12
I N SINERGIA SINERGIA SINERGIA SINERGIA CON CON CON CON F ONDAZIONE ONDAZIONE ONDAZIONE ONDAZIONE M IGRANTES IGRANTES IGRANTES IGRANTES

Adeste44 domenica 01 novembre 2015c

Embed Size (px)

DESCRIPTION

 

Citation preview

Page 1: Adeste44 domenica 01 novembre 2015c

IIIINNNN S INERGIASINERGIASINERGIASINERGIA CONCONCONCON FFFFONDAZIONEONDAZIONEONDAZIONEONDAZIONE

MMMM IGRANTESIGRANTESIGRANTESIGRANTES

Page 2: Adeste44 domenica 01 novembre 2015c

ADESTE n°44/ ANNO 4°-01.11.2015

2

Halloween? No grazie! Preferisco la festa dei Santi del Cielo. La cultura anticristiana ha partorito da tempo una or-rida festa consumistica, ripescata da antiche usanze celtiche: la festa di Halloween, la celebrazione delle zucche (vuote), dei fantasmi, delle streghe e dei morti ‘viventi’. Nel cristianesimo la ‘festa di Tutti i Santi’ e quella ‘dei defunti’ sono praticamente attaccate. Il 1° novem-bre l’una e il 2 novembre l’altra. E que-sto per sottolineare un legame tra la si-tuazione purgante delle anime del Pur-gatorio e quella gloriosa dei Santi del Paradiso. Perciò i defunti nel cristianesimo non vengono visti come spettri che incutono terrore ma come possibili anime san-te, attuali o future. In Sicilia, nella mia terra di origine, proprio per sottolineare l’incapacità del-le anime defunte di fare del male, alme-no di quelle non appartenenti all’inferno, si dice che nella notte tra il 1° e il 2 novembre esse portano ai bambini dolci e giocattoli. Ricordo ancora con quanto desiderio aspettavo nella mia infanzia 'la festa dei morti', per avere dei regali che mia mamma si premurava di farmi trovare al ri-sveglio la mattina, dicendomi che erano stati i cari de-funti a portarli! Per questo non avevo certo paura di loro, anzi volentieri mi recavo al cimitero per donare loro dei fiori e così salutarli e ringraziarli! Tutto ciò significava per noi bambini che non c'era un vero distacco tra noi viventi e quelli che ci avevano preceduto. Nella tradizione cristiana i defunti non vengono consi-derati come esseri orridi che cercano di fare del male ai vivi, ma come spiriti buoni, che danno e cercano aiuto con lo sguardo rivolto verso Dio, a cui anelano con tutto il loro essere. Intendiamoci però, per il cristianesimo non tutti i de-funti sono in Purgatorio, ce ne sono anche all’Inferno. E quando da lì arrivano nel mondo dei vivi, perché evocati, la loro presenza si nota con le possessioni diaboliche, i malefici, le infestazioni: e questo lo af-fermano gli esorcisti. Nella cultura anticristiana i defunti vengono invece visti in maniera repellente e come intenzionati a fare del male ai vivi (infatti sono molto abbondanti i film Horror che hanno questa impostazione). Ma i defunti tipo morti viventi, a cui fanno riferimento i film dell’orrore e nello specifico la festa di Halloween, probabilmente non sono altro che quelli che il cristia-nesimo considera demoni o anime dannate. Il Cristianesimo festeggia quindi le anime dei defunti buoni, del Purgatorio o del Paradiso, la festa di Hallo-ween esalta le anime dei malvagi, cioè quelle degli spiriti dell'Inferno.

Che volete, ognuno ha i suoi gusti! Ma che piacere ci sia nel celebrare il male proprio non lo capisco. Almeno che esso non sia un modo per esorcizzare la morte, di cui soprattutto quelli che non credono in Dio hanno

un grande timore, anzi un vero terrore..

Riflessione riguardo alla festa di Halloween :

Una festa che non ci appartiene

http://mi-chael.blogspot.it/

Quali sono le origine storiche di Halloween? Abbiamo ragione quando diciamo che si tratta di una festa tutta ameri-cana che non ci riguarda? La storia di questa antica celebrazione affonda le sue origini in Europa, i fondatori di questa festa sono i Celti, con i flussi

migratori alla volta degli States di coloro che vengo-no romanticamente chiamati Padri Pellegrini la ri-correnza si è semplicemente spostata presso le nuo-ve terre occupate dagli europei, principalmente an-glosassoni, che hanno semplicemente trasferito al loro nuovo indirizzo le proprie usanze e tradizioni. Quindi sfatiamo il primo mito: Halloween è nasce nel Vecchio Continente. In irlandese la forma Hallow E’en altro non è che la contrazione di All Hallows’ Eve, ovvero la vigilia di Ognissanti. Inoltre, per i Celti, l’anno nuovo inizia-va il primo novembre, Halloween era quindi il Ca-podanno celtico che segnava l’arrivo dell’inverno nonché un vero e proprio ritiro sociale e lavorativo. I Celti vivevano principalmente di pastorizia, gli animali con l’arrivo della stagione fredda venivano riportati a valle e condotti al caldo, gli uomini si chiudevano in casa costruendo utensili e attingendo alle provviste messe da parte durante i mesi caldi. Si trattava di un importante rito di passaggio, ci si consegnava alle forze della natura, ad esse ci si arrendeva sperando nella benevolenza degli dei. I Celti credevano che la notte del 31 ottobre gli spi-riti dei morti, che vivevano in una landa di eterna giovinezza e felicità chiamata Tir nan Oge, vagasse-ro indisturbate cercando un corpo del quale impos-sessarsi per tornare alla vita. I vivi, per salvare la propria anima, dovevano spaventare gli spiriti attra-verso maschere grottesche e inquietanti. I fuochi venivano accesi e gli animali sacrificati in modo da placare gli spiriti; cibo, latte e beni di prima necessi-tà venivano lasciati agli ingressi di ogni abitazione al fine di sfamare i morti, elusi i loro bisogni prima-ri avrebbero forse risparmiato le anime dei viventi.

Page 3: Adeste44 domenica 01 novembre 2015c

ADESTE n°44/ ANNO 4°-01.11.2015

3

Il , 2 novembre, si celebra il giorno dei morti, la festività

che la Chiesa cattolica dedica alla commemorazione dei defunti. Il giorno non é considerato festivo, ma é senza dubbio molto sentito dalla popolazione italiana, che viaggia spesso verso i propri luoghi di ori-gine per portare fiori e lumini a parenti ed amici scomparsi. Non è per noi un giorno di lutto, bensì una giornata felice: i cimiteri si riempiono di fiori, soprattutto cri-santemi, e le tavole e le credenze di ogni casa si riempiono di cesti di frutta, dolci, cioccolato e caramel-le, un modo felice, soprattutto per i più piccoli, di ricordare i propri cari. Il culto dei morti è antichis-simo e la data del 2 di novembre sembrerebbe riferirsi al periodo del grande Diluvio di cui parla la Genesi, quello per cui Noè costruì l’arca e che secondo il racconto cadde nel “diciassettesimo giorno del secondo mese”, che corrisponderebbe al nostro novembre. Secondo la tradizione, la Festa dei Morti nacque dunque in “onore” delle persone che Dio stesso aveva condannato, al fine di esorcizzare la paura di nuovi eventi simili. Una storia ovviamente sospesa tra religione e leggenda, ma quale che sia sta-ta la vera origine della festa del 2 di novembre, certe sono le testimonianze storiche che attestano l’usanza di commemorare i morti già in civiltà antichissime, distanti tra loro per spazio e tempo. Dall’antica Roma, alle civiltà celtiche, fino al Messico e alla Cina, è un proliferare di riti, dove il comune denominatore è con-solare le anime dei defunti, perché siano propizie per i vivi. Certamente origini e riti si ricollegano all’antica usanza del banchetto funebre, un tempo comune a tutti i popoli indo-europei, ma la tradizione celtica fu quel-la che ebbe maggiore eco in Europa. La celebrazione più importante del calendario celtico era infatti la “notte di Samhain“, notte di tutti i morti e di tutte le anime, che si festeggiava tra il 31 ottobre e il 1° no-vembre. All’epoca dei primi cristiani, queste tradizioni erano ancora molto presenti e la Chiesa cattolica fati-cava a sradicare i culti paga-ni. Così, nel 835, Papa Gre-gorio II spostò la festa di “Tutti i Santi” dal 13 maggio al 1° novembre, pensando, in questo modo, di dare un nuo-vo significato ai culti pagani. Nel 998 Odilo, abate di Clu-ny, aggiungeva poi al calen-dario cristiano il 2 novembre

come data per commemorare i defunti.

In alcune zone della Lombardia, la notte tra l’1 e il 2 novembre si suole mettere in cu-

cina un vaso di acqua fresca perché i morti possano disse-tarsi; in Friuli si lascia un lume acceso, un secchio d’acqua e un po’ di pane, mentre nel Ve-neto, per scongiurare la tristez-za, nel giorno dei morti gli amanti offrono alle promesse spose un sacchetto con dentro fave in pasta frolla colorata, i cosiddetti “Ossi da Morti”. In Trentino le campane suonano per molte ore a chiamare le anime che si dice si radunino intorno alle case per spiare dal-le finestre, mentre in Liguria la

tradizione vuole che il giorno dei morti si preparino i “bacilli” (fave secche) e i “balletti” (castagne bollite). In Piemonte e in Val D’Aosta le famiglie lasciano in-vece la tavola imbandita e si recano a far visita al ci-mitero, mentre nelle campagne cremonesi ci si alza presto la mattina e si rassettano subito i letti affinché le anime dei cari possano trovarvi riposo. Si va poi per le case a raccogliere pane e farina con cui si confezio-nano i tipici dolci detti “ossa dei morti”. In Umbria si producono invece tipici dolcetti devozionali a forma di fave, detti “Stinchetti dei Morti”, che si consumano da antichissimo tempo nella ricorrenza dei defunti quasi a voler mitigare il sentimento di tristezza e sosti-tuire le carezze dei cari che non ci sono più. In Abruz-zo, oltre all’usanza di lasciare il tavolo da pranzo ap-parecchiato, si lasciano dei lumini accesi alla finestra, tanti quante sono le anime care, e i bimbi si mandano a dormire con un cartoccio di fave dolci e confetti co-me simbolo di legame tra le generazioni passate e quelle presenti. Più a sud, in Sicilia, il 2 novembre è una festa particolarmente gioiosa, soprattutto per i bambini, cui vien fatto credere che se sono stati buoni e hanno pregato per le anime care, i morti torneranno a portar loro dei doni; quando i fanciulli sono poi a dormire, i genitori preparano i tradizionali “pupi di zuccaro” (bambole di zucchero), con castagne, ciocco-

latini e monetine. Al mattino i bimbi iniziano quindi la ricerca, convinti che durante la notte i morti siano usciti dalle tombe per portare i regali. In Sardegna la mattina del 2 novembre i ragazzi si recano invece di porta in porta per chiedere delle offerte e ricevono in dono pane fatto in ca-sa, fichi secchi, fave, melagrane, mandorle, uva passa e dolci, mentre la sera della vigilia anche qui si accendono i lumini e si lasciano la tavola apparecchiata e le credenze aperte.

USI E USI E USI E USI E TRADIZIONI TRADIZIONI TRADIZIONI TRADIZIONI

PER LA PER LA PER LA PER LA FESTA FESTA FESTA FESTA

DEI MORTIDEI MORTIDEI MORTIDEI MORTI

Page 4: Adeste44 domenica 01 novembre 2015c

ADESTE n°44/ ANNO 4°-01.11.2015

4

Perchè il 4 novembre è un giorno importante per la storia d'Italia?

P erchè si celebra in questa data l'ar-mistizio che nel 1918 pose fine alle ostilità tra l'Italia e l'Austria -

Ungheria, concluse sul campo con la vit-toriosa offensiva di Vittorio Veneto. Una vittoria frutto della dedizione, del sacrifi-cio e dell'unità del popolo italiano. Una vittoria che costò la vita a 689.000 italia-ni mentre 1.050.000 furono i mutilati e i feriti: cifre che devono far riflettere, nu-meri da ricordare. Come cominciò? Il 28 giugno 1914 uno studente serbo spara contro l'arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono d'Austria. L'attentato, di matrice anarchi-ca, innesca una serie di reazioni che cul-minano il 28 luglio del 1914 quando l'Austria presenta la dichiarazione di guerra alla Serbia: è l'inizio di un conflit-to che, per la prima volta nella storia, as-sume un carattere mondiale. L'Austria, la Germania e poi la Turchia scendono in campo contro la Serbia, mentre con que-st'ultima si schierano la Russia, la Fran-cia, l'Inghilterra e poi il Giappone e gli Stati Uniti. La guerra sul fronte italiano durò 41 me-si: più di tre anni di freddo e fame sotto il rombo delle artiglierie nemiche, con in prima linea ragazzi provenienti dalle più diverse aree geografiche d'Italia, uniti tutti da una bandiera: il Tricolore. Le per-dite italiane e in uomini e in materiali furono gravissime. Nel pomeriggio del 3 novembre i delegati austriaci firmano la resa. L'armistizio (patto di Villa Giusti) entra in vigore il 4 novembre 1918. Termina così la guerra sul fronte italo - austriaco, pochi giorni prima della conclusione generale del conflitto, che vede il crollo della Germania e dell'Impe-ro austro - ungarico

“ Soldati! Auzim cà ofiterii vostri vé mànesc tot mai mult ca sa né urati zicendu-vé cà prizonieri fàcuti de

noi sunt reù tratati si cà odatà cu sfarsitul resboiului Italia va restitui toti prizonieri si chiar disertori. Aceasta este o afirmatiune nàroada (o adevératà batjocorà) ce vé fac ofiterii vostri, pentru cà cum stiti existà legi ce ori ce po-por civilizat respecteaza si aceste legi dau dreptul fie caruia sa traiascà la sfarsitul resboiului, unde va vroi. In cât priveste tratamentul reù, vati putut convinge de contrarul citind scrisorile (càrtile) prizonieri lor facuti de noi pânà acum (daca insâ guvernul vostro va permis sa cititi acele scrisori!!). Cu aceasta noi nu dorim sa ne làudàm, dar voim sa apàràm onoarea noastra, aratandu-ve cu fapte ca ofiterii vostri ve in-sealà istorisându-ve lucruri neadeverate pe socoteala noastra, voim deci sà vè aràtàm càt de mult Italia este stimata si cinstita de toti si ca lupteaza nu cu setea de stâpànire dar cu dorinta de a libera popoarele sale. Numai la sfarsitul resboiului veti sti adeverul de la soldati vostri azi prizonieri si care vé vor spune cât de bine au fost tinuti si atunci numai vé véti convinge cà ofiterii vostri s’au batjocorit de voi pove-stindu-vé minciuni.”

T�������: “Soldati! Sentiamo che i vostri ufficiali vi spingono sempre più ad odiarci, dicendovi che i prigionieri da noi fatti sono maltrattati e che alla fine della guerra l’Italia restituirà tutti i prigionieri e anche i disertori. Questa è un’affermazione insensata (un vera blasfemia) che vi viene fatta dai vostri ufficiali, perché, come sapete, ci sono leggi che ogni popolo civile rispetta e queste leggi permettono a ciascuno di vivere alla fine della guerra do-vunque volesse. In quanto riguarda il maltrattamento vi siete potuti convin-cere del contrario leggendo le lettere (le carte) dei nostri prigionieri fatti finora (se il vostro Governo vi ha permesso di leggerle!!). Con questo noi non desideriamo lodarci però vogliamo di-fendere il nostro onore, dimostrandovi con i fatti che i vo-stri ufficiali vi ingannano raccontandovi cose non vere sul nostro conto; vogliamo cioè farvi sapere quanto l’Italia è stimata ed apprezzata e da tutti e che combatte non con il desiderio di possedere ma con il desiderio di liberare i suoi popoli (! N.n.). Soltanto alla fine della guerra saprete la verità dai soldati oggi prigionieri e che vi diranno come sono stati ben curati e soltanto allora vi convincerete che i vostri ufficiali vi han-no preso in giro raccontandovi bugie.”

Un Volantino di Guerra indirizzato ai soldati romeni dell’Impero Austroungarico

per incoraggiarli a disertare

Page 5: Adeste44 domenica 01 novembre 2015c

ADESTE n°44/ ANNO 4°-01.11.2015

5

Il massiccio afflusso di prigionieri dell'Imperial Regio Esercito Austro- Ungarico

nel corso di tutto il primo conflitto mon-diale pose il problema della individua-zione di campi di prigionia che fossero sufficientemente distanti dalle zone di operazioni militari. Durante la prima parte del conflitto su precisa indicazione del ministero dell'Interno i prigionieri non furono assolutamente utilizzati per alcun tipo di lavoro manuale all'esterno dei campi per paura forse che l'immis-sione sul mercato del lavoro di una nu-merosa manodopera, generalmente a basso costo, potesse provocare qualche tensione sociale certamente non auspica-bile. Inoltre, il celebre "colpo di Zurigo" aveva dimostrato la presenza in Italia di una rete ben sviluppata di spie - la maggioranza è bene notare re-clutata tra insospettabili cittadini italiani - che aveva

messo a dura prova la marina e l'esercito. Tuttavia la mancanza di mano d'opera (dovuta ai continui richiami delle classi di leva) costrinse anche l'Italia ad applicare nell'articolo 6 del Re-

golamento dell'Aja che ammetteva l'impiego di prigio-nieri in lavori esterni Nel 1916 la percentuale di pri-gionieri austro-ungarici di nazionalità romena pre-senti in Italia era assai rilevante e concentrata so-prattutto nei campi del Nord Italia. Secondo le stime del Ministero della Guerra erano cosi suddivisi ben 3.600 nel campo di Mantova, 2.000 a Cavarzere, 800 rispettivamente a Ostiglia e Caravalle. Le pressanti domande per l'utilizzo di prigionieri di guerra proveni-rono da tutta l'Italia e in particolare richieste dai pro-prietari terrieri dell'intera penisola - i soldati prigionie-ri furono utilizzati con continuità nei lavori agricoli e in misura ridotta, anche nell'industria. Un forte neces-sità emerse nel territorio della provincia dell'Aquila dalla cittadina di Avezzano dove si dovette fare fronte ad una serie di necessità che richiedeva un ingente quantità di mano d'opera sia per le urgenti necessità agricole dei campi posti nel Fucino sia per la ricostru-zione delle strutture viarie e civili andate distrutte dal grave sisma del 13 gennaio 1915. La risposta a questi problemi fu l'istituzione nella città Marsicana di un campo di prigionia destinato ad accogliere fino a 15.000 prigionieri e i circa 1.000 tra soldati semplici, sottufficiali e ufficiali del Regio Esercito destinati alla sorveglianza dei soldati reclusi. I prigionieri presenti ad Avezzano Avezzano appartenevano a tutte le prin-

cipali nazionalità inserite nei confini della monarchia asburgica tra loro anche romeni nativi della Transilva-nia, del Banato e della Bucovina. Nel corso dei mesi però la componete romena nel campo di Avezzano si distinse non solo in termini quantitativi ma anche sot-to il profilo dell'immagine che questi soldati avevano

tra la popolazione civile. Infatti, il grande spirito di sacrificio, la maggior facilità di comunicazione rispetto a ungheresi e tede-schi unita alla dimostrazione di essere "buoni lavoratori" ingenerano una buona fama e rispetto dei romeni tra gli abitanti di Avezzano a tal punto che spontaneamente vennero creati da parte dei cittadini del cen-tro marsicano comitati di solidarietà e assi-stenza riservati ai cittadini romeni e ai loro familiari rimasti in Patria. Una svolta im-portante per il futuro dei prigionieri romeni di Avezzano venne a seguito dallo svolgi-mento nella sala del Campidoglio di Roma del "Congresso delle Nazionalità Oppresse nella monarchia austro-ungarica" (27 marzo - 10 aprile 1918) nel quale i delegati romeni

Draghicesco, Lupu, Deluca, Màndrescu e Mironescu riuscirono , assieme agli altri rappresentanti ottennero dal ministero della guerra italiano la possibilità di for-mare unità armate autonome su base nazionale, poste sotto la giurisdizione dei diversi comitati nazionali, offrendo ai soldati di queste nuove unità lo status giu-ridico di alleati tra questi i delegati romeni - Il profes-sor Mândrescu e l'ex ministro romeno in Italia, il prin-cipe Dimitrie Ghica riuscirono a fondare , il 6 giugno del 1918, con l'appoggio dei militari italiani e romeni a Cittàducale il "Comitato d'Azione dei Romeni di Transilvania, Banato e Bucovina" e grazie al diretto interessamento del Ministro della guerra italiano , Vit-torio Zuppelli, una "Legione Romeni d'Italia "posta sotto i comandi del generale di brigata Luciano Ferigo e avente come sede del comando il campo di Avezza-no. Dalla cittadina abruzzese il meccanismo messo a punto da Ferigo era semplice da tutti i campi di prigio-nia i soldati romeni venivano radunati nel centro abruzzese venivano inquadrati militarmente e forniti di tutto il necessario equipaggiamento bellico, quindi iniziava un periodo di addestramento. Non mancarono neppure momenti di svago marcati da qualche gita realizzata in località del circondario o di banchetti of-ferti in loro onore da municipalità locali come non mancarono casi di matrimoni tra romeni e donne del posto. Il 28 giugno 1918 la prima delle tre compagni romene inquadrate nella VIII,V IV armata italiana ri-cevette la "bandiera di guerra" a Ponte di Brenta (Padova) . Da quel momento la Legione Romena d'Ita-lia poteva dirsi operativa e avrebbe combattuto disti-guendosi in quella che sarebbe passata alla storia co-me la "la terza battaglia del Grappa" del 24 ottobre del 1918 e nella offensiva di Vittorio Veneto che portò al collasso dell'esercito austro - ungarico e alla fine la fine della guerra sul fronte italiano.

LA LEGIONE ROMENA Durante la Prima Guerra Mondiale

Soldati Romeni, prigionieri di

guerra, combatterono con l’esercito italiano

Page 6: Adeste44 domenica 01 novembre 2015c

ADESTE n°44/ ANNO 4°-01.11.2015

6

. (San� subito! Celebrare la solennità di tu� i san� si-

gnifica me�ere al centro della nostra vita l'obie�vo

della piena realizzazione in Dio. Non c'è che una tristez-

za, quella di non essere san�!

L'unico Santo è Dio, è lui che che vuole condividere con

l'umanità la sua pienezza, la sua realizzazione. Dio comunica agli uomini la sua san�tà, una perfezione che è

misericordia e compassione, perdono e lungimiranza. Chi si fa discepolo, scopre nella propria vita la chiama-

ta a partecipare all'assoluto di Dio, a realizzare il proge o di salvezza che Dio ha sugli uomini, a realizzare il

grande sogno di un'umanità redenta e in armonia. Il santo è colui che asseconda fino in fondo la volontà di

Dio su di lui, che non fa cose bizzarre o straordinarie, ma che vive la propria vita e

le proprie difficoltà me endo Dio al centro delle proprie scelte e della le ura del-

la realtà. Oggi, facendo memoria di tu& coloro che sono presso Dio, i san� del

calendario e quelli, molto più numerosi, che non hanno ricevuto la patente di san-

�tà, vogliamo col�vare in noi la grande nostalgia dell'assoluto, sapendo che gli

amici di Dio che lo contemplano, intercedono per noi presso di Lui. Manchi di fe-

de? Pietro � sos�ene. Sei poco convinto? Il fuoco di Paolo � abita. Fai fa�ca col

denaro? Francesco � insegna. Sei �moroso nel manifestare la tua fede? I mar�ri �

aiutano. San� subito! Paolo Curtaz)

17 tipiche scuse per non andare a Messa17 tipiche scuse per non andare a Messa17 tipiche scuse per non andare a Messa17 tipiche scuse per non andare a Messa 5) 5) 5) 5) Ci andrò quando ne sentirò il bisogno, obbligato maiCi andrò quando ne sentirò il bisogno, obbligato maiCi andrò quando ne sentirò il bisogno, obbligato maiCi andrò quando ne sentirò il bisogno, obbligato mai Chi può dire di avere fame solo di tanto in tanto, e che quindi mangerà solo quando ne avrà bisogno, quando lo riterrà conveniente? Nessuno. Il corpo ci obbliga con una forza violenta ad alimentarlo. È que-stione di vita o di morte. È inevitabile. Lo stesso do-vrebbe succedere a chi scopre quella fame spirituale che grida dal profondo con violenza. È impossibile non sentirsi bisognosi. È impossibile non voler nutrire lo spirito. È questione di vita o di morte. “La persona umana ha una necessità che è ancora più profonda, una fame che è ancora maggiore di quella che il pane può soddisfare; è la fame del cuore umano per l’immensità di Dio. È una fame che può essere soddisfatta soltanto da Colui che disse: ‘Se non man-giate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna, e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue è vera bevanda’ (Gv 6,53-55)” – San Giovanni Paolo II.

Page 7: Adeste44 domenica 01 novembre 2015c

ADESTE n°44/ ANNO 4°-01.11.2015

7

« I gitani sono ben consapevoli di essere figlie e figli amati dalla Chiesa che non fa distinzione di

razza, cultura o lingua»; ma al contempo «vivono in una comunità sociale in cui vorrebbero trovare acco-glienza e rispetto per la loro identità e dignità, senza discriminazioni e rigetto». Lo ha sottolineato il cardi-nale Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti, nel saluto rivolto al Papa all’inizio dell’udienza. L’in-

contro è infatti organizzato dal dicastero vaticano

insieme alla fondazione Migrantes della Conferen-

za episcopale italiana. «Molti di loro — ha proseguito il porporato — vivono nelle periferie delle città, talvolta in condizioni di de-grado. Numerosi anziani e giovani, padri e madri, non hanno mai ricevuto istruzione o preparazione profes-sionale e non hanno un lavoro, ma tutti desiderano un

futuro migliore». E pur-troppo, ha fatto notare, «anche in mezzo a loro vi sono persone che ricorro-no ad attività sommerse». Cosicché «le tristi storie di aggressività, rapine e borseggi spesso riempio-no le cronache dei mezzi di comunicazione, facen-do nascere sentimenti di

rifiuto nella popolazione autoctona e di disagio in quella gitana integrata nella società». Di contro, ha spiegato il cardinale Vegliò, la vicinanza della Chiesa al popolo gitano «ha portato alla nascita di molte vocazioni: un vescovo e oltre 170 tra sacerdoti, diaconi, religiosi e religiose». Sono seguite le testimonianze di Peter Pollák, membro del Parla-mento slovacco e plenipotenziario governativo per le comunità Rom, e di Maria Firlovic, ventinovenne gitana di origine serba, che vive in Italia dall’età di sei anni. Hanno scandito l’udienza una danza eseguita dalla comunità rom di Mazara del Vallo — trenta bambini e ragazzi di religione cristiana e musulmana, coor-dinati dalle suore francescane missionarie di Maria — e il canto Carità divina eseguito da Maria José Santiago Medina, gitana spa-

gnola. Infine, dopo il Padre nostro intonato in lingua romanes dal complesso di Alexian Santino Spinelli, Francesco ha rinnovato — cinquant’anni dopo Paolo VI — l’incoronazione della statua di Maria regina degli zingari. Sullo sfondo le note dell’Ave Maria cantata dal gitano fran-cese Maurice Inderchit. Al termine il Pontefice ha pronunciato l’atto

di affidamento dei gitani alla Vergine Maria Amarí Devleske-

ridéj. L'Osservatore Romano, 27 ottobre 2015.

“Maria Santissima, i Gitani ti onorano con il dolce nome di Amarí DevleskeridéjAmarí DevleskeridéjAmarí DevleskeridéjAmarí Devleskeridéj ecco ora ti stiamo davanti per affidare a te e al tuo amatissimo figlio il popolo qui presente con le sue gioie e le sue pene. Anche tu hai sperimentato il dolore della fuga in Egitto e il supplizio della croce del Figlio. Anche tu hai vissuto una vita umile e povera ac-cogli questi figli e figlie Gitani sotto la tua mater-na protezione ed insegna loro ad amare Gesù co-me tu l’hai amato. A vivere secondo i suoi co-mandamenti e ad essere evangelizzatori zelanti e gioiosi. Maria prega per noi”

Page 8: Adeste44 domenica 01 novembre 2015c

ADESTE n°44/ ANNO 4°-01.11.2015

8

Festa grande per un pacco consegnato Marina Parodi

C' era un uomo che di me-stiere faceva il corriere

espresso (sapete? quello che conse-gna nelle case i pacchi...). Come tutte le mattine, cari-cò il suo camion e si preparò al lungo giro di consegne. Quel giorno aveva 100 pezzi da consegnare. Iniziò con una cassa di bottiglie di vino, che andava conse-gnata proprio all'ulti-mo piano di un lus-suoso palazzo del centro. Con il fiatone suonò alla porta. Aprì un distinto signore: "Buongiorno, sì è per me, prego la metta qui, no un po' più in là, ecco perfetto, arrivederci!". Poi fu la volta di una anziana si-gnora, a cui trepidante consegnò un pacchetto con un preziosissimo anello. La donna annoiata e indif-ferente commentò solo: "Ah, lo metta lì con tutti gli altri, poi lo aprirò...". A una giovane coppia doveva con-segnare la lavatrice nuova. Mentre era in cucina e li aiutava a dismbal-lare, i due iniziarono a litigare "Vedi, avevo ragione io: dovevamo prendere l'altro modello". "Invece no, abbiamo fatto bene a seguire il consiglio di mia madre". "Ma cosa dici, non vedi che sta malissimo vicino al frigo". "Piantala, si sa che tu hai un pessimo gusto!". "Perché secondo te era di buon gusto il re-

galo che tu mi hai fatto a Natale"... Il trasportatore se ne andò un po' imbarazzato. Un pacco era destinato a un parro-co. Era una statua molto bella, ma molto pesante. Il trasportatore era molto in difficoltà, e nell'entrare in sacrestia si ferì una mano contro un'acquasantiera. Ma il parroco lo accolse solo con un "Oh, finalmen-te me l'ha portata! Per favore faccia presto, si sbrighi. Sono impegnatis-simo, tra 2 min e 40 sec. devo dire messa, tra 45 min c'è la lezione di catechismo, poi c'è la riunione con il gruppo della 3 età, poi il comita-to di programmazione economica, poi i giovanissimi e la catechesi per famiglie. Capisce, no?, c'è tan-to da fare: faccia presto!". Con la mano ancora dolorante il trasporta-tore uscì e andò a bagnarla alla fontana del sagrato. Con il passare delle ore e il cresce-re della fatica, i pacchi pian piano diminuivano. Alla fine ne rimase solo uno. Quando arrivò all'indiriz-

zo segnato sul pacco, aprì la porta un ragazzo: "No mi di-spiace, il suo indirizzo è sbagliato, la signora Bea-trice Bianchi (quello era il nome della

destinataria) non abita più qui, si è trasferita almeno da un mese...". "E sa dove è andata ad abitare?". "No, io no, ma provi a chiedere al frutti-vendolo all'angolo. Lui conosce tutti". Il camionista si presentò al frutti-vendolo e spiegò il suo problema: "Devo consegnare un pacco alla signora Beatrice Bianchi, ma ho l'indirizzo sbagliato. Lei sa dirmi dove posso trovarla?". "Ah, sì, si è trasferita, in un altro quartiere, me lo aveva detto, però l'indirizzo pro-prio non me lo ricordo... Provi a chiedere a Piero, lo trova là all'o-steria, lui sicuramente lo sa". Il camionista entrò nel fumoso bar e dietro un bicchiere di vino e un mazzo di carte, trovò Piero, un vecchietto con la barba bianca e due occhi azzurri come il cielo. "Ma sì la Beatrice! La conosciamo

tutti qui, faceva la cameriera, è un peccato che si sia trasferita... Ecco, le scrivo il nuovo indirizzo". Finalmente, dopo la lunga ricerca, il nostro amico si trovò di fronte alla porta dell'appartamento della signora Beatrice Bianchi. Il palaz-zo era in una delle zone più povere e degradate della città, lo squallore del luogo metteva proprio tristezza. Come aveva fatto con gli altri 99 pacchi, suonò e annunciò: "Signora, devo consegnarle un pac-co". Aprì una giovane ragazza, mentre da una stanza interna si sentiva il pianto di un ragazzino. "Un pacco per me?". "Sì, signora; non è stato facile, ma sono conten-to di averla trovata...". "E cosa sarà mai? Non aspettavo pacchi... Oh... mi scusi, la sto lasciando sulla por-ta; prego, si accomodi, si sieda, posso offrirle un caffè? intanto guardiamo cosa c'è nel pacco...". Piacevolmente sorpreso, il corriere accettò volentieri l'invito. Il bambi-no intanto aveva smesso di piange-re e si era avvicinato a osservare curioso quell'ospite sconosciuto. Dopo aver versato il caffè all'ospi-te, Beatrice aprì il grosso pacco. Non poté trattenere un grido di gioia, quando ne vide il contenuto. Il pacco era pieno di cibi buonissi-mi, tra cui una grossa torta di com-pleanno. Insieme ai cibi una lettera. Quando la lesse, a Beatrice venne-ro gli occhi lucidi. Poi spiegò: "5 anni fa litigai violentemente con mia madre, e da allora non ci sia-mo più frequentate. Ora mi scrive che non vuole più discutere del passato, ma si è ricordata che oggi è il compleanno di Roberto, mio figlio e ci manda un po' di dolci per festeggiare. E pensare che proprio 10 minuti fa io stavo spiegando a Roberto che non avremmo potuto fare la festa con i suoi amici perché dopo aver pagato le bollette mi so-no avanzati pochissimi soldi... È lei che ha permesso tutto questo! Io... io voglio ringraziarla. Si fermi e festeggi con noi!". E così il trasportatore si trovò coin-volto in una festa piena di musica, allegria e risate, insieme con Bea-trice, Roberto, i suoi amici e altre persone del vicinato. E alla fine della giornata, potete star certi, fu proprio lui il più contento per quel pacco con l'indirizzo sbagliato!

Piccole storie Piccole storie Piccole storie Piccole storie per riflettereper riflettereper riflettereper riflettere

Page 9: Adeste44 domenica 01 novembre 2015c

ADESTE n°44/ ANNO 4°-01.11.2015

9

Nel 1837, a Pietroasa (prov. Buzau, nel nord-est del-la Muntenia), due contadini rinvennero fortuitamente il più celebre tesoro antico della Romania. Dal momento che fra gli oggetti si trovavano alcune fibule aquilifor-mi, il tesoro è noto con la locuzione popolare „Gallina con i pulcini d’oro”. Il tesoro è composto da vasi e gioielli d’oro; inizialmente contava 22 oggetti, dei qua-

li se ne conservano oggi soltanto 12, del peso di 19 kg d’oro. Esso era appartenuto alla casa reale ostrogota o visigota e fu occultato probabilmente nella prima metà del V d.C. Il tesoro ha conosciuto una storia tumultuosa. Gli scopritori morirono in carcere, mentre l’acquirente fuggì, distruggendo o vendendo parte degli oggetti; entrò poi in possesso dello Stato romeno e costituì la principale attrazio-ne del padiglione romeno all’Esposizione Internazionale di Parigi, nel 1867. Alcuni anni più tardi, uno studente di teo-logia rubò il tesoro dal Museo di Antichità di Bucarest che fu ritrovato presso la sua abitazione, nascosto dentro il pia-noforte ... Nel 1884, gli oggetti scamparono miracolosa-mente a un incendio. Nel corso della prima guerra mondia-le, il tesoro dello stato romeno fu spedito in Russia per es-servi custodito, ma, dopo la rivoluzione russa del 1917, le relazioni romeno-sovietiche si fecero tese e l’Unione Sovie-tica lo confiscò, per poi restituirne una parte intorno al 1956. Così, anche la „Gallina dai pulcini d’oro” è tornata „a casa”.

EEFGHI, V J.C.: KLM NOPNNM KMGMPLLM HFPNNG OEOOM M BIFRIFM KPFSITMUM Presso Apahida (prov. Cluj, nella Transilvania centrale) sono state r invenute, nel 1889 e nel 1968, per una scoperta casuale, due tombe a inumazione appartenenti, sulla base della ricchezza dei reperti, ad alcuni re germanici del V d.C., forse Gepidi. Gli oggetti d’oro della seconda tomba, (dei quali qui si presentano una fibbia di cintura e due appliques della bardatura di un cavallo) pesano circa 2,5 kg. Il defunto era un uomo particolarmente alto (190 cm !). Nella prima tomba fu sepolto il re Omharus, o Omahar (il nome è scritto su un anello). I suoi gioielli sono molto simili a quelli della tomba del re franco Childerico (morto nel 481 e sepolto a Tournai in Belgio). Que-sti gioielli furono creati con grande probabilità nell’Impero romano, (forse in botteghe di Costantinopoli), su ordinazione della nobiltà barbara. Sull’oro erano applicate pietre semipreziose colorate, montate a „cabochon” e, soprattutto, nella tecnica „cloisonné”. Alcune scoperte (la fibula d’oro con segno della croce nella tomba di Omharus, la fibula imperiale romana con onice di un tesoro di Simleu Silvaniei in Transilvania) erano, probabilmente, doni che gli imperatori ro-mani facevano a questi signori barbari che avevano acquisito lo statuto di federati dell’Impero romano.

GLI ORIGLI ORIGLI ORIGLI ORI DI ROMANIADI ROMANIADI ROMANIADI ROMANIA

Page 10: Adeste44 domenica 01 novembre 2015c

ADESTE n°44/ ANNO 4°-01.11.2015

10

C. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo A. Amen C. Il Dio della speranza, che ci riempie di ogni gioia e pace nella fede per la potenza dello Spirito Santo, sia con tutti voi. A. E con il tuo spirito. C. Per celebrare degnamente la presenza del Cristo risorto in que-sta Eucaristia, riconosciamo umil-mente i nostri peccati e la debo-lezza della nostra fede.

Breve pausa di riflessione

C.A. CONFESSO a Dio onnipoten-te e a voi, fratelli, che ho molto peccato in pensieri, parole, opere e omissioni, per mia col-pa, mia colpa, mia grandissima colpa. E supplico la beata sem-pre vergine Maria, gli angeli, i santi e voi, fratelli, di pregare per me il Signore Dio nostro. Signore, pietà. Signore, pietà. Cristo, pietà. Cristo, pietà. Signore, pietà. Signore, pietà. C. Dio Onnipotente abbia mi-sericordia di voi, perdoni i vostri peccati e vi conduca alla vita eter-na. Amen. GLORIA A DIO NELL’ALTO CIELI e pace in terra agli uomi-ni di buona volontà. Noi ti lodia-mo, ti benediciamo, ti adoria-mo, ti glorifichiamo, ti rendia-mo grazie per la tua gloria im-mensa, Signore Dio, Re del cie-lo, Dio Padre onnipotente. Si-gnore Figlio unigenito, Gesù Cristo, Signore Dio, Agnello di Dio, Figlio del padre, tu che to-gli i peccati del mondo, abbi pietà di noi; tu che togli i pecca-ti del mondo, accogli la nostra supplica; tu che siedi alla de-stra del Padre, abbi pietà di noi. Perché tu solo il Santo, tu solo il Signore, tu solo l’Altissimo, Ge-sù Cristo, con lo Spirito Santo: nella gloria di Dio Padre. Amen.

COLLETTA C. Dio onnipotente ed eterno, che doni alla tua Chiesa la gioia di celebrare in un'unica festa i meriti e la gloria di tutti i Santi, concedi al tuo popolo, per la co-mune intercessione di tanti nostri

fratelli, l'abbondanza della tua misericordia. Per il nostro Signo-re Gesù Cristo, ... A. Amen LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura Dal libro dell’Apocalisse Io, Giovanni, vidi salire dall’o-riente un altro angelo, con il sigil-lo del Dio vivente. E gridò a gran voce ai quattro angeli, ai quali era stato concesso di devastare la ter-ra e il mare: «Non devastate la terra né il mare né le piante, fin-ché non avremo impresso il sigil-lo sulla fronte dei servi del nostro Dio». E udii il numero di coloro che fu-rono segnati con il sigillo: cento-quarantaquattromila segnati, pro-venienti da ogni tribù dei figli d’I-sraele. Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessu-no poteva contare, di ogni nazio-ne, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in ve-sti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. E gridava-no a gran voce: «La salvezza ap-partiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all’Agnello». E tutti gli angeli stavano attorno al trono e agli anziani e ai quattro esseri viventi, e si inchinarono con la faccia a terra davanti al tro-no e adorarono Dio dicendo: «Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen». Uno degli anziani allora si rivolse a me e disse: «Questi, che sono vestiti di bianco, chi sono e da dove vengono?». Gli risposi: «Signore mio, tu lo sai». E lui: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello». Parola di Dio. A. Rendiamo grazie a Dio.

SALMO RESPONSORIALE R. Ecco la generazione che cerca il tuo volto, Signore. Del Signore è la terra e quanto contiene: il mondo, con i suoi abitanti. È lui che l’ha fonda-to sui mari e sui fiumi l’ha stabili-to. R/. Chi potrà salire il monte del Signore? Chi potrà stare nel suo luogo santo? Chi ha mani inno-centi e cuore puro, chi non si ri-volge agli idoli. R/.

Egli otterrà benedizione dal Signore, giustizia da Dio sua sal-vezza. Ecco la generazione che lo cerca, che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe. R/.

Seconda Lettura Dalla prima lettera di S.Giovanni Apostolo Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per es-sere chiamati figli di Dio, e lo sia-mo realmente! Per questo il mon-do non ci conosce: perché non ha conosciuto lui. Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà ma-nifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è. Chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso, come egli è puro. Parola di Dio. A. Rendiamo grazie a Dio

Canto al Vangelo R. Alleluia, alleluia. Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Alleluia. C. Il Signore sia con Voi A. E con il tuo spirito C.Dal vangelo secondo Matteo A. Gloria a te o Signore. + In quel tempo, vedendo le fol-le, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché tro-veranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché ve-dranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteran-no e, mentendo, diranno ogni sor-ta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, per-ché grande è la vostra ricompen-sa nei cieli». Parola del Signore. A. Lode a te o Cristo OMELIA (seduti) Credo in un solo Dio, Padre on-nipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visi-bili e invisibili. Credo in un so-lo Signore, Gesù Cristo, unige-

LITURGIA EUCARISTICA

LETTURE: Ap 7,2-4.9-14 Sal 23 1Gv 3,1-3 Mt 5,1-12

Page 11: Adeste44 domenica 01 novembre 2015c

ADESTE n°44/ ANNO 4°-01.11.2015

11

nito Figlio di Dio, nato dal Pa-dre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra sal-vezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergi-ne Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il ter-zo giorno è risuscitato, secondo le Scritture, è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito Santo, che è Signo-re e dà la vita, e procede dal Pa-dre e dal Figlio. Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei pro-feti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdo-no dei peccati. Aspetto la risur-rezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen. PREGHIERA DEI FEDELI

C. Fratelli e sorelle, in comu-nione di fede e di preghiera con i Santi che ci hanno preceduto nel-la festa di Dio, anche noi ci rivol-giamo al Padre. Preghiamo insieme dicendo: Per l’intercessione dei Santi, ascol-taci, Signore. Per il Papa, i Vescovi, i Sa-cerdoti e tutti i battezzati: perché possano offrire al mondo l’esem-pio di uno stile di vita sul modello delle beatitudini, preghiamo. Per coloro che in questi giorni visitano i cimiteri: perché vivano questo momento non come una tradizione, ma come l’occa-sione per riflettere sul senso della vita e della morte, alla luce di Cri-sto risorto, preghiamo. Siamo pellegrini nel mondo, Signore, e spesso perdiamo la strada. Illumina la nostra via con la fede in te, perché possiamo ve-stire la divisa della gioia, che sgorga dalla comunione con te, preghiamo Per la nostra comunità : per-ché nella venerazione e nella co-munione con i suoi Santi trovi uno stimolo a camminare verso la san-tità, preghiamo. C. Padre, che in questa cele-brazione hai lavato le nostre col-pe con il sangue dell’Agnello, aiutaci mantenere pura la nostra vita, per essere degni di contem-

plare un giorno il tuo volto. Per Cristo nostro Signore. A. Amen LITURGIA EUCARISTICA C. Pregate, fratelli e sorelle, perché portando all’altare la gioia e la fatica di ogni giorno, ci dispo-niamo a offrire il sacrificio gradito a Dio Padre onnipotente. A. Il Signore riceva dalle tue mani questo sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa Chie-sa. (in piedi)

SULLE OFFERTE C. Ti siano graditi, Signore, i doni che ti offriamo in onore di tutti i Santi: essi che già godono della tua vita immortale, ci pro-teggano nel cammino verso di te. Per Cristo nostro Signore. A. Amen. PREGHIERA EUCARISTICA

C. Il Signore sia con voi. A. E con il tuo spirito. C. In alto i nostri cuori. A. Sono rivolti al Signore. C. Rendiamo grazie al Signore nostro Dio. A. È’ cosa buona e giusta. C. È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Pa-dre santo, Dio onnipotente ed eterno. Oggi ci dai la gioia di contemplare la città del cielo, la santa Gerusalemme che è nostra madre, dove l'assemblea festosa dei nostri fratelli glorifica in eter-no il tuo nome. Verso la patria co-mune noi, pellegrini sulla terra, affrettiamo nella speranza il no-stro cammino, lieti per la sorte gloriosa di questi membri eletti della Chiesa, che ci hai dato co-me amici e modelli di vita. Per questo dono del tuo amore, all'im-mensa schiera degli angeli e dei santi, cantiamo con gioiosa esul-tanza la tua lode: Santo, Santo, Santo…... DOPO LA CONSACRAZIONE C. Mistero della fede A. Annunciamo la tua morte, Si-gnore, proclamiamo la tua risurre-zione nell’attesa della tua venuta.. DOPO LA PREGHIERA EUCARISTICA C. Per Cristo, con Cristo e in Cri-sto, a te Dio, Padre onnipotente, nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria, per tutti i secoli dei secoli. A. Amen A. P A D R E NO S T R O Padre nostro, che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, ven-

ga il tuo regno, sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i no-stri debiti come noi li rimettia-mo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione, ma libe-raci dal male. Amen. C. Liberaci, o Signore, da tutti i mali, concedi la pace ai nostri giorni, e con l'aiuto della tua mi-sericordia vivremo sempre liberi dal peccato e sicuri da ogni tur-bamento, nell'attesa che si com-pia la beata speranza e venga il nostro salvatore Gesù Cristo. A. Tuo è il regno, tua la poten-za e la gloria nei secoli

R ITO DELLA PACE C. Signore Gesu’ che hai detto ai tuoi apostoli: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” non guardare ai nostri peccati ma alla fede della tua Chiesa, e donale unità e pace secondo la tua volontà. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli A. Amen C. La pace del Signore sia sem-pre con voi. A. E con il tuo spirito. C. Come figli del Dio della pace, scambiatevi un gesto di comunione fraterna. A. Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi.(2 VOLTE) Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, dona a noi la pace. C. Beati gli invitati alla cena del Signore Ecco l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo. A. O Signore, non sono de-gno di partecipare alla tua mensa: ma di’ soltanto una pa-rola e io sarò salvato. DOPO LA COMUNIONE

C O Padre, unica fonte di ogni santità, mirabile in tutti i tuoi San-ti, fa' che raggiungiamo anche noi la pienezza del tuo amore, per passare da questa mensa eucari-stica, che ci sostiene nel pellegri-naggio terreno, al festoso ban-chetto del cielo. Per Cristo nostro Signore. A. Amen. C. Il Signore sia con voi. A. E con il tuo spirito. C. Vi benedica Dio onnipoten-te, Padre, Figlio e Spirito Santo. A. Amen. C. Nel nome del Signore: anda te in pace. A. Rendiamo grazie a Dio

Page 12: Adeste44 domenica 01 novembre 2015c

ADESTE n°44/ ANNO 4°-01.11.2015

12

B������: Preasfantul Mantuitor (Biserica italiana), Domenica ore 11:15; Adresa: b-dul. Nicolae Balce-scu, nr. 28, sector 1, Bucureşti tel./fax: 021-314.18.57, don Roberto Po-limeni, Tel:0770953530 mail: [email protected]; [email protected]; Tel 0040 756066967. Trasmessa in diretta su www.telestartv.ro Sabato, prefestiva alle ore 18,00 a: Centrul "Don Orione", Sos. Eroilor 123-124 Voluntari.

*°* I��+: Cattedrale "vecchia" Iaşi - Adormirea Maicii Domnului Bd. Stefan cel Mare, 26, Iasi: I-II-III Domenica del mese ore 11,00-IV Domenica ore 10,30 Monastero S. Luigi Orione –Iasi,

Don Alessandro Lembo Tel 0749469169 Mail: [email protected] Trasmessa in diretta su: http://www.ercis.ro/video/iasi.asp

*°* C9:;: Chiesa romano-cattolica dei Piari-sti. Strada Universitatii nr. 5, conosciuta anche come „Biserica Universitatii” din Cluj-Napoca. Don Veres Stelian, tel 0745 386527

Mail: [email protected] Domenica alle ore 12,00

*°* A9@A I:9BA: Domenica ore 11:00 nella Chie-sa di Sant'Antonio-Piata Maniu Iuliu nr. 15. Don Horvath Istvan , tel 0745 020262

*°* TBDBEFAGA: Chiesa Sfanta Fecioara Maria Regi-na Timisoara II (Fabric). Str Stefan Cel Mare 19. Domenica ore 18:00. Don Janos Kapor Tel 0788 811266 Mail:[email protected]

Alluvione di Firenze

venerdì 4 novembre 1966 (49 anni fa)

F irenze, autunno del 1966. L'ondata di maltempo che investe da giorni l'intera penisola riserva alla Toscana, e in particolare alla provincia di

Firenze, i suoi effetti più disastrosi. Con l'eccezione del giorno di Ognissan-ti, piove ininterrottamente da fine ottobre e la sera del 3 novembre il livello dell'Arno inizia a salire pericolosamente. Durante la notte la situazione precipita e l'Arno rompe gli argini, invadendo prima le campagne attorno a Firenze e di qui arriva ai vari quartieri del cen-tro storico. La città, colpita da un'ondata di piena (con punte di 4000-4500 metri cubi al secondo), si risveglia sotto cinque metri d'acqua e con le vie di comunicazione in tilt. Oltre alle vittime, 34 in tutto (17 nel capoluogo, altret-tante in provincia), si contano ingenti danni materiali alle infrastrutture e agli edifici. Un'emergenza nell'emergenza è la messa in salvo dell'inestimabile patrimo-nio artistico (libri, quadri, sculture, etc.), che diventa possibile grazie alla straordinaria catena di solidarietà, formata da giovani di tutto il mondo: pas-sano alla storia come gli Angeli del fango(espressione utilizzata in occasione di altre alluvioni, come quella di Genova del 2014) e rappresentano una delle prime forme di mobilitazione spontanea giovanile del Novecento. L'elenco delle alluvioni dell'Arno è abbastanza lungo, la prima di cui si ha notizia risale al 1333 ed è considerata la più catastrofica per Firenze: tra le numerose costruzioni distrutte, il celebre Ponte Vecchio, che venne ricostruito 12 anni più tardi.

I SANTI DELLA

SETTIMANA

DOM.01DOM.01DOM.01DOM.01 Tutti i SantiTutti i SantiTutti i SantiTutti i Santi

LUN. 02LUN. 02LUN. 02LUN. 02 Commemorazione dei DefuntiCommemorazione dei DefuntiCommemorazione dei DefuntiCommemorazione dei Defunti

MART.03MART.03MART.03MART.03 S. SilviaS. SilviaS. SilviaS. Silvia

MERC.04MERC.04MERC.04MERC.04 S. Carlo BorromeoS. Carlo BorromeoS. Carlo BorromeoS. Carlo Borromeo

GIOV.05GIOV.05GIOV.05GIOV.05 S. Zaccaria ProfetaS. Zaccaria ProfetaS. Zaccaria ProfetaS. Zaccaria Profeta

VEN.06 VEN.06 VEN.06 VEN.06 S. Leonardo AbateS. Leonardo AbateS. Leonardo AbateS. Leonardo Abate

SAB. 07SAB. 07SAB. 07SAB. 07 S. Ernesto AbateS. Ernesto AbateS. Ernesto AbateS. Ernesto Abate IL VERSO DELLA MUCCA “ ITALIA “