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Gli ambienti tartufigeni del MugelloStato di conservazione e norme tecniche per la tutela

Paolo Gandi, Lorenzo Gardin, Fabio Primavera

Comunità Montana Mugellovia Palmiro Togliatti, 4550032 Borgo San Lorenzo (FI)tel. 055 845271 - fax 055 8456288e-mail: [email protected]

Coordinatore del progetto:dottore agronomo Giovanni Miccinesi

Foto:Tutte le foto sono di Lorenzo Gardin trannela foto di copertina (Duccio Berzi) e le fotoalle pp. 23-29 (Archivio ARSIA - Luigi Rinaldelli).

Elaborazioni cartografiche:Lorenzo GardinLa fonte dei dati territoriali per le elaborazionicartografiche è la Carta Tecnica Regionale -Regione Toscana fogli 1:10.000, 1:25.000su base IGM, ortofoto AIMA.

Cura redazionale, grafica e impaginazione: LCD srl, Firenze

Stampa: Grafica Lito snc, Calenzano (FI)

© Copyright 2005 Comunità Montana del Mugello

Paolo Gandi - dottore agronomoHa curato le parti generali e narrative,la ricerca bibliografica, la parte normativae di indirizzo valutandone gli aspetti applicativi.Ha tenuto i rapporti con la Comunità Montanadel Mugello.

Lorenzo Gardin - dottore forestaleSi è occupato dell’impostazione metodologicad’indagine, della descrizione e analisidegli ambienti di produzione del tartufo biancopregiato del Mugello e ha studiato le aree diproduzione del tartufo nero (Calvana e Vaglia).Ha effettuato indagini dirette in campo.Ha curato i rapporti con le associazionidi raccoglitori e con l’ARSIA.

Fabio Primavera - dottore agronomoHa curato l’impostazione metodologicad’indagine, la descrizione e l’analisidegli ambienti di produzione del tartufo nerodell’alto Mugello.

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PresentazioneMario Lastrucci 7

Prefazione 9

Metodologia d’indagine 11

Il tartufo in Toscana e in Mugello 15

I tartufi del Mugello 19

Il tartufo nella storia 19

La ricerca del tartufo in Mugello nell’Ottocento 20

Il tartufo bianco pregiato 23

Il tartufo nero pregiato 25

Il tartufo marzuolo 26

Il tartufo scorzone 27

Il tartufo brumale 28

Il tartufo uncinato 29

Gli ambienti tartufigeni 31

Le tartufaie di tartufo bianco pregiato lungo i corsi d’acqua 33

Le tartufaie di tartufo bianco delle scarpate 35

Le tartufaie di tartufo bianco di ambienti urbani 38

Le tartufaie di tartufo bianco dei versanti instabili 39

Le tartufaie di tartufo nero 40

Stato di conservazione e problematiche degli ambienti tartufigeni 43

Sommario

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Il Mugello è un’area fortemente vocata alla produzione naturale ditartufi e fra le varie specie che vi crescono il tartufo bianco pregiato(Tuber magnatum Pico) rappresenta senza dubbio il prodotto piùimportante data la sua grande apprezzabilità.

Gli ambienti naturali interessati sono tuttavia ecosistemi molto par-ticolari: solo determinate condizioni ecologiche consentono la crescitae fruttificazione dei tartufi; sono ambienti delicati e sensibili: il minimocambiamento di un fattore può compromettere la produzione e losfruttamento idoneo di questa risorsa. Se ciò è vero per qualunque com-prensorio della Toscana, a maggior ragione esso vale per il territoriomugellano che negli ultimi anni è stato oggetto di intense e profondetrasformazioni causate sia dallo sviluppo locale che da opere pubblichedi portata regionale e nazionale come la Diga di Bilancino, la linea fer-roviaria ad Alta Velocità, la recente Variante di Valico autostradale.

La continua distruzione di numerosi ambienti tartufigeni ha fattosorgere la consapevolezza della necessità di attivare efficaci iniziativeper la tutela delle aree interessate e per lo sviluppo e la valorizzazionedella risorsa tartufo.

La Comunità Montana, in un proficuo rapporto con le Associazio-ni di tartufai locali, ha pertanto commissionato questo lavoro con loscopo sia di avere un rilievo dettagliato della risorsa e un quadro gene-rale delle problematiche inerenti e delle prospettive di sviluppo, sia diindividuare e fare propri alcuni strumenti operativi da consegnare alleamministrazioni comunali per la conservazione e la tutela di un benecosì prezioso.

La presente pubblicazione inquadra le caratteristiche ecologiche eambientali degli habitat di crescita del tartufo bianco pregiato e del tar-tufo nero estivo presenti nel comprensorio mugellano, evidenzia lo

Norme di indirizzo per la tutela degli ambienti tartufigeni 53

Norme per la tutela delle aree di effettiva produzione di tartufo 55

La normativa regionale della Toscana 57

Limiti della normativa regionale toscana 61

Applicazione della Legge Regionale nell’area del Mugelloe possibili integrazioni 62

Ulteriori indirizzi normativi per la tutela delle aree di effettivaproduzione del tartufo e per quelle potenzialmente produttive 70

Prospettive e valorizzazione 71

Le associazioni dei tartufai 71

Il mercato 73

Stime della produzione annua 73

Conclusioni 74

Bibliografia 77

Autori 79

Presentazione

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stato di conservazione degli ambienti di produzione e le problematicheche determinano il loro degrado o la loro distruzione e, attraversoun’analisi del quadro normativo esistente, individua e propone dellenorme tecniche di tutela e di salvaguardia da inserire negli strumentiurbanistici comunali.

Il lavoro è stato reso possibile dal quadro normativo sviluppatodalla Regione Toscana in questo settore, dal contributo finanziarioassegnatoci dalla Provincia di Firenze ai sensi della L.R. 50/95, dalladisponibilità e competenza delle Associazioni dei Tartufai e degli Auto-ri, nonché dall’interesse e dalla sensibilità manifestata dalle ammini-strazioni comunali che si sono impegnate a inserire i risultati e le pro-poste dello studio nei propri strumenti urbanistici.

Questo testo si rivolge pertanto a tutti coloro che si occupano ditartufi, dai raccoglitori ai proprietari dei fondi, dagli amministratori etecnici degli enti locali ai liberi professionisti che operano nel settore,ma anche a chi, per interesse o per curiosità, desidera avvicinarsi a que-sto particolare mondo, fatto ancora di genuinità e di antichi sapori.

Mario LastrucciAssessore allo Sviluppo agricolo e Forestazione

Comunità Montana Mugello

GLI AMBIENTI TARTUFIGENI DEL MUGELLO8

Il tartufo ha sempre suscitato un grande interesse, soprattutto daldopoguerra a oggi, anche per l’aumentato tenore di vita delle popola-zioni. Sia chi lo consuma, e ne apprezza il valore culinario, sia i tartu-fai e tutte le persone coinvolte nella sua ricerca e distribuzione auspi-cano un incremento della sua produzione.

Tra i vari funghi del genere Tuber, il bianco pregiato è una ricchezzaesclusivamente italiana apprezzata a livello internazionale. È possibileraccoglierlo, allo stato naturale, in tutte le regioni, dal Piemonte allaCalabria. Tra queste la Toscana assume sicuramente una posizione dirilievo. Nelle aree montane, dove la formazione del reddito agricolo èpiù difficoltosa che nel fondovalle, anche i tartufi minori (principalmen-te il bianchetto, lo scorzone estivo e lo scorzone invernale), pur avendoun valore economico molto inferiore rispetto al tartufo bianco, rappre-sentano un’importante fonte integrativa di reddito per le popolazioni eil frutto principale delle aree boschive, una risorsa economica non menoimportante di quella rappresentata dal legno.

Le mutate condizioni di gestione del territorio e uno scarso rispet-to di alcune semplici regole di raccolta, legato anche alla competizionetra cercatori, stanno però portando a una progressiva diminuzione deiquantitativi di tartufi disponibili e a una scomparsa degli ambientiproduttivi. La continua sottrazione di territorio a vantaggio dell’edili-zia urbana, rurale o industriale è un fattore limitante irreversibile e digrande peso. Il Mugello fra l’altro è stato interessato da numerose operepubbliche. Si pensi, per esempio, che la costruzione della linea ferro-viaria ad alta velocità (TAV) tra Firenze e Bologna sta attraversando unodei più grandi insiemi di tartufaie di Tuber magnatum italiano, distrug-gendole direttamente o indirettamente, con l’interruzione delle faldeacquifere che le alimentavano.

Prefazione

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Le informazioni raccolte e analizzate in questo lavoro sono stateottenute prevalentemente con il prezioso e indispensabile contributodell’Associazione dei Tartufai del Mugello e dell’Associazione Tartufaibarberinese, attraverso numerosi incontri finalizzati sia alla localizza-zione degli ambienti tartufigeni sulla cartografia topografica, sia aeffettuare sopralluoghi in quelli più significativi.

Altre informazioni e dati di particolare importanza sono stati acqui-siti da precedenti lavori realizzati nel corso degli ultimi anni dall’ARSIA edall’Istituto Sperimentale per lo Studio e la Difesa del Suolo di Firenze.Le informazioni relative alle tartufaie a raccolta riservata in base alla leggeregionale 50/95 sono state reperite negli uffici tecnici dei Comuni.

Lo studio si è incentrato sulle specie di tartufo maggiormente pre-senti in Mugello: il tartufo bianco pregiato (Tuber magnatum Pico), iltartufo nero estivo o scorzone (Tuber aestivum Vitt.) e il tartufo nerouncinato (Tuber uncinatum Chatin); questi ultimi sono stati presi inesame congiuntamente. In Mugello si possono trovare anche altre spe-cie di tartufo, in particolare il marzuolo (Tuber borchii Vitt.) e il tartu-fo nero pregiato (Tuber melanosporum Vitt.), ma la loro presenza èoccasionale e pertanto non sono stati oggetto d’indagine.

Il lavoro è iniziato nel 2001 con il censimento delle aree di produ-zione situate nei comuni dell’Alto Mugello (Firenzuola, Marradi,Palazzuolo) e di Vicchio, Borgo San Lorenzo, Scarperia e San Piero aSieve. I risultati della ricerca sono stati consegnati ai Comuni interes-sati per l’eventuale utilizzo nella formazione dei propri strumenti urba-nistici. Nell’anno in corso è stato effettuato l’aggiornamento dei datigià assunti e l’estensione dell’indagine ai comuni di Barberino diMugello e Vaglia.

La ricerca ha previsto le seguenti fasi di lavoro: assieme ai tartufaidelle Associazioni sono state localizzate le tartufaie sulla cartografia in

Metodologia d’indagineL’importanza economica del tartufo e la limitatezza dell’areale diproduzione che comprende gran parte del Mugello non sono elemen-ti ancora sufficientemente conosciuti; per esempio, lo studio per lavalutazione di impatto ambientale della TAV non prevede la reintegra-zione dei siti tartufigeni. È facile immaginare le conseguenze di questomodo di operare.

Quali possono essere le strade percorribili per recuperare questagrande ricchezza, esclusiva, nel caso di Tuber magnatum Pico, del ter-ritorio italiano e di grande importanza per il Mugello?

La coltivazione del tartufo, basata su serie indagini pedologiche euna gestione agronomica razionale, sta dando ottimi risultati; è benequindi che, dove ci siano le condizioni, se ne estenda la pratica. Tutta-via, per quanto concerne il tartufo bianco, è stata accertata la difficol-tà di produzione con impianti artificiali.

Si ritiene, quindi, che sia fondamentale recuperare, preservare emigliorare il patrimonio produttivo naturale esistente. Non è certa-mente facile procedere in questa direzione: i motivi sono molti e divaria natura. Conoscere gli ambienti di produzione, capirne le dinami-che naturali e sociali, impostare regole di gestione possibili ed efficaciè essenziale per affrontare e cercare di risolvere i problemi del settore.

Il presente studio si è posto questi obiettivi, cercando di quantifi-care, prima di tutto, l’estensione delle tartufaie e di localizzarne ladistribuzione sul territorio ed effettuando, in seguito, una prima valu-tazione dello stato di conservazione di questa risorsa, dalla quale risul-ta che oltre il 32% delle tartufaie di tartufo bianco presentano diverseforme di degrado, soprattutto nelle formazioni di fondovalle.

Questa indagine rappresenta un primo approccio allo studio delladistribuzione del tartufo nel territorio della Comunità Montana. Comeè avvenuto nel caso di esperienze analoghe realizzate in altri territoridella Toscana, si auspica che la consistenza delle tartufaie subisca varia-zioni in aumento in seguito alla diffusione di questo lavoro e grazie allapartecipazione e all’apporto di conoscenze di nuovi soggetti.

Anche le proposte di normativa tecnica potranno essere oggetto diulteriori articolazioni sulla base di nuove valutazioni e approfondimen-ti da effettuarsi sulle tartufaie, in particolare per quanto concerne laverifica del recupero degli ambienti degradati, e attraverso il confron-to con gli operatori agricoli e con i raccoglitori.

GLI AMBIENTI TARTUFIGENI DEL MUGELLO10

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scala 1:25.000, dando avvio a una prima raccolta di informazioni (sto-ria, habitat, produzioni, fattori degradanti dell’habitat, suggerimentiper la conservazione, informazioni generali sulla gestione del territoriodella tartufaia). Successivamente si è passati alla localizzazione delletartufaie sulle carte in scala 1:10.000, controllando i limiti sulle fotoaeree, e inserendo la loro perimetrazione in un sistema informativogeografico per mezzo della digitalizzazione a video.

Una prima analisi dei dati ha determinato la differenziazione delletartufaie per tipologie omogenee di habitat – tartufaie dei fondovalle,delle scarpate, dei versanti e degli ambienti urbani – e per classe di con-servazione dell’habitat – in buono stato, in fase di degrado, moltodegradate. Utilizzando questa stratificazione delle informazioni sonostati effettuati sopralluoghi in campo sulle tartufaie ritenute più rap-presentative delle varie situazioni emerse; durante i sopralluoghi sonostati annotati gli elementi ambientali, il tipo di habitat, la vegetazione,il tipo di suolo, verificando le informazioni fornite dai tartufai; sonostate infine analizzate le problematiche relative alla conservazione e almiglioramento degli habitat, le principali cause di degrado e l’intensi-tà di questi fenomeni.

La delimitazione su carta topografica delle tartufaie naturali e la defi-nizione delle tipologie di ambiente e della classe di conservazione del-l’habitat hanno seguito il seguente criterio: per “tartufaia” si intende la“porzione di territorio con effettiva produzione tartuficola negli ultimi10-15 anni circa (secondo le fonti disponibili) e con un’estensione area-le significativa”. La suddivisione delle tartufaie in tipologie di ambientetartufigeno è stata necessaria per l’estrema differenziazione morfologicadelle tartufaie presenti nel territorio mugellano e soprattutto per lediverse problematiche a esse connesse; una loro approfondita descrizio-ne è riportata nei paragrafi successivi. La classificazione delle tartufaie inbase al grado di conservazione dell’habitat è stata realizzata con lo scopodi ottenere una zonazione specifica riguardo alle condizioni degliambienti tartufigeni e per poter individuare le priorità di intervento perfuturi progetti di miglioramento ambientale e di recupero produttivo.

Le classi individuate vanno così interpretate: PB – tartufaia in buono stato; tartufaia naturale in buono stato di con-

servazione per almeno il 70% della sua superficie, sia per la presen-za di piante simbionti sia per altri fattori;

PD – tartufaia in fase di degrado; tartufaia naturale con qualche feno-meno di degrado di una certa intensità;

M e t o d o l o g i a d ’ i n d a g i n e 13GLI AMBIENTI TARTUFIGENI DEL MUGELLO12

Fig. 1 - Esempio in scala ridotta delle carte prodotte su tutto il territoriodella Comunità Montana del Mugello

Fig. 2 - Esempio del dettaglio della perimetrazione effettuata in una tartufaiadi tartufo bianco

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Tra le regioni italiane la Toscana svolge un ruolo importante nellaproduzione di tartufo. In particolare, il territorio toscano è molto voca-to alla produzione di tartufo bianco, la specie più pregiata tra tuttequelle commestibili, anche se è significativa la produzione di altri tar-tufi tra cui il nero pregiato, lo scorzone, l’uncinato e il marzuolo.

Il tartufo bianco è una risorsa quasi esclusivamente italiana, comedimostra il suo areale riportato in fig. 4. È presente soltanto in scarsamisura in Istria e Dalmazia; in Italia si trova in molte regioni che siaffacciano sulla Pianura padana e in quelle che includono i rilievi mon-tuosi dell’Appennino settentrionale, centrale e meridionale.

In Toscana il tartufo bianco è diffuso in vaste aree della regione,lungo la dorsale appenninica centrorientale (province di Firenze e

Schede riassuntive delle tartufaie

Numero tartufaia Nome Comune9 Firenzuola

Tipologia di tartufaiaTartufaia di tartufo bianco Tuber magnatum Pico dei versanti instabili del ComplessoCaotico. Margine del bosco, tra pascolo e bosco e piante isolate. Prevalenza di roverellae cerro.

Classe di conservazione dell’habitatTartufaia naturale migliorata. Tartufaia in produzione soggetta a opere di miglioramento(prevalentemente ripuliture, piantagioni, sarchiature del terreno) effettuate da parte delleAssociazioni dei Tartufai o dei proprietari.

Areamq 68.764,9

Fig. 3 - Esempio di scheda informativa

Fig. 4 - L’areale del tartufo bianco (Tuber Magnatum Pico)

Il tartufo in Toscana e in Mugello

MD – tartufaia molto degradata; tartufaia naturale con frequenti feno-meni di degrado di grave entità;

PM – tartufaia migliorata; tartufaia naturale soggetta a opere di miglio-ramento da parte delle Associazioni dei Tartufai o da parte dei pro-prietari (art. 6, L.R. 50/95).Tutti i dati sono stati inseriti in un sistema informativo per ottimiz-

zarne la gestione e per ottenere le elaborazioni e gli output cartografi-ci desiderati. Nel sistema sono stati inseriti i dati della cartografia topo-grafica di base (Carta Tecnica Regionale - Regione Toscana in scala1:10.000, fogli in scala 1:25.000 della Regione Toscana su base IGM,ortofoto AIMA) tutti in formato raster, georeferenziati nel sistema dicoordinate Gauss-Boaga. I dati delle tartufaie, ottenuti per digitalizza-zione a video, sono costituiti da una copertura poligonale, topologica-mente corretta, alla quale appartengono i seguenti attributi: un identi-ficativo alfanumerico per ciascuna tartufaia; il nome con il quale ègenericamente indicata la tartufaia; il codice della tipologia di ambien-te tartufigeno di appartenenza; la classe di conservazione dell’habitat;il codice ISTAT del Comune di appartenenza e la superficie in ettari.

Le carte dei perimetri delle tartufaie di tutto il territorio dellaComunità Montana sono state prodotte in scala 1:10.000 seguendol’inquadramento della Carta Tecnica Regionale. Nella fig. 1 si riportala miniatura di una sezione comprensiva della vestizione prodotta enella fig. 2 un esempio del dettaglio raggiunto nella perimetrazionedelle tartufaie; in un report a parte sono contenute le schede informa-tive di ciascuna tartufaia (fig. 3).

GLI AMBIENTI TARTUFIGENI DEL MUGELLO14

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L’importanza del tartufo in Toscana è dimostrata dalla presenza di unelevato numero di tartufai sul territorio, parte dei quali riuniti in asso-ciazioni di raccoglitori. Da un’importante indagine (Gaio P., Marone E.,Mazzei T., 1995) è emerso che, tra questi, molti hanno iniziato l’espe-rienza di raccolta a partire dagli anni trenta, fatto che dimostra la lungatradizione tartuficola della nostra regione. Dalla stessa indagine risultache la raccolta di tartufi è un’attività diffusa all’interno di un’ampiafascia di età, anche se l’età maggiormente rappresentata è quella com-presa tra i 40 e i 50 anni. Sono soprattutto operai e pensionati a dedi-carsi alla raccolta dei tartufi sia per hobby, sia come forma integrativa direddito e come principale fonte di reddito.

L’areale dei tartufi in Toscana è molto esteso e interessa ambienti eterritori molto diversi fra loro. La consistenza delle aree di produzioneè di alcune migliaia di ettari, se ci riferiamo al tartufo bianco pregiato,molto di più se comprendiamo anche i tartufi minori.

Ad oggi manca uno studio che permetta di definire la consistenzadi questa risorsa in Toscana. Per meglio comprendere le tendenze inatto nel settore e l’importanza economica di questa produzione ipogeapossiamo prendere a riferimento l’interessante studio elaborato daTiziana Mazzei per l’ARSIA (Mazzei T., 2004) che effettua il censimen-to delle aree di produzione del tartufo a raccolta riservata e degliimpianti sperimentali della Toscana, nel complesso oltre 600 ettari diterreno distribuiti nelle province di Siena, Pisa, Firenze e Arezzo. Ven-gono prese in considerazione le aree di produzione soggette ad autoriz-zazione comunale e a tabellazione ai sensi della normativa vigente, rap-presentate principalmente dalle aree di raccolta del tartufo bianco pre-giato. Si tratta del primo lavoro organico del settore effettuato in

I l t a r t u f o i n T o s c a n a e i n M u g e l l o 17

Arezzo), nella fascia collinare delle province di Pisa e Siena, nelle con-che intermontane del Mugello, del Valdarno, del Casentino e nellaValtiberina (si riporta in fig. 5 la carta delle zone geografiche di prove-nienza del tartufo bianco della Toscana individuate dalla L.R. 50/95 esuccessive modifiche).

GLI AMBIENTI TARTUFIGENI DEL MUGELLO16

LegendaZona del tartufo bianco del Mugello

Zona del tartufo marzuolo del litorale della Maremma Grossetana

Zona del tartufo bianco delle Colline Sanminiatesi

Zona del tartufo bianco del Casentino

Zona del tartufo bianco della Val Tiberina

Zona del tartufo bianco delle Crete Senesi

Fig. 5 - Zone geografiche di provenienza del tartufo bianco della Toscana(L.R. 50/95)

Fig. 6 - Distribuzione percentuale delle tartufaie di bianco pregiato a raccoltariservata presenti in Toscana

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Il tartufo nella storia

Il tartufo è un fungo conosciuto dai tempi più antichi. Pare certo chegià nel 3000 a.C. i Babilonesi fossero attratti da uno strano fungo sot-terraneo, la Tarfezia, un fungo ipogeo molto simile per forma al tartu-fo bianco pregiato.

Chiamato dai Greci tydnon, il tartufo arricchiva la loro cucina piùraffinata; lo stesso avveniva presso i Romani che lo chiamavano tuberdal verbo tumere, gonfiare.

La particolarità di questo fungo di svilupparsi sotto terra senzaapparenti radici, il profumo acuto, le forme bizzarre nel loro insiemelo hanno circondato di un’aura di mistero rendendolo desiderabile e“divino”. Essendo un prodotto raro, il suo prezzo era già allora eleva-tissimo e la sua presenza sulla tavola era indice della nobiltà e potenzadi coloro che l’offrivano. Si era certi del suo potere afrodisiaco e infat-ti era stato dedicato dai pagani a Venere.

I Romani ne furono ghiotti consumatori come testimoniano leparole di Plinio il Vecchio che nella Naturalis Historia, dice:

Massimo miracolo è la nascita e la vita di questo tubero che cresceisolato e circondato di sola terra […].

Le prime ricette in cui compare il tartufo risalgono ad Apicio chenel suo De Re Coquinaria ne canta le lodi, ricordando come Neronel’avesse definito “cibo degli dei”.

Il tartufo nero pregiato apparve sulle mense dei signori francesi trail XIV e il XV secolo, mentre in Italia in quel periodo si stava già affer-mando il tartufo bianco.

Le prime notizie storiche a proposito del tartufo sono quelle delperiodo rinascimentale ed è solo nel 1831 che compare la Monographiatuberacearum di Carlo Vittadini, la quale segna la prima solida base per

I tartufi del Mugello

Toscana attraverso interviste e indagini dirette. Pur riguardando solouna parte degli areali di produzione, dal momento che non compren-de le grandi estensioni oggetto della raccolta libera, fornisce tuttaviainteressanti informazioni perché si riferisce alle aree maggiormenteproduttive presenti in Toscana. Da esso emerge che la produzione ditartufo pregiato è prerogativa di alcuni areali ristretti in solo quattroprovince della Toscana: Siena, Firenze, Pisa, Arezzo (fig. 6).

La distribuzione delle tartufaie controllate nella provincia di Firen-ze è rappresentata in fig. 7.

Il 70% della superficie delle tartufaie a raccolta riservata della regio-ne è autorizzata alla raccolta del tartufo bianco pregiato, fatto diretta-mente legato all’importanza economica del prodotto e alla nota difficol-tà, per questa specie, di ottenere piantine micorrizzate artificialmente;da qui la necessità di salvaguardare le produzioni naturali. Nella provin-cia di Firenze sono censiti circa 123 ettari di tartufaie a raccolta riserva-ta, prevalentemente tartufaie controllate di tartufo bianco. In Mugello,nei comuni di Borgo San Lorenzo, Vicchio, Barberino di Mugello, Scar-peria, Firenzuola e Marradi è presente il 64% delle tartufaie controllatedella provincia. Infatti in Mugello sono censiti oltre 78 ettari di tartufa-ie a raccolta riservata: una consistenza importante sotto l’aspetto econo-mico e una forma di conduzione che permette una migliore valorizza-zione del tartufo e la salvaguardia degli ambienti di produzione. Sareb-be quindi auspicabile un ulteriore incremento di queste esperienze cheriescono a coniugare le esigenze dell’agricoltore con quelle dei raccogli-tori. In questi ambiti, infatti, vengono adottati spontaneamente tuttigli accorgimenti utili alla conservazione della risorsa, senza la necessitàdi ricorrere a specifiche norme di tutela.

GLI AMBIENTI TARTUFIGENI DEL MUGELLO18

Fig. 7 - Distribuzione delle aree a raccolta riservata nella provincia di Firenze

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ricerche accurate nell’agro mugellano e le sue speranze non restaronodeluse poiché trovò subito dei tartufi bianchi e neri e di questi circalibbre1 40 uguali ai migliori che provengono dai monti di Norcia epesi persino di once2 9 l’uno.Divulgatasi dal ridetto pievano e da altri questa scoperta, il signorAlessandro Ronconi di Scarperia volle imitare il Pievano Magni e veri-ficare da se stesso il fatto; provvide un cane da tartufi e accertò trovan-done molta quantità che il Mugello è fertile di questo prodotto sotter-raneo. Il suo esempio ebbe in quest’anno un altro imitatore nel signorAngiolo Berchielli di Grezzano il quale è riuscito pure completamen-te nell’intento.Il Magni in una lettera diretta al Signor Commendatore Pietro Bettidà i seguenti ragguagli sul modo e sul tempo di trovare i tartufi non-ché sulle loro varietà. Per la ricerca dei tartufi è necessario avere uncane addestrato ad indicarli per mezzo del suo fino odorato [...] Sco-perto ove è il tartufo si fa allontanare il cane, con una piccola palettadi ferro si scalza sotto terra nel punto dove quello raspava, e vi si trovail tartufo che se è dei neri si trova molto superficiale, se è dei bianchisi trova qualche volta superficialmente, ma altre volte alla profonditàdi un terzo o mezzo braccio3 e si prosegue a scavare secondo l’indica-zione che se ne trae finché non si è trovato.[...] Trovato il tartufo si deve riempire la buca fatta, poiché nello stessoposto facilmente dopo otto o dieci giorni se ne ritrovano altri; comepure ogni anno si ritrovano in maggior o minor quantità negli stessipunti. I tartufi bianchi si cominciano a trovare in agosto e si continuafino a metà dicembre, ma i mesi più fertili sono l’ottobre e il novembre.I tartufi neri si trovano da dicembre fino alla metà di marzo, i mesimigliori sono gennaio e febbraio.Secondo quel pievano la maggior quantità di tartufi si trova nei pleni-luni. I tartufi bianchi sono di quattro varietà:1. bianchi all’esterno e all’interno, e tramandano un odor agliaceo;2. bianchi color cioccolata e questi sono i più grossi;3. bianchi screziati di rosso all’interno;4. bianchi con buccia resistente e simile alla allude, e questi sono cat-tivi di sapore.I migliori sono i secondi, e i terzi, i quali appena hanno l’odore di aglio.I tartufi neri sono di tre varietà: i neri cupi, i neri chiari; neri all’ester-no e nell’interno bianchi, tutti però sono internamente marmorizzati.

I t a r t u f i d e l M u g e l l o 21

lo studio scientifico delle Tuberacee. All’opera del Vittadini fece segui-to quella del Tulasne (1862) Funghi Hypogaei e, trent’anni più tardi,quella dello Chatin (1892) che illustra il tartufo dal punto di vistabotanico, descrive la famiglia delle Tuberacee e il genere Tuber e lepiante che meglio si prestano alla produzione tartuficola, ponendo lebasi per l’attuale sistematica dei tartufi.

A testimonianza dell’importanza dei tartufi nella storia del Mugel-lo si riporta qui di seguito un interessante brano tratto dal “Giornaleagrario toscano” del 1857 nel quale si racconta l’esperienza di un pie-vano in materia di raccolta di tartufi in Mugello.

Alle pagine successive (pp. 21-27)pubblichiamo le schede descritti-ve delle principali specie di tartufi presenti in Toscana e nel Mugelloriprese da La Toscana dei tartufi, ARSIA-Regione Toscana, 2004.

La ricerca del tartufo in Mugello nell’Ottocento*

Nel “Giornale agrario toscano” del 1857 veniva pubblicata questacuriosa nota relativa alla ricerca di tartufi nel Mugello per opera di unparroco che con grande lungimiranza ne intuiva l’importanza econo-mica e ambientale.

Peccato che queste indicazioni non abbiano avuto per molti decen-ni un seguito, altrimenti oggi parleremmo della raccolta di tartufi nelMugello con ben altra enfasi. Resta il fatto che questo pregiato prodot-to della terra mugellana può diventare con gli anni un prezioso ele-mento di richiamo turistico per tutti coloro che amano i piaceri dellabuona tavola.

“Il Pievano di S. Giovanni Maggiore in Mugello, don AlessandroMagni, è quello al quale devesi la utile scoperta dei tartufi nel Mugel-lo, la quale scoperta interessando assai l’industria e l’economia di quel-la provincia pare interessante di farla conoscere minutamente.Da lungo tempo egli andava pensando che nella provincia del Mugel-lo si dovessero trovare in abbondanza i tartufi, essendone stato trova-to qualcuno per caso, quando nel 1851, per questo oggetto compera-to in Bagnacavallo un cane addestrato a trovare tartufi intraprese delle

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* Ricerca d’archivio effettuata dall’assessore del Comune di Borgo San Lorenzo, Leonardo Romagnoli

1 una libbra è pari a 348 g2 un’oncia equivale a 29 g3 un braccio è pari a 58 cm

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I migliori sono quelli delle prime due varietà; anco quelli della terzavarietà sono buoni e migliori assai dei bianchi quantunque vi sianomolti che preferiscono i bianchi i quali sono simili a quelli che si tro-vano in Piemonte, e molto migliori dei tartufi bianchi che si trovanoverso Pietramala.I Tartufi bianchi, scrive il Magni, si trovano nella terra umida o moto-sa lungo i fiumi o torrenti fra gli ontani e fra gli alberi. I tartufi neri sitrovano nel terreno grasso, singolarmente nelle praterie sotto le quer-ci e gli olmi, ed anco qualcuno sotto gli alberi.Il pievano Magni dichiara infine che sebbene non abbia fatto la ricer-ca dei tartufi che per suo divertimento nelle ore delle passeggiate e nonfrequentemente, ha trovato i tartufi in molte parti del Mugello, ed in5 anni ne ha ritrovata la quantità di circa libbre 150 all’anno4.Ora ognuno vede come atteso l’alto prezzo dei tartufi possa essere utilela ricerca di questi nel nostro Mugello, e come per le cure del PievanoMagni si apra una sorgente di guadagno per chi si dedicherà a questanuova industria, la quale farà trarre profitto da un ricco prodotto natu-rale che andava fin qui perduto.”

Il tartufo bianco pregiatoTuber magnatum Pico

DescrizionePeridio: liscio, di colore giallo chiaro, talvolta con tonalità verdastre ogialla-ocra. Gleba: giallastra con tonalità nocciola o marrone, talvolta con punteg-giature di color rosso, attraversata da una fitta trama di venature bian-che molto sottili.Forma: può essere tondeggiante o anche molto lobato, o decisamenteschiacciato, secondo il tipo di terreno in cui il tartufo è cresciuto.Dimensioni: questa specie ha dimensioni molto variabili con esempla-ri che possono raggiungere pezzature anche di diversi etti e persinosuperare un chilo di peso.

Periodo di maturazione: da settembre a dicembre.

Prezzo indicativo: si tratta della specie commercialmente più pregiata,in virtù delle sue elevatissime qualità organolettiche. Il prezzo, che variacon la pezzatura e la forma del singolo tartufo, è legato soprattuttoall’andamento annuale della produzione, ma è sempre molto elevatoperché la richiesta supera di gran lunga la disponibilità del prodotto:generalmente è sempre superiore ai 500 €/kg, ma negli ultimi 3-4 anni,a causa delle raccolte particolarmente scarse, si sono registrate punteanche di 3-4.000 €/kg per esemplari di grosse dimensioni.

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4 La ricerca di don Alessandro Magni portò complessivamente alla raccolta di circa 14kg di tartufi di peso variabile (fino a 260 g l’uno). Tali tartufi furono ritrovati fino a 19-20 m di profondità.

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Il tartufo nero pregiatoTuber melanosporum Vitt.

Descrizione Peridio: verrucoso, formato da verruche piccole e poco pronunciate, dicolore nero. Gleba: nero-violacea negli esemplari maturi, con venature bianche e fini,che tendono a diventare rossicce all’aria e a scomparire con la cottura. Forma: di solito tondeggiante, ma anche irregolare o lobata. Dimensioni: variabili, da quelle di una nocciola a quelle di un’arancia,raramente più elevate.

Periodo di maturazione: da novembre a marzo.

Prezzo indicativo: mediamente supera i 250-300 €/kg.

Il tartufo nero in cucina: ha un profumo dolce e un sapore gustoso, cheben si prestano alla cottura e all’accompagnamento di secondi piatti dicarne.

Come si riconosce: per le verruche piccole e poco pronunciate del peri-dio, per il colore scuro della gleba e per il profumo dolce.

Presenza nel Mugello: occasionale, raro.

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Il tartufo bianco in cucina: è una specie dotata di profumo intenso epenetrante, che si presta a essere consumato crudo su pietanze caldeche ne esaltino l’aroma senza mascherarlo.

Come si riconosce: per il peridio liscio, i colori chiari, il profumoinconfondibile, il periodo di sviluppo autunnale.

Presenza nel Mugello: molto diffuso.

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Il tartufo scorzoneTuber aestivum Vitt.

Descrizione Peridio: verrucoso, formato da verruche sporgenti, grossolane e appun-tite all’estremità, di colore nero. Gleba: nocciola con sfumature giallastre, attraversata da venature bian-che molto ramificate, più o meno fini. Forma: generalmente tondeggiante. Dimensioni: lo scorzone ha una pezzatura media piuttosto elevata, chetalvolta può raggiungere il mezzo chilo di peso.

Periodo di maturazione: da giugno a novembre.

Prezzo indicativo: questo tartufo spunta sul mercato prezzi contenuti,corrispondenti, all’incirca, a quelli del tartufo marzuolo perché, nono-stante la buona pezzatura, spesso viene commercializzato immaturo,quando ancora non emana il suo tipico, delicato aroma fungino.

Il tartufo scorzone in cucina: poiché ha profumo tenue, viene utilizza-to come base per preparazioni con altri ingredienti.

Come si riconosce: per il peridio grossolanamente verrucoso (da cui ilnome di “scorzone”), per la gleba più chiara rispetto alle altre specie di“tartufi neri”, per le dimensioni generalmente elevate e, soprattutto peril periodo di maturazione estivo.

Presenza nel Mugello: molto diffuso.

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Il tartufo marzuoloTuber borchii Vitt.

Descrizione Peridio: liscio, di colore biancastro, ma variabile da bianco-ocra a rossiccio. Gleba: chiara tendente al fulvo, con venature bianche larghe e poconumerose. Forma: variabile, tendenzialmente tondeggiante se il tartufo è cresciu-to in terreni sabbiosi, talvolta irregolare, con superficie gibbosa. Dimensioni: la pezzatura media di questo tartufo è piuttosto ridotta,come una nocciola o poco più, ma può arrivare fino alla grandezza diun uovo di gallina.

Periodo di maturazione: da gennaio ad aprile.

Prezzo indicativo: generalmente basso, viste le piccole dimensioni,oscillante da un minimo di 75 a un massimo di 150 €/kg circa.

Il tartufo marzuolo in cucina: il profumo deciso, con toni agliacei, e ilsapore spiccato e durevole lo rendono un condimento adatto per variepietanze, purché, come il tartufo bianco pregiato, non lo si sottopon-ga a prolungata cottura.

Come si riconosce: per il peridio liscio, i colori chiari o rossicci, le pic-cole dimensioni, il profumo agliaceo, l’epoca di sviluppo primaverile.

Presenza nel Mugello: diffuso.

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Il tartufo uncinatoTuber uncinatum Chatin

Descrizione Peridio: verrucoso, costituito da verruche nere più piccole e menoaccentuate rispetto allo scorzone. Gleba: nocciola, attraversata da venature bianche molto ramificate, piùo meno fini. Forma: variabile, tondeggiante ma anche schiacciata. Dimensioni: tendenzialmente più ridotte rispetto allo scorzone.

Periodo di maturazione: da ottobre a dicembre.

Prezzo indicativo: questo tartufo spunta mediamente sul mercato prez-zi un po’ più elevati rispetto allo scorzone perché dotato di un profu-mo più intenso.

Il tartufo uncinato in cucina: l’aroma gustoso ne fa una specie che sipresta agli impieghi più vari, sia da crudo che da cotto.

Come si riconosce: è molto simile al tartufo scorzone, tanto che, secon-do alcuni studiosi, sarebbe una varietà autunnale dello stesso. Le diffe-renze, non sempre facilmente percepibili, sono legate all’aspetto deltartufo (peridio, gleba, forma e dimensioni), al profumo e, soprattut-to, al periodo di maturazione più tardivo.

Presenza nel Mugello: diffuso.

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Il tartufo brumaleTuber brumale Vitt.

DescrizionePeridio: verrucoso, costituito da verruche nere piccole e poco rilevate. Gleba: grigio brunastra, attraversata da venature bianche, larghe e rade. Forma: generalmente globosa. Dimensioni: tendenzialmente piccole, mediamente come quelle di unanoce.

Periodo di maturazione: da gennaio a marzo.

Prezzo indicativo: generalmente sugli stessi livelli di quello del tartufoscorzone.

Il tartufo brumale in cucina: per il gusto deciso viene apprezzatosoprattutto da chi ama i sapori forti.

Come si riconosce: è simile al tartufo nero pregiato, da cui si differen-zia soprattutto per i toni grigiastri della gleba, per le venature più evi-denti e il profumo forte, simile a quello della rapa. Esiste una varietà di tartufo brumale dallo spiccato odore di muschio(Tuber brumale Vitt. var. moschatum De Ferry), per il resto del tuttoidentica al brumale propriamente detto.

Presenza nel Mugello: occasionale.

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Il Mugello è un territorio con un paesaggio di grande pregio e digrande bellezza che l’intensa attività agricola da un lato, e l’attenzionee la sensibilità degli abitanti dall’altro, hanno contribuito notevolmen-te a disegnare e a mantenere. È costituito da un ampio bacino circon-dato dai monti dell’Appennino Toscoemiliano, in cui si alternano rilie-vi collinari e fondivalle. Originatasi in seguito a processi tettonici cheportarono nel Pliocene alla formazione di un vasto bacino lacustre, la“conca” mugellana è costituita prevalentemente da sedimenti fluviola-custri interessati da almeno quattro fasi alterne di erosione e deposizio-ne che hanno conferito al paesaggio il suo aspetto attuale. La valle pia-neggiante creata dal fiume Sieve separa due versanti asimmetrici rispet-to al corso del fiume che risulta spostato verso il margine del versantefiorentino, sia a causa del sollevamento appenninico, sia per la spintadegli affluenti di sinistra.

I rilievi montani che bordano il bacino hanno quote mai inferioriai 300 m s.l.m.; la parte settentrionale è caratterizzata da tre grandi val-late che confluiscono verso la pianura romagnola secondo il corso deifiumi Santerno, Senio e Lamone, mentre nella parte orientale lo scena-rio assume un carattere più decisamente montano, dominato dalmonte Falterona, il solo che supera i 1600 m s.l.m. Di tutta l’estensio-ne della montagna fiorentina, che supera i 1700 kmq, l’area del Mugel-lo occupa circa 590 kmq.

Sotto l’aspetto vegetazionale il Mugello appare come un’area larga-mente occupata dalle coltivazioni, le quali spesso si sono spinte fino allimite delle sponde fluviali, lasciando in corrispondenza di queste le for-mazioni ripali – comunque importanti sotto il profilo naturalistico e pae-saggistico – generalmente costituite da ontano nero, pioppo bianco esalice bianco. Tali specie sono spesso accompagnate da sambuco, cornio-

Gli ambienti tartufigeni

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Le tartufaie di tartufo bianco pregiato lungo i corsi d’acqua

La maggior parte delle tartufaie di tartufo bianco presenti nella concadel Mugello sono localizzate lungo i corsi d’acqua, in particolare lungola Sieve e lungo i suoi affluenti di sinistra che scorrono in direzionenord-sud. Un tempo quasi tutti questi fossi ospitavano dei siti tartufi-geni; oggi gli habitat presenti intorno ad alcuni di essi sono stati pesan-temente e talvolta irrimediabilmente modificati. Le tartufaie apparte-nenti a questa tipologia si localizzano nei numerosi fondivalle presentinell’articolato paesaggio mugellano; hanno forma stretta e lunga poi-ché interessano la fascia di vegetazione a cavallo dell’asta fluviale conuna larghezza variabile da pochi metri a qualche decina di metri.Lungo i torrenti si crea un ambiente pedoclimatico particolare, favore-vole allo sviluppo e alla fruttificazione del tartufo bianco (Tubermagnatum Pico); molto importante, infatti, è l’equilibrio che si instau-ra fra le piante simbionti, il suolo e il clima.

La dinamica fluviale che si esplica attraverso la deposizione caoticadi sedimenti sabbioso-limosi è la principale responsabile delle caratte-ristiche del suolo necessarie alla crescita e fruttificazione del tartufo. Ilsuolo è generalmente molto calcareo poiché, a causa dei continuiapporti alluvionali di natura calcarea, non riesce ad evolversi e non puòaver luogo la decarbonatazione che è uno dei primi processi pedogene-

L’ambiente delle tartufaie di fondovalle

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lo, sanguinella e fusaggine e talvolta da specie quercine tra cui la roverel-la e il cerro. Nelle aree caratterizzate da una certa xericità dei suoli siritrovano, oltre alla roverella, anche le conifere del genere Pinus, tra cuipino nero e pino marittimo. Il cipresso è presente solo in esemplari sin-goli all’interno dei parchi o in alcune cipressete di limitata estensione.

Per quanto riguarda le formazioni boschive si succedono, a partiredai bassi versanti montani, i castagneti a contatto con le formazionimiste di carpino nero, cerro e roverella spesso accompagnate da acerocampestre, olmo e biancospino. Il faggio è presente lungo tutto il cri-nale dalla Futa al Falterona; generalmente governato a ceduo, negliultimi decenni il bosco di faggio è stato sottoposto a interventi selvi-colturali volti a convertire i popolamenti in fustaie. Le conifere presen-ti nell’area del Mugello, tra cui abete bianco, abete rosso e douglasia,sono tutte di impianto artificiale e localizzate prevalentemente sul ver-sante appenninico. Le aree sommitali, quando non interessate da vege-tazione arborea, sono ricoperte da praterie di vario genere.

Le caratteristiche ambientali sopra descritte, unitamente a un climaparticolarmente idoneo, determinano, seguendo differenti vie, quellecondizioni di umidità del suolo, sofficità e ricchezza in carbonati chesono in generale i fattori ottimali necessari per la fruttificazione dei tar-tufi. Ciò avviene attraverso differenti processi e in differenti ambienti,di cui se ne descrivono i principali caratteri nei paragrafi successivi.

Tipico paesaggio del Mugello

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Le tartufaie di tartufo bianco delle scarpate

In corrispondenza con l’alto corso degli affluenti di sinistra dellaSieve si ritrova, meno frequentemente, un’altra tipologia di ambientetartufigeno: quella dei versanti boscati. Più precisamente trattasi discarpate, cioè di aree di raccordo fra le superfici terrazzate residuali e ilfondovalle attuale, originate dall’erosione dei torrenti a scapito dei ter-razzi antichi di vario ordine.

Le scarpate d’erosione dei terrazzi antichi sono molto eterogenee siaper quanto riguarda l’estensione, la forma e la pendenza, a causa dei dif-ferenti processi morfogenetici che le hanno generate, sia per la differen-te natura dei depositi che costituiscono il terrazzo. Alcune scarpate cheospitano gli ambienti tartufigeni, come la parte alta del fosso delle Cale,hanno forma allungata e sono presenti su entrambi i lati del fosso; altre,come per esempio la tartufaia del Bagnolo, hanno invece una forma piùisodiametrica, poiché si sviluppano solo sul versante di sinistra delfosso. In linea di massima possiamo dire che si tratta di terreni moltoscoscesi e impervi ove la pendenza media è compresa fra il 40 e l’80%.

L’azione erosiva dei corsi d’acqua determina in queste aree nume-rosi e continui fenomeni erosivi, generali movimenti di massa, eventifranosi di crollo e di scivolamento.

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tici. Inoltre tali apporti di materiale alluvionale determinano la presen-za di strati superficiali del terreno con spiccata sofficità e aerazione acausa dei numerosi vuoti che vi si formano.

La presenza del corso d’acqua e la posizione morfologica di implu-vio rispetto ai versanti circostanti garantiscono una sufficiente umidi-tà del terreno anche nei periodi siccitosi. Tali caratteristiche edafichericorrono in gran parte delle tartufaie di tartufo bianco non solo delMugello, ma anche della Toscana.

Le formazioni vegetali che rappresentano l’ambiente ideale per lacrescita del tartufo sono le tipiche formazioni ripariali, ove per lo stra-to arboreo spiccano il pioppo bianco (Populus alba), la farnia (Quercusrobur), il salice bianco (Salix alba) e per quello arbustivo dominano illigustro (Ligustrum vulgare), il biancospino (Crataegus monogyna), ilprugnolo selvatico (Prunus spinosa), il rovo (Rubus ulmifolius), il san-guinello (Cornus sanguinea), l’edera (Hedera helix) e la fusaggine (Evo-nimus europaeus). Questa tipologia di ambiente, con i suoi 293 ettaricensiti e delimitati, rappresenta il 55% delle tartufaie di bianco censi-te (fig. 8).

Fig. 8 - Ubicazione delle tartufaie dei fossi nel comprensorio mugellano

Tartufaia di tartufobianco pregiato lungoun corso d’acqua

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Questo dinamismo crea localmente le condizioni ideali per la cre-scita e la fruttificazione del tartufo bianco. Infatti, grazie ai movimen-ti franosi che portano alla luce il substrato calcareo, il suolo si arricchi-sce di carbonati; il materiale terroso deposto in maniera caotica, datoche vi si formano numerosi vuoti interconnessi, crea le condizioniideali di sofficità e aerazione superficiale; i movimenti gravitativi inol-tre sono all’origine della maggiore umidità del terreno. Non a casonelle scarpate si ritrovano talvolta gruppi isolati di pioppi bianchi atestimoniare pedoambienti maggiormente umidi, sciolti e drenanti.

L’ambiente delle scarpate è in generale costituito da depositi collu-viali, localmente più recenti e più stabilizzati, e da affioramenti delsubstrato variamente alterato. La vegetazione è costituita da boschimisti di cerro (Quercus cerris), roverella (Quercus pubescens), rovere(Quercus petraea); localmente è presente il pioppo bianco (Populusalba), talvolta il pioppo tremulo (Populus tremula); più sporadici il car-pino nero (Ostrya carpinifolia), l’acero campestre (Acer campestre), l’ol-mo campestre (Ulmus minor); per lo strato arbustivo si segnala il bian-cospino (Crataegus monogyna), il rovo (Rubus ulmifolius), il sanguinel-lo (Cornus sanguinea), l’edera (Hedera helix), la fusaggine (Evonimuseuropaeus), il ligustro (Ligustrum vulgare). Prevale il governo a ceduo,ma sono frequenti piante stramature e localmente delle fustaie.

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Nelle scarpate prevale il governo a ceduo, ma sono frequenti piante stramaturee localmente delle fustaie

Tartufaia di Tuber magnatum Pico delle scarpate

Fig. 9 - Ubicazione delle tartufaie delle scarpate nel comprensorio mugellano

Questa tipologia di ambiente, con i suoi 109 ettari censiti e delimi-tati, rappresenta il 20% delle tartufaie di bianco censite.

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Le tartufaie di tartufo bianco dei versanti instabili

Ubicate per la maggior parte nel territorio del comune di Firenzuola esecondariamente in quello di Barberino di Mugello, le tartufaie di tartu-fo bianco dei versanti instabili si trovano tipicamente al margine deiboschi, in corrispondenza di pascoli più o meno degradati. I versanti delletartufaie sono associati spesso ad accumuli di frana, frequentemente inprossimità di falde sospese, corsi d’acqua temporanei, laghetti collinari.

I versanti hanno pendenza variabile, ma mai eccessiva (15-20%).Le esposizioni sono prevalentemente settentrionali. Sono frequenti lealternanze di marne e argilliti, tipiche della Formazione del Comples-so Caotico, che favoriscono il mantenimento di falde sospese che aiu-tano, a loro volta, i movimenti gravitativi degli strati superficiali disuolo. A tali fenomeni di soliflusso spesso sono associate le tartufaie.All’azione dell’acqua si aggiunge anche quella del gelo invernale checontribuisce ulteriormente a determinare condizioni di instabilità dellesuperfici tartufigene. Come già affermato, è proprio a causa di questimeccanismi che si creano localmente le condizioni ideali per la cresci-ta e la fruttificazione del tartufo bianco, poiché il suolo mantiene con-dizioni di elevata sofficità e aerazione superficiale.

L’ambiente dei versanti instabili è in generale costituito da deposi-ti colluviali, localmente più recenti e più stabilizzati, e da affioramentidel substrato variamente alterato.

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Le tartufaie di tartufo bianco di ambienti urbani

Le tartufaie di tartufo bianco di ambienti urbani si trovano in ter-reni antropizzati, quali le alberature stradali, il verde pubblico, i giar-dini. È stato necessario creare questa nuova categoria per classificareuna tipologia di tartufaie molto particolari sia per quanto riguarda lecaratteristiche sia per quanto riguarda i problemi che presentano.

Le alberature stradali, costituite in genere da filari di tiglio e dagrosse farnie, possono essere in alcuni casi delle buone tartufaie. Sonocostituite da piante adulte, anche di notevoli dimensioni, dispostegeneralmente su una fila a delimitare e ombreggiare la carreggiata stra-dale. Le alberature stradali che producono tartufo si trovano quasisempre in prossimità di un fossetto di raccolta delle acque che sembragiochi un ruolo determinante nella formazione della tartufaia. Anchenei giardini pubblici, per esempio sui bastioni di Borgo San Lorenzo,vi possono essere delle tartufaie; la specie simbionte, il tiglio, sembrafacilitare la realizzazione di quelle condizioni pedoambientali indispen-sabili per la crescita del tartufo.

L’importanza di questa categoria è soprattutto di carattere didatti-co e culturale, per l’ubicazione in luoghi facilmente accessibili e moltofrequentati. Questa tipologia di ambiente, con i suoi 6 ettari censiti edelimitati, rappresenta solo l’1% delle tartufaie di bianco censite; sitrova prevalentemente nei centri urbani della conca mugellana.

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Anche nei giardini pubblici vi possono essere delle tartufaie L’ambiente delle tartufaie dei versanti instabili nei dintorni di Firenzuola

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costituiti da siltiti e marne siltose della formazione Marnoso Arenacea edel Macigno del Mugello. In entrambi gli ambienti, in generale, i suolisono generalmente poco profondi e sempre ben drenati, presentano tes-situra variabile, comunque con buon tenore di argilla e abbondante pre-senza di scheletro calcareo. I suoli sono quasi sempre molto calcarei aeccezione di orizzonti superficiali che possono essere decarbonatati.

Le morfologie più diffuse sono i versanti di media pendenza e gene-ralmente i siti si localizzano nella parte mediana di questi, tra 400 e1000 metri di altitudine, in esposizioni molto variabili.

Le specie simbionti più frequenti sono la roverella (Quercus pube-scens), il cerro (Quercus cerris), il carpino nero (Ostrya carpinifolia); èpresente anche il leccio (Quercus ilex) alle quote inferiori.

Le tartufaie di tartufo scorzone presentano tutte una superficiepiuttosto estesa con una fitta serie di incisioni longitudinali dove, inconseguenza della pendenza (sempre oltre il 25%) e della presenza diimpluvi e di corsi d’acqua saltuari, si crea una superficie estremamen-te articolata in cui si alternano scarpate in erosione e aree di accumu-lo. È al raccordo tra le due forme che il Tuber aestivum trova il suoambiente di elezione. In particolare nei comuni di Palazzuolo e Mar-radi, secondo le indicazioni dei tartufai locali, nella totalità dei casila migliore produzione, sia dal punto di vista qualitativo che quanti-tativo, si concentra nella parte di bosco che confina con i castagneti.

Negli ambienti di crescita del tartufo nero il ruolo giocato dalbestiame nel contenimento della vegetazione erbacea e arbustiva sem-bra decisivo per lo sviluppo dei carpofori, in quanto nelle aree abban-donate dagli animali si assiste a un progressivo decremento di produ-zione man mano che si accresce il cespuglieto secondario.

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La vegetazione è costituita da boschi misti di cerro (Quercus cerris)e roverella (Quercus pubescens); localmente è presente il pioppo bianco(Populus alba), il salicone (Salix caprea), talvolta il pioppo tremulo(Populus tremula); più sporadici il carpino nero (Ostrya carpinifolia),l’acero campestre (Acer campestre), l’olmo campestre (Ulmus minor).Per lo strato arbustivo si segnala il nocciolo (Corylus avellana), il bian-cospino (Crataegus monogyna), il ginepro (Juniperus communis) – tipi-co nelle zone che un tempo ospitavano i pascoli, il rovo (Rubus ulmi-folius), il sanguinello (Cornus sanguinea), l’edera (Hedera helix), lafusaggine (Evonimus europaeus). Prevale il governo a ceduo, ma sonofrequenti piante mature isolate e localmente delle fustaie.

Questa tipologia di ambiente, con i suoi 122 ettari censiti e delimi-tati, rappresenta il 23% delle tartufaie di bianco censite.

Le tartufaie di tartufo nero

Le tartufaie di tartufo nero (Tuber aestivum Vitt. e Tuber uncinatum Cha-tin) sono localizzate in genere in ambienti boschivi o al margine dei boschiin terreni agricoli o pascoli. Sono state prese in considerazione, descritte ecensite le superfici a tartufaia più significative in termini di estensione equindi di produzione, tralasciando quelle troppo circoscritte.

Gli ambienti di maggiore produzione del Mugello sono i Monti dellaCalvana, costituiti da calcari marnosi e marne calcaree appartenenti allaformazione dell’Alberese e secondariamente i crinali dell’Appennino,

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Fig. 10 - Ubicazionedelle tartufaiedei versanti instabili nel comprensoriomugellano

Le tartufaie di tartufonero sono localizzate

generalmentein ambienti boschivi

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Le numerose problematiche riscontrate negli ambienti di crescitadel tartufo in Mugello, sebbene siano specifiche per tipologia diambiente di crescita, vengono qui trattate nel loro complesso.

Per le tartufaie localizzate nelle zone agricole, lungo i fossi e, in misu-ra minore, nei versanti instabili le principali minacce di conservazionesono rappresentate prevalentemente dall’intensa attività agricola limitro-fa e in generale dai mutamenti nella gestione del sistema agroforestale.Le sistemazioni fondiarie, volte a realizzare grandi appezzamenti perfavorire la meccanizzazione delle lavorazioni del terreno, hanno causatonel corso degli anni l’eliminazione totale o parziale dei fossetti che servi-vano per la regimazione delle acque e per delimitare gli appezzamenti;con essi sono scomparse anche le piante, prevalentemente salici e piop-

La vegetazione è costituita da boschi misti di cerro (Quercus cerris),roverella (Quercus pubescens) e carpino nero (Ostrya carpinifolia), conpresenza occasionale di acero campestre (Acer campestre) e olmo cam-pestre (Ulmus minor); per lo strato arbustivo si segnala il nocciolo(Corylus avellana) per le stazioni più fresche, il sanguinello (Cornussanguinea), il rovo (Rubus ulmifolius), l’edera (Hedera helix), il ligustro(Ligustrum vulgare). Prevale il governo a ceduo, ma sono frequentipiante stramature e localmente delle fustaie.

Le tartufaie di nero sono ubicate in territori montani e copronocirca 1865 ettari.

GLI AMBIENTI TARTUFIGENI DEL MUGELLO42

Figg. 11 e 12 -Ubicazionedelle tartufaiedi tartufo neronel comprensoriomugellano

Stato di conservazione e problematichedegli ambienti tartufigeni

Un fosso per la regimazione delle acque che un tempo ospitava piante simbiontie tartufaie di bianco

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Stato di conservazione e problematiche degl i ambienti tartuf igeni 45GLI AMBIENTI TARTUFIGENI DEL MUGELLO44

Le lavorazioni profondedel terreno spessocostituisconouna minacciaper le tartufaie poiché,se effettuate troppoa ridosso delle medesime,danneggiano gli apparatiradicali delle piantesimbionti e le confinanoai soli argini internidel fosso

delle formazioni ripariali tartufigene causano la progressiva sostituzio-ne delle specie simbionti (pioppi, salici, farnia, cerro) con specie infe-stanti (robinia, pioppi ibridi, arbusti). Molto raramente si riscontranonuovi impianti, ancor più difficilmente di piante simbionti.

Fra le altre cause di progressivo esaurimento produttivo delle tartu-faie e di degrado ambientale sono da segnalare la completa assenza diopere di ripulitura dei boschi dalla vegetazione infestante arbustiva(rovi, edera, vitalba), nonché l’abbandono sul letto di caduta dei tron-chi e della ramaglia delle piante abbattute che determina, oltretutto,l’impossibilità di accesso ai siti di produzione.

Le problematiche legate agli ambienti tartufigeni delle scarpate edei versanti instabili sono, nel complesso, di entità assai minore inquanto essi sono situati più distanti dall’agricoltura intensiva di fondo-valle e, trattandosi di ambienti di bosco, di margine del bosco o di agri-coltura di tipo montano, sono meglio conservati. I problemi quiriscontrati riguardano prevalentemente gli aspetti selvicolturali già inparte accennati: non vi sono mai stati rilevati movimenti terra o livel-lamenti del terreno. Solo in qualche caso, tuttavia, può verificarsi chela tartufaia risulti a contatto con gli appezzamenti coltivati e che la pro-fondità delle lavorazioni agricole danneggi gli apparati radicali dellepiante simbionti più vicine. Il problema più rilevante è invece costitui-to dal taglio delle piante simbionti adulte, soprattutto pioppi e grosse

pi, presenti lungo i loro argini che costituivano un ottimo ambiente peril tartufo bianco.

Per quanto concerne i fossi e i torrenti di maggiori dimensioni, iproblemi più importanti sono causati dalle lavorazioni agricole deicampi limitrofi. Infatti le lavorazioni, che un tempo non superavano i25 cm di profondità e venivano praticate a una certa distanza dai fossi,oggi vengono effettuate molto a ridosso dei fossi stessi e a una maggio-re profondità cosicché danneggiano gli apparati radicali delle piantesimbionti e le confinano alle sole sponde interne degli argini. Spesso ilmodellamento delle superfici, effettuato con movimenti terra, livella-menti e scassi profondi, distrugge irrimediabilmente questi delicatiambienti tartufigeni.

Lo stesso problema si ripresenta nelle tartufaie degli ambienti urba-ni; tuttavia è legato più all’estrema antropizzazione degli habitat di cre-scita che al sistema agricolo-selvicolturale. Per quanto riguarda le albe-rature stradali, sono gli interventi di movimento terra effettuati sul-l’esterno della carreggiata (scavi per reti elettriche, fognature, lavoristradali) a compromettere maggiormente l’esistenza della tartufaia. Inalcuni casi le alberature stradali entrano in contatto col sistema agrico-lo e anche le lavorazioni del terreno possono costituire una seriaminaccia. Le operazioni selvicolturali che vengono eseguite a carico Esempio di distruzione degli habitat del tartufo bianco lungo il fosso del Pallico

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farnie, e dalla mancanza di nuovi impianti con specie simbionti, con laconseguenza di una progressiva invasione di specie infestanti (robinia).Vi è inoltre il problema dell’invasione delle specie arbustive, soprattut-to ai margini delle tartufaie, causata dalla mancata ripulitura del sotto-bosco all’epoca del taglio e dal rilascio in loco delle ramaglie e dei fustidelle piante abbattute.

Anche per le tartufaie di tartufo nero, che si sviluppano prevalen-temente in ambienti boschivi, è proprio la mancata gestione tradizio-nale del bosco a provocare danni all’ambiente di crescita. Infatti, inassenza di pulitura del sottobosco, le specie arbustive invadono ilbosco, e i tagli dei cedui, meno frequenti di un tempo, ma talvolta con-dotti in modo non idoneo, con l’apertura di piste o strade per l’esbo-sco realizzato con mezzi meccanici, possono danneggiare irrimediabil-mente i pianelli tartufigeni. Anche l’eccessiva presenza di cinghialicostituisce una seria minaccia alla raccolta dei carpofori.

Lo stato di conservazione degli ambienti di crescita del tartufo inMugello è stato descritto in quattro classi, a seconda del tipo e dell’in-tensità dei fenomeni di degrado rilevati; è stata inoltre inserita unaclasse che descrive la presenza di interventi di miglioramento dell’ha-bitat, ai sensi della L.R. 50/95.

Tutta la superficie di tartufo nero censita e cartografata, circa 1865ettari, è risultata complessivamente in buono stato; invece, per quantoriguarda il tartufo bianco pregiato, di cui sono stati censiti, delimitati

Stato di conservazione e problematiche degl i ambienti tartuf igeni 47GLI AMBIENTI TARTUFIGENI DEL MUGELLO46

e cartografati circa 548 ettari di tartufaia, la presenza di fenomeni didegrado è molto frequente, ed è molto alta la percentuale di tartufaiegravemente degradate (fig. 13). Si tratta di un fenomeno piuttostograve e già nei quattro anni trascorsi dal primo rilevamento delle tar-tufaie si è ridotta progressivamente la consistenza della risorsa e sonoaumentate le superfici oggetto di degrado, senza che siano stati com-piuti interventi di miglioramento delle condizioni produttive. Si rilevainoltre che il degrado degli habitat è fortemente legato al tipo diambiente tartufigeno; infatti nel caso delle tartufaie ubicate lungo ifossi e negli ambienti urbani (fig. 14) quasi il 60% della superficie pre-senta fenomeni di degrado e quasi la metà di tali fenomeni è di altaintensità.

Per quanto concerne gli ambienti dei versanti instabili e delle scar-pate, si può notare come il degrado degli habitat sia notevolmenteminore rispetto a quello riscontrato nelle tartufaie di fondovalle esoprattutto come sia minore la sua entità (fig. 15). Questi ambienti,molto meno estesi di quelli dei fondivalle, rappresentano peraltro ilpotenziale produttivo più importante per il futuro e la tipologia su cuiè possibile effettuare con maggior successo gli interventi di migliora-mento, che già rappresentano il 29%.

L’analisi della distribuzione delle superfici delle tartufaie per cia-scun comune del Mugello (fig. 16) evidenzia che per il tartufo biancoi comuni maggiormente interessati sono quelli che si affacciano nella

Ambienti tartufigeni invasi dalla robinia in sostituzione delle specie simbionti Il taglio di simbionti e l’invasione di altre specie arboree e arbustive èuna delle principali problematiche delle tartufaie delle scarpate

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Stato di conservazione e problematiche degl i ambienti tartuf igeni 49GLI AMBIENTI TARTUFIGENI DEL MUGELLO48

Fig. 14 - Distribuzione percentuale delle tartufaie dei fossi e degli ambienti urbaniper classe di conservazione dell’habitat

Fig. 13 - Distribuzione percentuale delle tartufaie di bianco pregiato per classedi conservazione dell’habitat

Fig. 15 - Distribuzione percentuale delle superfici delle tartufaie dei versantiinstabili e delle scarpate per classe di conservazione dell’habitat

Fig. 16 - Superficie delle tartufaie di tartufo bianco per i comuni del Mugello

conca del Mugello (Vicchio, Borgo San Lorenzo, Barberino, Scarpe-ria e San Piero a Sieve); importante il contributo di Firenzuola, tra-scurabile quello di Marradi. Per quanto riguarda i territori dei comu-ni di Firenzuola, Marradi e Palazzuolo sul Senio occorre specificareche è stato molto difficile reperire dati sull’entità e la localizzazionedelle superfici, sia per l’assenza di un’organizzazione di raccoglitori,sia per una certa reticenza delle poche persone che siamo riusciti acontattare, in modo particolare per quanto riguarda il tartufo bianco.Anche se manca la conferma della produzione, si tratta comunque diambienti favorevoli alla crescita e fruttificazione del tartufo biancopregiato.

Per il tartufo nero estivo invece vi è stata una maggiore collabora-zione e infatti nella fig. 17, che riporta la distribuzione delle superfici

Fig. 17 - Superficie delle tartufaie di tartufo nero estivo per i comunidel Mugello

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Stato di conservazione e problematiche degl i ambienti tartuf igeni 51GLI AMBIENTI TARTUFIGENI DEL MUGELLO50

Tab.

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delle

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3,4

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Tartuf

aie

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1,6

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15,5

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1,6

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15,5

4,1

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Tartuf

aie

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Tartuf

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lung

o i co

rsi d'

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OS)

3,6

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Subt

ot.

3,6

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16,2

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aie

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32,3

33,6

65,9

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Subt

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12,0

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Tartuf

aie

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15,2

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Tartuf

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OS)

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Subt

ot.

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19,8

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82,7

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Tartuf

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Tartuf

aie

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zon

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bane

(URB)

0,8

0,7

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Tartuf

aie

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OS)

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26,9

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8,1

delle tartufaie di nero per ciascun comune, sono presenti in modosignificativo anche i comuni di Marradi e Palazzolo. Si nota che il ter-ritorio della Calvana, interamente compreso nel comune di Barberi-no, rappresenta un ambiente molto vocato, vasto, ove la produzionedel tartufo nero è molto diffusa.

La differenziazione per classe di conservazione dell’habitat non èstata fatta per il tartufo nero poiché tutte le tartufaie sono risultate inbuono stato.

Per un quadro completo sulla conservazione degli habitat per cia-scun comune è poi interessante riportare la composizione percentualedelle 4 classi di conservazione dell’habitat (fig. 18 e tab. 1) al fine dievidenziare quale comune abbia una maggiore o minore superficie ditartufaia affetta da degrado ambientale. Nel grafico non è stato inseri-to il comune di Marradi poiché i dati disponibili non consentono ana-lisi affidabili.

Fig. 18 - Distribuzione percentuale delle superfici delle tartufaie di biancoper classe di conservazione dell’habitat, per i comuni del Mugello

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Gli ambienti di produzione del tartufo bianco sono estremamentedelicati; per la loro salvaguardia e tutela è necessario pertanto che ven-gano rispettate alcune norme.

Il censimento delle risorse evidenzia come le tartufaie di fondoval-le rappresentino la categoria più importante sia per estensione, sia perdistribuzione territoriale. È anche la categoria di tartufaia naturalemaggiormente a rischio di degrado perché si sviluppa in ambientiantropizzati caratterizzati dall’esercizio di un’agricoltura di tipo inten-sivo. Oltre il 50% delle tartufaie appartenenti a questa tipologia pre-senta fenomeni di degrado più o meno accentuato. Tuttavia anche lealtre zone di produzione, benché dal censimento risultino quasi immu-ni da fenomeni di regressione, hanno subito un ridimensionamentonegli ultimi anni. Una maggiore attenzione alle esigenze del tartufo euna gestione agricola più attenta potrebbero contribuire a recuperaresituazioni già profondamente alterate.

Si intende quindi suggerire alcune norme generali di buona praticaagricola e forestale che possono contribuire alla conservazione dellarisorsa. Innanzitutto è necessario che nelle tartufaie vengano evitatiassolutamente i movimenti terra di qualsiasi genere (livellamenti, scavi,riporti di terra o di altro materiale) al fine di non danneggiare gli appa-rati radicali delle piante simbionti; inoltre, per lo stesso motivo, è daevitare il transito con mezzi meccanici pesanti che possono compatta-re eccessivamente il suolo soprattutto con terreno umido. A tutela diquesti ambienti occorre definire una fascia di rispetto, di almeno 4-5metri entro la quale adottare pratiche agronomiche rispettose dell’eco-sistema tartufigeno evitando lavorazioni a profondità superiori a 30 cme l’uso di erbicidi e di fitofarmaci.

Il trattamento selvicolturale delle formazioni vegetali che ospitanouna tartufaia dovrebbe avere le seguenti finalità:• preservare il più possibile le piante simbionti già presenti;

Norme di indirizzo per la tuteladegli ambienti tartufigeni

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Queste norme d’indirizzo sono generalmente applicate quandol’azienda agricola dove si trova la tartufaia è coinvolta economicamen-te nella raccolta o nel caso di tartufaie controllate gestite dalle associa-zioni dei raccoglitori; negli altri casi vengono frequentemente disatte-se. Da qui la necessità di introdurre, da parte delle Regioni, norme perla salvaguardia degli ambienti naturali.

Norme per la tutela delle aree di effettiva produzione di tartufo

Non esiste a livello nazionale una normativa che tuteli specificamentele aree di produzione del tartufo. La legislazione nazionale conferisceperò ampia operatività alle Regioni per la disciplina della raccolta, col-tivazione e commercio dei tartufi. Infatti tutte le Regioni maggiormen-te interessate alla produzione del tartufo (Piemonte, Marche, Umbriae Abruzzo) si sono dotate di una normativa per la disciplina del setto-re. Tale normativa è soprattutto mirata alla disciplina della raccolta,della coltivazione, della conservazione e della commercializzazione deitartufi; la Regione Marche introduce anche la tutela del consumo.

Un fattore di novità è presente nella legge adottata dalla RegionePiemonte che, sebbene meno articolata rispetto alle altre leggi regiona-li, introduce un elemento di raccordo fra proprietari o conduttori delfondo e raccoglitori. Prevede, infatti, il pagamento da parte dellaRegione di un’indennità annua ai proprietari e possessori di ciascunapianta arborea di riconosciuta capacità tartufigena che si impegnino aconservarla, permettendo al tempo stesso la libera raccolta dei tartufisul terreno ove la stessa è radicata.

Norme di indirizzo per la tutela degli ambienti tartufigeni 55

• incrementarne il numero effettuando nuovi impianti con speciesimbionti autoctone (Populus alba, Quercus robur, Quercus petraea,Quercus cerris, Salix alba, Salix viminalis, Salix caprea, Corylus avel-lana, Tilia platyphyllos);

• evitare l’invasione di specie non simbionti sia arboree che arbusti-ve realizzando periodicamente ripuliture e sfoltimenti della vegeta-zione infestante;

• prevedere la rimozione della ramaglia e dei residui del taglio.La forma di governo più idonea alla produzione di tartufo bianco

è quella che consente la presenza di piante simbionti adulte per unperiodo di tempo più lungo possibile al fine di evitare alterazioni nelprocesso produttivo. Pertanto il turno della fustaia di pioppo presentein una tartufaia dovrebbe innalzarsi ad almeno 30 anni; inoltre le pian-te adulte isolate non dovrebbero essere tagliate se il loro diametro èmaggiore di 25 cm. Le operazioni di utilizzo forestale devono esseresvolte nel massimo rispetto dell’ambiente evitando l’uso di mezzi mec-canici pesanti, eliminando anche le specie arbustive in eccesso e allon-tanando dalla tartufaia il materiale di risulta.

Per quanto riguarda le tartufaie lungo i corsi d’acqua, si individua-no le seguenti norme di indirizzo: lasciare zone di manovra non lavo-rate al margine distale dei campi, in adiacenza al corso d’acqua, o spo-stare la viabilità di accesso ai campi alle aree limitrofe ai fossi. Risulta-ti analoghi si potrebbero ottenere destinando le porzioni distali degliappezzamenti coltivati alla produzione estensiva di coltivazioni a per-dere per la fauna selvatica che richiedono semplici lavorazioni superfi-ciali senza l’apporto di erbicidi o concimi chimici.

Per gli altri tipi di tartufaia, comprese quelle di nero, si possonoindicare le seguenti norme di indirizzo: • prevedere il taglio della vegetazione arbustiva con abbruciamento

del materiale di risulta;• compiere interventi di regimazione delle acque superficiali median-

te realizzazione di solchi e/o stradelli trasversali rispetto alla linea dimassima pendenza;

• favorire la formazione di sentieri e piccoli tratturi per migliorare lameccanizzazione delle operazioni di manutenzione e la percorribi-lità e la fruzione pubblica di tipo pedonale;

• incoraggiare gli interventi selvicolturali finalizzati al potenziamen-to della popolazione di piante tartufigene, mediante messa a dimo-ra di piante autoctone micorrizzate, e gli interventi di controllodello sviluppo delle specie arboree infestanti.

GLI AMBIENTI TARTUFIGENI DEL MUGELLO54

Normativa nazionaleLegge 16 dicembre 1985, n. 752 “Normativa quadro in materia di rac-colta, coltivazione e commercio dei tartufi freschi o conservati desti-nati al consumo”.Legge 17 maggio 1991, n. 162 “Modifiche alla legge 16 dicembre1985, n. 752, recante normativa quadro in materia di raccolta, col-tivazione e commercio dei tartufi freschi o conservati destinati alconsumo”.Legge 30 dicembre 2004, n. 311 - comma 109 (Legge Finanziaria)“Testo di legge sull’autofattura per l’acquisto dei tartufi”.

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Norme di indirizzo per la tutela degli ambienti tartufigeni 57GLI AMBIENTI TARTUFIGENI DEL MUGELLO56

Normative Regione ToscanaLegge Regionale 11 aprile 1995, n. 50 “Norme per la raccolta, colti-vazione e commercio di tartufi freschi e conservati destinati al con-sumo e per la tutela e la valorizzazione degli ecosistemi tartufigeni”.Legge Regionale 7 agosto 1996, n. 64 “Modifiche alla Legge Regio-nale 11 aprile 1995 n. 50, Norme per la raccolta, coltivazione e com-mercializzazione dei tartufi freschi e conservati destinati al consumoumano e per la tutela e valorizzazione degli ecosistemi tartufigeni”. Legge Regionale 17 luglio 1997, n. 52 “Ulteriori modifiche alla LeggeRegionale 11 aprile 1995 n. 50, Norme per la raccolta, coltivazione ecommercio di tartufi freschi e conservati destinati al consumo e perla tutela e valorizzazione degli ecosistemi tartufigeni”.Legge Regionale 21 febbraio 2001 n. 10 “Modifiche alla Legge Regio-nale 11 aprile 1995 n. 50”.

Normative regionali

Regione PiemonteLegge Regionale 29 agosto 1986, n. 37 “Disciplina per la raccolta ecommercializzazione dei tartufi”.Legge Regionale 12 marzo 2002, n. 10 “Testo unico delle leggi regio-nali in materia di raccolta, coltivazione, conservazione e commercia-lizzazione dei tartufi”.

Regione UmbriaLegge Regionale 28 febbraio 1994, n. 6 “Disciplina della raccolta,coltivazione e commercio dei tartufi”.Legge Regionale 26 marzo 1997, n. 10 “Modifiche e integrazioni allaLegge Regionale 28 febbraio 1994 n. 6, Disciplina della raccolta, col-tivazione e commercio dei tartufi”.Legge Regionale 5 novembre 1997, n. 34 “Ulteriori integrazioni allaLegge Regionale 28 febbraio 1994 n. 6, Disciplina della raccolta, col-tivazione e commercio dei tartufi”.

Regione MarcheLegge Regionale 22 luglio 2003, n. 16 “Norme in materia di raccol-ta, coltivazione, commercio e tutela del consumo dei tartufi”.

Regione LombardiaLegge Regionale 8 luglio 1989, n. 84 “Norme in materia di raccolta,coltivazione e commercio dei tartufi freschi e conservati”.

Regione Friuli Venezia GiuliaLegge Regionale 16 agosto 1999, n. 23 “Disciplina sulla raccolta ecommercio dei tartufi”.Legge Regionale 22 febbraio 2000, n. 2 “Variazione all’art. 21 dellaLegge Regionale 16 agosto 1999 n. 23, Disciplina sulla raccolta ecommercio dei Tartufi”.

Regione VenetoLegge Regionale 28 giugno 1988, n. 30 “Disciplina della raccolta, col-tivazione e commercializzazione dei tartufi”.

Regione Emilia RomagnaLegge Regionale 2 settembre 1991, n. 24 “Disciplina della raccolta,coltivazione e commercio dei tartufi”. Legge Regionale 25 giugno 1996, n. 20 “Modifica alla Legge Regiona-le 2 settembre 1991 n. 24, Disciplina della raccolta, coltivazione ecommercio dei tartufi”.

Regione LiguriaLegge Regionale del 16 maggio 1988, n. 17 “Disciplina della rccolta,coltivazione e commercializzazione dei tartufi”.

Regione AbruzzoLegge Regionale 16 febbraio 1988, n. 22 “Norme quadro in materiadi raccolta, coltivazione e commercio dei tartufi”.

Regione MoliseLegge Regionale 2 novembre 1989, n. 21 “Norme per la raccolta deitartufi”.

La normativa regionale della Toscana

La Legge Regionale n. 50 del’11 aprile 1995 della Toscana differiscesensibilmente rispetto alle leggi delle altre Regioni. Infatti, oltre a qua-lificare la produzione regionale del tartufo individuando ben sei areegeografiche di raccolta, prevede la possibilità di adottare specificheazioni di tutela e valorizzazione degli ecosistemi tartufigeni, deman-dando ai Comuni le modalità operative; prevede, inoltre, l’introduzio-ne di nuovi soggetti come gestori delle tartufaie controllate, le associa-zioni fra raccoglitori, oltre ai consorzi volontari già previsti dalla leggenazionale; stabilisce, infine, che nelle aree geografiche di raccolta deltartufo possano essere individuate e delimitate le zone di effettiva pro-duzione prevedendo specifiche normative, attraverso le modalità pre-viste dalla L.R. 5/95 e dalla L.R. 64/95 oggi sostituite dalla L.R.1/2005 “Norme per il governo del territorio”.

Già prima dell’entrata in vigore della L.R. 50/95 alcune amministra-zioni comunali della Toscana (per esempio Asciano e San Giovanni d’As-so) avevano adottato normative specifiche volte alla salvaguardia dellearee di produzione del tartufo nell’ambito dei propri strumenti urbani-

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di faggio, acero, tiglio, olmo, frassino maggiore, pino domestico,castagno con tronco di diametro maggiore di 40 cm, di tutte lepiante di querce e pioppo bianco con tronco di diametro maggio-re di 25 cm e di tutti gli esemplari di tasso con tronco di diametrodi 10 cm in quanto produttrici o potenziali produttrici di tartufo;

• vieta le lavorazioni a profondità maggiori di 30 cm nell’area di pro-iezione della chioma delle piante simbionti;

• regolamenta le trasformazioni del soprassuolo consentendo esclusi-vamente la piantagione di specie arboree tartufigene: querce, carpi-no nero e bianco, nocciolo, salice bianco, salicone, tiglio, tiglio sel-vatico, pioppo bianco e nero, pino domestico, nero e laricio.

Norme di indirizzo per la tutela degli ambienti tartufigeni 59GLI AMBIENTI TARTUFIGENI DEL MUGELLO58

stici, in applicazione del quarto comma dell’art. 1 della L.R. 10/79. Conl’approvazione della L.R. 5/95 altri Comuni, nei loro Piani Strutturali,hanno individuato le aree di produzione del tartufo come “risorse essen-ziali del territorio” che rappresentano un patrimonio da conservare perle generazioni future e costituiscono invarianti strutturali del territorioda sottoporre a tutela al fine di garantire lo sviluppo sostenibile. In alcu-ni casi sono previste anche specifiche norme di tutela delle aree di pro-duzione del tartufo (comuni di Montespertoli e Vicchio di Mugello).

Dal 1995 a oggi il quadro normativo regionale si è arricchito ed evo-luto, cosicché la Legge Forestale della Regione Toscana e il nuovo Rego-lamento Forestale prevedono un preciso articolato per la tutela dellepiante simbionti dei tartufi e per la regolamentazione della gestione dellearee di produzione, qualora queste zone siano chiaramente individuate alivello territoriale dagli strumenti urbanistici comunali. La tutela degliambienti di produzione del tartufo è quindi prima di tutto legata allaloro individuazione nei Piani Strutturali che permettono l’operativitàdella Legge Forestale toscana, con la possibilità, per le comunità locali,di prevedere anche apposite normative di gestione. In molti casi questearee vengono definite nei Piani Strutturali come “aree tartufigene”.

Il Regolamento Forestale n. 48/R dell’8 agosto 2003 disciplina gliinterventi nelle “Aree ad effettiva produzione del tartufo” identificatecome previsto dalla L.R. 50/95 se ricadenti in territori soggetti al vin-colo idrogeologico mentre su tutti i terreni, anche non soggetti al vin-colo, introduce nuove categorie di beni soggetti alla normativa foresta-le contribuendo così alla difesa degli ambienti e delle piante tartufige-ne. Infatti, in tutti i terreni coltivati, il Regolamento di attuazione dellaLegge Forestale prevede l’obbligo di rilascio di una fascia di terrenosodo di almeno 4 metri dal bordo esterno dell’argine di fiumi o torren-ti, ambienti prediletti dalle piante produttrici di tartufo e aree a debo-le equilibrio. Il Regolamento, inoltre, tutela le piante isolate di quercee pioppo bianco con tronco di diametro superiore a 40 cm e introdu-ce la possibilità, per Comunità Montane e Province, di identificare etutelare singole piante, filari, siepi o gruppi di piante che non possonoessere considerati “bosco” ai sensi della Legge Forestale.

Nelle zone soggette a vincolo idrogeologico il Regolamento tutelale aree a effettiva produzione di tartufo bianco, se sono identificatedagli strumenti urbanistici comunali, attraverso la protezione dellepiante simbionti, con azioni di difesa del suolo e con la regolamenta-zione delle trasformazioni:• vieta l’abbattimento, fatti salvi motivi particolari, di tutte le piante

L.R. 39/2000 Legge Forestale - DPGRT 8 agosto 2003 n.48/R, Regolamento di attuazione della Legge Forestale -Sezione II - Tutela delle piante forestali non ricompresenei boschi

Art. 55Ambito di applicazioneLe norme della presente sezione si applicano esclusivamente ai ter-reni non boscati ricadenti nelle zone agricole, individuate dagli stru-menti urbanistici, ancorché situati in zone non sottoposte a vincoloidrogeologico, ove siano presenti le piante o formazioni forestali diseguito indicate:a) piante appartenenti alle seguenti specie ed aventi le seguenti

misure:diametro maggiore di 40 centimetri per: querce, faggio, aceri, tigli eolmi di qualsiasi specie, frassino maggiore, pino domestico, castagno;diametro maggiore di 30 centimetri per: cipresso;diametro maggiore di 10 centimetri per: tasso;

b)singole piante specificatamente individuate (omissis) dalla Comuni-tà Montana nei propri territori e dalla Provincia nei restanti territori;

c) siepi, filari o altre formazioni forestali che non presentano ledimensioni, la densità o la copertura del suolo di cui all’art. 3della legge forestale, specificatamente individuate (omissis) dallaComunità Montana nei propri territori e dalla Provincia neis restan-ti territori.

La Comunità Montana e la Provincia possono, per motivate esigen-ze di gestione del territorio o di tutela di singole specie o sopras-suoli di particolare importanza, anche in rapporto a quanto previstodal PTC provinciale, dagli strumenti urbanistici e dalla legge regiona-le 13 agosto 1998 n. 60:

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Al fine di tutelare la produzione dei tartufi e la vegetazione arboreae arbustiva simbionte nelle aree sottoposte a vincolo idrogeologicodi cui al comma 1, si applicano le seguenti norme:• il limite diametrico di cui all’art. 55. Comma 1, lettera a) è fissa-

to in 25 cm per le seguenti specie: querce e pioppo bianco;• fatti salvi gli impianti di arboricoltura da legno realizzati ai sensi

dell’art. 66 della Legge Forestale, sono consentite nuove piantagio-ni di essenze arboree unicamente delle seguenti specie: querce, car-pino nero e bianco, nocciolo, salice bianco, salicone, tiglio e tiglioselvatico, pioppo bianco e nero, pino nero, domestico e laricio;

• non sono consentite lavorazioni del terreno di profondità supe-riore a 30 centimetri nell’area d’incidenza della chioma di piantearboree eventualmente presenti.

Nei terreni soggetti a periodica lavorazione sono consentite le ordi-narie lavorazioni del terreno, quali aratura, erpicatura, vangatura,zappatura, a condizione che le stesse lascino salda una fascia dialmeno 4 metri dal bordo superiore di sponde o dalla base di argi-ni di fiumi o torrenti. Sono fatte salve le norme di polizia idraulica.Le disposizioni della presente sezione non si applicano nelle seguen-ti aree: • parchi urbani, giardini, orti botanici e vivai;• impianti di arboricoltura da legno, noceti, noccioleti specializzati

e altre colture specializzate realizzate con alberi e arbusti foresta-li e soggette a pratiche agronomiche.

Norme di indirizzo per la tutela degli ambienti tartufigeni 61GLI AMBIENTI TARTUFIGENI DEL MUGELLO60

• individuare le piante di cui al comma 1, lettera b) e le formazio-ni di cui al comma 1, lettera a) previa comunicazione al proprie-tario, che può presentare osservazioni entro i successivi trentagiorni dalla comunicazione stessa;

• modificare l’elenco delle specie di cui al comma 1, lettera a).Le disposizioni della presente sezione non si applicano nelle seguen-ti aree: • parchi urbani, giardini, orti botanici e vivai;• impianti di arboricoltura da legno, noceti, noccioleti specializzati

e altre colture specializzate realizzate con alberi e arbusti foresta-li e soggette a pratiche agronomiche.

Art. 56Norme di tutela delle piante forestali non ricomprese nei boschiIl taglio delle piante di cui all’art. 55, comma 1, lettere a) e b), è vieta-to, ad eccezione dei seguenti tagli, che sono soggetti ad autorizzazione:• taglio delle piante deperienti o che costituiscono pericolo per la

pubblica incolumità o la stabilità di costruzioni o manufatti;• taglio per motivi fitosanitari;• taglio per interventi di miglioramento fondiario;• taglio per motivi di interesse generale;• taglio per importanti motivi di conduzione aziendale.Le siepi, i filari e le altre formazioni forestali eventualmente indivi-duate dalla Provincia e dalla Comunità Montana, ai sensi dell’art. 55,comma 1, lettera c), possono essere oggetto di taglio della vegeta-zione, purché il taglio stesso non comporti riduzione dell’estensionedella siepe, del filare o della formazione forestale.Il taglio della vegetazione che comporta la riduzione dell’estensionedella siepe, del filare o della formazione forestale è soggetto adautorizzazione.Il taglio delle piante di cui all’art. 55, comma 1, lettere a) e b), radi-cate all’interno di siepi, filari ed altre formazioni forestali, è sogget-to alle disposizioni del comma 1.(Omissis)

L.R. 39/2000 Legge Forestale - DPGRT 8 agosto 2003n. 48/R, Regolamento di attuazione della Legge Forestale -Sezione III - Aree di effettiva produzione dei tartufi

Art. 57Tutela delle aree di effettiva produzione di tartufiPer aree di effettiva produzione di tartufi si intendono quelle individua-te come tali negli strumenti urbanistici comunali ai sensi dell’art. 15,comma 3 della legge Legge Regionale 11 aprile 1995, n. 50.

Limiti della normativa regionale toscana

La Regione Toscana, nel 2000, con l’approvazione della Legge Foresta-le e del suo Regolamento di attuazione ha permesso la tutela degliambienti tartufigeni della nostra regione.

Si rilevano però alcuni limiti della normativa, fra i quali:• è inefficace in assenza della definizione delle aree di effettiva pro-

duzione dei tartufi negli strumenti urbanistici comunali;• è efficace solo per le aree di effettiva produzione dei tartufi sogget-

te al vincolo idrogeologico;• non prevede una specifica normativa per le utilizzazioni produttive

dei boschi in aree di effettiva produzione dei tartufi;• non prevede specifiche regole per l’esecuzione di interventi di natu-

ra straordinaria quali movimenti terra, bonifiche, scavi ecc. chepossono compromettere la produttività delle aree di effettiva pro-duzione dei tartufi;

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Norme di indirizzo per la tutela degli ambienti tartufigeni 63GLI AMBIENTI TARTUFIGENI DEL MUGELLO62

• è applicabile esclusivamente nelle zone agricole, così come definitedagli strumenti urbanistici comunali; sono esclusi quindi i parchi,i giardini, le aree urbanizzate o comunque con destinazione nonagricola;

• non prende in considerazione le aree di effettiva produzione dovele specie arboree sono costituite da impianti artificiali di arboricol-tura da legno;

• non tutela le aree di produzione e le specie simbionti del tartufonero e delle altre produzioni di tartufo considerate minori.

Applicazione della Legge Regionale nell’area del Mugelloe possibili integrazioni

In Mugello l’applicazione della Legge Forestale solo nelle aree soggetteal vincolo idrogeologico appare riduttiva. Attraverso il coordinamentodella Comunità Montana e in concertazione con le aziende agricole e leamministrazioni locali sarebbe possibile introdurre una norma generaleche estenda le azioni e le limitazioni della Legge Forestale a tutte le areedi effettiva produzione di tartufo anche se ricadenti al di fuori del peri-metro delle aree soggette al vincolo idrogeologico.

La Legge Forestale, di fatto, nel suo articolato, tutela esclusivamen-te la produzione del tartufo bianco pregiato, mentre non prevede azio-ni dirette e indirette di tutela della produzione del tartufo nero cheinvece ha una grande importanza economica nell’area del Mugello. IlMugello, infatti, è identificato solo come zona di produzione del tar-tufo bianco pregiato e quindi il tartufo nero rimane escluso dalle pos-sibilità applicative delle norme regionali di tutela. Tale limite può esse-re superato soltanto attraverso l’inserimento di norme specifiche neglistrumenti urbanistici comunali. Nei Piani Strutturali potrebbero esse-re inserite ulteriori norme di tutela di queste aree che andrebbero aintegrare quanto già previsto dalla legge regionale.

Si schematizzano alcuni indirizzi normativi che potrebbero essereinseriti nelle Norme Tecniche di Attuazione dei Piani Regolatori:• divieto di riduzione della superficie delle aree di effettiva produzione

di tartufi. Una eventuale riduzione di consistenza dovrà essere rein-tegrata con il miglioramento di tartufaie naturali esistenti o connuovi impianti;

• nelle operazioni di regimazione idraulica dei fossi, fiumi e torrenti il

taglio delle alberature entro il limite del livello di massima piena,pur essendo finalizzato prevalentemente al miglioramento dellecondizioni di deflusso delle acque, dovrà comunque rispettare lavegetazione arborea tartufigena;

• gli eventuali interventi di regimazione idraulica all’interno dell’alveodovranno essere effettuati limitando al massimo la sagomatura deifossi e i movimenti di terreno;

• il consolidamento spondale o di argine dovrà essere generalmente ese-guito con l’esclusivo impiego di tecniche di ingegneria naturalisti-ca utilizzando specie arboree e arbustive simbionti dei tartufi ocomunque sinergiche;

• le opere di consolidamento di versante, le sistemazioni delle aree verdi com-plementari a infrastrutture pubbliche dovranno essere realizzate median-te impiego di tecniche di ingegneria naturalistica utilizzando speciearboree e arbustive simbionti dei tartufi o comunque sinergiche;

• gli scavi meccanici per la realizzazione e manutenzione delle infra-strutture o dei sottoservizi dovranno essere effettuati a una distanzaminima di 3 m dalle piante di alto fusto; per distanze inferiori è daprevedere l’esecuzione manuale o altre tecniche non invasive;

• lungo le alberature stradali dovranno essere vietati i rinterri o altririempimenti che modifichino il livello del terreno in corrisponden-za del colletto delle piante;

• nella nuova realizzazione di parchi pubblici, nelle aree a verde di per-tinenza di edifici pubblici o di interesse pubblico, nelle aree verdi pri-vate si dovrà preferire l’impiego di materiale vegetale arboreo earbustivo appartenente a specie simbionti con il tartufo;

• nella nuova realizzazione di alberature stradali si dovrà preferibil-mente utilizzare tiglio (Tilia platyphillos), pioppo bianco (Populusalba), farnia (Quercus robur), rovere (Quercus petrae).Le specie tartufigene hanno un elevato valore ornamentale e sono

tipiche dell’ambiente, in quanto generalmente specie autoctone; perquesto motivo le amministrazioni comunali potrebbero inserire neiloro regolamenti norme prescrittive o di indirizzo per favorire l’utiliz-zazione delle specie simbionti dei tartufi e delle specie sinergiche anchenegli interventi di sistemazione e di arredo dei giardini urbani e dellearee private e in generale nei progetti di sistemazione delle aree verdi.

A questo proposito si propongono alcune schede descrittive dellespecie arboree e arbustive utilizzabili negli interventi di arredo urbanoe di sistemazione a verde.

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BiancospinoCrataegus monogyna

Arbusto molto spinoso che all’inizio della pri-mavera si copre di una miriade di piccoli fioribianchi in assenza di foglie; ampiamente colti-vato e naturalmente diffuso come siepe tra icampi o al margine delle strade. Pianta assai fru-gale che si adatta bene a qualsiasi tipo di terre-no. Essendo “armata di spine” viene utilizzata anche come recintonaturale per il bestiame e si presta alla nidificazione dell’avifauna che èprotetta dalle sue spine e in autunno si ciba dei suoi frutti. Sopporta itagli anche intensi; può quindi essere impiegata per la formazione disiepi a forma obbligata.

PrugnoloPrunus spinosa

Anch’esso molto spinoso, è un arbusto resistenteall’aridità, tipico degli incolti, dei pendii, dellemacchie, dei boschi e delle siepi, spesso misto albiancospino. Assume caratteristiche ecologiche efunzionali del tutto simili al biancospino.

Norme di indirizzo per la tutela degli ambienti tartufigeni 65GLI AMBIENTI TARTUFIGENI DEL MUGELLO64

Specie arbustive simbionti o sinergiche dei tartufi utilizzabiliper la realizzazione di siepi con funzione difensiva

SanguinellaCornus sanguinea

Arbusto deciduo molto piacevole, specialmente inautunno quando il suo fogliame diventa rosso, diffusoin tutta Europa, ai margini dei boschi dove l’insolazioneè maggiore e nelle siepi. Colonizza prati e pascoliabbandonati, specialmente su terreni alcalini e neutri.

LigustroLigustrum vulgare

Arbusto a foglia piccola e semipersistente tipicodei margini dei boschi, delle siepi e delle rive,specialmente su terreni alcalini. Ha portamentoassurgente, sopporta i tagli anche intensi risul-tando così adatto alla formazione di siepi anchein forma obbligata; negli inverni rigidi può spo-gliarsi anche completamente.

CornioloCornus mas

Piccolo albero alto sino a 8 m che a fine inverno, conrami ancora spogli di foglie, si riempie di appariscentigruppi di fiori gialli. Il frutto maturo è carnoso, pen-dulo e di colore rosso vivo, ma l’effetto decorativo èdato dalla presenza sulla stessa pianta di frutti a gradodi maturazione diversa dal verde al rosso. Si trova sullerive dei fiumi e fossi, nelle boscaglie e ai margini deiboschi, generalmente su terreni calcarei non aridi.

Specie arbustive simbionti o sinergiche dei tartufi utilizzabili per la realizzazione di siepi con funzione ornamentale

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Fusaggine Evonymus europaeus

Comunemente chiamato anche “berretta daprete” è un arbusto poco appariscente per granparte dell’anno che in autunno diventa rosa-rosso per la colorazione delle foglie e dei fruttila cui forma richiama la “berretta dei preti”. Ifrutti persistono oltre la caduta delle foglie eprolungano il periodo in cui la pianta ha funzione ornamentale.La sua colorazione autunnale è il motivo per il quale la fusaggine èimpiegata nelle siepi, ma è naturalmente presente nei boschi e nelleboscaglie in pianura e in collina, soprattutto su terreni calcarei.

Pioppo biancoPopulus alba

Albero dal bel portamento, specialmente quan-do cresce isolato. Specie di rapido accrescimen-to è quindi adatta alla formazione di nuovigiardini come pianta di pronto effetto ancheperché, grazie alle sue foglie “tremule” in pre-senza di brezza, non ombreggia eccessivamenteil terreno sottostante. Richiede terreni freschi,profondi, permeabili e non eccessivamenteumidi. Soffre la siccità prolungata. Per le piantemicorrizzate la produzione di tartufo dovrebbecominciare dopo il 7°- 9° anno.

Norme di indirizzo per la tutela degli ambienti tartufigeni 67GLI AMBIENTI TARTUFIGENI DEL MUGELLO66

Specie arboree che meglio si prestano alla micorrizzazionedel tartufo bianco

FarniaQuercus robur

È forse la specie di quercia più maestosa perportamento, specialmente negli esemplari matu-ri cresciuti isolati. È esigente in termini di fre-schezza del suolo che deve essere anche profon-do, permeabile e dotato di buona fertilità natu-rale. Si può considerare una delle migliori specieospiti del Tuber magnatum. Normalmente sipianta nelle zone pedocollinari evitando i terrenisoggetti a ristagni idrici. Per le piante micorriz-zate la produzione di tartufo può risultare piut-tosto tardiva.

CerroQuercus cerris

È la quercia più comune nelle nostre zoneinsieme alla roverella. È meno esigente dellafarnia, ma preferisce una certa freschezza delsuolo, pur adattandosi a zone più aride caratte-rizzate da terreni alcalini (pH compreso tra 7,5e 8,5). Considerato il lento sviluppo di questaspecie, l’entrata in produzione del tartufo potràrisultare piuttosto tardiva. Può micorrizzareanche il tartufo nero.

RoverellaQuercus pubescens

La roverella è la quercia più frugale; occupapendici assolate e terreni superficiali e, di conse-guenza, ha un accrescimento più lento e piùlimitato delle altre specie. Una volta veniva colti-vata, oltre che per la produzione di legna, ancheper la produzione di ghiande, gradite ai suini.La roverella, oltre al tartufo bianco, può micor-rizzare anche il tartufo nero.

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SaliciSalix alba e Salix caprea

Si sviluppano bene negli ambienti freschi; resi-stono alle basse temperature invernali; ma sof-frono la prolungata siccità (specialmente il salicebianco). Si prestano a essere posti a dimoralungo torrenti, fossi di scolo, pendici esposte anord e a nord-ovest e comunque in suoli fre-schi. Sono piante di rapido sviluppo chedovrebbero favorire un’entrata in produzione ditartufo meno tardiva (7°- 9° anno) rispetto allealtre piante simbionti.

TiglioTilia platyphyllos

Pianta dal bel portamento, piuttosto rapidanell’accrescimento, molto adatta alle alberaturestradali, anche perché sopporta bene le potatu-re. Il suo impiego è invece meno indicato doveè prevista la sosta delle persone e delle cose per-ché produce grandi quantità di melata (sostan-za zuccherina, peraltro molto gradita alle api).È pianta rustica che si adatta alle diverse condi-zioni di clima e di terreno. Va utilizzatacomunque nelle zone più asciutte, bene esposte e meno fertili. L’ini-zio della produzione si potrebbe avere intorno al 10°- 12° anno dal-l’impianto.

Norme di indirizzo per la tutela degli ambienti tartufigeni 69GLI AMBIENTI TARTUFIGENI DEL MUGELLO68

LeccioQuercus ilex

Il leccio è la quercia sempreverde più diffusa;molto resistente alla siccità, cresce sui suolipoveri. Per la sua resistenza anche all’inquina-mento e alla forte insolazione viene utilizzatonelle alberature stradali e nel verde pubblico.

Carpino neroOstrya carpinifolia

Albero di medie dimensioni a chioma compat-ta che non lascia filtrare molta luce al suolo.Specie pollonifera a rapido accrescimento, fru-gale, resistente alla siccità e agli incendi, predi-lige i versanti freschi. I suoi semi si diffondonofacilmente e colonizza rapidamente i terreniincolti.

NoccioloCorylus avellana

Pianta rustica ampiamente diffusa allo statospontaneo, si presta a essere coltivata fino adaltitudini superiori ai 1000 metri. Viene colti-vata per la produzione del frutto, la nocciola.È caratterizzata da forte capacità pollonifera erapido accrescimento che rendono possibile uninizio della produzione di tartufo verso il 6°anno dall’impianto.

Specie arboree che meglio si prestano alla micorrizzazionedel tartufo nero

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GLI AMBIENTI TARTUFIGENI DEL MUGELLO70

Le associazioni dei tartufai

Un ruolo importante nella valorizzazione e nella promozione della pro-duzione tartuficola toscana è svolto dalle numerose associazioni di rac-coglitori diffuse in tutto il territorio della regione.

In Mugello ne esistono due: l’Associazione Tartufai del Mugellocon sede a Borgo San Lorenzo e l’Associazione Tartufai barberinese diBarberino di Mugello. Entrambe si occupano dell’organizzazione dicorsi per l’ottenimento della tessera di autorizzazione per la ricerca e laraccolta, della difesa e gestione di aree tartufigene, dello sviluppo dinuove aree, dell’organizzazione di mostre mercato per la vendita diret-ta del prodotto, dello sviluppo dei rapporti con le istituzioni locali.

Le associazioni svolgono anche spontaneamente una funzionedidattica: i tartufai più esperti conducono i neofiti in aree produttivedi pubblico dominio per insegnare loro le tecniche essenziali di raccol-ta e, soprattutto, a utilizzare i cani addestrati. Infatti un altro ruoloessenziale delle associazioni consiste nell’addestrare i cani e fornirli achi ne è sprovvisto. I cani che si sono dimostrati più efficaci nella rac-colta vengono selezionati e poi incrociati per allevare nuove generazio-ni con buone attitudini alla raccolta e, infine, dopo l’addestramento,vengono valutati nelle loro caratteristiche essenziali per poterli utilizza-re al meglio.

La difesa e la gestione di aree tartufigene, così come la realizzazio-ne di nuove aree è un’attività che le associazioni svolgono a vantaggionon solo degli iscritti, ma di tutta la popolazione. Infatti esse si occu-pano di rimboschire le aree con specie arboree simbionti autoctone, direcuperare vecchie tartufaie abbandonate, di ripulire il sottobosco daeccessi di vegetazione eliminando le piante morte e piantandone dinuove dove necessario.

Prospettive e valorizzazioneUlteriori indirizzi normativi per la tutela delle aree di effettivaproduzione del tartufo e per quelle potenzialmente produttive

La distribuzione delle tartufaie ha subito una consistente contrazione;pertanto oggi esistono alcuni ambienti ben definiti e individuabili incartografia come tartufaie in produzione, ma anche una moltitudine diambienti degradati e di habitat compromessi non facilmente localizza-bili che comunque potrebbero tornare a essere tartufaie produttive seben tutelati.

A livello generale potrebbero trovare applicazione norme di indiriz-zo che indichino le buone pratiche agricole e forestali ritenute idoneeallo sviluppo del tartufo per favorire il ripristino di condizioni produt-tive delle tartufaie. Lo strumento operativo per la loro applicazione è ilProgramma di Miglioramento Agricolo Ambientale (PMAA), che per-mette alle aziende agricole i cambi di destinazione d’uso degli edifici,le nuove edificazioni, le trasformazioni del territorio. È un programmadi durata decennale soggetto ad approvazione da parte del Comune esoggetto a convenzione.

I Comuni definiscono nel dettaglio i contenuti dei PMAA e i crite-ri per la loro redazione. Per raggiungere gli obiettivi di tutela generaledegli ambienti potenzialmente tartufigeni i PMAA dovrebbero contene-re, nel quadro conoscitivo dell’azienda, una descrizione dettagliata deiterritori potenzialmente favorevoli allo sviluppo del tartufo, preveden-do anche interventi di miglioramento degli habitat favorevoli alla pro-duzione del tartufo quali:• ripristino delle sistemazioni idrauliche dei campi e in generale delle

condizioni favorevoli allo sviluppo del tartufo;• realizzazione delle condizioni artificiali che favoriscono lo sviluppo

del tartufo: collocazione a dimora di piante micorrizzate abbinate allarealizzazione di fossetti di drenaggio nei campi, apertura di canalettedi scolo delle acque lungo la viabilità secondaria, creazione di picco-li boschi o filari con piante simbionti del tartufo micorrizzate;

• regole per gli interventi di utilizzazione delle foreste che prevedanopreferibilmente l’avviamento all’alto fusto, l’utilizzazione a finienergetici della cippatura delle ramaglie con rilascio delle speciearbustive sinergiche delle piante tartufigene.

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Il mercato

Il tartufaio professionista vende tutto il prodotto raccolto – eccettua-te piccole quantità regalate ad amici, consumate direttamente o vendutea ristoratori di zona – principalmente tramite alcuni intermediari chepagano un prezzo forfettario per la quantità raccolta in giornata operan-do una valutazione grossolana della qualità media del tartufo. Solitamen-te si aggira intorno al 50-60% del prezzo di mercato del prodotto fresco.Tale sistema garantisce la vendita rapida del prodotto senza che corra ilrischio di subire un calo consistente di peso per disidratazione (che avvie-ne nel giro pochi giorni); per contro il prezzo garantito, a fronte dell’ac-quisto in blocco della partita, è spesso poco remunerativo.

La percentuale di tartufai che si rivolge agli intermediari è circa il24% (Gajo et al., 1995), composta interamente da raccoglitori profes-sionali, per i quali la raccolta costituisce una vera e propria integrazio-ne del reddito. Questi rappresentano la maggior parte dei fornitori del-l’industria nazionale di trasformazione composta da un numero esiguodi aziende che operano in situazione di quasi monopolio.

Il restante 76% dei tesserati si dedica alla raccolta del tartufo perpassatempo dedicandogli poche ore la settimana (Gajo et al., 1995)senza immetterlo sul mercato nazionale ma consumandolo diretta-mente fresco.

I ristoratori della zona propongono sempre nel loro menu piatti abase di tartufo, rifornendosi da raccoglitori locali o partecipando diret-tamente alla raccolta.

Stime della produzione annua

Non abbiamo a disposizione dati ufficiali sulla produzione tartufi-cola mugellana; le notizie chevengono diffuse al riguardo sonosempre poco veritiere e approssi-mate per difetto. Per fare unastima della produzione annuaper ciascuna specie di tartufo èpossibile soltanto procedere pervia deduttiva in base ai quantita-tivi medi di tartufo raccolti dai

Prospettive e valorizzazione 73

Stima approssimativa della produzioneannua delle diverse specie di tartufo

Kg annoTuber magnatum Pico 200-1000Tuber albidum Pico 400-3000Tuber melanosporum Vitt. 100-200Tuber aestivum Vitt. 5000-20.000Tuber brumale Vitt. 500-2000

Queste attività producono risultati positivi di cui non si parla dif-fusamente per ovvi motivi di riservatezza e di protezione. Si hannonotizie di tartufaie coltivate in piena produzione (bianchetto, scorzo-ne, ma anche nero pregiato e trifola) con inizio delle prime raccoltedopo circa quattro anni (bianchetto, scorzone, e nero pregiato) e confase di raccolta crescente (la trifola si trova anche prima del decimoanno) che continua tuttora dopo circa 12-15 anni nel caso di impian-ti dei primi anni novanta. Tali impianti richiedono manutenzione epulizia dall’eccesso di vegetazione del sottobosco, attività svolte conpassione dagli aderenti alle associazioni.

Il numero totale dei tartufai del Mugello è di 305 persone con tes-sera di autorizzazione per la raccolta. Il raccoglitore provvisto di paten-tino può cercare il tartufo su tutto il territorio regionale; pertanto ilnumero dei tartufai che operano nel Mugello è superiore rispetto alnumero dei patentini rilasciati nell’area.

A Borgo San Lorenzo tra la fine di ottobre e gli inizi di novembre sisvolge una mostra mercato an-nuale autofinanziata dalle associazioni deitartufai. È principalmente dedicata al Tuber magnatum Pico. Rappresen-ta una buona occasione per vendere direttamente il prodotto raccolto espuntare prezzi più convenienti sia per i raccoglitori che per gli acquiren-ti. Diviene spesso meta di turismo nazionale e internazionale creandoanche un buon indotto legato ai flussi di visitatori.

Dal 2003 a Cafaggiolo viene indetta un’asta del tartufo moltoseguita a livello internazionale.

GLI AMBIENTI TARTUFIGENI DEL MUGELLO72

Distribuzione per Comune dei tartufai mugellani autorizzati

Le associazioni dei tartufai del Mugello

Associazione Tartufai del Mugellovia Salvador Allende, 3150032 Borgo San Lorenzo (FI)tel. 055 8457053Presidente: Vanni SpacchiniNumero di soci: 50

Associazione Tartufai barberinesec/o Circolo ARCI

Piazza Ughi, Loc. Cavallina50031 Barberino di Mugello (FI)tel. 055 841217Presidente: Maurizio MattioliNumero di soci: 33

Barberino 38Borgo San Lorenzo 55Dicomano 20Firenzuola 42Marradi 32

Palazzuolo 40San Piero a Sieve 14Scarperia 19Vaglia 15Vicchio 30

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sti e per i più chiari rapporti che esistono fra proprietari, conduttori deiterreni e raccoglitori.

Si ritiene pertanto che sia necessaria una più stretta collaborazionetra le associazioni dei raccoglitori e le pubbliche amministrazioni chegestiscono il territorio.

Il passo fatto dalla Comunità Montana del Mugello, con la promo-zione di questo aggiornamento di un’indagine compiuta pochi anni fa,va in questa direzione. Si è pensato infatti di legare una più approfon-dita conoscenza del territorio, in maniera specifica di quello delle tar-tufaie mugellane, e del suo uso allo sviluppo di una normativa che aiutigli amministratori a conservare e accrescere il notevole patrimonio tar-tuficolo mugellano, fonte diretta e indiretta di sviluppo economico.

Questo studio probabilmente, nei prossimi anni, subirà ulteriorisviluppi a seguito della normativa fiscale introdotta con la LeggeFinanziaria del 2005 che regola la commercializzazione del tartufo.

La suddetta normativa, infatti, introduce importanti innovazioniche permetteranno alla produzione tartuficola di emergere dall’econo-mia sommersa assumendo il giusto valore in termini quantitativi edeconomici. Per la vendita del tartufo la Finanziaria del 2005 prescrive,nel caso che il cedente sia un’azienda agricola, l’emissione di regolarefattura; nel caso invece che il cedente sia un soggetto non in possesso diPartita IVA, che sia il commerciante o l’utilizzatore a emettere autofat-tura. La legge in questo caso prevede l’anonimato del cedente, con l’ob-bligo però di indicare la provenienza del prodotto e la data di raccolta.

Il tartufo, rappresentando una delle principali fonti di reddito delsettore agricolo montano del Mugello, non può più essere consideratoeconomicamente marginale. Per questa ragione la normativa propostanel presente studio deve essere considerata non come un ulteriore vin-colo vessatorio ma come una serie di indirizzi volti a sostenere lo svi-luppo del settore.

Prospettive e valorizzazione 75

singoli associati, ipotizzando un minimo e un massimo per ogni anna-ta e cercando di differenziare i quantitativi per specie. I dati ottenutisono stati confrontati anche con le notizie fornite dagli intermediariche controllano il mercato del Mugello.

Conclusioni

La consistente riduzione degli ambienti di produzione del tartufo èuna conseguenza del processo di trasformazione sociale e produttivaconnesso con la fine dell’economia mezzadrile che ha generato profon-di mutamenti nel territorio. All’origine di tale riduzione vi è anche ilfatto che in passato il tartufo non costituiva una risorsa apprezzabileper l’azienda agricola in quanto era privo di uno specifico valore com-merciale in assenza di un mercato e di una domanda organizzati.

Attualmente il mercato mondiale e la politica di settore sono indi-rizzati verso un’agricoltura sempre più orientata non tanto alla crescitadella produzione in termini quantitativi, ma alla riduzione dei costi eall’aumento del livello qualitativo. In questo orizzonte il tartufo, qualeproduzione tipica di qualità destinata tanto al mercato nazionale cheinternazionale, può trovare una nuova e specifica collocazione.

Le aziende agricole, come abbiamo visto, tramite l’osservazione dinorme di buona pratica agricola che contribuiscano alla conservazionedi questa importante risorsa, possono svolgere un ruolo importantenella tutela e nell’ampliamento delle aree tartufigene e di conseguenzanell’aumento della produzione. Tuttavia, non verificandosi ancora unsufficiente coinvolgimento economico degli agricoltori nel ciclo com-merciale del tartufo, vi è ancora scarso interesse da parte loro nei con-fronti di azioni che, allo scopo di tutelare questa produzione caratteri-stica, impongono una limitazione nella libertà di esercizio dell’impresa.

La qualità dell’ambiente e il legame dei prodotti con il territorio diorigine concorrono sempre di più alla tipicizzazione delle produzioniagricole e forestali elevandone il valore e concorrendo a destare l’inte-resse e la curiosità dei consumatori verso il territorio stesso che divienequindi elemento attivo di marketing. In questo senso pertanto anchegli agricoltori fanno parte delle categorie economiche coinvolte nellavalorizzazione della produzione di tartufo in quanto importante risor-sa del territorio mugellano che è interesse comune tutelare.

Le azioni volte alla tutela degli ambienti tartufigeni oggi possonotrovare quindi maggiori possibilità di successo per i motivi sopra espo-

GLI AMBIENTI TARTUFIGENI DEL MUGELLO74

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Bibliografia

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Paolo GandiDottore agronomo, libero professionista, ha iniziato l’attività comeconsulente per la gestione e lo sviluppo delle aziende agricole toscane.Dal 1988 si occupa anche di pianificazione del territorio sia a livellocomunale che comprensoriale.e-mail: [email protected]

Lorenzo Gardin

Dottore forestale, libero professionista, specializzato in pedologia eSistemi Informativi Territoriali presso l’Istituto Sperimentale per loStudio e la Difesa del Suolo di Firenze.Dal 1989 si occupa dello studio degli ecosistemi tartufigeni.e-mail: [email protected]

Fabio Primavera

Dottore agronomo, libero professionista, dal 1989 svolge l’attività dipedologo presso l’Istituto Sperimentale per lo Studio e la Difesa delSuolo di Firenze.Dal 1995 progetta impianti viticoli su base pedologica con tecniche dicoltivazione biologica e biodinamica.e-mail: [email protected]

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I tartufi on line

www.ipla.orgIstituto per le Piante da Legno e l’Ambiente - Torino

www.agri.marche.itRegione Marche Agricoltura - Centro Sperimentale di Tartuficoltura

di Sant’Angelo in Vado

www.csmt.to.cnr.itIstituto per la Protezione delle Piante CNR - Sezione di Torino -

Micologia del Terreno

www.arsia.toscana.itAgenzia Regionale per lo Sviluppo e l’Innovazione nel settore Agricolo-forestale

www.selvicoltura.orgIstituto Sperimentale per la Selvicoltura di Arezzo

www.assotartufi.itAssociazione Tartufai San Giovanni d’Asso

www.trovatartufi.comAssociazione Telematica Tartufai Italiani

www.taccuinistorici.itEnogastronomia dagli Etruschi all’epoca contemporaneawww.tubernet.itInformazioni su tartufi e tartuficoltura

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Finito di stamparenell’ottobre 2005da Grafica Lito snca Calenzano (FI)

per conto diComunità Montana Mugello