Essere fundraiser oggi di Elena Zanella

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Oggi, più di ieri, quella del fundraiser è una figura professionale dalle diverse competenze e dalla spiccata complessità. Scopriamola in questi semplici passaggi. Tanto per cominciare.

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Chi sono ×  Una Mamma ×  Dirigente Centro Clinico NEMO e

supervisore NEMO Sud, aree fundraising, comunicazione, marketing

×  Consulente aree sopramenzionate ×  Formatore cs e coordinatore e formatore

corso specializzazione in sanità per Aiccon

×  Consigliere direttivo Assif ×  Socio professionista Ferpi ×  Blogger per Vita.it ×  Fondatore di NONPROFIT BLOG ×  CURIOSITA’: ×  Tra le 50 donne più influenti nel NP ×  Fundraiser 2013 - IFA

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FACCIO IL FUNDRAISER ×  Che fai?

×  Ahhhh raccogli soldi! ×  Fai il volontario! ×  Non ho capito… ×  Bello J

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×  Un FUNDRAISER è un CREATIVO votato al MKTG, un PAROLIERE con la passione per l’ECONOMIA, una persona ETICA orientata alla MASSIMIZZAZIONE DEI RISULTATI per una BUONA CAUSA.

@elenazanella

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Fundraising (definizione elaborata da mm)

Letteralmente, far crescere le risorse.

Disciplina che rientra nella branca del marketing, trova la sua naturale

applicazione nelle organizzazioni nonprofit. Di matrice e impiego

prevalentemente anglosassone, solo da qualche anno è entrata a far parte delle scelte strategiche delle organizzazioni

del Terzo Settore italiane più all’avanguardia o, comunque, più

strutturate. Obiettivo delle attività di Fundraising è garantire la sostenibilità

dell’ente attraverso l’attuazione di strategie per il reperimento di fondi e la

costruzioni di processi relazionali complessi.

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SONO UN FUNDRAISER ×  E’ passione ×  E’ ideale ×  E’ vocazione ×  E’ abnegazione ×  E’ educazione continua ×  E’ professionalità ×  E’ voglia di qualcosa di (più) buono,

ovvero, di un mondo migliore.

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Ciclo della professionalità (EZ0910)

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1. DARSI

TEMPO. Fare fundraising non significa solo investimento economico come più

volte abbiamo scritto. Fare fundraising significa anche investire nel tempo. Ritorni immediati sono una rarità. Sono auspicati ma sono

una delle componenti di un  processo ben più articolato. Ci vogliono tempo, costanza e intelligenza d’impresa per rientrare negli investimenti. Il resto è

fortuna.

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2. VALORE

AGGIUNTO. Ragionare in termini di valore

aggiunto. Pensare al fundraising come a un investimento e non a una voce di costo aiuta. E rende! Un fundraiser lo sa ed è un concetto che deve passare. Ci vorrà tempo ma bisogna insistere. Se si taglia sull’investimento perché non si vedono subito i risultati si fa doppio danno: si perde tempo e si

perdono fondi. Bastano come argomentazioni?

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3. DIVERSA

EFFICACIA. OGNI STRATEGIA HA I SUOI

TEMPI E DIVERSA EFFICACIA. Una DEM è diversa da un face to face.

Lo sappiamo bene. Occorre tenerlo presente e quantificarne

verosimilmente i ritorni. Inutili e controproducenti le false illusioni.

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4. CREATIVITÀE METODO. DIVERSE FACCE DI UN’UNICA

MEDAGLIA. Fare fundraising significa mettere in campo tutta una serie di

competenze. Non è solo tecnica. Si tratta in un corpus professionale molto

articolato. E’ Know How. E’ Expertise. E’ studio. E’ capacità relazionale. E’ perseveranza. E’ dote. Ognuno è

fundraiser a modo proprio ma ciascuno di noi sa bene che non basta leggere un libro per essere un fundraiser. C’è molto di più. C’è la voglia di mettersi in gioco.

C’è savoir faire. C’è abilità. C’è personalità!

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5. LAVORARE

IN TEAM. LA DIFFERENZA LA FA LA

SQUADRA. Da soli si può sì ma fino a un certo punto. I battitori liberi vanno bene ma nel lungo periodo può venire

meno lo slancio e c’è bisogno del supporto di tutti per evitare la deriva. A beneficio della causa. E’ importante che l’intera organizzazione lavori in sinergia

per il raggiungimento degli obiettivi comuni. Ognuno faccia pure il proprio ma con la consapevolezza di essere al

servizio del bene comune. Una dose di umiltà aiuta sempre.

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6. CHIAREZZA, COERENZA. Messaggi chiari e azioni coerenti. Il tutto in linea con la mission e nel

rispetto dei propri pubblici. Solo in questo modo è possibile avere ritorni costanti e crescenti. Anche in termini

di raccolta fondi.

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7. VOLATILITÀ DONATORE. Il donatore è sempre più maturo. Da

ciò deriva maggiore attenzione e necessità di conoscere di più e meglio

l’organizzazione e le sue cause. Trasparenza, rendicontazione,

accountability. La responsabilità sociale comincia da noi. La

migrazione del dono verso altre destinazioni non è più e non è poi così

remota.

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8. COLTIVARE L’ATTUALE. FEDELTA’ AL PORTAFOGLIO. Mantenere i donatori attuali è più

importante che intercettarne di nuovi. Ed è meno faticoso. Bisogna spendere

del tempo a coltivare le relazioni esistenti che possono trasformarsi in

opportunità dai risvolti inattesi.

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9. COMUNICA

BENE. L’IMPORTANZA DI COMUNICARE. •  Informazioni chiare. •  Contenuti precisi. •  Strumenti adeguati. •  Canali efficaci.

Quattro aspetti e un unico trait d’union: comunicare in modo professionale. Se si fa economia (anche in modo figurato intendo) sulla comunicazione e sui suoi aspetti, con ogni probabilità si avranno ripercussioni in termini di raccolta entro stretto giro. Meglio comunicare in modo via via crescente e/o

diversificato e non il contrario. Questo concetto non passa? Prova a non comunicare

per un mese intero…

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10. PREZIOSO

KNOW HOW. FUNDRAISING, SISTEMA DI

COSTITUENTI AD ALTA COMPLESSITA’. Un fundraiser è un bene prezioso. Se vale e va via, porta con sé tutta una serie di relazioni e

competenze difficili da rimpiazzare. E’ destabilizzante perché vengono a mancare riferimenti certi, in primis

per il donatore. Quindi, se è vero che tutti sono utili e nessuno è

indispensabile, è anche vero che ognuno è unico con uniche competenze. Pensiamoci.

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Crescere e far crescere:

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1.  Consistenza: capacità di essere concreti, realistici, misurabili. Dare robustezza alle proposte così come al modo di porsi.

2.  Costanza: capacità di perseverare, con diligenza, verso gli obiettivi proposti.

3.  Chiarezza: d’idee, nell’esposizione verbale e nella stesura scritta dei contenuti.

4.  Coraggio: intraprendenza e un minimo di propensione al rischio con assunzione delle responsabilità.

5.  Competenza: conoscenza della materia oggetto di studio e lavoro oltre alla predisposizione alla formazione continua.

6.  Capacità di Coinvolgere: possibile solo se in presenza di assertività e pathos. Doti indispensabili per raggiungere gli obiettivi proposti.

7.  Creatività: capacità di individuare strade e soluzioni inaspettate.

8.  Consapevolezza: del ruolo e responsabilità in seno all’ONP.

9.  Curiosità: se finisce la curiosità e la voglia di sperimentare, finisce il compito del professionista per l’ONP.

10.  Credibilità: la sommatoria delle precedenti. La costruisci giorno per giorno. E’ LA FIDUCIA. IL BENE PREZIOSO. La leva che rende possibile il raggiungimento degli obiettivi e di spessore la tua reputazione di professionista.

Perché un fundraiser?

Domanda: perché costituire un’area dedicata al fundraising?

Risposta: il fundraiser è un professionista preparato ed eclettico con competenze nel

marketing, nella comunicazione, in economia (WHO). All’interno dell’ONP (WHERE) ricopre

un ruolo importante e ha una funzione strategica finalizzata a rendere autonoma e autosufficiente l’organizzazione (WHY). I suoi compiti (WHAT) sono l’individuazione degli strumenti e dei canali

adatti a sollecitare la donazione da parte di pubblici diversi, pianificando tempi,

budgetizzando, valutando possibili redemption e prevedendone i roi (HOW). La scelta di costituire

un’area di raccolta fondi all’interno dell’organizzazione va necessariamente

inquadrata come investimento di lungo periodo (WHEN) perché i ritorni tendono a crescere in modo direttamente proporzionale al crescere

dell’attività dedicata.

@elenazanella 21

Perché Sì.

Ecco cosa trovi qui dentro: × 

Idee e definizioni sono rigorosam

ente mie.

× Se vuoi, puoi riprendere quanto proposto m

a ricordati di citare la fonte.

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CI SAREBBE DA DIRE MOLTO (MA MOLTO) DI PIÙ. PER IL MOMENTO, MI FERMO QUI.

GRAZIE J

@elenazanella