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CARLO MOLARI La CREAZIONE NON È FINITA GLI SCOIATTOLI N.01 FEBBRAIO 2019 I.R.

La CREAZIONE NON È FINITA...LA CREAZIONE NON È FINITA 5 Presentazione Il pensiero e le riflessioni di don Carlo Molari accom - pagnano gli incontri di Ore undici fin dalle origini

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CARLOMOLARI

La CREAZIONENON ÈFINITA

GLI SCOIATTOLI N.01 FEBBRAIO 2019 I.R.

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LA CREAZIONENON È FINITA

C A R L O M O L A R I

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Indice

PRESENTAZIONE 6

CARLO MOLARI 7

ATTUALITÀ DEL PROBLEMA 8

EVOLUZIONISMO E FEDE IN DIO CREATORE 11

ESSERE CREATI VUOL DIRE DIPENDERE TOTALMENTE 18

ONNIPOTENZA DIVINA, PREGHIERA E MIRACOLO 26

NOTE AL TESTO 30

LA CREAZIONE NON È FINITA 5

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Presentazione

Il pensiero e le riflessioni di don Carlo Molari accom-pagnano gli incontri di Ore undici fin dalle origini.Ci ha insegnato a considerare la teologia, con i suoidogmi e i suoi insegnamenti, nel confronto con lescienze umane e fisiche, per renderla più credibile efeconda nel mondo contemporaneo.Lo scritto che proponiamo in questo primo Scoiattolodel 2019 riprende un testo da lui scritto e pubblicatosu Vita Pastorale nel 2006, che si mantiene attualetrattando un tema di grande rilevanza. Nel ringraziare don Carlo per la ricchezza che datanti anni offre ai cammini di ricerca di uomini edonne di diverse culture e religiosità, vi auguriamouna attenta e proficua lettura.

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Carlo Molari

Carlo Molari, nato a Cesena (Forlì) il 25 luglio 1928,è diventato sacerdote nel 1952. Laureato in Teologiadogmatica e in utroque iure nella Pontificia UniversitàLateranense, ha insegnato teologia dogmatica all’U-niversità Urbaniana, scienze religiose alla Gregorianae alla Lateranense. Dal 1961 al 1968 è stato aiutante di Studio della Con-gregazione per la Dottrina della Fede e ha lavoratoalla segreteria della Commissione dottrinale del Con-clio Vaticano II. Ha svolto la funzione di segretario del-l'Associazione teologica italiana (ATI) e di membro delComitato di consultazione della sezione dogma dellarivista internazionale Concilium. Collabora come relatore e autore con l’associazioneOre undici.Cura una rubrica sul quindicinale Rocca. Tiene corsidi esercizi spirituali per religiosi e laici in tutta Italia eincontri mensili di formazione spirituale a Roma.

7LA CREAZIONE NON È FINITA

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Attualità del problema

Il creazionismo, da quasi un secolo, combattenegli Stati Uniti una indefessa battaglia per avereil diritto di essere insegnato nelle scuole al posto

del darwinismo (considerato una mera opinione e nonuna teoria scientifica). Celebre è il processo, notocome il «processo delle scimmie», che fu celebrato nelTennessee contro un insegnante di Dayton, John Sco-pes, perché insegnava il darwinismo a scuola. Sco-pes fu condannato a una multa di 100 dollari peraver insegnato l’evoluzione delle specie. La sentenzafu annullata dalla corte suprema del Tennessee, masolo per questioni di procedura.Il creazionismo è organizzato intorno a centri di ri-cerca come l’Institute for Creation Research (Icr), cheha sede a Seattles in California e pubblica la rivistaActs and Facts che diffonde 150mila copie. Fondatonel 1970, il Centro è stato a lungo diretto da HenryM. Morris che nel 1963 pubblicò, insieme a John C.Whitcomb, il testo-base della «scienza della crea-zione», Il diluvio della Genesi (Genesis Flood), che haavuto più di dieci edizioni. Il Centro è visitato ognianno da più di 30mila turisti e dispensa corsi di studio

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in geologia, fisica, biologia, dove si dimostra che ladatazione dei fossili col carbonio 14 è infondata, chela sedimentazione terrestre può avvenire molto in fretta(migliaia e non miliardi di anni) e così via. L’Icr ha ilcompito di fornire le argomentazioni nella battagliache, a partire dal «processo delle scimmie», il crea-zionismo combatte per essere ammesso nei pro-grammi scolastici.

Nel 1968 la Corte suprema ha annullato tutte le leggidegli Stati che vietavano d'insegnare l'evoluzionismoe nel 1987 la stessa Corte ha vietato agli Stati d'im-porre come obbligatorio l'insegnamento della«scienza della creazione». Tuttavia, secondo alcune inchieste condotte nel 2005,risulta che il 45% degli statunitensi pensa che il mondosia stato creato meno di 10mila anni fa; e la stessaconvinzione è professata anche dal 40% dei cattolici.Da un sondaggio compiuto su 387 docenti di biolo-gia della Louisiana risulta che il 24% degli insegnantidi biologia crede nel creazionismo, e che il 29% ri-tiene che sia appropriato insegnarlo nei licei. Nel1999 il Kansas Board of Education (il ministero dellapubblica istruzione di quello Stato) tolse il darwinismodal programma di esame dei licei dello Stato e intro-

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dusse il creazionismo (anche se poi un referendum ri-pristinò il darwinismo). Negli ultimi decenni la strate-gia è cambiata. Alcuni gruppi sono ricorsi ai tribunalenon in nome della fede, bensì in nome dell'IntelligentDesign, o “Progetto intelligente”, che presentano comeuna nuova teoria scientifica.Di recente un giudice federale di Harrisburg, capitaledella Pennsylvania, ha cassato la sentenza del tribu-nale di Dover che aveva imposto l'insegnamento del-l'Intelligent Design e ha deciso che esso non possaessere insegnato nelle scuole pubbliche degli StatiUniti. Mentre la richiesta dei creazionisti è stata gene-ralmente respinta in nome della laicità dello Stato san-cito dalla costituzione statunitense, la richiesta dell'IDè stata respinta in nome della scienza. Essa non haprove e verifiche necessarie per una teoria scientifica.

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Evoluzionismo e fedein Dio creatore

Proprio a motivo di queste discussioni, è impor-tante precisare i concetti relativi all'azione crea-trice di Dio e mostrare che l'evoluzione

corrisponde alla condizione delle creature non ancoracompiute. La creazione infatti è ancora in corso. Perchiarire il problema, occorre evitare diverse ambiguità.La prima confusione riguarda i termini. S'identificaspesso il creazionismo con la dottrina della fede inDio creatore. Occorre inoltre distinguere tra la convin-zione che il mondo sia creato da Dio e l'interpreta-zione letterale del racconto del libro della Genesi,oggi sostenuta esclusivamente dai fondamentalisti tracui i creazionisti. Costoro ripudiano ogni evoluzionee interpretano i racconti della Genesi senza tenere inalcun conto le attuali acquisizioni delle scienze bibli-che. Il loro principale errore riguarda l'uso delle Scrit-ture. Essi pensano che il libro della Genesi contenganotizie comunicate miracolosamente da Dio agli uo-mini circa l'origine del mondo e la storia degli uomini.I racconti della creazione che si trovano nella Genesi,invece, non intendono descrivere le modalità dell'ori-

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gine dell'universo né le tappe della sua evoluzione.Essi vogliono piuttosto trasmettere un messaggio reli-gioso, cioè spiegare il senso della condizione creata.Che questa fosse l'intenzione dei redattori appare conchiarezza dal fatto che nello stesso libro sono posti,uno di seguito all'altro, due racconti completamentediversi. Nel capitolo 1 è descritta la creazione comerealizzata da una Parola divina, pronunciata in settegiorni e l'uomo, maschio e femmina, è presentatocome ultima creatura. Nel capitolo 2, invece, più an-tico, l'uomo è creato dal fango all'inizio di tutte le cosee solo alla fine di tutto il processo gli viene data comecompagna la donna. Nessuno dei due racconti in-tende descrivere come di fatto sia avvenuta l’originedelle cose, che i redattori non conoscevano.La fede in Dio creatore non nasce dalle acquisizionidella scienza, ma si sviluppa dall’esperienza della ric-chezza di vita che fiorisce nella creatura quando essasi affida senza riserve a quella forza più grande chesostiene il processo della storia e che si esprime comeAmore. La stragrande maggioranza dei cristiani, per-ciò, pur professando la fede nella creazione divina,non ha alcuna difficoltà ad accettare i dati relativi al-l’età del nostro universo, all’evoluzione della vita sullaterra e alle leggi che la regolano, secondo le convin-

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zioni diffuse tra gli scienziati del nostro tempo. Oc-corre quindi distinguere chiaramente tra la fede in Diocreatore e il creazionismo.

La seconda ambiguità riguarda il concetto di azionedivina e creazione. Per chiarire questo punto, mi ri-chiamo alle riflessioni di Teilhard de Chardin che haesercitato un influsso notevole nella teologia recente.Teilhard parte dalla constatazione che la concezionescolastica dell’azione divina «si scontra con molte in-verosimiglianze storiche e con antipatie intellettuali»1.Per questo, accanto alle due categorie della tradi-zione scolastica – la creazione dal nulla (creatio exnihilo) e l’attuazione delle potenzialità delle creatureo trasformazione (eductio ex potentia subiecti) –,Teilhard introduce una terza modalità di azione divinache chiama “trasformazione creatrice”. Con questaformula Teilhard indica l’energia divina che opera in«una creatura già esistente, la trasforma in un esseredel tutto nuovo»2. Teilhard considera l’energia divina sempre identicanel suo operare, anche se gli effetti sono diversi nellosviluppo evolutivo della realtà. Scriveva nel 1920:«Non c’è un momento in cui Dio crea e un momentonel quale le cause seconde si sviluppano. C’è sempre

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un’unica azione creatrice che solleva continuamentele creature verso un “più/essere” in favore della loroattività seconda e dei loro perfezionamenti anteriori.La creazione così intesa non è una intrusione perio-dica della Causa prima: è un atto coestensivo a tuttala durata dell’universo. Dio crea dall’origine dei tempi,e vista dal di dentro la sua creazione ha la figura diuna trasformazione. L’essere partecipato non è postoper blocchi che si differenziano ulteriormente graziea una modificazione non creatrice: Dio immette con-tinuamente in noi dell’essere nuovo»3.Teilhard in questo modo applica l’idea di creazionecontinua, già nota in teologia dal medioevo, ad uncontesto culturale caratterizzato dall’orizzonte dina-mico ed evolutivo. L’azione divina, pur restando sem-pre creatrice, trova possibilità diverse di esprimersisecondo l’ambito più o meno complesso nel quale siesercita e quindi secondo il tempo trascorso. In questa prospettiva l’azione divina non deve essereintesa come l’azione delle creature che si svolge nellasuperficie del tempo, bensì come quella forza conti-nua che dal di dentro della realtà fa in modo che essasia e operi. Dio infatti agisce sempre e solo comecreatore e rende possibile l’esistere e il divenire dellecreature. Perciò Teilhard osserva: «Là dove Dio opera,

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a noi è sempre possibile (restando a un certo livello)di cogliere solo l’opera della natura. […] La causaprima non si mescola agli effetti: egli opera sulle na-ture individuali e sul movimento d’insieme. Dio pro-priamente parlando non fa, ma fa che si facciano lecose»4.Se Dio operasse come le creature, opererebbe fratturenelle dinamiche create, mentre la rete delle causalitàmondana e storica resta intatta. La sua azione non ècausalità efficiente o finale, ma creatrice: non fa lecose ma concede ad esse di svilupparsi; non imponeleggi ma suscita movimenti che si strutturano secondoregole costanti; non costringe all’azione ma offre variepossibilità alle creature. E dove questa offerta, comenell’uomo, trova spazi adeguati, diventa libertà.L’azione creatrice resta trascendente rispetto alle rea-lizzazioni create e anche rispetto alle capacità per-cettive dell’uomo, che possono cogliere solo ledinamiche limitate e imperfette delle creature. Lo scien-ziato è in grado di esaminare solo le dinamiche in-terne dei fenomeni anche quando giunge al loro inizioo alla loro fine.Nel processo evolutivo non è l’azione divina in sé aspecificare i salti qualitativi, bensì la capacità di ac-coglienza delle creature, che grazie alla maggiore

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complessità delle strutture sono in grado di accogliereed esprimere l’energia creatrice in modo più ricco eprofondo. L’azione di Dio viene quindi concepitacome energia fondante (anche se il senso pieno diquesta formula analogica ci sfugge) e non come attosingolo o puntuale. Vi sono però delle situazioni nellequali essa appare dominante rispetto all’azione dellecreature coinvolte nel processo in quanto la novitàemergente non può essere prevista dalle semplici con-dizioni precedenti. Anche in questo caso tuttavia, essa«si appoggia su un soggetto, su qualcosa in un sog-getto»5.Potremmo dire che l’azione divina per essere efficacedeve diventare azione delle creature, in modo che lanovità fiorisca dal di dentro delle loro strutture. In que-sta prospettiva, affermare che Dio è creatore non si-gnifica esigere particolari interventi divini per spiegarele sue diverse tappe. Significa bensì affermare la di-pendenza continua delle creature da una Forza piùgrande, da un Amore che avvolge la storia, da unaPresenza che abita l’interiorità umana. Non è esattoperciò opporre creazione ed evoluzione quasi fosseroincompatibili.L’atto creativo divino nel tempo appare come la «fati-cosa» azione – in se stessa sempre uguale e piena,

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ma varia e limitata nelle sue manifestazioni dalle strut-ture create – con la quale i molti frammenti, che esplo-dono quando il nulla è investito dall’energia divina,pervengono a unità e attraverso la quale la realtà ma-teriale è condotta in tappe successive dallo statouniforme e disperso delle origini a forme elevate e di-stinte di perfezione, fino a un compimento spirituale,che non ci è dato conoscere se non in parziali antici-pazioni.

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Essere creati vuol dire dipendere totalmente

Essere creati non è avere avuto origine, ma di-pendere totalmente. Si pensa spesso che crearevoglia dire dare origine alla realtà e quindi che

essere creati significhi avere avuto un inizio. In realtà ilsenso proprio del termine è un altro. Creare significacostituire e alimentare continuamente un essere nellasua esistenza e nella sua azione. Essere creato conse-guentemente significa dipendere totalmente nel proprioessere e nel proprio operare. Di per sé quindi è possi-bile pensare ad un universo da sempre esistente. SeDio infatti è eterno, nulla vieta che egli possa semprecreare.L’esperienza di essere creature è l’esperienza del nostrodivenire, dipendenti da cause che non possiamo do-minare. Siamo creature non perché siamo nati e primanon esistevamo, ma per il fatto che dipendiamo total-mente, continuamente dalle forze che ci sostengono eche alimentano il nostro processo.Coloro che ammettono l’evoluzione non debbono ricor-rere a Dio per spiegare i salti qualitativi, perché nellosviluppo dell’evoluzione tutti i fenomeni della creazione

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e dell’evoluzione hanno delle cause create. Esse sonoall’interno dei processi che la scienza deve indagarenel loro divenire. L’esperienza di essere creature, vissutain un orizzonte di fede, conduce alla scoperta di DioCreatore. In tale prospettiva acquista una grande im-portanza il tempo, il fatto cioè che la creatura è struttu-rata temporalmente. Il secolo scorso è stato un secolodi analisi profonda sul tempo. Il fattore tempo è ap-parso come componente essenziale delle creature, ra-gione della loro progressiva diversificazione.16

Oggi lo comprendiamo molto meglio: noi siamo tempo,non solo siamo nel tempo. Il tempo cioè non è qualcosache si svolge fuori di noi, nel quale noi siamo immersi.No, noi siamo strutturalmente tempo. Non siamo ingrado di accogliere la ricchezza che ci investe, la forzacreatrice che ci attraversa, la ricchezza della vita che civiene consegnata in un solo istante, in maniera com-pleta, ma la possiamo accogliere sempre e solo a pic-coli frammenti, in una lunga successione di eventi.Spesso percepiamo questa condizione come una ma-ledizione, perché vorremmo uscire dal tempo, esserecome Dio. La prima tentazione che viene presentatanella Scrittura è diventare come Dio. Concretamente si-gnifica che desideriamo essere tutto subito, la pienezzanell’istante, mentre come creature possiamo accogliere

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il dono solo a piccoli frammenti, nella lunga succes-sione di esperienze, che costituiscono la trama dellanostra esistenza.

Un ultimo ambito di confusione dottrinale è relativo allacasualità di alcuni processi. Si pensa spesso che, se larealtà è frutto di una causa trascendente, tutto debbaprocedere secondo un ordine già prefissato e secondoregole assolute. Il male e il caos, perciò, non dovreb-bero esistere nel mondo.18

Certamente la casualità riflette un certo disordine, unaincompletezza delle creature, per cui una causa puòavere effetti diversi e molti fenomeni non possono essereprevisti con certezza. Non esamino l’aspetto scientificodella casualità, ma vorrei indicare i riflessi sulla dottrinadella fede.Nella prospettiva di fede la casualità non è l’espres-sione di una carenza da parte della Causa, bensì l’e-spressione di una sovrabbondanza di offerte neiconfronti di creature ancora incompiute, incapaci di ac-cogliere tutto il dono in un istante e quindi ancora im-perfette. Dalla inadeguatezza della creatura investitada un forza sovrabbondante consegue che le offertesono molteplici. Per cui la casualità non è l’espressionedi una debolezza della forza creatrice, ma di una sua

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ricchezza. Essa offre infatti molte possibilità, per cui inalcune situazioni fiorisce in un particolare modo, in altrecircostanze si esprime in modo diverso. I credenti di-fensori della casualità non negano perciò la causalitàcreatrice, ma si richiamano alla sovrabbondanza dellamedesima, in quanto offre molteplici possibilità e siesprime nel gioco imperfetto e casuale delle dinamichecreate.Quello che per noi è importante, dal punto di vista dellafede, è che la casualità non si deve spiegare necessa-riamente con la nostra ignoranza dei fenomeni. Inrealtà l’azione creatrice, nella pienezza della sua per-fezione, offre molte possibilità e non ne impone unasola. La creatura, d’altra parte, non può accogliere l’of-ferta divina completamente in un istante solo, ma soloa frammenti in una lunga serie di eventi. Ne consegueche il processo evolutivo è sempre accompagnato dallaimperfezione e dal male finché non perviene a conclu-sione. Il processo si svolge attraverso tentativi spessofallimentari, con involuzioni ed errori. Il caso non di-pende dalle insufficienze della causa creante, o dallesue scelte, bensì dalla sovrabbondanza delle offerte edai limiti della creatura, che di fronte alle molteplici pos-sibilità offerte, non è in grado di scegliere sempre inmodo coerente e perfetto.

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La fede in Dio creatore perciò non esclude processi ca-suali in molti eventi del creato, anzi li esige. Lo stato in-compiuto e imperfetto delle creature, infatti, implica unacausalità parziale e inadeguata, per cui la ricchezzadelle offerte contenute nell’energia creatrice si esprimein una varietà di effetti anche quando parte dalle stessecondizioni. Dio non è ingegnere o architetto, bensìcreatore. La sua causalità è sovrabbondante: nella com-plessità e nell’intreccio delle cause offre molte possibi-lità. Gli eventi casuali perciò non sono espressione diCausa debole e incerta, bensì di Causa ricca e sovrab-bondante.Il punto in questione non è tanto la presenza o meno diun progetto intelligente, quanto la modalità della suaeventuale attuazione. Il problema non è se esista omeno una finalità intrinseca all’evoluzione dei viventi,bensì in che modo, per quali vie e con quali mezzi essovenga realizzato. Per il credente ciò che è in gioco nonè tanto la fede in Dio creatore, quanto il compito cheEgli affida alle creature nel processo evolutivo. Essedebbono solo seguire un percorso già segnato nei mi-nimi dettagli, oppure devono aprirsi varchi nuovi nellastruttura complessa della realtà?Nella concezione tradizionale, il progetto divino sa-rebbe già formulato nei minimi particolari e i mezzi sa-

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rebbero predisposti secondo dati già iscritti in mododeterministico, nelle strutture embrionali dei viventi. So-stenere invece la casualità dei processi e l’imprevedibi-lità dei loro sviluppi nelle varie tappe dell’evoluzione,significherebbe negare la causalità di Dio e togliereogni fondamento alla Sua provvidenza. Questa con-vinzione spiega il tono apodittico delle affermazioni diSchönborn.Il neodarwinismo, invece, pur ammettendo l’evidenteprogettualità nelle funzioni e nelle dinamiche dei viventi,sostiene che essa non è stata fissata e si evolve ancheattraverso eventi casuali. Anche i credenti che accettano la prospettiva neodarwi-niana sostengono che l’azione di Dio non si sviluppasecondo le modalità delle creature. Dio cioè non operacon azioni create modificando le opere degli esseri vi-venti e adattandole alle diverse circostanze. Egli è sem-pre e solo creatore, offre cioè con la propria presenzal’energia necessaria al processo facendo sì che le cosesiano in grado di essere e di operare. L’azione crea-trice, perciò, non traccia la strada dell’evoluzione,bensì conferisce ai viventi la forza perché loro stessisiano in grado di aprirsi un varco, attraverso le strutturespesso resistenti e ostili della natura. Ad essi, secondole circostanze e le varie influenze ambientali, spetta il

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compito di trovare la strada della propria evoluzione edi creare i mezzi per percorrerla. L’azione creatrice ac-compagna sempre il processo evolutivo nel senso chene alimenta lo sviluppo offrendo possibilità, ma non de-terminando le forme che esso dovrà assumere di voltain volta.Anche il disordine della creazione in questa luce è com-prensibile: l’azione creatrice non riesce ad esprimersiadeguatamente essendo la realtà incompiuta e il pro-cesso ancora in corso. Solo al termine l’ordine sarà sta-bilito e la perfezione sarà realizzata in uno statodefinitivo. Il teologo quindi pensa che l’esistenza umanain quanto ordinata ad una dimensione spirituale, cheha un carattere superiore, possa essere ragione suffi-ciente di tutto il disordine dei processi in corso. Vale lapena portare una situazione caotica imperfetta se essaconsente l’emergere di una dimensione definitiva ecompiuta, quale è quella dei figli di Dio.Il caos, infatti, e il disordine caratterizzano tutti i pro-cessi, anche quelli orientati verso un qualche traguardofissato dalla acquisizioni accumulate nel lungo processoevolutivo e registrate nelle memorie della natura. La ten-sione a forme più complesse non si esprime sempre inprocessi ordinati e compiuti, bensì in fenomeni a volteimperfetti e caotici. L’uomo tuttavia è in grado di vivere

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tutte le situazioni in modo da conferire loro una ragionesuperiore. In tal modo egli introduce un ordine nuovonel corso dei processi storici e può rivelare l’intelligenzaprofonda che li ispira. L’uomo diventa così componenteattiva, strumento dell’amore che «muove il sole e l’altrestelle».

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Onnipotenza divina,preghiera e miracolo

Poiché l’azione creatrice non appare mai distintadall’azione delle creature, non si aggiunge e nonsi sovrappone ma la rende possibile alimentan-

dola dal di dentro, si possono analizzare tutti i processidella vita e della storia senza mai cogliere un’azionediversa da quella delle creature. Anche i salti qualitatividei processi evolutivi, a livello dei fenomeni, non richie-dono altre forze che quelle delle creature in azione. L’a-zione creatrice contiene da sempre le ricchezze vitaliche emergono nella successione del tempo, ma essepossono essere accolte solo a frammenti secondo lacomplessità delle strutture create. Ne consegue che l’a-zione divina nella creatura è sempre limitata. Dio non èonnipotente nella creatura. Dio è onnipotente in sé per-ché tutta la perfezione divina viene comunicata e ac-colta nelle dinamiche della Trinità santa: Dio esprimeràla sua onnipotenza nel compimento della storia umana«quando sarà tutto in tutti» (1 Cor 15,28). Ma nella faseattuale Egli non può esprimere tutta la sua perfezionenelle creature e nella storia.In questa prospettiva, anche la preghiera acquista

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nuova luce. Pregando non diciamo a Dio quello chedeve fare, ma consentiamo a Lui di realizzare in noi ciòche possiamo compiere per gli altri. La preghiera cosìè l’anelito dello Spirito o della Vita, che in noi si esprimein stati d’animo, in attese, in tensioni interiori. Non sonole formule umane a costituire la preghiera cristiana,bensì la Parola di Dio e l’azione dello Spirito, che in noifioriscono. Da parte dell’orante, quindi, la preghiera èsintonia vitale, ascolto, accoglienza della Potenza di-vina che nelle persone assume forma creata. È un atteg-giamento interiore ed è coinvolgimento corporale.

La prima condizione della preghiera è il silenzio. Il no-stro spirito infatti, se è invaso dai rumori degli eventitransitori o dal rimbombo alienante delle cose, non puòpercepire il leggero soffio dell’azione divina che si in-sinua nelle fibre più profonde della nostra realtà. Dionon si pone di fronte alla creatura dall’esterno, comele altre persone e le cose, bensì traspare dall’internodella nostra struttura creata come la sorgente e la fonteindefettibile della vita. Pregare non è quindi recitare for-mule, né compiere riti sacri, ma è fare silenzio per sin-tonizzarsi con la parola creatrice e armonizzarsi con ledinamiche profonde della vita. Per giungere al silenziopuò essere utile recitare formule o compiere gesti, e a

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volte, anzi, è necessario, ma la preghiera come taleconsiste in atteggiamenti che consentono la sintoniacon la parola di Dio e fioriscono soprattutto nel silenziointeriore.Pregando, perciò, non dobbiamo pensare che Dio stiadi fronte a noi in ascolto delle nostre lodi, dei nostri rin-graziamenti e delle nostre richieste. Egli è alla radicedi tutto ciò che desideriamo e pensiamo. Egli è il ter-mine verso cui siamo irresistibilmente attratti. Non pos-siamo però ritenere di essere capaci di ascoltare paroledivine nella loro forma trascendente. Noi ascoltiamosempre e solo parole umane. Non possiamo dire checosa sia Dio e neppure pretendere di chiuderlo nei no-stri concetti, come quello di persona. Solo nel rapportovissuto cogliamo la sua presenza in noi, presenza chetrascende la nostra possibilità di comprensione e diespressione. Il rapporto che si stabilizza e si sviluppanella preghiera è di carattere eminentemente personale,perché termina alla Realtà suprema e alla fonte dellanostra struttura di creature. Non c’è alcun rischio di con-fusione: la creatura non è Dio. Nella preghiera Dio ècolto eminentemente più eccelso e grande di tutte lesue creature.Rientrare nel tempio interiore per cogliere la realtà diDio, non significa chiudersi in se stessi. Dio incontrato

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nella preghiera apre a tutta la creazione e alla storiaintera. Soprattutto per il cristiano, che si riferisce a Diorivelato da Cristo, nella preghiera risuona il pianto deisofferenti e l’invocazione dei poveri, le gioie, gli amorie le speranze di cui gli uomini sono soggetti.La preghiera, in questa prospettiva, è l’esercizio quoti-diano per aprirsi alle forme nuove di esistenza, per ac-cogliere la forza creatrice in modo da esserne semprepieni. Gli altri, le esperienze e i rapporti sono l’ambitodi questa rivelazione e di questa offerta. La crescitadella dimensione spirituale dell’uomo è resa possibiledalle offerte continue di vita che gli altri ci fanno ed ècondizionata dall’atteggiamento di accoglienza, di cuila preghiera è un continuo alimento.

In questa luce si comprende anche il significato del mi-racolo. Il miracolo è comunemente pensato come unintervento straordinario di Dio. In realtà il miracolo èsempre un’azione di creature: «La tua fede ti ha sal-vato», dice di solito Gesù a chi viene guarito. Il mira-colo è una più perfetta accoglienza e interiorizzazionedell’azione creatrice attraverso la quale Dio fa operarela creatura. È la fede che consente il miracolo, è la pre-ghiera che mette la persona in sintonia con Dio inmodo che essa permetta all’azione creatrice di dispie-

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garsi più pienamente. Ci sono giorni in cui si è più di-sposti a fare un buon lavoro, e altri giorni in cui tuttosembra essere obnubilato e non si riesce a fare nulla.L’umore può limitare le nostre capacità e possibilità. Allostesso modo l’azione di Dio può essere limitata dallenostre cattive disposizioni. Quando invece ci trova com-pletamente disponibili, essa è in grado di esprimersianche in forme straordinarie.

NOTE AL TESTO

1.Teilhard de Chardin, Sur la notion de transformation créatrice(1923 ?), in Comment je crois (Euvres 13, 1969), p. 30.2.Ibidem, p. 31. 3.Ibidem, pp. 30s.4.Teilhard de Chardin, Note sur les modes de l’action divinedans l’univers (1920), in Comment je crois (Euvres 10,1969), p. 38. 5.Teilhard de Chardin, Sur la notion de transformation créatrice(1920 ?), in Comment je crois, (Euvres 10, 1969), p. 31.6.Nel 1926 scriveva Teilhard de Chardin: «Noi stiamo sco-prendo il Tempo. Il Tempo. Da sempre è ben chiaro, l’espe-rienza umana ha avuto coscienza d’essere immersa nelle suefalde immense. Ma quale distanza fra questa prima semplicepercezione della durata, e la comprensione più profondaverso la quale l’analisi progressiva dell’universo ci orienta apoco a poco!»: Les fondements et le Fond de l’idée d’évolu-

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tion in La vision du passée (Euvres 3, 1957), p. 180.7.«Il neodarwinismo non può essere accettato in nome dellafede perché implica la casualità, cioè che dei fenomeni av-vengano senza cause assolute e determinate (...) Le teoriescientifiche che cercano di giustificare l’apparire del disegnocome il risultato del caso e della necessità non sono affattoscientifiche, ma, così come Giovanni Paolo II ha affermato,sono un’abdicazione dell’intelligenza umana» (Ch. Schön-born, in New York Times, 7 luglio 2005).

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I Quaderni di Ore undici – Inserto 01 2019Direttore editoriale: Mario De Maio

Progetto grafico: Enzo MeroniSintesi redazionale del testo e impaginazione: Silvia Pettiti

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Si pensa spesso che creare voglia dire dare ori-gine alla realtà e quindi che essere creati signi-fichi avere avuto un inizio.In realtà l’esperienza di essere creature è l’espe-rienza del nostro divenire, dipendenti da causeche non possiamo dominare. Siamo creaturenon perché siamo nati e prima non esistevamo,ma per il fatto che dipendiamo totalmente, con-tinuamente dalle forze che ci sostengono e chealimentano il nostro processo.

GLI SCOIATTOLI

LA CREAZIONENON ÈFINITA

CARLO MOLARI

Allegato a Ore undici n. II – febbraio 2019 Reg. Trib. Roma 585 – 21/1/89 I.R.

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