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Il magazine della Community “AutoCAD, Rhino e SketchUp designers” su Google Plus Il magazine della Community “AutoCAD, Rhino e SketchUp designers” su Google Plus DAL 2014 DAL 2014 MARZO 2015 Anno II Numero 3 edizione gratuita /12 Fritzing Un ECAD fao su misura per Arduino che si ulizza come un blocco da disegno. Facilissimo da imparare anche per gli absolute beginners /18 Come nasce una norma Per lavoro siamo costre a consultarle connuamente e subiscono puntualmente aggiornamen… e guai a non conoscerli. Ma come nasce una norma tecnica? /23 Cinema & Animazione The Divergent Series: Insurgent è un film direo da Robert Sch- wentke, ambientato in un immagi- nario futuro post apocalico.

CADZINE n° 3, marzo 2015, ANNO II

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Page 1: CADZINE n° 3, marzo 2015, ANNO II

Il magazine della Community “AutoCAD, Rhino e SketchUp designers” su Google PlusIl magazine della Community “AutoCAD, Rhino e SketchUp designers” su Google Plus

DAL 2014DAL 2014

MARZO 2015 Anno II Numero 3 edizione gratuita

/12 Fritzing

Un ECAD fatto su misura per Arduino

che si utilizza come un blocco da

disegno. Facilissimo da imparare

anche per gli absolute beginners

/18 Come nasce una norma

Per lavoro siamo costretti a consultarle

continuamente e subiscono puntualmente

aggiornamenti… e guai a non conoscerli.

Ma come nasce una norma tecnica?

/23 Cinema & Animazione

The Divergent Series: Insurgent è

un film diretto da Robert Sch-

wentke, ambientato in un immagi-

nario futuro post apocalittico.

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La Comm. per progettisti, disegnatori tecnici ed appassionati La prima Community italiana, della piattaforma Google Plus sul CAD e le sue applicazioni, per

data di fondazione e numero di iscritti

BIM

CAD

CAD MEP

FEM

Linguaggi CAD

Modellatori 3D

Modellatori organici

Post produzione

Prog. edile

Altro software

Progettazione

Portfolios

A.N.T. Automotive

Stampa 3D

Concorsi

Curiosità

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INDIPENDENTEMENTE DA CIÒ CHE

CREI, NON È IMPORTANTE CHE TU DI-

PINGA O SCOLPISCA, OPPURE CHE

TU FACCIA IL GIARDINIERE, IL CAL-

ZOLAIO O IL FALEGNAME. E' IMPOR-

TANTE CHE TI CHIEDA: “STO RIVER-

SANDO TUTTA LA MIA ANIMA IN CIÒ

CHE CREO?”.

OSHO RAJNEESH (MISTICO INDIANO)

da:

www.associazionecreativita.org

LA METTO IN CORNICE

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Diario di bordo

HOME PAGE

Direttore responsabile: Salvio Giglio Redazione: Nicola Amalfitano, Antonello Buccella, Nunzia Nullo, Simone Piccioni, Daniele Pinna, Gianmarco Rogo

Segretaria di redazione: Nunzia Nullo Redazione bozze: Nicola Amalfitano, Nunzia Nullo

In un’appendice delle NEWS un articolo di A. Buccella sull’Abruzzo e i rischi idro-geologici che minacciano il suo territorio. La rubrica su ARDUINO, a partire da questo numero, si occuperà di un EDA realizzato esclusiva-mente per Arduino: Fritzing. La recente storia delle nor-mative tecniche sarà il nuovo argomento della rubrica BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTA-ZIONE. N. Nullo ci presenta

per la rubrica CINEMA E ANI-

MAZIONE il film “The Divergent Series: Insurgent”. La DESIGNER’S STORY di questo mese riguarda un personaggio straordinario: Ettore Bugatti il papà dell’auto-motive. La rubrica INTERVISTA ha due ospiti questo mese: Robson Jacobsen e Matteo Rubboli. L’an-golo dedicato ai LIBRI ospita un testo francese sulla stampa 3D. N. Amalfitano parla del Laudario di Cortona nella rubrica MUSICA. I distanziometri ad onde saranno il tema della rubrica NEW HARD-

WARE FOR CAD. Il CORSO DI ORIEN-

TAMENTO ALLA BIM si occupa delle procedute sullo scambio di dati. Per il CORSO DI BASE DI SKET-CHUP analizza il comando OFF-

SET. F. Pieri nella rubrica dedica-ta a LE BASI DI QGIS parla della rappresentazione della Terra ed i relativi Sistemi di Riferimento. Chiude l’edizione un tutorial di A. Buccella sulla realizzazione di filmati di presentazione per mo-delli 3D realizzati con SketchUp.

disegnatore [di-se-gna-tó-re] s.m. (f. -trice) Chi disegna; chi, per lavoro o per passione, esegue disegni tecnici o artistici

rubriche corsi & tutorials PAG. 63 CORSO DI ORIENTAMENTO ALLA BIM di Salvio Giglio “Lo scambio di dati ed informazioni per il modello BIM”, VIII PUNTATA PAG. 66 CORSO DI BASE PER SKETCHUP di Salvio Giglio “Il comando Offset”, X PUNTATA

PAG. 71 LE BASI DI QGIS di Fabrizio Pieri “La rappresentazione della Terra ed i Si-stemi di Riferimento”, III PUNTATA PAG. 76 TUTORIAL: ELABORAZIONE VIDEO CON SKETCHUP di Antonello Buccella “Come elaborare un Video con SketchUp”, I PARTE

eventuali & varie PAG. 78 UMORISMO PAG. 79 GIOCHI

PAG. 07 NEWS - in primo piano di Antonello Buccella “Sta franando l’A-bruzzo più bello e prezioso”

PAG. 08 NEWS

PAG. 11 EDITORIALE di Salvio Giglio “Artigianato e PMI: una straordinaria risorsa tutta italiana”

PAG. 12 ARDUINO di Salvio Giglio “L’EDA delle meraviglie: Fritzing”, I PUNTATA

PAG. 18 BASI PER IL DISEGNO E LA PROGET-TAZIONE di Salvio Giglio “Come nasce una norma”, I PUNTATA

PAG. 23 CINEMA E ANIMAZIONE di Nunzia

Nullo “The Divergent Series: Insurgent”

PAG. 26 DESIGNER’S STORY di Salvio Giglio “Ettore Bugatti”

PAG. 39 INTERVISTA di Salvio Giglio “Robson Jacobsen”

PAG. 43 INTERVISTA di Salvio Giglio “Matteo Rubboli”

PAG. 47 LIBRI di Salvio Giglio “L’impression 3D avec SketchUp”

PAG. 51 MUSICA di Nicola Amalfitano “Lauda: Laudario di Cortona”

PAG. 55 NEW HARDWARE FOR CAD di Sal-vio Giglio “I distanziometri ad onde”, II PUNTATA

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HOME PAGE

Cos’è CADZINE è una rivista gratuita nata in

seno alla Community di “AutoCAD, Rhino & Sket-

chUp designer” per informare & formare disegnatori tecnici e

appassionati sul CAD ed i suoi “derivati”.

La pubblicità Le inserzioni pubblicitarie pre-

senti sono gratuite e sono create e pubblicate a discrezione della

redazione.

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CADZINE è solo uno dei progetti crossmediali in corso legati alla

nostra Community… Visita il nostro sito

cadzine.jimdo.com e, se ti garba, collabora con noi

mettendo a disposizione di tutti e gratuitamente le tue cono-scenze. Sarai il benvenuto!

Impaginazione, pubblicità e progetto grafico: Salvio Giglio Editore: Calamèo (Hachette)

E’ consentita la riproduzione di testi, foto e grafici citando la fonte e inviandoci la copia. La pubblicazione è CopyLeft & Open Access ;-)

Pensandoci bene

La buona scuola... non sarà mai quella che piace agli industriali ed ai potenti, ma quella che sa far innamorare di sé i ragazzi! La vera scuola è come una bella storia d’amore: ti prende per mano e ti porta via con sé

per esplorare le tue passioni

disegnatore [di-se-gna-tó-re] s.m. (f. -trice) Chi disegna; chi, per lavoro o per passione, esegue disegni tecnici o artistici

corsi & tutorials PAG. 63 CORSO DI ORIENTAMENTO ALLA BIM di Salvio Giglio “Lo scambio di dati ed informazioni per il modello BIM”, VIII PUNTATA PAG. 66 CORSO DI BASE PER SKETCHUP di Salvio Giglio “Il comando Offset”, X PUNTATA

PAG. 71 LE BASI DI QGIS di Fabrizio Pieri “La rappresentazione della Terra ed i Si-stemi di Riferimento”, III PUNTATA PAG. 76 TUTORIAL: ELABORAZIONE VIDEO CON SKETCHUP di Antonello Buccella “Come elaborare un Video con SketchUp”, I PARTE

eventuali & varie PAG. 78 UMORISMO PAG. 79 GIOCHI

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L etto appena uscito: a pro-posito del monumentale Castello di Roccascalegna di cui vi parlerò più in-

nanzi nel tutorial… Le notizie però non sono affatto buone, come pur-troppo potrete leggere voi stessi nell’articolo di Gianfranco Colaci-to, che riporto qui integralmente, pubblicato il 23 marzo scorso sul sito: www.inabruzzo.com Roccascalegna (CH) – Il sindaco Do-

menico Giangiordano, foto, senza paro-

loni e senza inutili frasari in politichese,

parla chiaro in tv: “Per rifare una strada

o una casa non ci vuole molto, bastano i

soldi. Per rifare una chiesa del ’200 che

eravamo riusciti a salvare, il discorso

diventa diverso”. Il cuore roccioso di uno

dei paesi più spettacolari e insoliti

dell’Abruzzo, abbarbicato ad una roccia

che svetta nel paesaggio, Roccascalegna,

sta cedendo alle frane. Minacciata la

chiesa del ’200, minacciato anche il ca-

stello perché la roccia si frantuma e vie-

ne a valle, evidentemente come mai era

accaduto nella storia. I consolidamenti, i

sostegni validi non ci sono mai stati,

forse non ce n’è mai stato bisogno, oggi

diventano urgenti. Ma i sindaci non han-

no soldi per le emergenze. Le istituzioni,

del resto, sono all’assedio: in Abruzzo le

frane sono almeno 50, alcune gravi e

vaste. Le emergenze non si contano più:

da Fraine isolata a Civitella del Tronto

(altre dieci famiglie evacuate). problemi

più o meno gravi in decine di paesi e

frazioni, come Ripe di Civitella dove sta

cedendo un’intera montagna. pwer non

dimenticare Civitella Casanova, Villa

Celiera, Vasto, e l’elenco continua lun-

ghissimo.

L’Abruzzo, colpito ancora dalle piogge

delle ultime ore, si sta sbriciolando ovun-

que, cede, si avvalla, si frattura, crepa e

slitta a valle. Case, contrade, paesi interi

sono a rischio. E nel disastro, comincia-

no a mostrarsi malfermi anche monu-

menti e luoghi di straordinaria e unica

bellezza, come Roccascalegna, che forse

pochi abruzzesi conoscono, ma figura su

libri e riviste straniere. Vale sempre, e

oggi ancora di più, il vecchio, un po’

acido ma verissimo detto degli inglesi

negli anni Sessanta: “Affrettiamoci a

vedere l’Italia, prima che gli italiani la

distruggano”. Preveggenza?

di Antone l lo Bucce l la

Sta franando l’Abruzzo più bello e prezioso

Una foto della antica chiesa annessa al castello Il sindaco di Roccascalegna Domenico Giangiordano

NEWS - in Primo Piano

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NEWS gli ultimi post prima di andare in stampa

Sorge in zona sotto tutela ambientale il rifugio firmato da Architetti Mair & Dorf-mann , a monte della cabi-novia Boè a 2.190 metri d’al-tezza, in Alta Badia. Gli alti standard di risparmio ener-getico, l'impiego di materiali naturali, come il legno e e la pietra dolomitica, la forma bassa che ripara dal vento e la vetrata di 34 metri con vista panoramica, sono gli ingredienti che rendono il rifugio Piz Boè un'importan-te novità in fatto di architet-tura in quota. La posizione esposta, che sembra quasi 'sottomettersi' alla monta-gna, e la forma bassa sono espressione del rispetto per il paesaggio circostante. I volumi esistenti della sta-zione funivia ed il padiglio-ne che ospita il nuovo risto-rante formano un cortile con terrazza a riparo dal vento e dalle diverse viste verso la vetta. Legna naturale, pietra naturale grezza e vetro defi-niscono sia gli spazi esterni che interni. Gli spazi interni del nuovo padiglione com-prendono un Ristorante Gourmet con 40 posti a se-dere, un self service da 160 posti a sedere ed un Lounge Bar con al centro un cami-netto a legna per gli inter-valli di relax tra una sciata e l’altra. Valentina Ieva da archiportale.com

Alle Fiere di Parma si è tenuta dal 26 al 28 marzo la MECSPE, la fiera per l’indu-stria manifatturiera che si pone come obiettivo la rea-lizzazione di un punto d’incontro tra tecnologie per produrre e filiere indu-striali. Sono stati allestiti 9 Saloni tematici che hanno offerto ai visitatori una pa-noramica completa su ma-teriali, macchine e lavora-zioni che pone al centro dell’attenzione la produzio-ne di beni di eccellenza l’implementando il concet-to di ideazione di un manu-fatto sino ad arrivare alla sua realizzazione. MECSPE sarà anche l’occasione per approfondire i concetti di Dynamic Efficiency e Dy-namic Precision, le innova-tive funzioni di controllo TNC per lavorazioni alta-mente precise ed efficienti. In questa branca altamente innovativa molti espositori tra cui HEIDENHAIN che presenta alcuni modelli di testatura su macchine a CNC. Sabato per i materiali innovativi si è parlato di grafene, il rivoluzionario foglio di carbonio spesso

un singolo, atomo quindi estremamente leggero, cento volte più forte e cin-que volte più elastico dell’acciaio e ottimo con-duttore di elettricità. In questo contesto è stato pre-sentato anche il libro “Grafene, proprietà e appli-cazioni” di Edward L. Wolf, di estremo interesse per gli studenti delle facoltà di Fisica e Scienza dei mate-riali, progettisti, produttori e chiunque operi nei vari livelli nel settore dell’indu-stria manifatturiera. Tra le tantissime iniziative svol-tesi in Fiera segnaliamo anche la seconda edizione della Fabbrica Digitale, ol-tre l’automazione. Questo è un progetto di integrazione digitale di tutti i sistemi e sottosistemi che compon-gono una moderna fabbri-ca, per rendere più efficien-ti i processi, sia dal punto di vista della riduzione del-le tempistiche e dei costi, sia da quello della scelta del miglior partner indu-striale, senza limiti fisici o territoriali. S. G.

Astro Teller, il creatore dei Google Glass, afferma “Abbiamo preso una decisio-ne giusta e una meno. La prima è stata realizzare il programma Explorer. La seconda, cioè quella che abbiamo svolto decisamente meno bene, è che abbiamo consentito, e spesso inco-raggiato, che si creasse trop-pa attenzione intorno al pro-gramma". Tradotto: ciò che mezzo mondo dava come un prodotto pressoché ultimato era in realtà ancora un pro-totipo pieno di bug. La forza-tura pubblicitaria ha ama-reggiato quanti li attendeva-no a breve tempo nei negozi. Il passaggio dei Google Glass dal laboratorio X a un'altra divisione di Big G, avvenuto appena un paio di mesi fa, non è in fondo da leggere del tutto come una battuta d'arresto ma anzi, al contrario, secondo molti osservatori sottolinea la volontà di partire dal lavoro pionieristico di Teller e della sua squadra per dare al gad-get indossabile una forma definitiva. Da la repubblica.it

Alle Fiere di Parma la MECSPE

Il rifugio Piz Boè: l'ultima novità dell'architettura in alta quota

Google Glass: il perché di un flop

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EDITORIALE

S o di ripetermi su questo argomento ma è più forte di me! Se il nostro Paese investisse di più sull’arti-

gianato, specialmente su quello tecnologico, si rimetterebbero ra-pidamente in moto la macchina del PIL e quella dell’occupazione. Non è una roba da visionari signo-ri cari! Questa preziosa risorsa rappresenta la migliore espressio-ne dell’ingegnosità italica, una connotazione quasi genetica di un popolo a cui sta stretto il lavoro subordinato e ripetitivo e che da sempre predilige il lavoro autono-mo e creativo. In questo numero, come avrete visto dalla copertina, parleremo di Ettore Bugatti, una figura imprenditoriale enorme che fece dell’artigianato hi-tech del suo tempo un vero e proprio caval-lo di battaglia vincente! Su questa portante si sono mossi altri desi-gner illustri di cui la grande Gae Aulenti ha rappresentato nel do-poguerra una delle più significati-ve interpreti. Bisognerebbe lascia-re la produzione seriale a quei Paesi formicaio, come la Cina e gli USA, privilegiando nel Vecchio Continente lo sviluppo dell’artigia-

nato di lusso che da sempre ha contraddistinto soprattutto il no-stro Paese. Sia chiaro che con que-ste affermazioni non intendo asso-lutamente svalorizzare il ruolo della grande industria nazionale, ma semplicemente affiancarle un secondo “propulsore” capace di servirsi della sua produzione per nobilitarla ed eternizzarla in rea-lizzazioni che, se non qui, trovano acquirenti entusiasti e benestanti in mezzo mondo. liberare le PMI dai cosiddetti lacci e lacciuoli bu-rocratici, abbassando anzitutto la tassazione sul costo del lavoro che nonostante il Job Act resta tra i più alti di Europa, incentiverebbe proprio le moderne botteghe arti-giane, le start up, a selezionare, formare ed assumere nuovo perso-nale, e, non per un breve periodo di tempo, ma permanentemente. Senza far nomi, un giovane amico della Community, laureando in ingegneria, mi parlava pochi gior-ni fa con molto entusiasmo di un suo progetto venduto ad un’azien-da… Un piccolo seme significati-vissimo che, se curato e seguito con le dovute cure, potrebbe espri-mere in futuro grandi potenzialità sul piano imprenditoriale con rica-dute felici anche su quello occupa-zionale. Mi piacerebbe chiedere di persona a chi ha il mano il timone di questo settore, che se ne sta li al

sicuro a Roma, se ha mai sentito parlare delle Corporazioni artigia-ne, del Made in Italy e di quanto questa eterogenea e gioiosa mac-china da lavoro abbia rappresenta-to e ancora rappresenti per l’Italia. Non passa mese che l’osservatorio nazionale di riferimento, la CGIA di Mestre, non lanci preoccupanti grida d’allarme da questo prezioso comparto produttivo… grida che, purtroppo, se continueranno ad essere ignorati, somiglieranno sempre di più prima a dei flebili lamenti fino a che non si sentirà più nulla… Se solo la governace pensasse meno alle campagne elettorali, alle dispute con la Magi-stratura e alla bella vita e tentasse di rivalorizzare quanto c’è di buo-no nel nostro Paese, e non è poco, avrebbe offerto una chance con-creta per buona parte dell’esercito di disoccupati che riempie le liste di collocamento e questo senza dover barattare il futuro di queste persone con una prospettiva di licenziamento.

di Salvio Gigl io

Artigianato e PMI : una straordinaria risor-sa tutta italiana

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ARDUINO

C on l’acronimo EDA, da Electronic Design Auto-mation, si fa riferimento alla famiglia di software

dedicati alla progettazione e pro-duzione di sistemi elettronici: dai circuiti stampati a quelli integrati. Anche Arduino ha un suo EDA specializzato: Fritzing. Questo pro-getto è stato avviato nel mese di agosto 2007 nel Interaction Design Lab presso l'Università di Scienze Applicate di Potsdam, in Germa-nia. Dal 2009 il team è stato ospita-to dall’incubatore di start up tede-sco IXDS mentre la fondazione non-profit “Friends-of-Fritzing e.V.” è stata istituita nel 2012. La filosofia di Fritzing è perfetta-mente in linea con quella di Ardui-no dal momento che è un progetto FOSS per l’elaborazione di proget-tazioni elettroniche non professio-nale e dedicato ad utenti di ogni provenienza. Il software, dedicato esplicitamente alla famosa scheda MCU, ai suoi shields e accessori nonché ai componenti elettronici, rappresentati con una grafica mol-

to realistica ed accattivante, per-mette, infatti, lo sviluppo di pro-getti anche molto complessi da parte di utenti che non hanno ne-cessariamente delle basi di elet-tronica. Fritzing in virtù di questo si pone come un ottimo strumento didattico per imparare a realizzare circuiti elettronici attraverso il ragionamento e la pratica, favo-rendo anche lo scambio gratuito di progetti tra gli utenti attraverso il forum. Il software è disponibile attualmente in 18 lingue tra cui l’italiano. In questa prima puntata faremo una pano-ramica introdutti-va su Fritzing mentre nelle pros-sime vedremo co-me avviare un progetto con que-sto praticissimo software. Il download e l’installazione Partiamo dal download del pro-gramma che scaricheremo dal sito ufficiale alla pagina fritzing.org/download. Come è giusto che sia, trattandosi di software libero, vi viene richiesto di fare una dona-zione alla fondazione del progetto, per sostenere i non pochi costi di gestione, scegliendo tra quattro

pulsanti opzionali: no donation, 10€, 25€, 50€. Fatta la scelta e se-guite le eventuali indicazioni per il pagamento, si attiva il pulsante per il download che vi conduce in un’altra pagina in cui indicherete il sistema operativo in uso sul vo-stro PC. La versione di cui trattia-mo in questo articolo è la 0.9.1b del 2 dicembre 2014 che è BETA; sulla pagina sono presenti anche versioni precedenti di Fritzing. Subito dopo che abbiamo selezio-nato il SO il sito apre una finestra per il download della cartella di

Fritzing, già pronta per l’uso, sotto forma di file zippato, il processo avviene in pochissimo tempo, ov-viamente, in base alla connessione che avete. Con affabilità tutta geek il sito, a tal proposito, propone una serie di programmi affidabili per la decompressione del file zip in ca-so ne aveste bisogno. Per puro scrupolo eseguo subito una doppia scansione del file zippato con un antivirus ed un anti malware pro-

I puntata

di Salvio Gigl io

L’EDA delle meraviglie: Fritzing

Dopo aver lungamente trattato di saldature, cir-

cuiti, vibroincisori termochimici, costruito un bro-

mografo e approntato un locale per fare i nostri

esperimenti di elettronica passiamo a qualcosa di

più tranquillo con cui progettare i nostri circuiti...

Page 13: CADZINE n° 3, marzo 2015, ANNO II

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ARDUINO

fessionali che non riscontrano al-cun problema e passo alla decom-pressione. La cartella decompres-sa del programma contiene 28 ele-menti tra file e cartelle e la versio-ne per WIN7 a 64 bit pesa 186Mb. Se avete questo SO vi consiglio di inserire la cartella di Fritzing in Programs files mentre se il vostro sistema gira a 32bit dovrete usare

invece quella Program files (x86). Dopo lo spostamento della cartella del programma e prima di comin-ciare ad utilizzarlo, vi consiglio di creare un collegamento dell’exe sul desktop o nella posizione che più vi risulta comoda per lanciarlo rapidamente. Considerazioni generali sulla GUI e sul progetto

L’interfaccia grafica di Fritzing è molto gradevole ed è in linea con il trend estetico del momento: il flat style design che, combinando ad una veste grafica essenziale e ra-zionale le svariate funzionalità del programma, permette all’utente di rintracciare facilmente ogni co-mando e di effettuare rapidamen-te settaggi sui componenti, senza

La Fachhochschule Potsdam, Università di Scienze Applicate di Potsdam

Il team di sviluppatori di Fritzing

Page 14: CADZINE n° 3, marzo 2015, ANNO II

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La pagina di Fritzing con le opzioni per le eventuali donazio-ni e il pulsante per il download

doversi disperdere tra una serie di menù, finestre e finestrelle. Al lan-cio di Fritzing, subito dopo che lo splash iniziale mostra due barre di avanzamento attraverso cui cari-ca i componenti e fa delle verifi-che software in pochissimi secon-di, l’utente viene accolto nella schermata Welcome del program-ma. La GUI risulta subito user friendly e molto rassicurante e di cui, devo riconoscerlo, gli svilup-patori hanno veramente curato ogni minimo dettaglio anche sotto il profilo stilistico. Lo testimonia-no tutta una serie di piccoli parti-colari come, ad esempio, le icone dei comandi o la scelta felice di una bella combinazione cromatica di grigi per la skin, molto riposan-te, che ben si sposa con alcuni ele-menti in rosso presenti nell’area di lavoro dandogli un tocco di profes-sionale eleganza. Altra cosa che ho apprezzato subito, perché è estremamente rassicurante per i neofiti, è la totale l’assenza di quella decina di toolbars, piene zeppe di comandi, sbandierate

tronfiamente da tanti software commerciali blasonatissimi e che sono il più delle volte inutili ridu-cendo di fatto solo la visualizza-zione dell’area di lavoro. Sul piano funzionale, il programma guida completamente anche gli utenti meno esperti grazie ai vantaggi offerti della fusione delle caratteri-stiche innovative di programmi di ultima generazione e basati sulle ribbon bars, come i tabs di visua-lizzazione ed il panel magnetico laterale, con elementi di program-mi più datati, come la classica bar-ra dei menù. Ritroviamo anche in questo software il termine inglese sketch bozzetto, applicato per estensione al concetto che ogni progetto che svilupperemo con Fritzing nascerà proprio come un bozzetto di una nostra idea. Le funzionalità di Fritzing La finestra di Fritzing presenta nella parte superiore la barra dei menù a cui segue la barra dei tabs, che gestisce logicamente l’area di lavoro munita di barre di scorri-

mento laterali. Sulla parte destra dello schermo è presente un pan-nello verticale che ospita solo due toolbar magnetiche e, eventual-mente, flottanti: la prima è quella dei Componenti, una raccolta di componentistica elettronici da utilizzare nei propri progetti; la seconda si chiama Inspector, chia-ramente derivata da software CAD e di programmazione, offre all’u-tente la visualizzazione delle pro-prietà di ciascun componente elet-tronico permettendone di settare diversi parametri funzionali anche relativi alla sua rappresentazione grafica. Tranne che nella scher-mata di benvenuto, la finestra di Fritzing è completata, in basso, da due barre orizzontali di colore ros-so di cui, quella più chiara e di di-mensioni maggiori, è munita di alcuni comandi contestuali dipen-denti dalla visualizzazione in cor-so tra i quali è presente anche un pulsante per eventuali condivisio-ni del proprio progetto, mentre la seconda, più piccola e di un tono di rosso più scuro, ospita lo zoom

Il contenuto della cartella decompressa di Fritzing. Questo shot è relativo alla versione 0.9.1b del 2 dicembre 2014

ARDUINO

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La Home Page dell’applicazione, ricca di funzionalità e link utili per consultare progetti e risorse disponibili in rete

La pagina Breadboard, questo componente virtuale è uno dei punti di forza di Fritzing poiché permette lo sviluppo realistico dei circuiti di un progetto. Può considerarsi come una palestra ideale su cui esercitarsi anche se non si dispone della MCU

ARDUINO

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per l’area di lavoro. Le pagine di Fritzing Diamo ora uno sguardo ai cinque tabs di visualizzazione di Fritzing che costituiscono uno dei punti di forza di questo particolarissimo ECAD. Utilizzerò apertamente la definizione di pagina per le varie schermate perché la logica del programma è proprio quella di una sorta di blocco da sfogliare e diviso in sezioni in ognuna delle quali è rappresentato un aspetto del no-stro lavoro. Welcome, è la home page del pro-gramma ed è divisa in cinque aree funzionali. Partendo dall’alto a si-nistra troviamo Recent Sketches in cui sono memorizzati i nostri ultimi progetti, segue a destra un visualizzatore ad elenco molto ca-rino che ci permette di conoscere gli ultimi topics postati sul blog dalla rete di utenti di Fritzing in termini di progetti e discussioni (consigli, descrizioni, ecc). Per vi-sualizzare un progetto o una di-scussione basta cliccare sull’item della lista e subito si apre il nostro browser alla pagina specifica del

sito di Fritzing. Al centro della schermata, a sinistra, troviamo i comandi per l’apertura di un file esistente sul nostro PC o la crea-zione di un nuovo progetto; alla destra di questi due comandi sono ubicati due pulsantini per accede-re, sempre attraverso il browser ovviamente, alla pagina delle News di Fritzing o al suo Blog. In basso a sinistra è ospitato un box di colore azzurro in cui è riportato il Tip of day, il consiglio del giorno; in fondo al box due comandi ci permettono di visualizzare oi tutto l’elenco dei consigli (All tips) o semplicemente di passare al con-siglio successivo (Next tip). La pa-gina si completa con un ultimo box legato ai servizi offerti dal gruppo Fritzing: il Lab, per lo svi-luppo di PCB progettati da voi nel e lo Shop attraverso cui acquistare il Creator Kit e altro materiale utile legato ad Arduino. Breadboard, è la pagina degli espe-rimenti del programma in cui “materialmente” realizziamo l'as-semblaggio del circuito così come sarà nella realtà. Il riferimento è ovviamente arduinesco, nel senso,

che la millefori che vedete rappre-sentata sullo schermo è quella che viene fornita nel kit di base della MCU. Provate a passare col mouse sui vari forellini della scheda: si illuminano… Nella prossima pun-tata vi spiegherò perché Schema, è la pagina dello schema elettrico derivato dal nostro sketch e rappresentato con simbologia unificata. PCB, è la pagina dello schema del circuito elettronico da salvare for-mato PDF per la stampa e per le eventuali copie per sviluppare stand alone il circuito equivalente dell’esperimento. Code, codice in cui programmare le funzionalità di Arduino con tan-to di simulazione e correzione di bug. Continua

Fig. 7, da sinistra. Il pannello dei Componenti, il pannello Inspector e i vari pulsanti che compaiono sulla barra orizzontale

ARDUINO

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I l disegno tecnico per la pro-gettazione nell’era digitale ha ormai assunto una velocita stratosferica: tantissimi par-

ticolari che prima venivano dise-gnati minuziosamente, linea per linea, oggi sono disponibili gratui-tamente su centinaia di siti sotto forma di blocchi CAD o di modelli 3D pronti per l’uso. Nonostante questa agevolazione ogni disegna-tore deve applicare dei criteri ben precisi nella scelta del componen-te unificato più consono al proget-to su cui sta lavorando, subordi-nandola ad una serie di parametri dimensionali e fisici ben precisi descritti dalle norme relative ad essi. In questo ciclo di puntate cer-cheremo di capire come nasce una norma tecnica stabilendo come punto di partenza una breve intro-duzione storica il cui scopo è quel-lo di far capire che questa esigen-za unificatrice è strettamente le-

gata alla storia umana ed ai suoi progressi tecnologici. Il metamessaggio dei sistemi di unificazione Non ho intenzione di spaventare o impressionare i miei pochi lettori ricorrendo a termini aulici ma il sostantivo metamessaggio mi sembra il più appropriato per de-scrivere quanto è idealmente as-sociato ai complessi normativi.

Se ci prendiamo la briga di sfoglia-re un manuale di storia ci rendia-mo conto rapidamente che le di-verse civiltà si sono sviluppate proprio intorno ad una serie di regole determinate dalla necessità di affermare i propri interessi e valori, non solo in ambito tecnico o economico, ma anche politico, religioso e idealistico. Per quel che ci riguarda, i sistemi di misura

sembrano essere l’esempio più significativo da cui far partire il nostro breve discorso sulla storia delle normative. L’antico Egitto ci offre con il faraone Menes nel 3900 a.C. un primo esempio di si-stema di misura unificato. Il farao-ne sentì forte quest’questa esigen-za di realizzare un sistema unifi-cato di misura quando decise di migliorare la gestione dello stato centralizzato. Il sistema di misura unificato avrebbe, infatti, facilitato il controllo e la riscossione dei tributi, semplificando anche la costruzione di quelle grandi opere che ricordassero la presenza del sovrano in tutto il regno. Le co-struzioni di templi, palazzi e pira-midi esigevano misurazioni di precisione: dal taglio dei blocchi di pietra al controllo complessivo dell’opera. La distanza dal gomito alla mano del sovrano, chiamata cubito del faraone, fu adottata co-me unità di misura campione e venne scolpita sulle facciate dei templi; da essa, poi, si ricavavano delle copie in pietra o legno da utilizzare in cantiere o dove ce

Come nasce una Norma Le consultiamo spessissimo e ci risolvono tanti problemi legati alla progettazione e alla realizzazione di tutto

quel che ci circonda, dai palazzi all’abbigliamento. Ma cosa sono le norme e quando sono nate? Partiamo

per un breve viaggio nella storia della normativa tecnica

Metamessaggio, s. m; pl. metamessaggi; di messaggio interno secondario che potrebbe essere dedotto o implicito, racchiuso in un messaggio principale. Ad es.: “leggere tra le righe”; in pubblicità “messaggio occulto” o “ subliminale”.

BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTAZIONE

I puntata

di Salvio Gigl io

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n’era necessità. Nell’immaginario collettivo di quella remota società, il faraone incarnava una divinità e il tempio era un’emanazione del suo potere; per estensione, il cubi-to rappresentava, quindi, un qual-cosa da proteggere e venerare con devozione religiosa. Successiva-mente, da quell’esordio fortunato, in molti si resero conto che elabo-rare un sistema metrico tornava utile non solo alle attività costrut-tive ma, in qualche modo, anche per affermare l’egemonia culturale, commerciale, economica e politica

di uno stato. In altre parole, un si-stema metrico andava ben oltre il supporto mensurale e poteva rap-presentare quasi una strategia propagandistica e da qui il meta-messaggio di cui vi parlavo in apertura! I Greci, ad esempio, con i loro notevolissimi progressi in campo scientifico e culturale riu-scirono ad influenzare l’intero ba-cino del Mediterraneo con un codi-ce di norme tecniche relative alla composizione architettonica, ba-sato sull’armonia matematica e su modelli compositivi di proporzio-

ne, i famosi stili dorico, ionico, co-rinzio e composito. Successiva-mente i Romani organizzarono un sistema di unificazione molto arti-colato con applicazioni in diversi ambiti specialmente in campo edi-lizio. Con Vitruvio, attraverso il suo trattato De Architectura, codi-ficarono ulteriormente le regole della composizione architettonica. Il linguaggio classico dell’architet-tura trovava massimo fondamento nella simmetria, termine greco indicante la proporzione tra le mi-sure di ogni elemento costruttivo basata su precisi rapporti, applica-ta sia nei singoli particolari dell’e-dificio che nel complesso dell’ope-ra. Questi canoni compositivi per l’architettura rappresentarono per diversi secoli un complesso di nor-me tecniche fondamentali nella redazione dei progetti: dalle anti-che civiltà greca e romana, pas-sando per il Rinascimento fino alla Rivoluzione Industriale dove, ulte-riormente ricodificata, veniva an-cora applicata nelle accademie di beaux arts. Sulla fine del XVIII se-colo la comparsa del Sistema Me-trico Decimale, realizzato anch’es-so sulla base di esigenze scientifi-che, economiche e politiche, aveva anche una forte connotazione idealistica derivante dall’universa-lità dei valori proposti dalla Rivo-luzione Francese. L’evoluzione della normativa: dall’architettura alle norme tecni-che industriali L’abitazione e il tessuto urbano tutto, con i suoi edifici istituzionali e privati e le relative infrastruttu-re, hanno rappresentato, allo stes-so tempo, esigenza e problematica primaria dell’uomo. E’ più che na-turale, quindi, che nel disegno pro-gettuale architettonico si siano sviluppate tutta una serie di tecni-che di rappresentazione, conven-zioni e stratagemmi grafici molto prima che in altri ambiti proget-tuali. Il Rinascimento vede la na-

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BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTAZIONE

scita di queste tecniche innovative di rappresentazione ausiliaria e rivaluta profondamente anche la figura del progettista che ora di-venta un professionista, lontano anni luce dal capomastro che diri-geva il cantiere nel Medioevo. All’architetto ora la committenza doveva dare indicazioni ben preci-se sul lavoro da realizzare; sarebbe stato successivamente lui ad ela-borarle e codificarle mettendole in tavola sul progetto necessario alla fabbricazione. Un esempio di que-ste innovazioni per il disegno tec-nico progettuale sono le prime vi-ste in sezione con l’indicazione dei relativi piani di taglio, nate proprio nel periodo rinascimentale e da cui, per ridurre le informazioni superflue, si dedussero poi le viste parziali, le semiviste e le semise-zioni, ancora oggi ampiamente utilizzate nei nostri elaborati CAD. Per far capire meglio ai costruttori specifiche informazioni dettaglia-te i progettisti cominciarono a rea-lizzare delle tavole di dettaglio con i particolari ingranditi e ine-renti ad un determinato aspetto dell’edificio da realizzare. Sono i trattati di architettura di quell’epo-ca che raccolsero, man mano che nascevano, le novità provenienti dalle tecniche di rappresentazione e cominciarono a divulgarle, dan-dogli valore di norma in virtù dell’autorevolezza dell’autore. I limiti delle tecniche di stampa dell’epoca generarono poi nuove simbologie mai più abbandonate

dal disegnatore tecnico come ad esempio i vari tipi di tratteggio utilizzati per diversificare la cam-pitura delle sezioni in base al ma-teriale, oppure lo spessore e il tipo di linea in base alla funzione geo-metrica e tecnica che esse doveva-no esprimere. Il linguaggio della rappresentazione architettonica si arricchì delle quote e delle scale grafiche o metriche che divennero rapidamente un qualcosa di indi-spensabile nei disegni di progetto e/o di rilievo. Come scrivevo qual-che rigo fa, dal periodo della Rivo-luzione Francese deriva un siste-ma metrico innovativo, quello de-cimale, destinato a diventare una sorta di copertina di capitolo di una nuova era anche nel campo del disegno tecnico che si avviava ora verso la Rivoluzione Industria-le e che applicava, con opportune modifiche, il linguaggio rappre-sentativo utilizzato per l’architet-tura alla produzione artigianale e poi industriale. Il Sistema Metrico Decimale fu promulgato a mezzo di una legge statale prima in Fran-cia e poi in tutta Europa, salvo in Inghilterra che restava così, orgo-gliosamente, isolata nelle sue nor-mative. A metà del IXX secolo l’in-dustrializzazione e gli scambi commerciali, sempre più fitti, fe-cero emergere il problema di unifi-care le unità di misura a livello internazionale e così nel 1875 si riunì a Parigi una Commissione, composta da 17 Paesi, compresa l'Italia, che decretò la creazione un

Bureau International des Poids et Mesures, o BIPM, cioè l’Ufficio In-ternazionale dei Pesi e delle Misu-re. Questo organismo scientifico internazionale permanente, il pri-mo fondato stabilmente da un in-sieme di Stati per un obiettivo d'interesse mondiale, fu ubicato nel Pavillon de Breteuil a Sèvres, nel parco di Saint-Cloud, nei din-torni di Parigi. Sebbene l’istituzio-ne è situata in Francia essa gode dello status di extraterritorialità, come le ambasciate, nomina auto-nomamente il proprio direttore e la sua attività è controllata dal Co-mitato Internazionale dei Pesi e delle Misure, il CIPM. Il Bureau riconosce solo l’autorità della Con-ferenza Generale dei Pesi e delle Misure, un’organizzazione inter-nazionale formata dai delegati de-gli Stati aderenti alla Convenzione del Metro. Da più di un secolo nei labo-ratori dell’Ufficio è stato materialmente realizzato un vastissimo repertorio di misure campionate (vi ricordate il metro in platino iridio studiato in Fisica?) e qui sono custodite. Altro scopo del BIPM è quello di garantire l'uniformità e il perfe-zionamento delle misure fisiche nel mondo. Nasceva dunque così ufficial-mente la metrologia, cioè la scienza che si occupa, a livello internazionale, dello studio dei procedimenti di misurazione delle grandezze fisiche, stabilendone i sistemi di misura e le relative unità in base a un'opportuna scelta delle gran-dezze fondamentali, delle corrispondenti unità di misura e dei relativi campioni. Continua

Pianta dell’Abbazia benedettina di San Gallo (Svizzera), 830 d.C., diventato uno standard di comunità monastica ideale

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BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTAZIONE

Andrea Palladio, Villa Capra detta “La Rotonda” (1550): semivista e semisezione

Francesco di Giorgio Martini, disegni

Il linguaggio classico degli ordini architettonici

Il Bureau International des Poids et Mesures Campioni di misura conservati presso il BIMP

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The Divergent Series: Insurgent

T he Divergent Series: In-surgent è un film diretto da Robert Schwentke, ambientato in un imma-

ginario futuro post apocalittico. Si propone come la trasposizione cinematografica del romanzo In-surgent del 2012 di Veronica Roth e sequel di Divergent del 2014. La saga prevede un terzo romanzo, Allegiant, la cui trasposizione ci-nematografica è prevista in due parti che usciranno rispettiva-mente nel 2016 e nel 2017. Le ripre-se, iniziate nel maggio 2014, si svolgono tra Chicago e Atlanta; il primo trailer è diffuso il 12 novem-bre 2014: il 20 marzo 2015 è distri-buito nelle sale cinematografiche statunitensi e, anticipato di un giorno, in quelle italiane. Per chi non conoscesse la trama del primo film della saga, consiglio di legger-

la al seguente link di Wikipedia: http://it.wikipedia.org/wiki/Divergent_(film). Sin dall'inizio di Insurgent, è chiaro che gli Intrepi-di sono divisi a metà: una parte si affida agli Eruditi, una fazione as-setata di potere, il cui scopo è con-quistare il governo di Chicago, la città in cui vivono; l'altra parte si allea con gli Abneganti con lo sco-po di contrastare proprio gli Erudi-ti. Tris (Shailene Woodley) e Quat-tro (Theo James), sempre insieme, viaggiano alla ricerca di alleati e di risposte. Inseguiti da Jeanine Mat-thews (Kate Winslet), capo degli Eruditi, attraversano, tra le rovine di questa futuristica Chicago, il quartier generale dei Pacifici, pro-gettando di riunirsi agli Intrepidi e superando prove difficilissime. Il loro scopo è quello di capire come mai la famiglia di Tris ha sacrifi-cato la propria vita e, soprattutto, perchè gli Eruditi vogliono fermar-li ad ogni costo. Con la morte di Will (Ben Lloyd-Hughes), che Tris

ha ucciso per legittima difesa alla fine del primo episodio, la ragazza non è più in grado di prendere un'arma in mano e non riesce a far pace con Christina (Zoe Kravitz): questo la renderà inquieta e im-prevedibile mettendo a repenta-glio la sua stessa vita. Intanto gli Eruditi creano un nuovo siero per controllare le menti dei divergenti di cui scoprono avere un estremo bisogno. I ribelli, alla fine, trove-ranno ospitalità presso gli Esclusi guidati da Emily (Naomi Watts). Condizionata dalle proprie scelte ma fermamente decisa a protegge-re le persone che ama, Tris, al fian-co di Quattro, affronterà sfide im-possibili fino a scoprire le verità sul passato e le immaginabili con-seguenze sul futuro. La scrittrice del romanzo, Veronica Roth, ha avuto già modo di vedere la versio-ne cinematografica di Insurgent: anche lei infatti, come molti fan, era in apprensione per il film, dati i cambiamenti effettuati rispetto al

di Nunzia Nul lo

CINEMA E ANIMAZIONE

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CINEMA E ANIMAZIONE

libro. Dopo averlo visto, però, ha garantito che l'adattamento cine-matografico di Insurgent è molto fedele alla sua versione cartacea ed ha scritto: “Il libro di Insurgent ha una trama complessa, piena di momenti commoventi, con alti e bassi, quel genere di cose che pos-sono funzionare in un libro, ma se sono portati direttamente sullo schermo rendono il film una con-fusione totale. I cambiamenti sono stati fatti velocizzando la storia, per cui sono funzionali a un adat-tamento cinematografico. In altre parole: funzionano”. Dunque il re-gista Robert Schwenke, che ha so-stituito Neil Burger alla regia del primo film, non ha abbassato il livello di qualità della saga, resti-tuendoci un film ben recitato, di-vertente ed emozionante che in-trattiene e coinvolge lo spettatore portandolo fuori dalla realtà. Non mancano colpi di scena, sequenze acrobatiche ed effetti speciali elet-trizzanti nonostante la prima par-te del film sia dominata da scene

action prevedibili ma, tuttavia, funzionali al procedimento del racconto. Dove, però, il regista ha davvero centrato il bersaglio è nel mostrarci cosa avviene nella men-te di Tris, la lotta con i suoi demo-ni interiori e la dura sfida con se stessa; le tecnologie cinematogra-fiche potenziano, così, il punto for-te del libro della Roth: esplorare l'intera psicologia femminile attra-verso personaggi forti e tanto di-versi tra loro come, appunto, Tris, Jeanine e la stessa Emily che sarà protagonista di un colpo di scena mozzafiato con cui si chiude il film. In quanto episodio "di mez-zo", Insurgent prepara al gran fina-le che vedremo in Allegiant ri-schiando di risultare debole per-chè troppo proiettato verso il futu-ro. In realtà, oltre agli impressio-nanti effetti speciali e all'azione, la storia appare ricca di particolari situazioni coinvolgenti e curiose, con una sceneggiatura originale e piena di sorprese dove il dramma e il sentimento sono perfettamen-

te armonizzati e dove la storia d'a-more tra i due protagonisti dona quel tocco di romanticismo forte ma non invadente. La fantascien-za e la realtà virtuale, con annesso colpo di scena finale, lo rendono un film intrigante ed originale che tiene il pubblico incollato allo schermo. Benchè molto apprezza-ta l'interpretazione spettacolare di Shailene Woodley e Theo James, non sono mancate polemiche da parte dei fan del libro di Veronica Roth che hanno accusato il regista di aver trasformato Insurgent in un film apocalittico e pieno di ef-fetti speciali che invece nel libro non ci sono; questo nonostante il beneplacito sulla trasposizione cinematografica da parte della stessa autrice del libro. Non ci re-sta allora che aspettare l'uscita del film per scoprire se davvero risulta essere all'altezza del libro.

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E ttore Bugatti è una delle figure più importanti del mondo automobilistico del XX secolo; egli riuscì

a combinare concretamente quan-to aveva assimilato dal ricco patri-monio artistico della sua famiglia, con le sue idee tecnologiche inno-vative, gettando così le basi per un vero e proprio linguaggio del de-sign industriale che, ancora oggi, fa scuola e da cui è scaturito un marchio inconfondibile. Bugatti aveva una sua personalissima poe-tica sulla produzione industriale; la sua principale esigenza era quella di produrre automobili che dovevano essere una sintesi per-fetta ed armoniosa di tecnologia ed estetica, immaginando le sue creazioni come delle opere d'arte totali. Per certi versi una concezio-ne che anticipava di qualche de-cennio la visione artistica dei Fu-turisti: la macchina come massi-ma espressione umana. Le sue idee e i suoi veicoli hanno costitui-to la base di partenza per la crea-zione di un marchio automobilisti-co leggendario e giustamente an-noverato tra quelli più preziosi al mondo. Con Ettore Bugatti si può parlare, senza timore di sbagliare, di una vera e propria poetica com-positiva programmatica; la sua produzione, infatti, si può articola-re su tre punti fondamentali: Arte, Forma e Tecnica. Proprio grazie a questo approccio originalissimo, le sue automobili erano di molto in anticipo sui tempi, sia tecnica-mente che stilisticamente. Altra valenza etica del suo modo di fare design era legato alla visione della

creatività, percepita anzitutto co-me un completamento della perso-nalità e poi come un potente mez-zo espressivo, capace di rappre-sentare pienamente l’autore attra-verso l’oggetto prodotto anche quando questo non è un unicum ma viene replicato in molti esem-plari. In questa ottica, che accomu-na tutti i grandi creativi di ogni periodo storico, il guadagno deri-vato dalla produzione assume un ruolo marginale, quasi di secondo piano. Sono convinto che sia proprio questa particolare perce-zione del ruolo della creatività a garantire realmente un’immortali-tà storica a certi autori, dal momento che gli “oggetti” della loro pro-duzione sono elevati a vere e proprie “paroles” paradigmi universal-mente riconosciuti. Ecco perché la figura tutta di Ettore Bugatti può giu-stamente essere colloca-ta tra i caposcuola dell’automotive dal mo-mento che i suoi modelli sono, ancora oggi, non solo degli oggetti di culto ambitissimi dai collezio-nisti del settore ma vere e proprie sintesi estetiche e tecno-logiche che incarnano gli ideali di quel preciso momento storico. In particolare due di questi veicoli racchiudono in loro la visione di Bugatti sulle automobili: la Tipo 57 SC Atlantic e l'indimenticabile Ti-po 41 Royale che Ettore aveva rea-lizzato con l’intento di farla diven-tare la macchina più potente e lus-suosa dell’epoca. Rende giustizia a questo personaggio la bella rifles-sione di Mario Barsali sulla nota biografica di Bugatti nel Dizionario

Biografico degli Italiani - Volume 15 (1972), in cui afferma: “Il Bugatti, la cui casa (una villa di gran lusso, comodità, bellezza e originalità) confinava con la fabbrica, seguiva da vicino il lavoro dei reparti, in-tervenendo con un continuo rap-porto diretto che escludeva la spersonalizzazione gerarchica. Questa atmosfera e organizzazio-ne, che suggerivano del Bugatti più un'immagine di ricco signore con

la passione, tra le altre, della mec-canica, che non l'immagine di un industriale, era espressione della sua concezione del lavoro e dell'a-zienda come grande laboratorio artigiano. Sicuro di sé, disinteres-sato, rivolto più al creare che al produrre, curando l'aspetto esteti-co e la finitura anche dell'oggetto e particolare più effimero, il Bugatti, che non aveva studi di base inge-gneristici, sviluppava le sue ricer-che con procedimenti intuitivi, "sapendo vedere" il problema glo-

DESIGNER’s STORY

Ettore Bugatti

di Salvio Gigl io

Ettore Bugatti in una foto del 1905

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Bugatti Tipo 57 SC Atlantic

Tipo 41 Royale

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DESIGNER’s STORY

balmente ed esprimendolo attra-verso disegni d'insieme, favorito da eccezionali immaginazione, memoria visiva e versatilità. La creazione di un motore come di un particolare meccanico fu per lui più un'operazione appartenente al campo delle arti applicate che a quello della tecnica industriale.”. Ettore Arco Isidoro Bugatti, questo era il suo nome completo, nacque a Milano il 15 settembre 1881, se-condo figlio di Carlo e Teresa Lo-rioli. Trascorse la sua prima giovi-nezza tra Italia e Francia grazie all’attività artistica del padre che aveva, a Parigi e a Pierrefonds nel dipartimento dell’Oise, degli studi-laboratorio, fino al definitivo tra-sferimento della famiglia. L'am-biente familiare e le amicizie ad esso connesse formeranno artisti-camente ed intellettualmente in maniera significativa il giovane Ettore. Il nonno paterno, Giovanni Luigi, era stato scultore e architet-to mentre il padre fu uno stimatis-

simo designer di mobili e gioielli in stile Art Nouveau. Suo fratello minore Rembrandt fu un impor-tante scultore. Sua zia Luigia era la compagna del pittore divisioni-sta Giovanni Segantini. Casa Bu-gatti era frequentata da affermati intellettuali ed artisti dell’epoca: i compositori Giacomo Puccini e Ruggero Leoncavallo, l'editore mu-sicale Giovanni Ricordi, il comme-diografo e librettista Luigi Illica, il pittore Antonio Rietti, gli scultori Ercole Rosa e Pavel P. Trubeckoj. Come nella maggior parte delle famiglie, anche i suoi genitori ave-vano sperato che Ettore seguisse le orme di suo padre o di suo non-no ma il giovane Ettore non era troppo innamorato degli studi di architettura, pittura e scultura, che frequentava presso la celeberrima Accademia di Belle Arti di Brera in quel di Milano, in cui era segui-to, tra gli altri, dal maestro Pavel P. Trubeckoj. Sarà un particolare epi-sodio a far intraprendere ad Ettore la strada della meccanica: nel

1898 l'ingegnere Prinetti e l'indu-striale Stucchi, amici paterni, lo avevano invitato a fare qualche giro di prova sul triciclo a motore realizzato dalla loro ditta. Fu un amore a prima vista: Bugatti non solo aveva appreso intuitivamente il funzionamento del veicolo ma aveva suggerito anche diverse modifiche che sorpresero notevol-mente i suoi creatori. Oggi Ettore Bugatti sarebbe sicuramente defi-nito come un nativo meccanico! Quello stesso anno il diciassetten-ne Ettore sarà assunto come ap-prendista dalla Prinetti & Stucchi e lo stabilimento divenne, in po-chissimo tempo, il suo laboratorio personale con il beneplacito dei suoi proprietari. Nel 1899 Ettore, per testare sul campo le sue crea-zioni, tra cui un triciclo a due mo-tori e un quadriciclo, partecipò come pilota a numerose gare mo-toristiche ottenendo anche diver-se affermazioni. Sempre nello stesso anno, Bugatti costruiva la sua prima autovettura, di piccole

Carlo Bugatti Carlo Bugatti, scrivania liberty

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Rembrant Bugatti Giovanni Segantini

Lo stabilimento della Ricordi

Giacomo Puccini Ruggero Leoncavallo

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DESIGNER’s STORY

dimensioni, con due motori ante-riori e due posteriori, per la quale la ditta Pirelli fabbricò i suoi primi pneumatici. Sul finire dell’estate di quell’anno, in seguito a dei con-trasti sorti con la Prinetti & Stuc-chi sulla realizzazione di un nuo-vo prototipo, Ettore passa con i fratelli Gulinelli a Ferrara e all’ini-zio del 1901 presenta la sua vettura che riceve il Gran Premio della mostra e una medaglia speciale offerta dall'Automobile Club di Francia all'Esposizione Interna-zionale di Allevamento e Sport di Milano. La vettura di Bugatti su-scitò l'interesse della casa auto-mobilistica De Dietrich di Nieder-bronn (Strasburgo), che acquistò i diritti di produzione, impegnando Bugatti, dal 1902, ad elaborare va-rie versioni che avrebbero portato i nomi De Dietrich-Bugatti. Ettore non aveva ancora raggiunto la maggiore età, che all’epoca era di 21 anni, per cui il contratto di set-te anni fu firmato dal padre. Nel 1904 la De Dietrich si ritirava dal settore automobilistico, svincolan-do così Ettore che in quello stesso anno entrò in società con l'im-prenditore E. Mathis a Strasburgo. Il 1907 è un anno cruciale nella vita di Ettore Bugatti. A febbraio sposa Maria Giuseppina Barbara Mascherpa, dalla quale poi avrà quattro figli (due maschi e due femmine). A settembre, sciolta la società con Mathis si trasferisce a Colonia assunto dalla Deutz Ga-smotorenfabrik, una fabbrica di motori per autoveicoli, con le mansioni di direttore del settore fabbricazione ove lavorerà per due anni. Tra il dicembre del 1909 ed i primi mesi del 1910, Bugatti chiede un finanziamento alla Darmstadt Bank di Strasburgo per realizzare l’idea di aprire uno stabilimento automobilistico tutto suo; così affitta a Molsheim gli edifici vuoti di una ex fabbrica per la tinteggia-tura di tessuti e qui fonda e da vita al suo sogno con appena venti

operai. In un solo anno il numero di operai era aumentato di ben quarantacinque unità, con una produzione annuale di 75 telai, senza carrozzeria né accessori salvo un contagiri (prezzo di ven-dita: 7.000 marchi). Nel 1913 la pro-duzione annua salì a 175 châssis. Nel 1914 erano occupati 200 ope-rai, con una produzione di 27 châssis mensili. Sarà lo scoppio della prima guerra mondiale ad interrompere brutalmente tutto. Il 2 agosto del 1914, primo giorno della mobilitazione tedesca, Bu-gatti e famiglia abbandonano Mol-sheim facendo tappa a Stoccarda ed infine a Friedrichshafen, da dove, grazie ad un salvacondotto dell’amico conte Zeppelin, rag-giungono Milano. I timori di Ettore erano legati alle sue origini italia-ne e alla sua vicinanza alla cultura francese che potevano insospetti-re non poco i militari della coali-zione germanica, nonostante la sua proficua presenza e attività pluriennale in territorio tedesco. Fece una sortita a Molsheim nel settembre 1914, precedendo la re-quisizione dello stabilimento, riu-scendo a nascondere sottoterra tre prototipi di motori da corsa deri-vati dal "modello 13" su cui stava lavorando. Nel novembre dello stesso anno si spostò in Francia e, nel maggio del 1915, con la discesa dell'Italia nel teatro bellico, fu ar-ruolato presso la Section techni-que de l'Aéronatique militaire e dislocato vicino Chalais a Meudon. In questo periodo progetterà due motori per aerei da combattimen-to. Nel novembre 1918, terminate le ostilità, Bugatti rientra a Mol-sheim, ormai riannessa con l'Alsa-zia alla Francia. Trovò l'officina completamente distrutta e, dopo un primo momento di smarrimen-to, riuscì a riaprirla già nel gen-naio 1919. Era un momento diffici-le per Ettore perché, nonostante il suo apporto ingegneristico per il conflitto, il governo francese ri-

fiutava di indennizzargli i danni di guerra, essendo un cittadino ita-liano; il governo italiano, dal canto suo, glielo rifiutava perché tutti i suoi beni erano all'estero! Si tirava avanti con la vendita di brevetti e di licenze per la fabbricazione di motori realizzati da altri produtto-ri, come l’italiana Diatto, l’inglese Crossley e la tedesca Rabag. Il te-nace designer, nonostante le diffi-coltà economiche, trionfa a Le Mans nel 1920 e partecipa al Sa-lon de l'Automobile del 1921 che rappresenta un vero giro di boa; da quel momento in poi è un conti-nuo crescendo di progetti, compe-tizioni sportive, successi e fortu-nate realizzazioni automobilisti-che, fatto di coppe, vittorie e belle auto amate dal pubblico e dalla critica. In quel periodo si avvia la produzione di automobili icona che la gente associa subito al pre-stigioso marchio: vetture da com-petizione, sportive e da gran turi-smo con un elevatissimo livello di finitura, difficilmente riscontrabi-le in qualsiasi altro produttore dell’epoca. Furono anche gli anni del maggior numero di vittorie sportive: 468 nel 1925, 577 nel 1926, 806 nel 1927. La Targa Florio era all’epoca la prova più estrema a cui poteva essere sottoposta un’automobile che doveva rispon-dere positivamente in termini di resistenza, elasticità e manegge-volezza; la Bugatti la vinse per quattro anni consecutivi, dal 1925 al 1929. Dalle scuderie Bugatti uscirono i più bei nomi della storia dell’automobilismo: R. Benoist, L. Charavel (Sabipa), J. Chassagne, L. Chiron, B. Costantini, i fratelli P. e F. de Vizcaya, A. Divo, R. Dreyfus, Ph. Étancelin, E. Friderich, C. Ma-setti, E. Materassi, T. Nuvolari, A. Varzi, W. Williams, P. Wimille. Le competizioni sportive erano per Bugatti degli stress test a cui sot-toporre le vetture per eliminare difetti ed affinare la produzione ed anche un modo efficacissimo di

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DESIGNER’s STORY

Il triciclo a motore di Bugatti per la Prinetti & Stucchi

Il motore della Bugatti Tipo 57

Una reclame della Prinetti &Stucchi De Dietrich Bugatti Tourer

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DESIGNER’s STORY

fare pubblicità alla propria azien-da. I cataloghi Bugatti erano veri e propri portfolio in cui elencare caratteristiche tecniche e podi conquistati. La produzione di serie derivava direttamente dalle auto da competizione adottando le stesse soluzioni e materiali ma con motorizzazioni meno spinte. Questo meraviglioso decennio sta-va per concludersi e all’orizzonte si configuravano già i prodromi di un nuovo conflitto bellico. Il primo e duro colpo lo inferse la grande crisi mondiale del 1928 che co-minciò a far declinare, gradual-mente ed inesorabilmente, l’era dell’artigianato di lusso per fare spazio alla nuova produzione se-riale di bassa qualità e dal costo contenuto. Il lettore non dimenti-chi poi che quegli anni erano vio-lentemente animati dalla lotta di classe alimentata dagli ideali del massimalismo rivoluzionario di Sorel e dalla visione sociale di K. Marx che confluivano nelle conce-zioni più estremistiche ed ideolo-gizzate del socialismo prima e del comunismo poi, per dirompere, infine, nel nazional socialismo e nel fascismo e in cui non c’era più spazio per quella originalissima concezione che Bugatti aveva del fare industria. Nel 1936 l’amata fabbrica fu occupata in seguito ad uno sciopero; la cosa fu vissuta come un vero oltraggio da Bugatti che restò addolorato e, sorpreso, si ritirò dalla direzione. Fu il figlio Jean, con impegno e abilità, a prendere in mano la situazione per tre anni fino alla sua tragica e prematura scomparsa nell’agosto del 1939 in un incidente stradale, durante il collaudo di un modello. Jean aveva portato via con se un’intera epoca e i sogni migliori di Ettore; infatti, pochi mesi dopo la sua morte scoppiò la seconda guerra mondiale e questa volta fu veramente la fine del glorioso sta-bilimento. Tutto cominciò nel set-tembre del 1939 con lo spostamen-

to della produzione da Molsheim, che essendo zona di confine era molto esposta, a Bordeaux. Fu un rimedio inutile perché nel luglio 1940 la regione di Bordeaux fu in-vasa dalle truppe tedesche. Nel frattempo l'industriale tedesco Trippel, produttore di veicoli mili-tari anfibi, ottenne prima la ge-stione dello stabilimento di Mol-sheim, in seguito al sequestro sca-turito dal rifiuto di Ettore di ritor-nare in Alsazia, e poi i magazzini ed i macchinari di Bordeaux, ritra-sferiti ad ottobre a Molsheim dall'autorità tedesca. L’improvvisa interruzione produttiva legata alla guerra aveva anche creato un grosso scoperto bancario presso la Banca Rurale di Strasburgo ed al-cuni fornitori intrapresero un’a-zione legale contro Bugatti che si risolse con la vendita all'asta, nel dicembre del 1941, della sua azien-da pagata 150 milioni di franchi a fronte di un valore stimato di 334 milioni. Al danno si aggiunse an-che il fango delle accuse di colla-borazionismo per aver ricevuto danaro dai tedeschi e così la fab-brica fu confiscata dal governo francese. Per lo stato francese, la Bugatti era considerata una indu-stria nazionale che non poteva quindi essere venduta alla Germa-nia. Fortunatamente Ettore prese la cittadinanza italiana nel 1946 cosa che lo escludeva, così, da di-ritti a indennità. Dopo molti nego-ziati, sostenendo il motivo della vendita forzata, Bugatti finì col citare la Administration des do-maines ma perse la causa nel no-vembre 1946 al tribunale di Saver-ne. Bugatti ricorse subito in appel-lo che vinse l’11 giugno 1947 pres-so la corte di Colmar. Una malattia palesò fisicamente le tante prove a cui Ettore era stato sottoposto negli ultimi anni e ne causò la morte il 21 agosto del 1947 a Neuil-ly-sur-Seine nei pressi di Parigi. Lo stabilimento realizzato da Bu-

gatti rispecchiava concretamente quanto Ettore aveva assimilato in gioventù in seno alla sua grande famiglia. Era lontano anni luce dalla visione di uomo/automa del Taylor o dalla organizzazione in-dustriale di Henry Ford, sapiente-mente parodiata da Chaplin nel celebre cortometraggio “Tempi moderni”, in cui la produzione se-riale e automatizzata riesce a tra-sformare la qualità in un sottopro-dotto della quantità. In Bugatti vi-vevano gli alti ideali dell’Art No-veau e il suo stabilimento rappre-sentava una delle massime appli-cazioni di quella tendenza creati-va. In quello stabilimento nasceva il concetto stesso di industrial de-sign applicato all’artigianato di alta qualità, vera connotazione del Vecchio Continente ed eredità, tutta italiana, di Ettore. Più che di una fabbrica, nonostante il livello organizzativo raggiunto, ci si tro-vava dinanzi ad una grande botte-ga artigiana in cui regnavano puli-zia, ordine, decoro e buon gusto capaci di rendere quel complesso di produzione, con i suoi quasi millecinquecento dipendenti nei momenti migliori, un qualcosa di unico ed irripetibile. Più che ope-rai da catena di montaggio, co-stretti a ripetere infinitamente la stessa operazione, Bugatti voleva uomini attenti e partecipi al pro-cesso produttivo; ecco quindi la cura estrema nella selezione e for-mazione del personale, proprio come accadeva nelle antiche cor-porazioni artigiane, da cui si esi-geva la massima scrupolosità nel-la realizzazione di qualsiasi lavo-ro. Tutto ciò si tramutava in pro-dotti eccezionali per il grado di precisione e rifinitura raggiunti. L’autonomia produttiva era un al-tro ingrediente dello stabilimento Bugatti, ancora una volta come accadeva nelle migliori botteghe artigiane del Rinascimento italia-no. Esso, infatti, era in grado di produrre non solo tutti i pezzi del-

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Stabilimento Bugatti a Molsheim, Alsazia (esterno ed interno)

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le autovetture ma possedeva delle capacissime attrezzerie da cui uscivano utensilerie e macchinari necessari alle varie fasi di lavora-zione. E’ impossibile descrivere con completezza in queste poche pagi-ne tutto l’ingegnoso lavoro di Etto-re Bugatti, anche se sarebbe vera-mente molto bello riuscire a farlo con un libro: i suoi 950 brevetti lo rendono un personaggio enorme e un protagonista della storia della tecnica dei primi decenni del XX secolo. Ho cercato, quindi, di ripor-tare qui, dalla sua straordinaria e copiosa produzione, quei pezzi più pregiati che sono stati riconosciu-ti tali anzitutto dal pubblico dell’e-poca più che dalla critica. Per gli approfondimenti rimando gli ap-passionati a visitare lo splendido sito della Bugatti: http://www.bugatti.com/fr/tradition/les-modeles-bugatti.html 1899 con Prinetti & Stucchi, moto-re a 4 cilindri a valvole in testa, 3.000 cm3 di cilindrata, 90 mm di alesaggio per 120 di corsa, raffred-damento a circolazione d'acqua, accensione sia a bruciatori sia a batteria con bobine o candele, tra-smissione a catena, 4 marce ante-riori e retromarcia, 60 km/h di ve-locità, kg 650 di peso. 1902 - 1903 con De Dietrich, Bugat-ti doveva costruire tre serie di vei-coli: da 10 CV, da 15 e da corsa, die-tro compenso di 50.000 franchi, più le somme di 400, 500 e 2.000 franchi per ogni vettura venduta. Fra le serie realizzate va ricordata quella del 1902, molto bassa, a 4 cilindri, 5.300 cm3 di cilindrata, alesaggio di mm 114 e corsa di mm 130, 50 CV di potenza, preparata per la corsa Parigi-Madrid e pro-dotta poi in diverse varianti, e quella del 1903, alesaggio e corsa 130 per 140, 7.500 cm3 di cilindra-ta. 1904 con E. Mathis, "modello Hermès": 4 cilindri e 8 valvole, al-

bero a camme in testa, 140 per 160, 9.000 cm3, 60 e 90 CV, sviluppato presso la Société alsacienne de constructions mécaniques di Graf-fenstaden. 1907- 1909 con Deutz Gasmotoren-fabrik prototipo monoblocco a 4 cilindri, albero a camme in testa, 150 per 150, 10.000 cm3, 50 e 60 CV; prototipo 4 cilindri e 8 valvole, al-bero a camme in testa, 95 per 120, 3.200 cm3, 13 e 25 CV, trasmissio-ne cardanica. Progetto in proprio: prototipo ultraleggero peso kg 300, 4 cilindri e 8 valvole, 62 per 100, 1.100 cm3, km/h 80 che fu la base del "modello 13". Periodo iniziale della sua fabbrica

1910, prime cinque vetture "modello 13" monoblocco a 4 ci-lindri e 8 valvole, albero a cam-me in testa, 65 per 100, 1.400 cm3, circa km/h 100, quattro sospen-sioni semiellittiche a balestre multiple e sottili.

1911, modello superleggero due e quattro posti, 55 per 90, 855 cm3, 10 CV, km/h 80 che fu acquistato nel novembre e prodotto dalla casa Peugeot di Beaulieu sul Doubs: era la famosa "Bébé Peu-geot", nel 1914 arrivata già a 3.000 esemplari.

1912, vettura da competizione, co-struita in tre o quattro esemplari, 4 cilindri, 100 per 160, albero a camme in testa, due valvole d'immissione e una terza molto grande di scarico per cilindro (soluzione applicata sulle 8 cilin-dri e infine generalizzata), nuovo sistema di comando delle valvo-le, 5.000 cm3, km/h 160. Il model-lo "Garros" dal nome dell'aviatore che ne acquistò un esemplare.

1914, modello per Indianapolis (4 cilindri, 100 per 180, 5.650 cm3, km/h 180) derivato dal "Garros"; nuovo tipo di sospensione poste-riore; messa in produzione del "modello 22"; preparazione delle elaborazioni a 16 valvole del "modello 13".

Periodo bellico, motori aereo: il

primo a 8 cilindri in linea, 120 per 160, 14.500 cm3 250 CV) fu messo in produzione nel 1916-17 dalle ditte Diatto e Delaunay; il secondo 16 cilindri affiancati, 120 per 160, 29.000 cm3 400 e 500 CV, doppio albero motore, demolti-plicatore, messo in produzione dalla Peugeot per conto del go-verno francese e dalla Duesen-berg di Elisabeth nel New Jersey per conto del governo americano (40 esemplari; 2.000 commissio-nati al momento dell'armistizio). Da questo secondo modello deri-varono diversi motori per aerei, a cilindri affiancati o contrapposti, tra cui il Bréguet francese.

Periodo post bellico 1919, sulla base dei tre motori da

corsa elaborati nel 1914 a 16 val-vole, ritrovati in buono stato, ini-ziava la produzione del nuovo "modello 22", del "modello 23" e del "modello 13 Brescia", tutti a 16 valvole. Le vittorie nel Grand Prix di Le Mans (1920) e nel Gran Premio di Brescia (1921) confer-mavano la bontà dei motori.

1921, Salon de l'Automobile, “modello 28" (8 cilindri e 24 val-vole, 70 per 100, 3.000 cm3), da cui prese avvio l'anno dopo il noto "modello 30" (60 per 88, 2.000 cm3).

1924, nuova autovettura a 8 cilin-dri "modello 35": 8 cilindri e 24 valvole, 60 per 88, 2.000 cm3, al-bero motore su rulli, assale ante-riore curvo e cavo, ponte poste-riore a scatola, ruote in lega leg-gera con incorporati i tamburi dei freni, peso intorno a 660 kg. Il motore rimase a lungo in produ-zione nei tipi competizione, sport e turismo, in diverse va-rianti e su diversi modelli. Fu dotato di compressore nel 1926 e, nello stesso anno, vinse tra l'al-tro la Targa Florio, i Grandi Pre-mi di Roma, d'Alsazia, di Francia, di Spagna, d'Europa, di Boulogne, d'Italia, di Milano e i campionati del mondo e dei paesi latini. Mo-

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Tipo 13 ,22, 23, 1914 e poi dal 1919 al '26 (foto Bugatti) Tipo 16 Bebè, 1912/'14 (foto Bugatti)

Tipo 5, 1903 (foto Bugatti) Tipo 2, 1900 (foto Bugatti)

Tipo 13 ,14, 15, 17, 1910 - 1920 (foto Bugatti) Tipo 10, 1909 (foto Bugatti)

Tipo 18, 1908, 1912 sino al '14 (foto Bugatti) Tipo 28, 1920/'21 (foto Bugatti)

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tore d'aereo "modello 34", che avrà anche altri impieghi, di resa e robustezza eccezionali: 16 ci-lindri in doppia linea, 2 alberi motore, 125 per 130, 25.000 cm3.

1925, il "modello 37" (4 cilindri, 69 per 100, 1.500 cm3, con e senza compressore, km/h 170 e 150), uscito in versione turismo l'anno seguente ("modello 40") e, anco-ra, nel 1930 ma con alesaggio au-mentato;

1926, "modello 39" (8 cilindri, 1.500 cm3, con varianti nella corsa e alesaggio);

1927, "modello 43", vettura sportiva a due e quattro posti di grande successo (8 cilindri, 60 per 100, 2-300 cm3, km/h 170-175); "modello 41", la famosa autovettura "Royale", fuori catalogo, prodotta in soli sei esemplari più il proto-tipo, prezzo di 500.000 franchi senza carrozzeria, garanzia a vita, di eccezionale silenziosità, elasticità e potenza (in seconda accelerava da 5 a 150 km/h), che utilizzava il blocco del motore "modello 34" (8 cilindri, 125 per 1130, e 125 per 150, 12.800 cm3 e 14.750 cm3, più di 300 CV, 3 ton-nellate di peso, km/h 200).

1928, "modello 45", vettura sportiva a due posti 16 cilindri in doppia linea, 60 per 84, 3.800 cm3, dop-pio albero motore e doppio com-

pressore, km/h 200, riproposto l'anno seguente con corsa e ci-lindrata diminuite ("modello 47").

1930, "modello 50" 8 cilindri, 86 per 107, 4.900 cm3, doppio albero a camme, compressore, km/h 175, e 160 nella versione turismo, ri-preso nel 1931 col "modello 53" (vettura a 4 ruote motrici, km/h 200) e nel 1932 col "modello 54" che conquistava l'anno seguente il record mon-diale dell'ora con km/h 216; "modello 51" che riprendeva il "modello 35" introducendo il doppio albero a camme e 8 val-vole a 90º.

1931, locomozione ferroviaria, rea-lizzazione di un'automotrice, completata nel 1933. Il prototipo svolse regolare servizio quotidia-no, per tutto il 1933, sul percorso Parigi-Deauville-Cabourg e ritor-no. Aveva 107 posti (84 seduti, 23 in piedi), pesava 22 tonnellate e mezzo, era lungo m. 22, raggiun-geva i 100 km/h in 1' 43'', frenava a 105km/h in m 275, era mosso da due motori derivati dal "modello 34"(che equipaggiava anche la "Royale") per 400 CV e km/h 150. Nelle prove raggiunse i 171km/h e l'automotrice si attri-buì poi il record di 196km/h. Tra le innovazioni, oltre ai sedili re-

versibili nei due sensi di marcia e dispositivi di aggancio dei va-goni, adottava ruote elastiche (cerchione in acciaio gommato) e doppio carrello a 4 assi (di cui due di guida) che assicuravano una perfetta stabilità laterale e una tenuta eccezionale: nessun asse poteva deragliare anche per un salto di binario di cm 50. Il successo assicurò a Bugatti, fino al 1937, la produzione di 80 auto-motrici, in diversi tipi (leggera a due motori; "Présidentiel" a quat-tro motori; a uno, due e tre ele-menti).

1934, “modello 57", 8 cilindri, 72 per 100, 3.800 cm3 doppio albero a camme. Classe turismo: châs-sis franchi 73.000; berlina 113.000, coupé 115.000; classe sport: châssis 100.000, coupé 140.000 e 150.000; classe compe-tizione: châssis 120.000.

Tipo 29, 1922 (foto Bugatti) Tipo 32, 1923 (foto Bugatti)

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Tipo 55, 1932/‘34 (foto Bugatti) Tipo 57, 57S 1934/‘39 (foto Bugatti)

Tipo 40, 1926/’30 (foto Bugatti) Tipo 41, Royale 1926/’33 (foto Bugatti)

Tipo 50, 1931/‘33 (foto Bugatti) Tipo 46, 1929/‘33 (foto Bugatti)

Tipo 64, 1939 (foto Bugatti) Tipo 68, 1945/‘46 (foto Bugatti)

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INTERVISTA

Robson Jacobsen

Community vuol dire anzitutto condivisione e Robson ha percepito pienamente questo spirito che sottende da due

anni la nostra ARS! Ha cominciato da poco tempo a pubblicare degli splendidi tutorial in lingua portoghese dal Ca-

nale YouTube ha cui ha dato semplicemente il suo nome. Nonostante il gap linguistico le indicazioni sono chiarissi-

me e i video sono di elevata qualità, aspetti che nel loro insieme mi hanno convinto ad inserire questo canale tra le

risorse della Comm. e a chiedere a questo nuovo amico un’intervista per conoscerlo meglio.

C iao Robson, presentati ai nostri lettori Sono Robson Jacobsen, ho 37 anni e sono sposa-

to con la mia cara Patricia da cui ho avuto 2 figli, Joni e David. Sono brasiliano ma da undici anni risie-do in Spagna, sull'isola di Gran Canaria. Ho iniziato a lavorare nel 1995 a San Paolo, in Brasile, con la decorazione d'interni, tre anni do-po mi trasferì a Bahia, dove ho vis-suto fino al 2003, e dove ho lavora-to come interior designer per una società che si occupava a di con-trosoffittature in cartongesso ed oggetti decorativi. In questa azien-da sono stato circa cinque anni e poi ho deciso di mettermi in pro-prio ed ho avviato la mia piccola impresa di progettazione ed alle-stimento di controsoffittature con cinque dipendenti. Solo nel 2000 mi sono avvicinato al CAD, quando ho incontrato un architetto che mi ha insegnato a fare progettazioni

al computer che prima facevo con tecnica tradizionale. Mi sono ap-passionato all'informatica e gra-dualmente ho imparato ad utiliz-zare AutoCAD. Nel 2003 ho chiuso l'attività e mi sono trasferito in Portogallo per lavoro. Un anno do-po sono passato in Spagna ove vi-vo con la mia famiglia. Sono un amante dell’informatica, infatti sto studiando per la laurea in inge-gneria informatica, anche se mi hanno sempre affascinato l’archi-tettura e l’interior design. La musi-ca è un’altra delle mie passioni: mi piace suonare il pianoforte e crea-re musica. A quanti anni hai cominciato a disegnare? Quando hai scoperto il disegno tecnico? Ho iniziato a disegnare quando avevo circa 13 anni e, sinceramen-te, mi è sempre piaciuto: all’inizio disegnavo automobili e parti mec-caniche, ma è stato solo quando ho iniziato a lavorare che ho scoperto la progettazione: gli architetti por-tavano i loro elaborati ed io ero l'unica azienda che li sapeva inter-pretare. Mi sono appassionato al

disegno architettonico proprio da quelle planimetrie che ridisegnavo in maniera semplificata e così, gradualmente, ho imparato. Ricordi ancora il primo disegno tecnico che hai fatto? In ditta dovevamo apportare alcu-ne modifiche in un progetto e l'ar-chitetto che aveva redatto le tavo-le era in viaggio… il mio capo mi chiese se ero in grado di fare quei cambiamenti, risposi che ci avrei provato. E’ stato allora che ho fatto il mio primo elaborato 2D vero e manualmente. Naturalmente non si tratta va di nulla di estrema-mente complesso: era solo un’uni-ca semplice planimetria anche se per me fu un’esperienza molto pia-cevole. Successivamente, di tanto in tanto, mi esercitavo facendo prima dei piccoli progetti, che non richiedevano la presenza di un architetto, e poi ho continuato a realizzare tantissimi i progetti di decorazione d'interni. Quando hai scoperto il mondo dell'informatica? E 'stato nel 1998. Avevo bisogno di

di Salvio Gigl io

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INTERVISTA

fare una presentazione e un amico di San Paolo mi ha insegnato a usare il programma PowerPoint, per me è stato come fare un viag-gio in un altro mondo! Da quel giorno non ho mai più lasciato l’informatica. Oggi sto utilizzando GNU Linux e Windows, ma è un gran peccato che non ci sono mol-te opzioni per progettare con Li-nux come per altri sistemi operati-vi. Qual è stato il primo programma

CAD che hai imparato a usare? Il primo programma che ho usato è stato ArCon, con cui ho realizza-to molti progettazioni a Bahia. Successivamente ho iniziato ad usare AutoCAD che, anche se mi sembrava troppo complicato all'i-nizio, a poco a poco ho imparato a dominare. Quando hai scoperto SketchUp? Utilizzi molto questo software? Ho conosciuto Sketchup nel 2003, attraverso una ricerca online. Ho

scaricato la versione di prova e ho iniziato a testarlo. All'inizio sem-brava solo un programma per di-lettanti, ma rapidamente mi sono reso conto che aveva un grande potenziale. Ho scaricato il manua-le e la versione Pro di Sketchup ed ho imparato a usarlo. Oggi è il mio software preferito perché faccio il 90% del mio lavoro con esso. Quali sono i vantaggi di SketchUp rispetto altri programmi concor-renti?

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INTERVISTA

Beh, Sketchup amplia continua-mente la propria gamma di plug-in che consentono la modellazione di quasi tutti gli elementi, offrendo così qualcosa di più che un sem-plice strumento per la creazione di disegni. Uno dei vantaggi di Sket-chup, ad esempio, e che viene uti-lizzato per pubblicare modelli su Google Maps, con gli edifici in 3D disegni layer possono essere visti da tutti gli utenti di tutto il mondo fino a quando il caso di un edificio reale modellato. E 'molto facile da gestire e ha un sacco di plugin di-sponibili che facilita il processo di modellazione. Utilizzi altri programmi di model-lazione 3D? Se si, quali? Per alcuni lavori uso AutoCAD e per altri uso il Blender. Non ho una grande dimestichezza con Blen-der, lo trovo un software spettaco-lare ma veramente poco tempo per immergermi in esso come mi pia-cerebbe fare. Uno dei miei obietti-vi imparare a gestire completa-mente Blender: offre molti vantag-gi rispetto agli altri ed uno di que-stui è che è software libero. Qual è il programma di rendering che preferisci di più e perché? Sinora ho imparato ad utilizzare tre motori di renderizzazione: V-Ray, Kerkythea e Blender. Il mio preferito è V-Ray, non perché sia il migliore dei tre, ma perché mi identifico meglio con esso. Io sono del parere che la bontà di un moto-re di rendering dipenda anzitutto dalla sua facilità di gestione. Ho visto tantissimi rendering di mo-delli con diversi tipi di materiali e tutti di ottima qualità; se le impo-stazioni sono gestite correttamen-te la produzione da sempre ottimi risultati. Per quel che riguarda V-Ray ti dico che oltre ad essere un software molto popolare, ha un enorme quantità di letteratura e tutorial dedicati ad esso e che i tempi per i rendering statici sono

sempre accettabili. Quando hai scoperto YouTube e Google Plus? Ti piace questa rete Sociale? Nel 2007 ho iniziato ad usare You-Tube per guardare documentari e caricare alcuni video personali che sono ancora lì nel mio canale. Ma fu solo nel 2012 che, in realtà, ho dato maggiore attenzione ai canali; da poco ho iniziato a mi-gliorare i video che carico, cercan-do di offrire qualcosa che serva da supporto per chi vuole avventurar-si nel mondo del design. Google Plus l’ho conosciuto quando stavo trattando un affare online ed ave-vo bisogno di fare una video con-ferenza. Con i Social Network sono un principiante assoluto anche se mi sono reso conto che è una bella opportunità per presentare il mio lavoro. Se dovessi dare un consiglio ad un giovane disegnatore tecnico alle prime armi, cosa gli diresti? Di armarsi di molta pazienza per-ché, in un primo momento, i suoi modelli non avranno molta qualità e sarà sicuramente criticato. Avrà bisogno di spendere molto del suo tempo libero per imparare ad usa-re e testare diversi programmi di progettazione. Il consiglio più im-portante è quello di intraprendere questa strada soprattutto per pas-sione più che per fare soldi: il de-naro verrà con il tempo! Un buon apprendista disegnatore deve ave-re tantissima passione per que-st’arte, deve essere un sognatore ma senza perdere mai di vista la realtà e deve avere tantissima for-za di volontà per combattere senza sosta. Sei mai stato in Italia? Cosa ne pensi, francamente, del nostro paese? Non sono mai stato in Italia, ma è sulla mia lista dei posti che voglio conoscere in un futuro non troppo

lontano. Ho molti amici italiani e anche degli amici non italiani che però vivono in Italia. Ci sono molti luoghi in Italia che voglio visitare come, ad esempio, Roma e Vene-zia. Ci sono così tante cose che mi piacciono dell'Italia che è quasi impossibile elencarle tutte qui. Mi piace la lingua, la cucina, il gelato, l'architettura, la musica, ecc .... Incontrare l'Italia è un sogno anco-ra da realizzare. Come vedi l'Unione Europea: ti piace, cambieresti qualcosa o va bene così com'è? Ciò che più mi piace della UE è la libertà di transito per persone e prodotti. Io sono tra coloro che credono che il mondo non dovreb-be avere confini. I tuoi sogni e progetti per il futu-ro... Finire la Facoltà d'ingegneria in-formatica ed impiegare quanto ho appreso in tecnologia per combi-narlo con l'architettura. Voglio es-sere uno sviluppatore di software specializzato per l'architettura e, nel tempo libero, continuare a creare i miei progetti. Spero di viaggiare molto e godermi i frutti del mio lavoro.

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INTERVISTA

Matteo Rubboli

E’ uno dei personaggi più famosi di Google Plus… Con il suo splendido Vanilla Magazine ci ha fatto e ci fa girare il

mondo, mettendoci costantemente, e gratuitamente, al corrente sulle ultimissime novità del design, dell’arte, della

tecnologia, indagando su misteri e storia. Matteo da sempre mi appare un cittadino del mondo pieno di curiosità per

tutto ciò che di bello e prezioso l’uomo riesce a creare, un grande divulgatore e uno tra i pochi utenti di Google Plus

che offre senza secondi fini le sue tantissime conoscenze... Insomma, un personaggio pieno di fascino e simpati-

cissimo che avevo voglia d'intervistare già da parecchio tempo e che oggi cerco di “riassumere” per voi in queste

poche righe sperando gli rendano giustizia :)

P artiamo subito con una bella auto presentazione per i nostri lettori: chi è Matteo Rubboli?

Parto con un saluto a tutti i lettori di CADZINE, e soprattutto a Salvio Giglio, che è un esempio di cordia-lità e persona squisita rara nel mondo del web. Matteo Rubboli è un papà di 32 anni che ha fatto di internet e del mondo dei blog una passione e una professione. Dal tuo strepitosissimo sito, Vanil-la Magazine, ogni giorno escono fuori cose veramente molto belle e fonte di sicura ispirazione per chi ti segue. Quando e come è nata la tua creatura? Vanilla Magazine nasce nel 2011, nel momento in cui ho capito che

esprimersi online mi avrebbe dato la possibilità di affrontare un per-corso di maturazione personale che in altro modo non sarei riusci-to a intraprendere. Il viaggio af-frontato per arrivare al sito com’è oggi è stato lungo e (fortunatamente) complesso, e mi ha dato modo di entrare in contat-to con tantissime persone appas-sionate dei tanti (troppi?) argo-menti di cui parla il sito. Si percepisce quasi immediata-mente che dietro Vanilla c'è un attento osservatore della vita, de-clinata nelle sue essenze più belle ed elevate: arte, forma e tecnolo-gia. Hai seguito tu stesso un per-corso di studi specifico per rag-giungere questi risultati? A livello personale la mia forma-zione è molto poco ortodossa (per uno scrittore) avendo fatto il liceo scientifico e avendo cominciato (senza finire) l’università sbaglia-

ta. Le poche nozioni che ho appre-so le devo principalmente al mon-do di internet e ai tantissimi libri letti in gioventù, ma soprattutto alla continua voglia di conoscere e sperimentare. Il mondo del lavoro poi mi ha messo di fronte alla ne-cessità di padroneggiare diversi argomenti con proprietà di lin-guaggio e conoscenza tecnica, quindi per me la voglia di cono-scere è stata legata anche ad una necessità molto più pragmatica come la competitività professiona-le. Sei un personaggio cosmopolita e da tanti tuoi post si capisce che ami molto l'area mediterranea in particolar modo la Grecia.... Hai qualche legame particolare con quella terra? La Grecia è la mia seconda patria, in cui passo molto tempo in fun-zione delle stagioni. Ho avuto la fortuna di conoscere una donna

di Salvio Gigl io

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INTERVISTA

fantastica con cui condivido la mia vita personale che è greca al 100%, insieme e grazie alla quale ho trovato un equilibrio fra lavoro e vita personale che, vivendo solo in Italia, non ero mai riuscito a raggiungere. Diciamo che più che un legame è proprio un amore di-chiarato nei confronti dell’Ellade. L'architettura è un tema ricorrente di Vanilla, che raccoglie ed offre tantissimi articoli su realizzazioni progettuali molto particolari... Quali sono i tuoi architetti con-temporanei preferiti? L’architettura è stato un argomen-to complesso con il quale confron-tarsi, e deriva principalmente dai miei trascorsi lavorativi nel cam-po dell’edilizia. In verità lo scopo principale delle pubblicazioni di Vanilla Magazine è quello di mo-strare la tecnologia e il pensiero dietro la costruzione di edifici per l’uomo, e quindi la rubrica vuole essere una risorsa alla quale ispi-rarsi per un futuro sostenibile piuttosto che un esercizio estetico. Per quanto riguarda gli architetti sarebbe facile citare Oscar Nie-meyer, Renzo Piano o Zaha Hadid, ma in verità non ci sono architetti che preferisco rispetto agli altri proprio perché, molto spesso, alcu-ne delle idee maggiormente inno-vative vengono da studi di persone magari semi sconosciute, ma che rispondono, con le loro capacità progettuali, a specifiche esigenze di ecosostenibilità. WEB e divulgazione culturale, un meraviglioso binomio che sembra aver trovato in Google un patron di tutto rispetto. Parlaci della tua esperienza di questi ultimi anni in rete. Questa è una domanda che potreb-be aprire un trattato di lunghezza biblica. Cercando di essere conci-so e non annoiare i lettori, credo che la rete sia l’invenzione più de-mocratica mai realizzata, e che

ponga di fronte alle persone la possibilità di accedere alla cultura nel modo più semplice che la sto-ria dell’uomo abbia mai conosciu-to. Google è fortunatamente un’a-zienda attenta al progresso nel senso “vero” della parola, ma rima-ne pur sempre un’azienda, che quindi deve fare profitto. Facebook e Google si dividono in parti (quasi) uguali il mondo del web, e sono diventati due asset come possono essere il petrolio o il gas naturale. Penso che i governi e il legislatore dovrebbero garantire la giustizia nell’utilizzo e nella pub-blicazione delle informazioni (pensiamo al materiale pedopor-nografico, al bullismo in rete etc) e molto si sta facendo (e si è fatto) in questo senso. Il web ha solo 20 an-ni, quindi è impensabile che abbia dei regolamenti evoluti come ad esempio quelli che, in paesi civili, regolano la libertà di stampa. En-tro qualche decennio assisteremo alla regolamentazione dell’utilizzo del web, e noi utenti abbiamo il compito e la responsabilità di ga-rantire alle generazioni successive la stessa libertà con cui noi oggi ci muoviamo in rete. Italia, potenzialità e negligenze del nostro Paese in ambito artistico e culturale. Dal tuo particolarissimo osservatorio che futuro vedi? Vivendo Italia e Grecia posso dire che conosco bene il "lato oscuro" dei beni culturali a livello statale. Purtroppo non so come sia il futu-ro, ma so che il presente potrebbe essere decisamente più florido. Per fare un esempio, l’anno scorso sono stato al museo dell’Arte Mo-derna di Singapore, il quale ospita-va, in molte sale, banchi e sedie di scuola che avevo "scaldato" quan-do ero alle elementari e medie. Il patrimonio di cui disponiamo è immenso, e dalle nazioni più ric-che vengono a prenderci addirittu-ra banchi e sedie che noi conside-riamo di una banalità imbarazzan-

te. Siamo sicuri che facciamo il giusto per promuovere la nostra Italia? Crisi, crisi, crisi... ma a parer tuo il peggio è passato e cosa ci dobbia-mo aspettare in futuro dal pac-chetto Europa? Penso che il mondo abbia cono-sciuto uno spostamento deciso della ricchezza, accelerato dalla scellerata crisi dei mutui subpri-me. L’Europa, anche se non ne è stata causa diretta, ha risentito nel modo più profondo la crisi, che era però assolutamente inevitabile. Lo spostamento della produzione in-dustriale dai paesi europei a quelli asiatici e BRICS era solo questione di tempo, e lo stesso atteggiamen-to delle persone nei confronti dei prodotti nazionali ha velocizzato il passaggio di mani nella produzio-ne di beni. Penso che più che “crisi” si debba pensare ad un nuo-vo status quo, che è stato chiama-to “crisi" solo perché si è presenta-to in tempi rapidissimi, 3 o 4 anni. Il futuro sarà la conversione da un’Italia industriale, quella che abbiamo conosciuto fino al 2008, all’Italia dei servizi in stile inglese. Grande parte del compito spetterà al governo, che durante l’era Berlu-sconi non è riuscito a proteggere il nostro paese dai rapidi venti eco-nomici mondiali. Il governo attua-le e quelli futuri saranno in grado di svolgere questo compito? L’Eu-ropa inoltre deve riuscire a garan-tire regole uguali per gli stati membri, che concernano tassazio-ne, investimenti e stato sociale. E’ impensabile che in Irlanda si pa-ghino il 2% di tasse e in Italia il 47%, quale investitore porterebbe mai i propri capitali nella nostra nazione, avendo il vantaggio di incassare egualmente in Euro? Google Plus ieri, oggi e domani secondo Matteo Rubboli Google Plus è stato lo strumento per Google per connettere tutti i

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INTERVISTA

propri servizi. Troppo spesso addi-tato come concorrente diretto di Facebook, Plus è un network che assolve perfettamente agli scopi dell’azienda che lo ha realizzato, ovvero tracciare i comportamenti sul web degli utenti (tasto +1) e dargli un profilo di login utilizza-bile in tutti i propri servizi. Doma-ni potrà diventare magari più po-polato (comunque già oggi ha più di 1 miliardo di iscritti) ma soprat-tutto Google punterà sull’intera-zione con gli utenti, ancora troppo bassa. Tra i vari fenomeni virali che ani-mano la rete quale è quello che più ti ha colpito, convinto e divertito? Mi trovo tutti i giorni a valutare e a vedere con i miei occhi molti con-tenuti che diventano virali che ormai mi impressiono difficilmen-te. Se devo ricordarne uno scelgo sicuramente #coglioneNO di Zero, una serie di video che pone l’at-tenzione sulla valutazione econo-mica dei lavori degli esperti della rete e dei new-media. Penso siano interessanti non tanto perché mo-strino un problema reale, ma per-ché pongono l’attenzione su un aspetto che troppo spesso i giova-ni non tengono in considerazione: la capacità di fare business. Se si realizza un progetto, un lavoro o un semplice scritto e non si sa ri-chiedere il compenso ritenuto congruo è meglio non intrapren-dere la carriera creativa. Lavorare come freelance significa svolgere quattro compiti: trovare il cliente,

capire il progetto, realizzarlo e ve-nire pagati. Se non si è ferrati in anche solo uno di questi quattro aspetti è meglio cercare lavoro dipendente, in proprio difficilmen-te si avrà successo. Se dovessi creare tu stesso un So-cial come lo struttureresti? Beh ritengo che Google Plus sia quasi il social perfetto, che con alcune integrazioni da Facebook potrebbe diventare ancora più av-vincente (sopratutto il meccani-smo dei mi piace e delle condivi-sioni, ancora superiore nel social di Zuckerberg). Il personaggio più singolare che hai conosciuto su G+ e con cui hai un sentito rapporto di amicizia. Mi sento in dovere di fare due cita-zioni. In primo luogo Salvio Giglio (non a caso il fondatore di CADZI-NE), eccezionale utente di G+ che mi ha sempre dimostrato affetto e spronato nel continuare a condivi-dere e realizzare contenuti inte-ressanti. In secondo luogo (ma non per importanza) la moderatrice con cui collaboro sulla community di Foto Passione, Nives Mazzarro, senza la quale quella che oggi è la community italiana più grande di Google Plus non sarebbe mai di-ventata quel fantastico luogo di condivisione e discussione che è oggi. Aver raggiunto il traguardo dei 100.000 iscritti per primi in Italia è stata una soddisfazione eccezionale, che abbiamo ottenuto grazie ad un perfetto lavoro di squadra, aiutati dall’educazione e

dalla passione di tutti i nostri utenti. Fai un elenco ragionato delle cin-que recenti invenzioni più belle che, a tuo parere, sono destinate a cambiare letteralmente le nostre abitudini quotidiane. 1. Lo smartwatch. All’inizio ne ero

un implacabile critico, ma nel tempo mi sono convinto che diventerà un dispositivo che permetterà di dimenticare por-tafogli, chiavi dell’automobile, smartphone e, almeno in parte, computer.

2. L’implementazione delle fonti di energia rinnovabile nelle nostre case e l’architettura ecososteni-bile.

3. La ricerca medica associata ai nostri device, in grado di fornire ai ricercatori una base di dati enorme sulla quale sviluppare nuove cure.

4. La digitalizzazione del sapere umano, che consentirà a chiun-que di accedere all’enorme ban-ca dati di scritti ancora purtrop-po pubblicati solo su carta.

5. Le auto a “pilota automatico”. Colgo l’occasione per salutare il mio amico Salvio Giglio e la sua fantastica compagna Nunzia Nul-lo, che rendono il web un posto in cui apprendere e condividere le proprie esperienze per tentare di creare un futuro migliore condivi-so da tutti.

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LIBRI

Q uando hai scoperto Sket-chUp? Ho scoperto SketchUp all'inizio di questo nuovo

secolo. Come molti, ho pensato che fosse un "piccolo" software non-professionale. Il primo pro-getto che ho realizzato completa-mente con SketchUp è stato un edificio residenziale, nel 2004/2005. Mi ha letteralmente contagiato! Mi piace giocare e di-segnare con esso come su di un album da disegno. Come valuti questo programma di modellazione 3D rispetto ai suoi concorrenti diretti? In altre parole: cosa ha più e cosa gli manca anco-ra rispetto ad altri software? SketchUp è semplice ... ma non facile! Per me, la modellazione in SketchUp è un piacere: mi sembra quasi di impugnare una penna! SketchUp ha risolto un'equazione: mouse = penna! Sì, questo è una delle più grandi differenze rispetto agli altri software. Un altro punto a favore è per la filosofia: “ll 3D per tutti!”. Credo che oggi sia molto

importante promuovere la model-lazione 3D come nuova forma di linguaggio. Mi piacerebbe solo che SketchUp fosse più orientato alla BIM, anche se so già che ciò è pos-sibile con l'aggiunta di alcuni plu-gin come quelli sviluppati da PlusSpec e Dale Martens. Ho letto nel tuo profilo che sei un architetto e un docente... quanto SketchUp ha semplificato il tuo lavoro? SketchUp semplificato il mio lavo-ro in molte aree. Ora sono in grado di presentare in modo rapido e ac-curato sia i volumi che layout di un progetto. L'impatto è estrema-mente efficace sui clienti: vedono i loro sogni diventare realtà! E’ per questo che possiamo considerare SketchUp anche come un fantasti-co software di marketing. Sket-chUp ha letteralmente cambiato la mia vita perché, proprio grazie a questa passione, sono diventato un docente e un autore. Nella mia attività da formatore ho scoperto che due cose determinano l’entu-siasmo dei miei studenti del corso di SketchUp facendogli esclamare un bel “WOW!”. La prima è l’abbi-namento di immagini fotografiche ad un modello, una delle funziona-lità più pratiche di SketchUp, di-

sponibile anche nella versione free. Per me è sempre una grande soddisfazione presentare questa simpatica funzionalità durante una lezione del corso di SketchUp. Mi rendo subito conto che la clas-se intuisce perfettamente che que-sta caratteristica di SketchUp può cambiare molto la loro vita profes-sionale. La seconda funzionalità è quella delle operazioni sui compo-nenti, una “magia” di sicuro effetto sulla classe e mi piace quando ac-cade questo. In Italia, digitalmente arretrata rispetto agli altri Paesi UE, i pro-fessionisti sono ancora legati solo ai programmi blasonati ... come è la situazione in Francia? Anche in Francia, i professionisti utilizzano prevalentemente Auto-CAD e ArchiCAD. Ma a poco a po-co, ho la sensazione che la voglia di lavorare con SketchUp è in cre-scita. Faccio questa affermazione perchè ho visto personalmente degli ingegneri lasciarsi sedurre dalle potenzialità di SketchUp per aumentare la loro produttività. Stampa 3D e architettura: quali sono le sue implementazioni in questa disciplina? il modello in legno o in cartone

di Salvio Gigl io

L’impression 3D

avec SketchUp Intervista

con l’autore J. L. Clauss

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oggi sono stati sostituiti da soft-ware di modellazione 3D. A mio parere, la stampa 3D riporterà in auge la produzione di modelli reali in scala. Questo, come spero, po-trebbe anche essere un’opportuni-tà per creare nuovi posti di lavoro in architettura. Per gli architetti la stampa 3D e la realtà aumentata, che è il passo successivo, sono un modo innovativo e convincente per presentare i modelli delle loro creazioni. Quali sono le tue esperienze con la stampa 3D? Hai una stampante del genere? Il mio lavoro è quello di aiutare le persone a parlare in 3D, ecco per-ché sto fornendo dei servizi di mo-dellazione e prototipazione 3D. Se vogliono imparare come produrre qualcosa da soli, scelgono uno dei miei corsi di formazione per la stampa 3D. Se non hanno tempo, gestisco io tutto il processo di mo-dellazione e stampa per trasfor-mare il loro progetto in realtà. Pos-siedo una stampante UP desktop 3D printer. Sono membro del Fab

Lab locale qui a Strasburgo e a vol-te ci vado per la stampa. E 'anche un luogo ideale per condividere le conoscenze e migliorare le mia capacità di relazionarmi con gli altri. Mi piace anche utilizzare i servizi di stampa 3D online come Sculpteo. Come è nato il tuo libro "Impression 3D avec SketchUp"? Potresti riassumere per i nostri lettori i punti salienti in cui il tuo lavoro è organizzato? Questo libro è nato da un'idea del mio editore Editions ENI, con cui avevo già pubblicato quattro libri. Quando quindi mi è stato proposto di scrivere un testo sulla la stampa 3D con SketchUp, ho accettato su-bito. Il libro è organizzato in 3 par-ti: nella prima ho descritto breve-mente la storia e le tecniche di stampa 3D. Nella seconda parte fornisco al lettore una serie di in-formazioni relative all’ottimizza-zione dei modelli preliminare alla fase di stampa come, ad esempio, imparare a modellare corretta-mente per la stampa 3D, quali sono

i plugin da utilizzare, ecc. Nella terza ed ultima parte ho descritto, passo per passo, il processo di mo-dellazione attraverso circa una decina di esempi: il modello di ca-sa, la decorazione dell’oggetto, ecc. Perché pensi che sia importante conoscere la stampa 3D di oggi? E 'importante sapere di stampa 3D, perché sono sicuro che essa cam-bierà il mondo. Nessuno può dire esattamente come ma l'importan-te è esserne consapevoli. Sono cer-to che in futuro la stampa 3D sarà un qualcosa di estremamente na-turale e familiare come con un te-lefono cellulare o la navigazione su internet. per i professionisti, inoltre, vedo in essa una grande opportunità per promuovere il loro lavoro. Quanto è importante la stampa 3D nella scuola e per i giovani? Ci stiamo spostando in un mondo nuovo e questo è solo l'inizio. I gio-vani devono essere preparati. Essi sono responsabili del nostro futu-ro. Avranno nuovi strumenti nelle

LIBRI

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LIBRI

loro mani. Nel bene e nel male, spero in bene, la modellazione e la comunicazione in 3D sarà accessi-bile e conveniente per molte per-sone. Spetta a loro di utilizzare questa nuova lingua internaziona-le in modo pacifico e armonioso. Hai mai pensato di tradurre il libro in altre lingue? In italiano, per esempio? :) Questo è davvero uno dei miei so-gni! Penso che sia possibile, tutto è possibile in questo mondo. Se c'è una volontà, c'è anche un modo per farlo. Parlerò al mio editore. Come vedi e cosa pensi, onesta-mente, dell’Unione Europea. Come cittadino francese hai notato delle differenze rispetto a prima dell’U-nione, almeno in ambito culturale, o è rimasto tutto come prima? Qui a Strasburgo, che è una città

internazionale ed è sede del Parla-mento europeo, viviamo in uno stato d'animo euro-ottimistico. Questa sensazione è amplificata anche a causa della breve distanza tra noi e diversi Paesi europei. Sia-mo realmente al centro dell'Euro-pa, in prossimità dei nostri vicini europei: Germania, Svizzera, Lus-semburgo, Belgio, Italia... Molti dei miei professori di architettura era-no tedeschi e svizzeri. Quindi, qui è del tutto naturale di sentirsi di essere europei! Credo che non è così facile avere questo punto di vista in altri luoghi della Francia. Rispetto a quando ero un bambino, direi che oggi gli scambi culturali sono molto più copiosi di prima. Spesso mi chiedo anche se Inter-net non era già più potente del no-stro sogno unitario per collegare gli europei… Qual è il tema del tuo prossimo

libro? Quando hai finito di scriver-lo, parlerai di questo nuovo lavoro con i lettori di CADZINE? Il mio prossimo libro sarà su Sket-chUp 2015, l’ho appena finito e si tratta di un aggiornamento dell'ul-tima versione del mio libro Sket-chUp 2013. Quest’ultimo lavoro si occupa delle caratteristiche di SketchUp Make e Pro per Win-dows e Mac. Ho aggiunto dei con-tenuti speciali circa l'uso dei plu-gin e un paio di tutorial, uno sulle tecniche di modellazione di base ed un altro per realizzare delle presentazioni dei propri progetti in modo efficiente su LayOut. Spe-ro che aiuterà gli utenti ad essere immediatamente operativi. Caro Salvio, grazie mille per questa in-tervista e, naturalmente, sarà un piacere di condividere anche il mio prossimo libro con i tuoi letto-ri..

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MUSICA

I l termine Lauda (latino laus), che in ambito liturgico indica la prima delle ore canoniche ossia l’Ufficio delle Lodi, nella

storia della musica identifica quel-la particolare forma di canto para-religioso, in lingua volgare e gene-ralmente anonimo che nel “Cantico delle Creature” di France-sco d’Assisi, trova non soltanto la più alta espressione spirituale, ma l'archetipo di un innovativo gene-re poetico. Nata inizialmente nell’Umbria e in Toscana sull'esempio della “ballata” in lingua volgare già pra-ticata dai poeti del tempo, la lauda si diffonde per tutta l'Italia centra-le e settentrionale; affermandosi poi come canto devozionale, fa sorgere confraternite laiche (Laudesi, Flagellanti) il cui scopo principale è quello di intervenire

con il canto nelle processioni o in particolari liturgie. Le laude, dal carattere lirico-narrativo, sono ap-pelli alla penitenza e invocazioni alla misericordia divina, narrano anche episodi della vita di Cristo, le gioie e i dolori della Vergine Ma-ria, storie di santi. Con il tempo, aumentando il numero delle com-posizioni, sorge presso ogni con-fraternita la necessità della loro conservazione; pertanto si forma-no raccolte (laudari) compilate da uno o più confratelli oppure, man-cando tale possibilità, acquisendo laudari da altri sodalizi, anche di regioni diverse, adattandoli alla bisogna, sia dal punto di vista lin-guistico, sia per il contesto religio-so (festività, nome del santo, ecc.). Le prime laude hanno forma mo-nofonica essendo probabilmente influenzate dalla musica dei trova-tori con la quale, infatti, presenta-no numerose affinità riguardo il ritmo, la linea melodica e la nota-zione. Se nei primi tempi preval-gono forme semplici, austere, con

una nota o poche note per sillaba, nel corso del Trecento le intona-zioni melismatiche si protendono verso i vocalizzi dell'Ars Nova fio-rentina. Almeno fino alla metà del XIV secolo, le intonazioni non ab-bandonano le forme della monodia pura, limitandosi talvolta ad esse-re integrate dall'accompagnamen-to strumentale di viole, liuti, salteri e trombe, così come indicano le miniature degli stessi laudari. Lau-de armonizzate a tre o a quattro voci appaiono in qualche raccolta dei primi anni del Quattrocento. Nel Cinquecento la lauda è ormai polifonica, inizia a perdere impor-tanza man mano che si sviluppa l'Oratorio. Oggi si conoscono circa 200 lauda-ri e due di questi sono estrema-mente preziosi essendo gli unici con notazione musicale giunti fino a noi: il Laudario di Cortona e il Codice Magliabechiano della Bi-blioteca Nazionale di Firenze. Di alcuni vetusti laudari rimane

di N ico la Amalf i tano

Lauda: Laudario di Cortona

Laudario di Cortona

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MUSICA

solamente la rigatura musicale senza le note; tra questi è compre-so il Codice 338 di Assisi che, qua-lora l'amanuense avesse condotto a termine il suo lavoro, avrebbe potuto offrirci l'intonazione del Cantico delle Creature di San Francesco. Il Laudario di Cortona, copiato tra il 1270 e il 1297, è la più antica rac-colta corredata di notazione musi-cale a noi pervenuta. Il manoscrit-to comprende 66 laude, di cui 46 con musica; le prime 16 sono ma-riane, mentre le altre seguono ap-prossimativamente il calendario liturgico. Il Laudario Magliabechiano, da collocarsi fra il 1310 e il 1340, viene

indicato anche con il nome di Lau-dario Fiorentino perché apparte-nuto dapprima alla Confraternita fiorentina di Santa Maria e poi alla Confraternita degli Umiliati d’O-gnissanti. Questo secondo lauda-rio è formato da 97 laude di cui 20 sono comuni con il “cortonese” e presentano ornamenti vocali. Il Laudario di Cortona Rimasto nascosto per secoli, il Laudario di Cortona viene ritrova-to nel 1876 da Girolamo Mancini nella Biblioteca dell'Accademia Etrusca del Comune di Cortona. Gli autori del laudario appartengono alle confraternite di laici sorte in Umbria e in Toscana nel XII seco-

lo; dalla compilazione dei testi si evince la loro conoscenza della cultura ecclesiastica medievale e della versificazione romanza. In quattro laude è citato il nome Gar-zo; potrebbe trattarsi di Ser Garzo dell'Incisa, rimatore religioso e didattico del XIII secolo, bisnonno del Petrarca. Il manoscritto, che non contiene miniature, è formato da 171 fogli di pergamena; il testo è scritto in ca-ratteri gotici e la musica in nota-zione quadrata. Il laudario si pre-senta suddiviso in due parti e tra di esse è interposto un quaderno di dieci fogli, probabilmente inse-rito agli inizi del Trecento, conte-nente altre due laude musicate:

Laudario di Cortona, foglio 46

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MUSICA

“Benedicti e'llaudati” e “Salutiam divotamente”. La prima parte, quasi certamente opera dalla stessa mano, contiene 45 laude con melodia fino alla pri-ma strofa, eccetto la quinta (Ave Maria gratia plena). La seconda parte inizia con l'indice del primo gruppo, seguito poi da altre 19 lau-de prive di musica; la sua compo-sizione è più recente e con l'inter-vento di più persone. Delle laude con musica, le prime sedici sono dedicate alla Madon-na; la n. 17 è dedicata a Santa Cate-rina d'Alessandria mentre la 18 e la 40 a Maria Maddalena. Dalla 19 alla 32 le laude fanno riferimento alle ricorrenze dell'anno liturgico: Natale, Quaresima, Resurrezione, Pentecoste e Trinità. La 33, la 35 e la 45 hanno per oggetto l'amore a Cristo; la 34 e la 36 riguardano il disprezzo per le cose terrene. A San Francesco sono dedicate la 37 e la 38; la 39 a Sant'Antonio di Pa-dova. La numero 41 è dedicata a San Michele Arcangelo, la 42 a tut-ti i Santi e la 43 e 44 a San Giovan-ni Battista; la 46 agli Apostoli e la

numero 47 costituisce il saluto finale alla Madonna. Una partico-lare caratteristica del Laudario di Cortona è l'uso ricorrente degli aggettivi, soprattutto di grado su-perlativo, che tendono ad esaltare le qualità della Madonna, di Gesù Cristo e dei Santi e a disprezzare quelle negative dei peccatori. I cin-que sensi sono spesso protagonisti dei versi delle laude: il peccato puzza, è buio; la grazia è luminosa, soave, ha un sapore piacevole. Il linguaggio è semplice e immedia-to, adatto alla comprensione an-che del popolo. Le laude sono scritte tutte in for-ma di ballata, composte cioè da diverse strofe intervallate da un ritornello. Nella maggior parte del-le composizioni è facile notare l'a-simmetria fra testo e melodia; que-sto induce a supporre che molte laude siano contrafacta, cioè frutto di quel procedimento, largamente usato a partire dal XII secolo, che adatta, ai nuovi testi, melodie, sa-cre o profane, preesistenti. Un esempio ci è fornito dallo stesso laudario con la lauda 11 “Regina

sovrana, de gran pïetade” che è un contrafactum della 8 “Altissima luce col grande splendore”, la cui melodia viene conformata, con evidenti cambiamenti, alla diversa struttura del nuovo testo. Oggetto di studi approfonditi, il laudario cortonese oggi conta un-dici edizioni integrali in trascri-zione moderna. Edizioni parziali appaiono nel 1880 e nel 1889, ri-spettivamente a cura di Rodolfo Renier e Girolamo Mancini; Guido Mazzoni pubblica a Bologna, nel 1890, i testi completi della prima parte, mentre Gilberto Brunacci trascrive e pubblica quelli della seconda parte, assai deteriorata. Anche la parte musicale richiama l'attenzione di studiosi ed esperti; si ricordano in particolare le tra-scrizioni del musicologo Fernando Liuzzi, del Canonico cortonese don Nicola Garzi e quella del maestro Clemente Terni, autore di una regi-strazione discografica per le edi-zioni Angelicum di Milano e di un filmato per la Televisione della Svizzera Italiana.

Laudario di Cortona: Voi ch’amate lo Criatore Capilla de Santa Clara, Siviglia Voi ch’amate lo Criatore, ponete mente a lo meo dolore. Ch’io son Maria co’ lo cor tristo La quale avea per figliuol Cristo: la speme mia e dolce acquisto fue crocifisso per li peccatori. Capo bello e delicato, come ti veggio stare enchinato; li tuoi capelli di sangue intrecciati, fin a la barba ne va irrigore Bocca bella e delicata, come ti veggio stare asserrata, di fiele e aceto fosti abbeverata, trista e dolente dentr’al mio core. Voi ch’amate lo Criatore, ponete mente a lo meo dolore.

http://www.youtube.com/watch?v=eaHeSY4bhIs

Riferimenti

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D opo l’introduzione sui laser scanner dello scor-so articolo, in cui abbia-mo anche ricordato

qualche nome legato alla scoperta del laser, continueremo il nostro discorso polarizzando la nostra attenzione — è proprio il caso di dirlo LOL - sulla scansione ad on-de e le relative tipologie applicati-ve destinate al rilievo digitalizza-to. Un breve riassunto Mi sembra opportuno partire col riassumere il principio di funzio-namento degli scansori laser oggi presenti sul mercato col nome di

Stazioni Totali Motorizzate o STM. Nel telerilevamento urbanistico ed architettonico, lo sviluppo di questa tecnologia che ha già una decina di anni di vita, sta raggiun-gendo una sua piena maturazione con applicazioni aeree e terrestri. Le STM destinate al rilievo terre-stre vengono anche designate dall’acronimo TLS (Terrestrial La-ser Scanner) e possiedono un’ele-vata capacità di memorizzazione dati nonché pacchetti software ausiliari per l’elaborazione grafica di essi. Le STM, per molti aspetti, non sono molto diverse dai vecchi teodoliti impiegati fino ad una de-cina di anni fa per eseguire rilievi indiretti. Al pari loro infatti, anche le attuali STM sono montate su di un cavalletto a tre piedi ed hanno un gruppo ottico meccanico per l’individuazione dei punti notevoli

necessari al rilievo di un oggetto. La differenza sostanziale consiste nell’automazione dell’apparecchio espressa attraverso un controllore logico programmabile, PLC, in gra-do di gestire il sistema di rilievo basato sul laser e coordinare un gruppo di attuatori necessari per il suo puntamento. Il processo di acquisizione dati è sostanzialmen-te simile per tutte le STM: l’oggetto è scansionato dall’apparecchiatu-ra facendo passare un raggio laser attraverso il gruppo ottico oppor-tunamente munito di tre motori stepper, uno per ogni asse della macchina, e capaci di far variare angolarmente il puntamento del laser. Dopo aver colpito la superfi-cie dell’oggetto in un determinato punto il raggio laser torna allo strumento raccolto da un ricevito-re che comunica al PLC l’avvenuta

II puntata

di Salvio Gigl io

I distanziometri ad onde

Le STM si avvalgono di diversi tipi di tecnologia per ottenere misurazioni sempre più precise ed indifferenti quasi

del tutto alle condizioni atmosferiche. La generazione e la gestione di onde elettromagnetiche ha favorito la realiz-

zazione di sofisticatissimi sistemi di telemetria indispensabili in architettura ed ingegneria.

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acquisizione. Di ogni nuovo punto acquisito il PLC prima processa i suoi parametri caratteristici, che rappresentano un’informazione spaziale a tutti gli effetti, e poi li memorizza secondo un criterio logico sequenziale. I dati relativi ad ogni punto catturato sono espressi e memorizzati, durante la fase di acquisizione, in coordinate polari: valore degli angoli assunti dal sistema di puntamento per la cattura del punto e associazione di questo ad un valore numerico che rappresenta la distanza dell’appa-recchio rispetto ad esso. L’opera-zione si ripete in rapidissima suc-cessione e per un certo lasso di tempo; tutto il processo di scansio-ne genera un numero elevatissimo di punti, ricavati dalla superficie dell’oggetto indagato, determinan-do quella che in gergo è chiamata nuvola di punti e che può essere anche vista come un insieme di coordinate tridimensionali. La mappa di punti costituenti l’ogget-to rilevato, espressa in coordinate polari, è poi rielaborata in base ad

un sistema di coordinate cartesia-ne ortogonali che ha, idealmente, origine nel centro dell’apparecchio rilevatore. Il risultato finale consi-ste in un modello tridimensionale dell’oggetto rilevato chiamato Di-gital Surface Model o DSM. Questi modelli trovano sempre nuovi campi d’impiego: nella progetta-zione BIM orientata al recupero di edifici storici, nella conservazione dei beni culturali, nella ricerca ar-cheologica, solo per citarne alcuni. Altro impiego proficuo delle STM è il controllo dei movimenti e defor-mazioni del suolo e di manufatti edili, dal momento che il loro ran-ge d’impiego è di tipo sub millime-trico. Le STM attualmente disponi-bili sul mercato sono quelle con distanziometro ad onde, indispen-sabili in tutti quei casi dove non è possibile utilizzare il prisma riflet-tore e quelle ad elevata automazio-ne che consentono l’esecuzione di rilievi con un singolo operatore utilizzando la ricerca automatica del segnale. Cerchiamo adesso di capire cosa è come funziona un

distanziometro ad onde. Distanziometro a onde Un distanziometro a onde è, essen-zialmente, un’apparecchiatura elettronica per la misura delle di-stanze munita di un generatore/ emettitore di onde elettromagneti-che, un eventuale ricevitore e un apparato elettronico in grado di misurare specifici parametri del segnale emesso relativi alla sua ricezione. In passato era la ricezione il pro-blema principale di questi appa-recchi. Infatti, per ottenere una misurazione sicura e senza errori, proprio in questa fase, il segnale deve possedere ancora una quanti-tà di energia sufficientemente alta da permettere il corretto funziona-mento dell’apparecchiatura stessa. Questa problematica è stata af-frontata dai costruttori impiegan-do segnali formati da onde di faci-le direzionalità (convogliabilità), anche in angolazioni solide estre-mamente ridotte, evitando così la dispersione per propagazione

NEW HARDWARE FOR CAD

Nuvola di punti ottenuta dal rilievo di un edificio

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NEW HARDWARE FOR CAD

dell’energia in tutte le direzioni e assolutamente necessaria al se-gnale per fargli compiere il per-corso di ritorno verso l’apparec-chio. Il problema della convoglia-bilità è stato aggirato impiegando onde elettromagnetiche centime-triche, onde luminose o paralumi-nose e intervenendo sulla loro modulazione di ampiezza nel tem-po, facendo aumentare e diminui-re ciclicamente l'ampiezza massi-ma di essa, in modo da generare un’onda di lunghezza decisamen-te più elevata. L’apparecchio emette un segnale ad andamento sinusoidale variabile, che è quindi composto di: una prima onda denominata on-

da portante o onda modulata; una seconda onda denominata

onda portata o onda modulante. Per vanificare quasi totalmente la possibilità di errori la misura della distanza con i distanziometri è ripetuta dalla macchina un eleva-to numero di volte in pochi secon-di. Questo parametro, cioè la mo-dalità di misura di tracciamento, può essere quantitativamente set-

tato dall’operatore entro un certo range, incidendo lievemente sulla precisione e sul tempo di misura-zione: da centinaia a migliaia di misure al secondo. Il riscontro di eventuali misurazioni discrepanti fra loro, dato il bassissimo tempo richiesto dalla misurazione, può essere attribuito quindi solo a fat-tori casuali anziché a reali e signi-ficative variazioni delle condizio-ni ambientali. La misura elettro-magnetica della distanza trova sul mercato innumerevoli applicazio-ni costruttive che impiegano co-me onde portanti le onde lumi-nose e le microonde. Un acroni-mo, di provenienza anglosassone, contraddistingue questi strumen-ti: EDM, da Elettromagnetic Di-stance Meter. La modalità di misura è la caratte-ristica costruttiva di maggior inte-resse legata agli EDM e da essa si possono ricavare le seguenti fami-glie tipologiche di apparecchi: a misura di fase, dove il parame-

tro controllato è lo sfasamento tra l'onda emessa e quella rice-vuta;

a impulsi, in cui il parametro verificato dalla macchina è la misura dei tempi intercorrenti tra due impulsi o tra due tre-ni d’onda opportunamente codi-ficati;

pinpoint, queste dispositivi ana-lizzano interamente tutta la for-ma del segnale emesso verifi-cando parametricamente una vasta gamma di informazioni: i tempi di volo, la frequenza, il canale di amplificazione, le atte-nuazioni, il rumore, ecc.

Una seconda suddivisione tipolo-gica di strumentazioni per il tele-rilevamento si può applicare con-siderando la tipologia delle onde portanti, in questo caso avremo: Onde luminose EODM (Elettro

Optical Distance Meter) che im-piegano riflettori passivi per il loro funzionamento ed hanno la lunghezza d'onda portante dell'infrarosso vicino (λ = 0.78 um), modulata in ampiezza. La modulante è decametrica.

Onde radio, micro-onde o onde centimetriche MDM ( Micro wa-ve Distance Meter) che impie-

Varie fasi della modellazione 3D (in basso) di un edificio partendo dal DSM (in alto) ottenuto con un rilievo EDM aereo

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NEW HARDWARE FOR CAD

In alto, schema del principio di funzionamento di un EODM e, in basso, quello di un EDM ad impulsi

gano riflettori attivi per il loro funzionamento. Utilizzano onde portanti centimetriche modula-te in frequenza.

Passiamo adesso ad analizzare più approfonditamente le principali strumentazioni proposte in questa suddivisione. Metodo della misura di fase Questo sistema è anche chiamato Two-Way Ranging System (Sistema Bidirezionale Oscillante) dal momento che, come vedremo, il segnale compie un percorso di andata e ritorno. Lo strumento comprende un trasmettitore, un ricevitore e il modulo di analisi. L’apparecchio funziona emettendo un fascio di luce infrarossa, oppor-tunamente modulata in ampiezza con legge sinusoidale, che ha co-me target un prisma riflettore pas-sivo, (o un gruppo di prismi) è il del fascio di luce; dopo averlo col-pito ritorna all’apparecchio con una deviazione di 180°. Il metodo si basa sulla comparazione tra due misure: la fase del segnale emesso è confrontata con quella del se-

gnale riflesso. Nel percorso di an-data e ritorno, pari al doppio della distanza inclinata, risulta, quindi, compreso un numero intero n di lunghezze d’onda, più una frazione di lunghezza d’onda corrisponden-te allo sfasamento. Un’unita di cal-colo integrata nel distanziometro, chiamata comparatore di fase de-termina lo sfasamento angolare ∆φ tra le due sinusoidi e ricava indirettamente il numero di lun-ghezze d’onda propagate emetten-do segnali con caratteristiche di-verse. Metodo del calcolo dell’intervallo tra gli impulsi Questo sistema risulta molto più semplice rispetto al precedente poiché la stima della distanza è ricavata unicamente misurando il tempo di viaggio compiuto da un impulso di luce laser infrarossa durante il suo tragitto di andata e ritorno. Anche in questo caso lo strumento è dotato di un emettito-re, un ricevitore, un circuito per analizzare gli intervalli tra gli im-pulsi e dedurne le relative lun-ghezze nonché uno o più prismi riflettori passivi. Il funzionamento

del distanziometro consiste nell’e-missione sequenziale, di brevissi-ma durata, di un segnale a elevata intensità, costituito da un fascio concentrato e molto sottile di luce infrarossa laser, che è riflesso dal prisma per fare infine ritorno all’apparecchio. Il modulo d’analisi determina, attraverso un partico-lare circuito, la differenza di tem-po tra le sequenze d’impulsi e sta-bilisce la lunghezza concernente la scansione. Tarando il circuito in maniera ottimale è possibile rag-giungere misure di accuratezza leggermente inferiore a quelle de-gli EDM a misura di fase. L’impie-go dei distanziometri a impulsi offre anche non pochi vantaggi rispetto a quelli basati sulla misu-ra di fase: Maggiore portata, notevole

aumento della distanza massi-ma misurabile, a parità di energia, rispetto al segnale continuo di un EDM a misura di fase. Ciò è dovuto alla mag-giore intensità istantanea pos-seduta dall’impulso e che, quindi, così riesce a coprire distanze elevate.

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Possibilità di misurare senza riflettore, ciò è possibile quan-do la misura avviene su brevi distanze, da poche centinaia di metri, fino anche a 1 Km ed è dovuto sempre all’intensità istantanea della luce laser che, anche quando incontra una superficie opaca (muratura, intonaco, pietra, ecc.), riesce a conservare un’energia suffi-cientemente elevata per essere percepita dallo strumento, che riesce così a determinare l’i-stante in cui il segnale ha fatto ritorno e ad elaborare la di-stanza. Questo tipo di strumen-tazione consente il rilievo di locali inaccessibili come, ad esempio, edifici pericolanti, proprietà recintate, ecc. e tutto da una sola stazione e con un solo operatore.

Solo due ma significativi aspetti hanno, quindi, favorito la vasta diffusione degli EDM a impulsi rispetto a quelli basati sulla misu-ra di fase. Tecnologia Pinpoint Il verbo transitivo inglese to pin-point si traduce con localizzare individuare qualcosa con precisio-

ne. Una definizione che esprime in sintesi perfetta questa tecnologia innovativa per la misura elettroni-ca della distanza. Analogamente alle altre due tipologie considerate anche questo strumento è dotato della componentistica per la gene-razione, la trasmissione e la rice-zione di un potente segnale che viene analizzato da un sofisticatis-simo sistema multiplo di analisi. I suoi costruttori sono partiti pro-prio dagli svantaggi degli altri me-todi di misurazione prefiggendosi i seguenti obiettivi: Ottenere misurazioni di estre-

ma precisione (nell’ordine di mm) su grandi distanze (> 500 m) ed in pochi secondi (<12 sec).

Individuare di obiettivi multipli da scansionare simultanea-mente.

Totale indifferenza delle condi-zioni atmosferiche.

Determinare automaticamente la calibrazione della distanza disponibile contemporanea-mente alla misurazione di essa, evitando derive termiche po-tenzialmente in grado di inter-rompere il flusso del segnale di misurazione.

La soluzione è stata raggiunta ef-fettuando una scelta precisa delle frequenze di modulazione, ben diverse da quelle impiegate tradi-zionalmente nelle misure di fase, preferendo ad esse solo quelle ad alta frequenza con modulazioni che spaziano dai MHz ai GHz. In questo modo si ottiene un sistema estremamente selettivo ed indiffe-rente ai fattori ambientali come pioggia, nebbia, polvere o neve. I vantaggi associati a questa gam-ma di frequenze sono molteplici e ciascuna di esse concorre in modo ottimale alla determinazione di misurazioni precise. Non si deve trascurare l’aspetto che una mag-giore sensibilità richiesta allo strumento comporta un incremen-to del tempo d’analisi dal momen-to che questa tecnologia esegue una valutazione totale del segnale per determinare la distanza. Il modulo di analisi, infatti, stima svariati parametri del segnale pri-ma di determinare il valore della misurazione; infatti, oltre alla fase e ai tempi di volo, il dispositivo verifica il canale di amplificazio-ne, le attenuazioni, il rumore, ecc. Continua

Un distanziometro EDM con tecnologia pinpoint

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CORSO di ORIENTAMENTO alla BIM

I n questa puntata voglio pro-porvi un metodo per definire gli scambi di informazioni tra i processi del progetto, identi-

ficati nella puntata precedente, che vitali per una felice attuazione della BIM. Per raggiungere un li-vello ottimale di scambio informa-zioni il team di progettazione ha bisogno di filtrare quelle realmen-te necessarie per individuare cia-scuna applicazione BIM. Come supporto per questo delicatissimo compito è stato sviluppato apposi-tamente dal CIC Research group un foglio di lavoro per lo scambio di informazioni (Information Ex-change IE) inerenti al progetto. Il foglio di lavoro dovrebbe essere completato a partire sin dalle pri-me fasi di un progetto dopo aver

sviluppato e mappato i vari pro-cessi della BIM. Per questa puntata ci limiteremo a descrivere la ge-stione del foglio e poi ne pubbli-cheremo una copia stampabile. Come ricavare le informazioni dal progetto Non è necessario includere neces-sariamente ogni elemento di un progetto affinché un modello sia valido. Ecco perchè è importante definire solo i componenti del mo-dello che sono necessari per attua-re ogni impiego della BIM. La Fig. 1 illustra un esempio di come un flusso d’informazione transiti at-traverso un processo di attuazione BIM. Questa figura è stata derivata dalla mappatura di processo di Primo Livello descritta nelle pun-tate precedenti. Come potete nota-re che gli impieghi BIM a valle so-no direttamente influenzati da ciò che viene prodotto dagli impieghi inseriti a monte. Esaminando que-

sto esempio dal punto di vista di un approccio ottimizzato e guidato di estrazione dati da un progetto, si può dedurre che se le informa-zioni del modello necessarie per attuare un particolare impiego BIM non sono state correttamente riportate a monte da un membro del team, esse devono essere crea-te dal responsabile di tale impiego. Pertanto, spetta al team di proget-to decidere chi debbano essere gli autori di queste informazioni e quando esse debbano essere inse-rite nella BIM. Per motivi di sem-plicità, è necessario semplicemen-te che la squadra definisca i requi-siti di scambio per ciascuna delle informazione necessarie agli im-pieghi BIM nonostante avvengano diversi scambi. Il Foglio Information Exchange Dopo il processo di sviluppo della mappa, lo scambio di informazioni tra i partecipanti al progetto è

VIII puntata

di Salvio Gigl io

Lo scambio di dati ed informazioni per il modello BIM

Fig.1, estrapolazione di informazioni dal progetto

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CORSO di ORIENTAMENTO alla BIM

chiaramente identificato. È impor-tante per i membri del team, in particolare per l'autore e il desti-natario, comprendere pienamente il contenuto informativo di ciascu-na operazione di scambio. La pro-cedura per la creazione dei requi-siti di scambio di informazioni si può sintetizzare nei punti sotto-stanti: 1) Identificare ogni potenziale rela-zione di scambio informazioni dal-la mappa di processo di I livello. Gli scambi di informazioni che vengono condivisi tra due parti dovrebbero essere definiti sempre. E’ noto che potenzialmente un unico impiego BIM può dar luogo a più scambi; nonostante questo pe-rò, per semplificare il processo e documentare meglio il tutto, è ne-cessario definire singolarmente ciascuna destinazione progettuale. Il tempo di scambio informazioni, poi, dovrebbe essere sempre deri-vato dalla ormai famosa mappa di I livello, perché in tal modo si ha la certezza che tutte le parti coinvol-te nel progetto conoscano il mo-mento in cui sono attesi i loro con-tributi alla BIM. Ecco perché le fasi del progetto dovrebbero essere identificate già dal capitolato di fornitura, magari formulate in un linguaggio specifico consono alla BIM. Quando possibile, gli scambi

di dati sulle direttive progettuali BIM devono essere elencati in or-dine cronologico, per realizzare così una rappresentazione visuale della progressione delle varie fasi necessarie alla realizzazione del modello BIM stesso. 2) Scegliere una struttura del mo-dello ripartita in base agli elementi del progetto. Dopo che il team di progettazione ha messo a punto gli scambi di informazioni, dovrebbe realizzare un’ulteriore struttura di scomposi-zione per tutti gli elementi del pro-getto. 3) Identificare le esigenze di infor-mazione per ogni cambio (Output & Input). Per definire in modo ottimale ogni scambio di informazioni, è neces-sario documentare i seguenti tipi di informazioni: a) Modello destinatario - Identifi-care tutti i membri del team di progetto che in futuro riceveranno le informazioni e che saranno re-sponsabili della redazione degli scambi in ingresso. Gli scambi in uscita, invece, non avranno un mo-dello apposito e dovranno essere redatti dal team progettuale sotto la guida del coordinatore generale. b) Modello Tipo file - è una lista specifica di applicazioni software; essa fornirà anche informazioni

sulle versioni del software utiliz-zate dai vari destinatari per elabo-rare il modello durante ogni ses-sione BIM. Questa lista è essenzia-le per identificare totalmente le potenziali interoperabilità che possono sussistere tra i vari parte-cipanti al progetto. c) Informazioni - Identificare solo le informazioni necessarie per l'applicazione BIM. Attualmente, il foglio di IE utilizza solo un rag-gruppamento formato da tre livelli di struttura dettagliata, come mo-strato nella Tab. 1. d) Note - E’ facile intuire che non tutte le informazioni necessarie alla descrizione dei contenuti del modello possono essere raccolte nella struttura di scomposizione informazioni ad elementi. Se ciò dovesse rendersi necessario, si può ricorrere a delle note. Queste possono essere correlate a deter-minati contenuti della modelliz-zazione e/o descrivere tecnica-mente un particolare da modella-re. 4) Assegnare dei responsabili per ogni richiesta Informazioni In uno scambio dati ciascuna voce deve avere un apposito responsa-bile per la creazione delle informa-zioni. La responsabilità di creare delle informazioni progettuali vali-de è un compito di estrema delica-

Tab. 1, livello di dettaglio che devono possedere le infor-mazioni

Tab. 2, elenco dei principali soggetti responsabili

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CORSO di ORIENTAMENTO alla BIM

tezza e dovrebbe spettare ad una divisione del team di cui sono note l’efficienza e l’affidabilità nel lavo-ro. Anche in questo caso, i tempi di ingresso dei dati, intesi come ela-borazione corretta delle informa-zioni per ogni impiego progettuale, dovrebbero essere conformi a quanto disposto nel I livello della mappatura di processo. Il foglio di lavoro essendo una struttura fles-sibile può essere organizzato in base alle esigenze del settore re-sponsabile delle informazioni per determinare rapidamente, di volta in volta, le necessità relative alla modellazione BIM. 5) Confrontare contenuti Input e

Output Una volta che sono state definite e messe a punto le relazioni tra le informazioni, è necessario che il team discuta gli elementi specifici in cui le informazioni in uscita non corrispondono a quelle in in-gresso. L'esempio di Fig. 2 illustra proprio una contraddizione tra i dati di progetto in uscita da un modello Design Authoring Output e quelli in entrata in un modello di Input Energy Analysis. In questo caso, si devono eseguire due azio-ni correttive: 1. Richiesta dati in uscita dal Infor-mation Exchange - rivedere le in-formazioni con un maggiore livel-

lo di precisione e/o di includere ulteriori informazioni (ad esempio, aggiungere il valore di resistenza termica delle pareti esterne). 2. Richiesta dati in ingresso dal Information Exchange - rivedere il soggetto responsabile in modo che le informazioni siano scritte dall'organizzazione che determina gli impieghi BIM. La Tabella 2 mostra un esempio di elenco di potenziali soggetti re-sponsabili. Continua

Fig. 2, contraddizione tra i dati di progetto in uscita da un modello Design Authoring Output e quelli in entrata in un modello di Input Energy Analysis.

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CORSO di BASE per SketchUp

P er presentarvi il coman-do offset nel miglior mo-do possibile ho deciso di partire dal significato

che gli anglosassoni danno a que-sta parola e così, su di un bel sito web, www.thefreedictionary.com, ho trovato due definizioni partico-larmente significative per la no-stra chiacchierata:

“One thing set off or developed from something else.” Una cosa partita o sviluppata da un qualcos'altro. “A short distance measured perpen-dicularly from the main line in survey-

ing, used to help in calculating the area of an irregular plot. “ Una breve distanza misurata per-pendicolarmente dalla linea prin-cipale di rilevamento, utilizzata per contribuire a calcolare la su-perficie di un'area irregolare. Non vi nascondo che anche la de-finizione di offset che ho trovato su Wikipedia sembra essere cal-zante: “Il termine offset, o slittamen-to, è usato per indicare la differenza rispetto ad un valore di riferimento. … ” ed ancora: “In informatica un offset è un numero intero che indica la distanza tra due elementi all'interno di un gruppo di elementi dello stesso tipo. L'unità di misura in cui si esprimono gli offset è normalmente il numero di ele-menti.”. Sintetizzando le tre definizioni nell’ambito del nostro modellatore

possiamo dedurre che offset per-mette di generare delle copie di-mensionalmente diversificate di un’entità del modello in base alla loro mutua di-stanza. Bene, detto que-sto, ora passiamo a SketchUp e cer-chiamo di verifi-care praticamen-te questa defini-

zione utilizzando il comando. Off-set si avvale, per il suo funziona-mento, di alcune caratteristiche presenti nel potente motore di in-ferenza del software per indivi-duare le entità grafiche presenti nel modello, come bordi, curve, poligoni ed aree per permettere

X puntata

di Salvio Gigl io

Il comando OFFSET

Eseguire rapidamente copie scalate di un’entità

risulta estremamente utile nella modellazione di

involucri che prevedono un coperchio oppure di

plastici di rilievo con piccoli rilievi collinari...

Fig. 1, icona del comando Offset

Fig. 2, puntatore del comando Offset

Fig. 3, di questo esagono sono stati considerati solo due sue entità bordo (in blu) da cui, grazie ad offset, sono state ricavate la copia ingrandita e diminuita di esse.

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CORSO di BASE per SketchUp

Fig. 4, dopo aver cliccato una sola volta sulla superfice relativa al perimetro che desidero replicare, col mouse mi muovo al suo interno per ottenerne una copia di dimensioni minori. Notate la linea tratteggiata della distanza

Fig. 5, dopo aver estruso il prisma centrale utilizzo offset questa volta per ottenere una replica maggiorata del suo perimetro. In questo caso esco col puntatore dalla figura di partenza e mi fermo su di un vertice del prisma di base

all’utente di ricavare una copia complanare di una di esse ma di dimensioni scalate. Saper impie-gare bene questo comando signifi-ca aumentare la propria produtti-vità dal momento che si evitano lunghe e noiose costruzioni geo-metriche lasciando più spazio così

all’estro progettuale. L’utilizzo di offset è intuitivo ed immediato: l’utente attiva il comando e il soft-ware mostra il puntatore sensibile al contesto; basta semplicemente spostarlo su di una figura chiusa ed immediatamente questa si sele-zionerà. Sarà sufficiente cliccare

una sola volta sull’area selezionata e vedremo comparire, a partire da un punto di uno dei bordi del peri-metro della figura, una lineetta tratteggiata, perpendicolare al bor-do interessato, che rappresenta geometricamente il coefficiente di riduzione o di ingrandimento cal-

Fig. 6, a questo punto mi ricavo un secondo bordo da estrudere per ottenere l’orlo del vaso

Fig. 7, ecco il risultato finale

Fig. 9, la replica ridotta dei due lati; notate che dal puntatore parte una coppia di guide di riferimento

Fig. 8, riallacciandoci alla Fig. 3 ecco l’offset maggiorato dei due lati del nostro esagono

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colato in base alla distanza della replica rispetto al perimetro origi-nario. Avrete già notando che la grandezza della replica la determi-nate voi tramite il mouse: restando al di sotto del bordo selezionato o entro il perimetro che circoscrive un’area la replica sarà più piccola dell’originale mentre, ovviamente, accade l’esatto contrario oltrepas-sando il bordo o il perimetro dell’entità di partenza. Il valore della distanza per la scalatura del-la replica può essere immesso sia da tastiera, attraverso l’ormai noto

VCB, o con il mouse cliccando in un punto specifico. Nelle figure da 4 a 7 sono riportati i passaggi prin-cipali per modellare velocemente un vaso quadrangolare. Offset ri-sulta estremamente efficace an-che per ottenere repliche scalate di bordi o insiemi di bordi, come curve, polilinee ecc., come vedia-mo nelle figure 8 e 9. L’impiego di offset su figure parti-colarmente complesse può provo-care degli errori di ridondanza consistenti nella generazione di poligoni indesiderati alle estremi-

tà della copia generata, Fig. 10. In questi casi si rende necessario l’intervento di correzione dell’u-tente per eliminare pazientemente i dettagli indesiderati. Un’applica-zione molto utile di questo coman-do è la generazione delle curve di livello per la rappresentazione di piccoli rilievi collinari come in Fig. 11. Continua

Fig. 10, problematiche di offset: la generazione di artefatti indesiderati (nei cerchietti rossi) anche di grosse dimensioni, come quello evidenziato dal tratteggio

Fig. 11, generare un piccolo rilievo collinare è molto semplice anche se si devono eliminare, man mano che si creano, gli artefatti relativi alle zone più “strette” del perimetro replicato

CORSO di BASE per SketchUp

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La rappresentazione della Terra ed i Sistemi di Riferimento

Prima di iniziare a lavorare con QGIS c’è una questione fondamen-tale e di una certa complessità che riguarda il GIS in generale ed an-cora prima la cartografia: la corret-ta rappresentazione della Terra, o meglio della sua superficie su un piano. La carta è sempre una rappresentazione imperfetta della superficie terrestre perché i due piani non coincidono. La Terra ha una forma approssimativamen-te sferica con una superficie curva in tutte le direzioni. Riportare una tale superficie su un piano non è possibile senza deformarla e ciò vale sia che lo si faccia in forma analogica su carta, sia che si fac-

cia in forma digitale sullo schermo di un computer. Il nostro pianeta poi ha una forma irregolare, non è una sfera ma neanche uno sferoi-de perfetto perché ha una superfi-cie con rilievi e avvallamenti. La sua forma reale perciò non è rap-presentabile matematicamen-te come avviene per le figure geo-metriche. Per questo motivo si so-no definite delle superfici teoriche di riferimento che meglio appros-simano la sua forma. La prima di queste è il geoide che semplifican-do può essere definita la superficie che coincide con il livello del mare riportata anche nella parte delle terre emerse. E’ la superficie di riferimento attraverso cui si defi-nisce l’altitudine. Tuttavia anche il geoide non è una forma matemati-camente definita perché le varia-zioni di gravità e di densità delle

varie zone della terra determinano uno sferoide non regolare. Per sup-plire a questo difetto è necessario introdurre una seconda superficie di riferimento che corrisponda a un solido geometricamente ben definito: un ellissoide di rotazione, cioè uno sferoide schiacciato ai poli, con una superficie approssi-mata al geoide con uno scosta-mento massimo di circa 100 metri e che finalmente permette una formulazione e la proiezione mate-matica su un piano. Nella Fig. 1 e 2 amplificando le differenze vengo-no rappresentate le tre superfici. Nel corso del tempo sono stati de-finiti più ellissoidi e la loro scelta dipende dal miglior grado di ap-prossimazione rispetto alla super-ficie che si vuole rappresentare. Per fare questo spesso si sposta l’ellissoide in modo tale da mini-

III puntata

di Fabrizio Pieri

Fig. 1, superficie terrestre e superfici di riferimento (modello)

Le BASI di QGIS

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Le BASI di QGIS

mizzare le differenze con il geoide in una determinata zona geografi-ca. La scelta dell’ellissoide di riferi-m e n t o e i l suo orientamento preferenziale ri-spetto al geoide costituisce quello

che viene definito il datum. Nel caso in cui l’ellissoide sia stato traslato rispetto al centro di massa della Terra ed orientato a favore di una determinata regione si parla di datum locali (ad esempio, i

datum ED 1950 o Roma 1940); se il suo centro invece corrisponde a quello della Terra è denomina-to datum geocentrico o globale (ad esempio WGS 84, che è il datum su cui poggia il rilevamento GPS).

Fig. 2, rappresentazione geoide e ellissoide (modello)

Fig. 3,datum globale e datum locale (modello)

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Le BASI di QGIS

Nella Fig.4 vengono riportate tre diverse tipologie di proiezione. In ogni caso la distorsione del risul-tato cartografico è inevitabile per-ché trasferire su un piano una su-perficie sferoidale porta sempre a deformazioni che sono maggiori quanto più grande è l’area da rap-presentare. Per limitare il fenome-no spesso si introducono delle convenzioni come quella più adot-tata di proiettare l’ellissoide facen-dolo a spicchi, ottenendo in proie-

zione dei fusi. La proiezione con-venzionale più diffusa è la conforme di Gauss (o cilindrica trasversa di Mercatore) ed è quella su cui si basa molta cartografia prodotta in Italia nei sistemi UTM o Gauss Boaga. Nella Fig. 5 si può vedere la proiezione conforme di Gauss e nelle Fig. 6 e 7 la sua sud-divisione in fusi secondo il siste-ma UTM. Proiettando per fusi (nel sistema UTM ognuno di questi rappresenta 6° di longitudine) si

può notare che la deformazione aumenta allontanandosi dal meri-diano centrale. Per questo il cilin-dro viene ruotato in modo da ri-proiettare l’ellissoide a partire dal meridiano centrale della zona che si vuole cartografare. Una volta rappresentata la carta si tratta poi di assegnare un sistema di coordi-nate che definisca il posiziona-mento geografico degli oggetti. In ambito GIS questi sistemi di riferi-mento vengono denomina-

Fig. 4, proiezione conica, cilindrica e su piano tangente.

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Fig. 5, proiezione conforme di Gauss

Fig. 6, proiezione dei fusi nel sistema UTM

Fig. 7, fusi e fasce nel sistema UTM

ti CRS (Coordinate Reference System) op-pure SRS (Spatial Reference System) o più semplicemente SR, che sono classificabili in due categorie fondamentali: 1. SR geografici (o non proiettati), nei quali ogni punto della superficie terrestre viene localizzato sulla base dei valori an-golari di latitudine e di longitudine; 2. SR proiettati, nei quali la posizione di ogni punto della superficie terrestre è il risultato di una proiezione che ha per ri-sultato un sistema cartesiano bidimensio-nale in cui ogni punto ha una coppia di coordinate X,Y Un Sistema di Riferimento è comunque il risultato di tutti i fattori che sono stati de-scritti ed è per questo motivo che ne esi-stono moltissimi, soprattutto in funzione delle esigenze locali ma anche della diver-sità di datum, proiezioni, convenzioni, si-stemi di coordinate, evoluzioni temporali, ecc. Un utente GIS alle prime armi rimane disorientato ed ha difficolltà anche a di-stinguere l’uno dall’altro sulla base dei nomi. Per fortuna ci viene in soccorso il registro EPSG (European Petroleum Sur-vey Group), gestito da un’organizzazione internazionale, che assegna ad ogni siste-ma archiviato uncodice numerico univoco. Nel database dei Sistemi di Riferimento di QGIS è consigliabile fare riferimento a tale registro per non fare confusione. C’è poi da considerare che operando nel nostro contesto geografico ci sono solo alcuni Sistemi di Riferimento che in qualche mo-do, sulla base della cartografia analogica e digitale finora prodotta, costituiscono uno standard. Dei sistemi cartografici (e dei relativi codici EPSG) adottati in Italia par-leremo la prossima volta, scendendo più nello specifico ed affrontando anche il problema della loro conversione e trasfor-mazione. Continua

Le BASI di QGIS

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TUTORIAL: elaborazione video con SketchUp

D opo aver visto, nel pre-cedente numero di CAD-ZINE, come produrre dei semplici e pratici ren-

der, proviamo a cercare di capire come elaborare dei piccoli video col nostro modellatore 3D. Un vi-deo, semplice e veloce o impegna-tivo ed accurato che sia, ci aiuta comunque in maniera straordina-ria a far comprendere tutto il no-stro lavoro di modellazione tridi-mensionale alla committenza. Po-trebbe sembrare un lavoro compli-cato ma vi assicuro che in pochi semplici passaggi possiamo riu-scire ad ottenere una valida se-quenza animata. Il Modello in 3D Partiamo ovviamente come sem-pre da una restituzione già com-pletata in ogni dettaglio, Fig. 1 in questo caso, la restituzione 3D ri-guarda il Castello di Roccascale-gna (CH) in Abruzzo (una piccola dimostrazione video sulla rico-

struzione 3D è visibile sul canale You Tube). Ho cercato di ricostrui-re questo modello in maniera mol-to fedele, aiutandomi con Planime-trie e Sezioni di Rilievo e come sempre con tantissime foto scatta-te sul posto o cercate sul web. Una ricostruzione suggestiva, come abbiamo sempre affermato, deve essere senza dubbio sempre e co-munque il nostro obiettivo prima-rio. Un bel filmato, con immagini che "rapiscono" lo spettatore tra-smettendogli una sequenza "emozionante", deve necessaria-mente possedere, come ingredien-ti primari, accuratezza e meticolo-sità nella restituzione virtuale. Il concetto di “Scena” Incominciamo con il definire in SketchUp il concetto di "Scena". Ogni nostra inquadratura sullo schermo, può essere opportuna-mente salvata da VISUALIZZA

ANIMAZIONE AGGIUNGI SCENA e consentire di elaborare, con più scene successivamente salvate una piccola sequenza video, Fig. 2. Ovviamente, per una prima prova, cerchiamo di non salvare molte scene. Per provare un piccolo vi-

deo potremmo accontentarci an-che di 5/6 scene (Scena 1, Scena 2, Scena 3... Cfr. Fig. 3) calibrate e scelte secondo le nostre esigenze. Cosa importante, cerchiamo di scegliere e salvare l'impostazione delle ombre alla prima scena, Fig. 4, cosi tutte le successive avranno le ombre settate sullo stesso gior-no e sulla stessa ora, altrimenti avremmo come risultato un' antie-stetica sequenza, con balzi di om-bre casuali per ogni scena. Il “Gestore delle Scene” Un'altra finestra che conviene subito aprire per il controllo delle scene stesse è GESTORE SCENE; po-sizionando il cursore sulla barra di una scena qualsiasi (per esempio sulla SCENA 1) - tasto destro del mouse GESTORE SCENE Fig. 5. Il ge-store delle scene, ci consente di: Aggiornare, aggiungere o rimuove-re le scene, rinominare una scena (cosa molto importante) includere o escludere ogni singola scena dalla nostra sequenza video, senza per questo essere costretti ad eli-minarla definitivamente, aggiun-gere una piccola descrizione... ed altri utili parametri che pian piano

I parte

di Anto nel lo B ucce l la

Come elaborare un Video con SketchUp

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Fig. 4 Fig. 3

Fig. 6 Fig. 5

Fig. 2 Fig. 1

TUTORIAL: elaborazione video con SketchUp

Se volete dare 1 occhiata al filmato del Castello di

Roccascalegna, questo è il link: https://youtu.be/vmoHlqC8rkQ

Antonello

ci converrà scoprire e provare. Do-po questi concetti basilari, provia-mo ora a capire come arrivare ad ottenere, con poche Scene, una sequenza filmata fluida, efficace ed accattivante. Scelta delle inquadrature Impariamo anzitutto a scegliere e salvare delle inquadrature signifi-cative e non molto distanti fra lo-ro. Ciò significa che fra la Scena 1, la Scena 2, la Scena 3 e 4 (per

esempio), non dovrebbero esserci notevoli differenze di inquadratu-ra prospettica. In questo modo, le immagini non subiranno un effet-to "scatti veloci" ma avranno un movimento più lento, regolare e "narrativo", Fig. 6. Nella prossima puntata, ci occuperemo dell'ante-prima del filmato e come di cali-brare i tempi per le transizioni in base al risultato che vogliamo ot-tenere. Continua

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UMORISMO

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GIOCHI

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