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INTERAZIONE RADIAZIONE MATERIA Per il corso di Fisica Applicata CdS Biotecnologie A.A. 2002-2003 Prof. Maria Pia De Pascale URTI Si definisce urto un evento isolato per il quale una forza intensa agisce per un tempo breve su ciascuno dei corpi che entrano in contatto. Il contatto tra i corpi non è realmente necessario, dipendendo dal raggio di azione della forza, cioè dalla dinamica dell’ urto. Tempo breve significa che la forza interviene solo durante la collisione essendo nulla nel tempoantecedente all’ urto e nel tempo subito successivo ad esso (forza impulsiva), come mostrato in figura. Nel seguito verrà trattata la cinematica dell’ urto, senza quindi alcun cenno al tipo di forza in gioco. I dettagli di un urto sono determinati dalla particolare forma delle forze impulsive in gioco, ma alcune quantità cinematiche sono comunque fissate dalle leggi di conservazione; la cinematica degli urti si occupa di determinare le relazioni fra le quantità di moto dei corpi prima e dopo l'urto. Esistono anche urti in cui cambia il numero o la natura dei sistemi interagenti. Per esempio, una reazione è un urto in cui la natura chimico-fisica dei corpi viene mutata. Nel seguito chiameremo genericamente “corpi'” i sistemi che interagiscono durante l'urto; il termine ``sistema'' sarà riservato all' insieme dei due corpi. Partendo dalla II Legge di Newton: F = dp/dt (1) si consideri la forza F dipendente dal tempo F(t). Sarà dunque: dp = F(t)dt Assumendo che F(t) sia rappresentata dalla funzione graficata in figura, il suo integrale (area sotto la curva) è il modulo della grandezza vettoriale impulso (I). Integriamo esplicitamente la (1):

radiazione (1)

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INTERAZIONE RADIAZIONE MATERIAPer il corso di Fisica Applicata

CdS BiotecnologieA.A. 2002-2003

Prof. Maria Pia De Pascale

URTISi definisce urto un evento isolato per il quale una forza intensa agisce per un tempo

breve su ciascuno dei corpi che entrano in contatto. Il contatto tra i corpi non è realmentenecessario, dipendendo dal raggio di azione della forza, cioè dalla dinamica dell’ urto.Tempo breve significa che la forza interviene solo durante la collisione essendo nulla neltempoantecedente all’ urto e nel tempo subito successivo ad esso (forza impulsiva), comemostrato in figura.

Nel seguito verrà trattata la cinematica dell’ urto, senza quindi alcun cenno al tipo diforza in gioco. I dettagli di un urto sono determinati dalla particolare forma delle forzeimpulsive in gioco, ma alcune quantità cinematiche sono comunque fissate dalle leggi diconservazione; la cinematica degli urti si occupa di determinare le relazioni fra le quantità dimoto dei corpi prima e dopo l'urto.

Esistono anche urti in cui cambia il numero o la natura dei sistemi interagenti. Peresempio, una reazione è un urto in cui la natura chimico-fisica dei corpi viene mutata. Nelseguito chiameremo genericamente “corpi'” i sistemi che interagiscono durante l'urto; iltermine ``sistema'' sarà riservato all' insieme dei due corpi.

Partendo dalla II Legge di Newton:F = dp/dt (1)

si consideri la forza F dipendente dal tempo F(t). Sarà dunque:dp = F(t)dt

Assumendo che F(t) sia rappresentata dalla funzione graficata in figura, il suo integrale (areasotto la curva) è il modulo della grandezza vettoriale impulso (I). Integriamo esplicitamentela (1):

∫∫ =f

i

f

i

t

t

p

p

dttd )(Fp

che si può riscrivere:

Ip =∆teorema dell’ impulso.

Siccome le forze esterne agenti su di un corpo sono piccole rispetto alla forza mediadi un urto, e la forza d'urto è una forza interna, la quantità di moto del sistema dei due corpicon buona approssimazione si conserva durante l'urto (questa è una riformulazione dell'approssimazione d'impulso). Nell'intervallo di tempo ∆t pure lo spostamento dei corpi puòessere trascurato.

URTI ELASTICI. Si definisce elastico un urto per il quale è nulla la variazione dell’ energiacinetica del sistema.

Urti elastici in una dimensione

Consideriamo il caso di un urto perfettamente elastico ed unidimensionale, ovvero dueparticelle di massa m1 e m2, con velocità v1e v2 prima dell'urto e v1fe v2f dopo. Laconservazione della quantità di moto e dell'energia cinetica implicano:

222

211

222

211

22112211

2

1

2

1

2

1

2

1ff

ff

vmvmvmvm

vmvmvmvm

+=+

+=+

Sviluppando il sistema e sostituendo la differenza di due quadrati con la formula( )( )BABABA −+=− 22 , otteniamo:

( ) ( )( )( ) ( )( )ffff

ff

vvvvmvvvvm

vvmvvm

22122211111

222111

−−=+−−=−

(1)

Semplificando nella seconda relazione le quantità che sono uguali secondo la primarelazione, otteniamo quindi che:

ffff vvvvvvvv 12122211 +−=⇒+=+ (2)

Utilizzando la (2) possiamo ridurci ad una sola variabile, eliminando v2f, per esempio nellaprima relazione di (1):

( ) ( )ff vvvvmvvm 12122111 −+−−=− ( ) fvmmvmvmm 12122121 )(2 +=+−⇒

22

121

1

2v

M

mv

M

mmv f +−=⇒

Utilizzando poi la relazione (2) otteniamo con passaggi simili anche l'espressione di v2f.

Riassumendo i risultati:

22

121

1

2v

M

mv

M

mmv f +−= , 1

121

12

2v

M

mmv

M

mv f

−+=

Esaminiamo ora alcuni casi particolari derivanti dalle equazioni precedenti. Quando le masse

sono uguali i termini (m1-m2)sono nulli e M

m12=

M

m22=1, per cui le velocità delle particelle si

scambiano.

Nel caso poi che v2=0, la prima particella si ferma e la seconda parte con velocità uguale allaprima:

122121 , vvvvmm ff ==⇒=

Se le masse sono diverse e v2=0 allora rimangono solo i termini proporzionali a v1:

21 mm ≠ e v2=0

121

1 vM

mmv f

−=⇒ ; 11

2

2v

M

mv f =

Se la massa del primo corpo è molto maggiore di quella del secondo corpo, 21 mmM >>≈ ,allora v1f ≈v1 e v2f ≈2v1. Se siamo nel limite opposto, m1<<m2≈ M , allora v1f ≈ -v1 e v2f<<v1.

Vediamo un'applicazione di queste conclusioni. Nei reattori nucleari i neutroni prodotti dallafissione si muovono molto velocemente; affinchè possano produrre altre fissioni occorrerallentarli. Nell'ipotesi che i neutroni urtino elasticamente contro i nuclei fermi, i materialipiù adatti per rallentarli sono atomi leggeri di massa vicina a quella del neutrone stesso.Quindi, sulla base della conservazione della quantità di moto, i moderatori per neutronidovrebbero essere costituiti da atomi leggeri.

Urti elastici in due dimensioni

Se l'urto è elastico ma non unidimensionale, le leggi di conservazione non bastano adeterminare il moto dei corpi dopo di esso basandosi solo sulla conoscenza del moto primadell'urto. Infatti le uniche equazioni che possiamo scrivere sono:

222

211

222

211

22112211

2

1

2

1

2

1

2

1ff

ff

vmvmvmvm

vmvmvmvm

+=+

+=+ rrrr

La prima equazione è vettoriale, quindi conta come tante equazioni scalari quante sono ledimensioni del sistema. Nel caso di urto bidimensionale, note le quantità iniziali ),( 111 yx vvv

r

e ),( 222 yx vvvr

rimangono le quattro incognite ),( 111 fyfxf vvvr

e ),( 222 fyfxf vvvr

.

Consideriamo ora il caso di un urto bidimensionale fra due particelle di cui una èinizialmente ferma. Questo non è affatto un caso restrittivo in quanto si può sempre scegliereun sistema di riferimento rispetto al quale una delle due particelle risulti ferma primadell'urto.

La distanza b fra la direzione del corpo incidente ed una retta ad essa parallela passante per ilcorpo fermo viene detta parametro d 'urto. È una misura di quanto direttamente il proiettileincida sul bersaglio. Per b=0 si ha un urto frontale. Scriviamo per esteso le leggi di

conservazione, utilizzando gli angoli θ1 e θ2 per determinare le componenti di 1vr

e 2vr

.

222

211

222

211

222111

22211111

2

1

2

1

2

1

2

1

sinsin0

coscos

ff

ff

ff

vmvmvmvm

vmvm

vmvmvm

+=+

+=+=

Quindi abbiamo quattro quantità incognite, v1f ,v2f, θ1 e θ2 e tre quantità note m1, m2 e v1. Sihanno così quattro incognite per tre equazioni scalari, serve quindi un’ ulteriore

informazione. Se non si conosce il tipo di interazione la quarta informazione necessaria perrisolvere il problema la si deve dedurre dall'esperimento. Tipicamente si misura l'angolo dideviazione delle due particelle. Ovviamente, al crescere del numero delle dimensioniservono sempre più quantità misurate.

IL NUCLEO ATOMICO

Le scoperte dell’ elettrone e della radioattività naturale hanne segnato l’ inizio di unanuova era nello studio della struttura della materia. Alcuni indizi indicavano chiaramente ilfatto che la materia dovesse essere costituita da atomi: ad esempio, i rapporti stechiometriciin chimica, la termodinamica dei gas, il sistema periodico degli elementi. Il problema era lamancanza di un modello che permettsse di “costruire” gli atomi.

Le scoperte della fine dell’ 800 mostrarono per la prima volta l’ esistenza di“particelle” emergenti dalla materia, che dunque dovevano essere interpretate come suoicostituenti. Queste particelle, prodotte nei processi radioattivi, furono utilizzate perbombardare altri elementi al fine di studiarne i costituenti. Questo è un postulatosperimentale che è alla base della fisica moderna nucleare e delle particelle. Studi sistematicidivennero possibili negli anni ’30 grazie all’ utilizzazione dei primi acceleratori di particelle.Già prima erano stati scoperti i costituenti fondamentali degli atomi: l’ elettrone, il protone, ilneutrone.

L’ elettrone fu il primo costituente dell’ atomo ad essere scoperto. Nel 1897 J.J.Thomson fu in grado di produrre fasci di elettroni all’ interno di tubi a vuoto. Dalla misuradelle deflessione da essi subita sotto l’ azione combinata di campi elettrici e magnetici, eglipotè misurarne la velocità e dedurre il rapporto tra la massa e la carica della particella. Inseguito, riuscì a determinare la carica dell’ elettrone (per definizione data negativa),utilizzando un metodo, poi migliorato da Millikan nel 1910.

Nei primi anni del Novecento, vennero proposti diversi modelli atomici. Il modello diThompson (1907) descriveva l’ atomo come un insieme di cariche negative e posistiveuniformemente distribuite nel volume atomico, cosicchè l’ atomo risulta globalmente neutro.

L’ esperienza di Rutherford, Geiger e Marsden, descritta nel successivo paragrafo,mise in evidenza l’ inconsistenza di questo modello. Rutherford bombardò con particelle alfa(nuclei di He) anche nuclei leggeri. Osservando i risultati del bombardamento dell’ azoto,notò che venivano prodotte particelle cariche posistivamente, in grado di percorrere distanzelunghe e che dovevano provenire dall’ atomo stesso. Simili particelle le aveva già osservatein esperimenti che avevano l’ idrogeno come bersaglio. Da questo concluse che le particelleosservate erano nuclei di idrogeno, presenti allo stesso modo nei nuclei di azoto.

Anche il neutrone venne scoperto nello stesso modo: bombardando nuclei conparticelle alfa. Essendo neutre, queste particelle non potevano essere osservate in mododiretto; Chadwick mise a punto un metodo sperimentale per farlo, misurando le energie dirinculo dei nuclei dei bersagli di idrogeno, elio e azoto, soggetti all’ urto della radiazioneneutra prodotta da un bersaglio di berillio bombardato con particelle alfa. Usando lacinematica dell’ urto, fu in grado di stabilire che la massa delle particelle costituenti laradiazione neutra era molto simile a quella del protone e coniò il nome neutrone.

Esperienza di Rutherford.Nel laboratorio di Rutherford, Geiger e Marsden eseguirono esperimenti per studiare ladiffusione di particelle alfa su strati sottili metallici. Nel 1909 osservarono che le particelle

alfa, ottenute nel decadimento radioattivo, occasionalmente diffondono ad angoli superiori a900, risultato fisicamente impossibile a meno che esse non urtino su bersagli di massa moltosuperiore alla massa delle particelle alfa stesse. In base al modello atomico di Thompson,tutte le alfa si sarebbero dovute trovare ad angoli piccoli rispetto all’ asse del fascioincidente, ma in piccola percentuale, alcune vengono diffuse ad angoli fino a 1400 .

Fig. 1 Descrizione dell’ esperimento.

Questo esperimento ha dunque mostrato che la carica positiva di un atomo è concentrata inun volume molto piccolo ed è pertanto alla base delle nostre attuali conoscenze sul nucleoatomico.La diffusione delle particelle alfa su nuclei può essere spiegata a partire dalla forza diCoulomb e trattata in prima approssimazione come un urto elastico. Infatti, la forzacoulombiana, repulsiva in questo caso, impedisce che vi sia contatto fra il proiettile e ilbersaglio.

Fig. 2 Geometria della diffusione Rutherford.

Come mostrato in figura 2, la trattazione cinematica è quella di un urto elastico, non frontale,bidimensionale, già trattata nel capitolo precedente. La misura sperimentale degli angoli dideflessione delle particelle alfa, usata come parametro nelle equazioni descritte, permette dicalcolare la massa, incognita, del bersaglio.

Il nucleo atomicoI nuclei atomici sono formati da protoni1 e neutroni (nucleoni), legati insieme dall’interazione nucleare (o interazione forte). Il nome “forte” viene utilizzato proprio perchèquesta forza risulta essere molto più intensa di quella elettromagnetica. Per spezzare illegame che tiene insieme un nucleo, infatti, c’è bisogno di una grande quantità di energia,come dimostra il fatto che bisogna bombardarli con particelle alfa.Un nucleo contiene A nucleoni (A= numero di massa), di cui Z (numero atomico) è ilnumero di protoni (la carica del nucleo è quindi Q=Ze)2 e N = A-Z neutroni. Combinazionidifferenti di Z e N sono dette nuclidi. Nuclidi con lo stesso numero di massa, A, sono dettiisobari, con lo stesso numero atomico, Z, sono detti isotopi, con lo stesso numero dineutroni, N, sono detti isotoni.In Fig.3 è mostrata la carta dei nuclidi. Nel grafico si riporta la posizione di un nuclide di datiZ e N.

Fig.3 Carta dei nuclidi.

1 La massa del protone è pari a 1.67262158 10-27 kg = 938.272 MeV/c2 = 1836.149 me, quella del neutrone èpari a 1.67492716 10-27 kg = 939.565 MeV/c2 = 1838.679 me2 La carica elementare, e, è pari a 1.6 10-19 C. Gli atomi sono elettricamente neutri, il che dimostra l’uguaglianza fra il valore assoluto della carica elettrica positiva del protone e quella negativa dell’ elettrone.

Le rette con pendenza negativa sono relative al numero di massa A. Si noti come, all’aumentare di A, i nuclidi si dispongono in una zona che si allontana sempre più dallabisettrice del quadrante, ovvero la retta per la quale N=Z. Dallo studio del grafico possiamoquindi evincere alcuni fatti sperimentali:

1. Esiste un limite massimo di nucleoni che possono costituire il nucleo (A≈260).2. Non esistono nuclei formati da soli protoni (oltre l’ idrogeno), nè da soli neutroni.3. All’ aumentare di A, sono preferiti nuclei con un maggior numero di neutroni rispetto

ai protoni.E’ possibile, con apposita strumentazione, determinare sperimentalmente la massa dei nuclei.Si nota che la massa totale di un nucleo è minore della somma delle masse dei singolicostituenti, ovvero:

M < Zmp+Nmn

Questa differenza in massa è la misura dell’ energia necessaria a mantenere il nucleo legato(energia di legame) e che può essere calcolata a partire dalla relazione di Einstein3:

E=mc2

Dunque.∆M = (Zmp + Nmn) –M(A,Z) = Elegame (in unità in cui c=1).Precisiamo inoltre che, essendo legata ad una differenza di massa, quindi di energia, l’energia di legame è una quantità negativa.Vogliamo notare esplicitamente che la formula data per l’ energia di legame è un’espressione di carattere del tutto generale, ovvero indipendente dall’ interazione (o forza),valida pertanto per qualsiasi sistema di particelle interagenti. L’ intensità della forza(gravitazionale, elettromagnetica, debole o nucleare) ed il suo raggio di azione determinanoperò il valore dell’ energia di legame del sistema. Per esempio:Sistema Terra-Sole (interazione gravitazionale) ∆M/M = 10-14

Cristallo (interazione elettromagnetica) ∆M/M = 10-11

Reazioni chimiche (interazione elettromagnetica) ∆M/M = 10-8

Nuclei (interazione forte) ∆M/M = 10-2

Possiamo introdurre la quantità B=–E(A,Z)/A, ossia energia di legame per nucleone. InFigura 4 è riportato l’ andamento di B in funzione di A. L’ esame del grafico suggeriscealcune conclusioni:

1. Escludendo i nuclei con A<20, l’ andamento della funzione è circa costante intornoad un valore medio dell’ ordine di 8 MeV/nucleone.

2. il Ferro è l’ elemento cui corrisponde il massimo valore della curva.

3 La ben nota relazione massa-energia di Einstein include sia l’ energia cinetica di una particella, sia l’ energiache essa ha per il fatto che possiede una massa. Detta m0 la massa a riposo della particella, ovvero la massa diuna particella ferma o che si muove a velocità molto inferiori a quella della luce, c, E0= m0c

2 è la sua energia ariposo.

3. per nuclei di basso A sono possibili le reazioni di fusione4

4. per nuclei di alto A sono possibili le reazioni di fissione5.Interpretiamo quindi tutte le indicazioni che abbiamo fin qui raccolto per ottenere lecaratteristiche dell’ interazione nucleare. Possiamo affermare che:

Fig. 4 Energia di legame per nucleone, in funzione del numero di massa A.

1. l’ intensità della forza è molti ordini di grandezza superiore rispetto alle interazionigravitazionale e elettromagnetica, come si vede dal confronto della frazione di massatrasformata in energia di legame e dal fatto che nuclei con più protoni sonocomunque legati, nonostante l’ azione repulsiva della forza coulombiana;

2. il raggio di azione della forza deve essere breve, come dimostrato dall’ andamentogrossolanamente lineare della curva. Infatti, se il raggio di azione fosse lungo (comenel caso gravitazionale ed elettrostatico, in cui la forza è inversamente proporzionaleal quadrato della distanza), la curva dovrebbe presentare un andamento quadratico;inoltre, potrebbero esistere nuclei con numero di massa maggiore di 260;

4 La fusione nucleare è un processo che coinvolge i nuclei di più atomi, nel momento in cui ciascun nucleo,dotato di sufficiente energia cinetica per superare la reciproca repulsione (causata dalla carica elettricapositiva), viene catturato dalla forza nucleare forte degli altri nuclei e si combina con questi, formando unnucleo più pesante, la cui massa è leggermente inferiore alla massa complessiva dei nuclei originari. Ladifferenza in massa è convertita in energia. L’ energia prodotta nelle stelle proviene da questo processo.

5 La fissione nucleare consiste in un processo per cui il nucleo pesante, di uranio, torio o plutonio, colpito da unneutrone, si spezza in due parti, liberando nel contempo una grande quantità di energia.

3. la forza nucleare deve essere indipendente dalla carica elettrica, agendo allo stessomodo sui protoni e sui neutroni.

Abbiamo dunque, in prima approssimazione:B∝A, ossia: B= - b0A +correzioni

Le correzioni da introdurre, come abbiamo in parte già visto, sono:1. termine di correzione di superficie, dovuto al fatto che i nucleoni sulla superficie nel

nucleo (modellizzato in questo caso come fosse una goccia liquida), sono meno legatidei nucleoni interni. Questo termine è quindi slegante (positivo) e tiene conto dell’effetto di “tensione superficiale”;

2. termine di correzione coulombiano, dovuto alla presenza nel volume del nucleo dicariche positive (protoni) che sono soggette all’ azione repulsiva della forza elettrica;

3. termine di asimmetria, di tipo quantistico, legato al principio di esclusione di Pauli.Se immaginiamo il nucleo come un insieme di livelli energetici per ognuno dei qualiè possibile inserire un solo protone e un solo neutrone, quando il numero di neutroniaumenta (caso dei nuclei pesanti), questi devono sistemarsi in livelli energeticisempre più alti. L’ energia di legame deve quindi essere più bassa di quella di unipotetico nucleo, di pari A, in cui metà dei neutroni in eccesso è trasformata inprotoni (ognuno dei quali può condividere lo stesso livello energetico di unneutrone). Questo termine è pertanto proporzionale alla quantità (N-Z)/2.

4. Il numero di massa A può essere pari o dispari. Abbiamo 167 nuclei stabili con Apari e 103 con A dispari. Nel primo caso (A pari) 163 con N e Z entrambi pari e solo4 con N e Z dispari. Nel secondo caso (A dispari) sono circa in ugal numero i casi Zpari, N dispari e viceversa. L’ ultimo termine correttivo tiene dunque conto dellapreferenza per i nuclei Z pari- N pari.

La formula che si ottiene, detta formula semiempirica dell’ energia di legame o formula divon Weizsäcker è la seguente:

( ) ±−+++−=A

ZNb

A

ZbAbAbAZE

2

3

3

1

2

23

2

10),(

dove il segno di δ è positivo per i nuclei dispari-dispari, negativo per i nuclei pari-pari, nulloper gli altri nuclei.I valori generalmente usati per quasi tutti i nuclei dei coefficienti sono: b0= 14.1 MeV, b1=13MeV, b2 = 0.595 MeV, b3=19 MeV, δ = 33.3/(A)3/4 MeV.In Figura 5 sono riportati gli andamenti dei vari contributi esaminati all’ energia di legame.

Fig. 5. Contributi dei vari effetti all’ energia di legame per nucleone

La formula dell’ energia di legame si basa su alcune delle proprietà tipiche di unagoccia di liquido: densità costante, forze a piccolo raggio di azione, saturazione,deformazione e tensione superficiale, pertanto il modello nucleare da essa descritto prende ilnome di modello a goccia.

I nuclei stabili si trovano (Fig. 3) lungo una stretta fascia nel piano Z-N. Tutti gli altrisono instabili e decadono spontaneamente. I decadimenti sono legati a considerazionienergetiche: i nuclei si portano in uno stato in cui l’ energia è minima. Questo può avvenirein vari modi: per gli isobari con eccesso di neutroni, è energeticamente vantaggiosoconvertire un neutrone in un protone, mentre nel caso di eccesso di protoni può esserevantaggiosa la reazione inversa (decadimento beta). I nuclei di Fe e Ni posseggono lamassima energia di legame, sono pertanto i nuclidi più stabili6. Nei nuclei più pesanti, acausa della maggiore repulsione coulombiana, l’ energia di legame è minore. I nuclei ancorapiù pesanti diventano instabili e decadono per fissione in due o più nuclei di massa inferiore.Perchè questo si verifichi, la massa dell’ atomo originario deve essere superiore alla sommadelle masse dei prodotti finali del processo. Quando un nucleo pesante decadespontaneamente in due nuclei massivi, si parla di fissione spontanea.

6 Un isotopo è considerato stabile se la sua vita media è considerevolente più lunga della vita del sistema solare.

DECADIMENTI NUCLEARI

Decadimento alfa. Sono detti particelle alfa i nuclei di 4He emessi nel decadimento di nucleiradioattivi (per esempio, 230Th → 226Ra). Protoni e neutroni hanno, anche nei nuclei piùpesanti, un’ energia di legame media di circa 8 MeV, il che fa sì che essi normalmente sianoconfinati nel nucleo. In molti casi, però si verifica che l’ emissione di un gruppo di nucleoni,sotto forma di sistema legato, sia energeticamente favorita, dal momento che l’ energia dilegame di questo gruppo sistema accresce l’ energia totale disponibile per il processo. Laprobabilità che un tale sistema si formi all’ interno del nucleo diminuisce con l’ aumentaredei nucleoni coinvolti nel processo. Il caso più importante è quello che avviene con l’emissione del nucleo di 4He, cioè di un sistema legato di due protoni e due neutroni. Adifferenza del caso di 2 o 3 nucleoni, questo sistema è molto compatto (energia di legame dicirca 7 MeV/nucleone). La particella alfa che si forma all’ interno del nucleo è soggetta a duetipi di forze: a piccole distanze dal centro, prevale l’ interazione forte, attrattiva, a più grandidistanze essa è soggetta all’ azione repulsiva della forza coulombiana. A distanze maggioridel raggio nucleare, l’ unica forza attiva è quella coulombiana. La radiaottività alfa naturalesi presenta nelle famiglie radioattive naturali, per nuclei con Z>82 e A≥200.

Decadimento beta. La scoperta di elettroni emessi da alcune specie nucleari (emissionebeta) è storicamente contemporanea a quella del decadimento alfa. Tuttavia l’ interpretazionecorretta del meccanismo di questo decadimento ha richiesto un tempo molto lungo, essendola manifestazione dell’ esistenza dell’ interazione debole, la quarta interazione fondamentale(le altre, ricordiamo, sono: gravitazionale, elettromagnetica e forte). L’ interpretazionecorretta dei decadimenti alfa e gamma discende dall’ osservazione della transizione (odecadimento) di un nucleo ad un certo stato di un altro nucleo, con uno spettro discontinuodelle emissioni che rispecchia la conservazione dell’ energia nei vari stadi del processo. Alcontrario, la distribuzione dell’ energia degli elettroni emessi nel decadimento beta ècontinua. La curva di energia che si ottiene ha un valore medio che è minore dell’ energiamassima che un elettrone può avere. Questa caratteristica, una volta esclusa la possibilità chegli elettroni possano perdere energia uscendo dal nucleo, è spiegata dalla presenza di un’altra particella, neutra e non rivelabile, che viene emessa contemporaneamente all’ elettrone.A questa particella Fermi diede il nome di neutrino. La reazione è dunque del tipo:

eA

ZAZ eXY ++→ −

−1

che corrisponde al processo elementare per il quale un neutrone si trasforma in un protone:

eepn ++→ −

Decadimento gamma. I nuclei hanno di solito molti stati eccitati. La maggior parte deglistati ad energia più bassa sono teoricamente ben spiegati. Di solito gli stati eccitati più bassidecadono emettendo radiazione elettromagnetica (fotoni). Se esistono stati la cui energia dieccitazione è superiore all’ energia di legame di un singolo nucleone (circa 8 MeV), nelprocesso di diseccitazione si può verificare la cessione di energia al nucleone e la

conseguente emissione di esso al di fuori del nucleo. Di solito, vengono emessi con questomeccanismo neutroni, che non risentono della barriera coulombiana.

INTERAZIONI DELLA RADIAZIONE CON LA MATERIA - 1

Radiazione neutra: fotoni. La caratteristica peculiare dell’ interazione di un fascio di fotonicon la materia è che esso non viene degradato in energia, ma solo attenuato in intensità. Nell’attraversare uno spessore di materiale, quindi, vi è una probabilità che un singolo fotone delfascio interagisca, diminuendo così il numero (intensità) dei fotoni del fascio uscente. Questodipende dalla natura dei processi di interazione possibili. Essi sono:

Effetto fotoelettricoEffetto ComptonProduzione di coppie.

L’ attenuazione del fascio di fotoni è descritta da un’ esponenziale, in funzione dellospessore x attraversato e dalle caratteristiche del materiale stesso, riassunte nel coefficientedi assorbimento µ:

xeIxI −= 0)(dove I0 è l’ intensità del fascio incidente.Effetto fotoelettrico. Si tratta dell’ assorbimento di un fotone da parte di un elettrone atomicocon la successiva emissione dell’ elettrone dall’ atomo. Poichè un elettrone libero non puòassorbire un fotone senza violare il principio di conservazione della quantità di moto, ènecessario che l’ elettrone sia legato al nucleo atomico, che, rinculando, assicura che ilprincipio di conservazione tenga. L’ energia dell’ elettrone emesso è Ee=hν - Eleg, dove hν èl’energia del fotone incidente e Eleg è l’ energia di legame dell’ elettrone. L’ energia delfotone incidente, pertanto, deve essere confrontabile con l’ energia di legame degli elettroni,dell’ ordine del centinaio di keV.Effetto Compton. Questo effetto diviene evidente quando l’ energia del fotone è moltomaggiore dell’ energia di legame degli elettroni (da qualche centinaio di keV a pochi MeV).In questo caso, l’ elettrone può essere trattato come una particella libera (cioè non legato all’atomo). Si può schematizzare l’ effetto come una diffusione (urto) tra un proiettile (il fotone)e un bersaglio massivo (l’ elettrone). La cinematica dell’ urto è mostrata in figura.Applicando quindi le leggi di conservazione del’ energia e della quantità di moto1, come giàvisto, si possono ricavare le energie dell’ elettrone e del fotone diffuso, in funzione degliangoli di emissione e dell’ energia del fotone incidente. Anche qui, l’ urto è elastico ed indue dimensioni.

1 Per un fotone, l’ espressione classica della quantità di moto non può essere applicata. Si può però ottenere a

partire dall’ espressione generale dell’ energia 420

222 cmcpmcE +== , ponendo la massa a riposo, m0,

pari a zero. Si ha quindi h

c

h

c

Ep === .

Produzione di coppie. Il processo di produzione di coppie comporta la trasformazione di unfotone in una coppia elettrone-positrone. Perchè si conservi la quantità di moto è necessarioche ciò avvenga in presenza di un nucleo. Questa reazione ha inoltre una soglia in energia,pari alla somma delle masse delle particelle che vengono prodotte, ossia 2 volte la massadell’ elettrone, circa 1.022 MeV.

Il processo di produzione di coppie è strettamente correlato a quello dibremsstrahlung, ovvero l’ emissione di onde elettromagnetiche da parte di un elettrone (o diun positrone) che interagisce con il campo elettrico di un nucleo. Classicamente il processodi bremsstrahlung si spiega considerando la radiazione emessa dall’ elettrone quando vieneaccelerato dal campo elettrico del nucleo; l’ elettrone cambia quindi la sua traiettoria.

Il risultato dell’ effetto combinato della produzione di coppie da parte di fotoni di altaenergia e dell’ emissione per bremsstrahlung degli elettroni è la formazione degli sciamielettrofotonici. Un fotone di alta energia nella materia converte in una coppia elettronepositrone; a loro volta essi emettono un fotone di bremssatrhlung ciascuno. Ogni fotone cosìprodotto può di nuovo convertire in una coppia. La sequenza si ripete finchè l’energiadisponibile non è inferiore all’ energia di soglia per la produzione di coppie.

Lo sviluppo dello sciame è naturalmente un processo statistico. E’ possibile costruireun modello semplice per ottenere il numero di particelle prodotte e le loro energie medie infunzione della profondità di penetrazione all’ interno del materiale. E’ necessario, per far ciò,

introdurre il concetto di lunghezza di radiazione: essa è definita come la distanza percorsa inun dato materiale da un elettrone lungo la quale l’ elettrone riduce la sua energia di 1/e.

Supponiamo di iniziare da un fotone di energia E0. In media, il fotone convertirà inuna coppia elettronica dopo una lunghezza di radiazione. L’ energia di ogni membro dellacoppia è dunque E0/2. Dopo due lunghezze di radiazione l’ elettrone e il positroneemetteranno un fotone di bremsstrahlung di energia pari alla metà di quella delle particelle.Avremo ora 4 particelle: due fotoni e due particelle cariche di energia E0/4. Dopo trelunghezze di radiazione, i due fotoni di bremsstrahlung avranno formato una coppia ognuno,mentre le due particelle originarie avranno emesso ciascuna un fotone di bremsstrahlung. Ilnumero di particelle è ora 8 con un’ energia pari a E0/8. Per cui, dopo t lunghezze diradiazione il numero di particelle presenti sarà N=2t con un’ energia media E(t)=E0/2

t. Allostesso risultato si perviene se la particella iniziale è un elettrone invece del fotone. Tenendoconto che i processi di produzione di coppie e di bremsstralung si arrestano all’ energiacritica Ec=1.022 MeV, la massima profondità dello sciame si ottiene: E(tmax) = E0/2

tmax = Ec,

che, risolta per tmax, ci dà: 2ln

ln 0

maxcE

E

t = . Il numero di particelle sarà Nmax=E0/Ec.

Nello sviluppo dello sciame, le sue dimensioni laterali aumentano per vari processi.Innanzitutto, la cinematica ci dice quale è l’ angolo tra le direzioni dell’ elettrone e delpositrone nel processo di produzione di coppie (cinematica di un urto elesticobidimensionale): le due particelle avranno direzioni diverse da quella del fotone incidente.Inoltre vi sono altri effetti che allontanano le particelle dall’ asse longitudinale, quali ladiffusione multipla e l’ emissione dei fotoni di bremsstrahlung. Nel complesso, quindi, nelpropagarsi attraverso il materiale, lo sciame sarà geometricamente contenuto in un volumeconico, il cui vertice è nel punto di impatto del fotone (o elettrone) iniziale e il cui raggio dibase, valutato nel punto di massimo sviluppo, si misura in termini di raggio di Moliere. Con

questa notazione si indica la quantità c

sradM E

ELR = , dove Lrad è la lunghezza di radiazione

nel materiale, MeVcmE es 2.2142 == . Questa notazione contiene le caratteristiche del

materiale e pertanto è di utilizzo generale.Radiazione neutra: neutroni. Come i fotoni, anche i neutroni hanno carica elettrica nulla.Dunque, anche essi non sono soggetti alle interazioni coulombiane con gli elettroni e i nucleidel materiale. I neutroni interagiscono con i nuclei grazie alla forza nucleare forte, che è ilprocesso principale. Naturalmente, visto che il raggio di azione della forza forte è moltopiccolo, le interazioni dei neutroni sono un processo raro: essi devono avvicinarsi al nucleoad una distanza di circa 10-13 cm, perchè possa avvenire una reazione. Pertanto i neutronisono particelle molto penetranti. Quando il neutrone interagisce, può dar luogo a processidiversi, che dipendono dall’ energia del neutrone incidente. Per esempio:Neutroni energetici (> qualche MeV). Urtano elasticamente sul nucleo. La reazione è del tipoA+n→A+n. Il neutrone nell’ urto cede parte della sua energia al nucleo, che rincula.

Neutroni di energia superiore a 1 MeV possono urtare anelasticamente sul nucleo, che dopol’ urto si trova in uno stato eccitato: A+n→A*+n. Successivamente il nucleo eccitato puòritornare allo stato fondamentale per emissione elettromagnetica.Cattura radiativa. Il neutrone penetra all’ interno del nucleo e vi rimane come costituente(urto totalmente anelastico).Il processo è accompagnato dell’ emissione di energiaelettromagnetica (fotone). La reazione è del tipo X(Z,N) +n→X(Z,N+1) + γ. Questa reazioneavviene con probabilità inversamente proporzionale alla velocità del neutrone, pertanto abasse energie.Fissione indotta. Anche questa, come la cattura radiativa, avviene per energie del neutronemolto basse (dell’ ordine della frazione di eV). Siccome l’ energia del neutrone èconfrantabile con l’ energia di agitazione termica a temperatura ambiente, i neutroni sonodetti termici. Nel processo di fissione, il neutrone viene catturato dal nucleo, che divieneinstabile. L’ instabilità provoca la deformazione del nucleo che, da una simmetriagrossolanamente sferica, diventa bilobato. A questo punto, entrano in contrasto la forza fortenucleare e la forza elettrostatica. La prima, essendo a corto raggio, si esercita solo nellastrozzatura fra i due lobi ed è attrattiva; la seconda, repulsiva, si esercita fra le carichepositive dei lobi. Se la deformazione è tale da rendere piccola la strozzatura, la repulsionecoulombiana vince l’ azione attrattiva dell’ interazione forte e il nucleo si spezza dandoluogo a due nuclei di massa circa uguale alla metà del nucleo iniziale. Nel processo difissione viene liberata una notevole quantità di energia, pari alla differenza di massa delnucleo padre e della somma delle masse dei frammenti.

Fissione indotta dell’ 235U

INTERAZIONI DELLA RADIAZIONE CON LA MATERIA - 2

In generale il passaggio di particelle cariche nella materia è caratterizzato da dueeffetti: la perdita di energia della particella e la deflessione della particella rispetto alladirezione di incidenza. Questi effetti sono legati alla natura dei processi che avvengono: gliurti anelastici con gli elettroni atomici del materiale, gli urti elastici con i nuclei.

Queste reazioni avvengono moltissime volte nell’ unità di percorso e il risultatocumulativo provoca gli effetti osservati. Sebbene siano i processi più probabili, ve ne sonotuttavia anche altri, in confronto motlo più rari. Ci limitiamo qui a citare il caso dellabremsstrahlung, già vista nel precedente paragrafo, importante meccanismo di perdita dienergia per le particelle cariche leggere. Per ragioni che diventeranno più chiare nel seguito,separiamo lo studio dei casi di interazione degli elettroni e positroni, da quello di interazionedelle particelle cariche più pesanti (protoni, alfa, etc.), escludendo il caso dei nuclei piùpesanti, che presentano effetti addizionali.

Dei processi fondamentali sopra riportati, gli urti anelastici sono la causa principaledella perdita di energia delle particelle pesanti. In questi urti, l’ energia della particellaincidente si trasferisce all’ atomo, causandone l’ eccitazione (gli elettroni atomici si portanosu stati cui compete un’ energia superiore a quella dello stato fondamentale) o laionizzazione (uno o più elettroni acquistano energia sufficiente per abbandonare l’ atomo).La quantità di energia persa in una collisione singola è in generale una frazione moltopiccola dell’ energia cinetica della particella incidente; tuttavia, nella materia ordinariadensa, il numero di urti è così elevato da ridurre sostanzialmente l’ energia, anche perspessori sottili. Per esempio, un protone di energia 10 MeV, perde tutta la sua energia in 0.25mm di rame.

Gli urti elastici con i nuclei, pur meno frequenti di quelli con gli elettroni atomici,causano perdite di energia molto piccole, per il fatto che i nuclei di gran parte dei materialihanno di solito masse molto maggiori di quelle delle particelle incidenti. Nei casi in cui ciònon sia vero, per esempio fasci di alfa su bersagli di idrogeno, la perdita di energia incollisioni nucleari diventa consistente. Anche in questo caso, però, la maggior parte dell’energia si perde per collisione con gli elettroni atomici.

Gli urti anelastici vanno comunque valutati statisticamente, in quanto la probabilitàche avvengano è determinata dalla meccanica quantistica. Tuttavia, poichè il numero diinterazioni per unità di percorso macroscopico è molto grande, le fluttuazioni della perdita dienergia totale sono piccole, permettendo quindi di valutare la perdita media di energia perunità di percorso. Questa quantità fu calcolata da Bohr che usò una trattazione classica esuccessivamente da Bethe, Bloch e altri che introdussero anche le grandezze quantistiche.Particelle cariche pesanti, modello classico di Bohr. Consideriamo una particella pesantedi carica Ze, massa M e velocità v, che attraversa un dato materiale. Supponiamo vi sia unelettrone atomico a distanza b dalla traiettoria della particella. Assumiamo le seguentiipotesi:l’ elettrone sia libero ed inizialmente fermo (il che è ragionevolmente vero se l’ energia dellaparticella è molto maggiore dell’ energia di legame dell’ elettrone);

durante l’ urto l’ elettrone si sposta pochissimo dalla posizione iniziale, in modo da poterconsiderare costante il campo elettrico da esso generato durante tutto il processo;la particella incidente prosegue dopo l’ urto lungo la traiettoria iniziale, il che è vero seM>>me.

L’ energia che l’ elettrone acquista nell’ urto si calcola usando il teorema dell’impulso, per valutare la quantità di moto che esso riceve:

∫ ∫ ∫ ∫====v

dxEedx

dx

dtEedtEeFdtI perpperpperp

La formula ha il seguente significato:la forza F che si esercita tra le due particelle è la forza elettrica, quindi F=qE, dove E è ilcampo elettrico generato dal’ elettrone. Del campo, per la simmetria del problema, cilindrica,l’ unica componente che entra nel calcolo è quella perpendicolare alla traiettoria. L’ integrale

∫ dxE perp si calcola usando il teorema di Gauss, applicato ad un cilindro di raggio b

infinitamente lungo il cui asse è la traiettoria della particella incidente. Dunque:

∫ ∫ ==b

ZedxEZebdxE perpperp

2,42

l’ impulso è allora:

bv

ZeI

22=

e l’ energia che l’ elettrone acquista:

22

422 2

2)(

bvm

eZ

m

IbE

ee

==∆

Se indichiamo con Ne la densità degli elettroni, l’ energia persa per collisione con tutti glielettroni che si trovano a distanza compresa fra b e b+db in uno spessore dx è:

dxb

dbN

vm

eZdVNbEbdE e

ee 2

424)()( =∆=−

dove dV è l’elemento di volume, dV=2πbdbdx. L’ espressione va integrata per ottenere laperdita totale di energia. Non è possibile integrare nell’ intervallo di b tra 0 e ∞, perchèquesti estremi non sono compatibili con le ipotesi fatte in partenza. Infatti, per b→∞, cade l’ipotesi che l’ interazione possa avvenire in un intervallo di tempo piccolo, quindi non si puòutilizzare il teorema dell’ impulso. D’ altra parte, per b→0, si avrebbe un trasferimentoinfinito di energia, fisicamente impossibile. Pertanto integreremo in un intervallo compresotra bmin e bmax, così stimabili: per bmin si cosidera il caso di massimo trasferimento di energia(caso dell’ urto centrale), per bmax si tiene conto del fatto che l’ elettrone è in realtà legato all’atomo, attorno al quale si muove con una certa frequenza orbitale. Perchè ci sia realmenteun’ interazione, questa deve avvenire in un tempo breve rispetto alla frequenza orbitale dell’eletttrone, tipicamente t ≈b/v. Da cui, inserendo il periodo orbitale, si ottiene bmax. Conqueste considerazioni, la perdita di energia è data da:

2

32

2

42

ln4

Ze

mvN

vm

eZ

dx

dEe

e

=−

Questo è il risultato classico, valido per particelle pesanti (dall’ alfa in poi). Per i protoniperò la formula non è valida a causa degli effetti quantomeccanici che dominano su quelliclassici. L’ espressione corretta è fornita dalla formula di Bethe-Bloch, la cui trattazioneesula dagli scopi del corso.Particelle cariche leggere. Anche gli elettroni e i positroni perdono energia per collisioniquando passano in un materiale. Tuttavia, poichè la loro massa è piccola, oltre ai processi giàesaminati, entra in gioco un ulteriore meccanismo di perdita di energia: l’ emissione diradiazione elettromagnetica dovuta alla diffusione nel campo elettrico nucleare.Classicamente, questo fenomeno si spiega con l’ emissione di radiazione dovuta all’accelerazione di un elettrone (positrone) quando è soggetto alla forza elettrica del nucleo.Tale radiazione prende il nome di radiazione di frenamento o bremsstrahlung. Il processo diemissione è funzione dell’ energia dell’ elettrone incidente: fino a pochi MeV è trascurabile,mentre già ad energie dell’ ordine della decine di MeV la perdita di energia dovuta allabremmsstrahlung diventa confrontabile con quella dovuta ai processi di collisione edeccitazione. Sopra questo valore, la bremssrahlung domina completamente.

Il ragionamento fatto per le particelle pesanti cariche non può essere ripetuto inquesto caso, essenzialmente per due motivi: il primo, legato alla massa dell’ elettrone,impedisce di imporre l’ ipotesi che dopo’ urto non ci sia variazione della traiettoria. Ilsecondo è che le particelle che urtano sono identiche (elettrone-proiettile ed elettrone-bersaglio) e quindi il calcolo deve tenere conto dell’ indistinguibilità delle particelle. In più sideve introdurre anche la perdita di energia per bremsstrahlung. E’ comunque disponibile un’espressione analoga alla Bethe-Bloch anche per gli elettroni.

Effetti biologici. La radiazione è dannosa per i tessuti viventi per il suo potere ionizzante. Laionizzazione può danneggiare le cellule viventi direttamente rompendo i legami chimici dellemolecole, o indirettamente per formazione di radicali chimici dalle molecole d’ acqua, chepossono attaccare chimicamente le molecole. I più rilevanti sono i danni a carico del DNA.Entro certi limiti, le cellule sono in grado di riparare i danni molecolari, tuttavia l’ efficaciadei meccanismi naturali di recupero è funzione dell’ estensione del danno. Se il danno vieneriparato solo in parte o affatto, la cellula è soggetta a tre possibili effetti:

- morte cellulare- alterazione delle funzioni naturali della cellula che provocano effetti somatici, per

esempio il cancro- alterazioni permanenti che provocano effetti genetici di trasmissione dei difetti alle

generazioni successive.

Gli effetti di una dose elevata di radiazione in un tempo breve (poche ore) sono a carico deiprocessi mitotici di riproduzione. Questo è evidente nei linfociti (globuli bianchi), neiprecursori delle cellule sanguigne nel midollo osseo, nelle cellule di rivestiento dell’intestino. La diagnosi è dunque possibile tramite un’ analisi del sangue. A dosi

particolarmente elevate può sopravvenire la morte dell’ individuo per infezioni, provocatedall’ immunodeficienza indotta. La sequenza di eventi è generalmente:

entro i primi due giorni: nausea, vomito, affaticamento, prostrazioneentro le prime sei settimane: alleviamento dei sintomi, recupero dello stato del

paziente oppureentro le prime otto settimane: emorragie, porpora, letargia, possibile morteoppure recupero totale.

Se il paziente sopravvive, possono verificarsi effetti a lungo termine del tipo: arrossamnetodella pelle, sterilità, cataratta, aborti o feti malformati.

Ogni effetto, inclusa la morte, ha una soglia caratteristica, ovvero una dose limite aldisotto della quale non si verifica un dato effetto. Questa è essenzialmente legata al numerodi cellule colpite di un dato organo: finchè questo numero è basso, la funzionalità dell’organo non viene compromessa. Da notare però che organi diversi hanno soglie diverse e cheper uno stesso organo la soglia varia in funzione dell’ età dell’ individuo. Le soglie più bassesi riscontrano negli embrioni (tra l’ ottava e la quindicesima settimana di sviluppo), per iquali anche dosi molto basse possono provocare alterazioni nello sviluppo. L’ effetto è statoriscontrato in casi di figli di sopravvissuti ad esplosioni nucleari, che hanno mostrato ritardomentale, bassi livelli di QI, etc.

Per dosi basse di radiazione gli effetti possibili sono essenzialmente la possibilità disviluppare un tumore o effetti genetici. Per questi non esiste una soglia sicura al disotto dellaquale è nulla la probabilità che un effetto si verifichi: Sebbene la statistica in questo caso siascarsa, c’è evidenza che il parametro di riferimento sia la dose totale, ovvero quellaaccumulata nel tempo. E’ per questo motivo, per esempio, che le Nazioni Unite hanno messoa punto un programma di prevenzione per i bambini e i ragazzi che vivono nelle areeadiacenti a Chernobyl (luogo della catastrofe della centrale nucleare ucraina): per alcuni mesiall’ anno vengono accolti in famiglie che vivono in paesi europei. In tal modo, si allontananodalle zone contaminate diminuendo il periodo di esposizione complessivo.