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LA CONTABILITA’ DELLA
CRESCITA
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La scomposizione del PIL
Il tasso di crescita del Pil reale può essere
scomposto nel contributo:
Tasso di crescita della popolazione complessiva
Tasso di crescita della quota della popolazione
in età da lavoro
Tasso di crescita del tasso di occupazione
Tasso di crescita della produttività del lavoro
misurata dal rapporto prodotto per occupato
3
Contabilmente, in ogni periodo t, è identicamente
vero che:
Prendendo il logaritmo
4
ritardando di un periodo, e calcolando la
differenza si ottiene la scomposizione del tasso
di crescita del Pil
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La dimensione demografica:
dinamica della popolazione,
tasso di mortalità e natalità, ma anche dai
flussi migratori.
Il tasso di occupazione dipende dal
funzionamento del mercato del lavoro sia dal lato
dell’offerta che della domanda e dalle istituzioni
che lo caratterizzano.
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La produttività del lavoro
Capacità del sistema produttivo di creare ricchezza
attraverso l’attività lavorativa.
L’andamento della produttività del lavoro
sintetizza la struttura produttiva di un sistema
economico e le sue peculiarità
dipende non solo dalla qualità e specializzazione del
lavoro ma anche dai mezzi di produzione e dai
macchinari messi a disposizione del lavoro (dal
rapporto capitale-lavoro),
dal livello tecnologico che caratterizza il sistema
produttivo, e dalla dimensione e dall’organizzazione
interna ed esterna (struttura finanziaria) delle
imprese.
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8
Variabili demografiche
La popolazione complessiva è cresciuta in Italia
del 3.6%, grazie ai flussi migratori che hanno
alimentato la crescita della popolazione,
altrimenti prossima allo zero.
La quota complessiva di popolazione in età da
lavoro si è ridotta negli ultimi dodici anni di 4.3
punti percentuali:
fenomeno dell’invecchiamento della popolazione che
in Italia è particolarmente accentuato, ed offre un
contributo negativo alla crescita del nostro Pil.
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Conseguenze dell’invecchiamento
della popolazione Una dinamica demografica sfavorevole come
quella italiana, ha conseguenze negative sulla
produttività e sulla sostenibilità dello stato
sociale:
La stabilità finanziaria del sistema pensionistico e di
quello sanitario dipendono dall’equilibrio tra entrate
e uscite, che risentono direttamente delle variazioni
demografiche.
Nel breve periodo l’immigrazione può
rappresentare una fonte positiva di
accrescimento della popolazione in età da
lavoro.
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Le politiche di incentivazione alla fertilità hanno
invece un tempo di maturazione molto più lungo,
e quindi meno utile nel breve-medio periodo.
Tuttavia, la relazione tra andamento demografico
e crescita del Pil è biunivoco nel senso che le
variabili demografiche sono fattori determinanti
del processo di crescita, ma quest’ultimo
influenza a sua volta le decisioni di procreazione
e quindi la dinamica demografica.
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Occupazione e produttività del
lavoro L’Italia accresce il suo tasso di occupazione del
13.8%.
La Spagna raggiunge il livello del 28%.
Dal 1995 in poi nei paesi europei si è affermata
un’inversione di tendenza nella crescita dei tassi di
occupazione rispetto all’andamento del decennio
precedente in cui la disoccupazione era cresciuta
fino a raggiungere, per esempio, nel nostro paese il
livello del 12% della forza lavoro.
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Tuttavia, l’ultima riga della tabella mostra che la
crescita dell’occupazione si è accompagnata ad
un rallentamento nella dinamica della
produttività del lavoro.
In Italia il valore cumulato del tasso di crescita è
pari appena al 4.4%.
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Dalla tabella sembra che la produttività del lavoro
sia il problema fondamentale in Italia e Spagna.
Nella vulgata comune e anche in ambiente politico:
Bisogna riformare il mercato del lavoro.
Troppo rigido impedisce lo spostamento di
risorse dai settori meno efficienti ai settori più
efficienti
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Da cosa dipende la produttività del
lavoro?
L A CONTABILITA’ DELLA CRESCITA
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La funzione di produzione aggregata
L’analisi teorica della funzione di produzione aggregata ci insegna che la produttività del lavoro non dipende solamente dai livelli occupazionali, ma anche dalla dotazione di capitale per occupato e
dal progresso tecnologico.
Quindi, per avere una visione completa delle cause del rallentamento della produttività dobbiamo studiare come e se questi due ulteriori fattori ne abbiamo influenzato l’accrescimento.
Guardiamo dunque alla funzione di produzione aggregata
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Come varia nel tempo il tasso di crescita per
unità di prodotto?
Partiamo dalla funzione di produzione
aggregata:
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Contabilità della crescita
Supponiamo che At(progresso tecnologico) cresca ad un tasso costante µ:
𝐴𝑡 = 𝐴0 1 + 𝜇 𝑡
Come misurare µ?
Partiamo dalla funzione di produzione Cobb-Douglas con rendimenti si scala costanti per determinare come il tasso di crescita della produttività del lavoro dipenda dal tasso di crescita del progresso tecnologico e dal tasso di crescita del rapporto capitale lavoro.
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𝑦𝑡 =𝑌𝑡
𝐿𝑡=
𝐴𝑡𝐿𝑡𝛼𝐾𝑡
1−𝛼
𝐿𝑡= 𝐴𝑡𝐿𝑡
𝛼−1𝐾𝑡1−𝛼 = 𝐴𝑡
𝐾𝑡1−𝛼
𝐿𝑡1−𝛼
Che possiamo scrivere come:
𝒚𝒕 = 𝑨𝒕𝒌𝒕𝟏−𝜶
Facendo il logaritmo delle variabili, ritardando
di un periodo, e calcolandone la differenza,
otteniamo la funzione espressa ai tassi di
crescita.
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𝒈𝒚 = 𝝁 + (𝟏 − 𝜶)𝒈𝒌
Il tasso di crescita della produttività del lavoro è
uguale al tasso di crescita del progresso
tecnologico più il tasso di crescita dell’intensità
di capitale.
Problema: come determinare µ?
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La misura del progresso
tecnologico
Poiché gy e gk si osservano:
𝜇 = 𝑔𝑦 − (1 − 𝛼)𝑔𝑘
Resta il problema di determinare α.
Nella Cobb-Douglas se assumiamo che i fattori
sono remunerati in base alla loro produttività
marginale e poniamo A=1 si ha:
𝛿𝑌
𝛿𝐿= 𝑊 = 𝛼 𝐿𝛼−1 𝐾1−𝛼 = 𝛼
𝐿𝛼
𝐿𝐾1−𝛼 = 𝛼
𝑌
𝐿
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𝛿𝑌
𝛿𝐾= 𝑟 = (1 − 𝛼)
𝑌
𝐾
𝑌 = 𝑊𝐿 + 𝑟𝐾 =𝛼𝑌
𝐿𝐿 +
1−𝛼 𝑌
𝐾𝐾
𝑌 = 𝛼𝑌 + 1 − 𝛼 𝑌
α=Quota del reddito che va al lavoro
(1-α)=Quota del reddito che va al capitale
Se per esempio la quota del reddito che val al
capitale è circa 1/3
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𝜇 = 𝑔𝑦 − (1/3)𝑔𝑘
Risultati empirici:
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Queste evidenze empiriche possono raccolte in quattro "fatti stilizzati" che caratterizzano la crescita dell'economia italiana ed europea degli ultimi quindici anni:
1. è aumentato il contributo del lavoro nel processo di crescita, dopo due decenni di disoccupazione
2. l'aumento dell'occupazione è stato accompagnato però da un rallentamento della crescita della produttività.
=> correlazione negativa tra tassi di crescita dell’occupazione e produttività 3. si è ridotto il contributo della PTF nella crescita. Questa
decelerazione ha ovviamente influenzato negativamente lo sviluppo della produttività del lavoro.
4.si è ridotto l'investimento per nuovo occupato, segnalando che le imprese hanno preferito tecniche di produzione capital-saving, a bassa qualità di lavoro.
Questo cambiamento nel rapporto capitale-lavoro può riflettere l'adozione di tecnologie non neutrali, con conseguenze sulla crescita e sulla distribuzione del reddito.
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Le determinanti della crescita della
produttività: i beni immateriali
L’analisi di lungo periodo dei rapporti tra crescita economica e produttività totale dei fattori (Ptf) – che può essere considerata una misura del grado di efficienza e di innovazione tecnologica e organizzativa nell’utilizzo degli input produttivi – conferma l’attuale quadro di scarsa dinamicità per l’Italia.
In particolare, la progressiva riduzione dei tassi di espansione reale dell’economia italiana si associa al contributo esclusivo dei fattori produttivi, mentre sempre più residuale è l’apporto fornito da sostanziali innovazioni tecnologiche od organizzative.
In questo quadro, è rilevante approfondire l’analisi del ruolo dei beni intangibili per la crescita della produttività, in particolare di quello svolto dalle attività innovative e dall’impiego di tecnologie Ict.
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Il ruolo dei beni immateriali
Un aspetto importante nell’analisi della crescita
economica riguarda il ruolo dei beni intangibili
per l’aumento della produttività.
Per molto tempo in questo ambito si è posta
l’enfasi sul ruolo degli investimenti tecnologici
(software, beni ad alto contenuto tecnologico)
come motore della crescita economica, ma
relativamente poca attenzione è stata dedicata ad
altri tipi di beni intangibili:
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La spesa in Ricerca e Sviluppo (R&S), cosi come il software, sono parte di una categoria più ampia di beni immateriali, identificati da gran parte della letteratura economica come le nuove fonti della crescita economica (Corrado, Hulten e Sichel 2005, 2009).
Nei sistemi di contabilità nazionale, i soli beni intangibili classificati come investimenti sono il software, gli originali di opere artistiche, letterarie e di intrattenimento e le prospezioni minerarie.
Le spese per acquistare tutte le altre tipologie di beni intangibili sono attualmente classificate tra gli input intermedi, poiché si suppone che esauriscano il loro ruolo di fattori produttivi nell’arco di un solo periodo di tempo.
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Il trattamento dei beni intangibili come input intermedi ha due conseguenze:
A)da un lato, le spese sostenute per acquistare “beni intangibili” non contribuiscono alla formazione di capitale e quindi si ipotizza che non contribuiscano in nessun modo alla produzione futura;
B) dall’altro, la produzione di “beni intangibili” non rientra tra le componenti della produzione di beni e servizi finali e quindi non contribuisce alla formazione del Pil
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ISTAT 2012
Si è adottata una definizione di capitale intangibile più ampia rispetto a quella tradizionalmente utilizzata dalla contabilità nazionale, includendo anche le spese in R&S.
Il capitale per lavoratore viene scomposto a sua volta in due componenti: quella relativa al contributo alla crescita dei beni capitali
tangibili e quella riferita ai beni capitali intangibili.
Inoltre, al fine di cogliere con maggior precisione l’effetto dell’accumulazione di beni immateriali sulla crescita economica, si distinguono i beni capitali in sottocategorie: capitale tangibile Ict e Non-Ict,
mentre il capitale intangibile è a sua volta distinto in software, R&S e altri beni immateriali (altri).
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Un’analisi dell’ISTAT (2012)
la dinamica della produttività
Scomposizione della crescita della produttività del lavoro con riferimento
al periodo 1995-2010, distinguendo gli anni 1995-2007 dagli anni 2007-2010 per esaminare più precisamente gli effetti della crisi internazionale sulla dinamica della produttività.
I risultati confermano come i paesi europei abbiano beneficiato in modo diversificato degli investimenti in capitale tangibile (o materiale) e in capitale intangibile (o immateriale) sia nel periodo precedente (Figura 3.18) che in quello successivo alla crisi (Figura 3.19)
Nel periodo precedente la crisi internazionale (1995-2007) si evidenzia la bassa crescita della produttività italiana, con un tasso medio annuo dello 0,4 per cento, contro il 2,2 per cento registrato in media dai paesi dell’Unione europea.
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Risultati Guardando alla crescita della produttività nel periodo
pre-crisi 1995-2007, in Italia e in Europa (Figura sopra), si possono fare alcune considerazioni.
Come noto, la produttività del lavoro è cresciuta molto meno in Italia (0,44% medio annuo) che in Europa (2,2%).
Questo probabilmente è spiegabile anche con il tipo di crescita, dove il capitale fisico (in giallo quello non ICT, in blu quello ICT) spiegano interamente la bassa crescita italiana,
mentre le nuove tecnologie, legate al capitale intangibile (software, in rosso, R&S in verde) contribuiscono per una parte irrilevante (l' 8% del misero 0,4% annuo), a differenza di quanto avviene in Europa.
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La crescita della TFP negativa Ancora più preoccupante è il fatto che la TFP (in blu)
contribuisca in Italia in modo negativo alla crescita della produttività, cosa che accade solo in Spagna, mentre altrove, e soprattutto in Finlandia, Svezia, Paesi Bassi, UK, contribuisce in maniera positiva e preponderante.
Il quadro italiano è completato dai dati su i bassi livelli di R&S in rapporto al PIL, di investimento in capitale umano, di un pattern nella specializzazione internazionale congelata nei settori low-tech e di una sostanziale immobilità sociale. Insomma, far ripartire il paese non sarà compito né facile né breve.
Il mercato del lavoro è uno degli anelli della catena, formata da diversi anelli abbastanza deboli in Italia
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Il periodo post-crisi L’evoluzione della produttività nel periodo più recente (2007-2010) è
fortemente influenzata dalla dinamica del ciclo economico. In questi anni la produttività del lavoro ha mostrato tassi di crescita negativi in tutti i paesi considerati, ad eccezione della Spagna (dove è cresciuta a un tasso medio annuo pari al 2 per cento circa), mentre la crescita della Ptf è stata negativa in tutti i paesi (Tavola 3.10).
L’impatto della crisi internazionale sulla produttività del lavoro è stato particolarmente forte in Finlandia e Svezia (rispettivamente -2,2 e -2,1 per cento in media d’anno), mentre è stato più contenuto nel Regno Unito e in Austria (rispettivamente -0,3 e -0,2 per cento in media d’anno).
In Italia la produttività del lavoro ha registrato un tasso di crescita negativo pari a -0,9 per cento in media d’anno.
In linea con il periodo precedente la crisi, Danimarca e Finlandia si caratterizzano come le economie con il contributo assoluto più elevato del capitale intangibile alla crescita della produttività del lavoro (rispettivamente 0,53 e 0,42 punti percentuali in media d’anno),
mentre per l’Italia il contributo del capitale immateriale aumenta marginalmente rispetto al periodo precedente, risultando comunque molto limitato in termini assoluti (0,06 punti percentuali in media d’anno).
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Distribuzione del reddito e costo
del lavoro
Quali riflessi ha avuto sulla distribuzione del reddito la dinamica della produttività del lavoro e dell'occupazione che abbiamo appena descritto?
Sappiamo che il PIL può essere distribuito a
PIL = profitti + retribuzioni
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1 = (profitti/PIL)+ (retribuzioni/PIL)
1 = (P/Y) + (w*L/Y) => quote
Da notare che (w*L/Y) può anche essere scritto come
(w/(Y/L)),
divenendo un confronto tra retribuzione e produttività
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L'andamento della quota del reddito da lavoro in
Italia, 1990-2007. (adjusted wage share)
Fonte:Ameco
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Se la quota del reddito da lavoro si è
drasticamente ridotta, ciò implica che il
reddito da lavoro ha rallentato ancora di più della
produttività.
Insomma, in media i salari sono cresciuti meno
della produttività.
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La quota del reddito da lavoro nella
manifattura e nei servizi, 1990-2006.
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L’andamento della quota del reddito nel settore
dei servizi presenta somiglianze notevoli con
quello che accaduto per l’intera economia.
Il settore dei servizi rappresenta da solo i due
terzi dell’occupazione totale.
Per contro, la manifattura ha una rilevanza via
via minore occupando meno del 20%
dell’occupazione totale.