibo in abbon-danza. Li fece entrare nei confini del suo santuario, questo monte che la sua destra si è acquistato. R/.

Seconda Lettura

Dalla lettera di san Paolo apo-stolo agli Efesini Fratelli, vi dico e vi scongiuro nel Signore: non comportatevi più come i pagani con i loro vani pen-sieri. Voi non così avete imparato a co-noscere il Cristo, se davvero gli avete dato ascolto e se in lui siete stati istruiti, secondo la verità che è in Gesù, ad abbandonare, con la sua condotta di prima, l’uomo vecchio che si corrompe seguen-do le passioni ingannevoli, a rin-novarvi nello spirito della vostra mente e a rivestire l’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella vera santità.Parola di Dio. A. Rendiamo grazie a Dio

Canto al Vangelo R. Alleluia, alleluia. Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla boc-ca di Dio. R. Alleluia.

† Vangelo Dal vangelo secondo Giovanni In quel tempo, quando la folla vi-de che Gesù non era più là e nem-meno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. Lo trovarono di là dal mare e gli dis-sero: «Rabbì, quando sei venuto qua?». Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uo-mo vi darà. Perché su di lui il Pa-dre, Dio, ha messo il suo sigillo». Gli dissero allora: «Che cosa dob-biamo compiere per fare le opere di Dio?». Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che cre-diate in colui che egli ha manda-to». Allora gli dissero: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti cre-diamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: “Diede loro da mangiare un pane dal cielo”». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. In-fatti il pane di Dio è colui che di-scende dal cielo e dà la vita al mondo». Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». Gesù ri-spose loro: «Io sono il pane della

LITURGIA EUCARISTICA

LETTURE: Es 16,2-4.12-15 Sal 77 Ef 4,17.20-24 Gv 6,24-35

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vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!». Parola del Signore. A. Lode a te o Cristo OMELIA (seduti) Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose vi-sibili e invisibili. Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, uni-genito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra sal-vezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergi-ne Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il ter-zo giorno è risuscitato, secondo le Scritture, è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito Santo, che è Signo-re e dà la vita, e procede dal Pa-dre e dal Figlio. Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei pro-feti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdo-no dei peccati. Aspetto la risur-rezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen.

PREGHIERA DEI FEDELI C. Segnati dalla fragilità, siamo chiamati alla vita nuova in Cristo e ad essere imitatori del Padre. Mendicanti del Pane di vita eterna preghiamo insieme e diciamo: Ascoltaci, o Signore. Per la Chiesa: resti sempre fedele nello spezzare il Pane della Parola, dell’Eucaristia e della Ca-rità, preghiamo. Per i dubbiosi e gli sbanda-ti: trovino la via della verità che libera e di Cristo portatore di vita nuova, preghiamo. Per noi: possiamo spalanca-re il nostro cuore a Cristo e rinno-vare in lui la nostra vita, preghia-mo. C. Padre nostro, purificaci dal-la logica dell’egoismo perché sia-mo resi capaci della vita nuova portata dal tuo Figlio. Egli è Dio e vive e regna nei secoli dei secoli. A. Amen.

LITURGIA EUCARISTICA C. Pregate, fratelli e sorelle, perché portando all’altare la gioia e la fatica di ogni giorno, ci dispo-niamo a offrire il sacrificio gradito a Dio Padre onnipotente. A. Il Signore riceva dalle tue mani questo sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa Chie-sa. (in piedi)

SULLE OFFERTE C. Santifica, o Dio, i doni che ti presentiamo e trasforma in offerta perenne tutta la nostra vita in unione alla vittima spirituale, il tuo servo Gesù, unico sacrificio a te gradito. Egli vive e regna nei secoli dei secoli. A. Amen. PREGHIERA EUCARISTICA

C. Il Signore sia con voi. A. E con il tuo spirito. C. In alto i nostri cuori. A. Sono rivolti al Signore. C. Rendiamo grazie al Signore nostro Dio. A. È’ cosa buona e giusta. C. È veramente cosa buona e giusta renderti grazie e innalzare a te l'inno di benedizione e di lo-de, Dio onnipotente ed eterno, per Cristo Signore nostro. Nell'ul-tima cena con i suoi Apostoli, egli volle perpetuare nei secoli il me-moriale della sua passione e si offrì a te, Agnello senza macchia, lode perfetta e sacrificio a te gra-dito. In questo grande mistero tu nutri e santifichi i tuoi fedeli, per-ché una sola fede illumini e una sola carità riunisca l'umanità diffu-sa su tutta la terra. E noi ci acco-stiamo a questo sacro convito, perché l'effusione del tuo Spirito ci trasformi a immagine della tua gloria. Per questo mistero di sal-vezza, il cielo e la terra si unisca-no in un cantico nuovo di adora-zione e di lode, e noi con tutti gli angeli del cielo proclamiamo sen-za fine la tua gloria: Santo, Santo, Santo il Signore Dio dell'universo. I cieli e la terra sono pieni della tua glo-ria. Osanna nell'alto dei cieli. Benedetto colui che viene nel nome del Signore. Osanna nell'alto dei cieli. DOPO LA CONSACRAZIONE C. Mistero della fede A. Annunciamo la tua morte, Si-gnore, proclamiamo la tua risurre-zione nell’attesa della tua venuta.. DOPO LA PREGHIERA EUCARISTICA C. Per Cristo, con Cristo e in Cri-sto, a te Dio, Padre onnipotente, nell’unità dello Spirito Santo, ogni

onore e gloria, per tutti i secoli dei secoli. Amen A. P A D R E NO S T R O Padre nostro, che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, ven-ga il tuo regno, sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i no-stri debiti come noi li rimettia-mo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione, ma libe-raci dal male. Amen. C. Liberaci, o Signore, da tutti i mali, concedi la pace ai nostri giorni, e con l'aiuto della tua mi-sericordia vivremo sempre liberi dal peccato e sicuri da ogni tur-bamento, nell'attesa che si com-pia la beata speranza e venga il nostro salvatore Gesù Cristo. A. Tuo è il regno, tua la poten-za e la gloria nei secoli

R ITO DELLA PACE C. Signore Gesu’ che hai detto ai tuoi apostoli: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” non guardare ai nostri peccati ma alla fede della tua Chiesa, e donale unità e pace secondo la tua volontà. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli A. Amen C. La pace del Signore sia sem-pre con voi. A. E con il tuo spirito. C. Come figli del Dio della pace, scambiatevi un gesto di comunione fraterna. A. Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi.(2 VOLTE) Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, dona a noi la pace. C. Beati gli invitati alla cena del Signore Ecco l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo. A. O Signore, non sono de-gno di partecipare alla tua mensa: ma di’ soltanto una pa-rola e io sarò salvato.

DOPO LA COMUNIONE C Accompagna con la tua con-tinua protezione, Signore, il popo-lo che hai nutrito con il pane del cielo, e rendilo degno dell'eredità eterna. Per Cristo nostro Signore. A. Amen. C. Il Signore sia con voi. A. E con il tuo spirito. C. Vi benedica Dio onnipoten-te, Padre, Figlio e Spirito Santo. A. Amen. C. Nel nome del Signore: anda te in pace. A. Rendiamo grazie a Dio

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B������: Preasfantul Mantuitor (Biserica italiana), Domenica ore 11:15; Adresa: b-dul. Nicolae Balce-scu, nr. 28, sector 1, Bucureşti tel./fax: 021-314.18.57, don Roberto Poli-meni, Tel:0770953530

mail: [email protected]; [email protected]; Tel 0040 756066967. Trasmessa in diretta su www.telestartv.ro Sabato, prefestiva alle ore 18,00 a: Centrul "Don Orione", Sos. Eroilor 123-124 Voluntari.

*°* I��+: Cattedrale "vecchia" Iaşi - Adormirea Maicii Domnului Bd. Stefan cel Mare, 26, Iasi: I-II-III Domenica del mese ore 11,00-IV Domenica ore 9,30, Don Alessandro Lembo Tel 0749469169 Mail: [email protected]

Trasmessa in diretta su: http://www.ercis.ro/video/iasi.asp

*°* C6�7: Chiesa romano-cattolica dei Pia-risti. Strada Universitatii nr. 5, conosciu-ta anche come „Biserica Universitatii” din Cluj-Napoca. Don Veres Stelian, tel 0745 386527 Mail: [email protected] Domenica alle ore 12,00

*°* A69� I�6+�: Domenica ore 11:00 nella Chie-sa di Sant'Antonio-Piata Maniu Iuliu nr. 15. Don Horvath Istvan , tel 0745 020262

*°* T+;+�<���: Chiesa Sfanta Fecioara Maria Regi-na Timisoara II (Fabric). Str Stefan Cel Mare 19. Domenica ore 18:00. Don Janos Kapor Tel 0788 811266 Mail:[email protected]

*°*

L’ATOMICA SU HIROSHIMA lunedì 6 agosto 1945 Alle 8 di mattina le cucine di Hiroshima sono in piena attività per preparare il primo pasto della giornata. Le scuole sono pronte ad accogliere gli studenti (agosto in Giappone non è un mese festivo) e centinaia di operai varcano i cancelli del-la Mazda, nota casa automobilistica fondata qui nel 1920. Poco prima la stazione radar ha captato tre velivoli americani entrati nello spazio aereo giapponese. Un numero rite-nuto esiguo dalle autorità militari, che decidono di non dare l'allarme aereo. Alle 8.15 circa il bombardiere B-29 Superfortress, ribattezzato Enola Gay (dal nome della madre) dal pilota Paul Tibbets, sgancia Little Boy nome in codice della bomba nu-cleare all'uranio. Quarantatré secondi dopo, a meno di 600 metri dal suolo, l'ordigno esplode provocando un lampo di luce accecante e un enorme fragore (i giapponesi lo ricordano con l'espressione pika-don, ossia "luce-tuono"). Una potenza esplosiva pari a 13mila tonnellate di tritolo, che in pochi istanti annien-ta 68mila vite umane e ne ferisce mortalmente circa 76mila. Di alcuni corpi rimane soltanto l'ombra impressa sulle pareti; altri finiscono bruciati, martoriati dalla pioggia radioattiva o sepolti dalle macerie dei 70mila edifici distrutti (il 90% del totale). È il tragico bollettino del primo bombardamento atomico della storia cui, 3 giorni dopo, seguirà quello su Nagasaki. Un'apocalisse che proseguirà con gli hibakusha, i soprav-vissuti, il 20% dei quali rimarrà affetto da avvelenamento da radiazioni e da necrosi, portan-do il numero delle vittime a più di 200mila (solo per Hiroshima). Le autorità giapponesi non si accorgono subito di quanto è accaduto (anche a causa del black out dei collegamenti radio) e solo dopo un volo di ricognizione sulla città si pren-de coscienza del disastro: un silenzio cupo regna su Hiroshima completamente rasa al suolo e avvolta dalle fiamme. La tesi dell'attacco atomico come unica opzione possibile, per non sacrificare ulteriori vite umane in una complicata operazione militare, sostenuta per anni dagli USA sarà smentita da documenti emersi successivamente. Tra questi, il tele-gramma inviato da Tokio da un diplomatico tedesco - intercettato dai servizi segreti americani ma tenuto segreto - in cui si parlava di «situazione disperata» e della volontà delle forze armate giapponesi di arrendersi anche a condizioni dure. Ciò sembra suffragare un'altra tesi, secondo cui la decisione di utilizzare l'atomica è stata dettata da ragioni politiche, tese a dimostrare la forza bellica degli Stati Uniti agli occhi degli, allora, "alleati" sovietici. Contro l'orrore delle bombe atomi-che si pronunceranno scienziati di fama mondiale, su tutti Albert Ein-stein che insieme al filosofo Bertrand Russel presenterà a Londra, nel 1955, un manifesto introdotto dalla celebre frase «Ricordatevi della vostra uma-

nità, e dimenticate il resto». (70 anni fa)

I SANTI DELLA

SETTIMANA

DOM.02DOM.02DOM.02DOM.02 Perdono di AssisiPerdono di AssisiPerdono di AssisiPerdono di Assisi

LUN. 03LUN. 03LUN. 03LUN. 03 S. Aspreno di NapoliS. Aspreno di NapoliS. Aspreno di NapoliS. Aspreno di Napoli

MART.04MART.04MART.04MART.04 S. Curato d’ArsS. Curato d’ArsS. Curato d’ArsS. Curato d’Ars

MERC.05MERC.05MERC.05MERC.05 Beata Vergine della NeveBeata Vergine della NeveBeata Vergine della NeveBeata Vergine della Neve

GIOV.06GIOV.06GIOV.06GIOV.06 Trasfigurazione di NS. GesùTrasfigurazione di NS. GesùTrasfigurazione di NS. GesùTrasfigurazione di NS. Gesù

VEN.07 VEN.07 VEN.07 VEN.07 S. IGaetano da ThieneS. IGaetano da ThieneS. IGaetano da ThieneS. IGaetano da Thiene

SAB. 08SAB. 08SAB. 08SAB. 08 S. Domenico di GuzmanS. Domenico di GuzmanS. Domenico di GuzmanS. Domenico di Guzman Conchiglie moderne