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Il magazine della Community “AutoCAD, Rhino e SketchUp designers” su Google Plus Il magazine della Community “AutoCAD, Rhino e SketchUp designers” su Google Plus DAL 2014 DAL 2014 GENNAIO 2015 Anno II Numero 1 edizione gratuita /07 Viteria La rappresentazione unificata degli elemen filea in termini di forma della testa e po di intaglio /10 Cinema e Animazione L’ulmo film di Gabriele Salvato- res, Il ragazzi invisibile, è una storia di fantascienza su di un adolescen- te inquieto con un super potere... /11 Mario Boa La Designer’s story del mese presenta il famoso architeo razionalista svizzero con la sua visione dell’habitat umano...

CADZINE n° 1, gennaio 2015, ANNO II

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Il magazine della Community “AutoCAD, Rhino e SketchUp designers” su Google PlusIl magazine della Community “AutoCAD, Rhino e SketchUp designers” su Google Plus

DAL 2014DAL 2014

GENNAIO 2015 Anno II Numero 1 edizione gratuita

/07 Viteria

La rappresentazione unificata degli

elementi filettati in termini di

forma della testa e tipo di intaglio

/10 Cinema e Animazione

L’ultimo film di Gabriele Salvato-

res, Il ragazzi invisibile, è una storia

di fantascienza su di un adolescen-

te inquieto con un super potere...

/11 Mario Botta

La Designer’s story del mese

presenta il famoso architetto

razionalista svizzero con la sua

visione dell’habitat umano...

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L'uomo porta con sé il biso-

gno primario dell'abitare, la

voglia di costruirsi uno spa-

zio di protezione, di difesa,

una sorta di utero materno;

quindi da questo punto di vi-

sta l'architettura ha un sicuro

avvenire. D'altro canto, se

analizzo i processi in atto

nella cultura occidentale c'è

poco da stare allegri: l'uomo

sa adeguarsi a tutto, e non

importa in quale spazio, e

così finisce per adattarsi an-

che al peggio.

Mario Botta

LA METTO IN CORNICE

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HOME PAGE

Nell’EDITORIALE di questo me-se la presentazione del resty-ling di CADZONE+, il sito del-la nostra Community CAD. Per la rubrica CINEMA E ANI-MAZIONE N. Nullo presenta “Il ragazzo invisibile” di G. Salva-tores. Continua l’analisi degli elementi filettati in BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTAZIONE. La DESIGNER’S STORY di questo mese riguarda Mario Botta il famoso architetto svizzero. D. Pinna nella sua rubrica HARDWARE & SICUREZZA pre-senta due sue articoli sugli

straordinari SSD e sull’ultima minaccia virale del web: Cryptolocker. Nella rubrica INTERVISTA una gradevole chiacchierata con Sylvie Zennir, la talentuosa modellista 3D della Comm. Nella rubrica MUSICA, N. Amalfitano ricor-da Pino Daniele recentemen-te scomparso. Le mappe di anteprima BIM saranno l’ar-gomento della nuova puntata del CORSO DI ORIENTAMENTO ALLA BIM. Il CORSO DI BASE PER SKETCHUP ha come tema il comando SPOSTA. Si conclude

il CORSO DI MODELLAZIONE GEO-

LOCALIZZATA PER SKETCHUP con i suggerimenti di A. Buc-cella per arricchire la scena con alcuni piccoli e preziosi dettagli; F. Pieri esordisce con la I puntata del suo mini-corso su LE BASI DI QGIS con una panoramica introduttiva sulle informazioni geografi-che. S. Piccioni, in un TUTO-RIAL , parla della mappatura dei materiali. G. Asero chiude questo numero con un TUTO-RIAL sul blending material in VRAY.

Diario di bordo

rendering

[ˈrendəriNG] sostantivo Nella computer grafica, la conversione mediante apposito software del profilo di un'immagine bidimensionale in un'immagine dall'aspetto realistico e

percepibile come tridimensionale, grazie al calcolo accurato della prospettiva e all'aggiunta di colori, luci e ombreggiature.

rubriche PAG. 05 NEWS

PAG. 06 EDITORIALE di Salvio Giglio “Vi presento CADZONE+”

PAG. 07 BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTA-

ZIONE di Salvio Giglio “Viteria: forma del profilo della testa ed intaglio”, IV PUNTATA

PAG. 10 CINEMA di Nunzia Nullo “Il ragazzo invisibile”

PAG. 11 DESIGNER’S STORY di Salvio Giglio “Mario Botta”

PAG. 15-18 HARDWARE & SICUREZZA di Daniele Pinna “Eliminare il Collo di Bot-tiglia con gli SSD” - “Attenti alle MAIL: Cryptlocker è in agguato!”

PAG. 19 INTERVISTA di Salvio Giglio “Sylvie Zennir ”

PAG. 24 MUSICA di Nicola Amalfitano “Ricordando Pino Daniele”

Direttore responsabile: Salvio Giglio Redazione: Nicola Amalfitano, Antonello Buccella, Nunzia Nullo, Gianmarco Rogo

Segretaria di redazione: Nunzia Nullo Cura editoriale: Nicola Amalfitano, Nunzia Nullo

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HOME PAGE

Cos’è CADZINE è una rivista gratuita nata in

seno alla Community di “AutoCAD, Rhino & Sket-

chUp designer” per informare & formare disegnatori tecnici e

appassionati sul CAD ed i suoi “derivati”.

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senti sono gratuite e sono create e pubblicate a discrezione della

redazione.

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mettendo a disposizione di tutti e gratuitamente le tue cono-scenze. Sarai il benvenuto!

E’ consentita la riproduzione di testi, foto e grafici citando la fonte e inviandoci la copia. La pubblicazione è CopyLeft & Open Access ;-)

Pensandoci bene

Cani che si mordono la coda? E’ difficile interpretare quanto è accaduto a Parigi con i tragici fatti del 7 gen-

naio contro la sede del giornale satirico Charlie Hebdo in cui hanno perso la vita dodici persone e altre 11 undici sono rimaste ferite. Nell’animo di tutti noi, spettatori impotenti nostro malgrado, prendono il sopravvento due sentimenti

molto forti: da una parte l’emotività per la barbarie, l’insensatezza e la crudeltà di chi pretende di riportare con la forza l’umanità indietro di 1400 anni e,

dall’altra, incredulità rispetto a certe prese di posizione ideologiche, nazionali ed internazionali, che non fanno altro che aumentare ancor di più i toni dello scontro e annichilire qualsiasi tentativo di mediazione e di pace trascinando

così l’umanità nell’ennesimo conflitto mondiale

rendering

[ˈrendəriNG] sostantivo Nella computer grafica, la conversione mediante apposito software del profilo di un'immagine bidimensionale in un'immagine dall'aspetto realistico e

percepibile come tridimensionale, grazie al calcolo accurato della prospettiva e all'aggiunta di colori, luci e ombreggiature.

corsi & tutorials PAG. 26 CORSO DI ORIENTAMENTO ALLA BIM di Salvio Giglio “Creare una mappa d’an-teprima BIM”, VI PUNTATA

PAG. 28 CORSO DI BASE PER SKETCHUP di Salvio Giglio “Il comando Sposta e le sue funzionalità”, VIII PUNTATA

PAG. 30 CORSO DI MODELLAZIONE GEOLOCALIZ-ZATA PER SKETCHUP di Antonello Buccella “Piccoli dettagli finali...”, VI ed ultima PUNTATA

PAG. 33 LE BASI DI QGIS di Fabrizio Pieri “L’evoluzione dell’informazione geografi-ca e il GIS Open Source”, I puntata

PAG. 38 TUTORIAL: LE BASI DEL RENDERING di Simone Piccioni “La mappatura dei materiali”

PAG. 41 TUTORIAL: RENDERIZZARE CON VRAY di Gabriele Asero “VRAY Blend Material”

eventuali & varie PAG. 44 Umorismo PAG. 45 GIOCHI

Impaginazione, pubblicità e progetto grafico: Salvio Giglio Editore: Calamèo (Hachette)

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NEWS gli ultimi post prima di andare in stampa

Spagna, Barcellona 12 e 13 febbraio 2015. L'Associazione dei Periti, Architetti e Ingegneri di Barcellona (CAATEEB), un’istituzione che rappresenta e ordina l'esercizio della professione, promuovendo professionisti ed eccellenze tecni-che, insieme con l'Accademia BIM, ha organizzato una due giorni sulla BIM. La conferenza comprenderà conferenze, praticantati, visite, nuove imprese tutte impegnate nella BIM, oltre a tre oratori di chia-ra fama internazionale. Ogni ses-sione comprenderà, casi di studio standard e workshop sulle applica-zioni (progettisti, committenti, appaltatori, software, ecc.). Le pre-sentazioni sono disponibili in in-glese e spagnolo con la funzione di traduzione istantanea. Il fine di questo seminario è quello di far confrontare i partecipanti di ogni paese europeo impegnati in tutti i settori legati al ciclo di vita dell'edi-ficio, che partendo dal software BIM e dall'industria dei prodotti, attra-versano progettisti e produttori, coinvolgendo associazioni, mana-ger, consulenti, professionisti. S.G. (da BIM Outsourcing )

Sarà finalmente possibile leggere i papiri di Ercolano in maniera vir-tuale senza srotolarli grazie ad un fisico del CNR di Napoli. «Non aprite quei papiri, tanto li leggiamo ugualmente». In calce a questa affermazione, eccezionale, la firma di un fisico del CNR di Napoli, Vito Mocella, a capo di un gruppo di studio italo-francese che per la prima volta ha consentito un’analisi non invasiva dei reperti antichi con luce di sincrotrone utile alla lettura dei rotoli carboniz-zati e sepolti dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. L’unica bibliote-ca integrale giunta dall’antichità. Grazie al sincrotrone sarà quindi possibile leggere i papiri senza srotolarli, svelarne i segreti impri-gionati nella massa solida determi-nata dagli effetti della combustione e del tempo intercorso fino ai no-stri giorni. Ma non solo, perché la nuova tecnica consentirà di analiz-zare reperti greci e romani che potrebbero contenere testi filosofi-ci e anche letterari che non sono mai stati portati a conoscenza dell’umanità in quanto messi da parte, conservati, senza che il loro contenuto potesse essere rivelato. La nuova tecnologia è stata messa a punto dal CNR di Napoli ed è in

grado di permettere, per la prima volta, l’osservazione della scrittura all’interno dei rotoli carbonizzati e non ancora aperti provenienti dalla Villa dei Papiri di Ercolano. In questo modo, e grazie ai super-raggi X del sincrotrone (che è un acceleratore di particelle in cui il campo magnetico e il campo elet-trico variabile sono sincronizzati con il fascio delle particelle stesse; copre un’area grande quanto cin-que campi di calcio e genera raggi di luce che possono sondare la materia su scala atomica e moleco-lare), si potranno leggere i papiri (e Mocella ne ha dato dimostrazione proiettando immagini che hanno illustrato la validità dello studio) e anche le pergamene, senza doverli srotolare, e sconfiggendo i nefasti esiti della combinazione determi-nata dalla combustione sull’ ”atramentum librarium”, l’inchio-stro a base di carbone utilizzato, specialmente in epoca romana, con il risultato di fare luce in maniera definitiva su uno degli aspetti più importanti nello studio dei mano-scritti antichi. A. B. (da "Positano News" articolo del 21 gennaio 2015)

Londra. Il 14 gennaio si inaugura a Londra una mostra dedicata a Re-nato Guttuso intitolata “Guttuso: Painter of Modern Life”. La rasse-gna, organizzata in collaborazione con la Galleria d’Arte Maggiore di Bologna negli spazi espositivi del-la Estorick Collection (specializzata in arte italiana), enfatizza il ruolo di Guttuso quale interprete dei cam-

biamenti della vita socio-politica italiana con la forza espressiva del suo stile ribelle e realista. Nell’e-sposizione londinese il visitatore troverà opere fortemente rappre-sentative dei diversi periodi che caratterizzarono la carriera del maestro siciliano: il fascismo, il dopoguerra, gli anni Settanta. S.G

Lo scorso 21 gennaio Microsoft ha annunciato che Windows 10, il pros-simo sistema operativo di casa Red-mond, sarà possibile installar-lo gratis per il primo anno sui Com-puter che montano Windows 7 e 8.1 e gli smartphone con Windows Phone 8.1 e i Tablet con Windows 8.1 RT. Facciamo prima di tutto una chia-rezza. Quel “gratis per il primo anno” significa che chi è in possesso di una licenza valida delle su citate versioni di Windows, avrà tempo un anno, dall'uscita di Windows 10, per richiedere gratuitamente la licenza aggiornamento. La durata della licenza non sarà limitata nel tempo. Chi lo farà dopo tale data, dovrà acquistare la licenza aggiornamento, ma Microsoft non ha ancora comu-nicato nessuna cifra. Se dovesse essere in linea con le licenze Aggior-namento di Windows 7 prima e 8/8.1 poi, i prezzi sono di circa 130 € per la versione Home e di 260 € per la versione Professional. E' chiaro che una possibilità di questo tipo non conviene farse sfuggire. Chi ha pro-vato Windows 10 (io purtroppo non ho avuto ancora il tempo), ha detto che nonostante sia una versione preliminare (quindi potenzialmente con ancora molti problemi) è molto stabile. Non è stato chiarito cosa succeda in caso di reinstallazione, ma presumo che verrà rilasciato un Codice (Product Key) che una ISO da scaricare per poter effettuare suc-cessive reinstallazioni, più o meno come è successo con il passaggio gratuito da Windows 8 a Windows 8.1, l'importante è conservare con cura quei codici. Una cosa interes-sante di questa versione è il passo indietro di Microsoft riguardo il Menu a mattonelle (fatto più unico che rato, basti vedere i Menu ribbon di Office 2007/2010/2013), un obbro-brio, specie per un utilizzo Desktop, a prescindere che si abbia o meno uno schermo Touché. Viene infatti introdotto il menu classico, a cui vengono affiancate alcune Tile (mattonelle). Nel frattempo, se avete Windows 8 o 8.1, usate Classic Shell (www.classicshell.net); è un software gratuito e Open source, per niente invasivo (praticamente non fa modifiche al sistema se non il menu) che ripristina il Menu Classi-co a scelta fra quello di Windows 7, XP o per chi si vuole male, persino Windows 98 :-) D.P.

Non aprite quei papiri!

BIM summit 2015

Arriva WIN 10!

Guttuso: Painter of Modern Life

Architetto onorario 2014

Roma. Saranno assegnati il prossi-mo 27 gennaio i titoli di Architetto Onorario 2014 attribuiti annual-mente dal C.N.A.P.P.C. a quei citta-dini che si sono distinti a favore della promozione della cultura e della qualità dell'architettura. La cerimonia della premiazione avrà inizio alle 16,30 presso la sede del Consiglio Nazionale degli Archi-tetti, in via di S. Maria dell’Anima, 10 a Roma. L’evento si concluderà col Convegno “La cultura del pro-getto quale strumento di trasfor-mazione e di valorizzazione del Paese. Esperienze, prassi, prospet-tive" che inizierà alle 18,15. S.G.

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EDITORIALE

M amma mia che inizio d’anno pesante! Tra la scomparsa dell’a-matissimo Pino Da-

niele e i fatti di Parigi non si è ca-pito niente! Ovviamente parlo a titolo personale, anche se girova-gando su G+ ho avuto modo di leg-gere le mie sensazioni su tantissi-mi post. Chiudiamo qui queste considerazioni tristi e passiamo a qualcosa di utile e leggero. E cosa c’è di più leggero del mondo vir-tuale? Appena pubblicato il nume-ro di dicembre 2014 ho messo ma-no al vecchio sito della Comm. CADdisticaMente per trasformarlo completamente e creare un colle-gamento tra esso la Community e questo magazine. Questa nuova versione del sito, che ho chiamato CADZONE+, anzitutto spiega ad eventuali visitatori esterni a G+ cosà è il progetto “AutoCAD, Rhino & SketchUp designers” cosa è la nostra Community e qual è la sua Mission opportunamente distri-buita tra Community, sito e maga-zine. Per quel che riguarda le Se-zioni del sito, attualmente quasi vuote, ho avuto l’idea di riempirle proprio con i contenuti del maga-

zine, tematicamente suddivisi, in modo da costituire un vero e pro-prio dispensario in formato PDF da cui chiunque e gratuitamente può attingere informazioni. La pagina Redazione e le sue sotto pagine sono nate da una doppia esigenza: presentare al pubblico e ringrazia-re coloro che scrivono, più o meno puntualmente, su CADZINE. Mi riferisco specialmente a Nicola Amalfitano e ad Antonello Buccel-la che, da quando hanno aderito e condiviso questa idea, non hanno mai fatto mancare il loro apporto in termini umani e professionali. Il mio pensiero e gratitudine vanno anche a Marco Garavaglia, attual-mente impegnato con un suo pro-getto imprenditoriale, e a Gian-marco Rogo che nonostante i gra-vosi e innumerevoli impegni di studio e di lavoro hanno contribui-to ad arricchire con i loro articoli questo particolare contenitore di notizie. Di Nunzia Nullo non parle-rò perché sarei di parte e non mi basterebbe l’intero numero di gen-naio per tesserne le lodi! A questi vecchi e cari amici se ne sono ag-giunti altri quattro “nuovi” che pur essendo delle vecchie conoscenze della Community e di G+ rappre-sentano delle nuove risorse per questo magazine: Gabriele Asero, Simone Piccioni, Fabrizio Pieri e Daniele Pinna che presenteranno

delle nuove rubriche a partire pro-prio da questo numero. La pagina Scrivi con noi? Chiarisce il regola-mento per chi desidera collaborare gratuitamente a questo progetto e le modalità di inoltro degli articoli, le dimensioni delle foto, ecc. Per rispetto agli altri redattori non farò deroghe a nessuno circa i punti del regolamento. Dalla pagina Edi-cola si accede all’archivio di CAD-ZINE con tutti i link utili per leg-gerselo sul web e per scaricarlo anche in formato light. Ad ogni numero è associata anche una cro-naca di redazione con tutte quelle che sono state le emozioni, le diffi-coltà, i piccoli successi legati ad ogni numero della rivista. Comple-ta il sito la sezione dedicata alle Risorse per i disegnatori tecnici e i frequentatori della Community che trovano il direct link nella ba-checa dei collegamenti esterni della Comm. Questo mese alcune rubriche che seguo io non saranno pubblicate sia per motivi di tem-po, che è volato via col sito, che per lasciare spazio ai nuovi amici del magazine! :) Che altro aggiungere quindi se non gli auspici migliori per i restanti undici mesi di questo 2015 che si-curamente non sarà avaro di belle sorprese nonostante lo scivolone iniziale! :)

di Salvio Gigl io

Vi presento CADZONE+

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L a vite è uno di quegli og-getti che si può definire perfetto, dal momento che la sua forma e funzio-

ne sono sempre le stesse sin dalle sue prime realizzazioni. Nella pro-duzione industriale attuale le di-versificazioni consistono, essen-zialmente, nella forma del profilo della testa, nel tipo di intaglio e nel profilo del filetto. Nella puntate precedenti ci siamo occupati di svariati aspetti riguardanti gli ele-menti filettati in termini di dimen-sioni e risposta alle sollecitazioni esterne agenti su di esse. Generalizzazioni sulla forma del profilo della testa delle viti e sul gambo filettato La testa di una vite è uno dei punti più importanti di questa macchina semplice. Infatti, dalla sua forma dipendono sia la resistenza dell’e-

lemento di collegamento rispetto al carico poiché, come abbiamo visto nella puntata precedente, è proprio su di essa che agisce que-sti, sia il tipo di utensile che utiliz-zeremo per il suo serraggio. Il cri-terio generale è di facile intuizio-ne: per piccoli e medi carichi si uti-

lizzano attrezzi di serraggio ma-nuali o elettrici sviluppanti cop-pie di modesta intensità (cacciaviti, avvi-tatori elettrici, ecc);

per carichi ele-vati e molto ele-vati si ricorre a chiavi di serrag-gio, avvitatori elettrici o pneu-matici in grado di sviluppare elevate coppie di serraggio (chiavi fisse e a stella, chiavi inglesi, avvitatori pneumatici ed elettrici di grande potenza).

Di conseguenza il dimensiona-mento e la forma della testa dipen-dono dal lavoro che dobbiamo rea-lizzare. Alla forma della testa è

associato anche un altro parame-tro costruttivo: la forma del gambo filettato. Questo particolare è su-bordinato dall’impiego della vite-ria con uno o più materiali (nel legno, sul metallo, per la plastica, ecc) e al tipo di assemblaggio che si vuole effettuare. Dalla combina-zione della forma della testa e quella del gambo filettato si otten-gono delle vere e proprie famiglie di viti che sono in grado di soddi-

sfare qualunque esigenza di colle-gamento. Forme della testa e tipi d’innesto Sin dalle loro prime commercializ-zazioni e brevetti i produttori di viteria hanno trovato nell’intaglio, nella forma della testa e in quello del profilo del gambo filettato un modo per diversificarsi dalla con-correnza. La standardizzazione,

IV puntata

di Salvio Gigl io

Viteria: forma del profilo della testa ed intaglio

In questa puntata ci occuperemo della classifica-

zione della viteria in base alla testa e all’intaglio e

concluderemo l’articolo con una serie di tabelle utili

al disegnatore di esempi costruttivi di viteria reperi-

bili sul mercato derivate da questa classificazione.

Fig. 1, vite a testa cilindrica con intaglio a croce secondo UNI 7687

Tab. 1, principali profili per la testa delle viti metriche ed autofilettanti

BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTAZIONE

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fortunatamente, ha riportato entro gli argini dei buoni criteri com-merciali le forme costruttive dei singoli elementi della vite. tracce dell’eredità del passato pre unifi-catore restano in molte forme dell’intaglio, specialmente negli USA. I produttori nel corso degli anni si sono cimentati in accurate progettazioni che, oltre alla vite, si occupavano anche dell’estremità dell’utensile necessario al suo ser-raggio. Tra i tanti tipi di innesto tra giravite e testa della vite, i più longevi e comuni sono quello a

taglio e quello a stella o Phillips. Nel corso degli anni i costruttori hanno studiato nuovi attacchi, in grado di offrire una presa maggio-re riducendo il rischio di danneg-giamento dell'innesto o del giravi-te. Per l’industria impegnata nella produzione di serie sono stati ela-borati innesti in grado di soddisfa-re le esigenze di velocità e preci-sione richieste dal montaggio au-tomatico. Sono state studiate an-che soluzioni ad hoc per particola-ri esigenze manutentive, come nel caso della componentistica elettri-

ca di consumo, come interruttori e prese elettriche, in cui i produttori hanno provvisto la testa delle viti serrafilo di una doppia impronta: taglio e stella. I filoni di ricerca e sviluppo sulla testa delle viti han-no riguardato anche lo scoraggia-mento di tentativi di manomissio-ne, realizzando forme particolari per l’intaglio e la testa che richie-dono specifici set di utensili per il montaggio e la rimozione. Nella tabelle che seguono ho riportato le principali tipologie di testa e di intaglio per la viteria convenzionale.

Tab. 2, principali tipi di intaglio per la testa delle viti e loro impiego

BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTAZIONE

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BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTAZIONE

Tab. 3, viti a testa cilindrica con incavo esagonale DIN 912

Tab. 4, viti a testa bombata con cava esalobata DIN EN ISO 14583

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CINEMA E ANIMAZIONE

Il ragazzo invisibile

B en ritrovati! Questo mese vi parlerò di un film uscito nelle sale il 18 di-cembre ma che ha avuto

grandi apprezzamenti da critica e pubblico. Il film in questione è "Il ragazzo invisibile" e porta la firma di un grande regista italiano, Ga-briele Salvatores. Michele è un adolescente e vive a Trieste con la mamma Giovanna, poliziotta sin-gle da quando il marito, anche lui poliziotto, è venuto a mancare. A scuola i bulletti della classe, Ivan e Brando, lo tiranneggiano e la ra-gazza di cui è innamorato, Stella, sembra non accorgersi di lui. Ma un giorno Michele scopre di avere un potere, anzi, un superpotere: quello di diventare invisibile. Sarà solo la prima di una serie di sco-perte strabilianti che cambieranno la vita a lui e a tutti quelli che lo circondano. Nei miei precedenti articoli, i film in questione erano caratterizzati dalla spettacolarità e dal superbo utilizzo della CG ma non in questo caso: gli effetti spe-ciali de "Il ragazzo invisibile" sono artigianali nel senso migliore del termine; niente di fantasmagorico o strabiliante, piuttosto un recupe-ro della meraviglia e dell'incanto infantile, sempre profondamente radicati nella concretezza di una quotidianità riconoscibile. Anche il montaggio si tiene lontano dalla frenesia da action movie holly-woodiano, ancor più se legato all'immaginario fumettistico. Una scelta, la mia, non dettata dal caso ma consapevole anche del taglio sociale che una rivista come CAD-ZINE vuole offrire. Quindi niente "effettoni" ma tanta tanta umanità

di quel mondo fantastico quanto difficile che è l'adolescenza. Quel-lo di Michele è un classico viaggio di formazione che pone al pubbli-co, snocciolandole una dopo l'altra all'interno di una narrazione fluida e coesa, le grandi domande di chi si affaccia all'età adulta (e che continuano a riguardare anche il mondo dei "grandi"). Chi siamo? Di chi possiamo fidarci? A chi dob-biamo dare ascolto? Di chi (o che cosa) siamo figli? La nostra fami-glia di elezione coincide con quel-la biologica? Quali sono i nostri veri talenti e come possiamo usar-li in modo consapevole? La scelta del potere dell'invisibilità è ricca di valenze metaforiche, soprat-tutto per il cinema che è per definizio-ne racconto del visi-bile, e visto che l'a-dolescenza è in ge-nere il periodo di minima autosti-ma e massimo narcisismo, essere invisibili diventa contemporanea-mente un'aspirazione e uno spau-racchio. Salvatores sceglie di fil-mare l'assenza nel momento stes-so in cui rivendica il suo (anti)eroe come presenza innanzitutto fisica, e non sottrae il suo protagonista all'ambiguità di questo rapporto di attrazione e repulsione verso il p r o p r i o " n o n e s s e r e " . Con "Il ragazzo invisibile", Salvato-res si cimenta in un film di genere nel genere: una storia di supereroi all'interno di un film per ragazzi, filone supremamente (e inspiega-bilmente) trascurato in Italia. Lo stesso Salvatores intende ricorda-re che il suo film deve rimanere accessibile in primis ai giovanissi-mi, e dunque non disdegna spiega-zioni didascaliche e sottolineature esplicite pur restando fortemente autoriale nelle scelte estetiche e

narrative, che rispettano la com-posizione grafica del fumetto e l'iperrealismo (magico) del raccon-to fantastico. "Il ragazzo invisibi-le", quindi, lavora soprattutto sulla costruzione dei personaggi e sulla semina dei grandi quesiti esisten-ziali di cui sopra, sempre enuncia-ti a misura di adolescente. La sce-neggiatura, del trio Alessandro Fabbri, Ludovica Rampoldi e Stefa-no Sardo, attinge a molti capisaldi del cinema di genere senza diven-tare imitativa, e le innumerevoli citazioni, spesso d'autore - da "Gremlins" a "Ferro 3", da "Lasciami entrare" ad "Hanna", da "Salt" a "Il sesto senso", da "Spider

Man" a "X-Men", da "L'alieno" a "Grosso guaio a Chinatown". "Il ragazzo invisibile" racconta un corpo adolescente in cambiamen-to come cartina di tornasole e mo-tore dell'evoluzione di un'intera comunità, creando un sottile di-stinguo fra talento e potere, appog-giandosi ad un'architettura narra-tiva solida e ad un'estetica precisa, apparentemente semplice e invece assai sofisticata nella cura dei det-tagli, nel posizionamento delle luci, nella costruzione delle inqua-drature e nella scelta "fumettistica" dei punti di ripresa. Una scommessa vinta per una sfi-da coraggiosa e infinitamente più complessa di quanto la sua super-ficie children friendly lasci intuire.

di Nunzia Nul lo

Salvatores codifica il suo tipo ideale di super eroe incarnandolo nei panni di un adolescente e dando al film un sapore tutto italiano, lontano dal merchan-dising della Marvel e pieno di divertente e straordi-naria umanità…

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L a prima vota che vidi del-le opere di Mario Botta fu per il corso di Teoria e Tecnica dell’Architettura;

mi fecero subito tornare in mente certe belle architetture del Razio-nalismo italiano del periodo fasci-sta a cui era stato dato il triste compito propagandistico di rap-presentare l’eredità classica dell’i-talianità ri-“vestita” di panni mo-derni! Nelle opere di Botta ritrovi la poetica razionalistica finalmen-te scevrata da qualunque ideologia politica la cui unica missione è quello di “predisporre le forme am-bientali affinché le attività, i senti-menti e le emozioni possano tro-vare una loro adeguata espressio-ne.”. La gestione dei volumi e le planimetrie dei suoi progetti espri-mono, quindi, una visione umana ed emozionale del costruito, of-frendo ai suoi fruitori un’architet-tura “logica” in cui gli spazi accol-gono il vissuto quotidiano in una sequenza ordinata di “icone” inter-ne ed esterne, capaci di suggerire univocamente la funzione per cui sono stati create. Il razionalismo “diverso” di Mario Botta non ha bisogno di tanti materiali preziosi per esprimersi; oggetto prediletto delle sue realizzazioni è l’unità strutturale primitiva rappresentata del mattone che è presentato in purezza: faccia vista, dal momento che si inserisce ancora con estre-ma perfezione anche negli attuali contesti urbani. Sintesi biografica Nasce nel 1943 in Svizzera a Men-drisio nel cantone ticinese. Sin

dalla prima adolescenza manifesta una sviscerata passione verso l’ar-chitettura talento che non passerà inosservato. Infatti, poco dopo la licenza media, appena quindicen-ne diventa apprendista disegnato-re a Lugano nello studio degli l’ar-chitetti Luigi Camenisch e Tita Carloni. A sedici anni progetta la sua prima costruzione unifamilia-re che sarà poi realizzata a Morbio Superiore, in Ticino. E’ allievo del Liceo Artistico di Milano e ha da poco compiuto vent’anni quando vede realizzato il suo proget-to: la casa parrocchiale di Genestrerio 1961-63. Nel 1964 si iscrive all’I-stituto Universitario d'Architettura di Venezia e in questo periodo ha la grande occasione di col-laborare con due gran-dissimi architetti su due progetti legati al capo-luogo veneto: nel 1965 con Le Corbusier al pro-getto per il nuovo ospe-dale e, poco dopo, con Louis Kahn, per la mo-stra dedicata al progetto per il nuovo Palazzo dei Congressi. Si laurea nel 1969 con i relatori Carlo Scarpa e Giuseppe Mazzariol. Nel 1970 decide di affrontare subito il mondo del lavoro e avvia a Lugano il proprio studio di architettura. I clienti non tarderanno ad arrivare commissionandogli svariati pro-getti specialmente per residenze unifamiliari già fortemente carat-terizzate da una ricerca stilistica accurata e rivestite da materiali che esprimono pienamente l’iden-tità funzionale del progetto. Botta non è solo un progettista ma an-che un docente appassionato; in-fatti subito dopo la laurea affianca

alla professione un'intensa attività d'insegnamento e di ricerca in mezzo mondo con conferenze, se-minari e corsi di architettura in varie scuole di architettura. Il Poli-tecnico di Losanna lo nomina do-cente nel 1976; incarico identico gli viene affidato nel 1987 dalla Yale School of Architecture a New Haven; nel 1982 la Commissione Federale Svizzera delle Belle Arti lo vuole come suo consulente fino

al 1987 ; dal 1983, diventa professo-re titolare nella Scuola Politecnica Federale a Losanna. Ha voluto nella sua Mendrisio, in-torno al 2000, una nuova Accade-mia di Architettura ove attualmen-te è professore ordinario ed è stato direttore didattico per l'A.A. 2002/03. Nel corso degli anni l'architetto svizzero ha ricevuto numerosi ri-conoscimenti internazionali come: il Premio Europeo per la Cultura ricevuto nel 1995, il Merit Award for Excellence in Design by the

DESIGNER’s STORY

Mario Botta

di Salvio Gigl io

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DESIGNER’s STORY

Mario Botta San Francisco MOMA Sezione dell'atrio 1989 — Collezione SFMOMA

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MART museo d’arte moderna e contemporanea a Rovereto Sinagoga Cymbalista e Centro dell’Eredità a Tel Aviv

SFMOMA Museo d’arte moderna a San Francisco Teatro e casa per la cultura a Chambéry

Cattedrale della Resurrezione a Evry interno Cattedrale della Resurrezione a Evry esterno

Torre Kyobo a Seoul Edifici amministrativi Tata CS a Nuova Delhi

DESIGNER’s STORY

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AIA nel 1996, ottenuto per il pro-getto del MOMA di San Francisco, e la Legione d'Onore della Repub-blica Francese nel 1999. La poetica progettuale di Botta In apertura vi ho descritto le mie sensazioni da studente sull’archi-tettura di Botta e sul suo modo di interpretarne il linguaggio attra-verso delle icone. Un esempio di ciò è la reinterpretazione del con-cetto di torre, un tema ricorrente dell’architettura di Botta, che da particolare di edificio difensivo, civico o ecclesiastico diventa oc-casione per esplorare, dall’alto, il tessuto urbano circostante e con-temporaneamente assumere il ruolo di punto di riferimento del tessuto stesso. Questa iconografia scaturisce da una concezione dell’architettura in armoniosa fu-sione con la natura, le culture e le storie dei territori, ricordo concre-to dei vissuti storici e delle aspira-zioni umane. Botta, come si diceva

in apertura, ha sempre prediletto il laterizio tuttavia non ha tralascia-to l’impiego di elementi decorativi anche di altri materiali, come la pietra grigia di Riveo, il marmo bianco di Peccia, il marmo nero, la pietra rossa di Verona, le lastre di porfido, gli strati vetrati e le strut-ture metalliche e cementizie, che combinate con la sua logica pro-gettuale sono capaci di creare sug-gestivi effetti chiaroscurali e cro-matici. Nelle realizzazioni di Botta ritroviamo tutto il repertorio geo-metrico di forme provenienti dal linguaggio classico dell’architettu-ra e rivisitate dal razionalismo libero e giocoso dell’architetto svizzero: volte cilindriche ed ellit-tiche si appoggiano su piante qua-drate e rettangolari, spesso peri-metrate da archi che ripropongo-no in chiave contemporanea il te-ma del chiostro, del porticato, del-la corte aperta offrendo così alla città degli edifici belli ed imme-diatamente riconoscibili. Tra le

tantissime realizzazioni vanno ricordate: il Teatro e casa per la cultura a Chambéry; la Galleria d’arte Watari-um a Tokio; la Me-d iate ca a Vi l le urban ne ; il SFMOMA Museo d’arte moderna a San Francisco; la Cattedrale del-la resurrezione a Evry; il Mu-seo Jean Tinguely a Basilea; la Sinagoga Cymbalista e Centro dell’eredità a Tel Aviv; la bibliote-ca municipale a Dortmund; il cen-tro Dürrenmatta Neuchâtel; il MART museo d’arte moderna e contemporanea a Rovereto; la tor-re Kyobo a Seoul; gli edifici ammi-nistrativi Tata CS a Nuova Delhi e Hydrabad; il Museo Fondazione Bodmer a Cologny; il Centro pasto-rale Giovanni XXIII a Seriate e la Biblioteca-Mediateca Tiraboschi a Bergamo; la Ristrutturazione del Teatro alla Scala di Milano, la Chiesa del Santo Volto a Torino e il Centro wellness ad Arosa.

Tavolo Tesi Aluminium Tubing Chairs

Poltrona Morelato

DESIGNER’s STORY

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2020

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L a maggior parte dei com-puter che usiamo, specie quelli dedicati alla Grafica e/o al CAD, sono general-

mente molto potenti, hanno spes-so CPU con più di due CORE, 4, 8 o più GB di RAM, schede video po-tentissime, Dischi Rigidi sempre più capienti. Se il computer è pro-gettato bene, tutto è generalmente bilanciato, ma rimane comunque un "collo di bottiglia": la velocità di lettura e scrittura del disco rigido. Gli HDD infatti hanno aumentato considerevolmente solo la capien-za, ma non la velocità di lettura e scrittura, che è legata a caratteri-stiche di tipo dinamico, come la velocità di rotazione dei piatti (che va dai 5400 RPM, rotazioni per mi-nuto per i portatili, ai 7200 RPM, nei normali PC, fino ai 10000 e 15000 RPM su Workstation e Ser-ver di Fascia alta) ma anche di tipo fisico, dato che con i settori di me-morizzazione sono sempre più piccoli nonostante la maggiore precisione di posizionamento del-la testina magnetica, si è comun-que quasi raggiunto ormai il limite fisico inferiore tollerabile (un sin-

golo bit è memorizzato in un area dell'ordine di pochi nanometri quadri); il che significa che basta un piccolo errore di posizionamen-to della testina e invece di scrive-re/leggere in un settore si scrive/legge su un altro! Nonostante que-sto, la velocità di comunicazione dell'interfaccia tra HDD e Scheda Madre, è aumentata molto più ve-locemente, passando dai 100/133 MB/S (Megabyte per Secondo) per gli HDD EIDE (detti anche Parallel ATA o semplicemente PATA), per intenderci quelli con il cavetto lar-go, salendo ai 150, 300 e 600 MB/S rispettivamente per gli HDD SATA 1 (Serial ATA), SATA 2 e SATA 3.

A meno che non abbiate un vec-chio PC dei primi anni 2000, il vo-stro HDD e/o la vostra scheda ma-dre, dovrebbero avere una inter-faccia SATA 2 o STATA 3, per cui potenzialmente potete arrivare a 300 o 600 MB/S, ma a causa dei limiti della tecnologia usata all'in-terno degli HDD, la velocità reale raramente supera i 100/120 MB/S.

In Fig. 1 potete notare un HDD SA-TA, con il cavetto dati SATA (indicato con il numero 1) e il ca-vetto di alimentazione SATA (indicato con il numero 2).

Nel mio PC in ufficio, dove ho una scheda madre con interfaccia SA-

TA 2 e un HDD 500 GB SATA 3, le velocità di lettura e scrittura, te-state con il software Samsung Ma-gician, si attestano rispettivamen-te sui 74 e 59 MB/S. Usando un al-tro software, HD Tune (solo per testare la velocità di lettura), vedo che parte da 124 MB/S e scende fino ai 67 MB/S, segnando una me-dia di circa 103 MB/S, comunque ben al di sotto dei 300 MB/S teori-camente disponibili con la mia scheda madre.

Nota, il software non calcola la media matematica fra la minima e la massima ma fa una media fra tutti i punti; vedi Fig. 2. La diffe-renza fra l'inizio e la fine del test, dipende dalla velocità della testina rispetto alla rotazione del disco (questa è costante), per cui se si trova nella parte più interna è più lento rispetto a quando si trova nella parte più esterna.

Poiché con la tecnologia degli HDD si è arrivati praticamente alla ve-locità limite, dovuta alla testina, i laboratori di ricerca hanno punta-to su una nuova tecnologia, gli SSD ovvero Solid State Drive (Drive a Stato Solido).

Gli SSD sono delle Memorie Flash, in sostanza non molto differenti dalle Pennette di Memoria USB, solo più capienti, più veloci e con

HARDWARE & SICUREZZA

Eliminare il Collo di Bottiglia con gli SSD

di Danie le P inna

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un software di gestione molto più evoluto (poi spiegherò il perché).

Gli SSD, a differenza delle Pennet-te di Memoria, che hanno una in-terfaccia USB, si collegano tramite una interfaccia SATA 3 (ma esisto-no anche dei modelli su Scheda PCI-eXpress), proprio come un normale HDD. Le dimensioni fisi-che sono identiche agli HDD da 2,5" usati nei portatili, per cui do-vendo installare una unità SSD in un PC fisso, occorre un adattatore da 2,5 a 3,5 come in Fig. 3.

Le prestazioni sono eccezionali e posso arrivare fino a 540 MB/S, ovviamente se la scheda madre supporta appieno lo standard SA-TA 3 e non ci sono altri inconve-nienti.

Sul mio PC dell'ufficio ho un SAM-SUNG 840 EVO da 120 GB, che uso come disco di sistema, per le car-telle del profilo e i programmi principali. Altre cartelle meno im-portanti (e che non richiedono ve-locità) sono reindirizzate sul disco tradizionale. Ricordo che ho una scheda madre che supporta il SA-TA 2 e non il SATA 3.

Le prestazioni misurate con il software Magician (che va instal-lato quando si usa un SSD Sam-sung, altre marche di SSD potreb-bero richiedere il loro software specifico), una volta configurate tutte le opzioni, tra cui il Rapid Mode, indicano una velocità appa-

rentemente "fuori scala" di 736MB/s in lettura e 2066 MB/s in scrittura. Non significa che sta mostrando dati sballati, ma è un effetto dovuto al Rapid Mode, un sistema che sfrutta fino ad 1 GB di RAM di sistema, per velocizzare ulteriormente il disco SSD.

Misurando la velocità di lettura con HD Tune, vedi Fig. 4, rilevo una velocità più realistica dell'SSD, che si mostra pressoché costante con un minimo di 204 MB/s e un massimo di 233 MB/s, con una media di circa 218 MB/S, poco più del doppio rispetto al di-sco tradizionale. Ho fatto un test anche su un altro PC, appena as-semblato, con su un SSD Samsung 840 EVO da 250 GB, con il quale ho rilevato dei dati migliori, grazie all'interfaccia SATA 3 (rispetto alla mia SATA 2): con Magician i valori erano di 2687 MB/s in lettu-ra e 1368 MB/s in scrittura, sempre con il Rapid Mode attivo, mentre con HD Tune, da un minimo di 178 MB/s ad un massimo di 419 Mb/s, con una media di circa 379 MB/s.

Ho parlato essenzialmente dei vantaggi sulla velocità di un SSD

rispetto ad un HDD. Ma ci sono altri vantaggi: non essendoci parti in movimento (niente piatti o te-stine), gli SSD sono molto più si-lenziosi, consumano di meno e hanno meno parti che si possono rompere (hanno infatti un tasso di rotture mediamente inferiore ai dischi tradizionali), di conseguen-za maggiore resistenza agli urti e minore produzione di calore, che specialmente in un Notebook non è una cosa da trascurare!

A questo punto la domanda che ci si pone è: perché continuano ad usare ancora i dischi rigidi tradi-zionali? Una prima risposta è ov-viamente il costo. Oggi sui nuovi PC si montano HDD minimo da 500 GB, con un costo intorno ai 50 € ivati o da 1 TB che costa intorno ai 60 €; un SSD Samsung 840 EVO da 120 GB costa poco meno di 90 € mentre la versione 250 GB viene poco meno di 145 €. In sostanza gli SSD costano da 5 a 12 volte di più a GB rispetto ad un HDD, a seconda di cosa si confronta. E' un proble-ma che si risolverà nel giro di po-chi anni, grazie alla sempre mag-giore diffusione di unità SSD an-che al livello consumer.

Fig. 1, un HDD SATA, con il cavetto dati SATA (1) e il cavetto di alimentazione SATA (2).

Fig. 2, il grafico elaborato dal benchmark HD Tune e basato sulla media dei picchi

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Un altro fattore che in molti utenti rallenta o rimanda la decisione al passaggio a questa nuova tecnolo-gia, riguarda la "durata" degli SSD. Infatti le celle di memoria flash hanno una durata limitata di scrit-ture, ovvero dopo aver scritto una stessa cella un certo numero di volte, la cella non funziona più. Questo però è un problema supera-to, dato che ormai i produttori di-chiarano 140 anni di vita con 50 GB di scrittura al giorno su una unità da 250 GB.

Nel mio PC in ufficio e nel PC che ho appena assemblato, ho scelto di affiancare all'SDD (dedicato al si-stema operativo), un disco tradi-zionale, proprio in funzione della ridotta dimensione dell'SSD. E' una soluzione piuttosto semplice nei PC fissi, più complessa nei portatili, dove occorre scegliere se

sacrificare il maste-rizzatore e mettere il disco tradizionale (oppure l'SSD) un apposito adattatore, o se metterlo in un Box USB.

Se si sceglie di in-stallare un SSD, oc-corre prestare at-tenzione al sistema

operativo utilizza-to, in particolare

se questo supporta la funzione TRIM, sostanzialmente un coman-do che il Sistema Operativo invia al Controller SSD, dove comunica i settori che sono stati liberati, in modo che il controller possa tener-ne conto per garantire un utilizzo equo dei settori, cioè fare in modo che non ci siano settori più usati di altri, per evitare delle "rotture" premature dell'unità. Anche per via di questa funzionalità che ogni tanto viene segnalato un aggiorna-mento del firmware degli SSD, operazione da fare con cautela e magari dopo un bella Immagine di Backup.

Fra i Sistemi Operativi che sup-portano il Trim abbiamo: per i si-stemi Windows da 7 in poi (quindi esclusi XP e Vista), e per i Server dal 2008 R2 in poi; per Linux dal Kernel 2.6.28 in poi, mentre sui

si-

stemi Mac dal 10.6.8.

Una volta scelta l'unità da installa-re occorre decidere se clonare la partizione del sistema operativo già esistente, oppure se fare una installazione da zero. Fino ad ora, mi è capitato sempre di scegliere la seconda soluzione. Dovendo scegliere la prima, occorre certa-mente partire da una partizione con uno spazio occupato non su-periore e nemmeno ai limiti dell'SSD acquistato. Nel caso si spostano i dati e ridimensiona la partizione di partenza. Per la clo-nazione Samsung mette a disposi-zione un Tools chiamato "Data Mi-gration". Per procedere con la mi-grazione va collegato il disco su una porta SATA (se avete un PC fisso) oppure con un apposito adattatore USB/SATA . Una volta terminato si scambia il disco tra-dizione con l'SSD e il gioco e fatto.

Occorre però ancora ottimizzare qualco-sa, ma in genere si viene guidati dal Soft-ware dell'SSD. Ad esempio in Samsung Magician si trova una procedura che disabilita la scrittura dello SWAP sull'uni-tà SSD (nel caso si mette sul disco tradi-zionale), si attiva il Rapid Mode (meglio avere più di 4 GB di RAM), e altre im-postazioni.

Insomma, per ora l'unico reale di-fetto che hanno gli SSD è il costo... però ne vale sicuramente la pena.

Fig. 3, adattatore per SSD da 3,5”

Fig. 4, i grafici elaborati da HD Tune sui due SSD Samsung da 120 e 250 GB

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C i sono molti tipi di “Virus Informatici” in circola-zione, ma Cryptlocker è uno dei più insidiosi.

Questo Virus (in realtà la defini-zione corretta è “cavallo di troia ", ma se lo chiamiamo genericamen-te virus va bene lo stesso), arriva normalmente per email, spaccian-dosi per file PDF, DOC (usando la comune icona di questi tipi di do-cumento) o altro, a volte all'interno di file compressi (ZIP o CAB). Ba-sterebbe attivare la visualizzazio-ne delle estensione per vedere il .exe finale e non rimanere frega-ti dalla semplice icona, ad esempio il file nomefile.pdf.exe, senza la visualizzazione delle estensioni verrebbe mostrato come nomefi-le.pdf. Normalmente queste email contengono informazioni fuor-vianti riguardo a fatture da pagare, multe, ecc., per cui l'utente ine-sperto, pensando “che cavolo vo-gliono questi” apre il file senza pensare che possa essere un Vi-rus. Se il Vostro Antivirus non lo rileva, una volta eseguito si instal-la ne sistema, scarica da un server

una chiave RSA a 2048 bit e la re-lativa chiave pubblica. Fatto que-sto inizia a cifrare i documenti presenti nel PC, in particolare i documenti di Microsoft Office, Open Document Format (LibreOffice e OpenOffice), Auto-CAD, Immagini etc. A questo punto il Virus informa di aver criptato i file e richiede un riscatto di 300 Dollari, per ottenere la chiave pri-vata che permette la decifratura dei documenti. Normalmente i pa-gamenti vengono richiesti in Bit Coin, una moneta virtuale non rin-tracciabile, e devono essere fatti entro poche ore (72 o 100) altri-menti la chiave privata viene defi-nitivamente cancellata. Come ci si protegge? La primissima cosa sono ovvia-mente i Backup, ma se si usa un Backup in Linea, es. HDD Esterno USB sempre collegato, o NAS (Network Attached Storage, per capirci un Disco collegato alla Re-te LAN) configurato senza partico-lari protezioni, potrebbe non ba-stare, perché il Virus potrebbe tranquillamente accedere a queste unità e criptare anche queste. Usa-re un buon Antivirus (purtroppo quelli gratuiti non sono da consi-derarsi dei “Buoni Antivirus”),

mantenere aggiornato sia il data-base delle firme (normalmente si aggiornano 2 o più volte al giorno), sia il motore di scansione. Ultima cosa, ma non meno importante, Accendere il Cervello, fare atten-zione ai file che si scaricano da internet o che arrivano per email. Se non ci aspettiamo da quella persona una comunicazione o un allegato, non apriamolo, al limite salviamolo in una cartella tempo-ranea e controlliamo l'estensione. Se il nostro Antivirus non lo ha rilevato come infetto, potrebbe non essere ancora presente nel database delle firme (che è il me-todo principale con il quale gli An-tivirus identificano i virus), ma qualche altro Antivirus si... andia-mo quindi su questo sito www.virustotal.com (recentemente acquistato da Goo-gle) e facciamogli scansionare il file, il risultato sarà il controllo con una cinquantina di Antivirus diffe-renti. Una volta infettati da questo tipo di Virus, oltre a formattare il PC per una sicura e certa elimina-zione di ogni infezione, c'è poco da fare per i dati, se non quella di pa-gare. Ehi... quando hai fatto l'ultimo Backup? ;-)

Attenti alle MAIL: Cryptlocker è in agguato!

di Danie le P inna

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INTERVISTA

Sylvie Zennir

La Comm. l’ha conosciuta attraverso i suoi modelli realizzati con SketchUp, che rivelano il suo

innato talento e la sua espressività artistica. I più assidui hanno imparato a conoscere, attraver-

so i suoi post in G+, anche le non poche doti del suo carattere che fanno di Sylvie una donna

intelligente, forte, dolce e sensibile ma soprattutto una buona amica. Personalmente ammiro di

lei la grande forza d’animo e il coraggio, la curiosità, la grande cultura e lo spiccato sense of hu-

mor che, nonostante qualche colpo basso della vita, è rimasto perfettamente intatto! :D

C hi è Sylvie Zennir? Ho 52 anni e sono origi-naria della Francia orien-tale. Dopo la laurea e due

anni di studio per una BTS di Ma-nagement Assistant, sono stata assunta nel servizio pubblico. A quel tempo, negli anni '80, la vita al lavoro era facile... Abbiamo pas-sato più tempo alla macchina per il caffè che in ufficio! Eravamo vergognosamente in sovrannume-ro e guadagnavamo uno stipendio da miseria. Dopo alcuni anni, fasti-diosi per me, ho seguito alcuni corsi di formazione interni per un anno e ho avuto un diploma come Manager nel servizio pubblico. Ho

trovato subito una posizione di Manager Administration a Rennes, nella Bretagna francese, ma mi sono subito disillusa. Nessuna re-sponsabilità reale: 6 copie di docu-menti e il personale che voleva fare il meno possibile, rallentando il loro lavoro così da non chiedere loro di più. Disgustata mi sono di-messa e mi sono stabilita a Parigi, immaginando che lì avrei avuto molte più possibilità di trovare rapidamente un lavoro più appa-gante e meglio retribuito. Sono stata assunta da una casa editrice di libri scolastici, dove ho lavorato per 15 anni come Vice Direttore delle Risorse Umane. E 'stata una grande esperienza e ho imparato "tutto" lì divertendomi in un clima di grande convivialità vissuto in un'azienda storicamente familiare. Per motivi personali, lasciai il mio

lavoro e Parigi e mi stabilì a Varsa-via, in Polonia per due anni. Quan-do tornai a Parigi nel 2006, ho tro-vato nuovamente lavoro nelle Ri-sorse Umane, ma questa volta per uno stabilimento di pannelli sola-ri. Era il periodo del boom del sola-re in Francia; pensate che in soli sei mesi, l'azienda crebbe da 30 a 100 dipendenti! Ma, a differenza della casa editrice dove avevo la mia indipendenza e il personale era rispettato e motivato, questa volta dovevo lavorare a stretto contatto con il capo, che non spic-cava per intelligenza e dal vocabo-lario limitato ai termini "business", "denaro" "margine di guadagno", "vendite" e "redditività". Non cono-sceva il suo staff, tranne i vendito-ri che andavano di porta in porta per vendere i suoi pannelli solari! Questo squalo dai denti affilati,

di Salvio Gigl io

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INTERVISTA

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certi aspetti negativi della vita pa-rigina (traffico, inquinamento, ce-mento), e forse anche l'arrivo del mio 50 ° compleanno mi hanno convinta a lasciare Parigi. Decisi così di trasferirmi nella Bretagna francese, in un piccolo villaggio di 200 abitanti, a Saint-Eloy, lontano dalla città, lontano dal rumore che non potevo più sopportare con un paesaggio verde, tranquillo, con l'intenzione di lavorare nel volon-tariato e vicino a casa mia. Una scelta di cui non mi pento assolu-tamente dal momento che un paio di mesi dopo il mio arrivo, ho in-contrato l'uomo della mia "seconda" vita, purtroppo scom-parso di cancro lo scorso ottobre ... Quando hai iniziato a disegnare? Sono stata sempre attratta dai la-vori manuali di qualsiasi tipo. Per quanto riguarda la "grafica", il mio primo disegno "reale" risale al Na-tale 1976. Avevo 14 anni. Ho preso un foglio di carta per disegnare il salotto dove avevamo messo l'al-bero di Natale e provai ad applica-re le regole della prospettiva. Que-sta cosa mi incantò letteralmente. Ho continuato a disegnare a mano libera facendo ritratti a matita ri-cavati dalle foto di riviste e coper-tine di dischi dei miei cantanti preferiti. Mi interessava anche la china e riproducevo alcune scene presenti su libri di cinema fanta-scientifico. Il disegno mi ha affa-scinata fino all'età di 20 anni: quando cominciai a lavorare e a vivere con il mio ragazzo, non ave-vo più il tempo per disegnare. Quando ho lasciato Parigi e sono arrivata qui nuovamente in Breta-gna ho finalmente ritrovato il mio vecchio hobby. Ho imparato da sola l’acquerello e il kirigami, una difficilissima tecnica orientale di intaglio e piegatura della carta per ottenere forme tridimensionali a partire da un unico foglio, senza asportare pezzi e in cui non sono consentiti errori. Ho praticato que-

sto per un paio di mesi, tre anni fa, prima di scoprire Sketchup 3D da cui ora sono completamente di-pendente!!! :D Nella vita hai fatto dei lavori com-pletamente diversi… hai mai pen-sato di fare l’illustratrice, la desi-gner d’interni o qualcosa di simi-le? No, perché io non sono creativa. Ho poca fantasia e purtroppo pen-so di essere più brava a copiare che a creare... Che si tratti di cuci-to, maglia, ricamo, scrapbooking, smalti, pittura su seta, artigianato, pittura su vetro, origami, kirigami, disegno, acquerello, 3D, Io so solo copiare o trarre ispirazione da mo-delli esistenti. Mi sembra che solo con Sketchup ho creato un model-lo originale !!! Io sono una dilettan-te e queste attività sono solo hob-by. Dobbiamo essere modesti quando conosciamo i nostri limiti! Che cosa significa disegnare per te? Per me disegnare e modellare so-no un grande piacere... Anzitutto il disegno mi occupa la mente e mi libera dalle preoccupazioni quoti-diane. Sono così assorta in quello che faccio, che non riesco a vedere nulla intorno a me, io non sento nulla intorno a me anche se il tele-visore o la radio sono accesi. An-che se non sono una creativa in questo modo “consolo” me stessa, trovando grande soddisfazione in queste riproduzioni. Sono molto paziente e cerco sempre la perfe-zione... anche se so che la perfe-zione non esiste! Quindi mi pren-do tutto il tempo necessario e, se non mi piace il risultato finale, sono anche capace ricominciare completamente da capo, cercando di mantenere sempre la mia rea-lizzazione quanto più fedele possi-bile all'originale. Come hai conosciuto SketchUp? Devo premettere che sono da sem-pre un’ appassionata di lingue e

geografia, che erano le mie mate-rie preferite a scuola: quando ave-vo dieci anni il mio passatempo preferito era quello di imparare a disegnare le mappe della Francia riportando le principali città, fiu-mi, montagne, ecc... La scoperta di SketchUp risale al 2011 anche se conoscevo Google Earth sin dal 2000. Mio marito e io restammo affascinati da Google Earth e ab-biamo trascorso intere giornate ad esplorare il mondo. Fu mio marito che scoprì l'esistenza di Sketchup e visitandone il sito mi resi conto che gli edifici 3D che ammiriamo in Google Earth sono stati "fabbricati" tutti con esso. Soprat-tutto capii che chiunque poteva realizzare un modello 3D ed inte-grarlo in Google Earth! Da qui poi è partita la mia passione per la mo-dellazione di oggetti, personaggi ed edifici! Hai fatto molti modelli per Google Earth, è stato difficile? All’inizio, naturalmente, era diffi-cile. Molto dipende da come ci av-viciniamo a Sketchup. Abbiamo letto sul web che tutti possono uti-lizzare SketchUp, è facile da capi-re e molto intuitivo. Sono assoluta-mente d'accordo, ma... è necessa-rio anche seguire alcuni tutorial, soprattutto per chi non ha alcuna formazione tecnica o scientifica come me. Mi piace imparare, mi piace scoprire nuove passioni ma sono spesso troppo entusiasta e troppo frettolosa e vorrei ottenere subito un buon risultato senza al-cuno sforzo di apprendimento! Hahahaha! Il giorno del mio com-pleanno, quando ho compiuto 50 anni, mi gettai letteralmente su Sketchup e suppongo, come molti principianti, mi cimentai a ripro-durre casa mia. Esplorando la zo-na in cui vivo con Google Earth, notai subito un gran numero di modelli che erano stati realizzati da una donna, Cathy Tritschler. Notai anche che lei aveva pubbli-

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cato un numero impressionante di fari sulla costa della Bretagna francese. Le lasciai un messaggio in cui le spiegavo che ero una principiante e avevo bisogno di consigli. Speravo che mi avrebbe risposto ma non ci credevo mol-to ... Invece, non solo lei mi rispo-se ma cominciò ad allenarmi e a seguire strettamente la mia forma-zione per diversi mesi. Le devo molto, soprattutto perché lei mi ha dato tutte le spiegazioni via mail, non di persona. Immaginate quan-ta pedagogia e buona scrittura so-no necessari per spiegare qualco-sa in un messaggio mail... ancora la ringrazio per l'aiuto e la pazien-za. Così, per la realizzazione del mio primo modello, la mia casa ... ci sono volute ben 3 settimane! Dopo un paio di settimane la co-struzione geometrica in SketchUp già pone meno problemi. Dopo sei mesi avevo costruito un piccolo automezzo del villaggio e avevo sviluppato un video (di cattiva qualità). La maggiore difficoltà che ho incontrato è stata quella di tex-turizzare i modelli realisticamen-te con le immagini. L'applicazione di texture con Sketchup, soprattut-to quando viene proiettata la gri-glia prospettica, è la difficoltà maggiore, e spesso rappresenta la metà del lavoro soprattutto quan-do i modelli sono curvi e hanno gruppi e componenti. Ho comin-ciato a padroneggiare la proiezio-ne di texture per i modelli com-plessi solo dopo più di un anno di apprendimento! Come utente esperta di SketchUp cosa ti piace e cosa non ti piace questo software? Quello che mi piace, ora in base alla mia esperienza, è che trovo SketchUp un software 3D molto semplice da usare e che può esse-re utilizzato da persone come me, senza alcuna formazione specifi-ca. Quello che non mi piace Sket-chup? Mah, direi niente, anche

perché quando sembra che ci sia-no funzioni mancanti, c'è sempre un plug-in da scaricare per risol-vere il problema... L'unico plugin che ho comprato è Artisan. Questo è quello che mi permette di fare forme organiche, grazie alla sua funzione "Suddividere e stendere." http://artisan4sketchup.com/ Che cosa consiglieresti a chi co-mincia ad utilizzare oggi Sket-chUp? Se la persona è un neofita nel 3D, io gli consiglierei subito di guarda-re un tutorial come https://w w w . y o u t u b e . c o m / u s e r /techteacher3 e seguire passo pas-so tutte le esercitazioni a partire dall'inizio e non come ho fatto io, che pretendo di imparare tutto intuitivamente! Consiglierei anche di utilizzare le scorciatoie da ta-stiera suggerite, o crearne di nuo-ve se necessario, e di utilizzare i "componenti" che alleggeriscono il peso e facilitano la gestione del modello. Tra i molti disegnatori CAD 2D e 3D presenti sul Google Plus che ti piace di più? Pppffff !! Tanti !! Ma si sa, nel grup-po dei 70 super-geo-modellisti, dopo lo stop di geo-modellazione per Google Earth nel mese di otto-bre del 2013, pochi hanno conti-nuato a modellare ... Uno di loro, però, Tom Harvey, è salito a Blen-der. Sono letteralmente affascina-ta dal suo lavoro. Alejandro Soria-no ha anche la mia ammirazione. Lui è un grande modellatore e de-signer. Un campione della proie-zione di texture! Un altro campio-ne "fuori categoria" Sebastian So-snowski. Ci sono probabilmente decine di modellisti che ammiro molto e non posso parlare di tutti loro qui… Tra gli artisti 2D che am-miro, Marcello Barenghi è di gran lunga i migliori talenti che cono-sco. Riproduce iper oggetti quoti-diani realistici, durante le riprese

il suo lavoro. Guardate una delle sue timelapses e sarete completa-mente spazzato via! Quando vedo i suoi lavori resto letteralmente senza parole. Mi piacerebbe dise-gnare come lui, ma questo rimarrà

Una domanda diversa ... Il nostro continente sembra essere turbato da profonde crisi economiche e sociali, secondo te è un qualcosa di passeggero o si può arrivare a conseguenze più gravi? Ti senti una cittadina europea? Mi sento anzitutto francese, poi europea… geograficamente! Mi dispiace che l'Europa imponga i suoi diktat. La globalizzazione è molto inquietante. Come possiamo competere con Paesi come la Cina, o, in Europa, la Polonia? Sono pes-simista e ho molta paura per il fu-turo dei nostri figli. Penso che la vera crisi è solo all'inizio e il futu-ro sembra essere molto tetro. Come sei venuta a conoscenza del-la nostra Community e, onesta-mente, cosa ne pensi? Cambieresti qualcosa? Non ricordo come ho incontrato la vostra Community... Probabilmen-te digitando "3D" su G+! Io non so-no così coinvolta nella vostra Comm. per suggerire delle modifi-che! I membri sono quasi tutti ita-liani e, anche se ho studiato italia-no per 7 anni, per capire devo fare molto di più sforzo che inglese. Quello che noto è che è realmente presente l’ideale di condivisione all’interno di essa, che sta cre-scendo e che c’è un legame reale all'interno della Comm. basato an-zitutto sul buon umore!

INTERVISTA

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MUSICA

C osì lo ricorda Renzo Ar-bore: "Con Pino se ne va il vero innovatore della canzone napoletana

d'autore. Un musicista rivoluzio-nario nelle tessiture armoniche delle sue composizioni, il poeta di una Napoli che lui voleva rinnova-re. Un erede forse inconsapevole dei grandi poeti e compositori na-poletani" (cfr. www.repubblica.it, 5 gennaio 2015) Giuseppe (Pino) Daniele nasce a Napoli il 19 marzo del 1955; finite le scuole superiori, si diploma ra-gioniere, inizia la sua carriera arti-stica con il gruppo Batracomioma-chia. Nel 1976 suona come bassi-sta con il gruppo jazz-rock dei Na-poli Centrale; registra per la EMI Italiana il suo primo 45 giri con le canzoni Che calore e Furtunato. Pino Daniele s'impone prepotente-

mente nel 1977 con l'album Terra mia, contenente le famosissime Na tazzulella 'e cafè e Napule è, diventata un vero manifesto per lui e per l'intera città. Già in questo suo primo album, realizzato con altri musicisti tra cui James Sene-se, Enzo Avitabile, Tullio De Pisco-po e Tony Esposito, Pino Daniele, mette in risalto le sue doti di auto-re, interprete e chitarrista, pro-ponendosi con uno stile perso-nalissimo e in-confondibile; nel 1980 con "Nero a metà", album di straordinaria bel-lezza e originalità, è ormai una star del nostro panorama musica-le. Nel 1981, in Piazza del Plebisci-to a Napoli, un indimenticabile concerto con una formazione tutta partenopea, registra la presenza di oltre duecentomila spettatori; con il quarto album intitolato "Vai mò" è ben delineata quella contamina-zione della tradizione napoletana

con il rock, il blues, il funky e il jazz, riassunta nella denominazio-ne "Neapolitan Power". Nel corso dei primi anni '90, al ma-nifestarsi dei problemi cardiaci che poi lo affliggeranno per il resto dei suoi giorni, Pino Daniele ab-bandona le scene; dal 1994 si ri-mette in lizza con rinnovata ener-gia, proponendo nei suoi concerti

anche nuovi brani frutto di esplo-razione di altri territori musicali. Il 29 ottobre 2014 gli viene asse-gnato il premio "Mediterraneo arte e creatività 2014" con la seguente motivazione: «... coniugando con-taminazioni culturali e musicali, ha saputo identificare nella cultu-ra mediterranea quel mix di sound e di passione che costituiscono la

di N ico la Amalf i tano

Ricordando Pino Daniele

Un grande musicista che ha saputo canta-re Napoli con allegra e malinconica ironia. La forza evocativa delle sue canzoni, il suo modo di fare musica, i suoni, le parole re-steranno per sempre nella nostra memo-ria.

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MUSICA

Lo spartito dell’indimenticabile Napule è, forse una delle canzoni più conosciute di Pino Daniele

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base fondamentale della sua arte. Partendo da Napoli, Pino Daniele ha rielaborato la musica ed il can-to attraverso le emozioni della co-scienza, trasferendo alla particola-rità della sua voce quelle vibrazio-ni dell’anima che lo rendono pro-tagonista unico del "Canto che vie-ne dal Mare"». Appena qualche giorno prima del-la sua improvvisa scomparsa, 4 gennaio 2015, Pino Daniele parte-cipa con altri artisti italiani alla tredicesima edizione de L’Anno Che Verrà, trasmessa in diretta dal

Palaghiaccio di Courmayeur sulla prima rete RAI. Molte sono le sue canzoni destina-te a restare nella storia della musi-ca italiana; fra tutte, io preferisco A me me piace 'o blues e Je sò pazzo. Sul WEB è presente parecchio ma-teriale al riguardo, iniziando dal sito ufficiale http://www.pinodaniele.com/; all'indirizzo http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-6211a275-ea2e-43e7-9399-

f2364a0ffb7a.html#p= è possibile rivedere la sesta puntata di uno speciale della RAI dedicato alla grande musica italiana, trasmesso il 30 dicembre 2014 sulla rete Uno con il titolo "Pino Daniele in Nero a metà". Il video, della durata di un'ora, ripercorre con l'autore la nascita dell'album, riproponendo tra le altre: Quanno chiove, A me me piace 'o blues, I Say I' Sto Ccà, Nun me scuccià, canzoni che all’e-poca segnarono un nuovo stile musicale e che ancora oggi ap-paiono di straordinaria freschezza.

A sinistra Pino Daniele e la sua Band Napoli Centrale; a destra una cattura immagine da un celebre filmato degli anni ’90 in cui Daniele canta in compagnia del suo grande amico Massimo Troisi

MUSICA

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CORSO di ORIENTAMENTO alla BIM

I n questa puntata parleremo di come creare un mappa d’anteprima BIM per poi inse-rirvi una serie d’informazioni

vitali per lo svolgimento del pro-getto. Inserire i potenziali impieghi pro-gettuali in una mappa d’anteprima Dopo che il team ha identificato le categorie di impiego BIM per il progetto può avviare il processo di mappatura aggiungendo ciascuna delle categorie di impiego BIM co-me un sub-processo interno della mappa stessa. E’ bene ricordare che una categoria di impiego BIM può essere aggiunta alla mappa panoramica in più punti sparatut-to se essa è effettuata in diversi momenti del ciclo di vita del pro-getto. Disporre nella mappa di Antepri-ma le categorie di impiego BIM Uno degli scopi della Mappa di anteprima è quello di individuare la sequenza per ogni categoria di impiego BIM (ad esempio, pianifi-

cazione, progettazione, costruzio-ne o gestione) e di fornire al team la giusta sequenza di esecuzione, vale a dire nell’ordine di sequenza in cui essi andranno eseguiti du-rante il processo di fabbricazione dello stabile. A tal scopo, per sem-plicità, le categorie BIM da asse-gnare devono essere disposte in linea con il resto della pianifica-zione BIM. Identificare i coordinatori per ogni processo Ogni processo richiede la nomina di uno o più coordinatori. Questo aspetto può essere considerato un compito abbastanza facile per al-cuni processi mentre per altri, in-vece, non lo è affatto. In ogni caso è importante individuare quale membro del team è più adatto per completare con successo una de-terminata operazione, ricordando che alcuni processi possono ri-chiedere anche più responsabili. Il coordinatore avrà la facoltà di definire chiaramente le informa-zioni necessarie per attuare il pro-cesso così come di accedere alle informazioni prodotte dal proces-so stesso. La notazione e le infor-mazioni in formato grafico per i processi all'interno della mappa

di anteprima BIM sono incluse nella Fig. 1. Ogni processo deve includere: il nome; La fase di sviluppo del progetto; il responsabile; una mappa dettagliata numera-

ta che può essere condivisa da diversi processi.

Così operando si semplificano de-terminate procedure; infatti, ad esempio, una società di gestione di costruzione può effettuare la stima dei costi dalle informazioni dell’e-dificio fornite dal progettista. L’amministratore contabile della costruzione può eseguire questa stima durante il progetto schema-tico, lo sviluppo della progettazio-ne e i documenti sullo stato di avanzamento della costruzione, ma può anche utilizzare lo stesso work flow dettagliato per eseguire questa operazione, che può essere rappresentato in una singola map-pa dettagliata. Pertanto, il proces-so per eseguire le tre stime sareb-be aggiunto in tre posizioni della mappa di primo livello anche se la squadra per ottenere ulteriori in-formazioni potrebbe fare riferi-mento a una singola mappa detta-gliata.

VI puntata

di Salvio Gigl io

Creare una mappa d’anteprima BIM

Fig. 1, notazione in formato grafico di un processo in una mappa panoramica dei processi BIM

Fase del progetto

Nome processo

Responsabile Mappa dettagliata

Input Output

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CORSO di ORIENTAMENTO alla BIM

Determinare gli scambi di infor-mazioni necessari per realizzare ogni impiego BIM La mappa BIM d’anteprima deve comprendere gli scambi di infor-mazioni critiche interne ad un particolare processo, o condivise tra diversi processi e soggetti re-sponsabili. Più in generale, è importante capi-re come si svolge il traffico tra tut-ti gli scambi di informazioni in transito tra i vari partecipanti al progetto. Nelle applicazioni cor-renti questi scambi sono tipica-mente implementati mediante il trasferimento di un file di dati an-che se è possibile includere come sorgente di informazioni quelle provenienti da un database comu-ne. Tutti gli scambi di informazioni individuati nella mappa d’antepri-ma BIM devono essere sempre ben

dettagliati; ad esempio, gli scambi che hanno origine da un box di processo sono da ritenersi interni al processo stesso mentre quelli che hanno origine, o confluiscono, sulla linea di successione tempo-rale sono da considerarsi come scambi esterni essendo essi con-divisi tra i processi di alto livello. L’esempio riportato in Fig. 2 mo-stra proprio uno scambio di infor-mazioni provenienti dal box di processo “Esegui coordinamento 3D”: gli scambi, sebbene siano in-terni al processo, possono essere individuati nella Mappa d’antepri-ma BIM da più utenti permettendo di risalire sino all'autore delle in-formazioni scambiate. Tutto ciò assicura agli scambi un livello di dettaglio e accuratezza necessari ad un corretto networking delle informazioni.

Per illustrare efficientemente i risultati di un lavoro di mappatura panoramica, la mappa definisce gli impieghi generali BIM che il team ha utilizzato per il progetto; essi solitamente sono: Progettazione Authoring; Analisi energetica; Modellazione 4D; Progettazione e Coordinamento

3D; Record Modeling (cfr. Fig. 3). Per quanto riguarda l’Analisi Ener-getica giova ricordare che essa verrà eseguita durante la fase di progettazione schematica, in ter-mini di modellazione 4D e proget-tazione di coordinamento 3D, do-ve essa sarà effettuata durante lo sviluppo del progetto e le varie fasi di stesura della documentazione di costruzione. Continua

Fig. 2, esempio di Mappa d’Anteprima BIM dettagliata

Fig. 3, una Mappa d’Anteprima BIM panoramica

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Il comando SPOSTA e le sue funzionalità

I n questa puntata parleremo del comando SPOSTA che, co-me abbiamo già visto un paio di numeri fa, ci consente tra

le altre cose di clonare oggetti o porzioni di esso. SPOSTA non serve solo a spostare gli oggetti ma an-che a ruotarli e deformarli come vedremo tra poco. SPOSTA per lo spostamento Ovviamente la prima funzione di Sposta è, neanche a dirlo, lo spo-

stamento! Si può usare questo co-mando sia per spostare una singo-la entità (linee, archi, ecc.) che interi complessi o aggregati. Per spostare una singola entità basta

agganciarla da uno dei suoi punti notevoli e spostarsi o lungo i tre assi che verso una posizione pre-cisa. La cosa più importante da ricordare è sicuramente quella di verificare sempre se l’entità da spostare è in qualche modo colle-gata ad altre; in tal caso, essendo le geometrie di SketchUp persi-stenti (cioè strettamente collegate fra di loro) con lo spostamento di un singolo elemento si determina la deformazione dell’intero ogget-to. Se ciò accade involontariamen-te potrete sempre ricorrere alla combinazione tasti CTRL + Z (annulla) dalla tastiera o dal relati-vo comando UNDO (ANNULLA) sulla barra dei menù. Per interi gruppi è conveniente selezionarli e poi sce-gliere il punto notevole più conve-niente di essi per lo spostamento Fig. 2 SPOSTA per ruotare Sposta può essere utilizzato anche per ruotare assialmente aggregati di entità come i gruppi ed i compo-nenti; infatti, se proviamo a spo-stare il puntatore del comando su uno dei lati di queste entità com-plesse appariranno quattro colli-matori rossi a forma di X che fun-gono da manigliette per la rotazio-ne come vedete in Fig. 3. Nella Fig.

4, invece, è stato immortalato il goniometro e il relativo asse per la rotazione dell’oggetto. Di default il goniometro “scatta” ogni 15° ma dalla tastiera, e tramite il VCB, si possono immettere altri valori a seconda delle esigenze. SPOSTA per deformare Come vi accennavo prima, le geo-metrie di un modello di SketchUp possono facilmente essere mani-polate ottenendo deformazioni, distorsioni o piegature. Basta sele-zionare un bordo o una faccia di un oggetto e poi muoverlo con lo strumento Sposta e vedrete che tutte le entità connesse al bordo o alla faccia si sposteranno insieme ad esso. Ecco tre esempi di appli-cazione di Sposta sulle geometria persistente in SketchUp: Nelle Fig. 5 e 6 vediamo come trascinan-do verso l'alto, seguendo quindi l’asse blu, la linea che divide la faccia superiore del nostro model-lo trascina con se le facce ad essa collegate, creando in questo caso la forma di un di tetto a falde. In Fig. 6 vediamo invece l’azione di SPOSTA, ripartendo dalla situazione di Fig. 5: sulla faccia sinistra che ora è mossa verso il basso, facen-dola sempre scorrere lungo la dire-zione dell’asse blu, determiniamo

VIII puntata

di Salvio Gigl io

Fig. 2, ogni gruppo, componente e/o singola entità presenta numerosi punti notevoli che sono ottimi agganci per lo spostamento. Il verso dello spostamento è rappresentato da una puntinata.

Fig. 3, le manigliette per la rotazione appaiono solo su gruppi e componenti che il software vede come un unico oggetto munito di 9 Gradi di Libertà da cui tre rotazioni assiali.

Fig. 1, icona del comando Sposta

CORSO di BASE per SketchUp

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così un’inclinazione su di un lato dell’adiacente faccia superiore de-stra. Aggiungiamo adesso dei segmenti ai due lati della sporgenza come si vede in Fig. 7 e proviamo ad agire con SPOSTA sul bordo esterno come vedete in Fig. 8 otterremo una forma trapezoidale deformando solo quella porzione di modello.

SPOSTA per clonare Altra magica funzionalità di SPO-

STA è la clonazione rapida di tutte le entità presenti sul documento. Ad esempio, come vedete in Fig. 9, una serie di pilastri in un porticato può essere realizzata in pochi se-condi semplicemente selezionan-do il gruppo (o il componente) Pi-

lastro, individuando il punto note-vole più idoneo per la clonazione e poi un bel CTRL+CLICK col tasto si-nistro del mouse ed ecco compari-re immediatamente il clone del pilastro… Ripetete l’operazione per il numero di copie di cui necessi-tate. Continua

Fig. 6, spostandoci lungo la direzione dell’asse BLU , verso l’alto in questo caso, otteniamo la forma di un tetto

Fig. 5, selezioniamo l’entità linea, che diventa blu, e poi scegliamo in che direzione spostarla

Fig. 8, creiamo una sorta di cerniera disegnando una linea all’altezza della sporgenza...

Fig. 7, ecco cosa accade agendo su di un’area con il comando Sposta

Fig. 4, il puntatore di Sposta sulle manigliette di un Gruppo o su di un Componente visualizza un goniometro e un asse di riferimento per la rotazione

Fig. 9, agganciamo con Sposta il bordo superiore dell’oggetto e proviamo a tirarlo verso l’esterno...

CORSO di BASE per SketchUp

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E così, puntata dopo pun-tata, siamo giunti al com-pletamento del modello dopo aver realizzato vo-

lumetrie, applicato tessiture e cu-rato anche i più piccoli dettagli. Se voi stessi avete provato a riprodur-re il modello che vi ho proposto in questo ciclo di appuntamenti, os-servandolo attentamente noterete che magari ci sarà ancora bisogno di qualche piccola aggiunta alla struttura e/o di qualche ritocco alla calibratura delle textures. Ciò che sicuramente manca ancora è un tocco di "vita", una piccola "magia" che riesca ulteriormente a caratterizzare e personalizzare il nostro modello 3D e in questa pun-tata conclusiva ho deciso di aiu-tarvi proprio in questo senso. Ricordo che all’epoca, quando completai la modellazione per

Google Earth di questa minuscola e deliziosa chiesetta rurale, per vivificare la scena scelsi di prova-re a catturare un attimo ben preci-so: l'arrivo del curato dal paese, appena smontato dalla sua vec-chia bici che ha lasciato appoggia-ta al muro, recatosi lì per recitare col massimo raccoglimento le sue Lodi Mattutine, un attimo prima dell'apertura della porta così come ci racconta la Fig. 1. Per realizzare la scena cominciai a navigare su web alla ricerca di una foto che ritraesse un sacerdote di spalle con un breviario fra le mani; ne trovai diverse e non tutte mi con-vincevano... alla fine mi misi all’o-pera con Photoshop e montai la figura del mio curato con tanto di cappello “Saturno”. Per quel che concerne la modella-zione della bici di Fig. 2, credetemi quando vi dico che se volessi spie-garvela sarebbe necessario un al-tro ciclo di tutorials! Sembra sem-plice ma la sua ricostruzione (dettagli compresi) mi è costata

davvero svariate ore, sia per la re-sa volumetrica che per l'applica-zione delle tessiture. Se non volete provare a realizzarla autonoma-mente vi conviene scaricarvene una dalla Galleria Immagini di Trimble e modificarla con dei co-lori o delle texture che si avvicina-no a quelle del mio modello. Per l'inserimento della figura del sacerdote, invece, dovrete anche voi partire dalla ricerca di una foto sul web che si avvicini il più pos-sibile al personaggio che avete in mente. Scelta la figura, disegniate un piano di 1 metro di larghezza per 2 di altezza, come in Fig. 3, e trasformatelo subito in componen-te indicando l’orientamento della terna d’assi come si vede in Fig. 4. Importiamo e applichiamo la foto scelta calibrandone la dimensione come mostra la Fig. 5. A questo punto vi suggerisco un piccolissi-mo trucco che consentirà al vostro componente "parroco" di ruotare automaticamente, anche quando è utilizzato il comando di visualiz-

VI ed ultima puntata

di Anto nel lo B ucce l la

Piccoli dettagli finali...

CORSO di Modellazione Geolocalizzata per SketchUp

Fig. 1

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Fig. 3 Fig. 2

Fig. 5 Fig. 4

CORSO di Modellazione Geolocalizzata per SketchUp

Fig. 6

zazione dinamica del modello OR-

BITA, presentando così sempre la stessa faccia all'osservatore. Quando create il componente ba-sterà spuntare nella relativa fine-stra Crea componente la casella di controllo Sempre rivolto alla tele-camera come si vede in Fig. 6. Se il componente è stato già creato po-trete sempre effettuare questa operazione in un secondo momen-to dalla finestra Componenti; in essa per visualizzare i componenti

presenti nel nostro elaborato dovete cliccare sul pul-sante Nel modello come si vede in Fig. 7, dopo aver selezionato l’ele-mento cliccate sul Tab Modifica e qui attivate il con-trollo Sempre rivolto alla teleca-mera , Fig. 8. Per ottenere poi l'ombra del perso-naggio definita e ben delineata,

dovrete armarvi di pazienza e mo-dificare il componente ritagliando l’immagine con lo strumento LINEA o anche con quello MANO LIBERA verificando attentamente di in-

Fig. 7

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CORSO di Modellazione Geolocalizzata per SketchUp

scrivere la porzione di foto che vi interessa entro un perimetro chiuso per poi cancellare i bordi originari dell’immagine, Fig. 9. Il modello ora è davvero terminato, possiamo solo aggiungere qualche piccolo tocco al paesaggio (alberi, staccionate etc.) oppure qualche piccolo det-taglio come per esempio dei sassolini sul terreno Fig. 10. Questo non è un addio ma solo un arrivederci al prossimo Corso. Il mio auspicio per questo ciclo ap-pena concluso è anzitutto quello di essere riuscito a trasmettervi la voglia di provare a cercare di ottene-re sempre dal nostro modellatore 3D quanto deside-ravamo realizzare e di aver contribuito, in qualche modo, ad accrescere la vostra curiosità e passione per la modellazione 3D. Alla prossima!

Fig. 10 Fig. 9

Fig. 8

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Le BASI di QGIS

L a Geografia è antica quan-to l’uomo e secondo la sua etimologia si occupa di descrivere la Terra e lo fa

attraverso vari linguaggi. Fin dalle epoche più remote l’uo-mo ha cercato di rappresentare visivamente il territorio creando le prime mappe in rapporto alle sue necessità di cacciatore, agricolto-re, costruttore, guerriero, viaggia-tore ed ancora oggi è qui il senso e l’utilità di una disciplina che fa riferimento a una quantità enorme di informazioni. La maggior parte dei dati direttamente o indiretta-mente sono riferibili ad un conte-sto spaziale, geografico, ad una posizione sulla superficie terre-stre. Per millenni l’uomo ha dise-gnato carte geografiche, prima in modo approssimativo, poi con il progredire delle conoscenze sulla Geometria (anche qui l’etimologia è significativa) ha rappresentato il suo mondo, mano a mano che lo

scopriva, in modo sempre più pre-ciso. La conoscenza geografica ha sem-pre avvantaggiato chi la possede-va, per le attività commerciali, mi-litari, amministrative ed è stato uno strumento di potere, a volte anche tenuto segreto. In Italia l’I-stituto Geografico Militare (IGM) è stato a lungo il principale detento-re istituzionale dell’informazione geografica nazionale (c’è da rico-noscere che l’ha fatto piuttosto bene) e sulle carte in corrispon-denza delle basi militari c’erano delle omissioni, dei vuoti di infor-mazione. Prima dell’impiego delle foto aeree (possibilità relativamente recente) il rilievo geografico è stato esegui-to con gli strumenti della geome-tria e della topografia. Negli ultimi decenni c’è stata una rivoluzione tecnologica che ha messo in campo nuovi strumenti che cambiano profondamente il lavoro di chi ha a che fare con il territorio, con delle possibilità fino a poco tempo fa impensabili. Le tecnologie che hanno rivoluzio-nato l’acquisizione e la gestione

delle informazioni geografiche sono sostanzialmente tre: il GPS (Global Positioning Sy-

stems), un sistema di comuni-cazioni tra stazioni a terra e una rete di satelliti che consen-te la localizzazione di un punto sulla superficie terrestre con un livello di precisione crescente in funzione della strumentazio-ne in uso. Le applicazioni sono innumerevoli e la tecnologia ormai è di uso comune. Le sta-zioni GPS più sofisticate con-sentono ormai una precisione topografica superiore a quella degli strumenti ottico-elettronici, unita ad una miglio-re facilità d’uso;

il Telerilevamento (o Remote Sensing), un insieme di tecni-che per acquisire immagini o altri tipi di dati attraverso rile-vazioni fatte a distanza da aerei e satelliti, con lo sviluppo di elaborazione ed analisi dei dati. Chi studia la natura nelle sue varie forme oggi ha una massa di informazioni (in archivio e in tempo reale) ed una quantità di dati interpretabili anche in mo-

I puntata

di Fabrizio Pieri

L’evoluzione dell’informazione geografica e il GIS Open Source

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do dinamico; il GIS (Geographic Information

Systems), una tecnologia infor-matica che consente di gestire i dati rilevati dalle altre due e molte altre informazioni in mo-do sistematico, consentendo visualizzazioni, elaborazioni ed analisi che aggiungono ulterio-re conoscenza e che facilitano le decisioni in termini proget-tuali e gestionali.

Da ora in poi parlerò di questa ulti-ma tecnologia di informazione spaziale, il GIS, perché è quella che dà maggiori possibilità in termini applicativi, risultando utilissima, in qualche caso indispensabile, a molte categorie professionali, a tutti coloro cioè che hanno a che fare con il territorio, per conoscer-lo, conservarlo, amministrarlo, pianificarlo, gestirlo, progettarlo. Tra chi legge queste righe sono pochi quelli che possono chiamar-si fuori ed indipendentemente dal lavoro che uno svolge l’argomento è comunque di grande fascino.

Se poi aggiungiamo il fatto che esistono in campo GIS ottimi soft-ware liberi, open source e gratuiti, come QGIS e tutto ciò che ci gira intorno, sarebbe sciocco per qual-siasi operatore non cogliere questa opportunità. Prima di parlare di QGIS però cer-chiamo di capire meglio cos’è il GIS e come è nato. I primi software GIS nascono nella seconda metà degli anni 80 dall’integrazione di altri program-mi informatici appartenenti a quattro categorie: Sistemi di gestione di banche

dati (DBMS: Database Manage-ment Systems). Generalmente un database non contiene infor-mazione spaziale esplicita (in termini di localizzazione con posizionamento e descrizione di caratteristiche geometriche) ma si limita a gestire dati alfa-numerici. Esempi: MS Access, Oracle, MySQL, …

Sistemi di trattamento di infor-mazioni grafiche vettoriali

(CAD: Computer Aided Design). I CAD non usano sistemi di rife-rimento geografici ma un siste-ma di riferimento locale e han-no una limitata capacità di ge-stione di dati non grafici. L’e-sempio più famoso è AutoCAD.

Sistemi di elaborazione di map-pe raster (image processing). Possono essere distinti in due gruppi: quelli che sono semplici strumenti di manipolazione di immagini come Photoshop, Gimp, Photopaint, … e quelli che lo fanno assegnando alle imma-gini un sistema di riferimento geografico, elaborando così del-le vere e proprie mappe raster, come Erdas Imagine, Envi, Er-Mapper, …

Sistemi di analisi statistica di dati alfanumerici (statistical software). Contengono la stessa tipologia di dati dei DBMS ma sono più orientati al calcolo e all’analisi previsionale. Esempi: SPSS, StatSoft, MATLAB, ...

La potenza del GIS sta proprio nel

Firenze, l’Istituto Geografico Militare (Foto di Andrea Longinotti da Google Foto)

Le BASI di QGIS

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mettere insieme le caratteristiche di questi programmi e nel gestire in modo sempre più integrato va-rie tipologie di dati, come nessun altro software riesce a fare. L’evoluzione di questo tipo di soft-ware è avvenuta così per integra-zione di moduli successivi e di estensioni. La piattaforma GIS commerciale più nota è ArcGIS (ex ArcView) della ESRI, ancora software house leader in questo settore, ma è an-che molto diffuso AutoCAD Map di Autodesk ed altri che non sto ad elencare. QGIS Il software libero ed open source in ambito GIS negli ultimi anni ha avuto un’evoluzione incredibile e sono cresciuti una serie di pro-grammi specifici e l’interoperabili-tà tra di loro. QGIS è un software straordinario perché oltre alle qualità dovute al proprio sviluppo ha saputo metter-si al centro di questo articolato ecosistema, diventandone l’inter-faccia naturale. QGIS è nato nel 2002 come sempli-ce visualizzatore ed in poco più di un decennio è diventato la piatta-forma di base del GIS open source,

con funzionalità che non hanno più quasi niente da invidiare ad ArcGIS. Ciò è avvenuto grazie al lavoro di una community internazionale di sviluppatori, sostenitori e utenti in cui la comunità italiana ha avuto un ruolo non marginale. Con il rilascio di QGIS 2.0 (a cui sono seguiti in breve tempo 2.2, 2.4, 2.6) il progetto ha raggiunto la sua piena maturità. Non rimane che provarlo. Con la dovuta umiltà il mio scopo sarà quello di facilitare questo per-corso. Seguitemi. Dopo aver definito cosa sono i Si-stemi di Riferimento in ambito GIS vediamo quali sono quelli più usati in Italia. Ancora prima della tec-nologia digitale la cartografia pro-dotta da vari enti si riferiva princi-palmente a due Sistemi di Riferi-mento: il Sistema Roma40 Gauss-

Boaga; il Sistema ED50 UTM. Il sistema Roma40 Gauss-Boaga si basa sul datum Roma1940 con riferimento all’ellissoide Interna-zionale di Hayford (1924) orientato a Monte Mario. E’ rappresentato attraverso la proiezione inversa di Mercatore (o conforme di Gauss).

Il territorio italiano risulta suddiviso in due fusi, ad ovest ed est del meridiano di Monte Mario (12°) e con i meridiani centrali situati a 9° e 15°. I fusi hanno una ampiezza di 6° e 30’ per cui è presente una zona di sovrapposi-zione. Le coordinate sono espresse in metri. Per la latitudine (dimensione Y, northing) il riferimento è l’equatore. Per la longitudine (dimensione X, easting) il riferimento è il meridia-no centrale di ogni fuso ma per evitare di avere coordinate con valori numerici negativi e, si è adottata la soluzione di assegnare una falsa X di 1.500.000 m per il meridiano Ovest e di 2.520.000 m per il meridiano Est. Per il no-me Gauss è riferito alla proiezione e Boaga è il cognome del geodeta dell’IGM che formalizzò il sistema. Utilizzato nella produzione carto-grafica IGM fino alla fine degli an-ni ’80, è ancora in uso in molta Cartografia Tecnica Regionale. Il sistema ED50 UTM si basa su European Datum 1950 con rife-rimento all’ellissoide Internazio-nale di Hayford (1924) orientato a Potsdam in Germania. Il sistema di proiezione utilizzato è l’UTM (Universal Transverse Mercator) che si basa, come il

Due esempi di impiego dei tagli cartografici dell’IGM per Google Earth (Google Earth)

Le BASI di QGIS

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Gauss-Boaga, sulla proiezione in-versa di Mercatore. Nell’UTM la superficie terrestre viene suddivi-sa in 60 fusi di 6° di ampiezza lon-gitudinale. Ciascun fuso viene proiettato indipendentemente e ha un meridiano centrale. Ogni fuso è suddiviso a sua volta in 20 fasce di 8° di latitudine. Le intersezioni tra fusi e fasce individuano le zone. Il territorio italiano è all’interno dei fusi 32 e 33 e per una piccola parte nel fuso 34(area più orientale della Puglia). Nel sistema UTM, che a differenza del Gauss-Boaga è concepito per un uso internazio-nale, al meridiano centrale di ogni fuso viene assegnata una falsa coordinata easting con valore 500.000, mentre la coordinata nor-thing è definita dalla distanza ri-spetto all’equatore. Perciò è sem-pre necessario comunicare oltre alle coordinate il numero del fuso a cui si fa riferimento, senza il quale risulta impossibile la loca-lizzazione. Questo sistema è stato introdotto al fine di uniformare la

cartografia europea ed è utilizzato sia nella più recente produzione cartografica dell’IGM, sia per la cartografia regionale. Con l’intro-duzione del sistema di rilevamen-to GPS si è reso necessario l’utiliz-zo di un datum non più locale ma globale ed è stato definito il datum WGS84 (World Geodetic System 1984). Il sistema WGS84 UTM si basa su questo datum a configurazione geocentrica asso-ciando a questo il sistema di proie-zione UTM. Si ha quindi la stessa suddivisione in fusi con l’adozione delle medesime convenzioni ri-guardo all’assegnazione delle coordinate. Questo sistema è stato progressivamente inserito anche nella più recente produzione car-tografica di alcune Regioni ed an-che l’IGM lo ha implementato at-traverso la configurazione euro-pea ETRS89 che è praticamente analoga al WGS84. Il sistema WGS84 UTM non va confuso con quello WGS84 geografico, che non è un sistema proiettato ma che si

basa su valori di latitudine e di longitudine in gradi angolari. Più recentemente, con il Decreto del 10 novembre 2011 Adozione del Siste-ma di riferimento geodetico nazio-nale, è stato introdotto il nuo-vo sistema ETRF 2000. L’introdu-zione di questo nuovo sistema di riferimento, motivato dall’aggior-namento degli scostamenti dovuti allo spostamento delle placche tettoniche, non comporta grandi differenze con altri sistemi alle scale di lavoro tipiche dei GIS. I massimi scostamenti rilevati tra ETRF 2000, ETRS89 e WGS84 risul-tano infatti non superiori a 40 cen-timetri. ETRF 2000 è già presente nel registro EPSG come RDN2008 (RDN sta per Rete Dinamica Nazio-nale). Nella tabella 1 vengono ri-portati tutti i codici EPSG dei si-stemi fino a qui citati. La riproie-zione da un sistema di riferimento a un altro viene defini-ta conversione quando avviene nell’ambito dello stesso datum, oppure trasformazione quando

Il Sistema U.T.M.

Le BASI di QGIS

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Sviluppo piano dell’U.T.M.

Altre letture consigliate:

AA.VV., “GIS Open Source, Grass

Gis, Quantum Gis e SpatiaLite. El-

ementi di software libero applica-

to al territorio”

V. Noti, “GIS open source per geo-

logia e ambiente. Analisi e gestio-

ne dei dati territoriali e ambienta-

li con QGIS”

avviene tra datum diversi. La con-versione avviene automaticamen-te senza errori mentre la trasfor-mazione è in genere un’operazione più approssimativa. QGIS effettua la cosiddetta “riproiezione al volo”, cioè riproietta automaticamente (a condizione che questo sia corret-tamente georeferenziato) uno shapefile (o altre entità) al sistema di riferimento del progetto, ma è un’operazione di semplice visua-lizzazione, che non converte o tra-sforma l’oggetto che viene inserito

in mappa. Per convertire o trasfor-mare un’entità da un sistema di riferimento a un altro esistono ap-positi software (ad esempio Cart-Lab, Verto, Traspunto) oppure è una funzionalità che molte piatta-forme GIS hanno (compreso QGIS) ma non sempre si ottengono buoni risultati. Per ottenere una maggio-re precisione è necessario l’uso dei grigliati prodotti dall’IGM, di-sponibili in vari formati, ma che non sono gratuiti. Il Geoportale Nazionale, in recepimento del-

la Direttiva INSPIRE, mette a di-sposizione un servizio gratuito di trasformazione delle coordina-te (CTS, Coordinate Trasformation Service) che permette di trasfor-mare entità vettoriali e raster tra diversi sistemi di riferimento. Questo servizio utilizza i grigliati IGM ed attualmente è lo strumento che mi sento di consigliare. Continua

Le BASI di QGIS

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TUTORIAL: come realizzare un buon render

B envenuti alla nostra pri-ma chiacchierata sulle basi della renderizzazio-ne. In questa puntata vi

presenterò quattro tecniche di rendering fondamentali per dare risalto e realismo ai vostri lavori! Bene, cominciamo subito! Per la realizzazione di buon un render, è fondamentale prestare

particolare attenzione alla map-patura dei materiali che rivestono gli oggetti presenti nella scena. Ogni materiale ha delle proprietà ben precise, di riflettenza, opacità, porosità... Per ricreare un materia-le il più fedele possibile a queste caratteristiche possiamo avvaler-ci di alcune tecniche che ven-gono supportate dalla maggior parte dei motori di rendering. Su un oggetto può essere applicata un’immagine che lo riveste, per esempio la foto di un pavimento. Questa tecnica è chiamata Texture Mapping. Per la scena di Fig. 2

l’immagine che ho utilizzato per rivestire il pavimento è una textu-re seamless (cioè senza cuciture) di gress a listoni. Le texture sea-mless sono immagini che ven-gono utilizzate quando la super-ficie da ricoprire è maggiore co-me dimensioni della texture stes-sa senza che siano visibili gli stacchi altrimenti presenti tra una ripetizione e l’altra. Per rendere il pavimento della nostra scena an-cora più realistico utilizzeremo un’altra tecnica chiamata Specular Mapping, attraverso cui possiamo rendere alcune parti della texture

di Sim one P icc ioni

La mappatura dei materiali

Fig. 1, il simpatico modello del trenino di CADZINE realizzato da Simone Piccioni

Fig. 2, la texture senza cuciture del listone impiegata nella tecnica del Texture Mapping per ottenere la pavimentazione del modello.

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Fig. 3, la tecnica del Specular Mapping rende maggior realismo al parquet

Fig. 4, con il Bump Mapping otteniamo l’effetto delle venature dei listoni che ora risultano più “vissuti” e realistici

Fig. 5, inserendo la semplice texture del prato notiamo che non ha alcuna tridimensionalità e sembra piatto...

Fig. 6, con la tecnica del Displacement Mapping il prato, magicamente, prende vita

TUTORIAL: come realizzare un buon render

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più o meno lucide. Sovrapponendo una texture, generalmente in scala di grigi, dove le parti chiare sono più lucide mentre quelle più scure sono opache Fig. 3. Nonostante abbiamo aggiunto una specular map il pavimento risulta ancora piatto. Per dargli quindi un po’ di profondità utilizziamo il Bump Mapping, che è una tecnica che ci permette di realizzare superfici ruvide molto realistiche e che pre-sentano delle asperità come quelle reali senza aumentare il numero di poligoni nel nostro modello. Que-ste superfici sono create dalla so-vrapposizione di una texture in bianco e nero, come in Fig. 4, dove: il bianco provoca uno sposta-

mento in positivo; il nero provoca uno spostamen-

to in negativo. Quindi il pavimento dell’ immagi-ne finale è il risultato della somma di tre texture sovrapposte: quella principale e cioè la foto

del pavimento come in Fig. 2; la specular map di Fig. 3; la bump map di Fig. 4. E se volessimo posizionare il no-stro trenino su di un bel prato ver-de senza modellare un filo d’erba? Si può fare grazie ad un’ altra tec-nica chiamata Displacement Map-ping che viene usata general-mente per creare spostamenti e rilievi sostanziali e non semplici asperità. È molto simile, come fun-zionamento, al Bump Mapping ma con la differenza che va a modifi-care la geometria della texture, anche se questo richiede un au-

mento delle risorse macchina e i tempi di calcolo. Il prato della Fig. 5 risulta ovviamente piatto se la-sciato così. Sovrapponendo, inve-ce, la displacement map che è, in questo caso, una texture a puntini bianchi e neri, come in Fig. 6, e regolata la giusta altezza dello spostamento sul nostro motore di rendering, potremo creare un pra-to abbastanza credibile. Questa tecnica è spesso usata per ricreare le tegole dei tetti e/o per dare maggiore profondità a muri rive-stiti in pietra, solo per fare qualche esempio, sempre senza dover mo-dellare nulla.

Fig. 7, ecco come funziona il Displacement Mapping

TUTORIAL: come realizzare un buon render

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TUTORIAL: Renderizzare con VRay

I n questo breve tutorial, cer-cherò di esporre al meglio uno degli strumenti più po-tenti di Vray, i "Blend mate-

rial". Per diverse esigenze di lavo-ro, devo necessariamente "mescolare" (appunto, la traduzio-ne letterale di blend, è "miscela") due diversi materiali. Ci sarà sicu-ramente capitato di vedere per strada, dei muri ricoperti da pian-

te, ecco, noi, faremo in modo di fa crescere (in base a una quantità da noi stabilita) degli elementi di ver-de su un cilindro di cemento . Avremmo come modello, tre cilin-dri, uno completamente ricoperto di erba, un altro totalmente di ce-mento, e in fine il cilindro al quale applicheremo il Blend material! Bene, iniziamo subito. Ovviamente, diamo per supposto di conoscere abbastanza bene i diversi parametri di render propri di Vray, diversamente, per qualun-que dubbio in merito, battete un colpo! Ultima premessa, e poi ini-

ziamo davvero. Vray, è "soltanto" un motore di render, che si appog-gia a diversi modellatori, noi uti-lizzeremo 3DS, diamo pertanto per supposto, di conoscere almeno gli elementi base di questo potente strumento di progettazione 3D. Per prima cosa, inizializziamo la sce-na per il nostro piccolo esperi-mento, quindi daremo un’illumina-zione Vray Light di base, ci muo-veremo operando su un Vray Pla-ne, evitando così di costruire le camere di render, risparmiando tanto tempo sulla modellazione! Andiamo a creare immediatamen-

di Gabrie le Asero

VRAY BLEND MATERIAL

te i nostri tre cilindri, mi racco-mando di non flaggare, l'opzione "istance" , è necessario che gli ele-menti , abbiano caratteristiche di-verse. Nello shot, sono anche ripor-tati i parametri topologici dei no-stri pezzi, (segmentazione e tassel-lazione, lunghezza e raggio). Il pas-so successivo che vi suggerisco, è quello di impostare una Vray ca-mera, questo, per renderci conto dello spazio di render della scena. Vi consiglio, almeno per il momen-to di lavorare in qualità ”draft", ac-corceremo di gran lunga i tempi di elaborazione. Io utilizzo Solid Rocks per gestire i parametri di Vray, ma è soltanto una scelta sog-gettiva, l'importante, è che la scena

risulti essere sufficientemente ni-tida per capire al meglio la diffe-renza tra il materiale "basico" e il blend. Ecco la scena con la quale svilupperemo la nostra prova . Una corretta illuminazione, e un corret-to setting dei parametri della Vray camera, sono indispensabili! An-diamo adesso applicare i materiali ai tre cilindri. Per quanto riguarda la creazione dei materiali, io mi affido il 90% delle volte al portale: http://www.vray-materials.de/ contiene un infinita gamma di pro-dotti, fruibili gratuitamente previa una piccola registrazione. Ovvia-mente, è necessario conoscere a "menadito" i parametri dei Vray material e la metodologia di com-

posizione degli stessi in 3DS! Diffi-date sempre delle cose belle e fat-te ! :D Bene, nel nostro caso andre-mo a reperire un semplice mate-riale per il cemento, e uno per l'er-ba! A proposito di quest'ultima, do-vremmo fare un discorso molto più ampio, solitamente, io gestisco l'er-ba con il Vray Fur, utilizzato anche per le parti "hairy" in modellazione organica e per altri svariati scopi, comunque al momento non diva-ghiamo, concentriamoci sui blend senza mettere troppa carne al fuo-co! Bene, vediamo nell'immagine sopra, l'applicazione dei due mate-riali che andremo a miscelare, ce-mento al cilindro "A", erba al cilin-dro "B". Il blend material applichia-

Fig. 1, creazione del Vray Plane e della Vray Light Plane (i parametri di quest'ultima, li setteremo tra poco).

Fig. 2, parametri del cilindro

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Fig. 3, inserimento della Vray Camera Fig. 4, settaggi illuminazione

Fig. 5, miscelazione di due materiali: cemento con erba Fig. 6, il "VrayBlendMtl" per il settaggio dei materiali

Fig. 7, i registri di settaggio dei materiali Fig. 8, i parametri della Gradient Map

Fig. 9, settaggi UVW della mappa Fig. 10, caso del gradiente con prevalenza di colore nero

TUTORIAL: Renderizzare con VRay

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molo al cilindro "A", vediamo co-me! Esaminiamo adesso le caratte-ristiche fondamentali del Vray Blend: A. Base Material: Lo dice la parola

stessa, è il materiale base, nel nostro caso il cemento;

B. Coat Material: E' il materiale che andiamo a miscelare al ma-teriale base, nel nostro caso l'erba;

C. Blend Ammount: Indica il meto-do di miscelazione dei materia-li. E' il parametro chiave del blend material, si agisce su di esso mediante le mappe, per-tanto per utilizzare questo stru-mento, è pessario conoscere al meglio il concetto di "mappa".

Ripeto, che questo tutorial prevede già una conoscenza abbastanza buona dei vari parametri di render, tuttavia Vi rimando a questo link proprio per chiarire al meglio la funzione dei vari strumenti di mappatura! http://

www.gamemakingtutorial.com/3d-studio-max/3ds-max-editor-materiali-texture.php

http://www.grafica3dblog.it/index.php/2011/10/18/vray-mappe-di-riflessione.htm

http://www.treddi.com/forum/topic/104374-creare-materiale-

vray-con-mappe-gradient/ Quest’ultimo link parla proprio delle Mappa Gradient, argomento che affronteremo tra pochissimo. Da qui, possiamo regolare tutti i parametri della Gradient Map. Ve-diamo un po’ come funziona... Tempo fa, discutendo proprio in Comm., lessi una frase che ho stampato a caldo nella mia men-te… "In modellazione e in Render, è necessario conoscere Photoshop almeno tanto quanto i modellatori e i motori di renderizzazione che abbiamo sotto mano", mai nulla di più vero! Si suppone pertanto, che il concetto di "maschera" sia ben chiaro. Noi lavoreremo con un gra-diente solido, quindi, privo di gradi di sfumatura, per intenderci, solo nero e bianco. Il nero copre, il bianco rivela. Nel nostro caso spe-cifico significa che il Coat mate-rial, sarà visibile in base alla quan-tità di bianco del nostro gradiente. S’intuisce quindi, che un gradiente in cui abbiamo una prevalenza di colore bianco, renderà molto visi-bile il Coat Material, che nel nostro caso è l'erba. Lo vediamo nella fi-gura sotto. Ovviamente, i settaggi UVW della mappa, è chiaro che variano secondo la forma dell'og-getto che andiamo a renderizzare, così come il tiling della texture!

Vediamo adesso il caso inverso, in altre parole un gradiente con pre-valenza di colore nero, noteremo ovviamente una scarsissima pre-senza di Coat Material! Spero che adesso, l'argomento sia un attimi-no più chiaro. Tuttavia, per fugare ogni dubbio, e per comprendere la caratteristica peculiare di questo strumento, facciamo un altro testo, impostando il nostro gradiente al 50% di bianco, e al 50% di nero. In questo modo, il Coat Material il Blend Material , saranno entrambi visibili appunto al 50 % del totale!!! Ecco fatto! E' ovvio, che abbiamo infinite possibilità di miscelare i nostri materiali, sempre basandoci su una scala che va dall’1% al 100%, sottolineo comunque , di non scen-dere ,mai sotto il valore minimo di 1 e non andare oltre il 100, diversa-mente, il "secchiello" di colore, verrà automaticamente rimosso, un po’ come Photoshop del resto. Spero di esse stato il più chiaro possibile, tuttavia per qualunque dubbio, chiarimento non esitate a battere un colpo! La Comm. è con Voi, basta solo un pizzico di pa-zienza! Grazie mille, sempre. :D

Fig. 11, bilanciamento finale

TUTORIAL: Renderizzare con VRay

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UMORISMO

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GIOCHI

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Appocundria me scoppiaAppocundria me scoppia ogne ogne minuto 'mpiettominuto 'mpietto

Pecchè passanno fortePecchè passanno forte haje sconcecato 'o liettohaje sconcecato 'o lietto

Appocundria 'e chi è Appocundria 'e chi è saziosazio e dice ca è diunoe dice ca è diuno

Appocundria 'e nisciuno Appocundria 'e nisciuno Appocundria 'e nisciuno.Appocundria 'e nisciuno.

Ciao Pino