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lascio ringrazio saluto ASSOCIAZIONE ITALIANA CONTRO LE LEUCEMIE - ONLUS - SEZIONE PROVINCIALE DI TREVISO Periodico semestrale dell’AIL Treviso Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2 DCB TV In caso di mancato recapito restituire all’ufficio di Treviso CPO detentore del conto, per la restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tariffa Anno XXI - n.2 - Dicembre 2014

Dicembre 2014

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Rivista dell'AIL sezione Provinciale di Treviso

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lascioringrazio

saluto

ASSOCIAZIONE ITALIANA CONTRO LE LEUCEMIE - ONLUS - SEZIONE PROVINCIALE DI TREVISOPeriodico semestrale dell’AIL Treviso

Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento PostaleD.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2 DCB TV

In caso di mancato recapito restituire all’ufficio di Treviso CPO detentore del conto, per la restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tariffa

Anno XXI - n.2 - Dicembre 2014

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AIL NOTIZIE - Periodico dell’Associazione Italiana contro le Leucemie ONLUS - Sezione Provinciale di Treviso (Iscritto al n. 923 del registro stampa del Tribunale di Treviso il 4 febbraio 1994). Presidente Mariotto Pelos Teresa - Sede operativa: via Zoppè, 37 - 31020 S. Fior (TV) Tel. e Fax 0438/777415 - per la corrispondenza AIL Associazione Italiana contro le Leucemie ONLUS - C.P. 45 - S. Fior (TV) - Direttore responsabile Giovanni Dan - Redazione e impaginazione a cura di Gianfranco Dal Mas - Stampa Grafiche Tintoretto s.r.l. - Castrette di Villorba TV

Per eventuali donazioni a favore dell’AIL Treviso:

IBAN: IT 83 E 03599 01800 000000132038

CODICE ENTE ZZ132038

www.ailtreviso.it [email protected]

SommarioLascio e ringrazio (Teresa Pelos) 3

Vicini ad Agnese (Gruppo Salgareda) 4

AIL e alpini insieme (Alcisa Poletto) 5

RockAIL4 a Vittorio Veneto 6

I 10 anni del Gruppo Monastier 7

In scena per l’AIL a Monastier 8

L’annuale pranzo sociale a Jesolo 9

A pranzo con l’AIL (Gruppo Camalò) 9

Il punto sulla ricerca 10

• Un metodo semplice e rapido per la diagnosi del linfoma 10 Hodgkin (Gasparetto – Di Gaetano)

• Interesse ed entusiasmo per la ricerca (Candiotto) 11

• Il farmacista di reparto (Vighesso, Coppola, Tagariello) 12

• Trombosi venosa e malattie del sangue (Radossi) 13

• Il midollo osseo, questo sconosciuto (Sambataro) 14

• La Centrifuga Cytospin donata dall’AIL 15

Il bilancio 16

L’AIL per l’oncologia pediatrica di Padova 17

Quelli che ci hanno lasciato 18

Il racconto: San Martino e San Giorgio (A.Menegon) 21

In copertina: 28 anni alla guida dell’AIL. Immagini e ricordi...

La centrifuga Cytospin 4 è stata donata da AIL Treviso al Dipartimento di Scienze del Farmaco

dell’Università di Padova per permettere il proseguimento della ricerca

sistema adrenomedullinico quale possibile target per la terapia della leucemia mieloide acuta” già

finanziato dalla stessa AIL Treviso

Pelos. Il progetto, in collaborazione con il dott. Michele Gott

Treviso, sta proseguendo con l’analisi di campioni di sangue periferico e midollo osseo di pazienti

con Leucemia Mieloide Acuta (AML)

dell’Università degli Studi di Bologna.

proteine caratteristiche di AML e del sistema adrenomedullinico verranno studiate nelle popolazioni

cellulari anche tramite colorazione May

preparazione dei campioni richiede l’uso di una centrifuga in grado di isolare e successivamente

distribuire in modo uniforme le cellule senza danneggiarle. In questo contesto, la centrifuga

Cytospin 4 garantisce un corretto allestimento

vengono inserite all’interno dello strumento, contenente dei vetrini copri

centrifugazione, si ha la formazione di uno spot

ricerca dell’Università di Padova esprime apprezzamento e gratitudine per la nuova acquisizione e

per il sostegno al progetto.

Centrifuga Cytospin 4 (Thermo Scientific)

a centrifuga Cytospin 4 è stata donata da AIL Treviso al Dipartimento di Scienze del Farmaco

dell’Università di Padova per permettere il proseguimento della ricerca “Analisi e valutazione del

adrenomedullinico quale possibile target per la terapia della leucemia mieloide acuta” già

finanziato dalla stessa AIL Treviso, grazie all’interessamento e alla sensibilità

Pelos. Il progetto, in collaborazione con il dott. Michele Gottardi dell’Ematologia dell’Ospedale di

Treviso, sta proseguendo con l’analisi di campioni di sangue periferico e midollo osseo di pazienti

con Leucemia Mieloide Acuta (AML), forniti dal Dott. Martinelli dell’I

i di Bologna. In tali campioni, l’aspetto morfologico, la presenza di

proteine caratteristiche di AML e del sistema adrenomedullinico verranno studiate nelle popolazioni

colorazione May-Grunwald Giemsa e immunofluorescenza. A tal fi

preparazione dei campioni richiede l’uso di una centrifuga in grado di isolare e successivamente

distribuire in modo uniforme le cellule senza danneggiarle. In questo contesto, la centrifuga

garantisce un corretto allestimento dei campioni. Brevemente, le sospensioni cellulari

vengono inserite all’interno dello strumento, contenente dei vetrini copri-oggetto, e, in seguito a

formazione di uno spot circolare di cellule in monostrato.

ersità di Padova esprime apprezzamento e gratitudine per la nuova acquisizione e

a centrifuga Cytospin 4 è stata donata da AIL Treviso al Dipartimento di Scienze del Farmaco

“Analisi e valutazione del

adrenomedullinico quale possibile target per la terapia della leucemia mieloide acuta” già

e alla sensibilità della sig.ra Teresa

ardi dell’Ematologia dell’Ospedale di

Treviso, sta proseguendo con l’analisi di campioni di sangue periferico e midollo osseo di pazienti

Istituto di Ematologia

In tali campioni, l’aspetto morfologico, la presenza di

proteine caratteristiche di AML e del sistema adrenomedullinico verranno studiate nelle popolazioni

e immunofluorescenza. A tal fine, la

preparazione dei campioni richiede l’uso di una centrifuga in grado di isolare e successivamente

distribuire in modo uniforme le cellule senza danneggiarle. In questo contesto, la centrifuga

e sospensioni cellulari

oggetto, e, in seguito a

circolare di cellule in monostrato. Il gruppo di

ersità di Padova esprime apprezzamento e gratitudine per la nuova acquisizione e

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el momento in cui, dopo 28 anni di dedizione all’AIL, lascio la dire-zione dell’Associazione la tentazione è quella di abbandonarmi ai ricordi.

Rivedo le piazze e i sagrati delle nostre chiese colorati a Natale e a Pasqua con le stelle natalizie e le uova pasquali. Quante grandi e piccole manifestazioni teatrali, culturali sportive nei piccoli paesi e nelle città, quanti concerti per ricordare le finalità dell’Associazione, quante partite del cuore al Tenni di Treviso con le nazionali cantanti, piloti, giornalisti, attori, coinvolti nei nostri progetti.

E quell’esercito di volontari, impegnati a raccogliere fondi per la ricerca, l’assistenza e tra questi in prima linea quelli che operano a diretto contatto con la sofferenza, e si muo-vono silenziosi nei reparti dell’Ematologia del Ca’ Foncello di Treviso, voluto e finanziato dall’AIL.

Ricordo nel 1989 la sistemazione dell’appartamento presso il quartiere Ca Lando di Padova, destinato ad ac-cogliere i genitori dei bambini ricoverati nel reparto per la cura delle Leucemie Infantili presso l’Università, reparto allora diretto dal professor Zanesco. Con lo stesso scopo nel 2005 sorse a Treviso “Casa AIL”. In quella occasione fu determinante l’opera degli alpini di San Fior, gli stessi alpi-ni che anni prima erano intervenuti nella casa vacanze di Lamosano. Ecco, gli alpini: quando li ho chiamati, quando li chiamo loro ci sono sempre.

Lamosano lo ricordo per i giorni di serenità passati dagli ammalati e dai loro familiari e per la grande generosità de-gli ospiti, generosità che mi permetteva di coprire le spe-se per un’altra casa vacanze a Bibione.

Ricordo ancora le notti insonni di mio marito quando fir-mai la fideiussione con cui impegnavamo la nostra casa. Era il 1990 e avevo sottoscritto la prima convenzione per una scuola di specializzazione in Ematologia presso la cli-nica universitaria di Verona diretta dal professor Perona. Da allora di convenzioni ne abbiamo firmate oltre 200: medici, psicologi, master all’estero, borse di studio nelle Ematologie del Veneto e presso la Clinica Pediatrica dell’U-niversità di Padova.

Inevitabilmente il mio pensiero va poi alla panda rossa rimpiazzata solo pochi anni fa. Quella piccola vettura rap-presenta, infatti, un pezzo di storia dell’AIL. Nel suo instan-cabile e a volte frenetico servizio ha trasportato di tutto: focacce, uova pasquali, stelle, materiale di ogni genere... e tante persone, con il loro carico di speranze e di delusioni, di sofferenze concluse positivamente e di dolori consu-matisi invano.

Il mio prossimo sono stati gli ammalati, che hanno preso il posto di mio figlio e mio marito. La mia vicenda mi ha fatto così capire che una tragedia può trasformarsi in dono di vita.

Il mio ringraziamento va in particolar modo ai collaboratori che si sono lasciati coinvolgere nei progetti dell’Associa-zione, persone che hanno capito che fare volontariato non è solo donare ma anche ricevere. E che dare e ricevere è il giusto scambio che ci offre la possibilità di dare un senso alla nostra vita, uno scoprire noi stessi rispecchiandoci nel prossimo.

Ecco, sapere che esiste un vasto mondo silenzioso che opera per gli altri nel segno dell’amore e della gratuità mi conforta e mi rende fiduciosa e ottimista per il futuro dell’Associazione.

Un saluto e sincero grazie a tutti. Teresa Pelos

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VICINI AD AGNESE

A Salgareda non c’è un vero e proprio grup-po AIL, ma ormai da 15 anni un gruppo

di volontarie, negli anni aiutate anche da figli e nipoti, si presta volentieri a vendere Uova e Stelle, sempre con molta soddisfazione in quanto i salgaredesi si sono sempre dimostra-ti molto generosi (soprattutto all’uscita della prima Messa della Domenica!). Ora ci troviamo dall’altra parte della barricata, perché la nostra prima volontaria, presso cui facevamo arrivare sempre il materiale e che ci faceva da deposito, sta combattendo contro la Leucemia, e ogni giorno vede i frutti del lavoro fatto in questi anni nei corridoi del Reparto di Ematologia di Treviso. Ora ha in programma il trapianto di midollo, e siamo tutte consapevoli che è anche grazie alle molte Uova di Pasqua e alle molte Stelle di Natale vendute che tanti medici hanno potuto studiare per arrivare a rendere la Leucemia non una condanna, ma una malattia che si può combattere e superare.Forza Agnese! Gruppo volontarie

Salgareda

Domenica 30 marzo i gruppi AIL di Morgano/Badoere, Ca-stelminio di Resana, Istrana, Santa Cristina e gli alpini di Quinto di Treviso, coordinati dal Sig. Favaro Carmelo, si sono riuniti per un pranzo conviviale a festeggiare il 20esimo compleanno dell’attivi-tà in questa zona.All’appuntamento ci siamo trovati in molti, uomini e donne , ragaz-zi e ragazze e la giorna-ta è stata un momento di condivisione di espe-rienze ed entusiasmo, il tutto impreziosito dalla presenza della signore Teresa Pelos, presidente provinciale, che con i suoi raccon-

ti di vita AIL e con la descrizione dei traguardi raggiunti e prossimi da raggiungere grazie al lavoro del volontariato, ci ha fatto capire ancora di più che a lavorare e spendere del proprio tempo per chi si trova svantaggiato o sfortunato, in

questo caso per i malati di leucemia, innalza lo spirito e dà soddisfa-zione a rendersi utili per il prossimo.La giornata è quindi trascorsa velocemente e non poteva mancare la foto di gruppo.Grazie davvero di cuore a tutti ed un pensiero di riconoscenza a tutti i sostenitori dei nostri paesi.

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Il gruppo mercatino di Cappella Maggiore

e gli Alpini di Pianzanoinsieme per L’AIL

Eravamo nel lontano 1967, in occasione dell’acquisto di una partita di barbatelle di viti. L’allora Presidente della Sezione Alpini di Conegliano, il vivaista comm. Curto Guido, apostrofò con il suo ca-ratteristico tono perentorio l’enologo Pagotto Antonio, ex ufficiale alpi-no: Bocia, cossa spetetu a fondar al gruppo, là nel to paese?

Per Pagotto quel-la sollecitazio-ne fu come un ordine. Era da pochi anni citta-dino di Pianzano, ma conosceva alcuni alpini iscritti al Grup-po di San Fior. Bastarono, per-ciò, un breve incontro e po-che parole pro-nunciate nell’osteria della signora Fre-schet Noemi a dar luogo alla nascita del Gruppo Alpini di Pianzano. E l’anno seguente, l’8 marzo, ci fu l’inaugurazio-ne ufficiale, alla presenza delle autori-tà: Presidente comm. Curto Guido, col. Piasenti e Sindaco avv. Gobbo Guerrino, nonché di numerosi rappresentanti dei gruppi della Sezione Alpini di Coneglia-no.

Alla data della fondazione, il Gruppo Alpini di Pianzano contava qualche decina di associati; oggi dispone di un organico di centocinquanta iscritti alpini e dodici amici o simpatizzanti.

Ora il gruppo, guidato dal Capogruppo Tartaggia Luigi e coadiuvato da quindici Consiglieri, “gode di ottima salute” an-che se l’abolizione del servizio militare ha inferto un duro colpo e sono venute a mancare “forze giovani”, atte a per-

seguire quei va-lori che sempre hanno contraddistinto questo corpo.

Il Gruppo Alpini di Pianzano, nel corso degli anni, si è impegnato con inter-venti nel sociale: in particolari even-ti calamitosi (come il terremoto del Friuli), come nel recupero di preziose opere d’arte (ad esempio il ripristino del monastero di Assisi) o nel costante sostegno ad Associazioni locali quali Parrocchia, Pro Loco, AVIS, Lotta contro i tumori Renzo e Pia Fiorot e da qualche anno l’AIL. Riguardo a quest’ultima, il gruppo Alpini di Pianzano, rappresen-

tato dal Capogruppo Tartaggia Luigi e tramite l’alpino Poletto Ezio, ha stretto una felice collaborazione con il Gruppo AIL Mercatino di Cappella Maggiore.

Questo è composto da diverse signore e da alcuni mariti e figli delle stesse,

legati tutti dal medesimo va-lore: LA VITA, in quanto tale, è un bene prezioso e va salvaguardata, anche e soprattut-to nella malattia. Forte perciò di questa convinzio-ne, il Gruppo AIL Mercatino di Cap-pella Maggiore si adopera nello svol-gere attività atte a procurare fondi per garantire pre-venzione e cure al malato.

La signore Teresa, presidente dell’AIL Treviso, con la sua sensibilità e disponibilità ha costitu-ito per il Gruppo il fulcro per la ricerca dell’essenza stessa del valore della vita.

Mi sento di esprimere un grazie di cuo-re a lei, agli Alpini di Pianzano e natural-mente a tutti i collaboratori del Gruppo Mercatino di Cappella Maggiore, fedeli amici e sostenitori.

La referente del Gruppo Mercatino di Cappella Maggiore Poletto Alcisa

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uest’anno i volontari dell’associazione Synago di Vittorio Veneto hanno superato veramente se stessi nell’organizzazione dell’ormai consueto concerto Rock 4AIL. Infatti non solo sul palco durante le tre serate si sono al-ternati gruppi musicali di vario genere molto ricercati a livello nazionale, ma è stato dedicato spazio anche ad al-tre attività, quali la terza edizione del torneo di calcio a cinque e un intero pomeriggio dedicato ai più piccoli. I docenti dell’Accademia Da Ponte di Vittorio Veneto hanno difatti coinvolto i bambini e i ra-gazzi dai 3 ai 12 anni in laboratori di gioco teatrale, con i gonfiabili e il Ludobus. Al termine di questa gior-nata è stata anche messa in scena la rappresentazione teatrale “Le fantasmagoriche avventure di Pe-trolio e Mascarpone nel regno della fata stordita”.Nonostante il tempo abbia fatto qualche capriccio, l’affluenza del pubblico è stata notevole così come le offerte raccolte.

Un sentito ringraziamento da parte di tutta l’Associazio-ne va a un fotografo che ha voluto destinare il ricavato della vendita di una sua opera alla nostra Associazione, al Comune di Vittorio Veneto, a chi ha messo a disposizione la struttura, ai docenti dell’Accademia Da Ponte e a tutti coloro che a vario titolo hanno contribuito alla buona riu-scita dell’evento.

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2004 – 2014I 10 ANNI DEL GRUPPO MONASTIER

Sabato 31 maggio 2014 presso il salo-ne parrocchiale di Monastier di Treviso si sono tenuti i festeggiamenti per il decimo anniversario del gruppo AIL ON-LUS del paese.

L’associazione come ogni anno ha invi-tato tutta la comunità, amici e simpa-tizzanti, per la tradizionale cena a base di spiedo finalizzata alla raccolta fondi pro AIL.

Il programma della serata è stato ricco e coinvolgente, dalla proiezione delle foto riguardanti gli anni passati alla sempre più ricca lotteria, per concludere con lo

spegnimento delle candeline sulla grande torta realizzata da una volontaria per questa speciale ricorrenza.

La referente del gruppo ha tenuto un breve discorso di benvenuto a tutti gli invitati, a nome della Signora Teresa Pelos, onorando la memoria di chi ci ha lasciato e ricordan-do l’importanza di questa ONLUS e i progetti appaganti che sta portando avanti.

Al suo discorso è poi seguito quello del sindaco, il quale ha a sua volta ricordato il consenso che l’associazione ri-scuote nel territorio e l’impegno dei volontari del paese.

Il brillante traguardo raggiunto dagli amici di Monastier è anche frutto dei suggerimenti della signora Teresa, che

sa coinvolgere i volontari in modo unico e speciale.

L’associazione ha infine salutato le persone presenti rinnovando l’invito per il prossimo anno e con-segnando un piccolo omaggio cre-ato a mano dalle volontarie assie-me a una pergamena che racconta in breve la nascita del gruppo.

Gruppo AIL di Monastier

Lo spiedo

10 anni

La pergamena

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“La compagnia dei papà” IN SCENA PER L’AIL

na serata all’insegna del sorriso si è tenuta domenica 13 aprile presso la sala polivalente del comune di Mo-nastier di Treviso, che ha visto in sce-na la Compagnia dei Papà con Manco tasse pago mejo xe, fisco tasse e baccaeà, una brillante commedia in dialetto veneto.

La storia, scritta e diretta da Paolo Massone, è ambientata negli uffici dell’Agenzia delle Entrate di una im-precisata provincia veneta e racconta le disavventure di Bepi Tasca e Maria

Sberla, sprovveduti contribuenti, vitti-me della superficialità di un commer-cialista senza scrupoli e di un sistema di leggi che faticano a comprendere.

Lo spettacolo è stato patrocinato dal comune di Monastier e dedicato agli amici della sezione AIL di Treviso che collaborando all’iniziativa hanno dato l’opportunità al gruppo di trasforma-re l’esilarante spettacolo in un’azione nobile e importante.

La Compagnia da sempre svolge atti-vità teatrali a sostegno delle associa-zioni umanitarie e di volontariato.

Grazie a questa serata, seguita da molte persone, l’associazione ha potu-to raccogliere fondi da destinare alla ricerca.

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L’annuale pranzo sociale dei soci e simpatizzanti Ail

Domenica 23 febbraio 2014 un nutrito gruppo di soci AIL e tanti simpatizzanti si sono trovati all’appuntamento per il pranzo sociale a Jesolo, presso l’albergo Nettuno, dove l’a-mico Michele Fontebasso già da diversi anni fa gli onori di casa.Era una splendida giornata di sole che invitava a fare anche una puntatina sulla spiaggia per una bella passeggiata, qua-si primaverile, prima del pranzo.

Il pranzo, tutto a base di pesce, è stato gradito da tutti e dopo la degna conclusione con un generoso dessert di ge-lato nocciola variegato, si è passati alla lotteria, questa volta con una procedura diversa dal solito, ma con il primo premio che, secondo tradizione, è sempre il classico uovo gigante. Fra le varie portate la nostra presidente ha preso la parola per ricordarci lo scopo benefico di questa iniziativa. Inoltre ha voluto anticiparci che con il 31 dicembre di quest’anno lei passerà le redini a un nuovo presidente, di cui ancora non conosciamo l’identità, ma che lei sicuramente ha già in mente.Anche la dottoressa Sambataro ha preso la parola, ringra-ziando la signora Teresa Pelos per il suo contributo alla ri-cerca, un progetto nuovo e interessante per vari rami della medicina.Così si è conclusa una bella giornata di sole a Jesolo, anche grazie alla sempre generosa ospitalità della famiglia Fonte-basso. Un grazie sincero a nome di tutti.

Franca

A PRANZO CON L’AILEravamo in tanti, c’eravamo davvero tutti e abbiamo avuto l’onore di avere tra noi la presidente signora Teresa Pelos, gradita ospite.Eravamo in tanti riconoscenti all’AIL per l’aiuto e il soste-gno che l’Associazione dà a chi si trova nel bisogno, una Associazione che opera da sempre nel segno della disponi-bilità e della grande solidarietà.Ecco, una grande comunità di amici che si ritrova per la condivisione di valori ineccepibili: questo è stato il pranzo AIL organizzato presso il Centro Polifunzionale di Camalò di

Povegliano, domenica 8 giugno 2014, un pranzo in allegra compagnia, un paese partecipe.L’incontro conviviale si è concluso con l’estrazione di una ricca lotteria, che ha animato il tutto ed ha permesso di rac-cogliere un po’ di fondi per la “nostra” nobile causa.Visto il buon esito, auspichiamo il ripetersi della manifesta-zione “A pranzo con l’AIL”. Un arrivederci a tutti alla prossi-ma edizione.

Gruppo AIL Camalò

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Lo studio del linfonodo come il sangue: un metodo rapido e semplice per la diagnosi del

linfoma di Hodgkin

Nello studio dei tumori in ge-nere (quindi non solo quelli del sangue) sempre maggiore at-tenzione viene data al cosid-detto “microambiente”, cioè tutto ciò che sta attorno al tu-more, ma che tumore non è, ed è comunque parte attiva nel processo di comparsa e pro-gressione del tumore stesso.

I linfociti (una parte dei globuli bian-chi) sono cellule del sistema immu-nitario che circolano nel sangue e che vengono frequentemente studia-ti nelle malattie ematologiche da un semplice prelievo di sangue. Possono svolgere diverse funzioni interagendo, regolando e, talora, favorendo lo svi-luppo del tumore stesso. Ad esempio, i linfociti T CD4 possono acquisire an-che una funzione regolatoria (chiama-ti per l’appunto T CD4 regolatori ) con attività soppressoria del sistema im-munitario creando un ambiente van-taggioso per la crescita e lo sviluppo delle cellule tumorali.

Il linfoma di Hodgkin è un tumore par-ticolare in termini di “massa tumorale” caratterizzato dalla presenza di poche cellule neoplastiche frammiste ad un abbondante infiltrato infiammatorio dove prevalgono i linfociti T CD4 rego-latori. Negli ultimi anni a Castelfranco abbiamo analizzato con le tecniche tipiche dello studio del sangue (la diagnosi di linfoma di Hodgkin si fa tradizionalmente asportando un linfo-nodo e analizzandolo al microscopio) considerando il linfonodo come un

campione esemplicativo per l’analisi del microambiente tramite la citofluo-rimetria a flusso.In molti lavori scientifici sono stati proposte diverse modalità per iden-tificare e quantificare questi linfociti regolatori: modalità spesso laboriose e complesse.

Il nostro studio, invece, è stato foca-lizzato su analisi di cellule T CD4 in tessuti con linfoma di Hodgkin ed in altri definiti come reattivi testando due particolari segnali presenti sulla superficie dei linfociti: il CD38, marca-tore di attivazione, ed il CD26.

Queste indagini hanno dimostrato che i linfonodi normali presentano cellule attivate (CD4+CD38+) ma in quelli del linfoma di Hodgkin si è calcolato una riduzione significativa dell’enzima CD26 nei T CD4 ( CD4+CD26-) sug-gerendo un microambiente con ac-cumulo di sostanze (adenosina) con potenti effetti immunosoppressori già dimostrati in altri studi scientifici.

La quantità di queste cellule (subset T CD4+CD26-CD38+) rappresentereb-

be, secondo i nostri dati statistici, un parametro riferibile ad un microam-biente linfonodale favorevole alla cel-lula neoplastica e quindi allo sviluppo del tumore. I nostri risultati sono stati quindi inviati per una verifica a un gior-nale specializzato e l’interesse susci-tato ha fatto si che fossero accettati per la pubblicazione su una rivista in-ternazionale.

Queste cellule sono state anche trova-te nel sangue (oltre che nel linfonodo) di alcuni casi con malattia avanzata e tale osservazione ci ha portato ad ini-ziare un’analisi sulla presenza di tali cellule di pazienti con linfoma di Ho-dgkin durante i controlli periodici per verificare o meno se questi test pos-sono essere anche usati come moni-toraggio della malattia in remissione. Ringraziamo quindi AIL Treviso per avere contribuito allo svolgimento di questa ricerca condotta anche in col-laborazione con l’Università di Padova.

Valentina Gasparetto e Rosanna Di Gaetano,

Centro Trasfusionale e Ematologia Castelfranco Veneto

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INTERESSE ED ENTUSIASMONEL COMPLESSO MONDO DELLA RICERCA EMATOLOGICA

uongiorno a tutti sono Laura Can-diotto e lavoro dal 2012, grazie l’AIL, presso l’Ematologia di Castelfranco Veneto. Qui sto continuando con interesse ed entusiasmo la mia prima esperienza la-vorativa; qualche tempo fa vi avevo già informato sulla mia attività e, sollecitata dagli amici dell’AIL, volevo raccon-tarvi come prosegue il mio lavoro.

L’Ematologia ha per me an-cora aree molto complesse e spesso mi rendo conto di avere più domande e dubbi, rispetto alle soluzioni che co-nosco e che ho studiato. Molti casi mi offrono tutt’ora spun-to di riflessione e di approfondimento. Vi sono inoltre soprattutto in questi ultimi anni, numerosi nuovi farmaci a disposizione e in sperimentazione per le malattie ematologiche.

Ciò per me rappresenta una sfida quo-tidiana, che ora come ora sono deter-minata a vincere. Ad esempio mi son dovuta confrontare con un paziente anziano con una piastrinopenia immu-

ne refrattaria a tutti i trattamenti dispo-nibili. Il suo emocromo presentava per-sistentemente piastrine inferiori alle 10.000/ul e spesso era stato necessa-rio eseguire trasfusioni di sangue per sostenere i valori di emoglobina, dati i frequenti fenomeni emorragici.

Per la sua malattia era stato arruola-to anche in un Trial clinico, per poter usufruire prima possibile di un nuovo farmaco (un ormone che stimola la produzione delle piastrine) che ave-va dimostrato buone risposte nel 70% dei pazienti trattati, ma nel suo caso la piastrinopenia immune si dimostrava ancora refrattaria. Dopo qualche tem-po, nel quale il paziente ha potuto ese-guire solo terapia di supporto, si è reso disponibile un altro farmaco anch’esso un ormone e che ha sempre lo stesso

meccanismo d’azione della terapia da poco eseguita dal nostro paziente.

Inizialmente quindi abbiamo escluso potesse essere utile questo trattamen-to, anche perché a nostra conoscenza nessuno aveva utilizzato i due farma-ci in sequenza nello stesso paziente, dato che agivano in modo pressoché identico. Ma in seguito, ci trovammo a fronteggiare per il nostro paziente un

grave ed inatteso sanguinamento dalle vie urinarie. Perciò, non senza perples-sità decidemmo di somministrare, pre-vio adeguato consenso del paziente, anche il secondo nuovo farmaco.

Con grande sorpresa finalmente le piastrine cominciarono a risalire e per fortuna in pochi mesi il paziente è tor-nato ad una vita pressoché regolare, compatibilmente con la sua età e con piastrine normali. Poi ci siamo confron-tati con altri centri ematologici e vi è stata anche la raccolta di alcuni casi spontanei in cui i due farmaci sono sta-ti utilizzati in sequenza, attualmente vi sono più pubblicazioni che avvalora-no questo tipo di cura che è accettato dalla comunità scientifica, seppur in casi selezionati. Anche io, assieme ai miei colleghi di Castelfranco Veneto,

ho provveduto a pubblicare la vicenda del nostro pazien-te, raccontando la nostra esperienza in un breve case report prodotto sulla rivista Blood Transfusion anche in collaborazione col dottor Ruggeri dell’ematologia di Vi-cenza che è un gruppo leader in questo campo.

Ho imparato molto da que-sto caso, ho dovuto studiare a lungo i meccanismi che ci permettono di avere un buon numero di piastrine e una buona emostasi e appunto

mi rendo conto di quante cose anco-ra sono sconosciute in questo ambito dell’Ematologia. Intanto spero mante-nere il mio impegno e di proseguire la mia esperienza ampliando e miglioran-

do le mie conoscenze.

Roberto Sartori e Laura Candiotto, Ematologia di Castelfranco Veneto

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n. 2 - Dicembre 2014 - Il punto sulla ricerca

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u indicazione del Ministero della Salute, al fine di ottimizzare i costi della spesa farma-ceutica, l’Agenzia Italia-na del Farmaco (AIFA) ha introdotto l’obbligo di registrazione per alcuni farmaci, anche di inte-resse onco-ematologico. Questo permette di ve-rificare l’appropriatezza prescrittiva di un medici-nale per il quale la realtà clinica post-marketing potrebbe modificare si-gnificativamente la pre-cedente valutazione di efficacia e il profilo rischio/beneficio. A partire dal gennaio dello scorso anno, AIFA ha attivato la nuova piattaforma web di gestione dei registri di monitorag-gio, che consente anche l’applicazione degli accordi negoziali di condivisione del rischio. La migrazione dal precedente si-stema ha coinvolto farmacisti e clinici nella registrazione dei trattamenti effettuati (per la nostra Azienda ULSS 8 princi-palmente in Oncologia, Onco-ematologia e Oculistica) e delle erogazioni presso la struttura farmaceutica, secondo quanto avviene nella pratica clinica.Come prime azioni abbiamo inserito i trattamenti conclusi negli anni 2012 e 2013, poiché la scadenza ultima imposta da AIFA per la valutazione dell’appropriatezza prescrittiva è il 31 dicembre 2014. La procedura retroattiva ha permesso al medico di registrare l’anagrafica del paziente e i dati minimi del trattamento (eleggibilità, numero cicli effettuati, numero richieste farmaco, data di avvio e conclusione del trattamen-to, motivo del fine trattamento) e al farmacista di inoltrare au-tomaticamente i rimborsi all’azienda farmaceutica dopo aver specificato il numero di confezioni dispensate e la farmacia interessata. Quindi, l’attenzione è stata spostata ai trattamenti in corso alla data di passaggio alla nuova piattaforma, anche in parte inseriti nel precedente sistema. Per le erogazioni su scheda cartacea (impiegata nel periodo di transizione), AIFA ha messo a disposizione la funzionalità “Dispensazioni non monitorate” per inserire le informazioni di sintesi relative ad anagrafica del paziente e integrazione delle confezioni dispensate negli anni precedenti (eleggibilità, numero di cicli, data e posologia

dell’ultima somministra-zione), proseguendo poi nel nuovo applicativo web standard.Per i trattamenti avviati in seguito alla concreta usufruibilità della nuova piattaforma, i medici e il farmacista di reparto hanno registrato i pa-zienti e inserito i dati del trattamento e della di-spensazione (elegibilità, rivalutazioni e singole ri-chieste farmaco) rispet-tando la sequenzialità del processo di richiesta

farmaco-dispensazione e la durata massima del trattamento.In questa seconda fase, si sta predisponendo all’invio delle richieste di rimborso alle aziende farmaceutiche. Per i farma-ci a maggior impatto per il nostro reparto, può considerarsi concluso l’inserimento delle schede relative a Revlimid (nel mieloma multiplo e nella sindrome mielodisplastica), Tasigna (nella leucemia mieloide cronica in prima e seconda linea), Sprycel (nella leucemia mieloide cronica), Vidaza (nella sin-drome mielodisplastica), Velcade. (Nel mieloma multiplo, se-condo la L.648/96, e nell’amiloidosi, secondo la L.648/96) e Mabthera (nei linfomi non Hodgkin follicolari, CD20+ a gran-di cellule B, o secondo la L.648/96). Questo ci ha permesso di valutare ciascuna scheda e richiedere una percentuale di rimborso sul prezzo d’acquisto (Cost Sharing) o, nei pazienti non-responder, il rimborso totale (Payment by Result). Questo sistema, ormai a regime, permetterà di migliorare l’appropriatezza prescrittiva, e fornire tutte le informazioni ad AIFA per il monitoraggio post-marketing e cioè quando i farma-ci non sono solo per casistiche selezionate (come nelle speri-mentazioni), ma vengono usati da migliaia (qualche volta mi-lioni) di pazienti “comuni”. Infine vogliamo anche sottolineare che, grazie a questi strumenti di Cost Sharing e Payment by Result, sono stati richiesti rimborsi (non solo per l’ematologia, ma anche per gli altri farmaci oncologici) per oltre 300.000 euro. Erika Vighesso, Marina Coppola Giuseppe Tagariello Farmacia e Ematologia Ospedale Castelfranco Veneto

IL FARMACISTA DI REPARTO CON IL SUPPORTO DI AIL TREVISO

UNA NUOVA FIGURA PROFESSIONALE PER L’OTTIMIZZAZIONE DELLE RISORSE IN EMATOLOGIA A CASTELFRANCO VENETO

S

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n. 2 - Dicembre 2014 - Il punto sulla ricerca

L’associazione tra cancro e trombosi venosa (detta anche flebite o trom-boflebite) è un fatto noto da molti anni in medicina, riconosciuta per la prima volta dal medico francese A. Trousse-au più di 150 anni fa. Anche tuttora la concomitante presenza di questi due problemi riscuote un grande interesse per l’impatto che può avere sulla qua-lità di vita del paziente e per la com-plessità della sua gestione da parte dell’ematologo. Tutti noi più o meno sappiamo che la trombosi si presenta come una gamba gonfia e dolente (se profonda) o una linea dura rossa e do-lente alla coscia (se superficiale). Vie-ne diagnosticata con la visita medica e verificata con l’utilizzo di una ecografia della sede interessata. In generale una trombosi (ostruzione di un vaso veno-so) in questo caso è causata dallo stato di aumentata capacità di coagulazione del sangue determinato da varie so-stanze prodotte dalle cellule tumorali spontaneamente o a causa dei farma-ci chemioterapici. In tal senso vi sono varie situazioni in cui l’ematologo che

ha in cura il paziente deve fare atten-zione allo sviluppo di una trombosi venosa. Talvolta il paziente giunge alla nostra attenzione per la comparsa di una ostruzione venosa, ad esempio, agli arti inferiori apparentemente sen-za causa; ma sappiamo che in una per-centuale di casi (10% circa) entro 1-2 anni di tempo si manifesterà una ma-lattia neoplastica (Trombosi associata a neoplasia occulta). In altri casi una malattia ematologica può rimanere misconosciuta per anni e manifestarsi con una trombosi quando un vaso ve-noso viene compresso dalla presenza di un grosso linfonodo che impedisce il normale flusso del sangue e senza

altri segni apparenti: questo impone una rapida presa in carico del paziente sia a scopo di diagnosi che terapia. Du-rante il corso della malattia in pazienti ricoverati come anche ambulatoriali, una occlusione di un vaso venoso può derivare da vari fattori: un intervento chirurgico più o meno importante è di per sé un motivo di aumentato rischio di trombosi. L’impianto di cateteri ve-nosi centrali utilizzato dai pazienti che necessitano di terapie prolungate fa-

vorisce l’occlusione del vaso utilizzato per l’impianto e dei vasi afferenti. Ma soprattutto l’utilizzo di farmaci antitu-morali che sono in grado di alterare le cellule endoteliali che rivestono i vasi sanguigni e che favoriscono così l’oc-clusione della vena. Come si possono affrontare queste situazioni? Innanzitutto il medico può cercare di evitare l’insorgenza della trombosi sottoponendo il paziente a trattamento di prevenzione (profilassi anti-trombotica) con iniezioni sottocu-te giornaliere di eparina a basso peso molecolare (EBPM). Viene utilizzata per periodi più o meno lunghi in caso di situazioni di rischio come prolungata immobilità per la malattia o interventi. Si deve poi gestire la vera e propria te-rapia nel caso in cui sia presente una trombosi in atto: si va dall’utilizzo di anti coagulanti orali o EBPM. Tuttavia questo non è sempre semplice. Oltre alla difficoltà di regolare la quantità di farmaco da assumere (è il caso del Coumadin ad esempio) i pazienti van-no spesso incontro a calo della conta delle piastrine per la chemioterapia rendendo necessario uno stretto e più gravoso per il paziente monitoraggio della terapia con EBPM. La trombosi quindi può presentarsi in vari momen-ti del percorso che il paziente affron-ta durante la cura della sua malattia, spesso complessa da interpretare e da gestire. Può rappresentare un peggio-ramento della sua qualità di vita e della prognosi e richiede da parte del medico una particolare attenzione sia in corso di diagnosi che suo nel trattamento.

Dottor Paolo Radossi Responsabile emostasi e trombosi Ematologia Castelfranco Veneto

TROMBOSI VENOSA E MALATTIE DEL SANGUE: UNA ASSOCIAZIONE “FREQUENTE E SUBDOLA” DA NON SOTTOVALUTARE NEI NOSTRI PAZIENTI.

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Come già descritto in un mio precedente articolo, per motivi del tutto fortuiti, nel 2010 ho avuto l’occasione ed il privilegio di conoscere la Signora Teresa Mariotto Pelos, che da anni è impegnata nella Associazione Italiana Leucemie e nella ricer-ca scientifica ematologica.La signora Teresa mi fece allora una richiesta un po’ strana: sviluppare una linea di ricerca in campo diabetologico attinen-te al midollo osseo. Le proposi uno studio in pazienti diabetici tipo 2 su cellule “madri” ossia quelle cellule poco differenziate di origine midollari potenzialmente capaci di differenziarsi e riparare danni in sedi distanti dal midollo stesso. Quali pa-zienti? I pazienti diabetici con lesioni ischemiche e neuroi-schemiche agli arti inferiori. Ricordiamo che le lesioni ai piedi nelle persone diabetiche, ossia persone con elevato livello di zucchero nel sangue, sono la più importante causa di amputazione non traumatica agli arti inferiori ed identificano un importante rischio cardio-vascolare.

Il progetto ha dato a tutt’oggi ottimi risultati di ricerca che sono stati presentati in ambito di Congressi sia nazionali che internazionali, grazie ad una fattiva collaborazione con enti di ricerca in relazione ai seguenti ambiti:1) studio morfologico e funzionale di fibre nervose intrami-dollari e loro implicazione nel rilascio di precursori endotelia-li funzionali al danno ischemico (Prof. Paolo Madeddu, Chair Experimental Cardiovascular Medicine, Head of Regenerative Medicine Section, Bristol Heart Institute, School of Clinical Sciences, University of Bristol); 2) prossima tipizzazione genetica di marcatori cardiovascola-ri secondo la “genome wide application” effettuata mediante metodica TaqMan (Applied Biosystems) dal Genetics Core del

Joslin Diabetes Center di Boston (Direttore: A. Doria) per cer-care di spiegare la prognosi di aumentata mortalità cardiova-scolare in un soggetto diabetico;3) studio morfologico di e funzionale dei piccoli vasi sangui-gni intramidollari attraverso i quali cellule “immature” pluripo-tenti possano maturare ed immettersi nel circolo sistemico per andare a riparare i danni vascolari (Università di Parma, Prof. Quaini, ed Università di Padova,Dott. Fadini).Queste ricerche sono state rese possibili grazie anche alla collaborazione di tutto il personale coinvolto, ma in particola-re del Dott. Paccagnella, Responsabile del Servizio di Malattie Metaboliche, del Dott. Santelli, Capo Dipartimento delle Medi-cine Specialistiche, nonché grazie dei colleghi/e ematologa ( Dott.ssa Furlan) ed anatomo-patologo ( Dott. Canal).

Ed eccoci qui, a distanza di un anno, a raccontarci come stan-no procedendo i nostri sforzi.Cosa abbiamo imparato da questa ricerca relativa allo studio di midollo osseo nel campo del piede diabetico?

Alcune cose molto importanti:1. Il midollo della persona sana, oltre alle funzioni emopoie-

tiche note, è come un “serbatoio di cellule di riserva“ che potenzialmente serve nei casi in cui vogliamo riparare danni di tessuti danneggiati ed in particolare danni va-scolari.

2. La dinamica con cui il midollo attiva la funzione riparativa non è nota, ma attrae l’ipotesi che, come per il trasporto di ossigeno per i globuli rossi, anche le funzioni riparative dei tessuti possano essere trasportate da lontano attra-verso cellule di “riserva” di origine midollare.

3. La elevata glicemia del diabete induce nel midollo osseo una compromissione di tali funzioni riparative e questo fenomeno è al giorno d’oggi poco conosciuto ma non per questo meno importante. Noi lo abbiamo verificato in par-ticolare per la mancata “riparazione” dei vasi periferici nel soggetto con lesioni neuro-ischemiche ai piedi.

4. Insomma, il midollo osseo della persona con diabete è un midollo “sofferente”, ha con sé un numero ridotto di piccoli vasi arteriosi e di terminazioni nervose che noto-riamente fanno da “stimolo” al rilascio di cellule deputate alla riparazione dei danni tessutali.

5. Questo mancato utilizzo delle cellule “di riserva” del mi-dollo fa si che esse rimangano nel midollo stesso per sempre e diventino cellule inefficaci o di “riempimento” come per esempio il tessuto grasso midollare, inspiega-bilmente sempre abbondante nel midollo del diabetico come nella figura qui sotto rappresentata:

IL MIDOLLO OSSEO, QUESTO SCONOSCIUTO, È TORNATO A PARLARE DI SÈ

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Ora, la nostra curiosità è quella di capire esattamente come la “neuromicroangiopatia” midollare possa avere un ruolo im-portante nel creare complicanze di malattia in sedi dell’orga-nismo apparentemente lontani, come per esempio negli arti inferiori quando si sviluppano ulcere da diabete.

In particolare, l’idea è quella di trovare un possibile insulto iniziale in qualche parte del nostro organismo (perché no, anche il midollo osseo) scatenato nel momento in cui la glicemia, non sa-pendo che abbiamo il diabete, diventa più alta dei livelli considerati normali.Questa iperglicemia iniziale potreb-be attivare “un qualcosa” che non ci abbandona per tutta la vita, come per esempio il rischio di avere complican-ze di diabete indipendenti dei livelli glicemici successivi all’esordio di ma-lattia.

Cosa fa sì che, indipendentemente dal livello di glicemia, si abbia una lesione nel diabetico così difficile da trattare? La risposta non è delle più semplici.

È possibile, per esempio, che la neuropatia midollare abbia implicazioni nella tolleranza immunologica di tessuti periferi-ci lontani rovinati dal “deposito” tessutale di glucosio?

La ricerca, si sa, è efficace se nel mo-mento in cui trova una risposta, pone mille domande. Solo l’umiltà e l’atten-zione della Signora Teresa Pelos alle nostre strane curiosità ci permette giorno per giorno di formulare rinnova-te ipotesi di ricerca.

Colgo l’occasione per ringraziare tutti, in particolare la Dott.ssa Elena Segan-freddo, Lisa e Raffaella, le Capo Sala e tutti quelli che con tanto impegno ed affetto mi affiancano nel mio lavoro.

Dott.ssa Maria Sambataro USD di Malattie del Metabolismo e Nutrizione clinica Dipartimento di Medicine Specialistiche

Ospedale Santa Maria di Ca’ Foncello ULSS 9 Treviso

n. 2 - Dicembre 2014 - Il punto sulla ricerca

La centrifuga Cytospin 4 è stata do-nata da AIL Treviso al Dipartimen-to di Scienze del Farmaco dell’Uni-versità di Padova per permettere il proseguimento della ricerca “Ana-lisi e valutazione del sistema adre-

nomedullinico quale possibile tar-get per la terapia della leucemia mieloide acuta” già finanziato dalla stessa AIL Treviso grazie all’inte-ressamento e alla sensibilità della Sig.ra Teresa Pelos. Il progetto, in collaborazione con il dott. Miche-le Gottardi dell’Ospedale di Tre-viso, sta proseguendo con l’analisi di campioni di sangue periferico e midollo osseo di pazienti con Leu-cemia Mieloide Acuta (AML) for-niti dal Dott. Martinelli dell’Isti-

tuto di Ematologia dell’Università degli Studi di Bologna. In tali cam-pioni, l’aspetto morfologico, la pre-senza di proteine caratteristiche di AML e del sistema adrenomedulli-nico verranno studiate nelle popo-lazioni cellulari anche tramite co-

lorazione May-Grunwald Giemsa e immunofluorescenza. A tal fine, la preparazione dei campioni richiede l’uso di una centrifuga in grado di isolare e successivamente distribui-re in modo uniforme le cellule sen-za danneggiarle. In questo contesto, la centrifuga Cytospin 4 garantisce un corretto allestimento dei cam-pioni. Brevemente le sospensioni cellulari vengono inserite all’inter-no dello strumento, contenente dei vetrini copri-oggetto e in seguito a centrifugazione, si ha la formazio-ne di uno spot circolare di cellule monostrato. il gruppo di ricerca dell’Università di Padova esprime apprezzamento e gratitudine per la nuova acquisizione e per il sostegno al progetto.

La centrifuga Cytospin 4 è stata donata da AIL Treviso al Dipartimento di Scienze del Farmaco

dell’Università di Padova per permettere il proseguimento della ricerca

sistema adrenomedullinico quale possibile target per la terapia della leucemia mieloide acuta” già

finanziato dalla stessa AIL Treviso

Pelos. Il progetto, in collaborazione con il dott. Michele Gott

Treviso, sta proseguendo con l’analisi di campioni di sangue periferico e midollo osseo di pazienti

con Leucemia Mieloide Acuta (AML)

dell’Università degli Studi di Bologna.

proteine caratteristiche di AML e del sistema adrenomedullinico verranno studiate nelle popolazioni

cellulari anche tramite colorazione May

preparazione dei campioni richiede l’uso di una centrifuga in grado di isolare e successivamente

distribuire in modo uniforme le cellule senza danneggiarle. In questo contesto, la centrifuga

Cytospin 4 garantisce un corretto allestimento

vengono inserite all’interno dello strumento, contenente dei vetrini copri

centrifugazione, si ha la formazione di uno spot

ricerca dell’Università di Padova esprime apprezzamento e gratitudine per la nuova acquisizione e

per il sostegno al progetto.

Centrifuga Cytospin 4 (Thermo Scientific)

a centrifuga Cytospin 4 è stata donata da AIL Treviso al Dipartimento di Scienze del Farmaco

dell’Università di Padova per permettere il proseguimento della ricerca “Analisi e valutazione del

adrenomedullinico quale possibile target per la terapia della leucemia mieloide acuta” già

finanziato dalla stessa AIL Treviso, grazie all’interessamento e alla sensibilità

Pelos. Il progetto, in collaborazione con il dott. Michele Gottardi dell’Ematologia dell’Ospedale di

Treviso, sta proseguendo con l’analisi di campioni di sangue periferico e midollo osseo di pazienti

con Leucemia Mieloide Acuta (AML), forniti dal Dott. Martinelli dell’I

i di Bologna. In tali campioni, l’aspetto morfologico, la presenza di

proteine caratteristiche di AML e del sistema adrenomedullinico verranno studiate nelle popolazioni

colorazione May-Grunwald Giemsa e immunofluorescenza. A tal fi

preparazione dei campioni richiede l’uso di una centrifuga in grado di isolare e successivamente

distribuire in modo uniforme le cellule senza danneggiarle. In questo contesto, la centrifuga

garantisce un corretto allestimento dei campioni. Brevemente, le sospensioni cellulari

vengono inserite all’interno dello strumento, contenente dei vetrini copri-oggetto, e, in seguito a

formazione di uno spot circolare di cellule in monostrato.

ersità di Padova esprime apprezzamento e gratitudine per la nuova acquisizione e

a centrifuga Cytospin 4 è stata donata da AIL Treviso al Dipartimento di Scienze del Farmaco

“Analisi e valutazione del

adrenomedullinico quale possibile target per la terapia della leucemia mieloide acuta” già

e alla sensibilità della sig.ra Teresa

ardi dell’Ematologia dell’Ospedale di

Treviso, sta proseguendo con l’analisi di campioni di sangue periferico e midollo osseo di pazienti

Istituto di Ematologia

In tali campioni, l’aspetto morfologico, la presenza di

proteine caratteristiche di AML e del sistema adrenomedullinico verranno studiate nelle popolazioni

e immunofluorescenza. A tal fine, la

preparazione dei campioni richiede l’uso di una centrifuga in grado di isolare e successivamente

distribuire in modo uniforme le cellule senza danneggiarle. In questo contesto, la centrifuga

e sospensioni cellulari

oggetto, e, in seguito a

circolare di cellule in monostrato. Il gruppo di

ersità di Padova esprime apprezzamento e gratitudine per la nuova acquisizione e

Centrifuga Cytospin 4 (Thermo Scientific)

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Dei 460 mila euro, di cui parla il governatore Zaia, donati dall’AIL all’Ulss 9 di Treviso, 200 mila sono destinati all’Assistenza Domiciliare Pediatrica che partirà il 1° gennaio 2015.Tale progetto è dedicato alla memoria di Beatrice Bruscagnin, nuotatrice master, scomparsa nel 2007 all’età di soli 23 anni.

SALDO CASSA AL 01.01 2013 1.083.163,00

ENTRATE 1.031.831,57

USCITE 898 109,07

SALDO CASSA AL 31.12.2013 TESORERIA 1.216.885,50

C/C CREDITO TREVIGIANO 1.038,20

C/C POSTALE 90.805,55

C/C UNICREDIT BANCA 18.399,11

C/C BANCA DELLA MARCA 27.790,41

C/C FRIULADRIA 67.027,74

SALDO ATTIVO AL 31.12.2013 1.403.547,40

LE VOCI DEL BILANCIOIn particolare le uscite sono così suddivise:

acquisto merci/generi alimentari per Day Hospitalmateriale per raccolta fondispese cancelleria, postali e altre spese generaliassicurazioni generali variecontributi agli ospedali/Universita/e per progetto cure domiciliaririmborso chilometrico volontarispese varie autovetlure e pulminomanut. Immobili/spese condominialicosti ricerca Ospedale San Lucaspese parziali per pubblicizzare Associazionequota ass. AIL Romaspese sostegno famiglie e a terzirimborso spese convegnispese beni durevolispese utenze variespese manutenzioniContribute Gestione Banche datiSpese infermieri per assist. domiciliare tramite Medicasa Italia SpaPrestazioni InfermieristicheAssunzioni buste pagaPagamenti senza mandati (canone rai, bolli automezzi, autostrade)

TOTALE

3.469,83 162.203,19 6.788,35 405,12 653.230,71 3.492,00 5.307,02 4.635,11 3.619,72 3.278,46 4.500,00 500,00 2.207,75 777,20 3.573,73 297,30 1.000,00 14.969,16 1.535,04 21.699,30 620,08 898.109,07

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n. 2 Dicembre 2014

L’AIL PER L’ONCOLOGIA PEDIATRICA DI PADOVA“…Garantire una speranza ai piccoli che soffrono di patologie

oncoematologiche, e alle famiglie che stanno loro accanto, vale più di qualsiasi spiegazione sul significato di un gesto del quale siamo

immensamente grati...”

Conosco la signora Teresa Pelos da molti anni e ogni volta che ci incontriamo riesce a stupirmi per la grande energia e l’immensa generosità che la contraddistinguono come per-sona e come volontaria. Lo ha fatto anche di recente con la cospicua donazione che la sezione di Treviso dell’Associazio-ne Italiana contro le Leucemie – Linfomi Mieloma - Onlus ha voluto elargire all’Oncologia Pediatrica dell’Azienda Ospeda-liera di Padova che dirigo dal 2012. La donazione, formaliz-zata la scorsa estate, ammonta a 350.000 euro, cifra desti-nata alla realizzazione di una importante iniziativa di ricerca clinica dal titolo “Oncologia Pediatrica Trial Office: progetto OPTO”. Una elargizione che permetterà all’Unità Operativa di-retta dal prof. Giuseppe Basso di realizzare uno studio sugli agenti antitumorali che metterà in grado la nostra struttura ospedaliera di offrire nuove speranze per i bambini in cura nella nostra Clinica di Oncoematologia Pediatrica, circa 2000 ogni anno. Il progetto prevede di co-stituire una equipe di stu-dio dedicata alla ricerca clinica per avviare e gesti-re studi con nuovi agenti di interesse per l’oncoe-matologia pediatrica, se-condo le più evolute me-todologie scientifiche e in accordo non solo con le direttive nazionali ed eu-ropee in materia, ma an-che con le relative norme di Buona Pratica Clinica. Si prevede di realizzare atti-vità che vanno dal testare nuovi farmaci in modo da renderli disponibili ai pic-coli pazienti al valutare la fattibilità dello studio clinico (te-nendo conto dei benefici, del numero di pazienti necessari e delle relative risorse da investire), dall’implementare lo stu-dio alla gestione della raccolta dati fino a certificare la bontà delle attività realizzate. Il finanziamento offerto dalla sezione dell’AIL presieduta dalla signora Pelos consentirà, in particolare, all’Oncologia Pediatrica dell’Azienda Ospedaliera di Padova di avere a di-sposizione un medico, un infermiere di ricerca e un esperto

statistico per un triennio.Un dono che significa, dunque, offrire una concreta speran-za ai tanti bimbi che soffrono di patologie oncoematologiche e che ogni anno vengono accolti nella nostra Clinica Onco-ematologica. La struttura da alcuni anni ha avviato un per-corso di collaborazione con rinomate istituzioni europee per fare in modo che nuovi farmaci siano testati e resi disponibi-li per curare i bambini, in particolare quelli affetti da tumori resistenti alle terapie convenzionali. Lo studio consentirà di potenziare tale azione di ricerca e di validarne i risultati per dare certezze ai percorsi di cura.Tutto ciò fa capire l’enorme valore della donazione della se-zione AIL di Treviso. Ma, come dicevo non si tratta di una no-vità. La loro prima donazione all’Oncoematologica Pediatrica di Padova risale al 1986; da allora i progetti si sono succedu-ti regolarmente ed il suo supporto non è mai venuto meno

negli anni. Oggi, con la nuo-va donazione, questo rap-porto si rinsalda con un dono che accogliamo con immensa gratitudine. Il mio grazie - personale e a nome dell’Azienda che dirigo - va sia all’AIL che alla signora Teresa, la cui generosità d’animo non è mai superfluo evidenziare per il grande valore che porta con sé. Garantire una speranza ai piccoli che soffrono di patologie oncoematologiche, e alle famiglie che stanno loro accanto, vale più di qual-siasi spiegazione sul si-

gnificato di un gesto del quale siamo immensamente grati a lei per la tenacia, passione e competenza, e alle generose e magnanime persone che si riconoscono nell’Associazione che lei presiede.

Dr. Claudio Dario Direttore Generale dell’Azienda Ospedaliera di Padova

Il dott. Dario e la signora Pelos firmano l’atto del progetto

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n. 2 - Dicembre 2014 - Il Racconto

IL RACCONTO San Martino e San Giorgio

Quando arrivò dai Dalla Longa era quasi sera. I ragazzi avvistarono don Piero al limitare del bosco che spingeva la bicicletta nera da uomo con i freni a bacchetta, il grande fanale e con quel portaoggetti di filo metallico cromato bloccato con due bulloni proprio al centro del manubrio. Spingeva la bici lungo la stradina sterrata e ripida con una fascia d’erba al centro che porta alla casa giallognola dalla caratteristica fascia rossa delle proprietà rurali della famiglia Collalto.

Ines chiuse la porta della stalla e si precipitò a lavarsi le mani, asciugandole sul grembiule sporco, mentre i ragazzi correvano a più non posso incontro al prete nella speranza che, come l’ultima volta, ci fosse una caramella a testa da spartire.

“Tuo marito dov’è – chiese don Piero – e Marco?”.

“Mio marito è ancora nei campi e Marco ...è in stalla”.

Marco era un ragazzone piuttosto basso, di novanta chili, aveva quasi l’età di don Piero ma il suo faccione tondo con gli occhi a mandorla e i capelli irsuti tradiva il destino avverso che gli aveva riservato la natura. Vestiva la giacca in grossa tela blu che col freddo utilizzavano i bovari dei Collalto e che Ines aveva allargato del tutto per farci entrare il cognato. Indossava poi un paio di calzoni della stessa stoffa e dello stesso colore della giacca, tenuti su da una cintura in cuoio annerita dal sudore, e sotto il gilet in lana aveva una camicia chiara a piccoli quadri marrone, con i polsi rammendati infinite volte, ma pulita e ben stirata.

Marco non faceva nulla, se ne stava seduto tutto il giorno su uno sgabello in legno a tre gambe, guardava fissamente nel vuoto e non parlava mai. A chi gli rivolgeva la parola sorrideva, mostrando i denti gialli intervallati da ampi interstizi. Probabilmente capiva tutto, sedeva a tavola senza disturbare, ma durante il giorno era sempre lì, fuori dalla stalla, immobile come l’albero di melograno che copriva per buona parte la luce del portico. Quando arrivava qualcuno, lo facevano entrare in stalla dove aveva un altro sgabello poco discosto dalla botola del sovrastante fienile da cui venivano calati fieno e paglia per le mucche e i buoi.

“Tenetelo all’aria che gli fa bene” – sentenziò don Piero, che non riusciva a digerire la costumanza di nascondere in stalla i disgraziati e di vergognarsi delle malattie. “Sono prove del Signore e un giorno saranno premiate”.

Dalla stessa strada irta e stretta che aveva portato don Piero fino dai Dalla Longa spuntarono due grossi buoi aggiogati che trascinavano un carro con l’ultimo fieno della stagione.

Giuseppe era un uomo robusto, dallo sguardo fiero, che aveva tirato su una famiglia con tre figli grazie soltanto al suo lavoro e che si era fatto carico di quel fratello maggiore rimasto solo quando anche la vecchia madre aveva lasciato questa terra.

Quella sera non era d’umore buono e il prete se ne accorse subito.

“Cosa c’è che non va, Giuseppe?” – lo affrontò.

“Lo sa meglio di me don Piero che a San Martino ci hanno detto di lasciare la casa e noi non abbiamo i soldi per riscattare la mezzadria e nemmeno sappiano dove andare ...con mio fratello poi”.

Giuseppe aveva una bestemmia che gli offuscava il pensiero e che gli stava esplodendo nel petto, ma il timor di Dio che gli aveva insegnato sua madre e il sincero rispetto per la figura di don Piero ebbero il sopravvento.

“Sta’ tranquillo Bepi, parlerò io col conte e vedrai che troveremo una soluzione – disse il curato – ma adesso non entrare in casa con quel muso, ci sono i tuoi figli e c’è tua moglie”.

“Ormai è quasi sera, si fermi a mangiare un piatto di fagioli con noi, don Piero” - disse Ines.

Il prete, che aveva già da un pezzo individuato tra gli odori dell’aia anche quello dei fagioli fatti bollire con la cotica di maiale a cui da tempo era stato sottratto il lardo, allargando le braccia e alzando gli occhi al cielo in segno di ringraziamento al Signore fece cenno di sì.

Don Piero entrò in cucina non senza essersi pulito le scarpe sul ferro sottile, piatto e ricurvo, infilato nel cemento dello scalino tanti anni prima, precisamente nel 1925 come recitava la scritta tracciata forse con un

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chiodo proprio nell’anno della ristrutturazione post bellica della casa colonica.

Prima di sedere a tavola tutti fecero il segno della croce, don Piero impartì la benedizione e subito dopo bevve un sorso di un vino rosso un po’acidulo, ricoperto di piccoli fiori bianchi, che da tempo reclamava il frutto della nuova vendemmia.

Nella grande cucina, sotto le lunghe travi fresche del bianco estivo della calce, c’era una luce fioca. Gli unici mobili erano una credenza in legno verniciata di un verdino mescolato con altre tinte recuperate da vecchi vasi, tanto da renderlo un colore indecifrabile. C’erano poi un baule enorme in abete rosso dove potevano nascondersi tra i pochi effetti almeno un paio di bambini e un cassone senza coperchio, pieno zeppo di legna, posto vicino al focolare dove bruciavano alcuni ceppi di gelso.

Dal soffitto pendevano, srotolate, due lunghe carte adesive inzaccherate di mosche, sopravvissute alla

quotidiana disinfestazione della cucina con un potente insetticida irrorato con una piccola pompa a stantuffo.

Sulla credenza erano sistemate le foto incorniciate dei genitori di Giuseppe, accanto a una grande terrina che si riempiva di ciliege e pesche in estate, di mele, pere e noci in autunno e di nulla per il resto dell’anno.

La lampadina emanava una luce fioca e giallognola perché la casa dei Dalla Longa era l’ultima della lunga linea elettrica che partiva dalla cabina posta appena fuori del paese. In quell’atmosfera che pareva essersi fermata a cinquant’anni prima don Piero invocò sommessamente il Signore. “Da’ la forza a questa povera gente di riscattarsi, altrimenti come possono credere ancora nella tua misericordia?”.

Finita la cena, Giuseppe accompagnò il prete fin sulla porta. Questi gli strinse tutte due le mani e guardandolo dritto negli occhi gli disse: “abbi fede e prega il Signore”.

Quella sera prima di ritirarsi in canonica don Piero tirò fuori dalla tasca la chiave della chiesa. Entrò dalla porta

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n. 2 - Dicembre 2014 - Il Racconto

laterale. C’erano solo poche candele accese. Passò davanti all’altare maggiore omaggiando il Signore con un saluto reverente e si inginocchiò di fronte alla statua della Madonna posta sull’altare della navata destra. Era un devoto della Madonna da sempre, ma il suo legame con quella statua di gesso colorata di bianco e d’azzurro da cui pendeva una coroncina del rosario era diventato indissolubile fin dal giorno in cui si era recato personalmente a Padova per comprarla, in un negozio nei pressi della basilica del Santo.

Don Piero nelle sue preghiere e nelle sue riflessioni si rivolgeva sempre a Dio quasi per rispetto gerarchico, ma quando la preghiera faceva vibrare forte le corde della sua fede e le lacrime solcavano il volto scavato dalla magrezza, don Piero si trovava sempre davanti alla statua della Madonna.

Quella sera pregò Maria con una intensità tale che la statua pareva sorridergli, ma lui non poté vederla perché dietro al volto coperto dalle grandi mani aveva gli occhi inondati da un pianto dirotto.

La mattina dopo don Piero inforcò la bicicletta di buon’ora, percorse con lena da ciclista la strada polverosa che porta verso il Colle della Tombola e Colfosco, poi imboccò veloce la discesa fino al castello di San Salvatore e ancora giù per quella carrareccia ripida che si era fatta improvvisamente più larga ed era stata asfaltata di fresco con del bitume magro e chiaro, fatto di pietrisco appuntito incollato al terreno con poco catrame.

Entrò nel grande piazzale inghiaiato della cantina dal cancello riservato alle maestranze. Fuori c’erano già una decina di carri che aspettavano il loro turno alla pesa, prima di scaricare l’uva raccolta il giorno prima finché c’era stata luce e lasciata tutta la notte, sotto il portico, al riparo dalla rugiada.

Don Piero raggiunse gli uffici dell’Amministrazione Collalto che erano da poco passate le otto e chiese subito di essere ricevuto dal conte.

“Arriverà verso le otto e mezza” – disse con voce fioca l’anziana impiegata che nell’azienda faceva un po’ di tutto e aveva appena finito di spolverare la scrivania del conte.

Rambaldo di Collalto arrivò puntuale alle otto e mezza con la Renault 4 color beige e i suoi due bassotti sul sedile posteriore. I cani abbaiarono nervosamente alla

tonaca nera del prete ma il conte li zittì subito con un energico “buoni!”.

“A cosa devo la sua visita don Piero?”.

“È per via dei Dalla Longa che a San Martino devono lasciare la casa e non hanno dove andare. Faccia qualcosa per quella povera famiglia, sono gente per bene, timorati del Signore e poi hanno anche ...quel ragazzo”.

Ci fu una breve pausa nel silenzio più assoluto che a don Piero parve un’eternità. Il conte, portata la mano destra sul mento e arricciati i lunghi baffi, si schiarì la voce con un colpo di tosse.

“Riferisca loro che ne parleremo fra un anno ...ma mi dica, la chiesa è tutto a posto? Gli affreschi li facciamo vero?”.

Don Piero inspirò lentamente e profondamente. Pensò alla Madonna e al più sfortunato dei Dalla Longa e rispose: “in chiesa entra acqua proprio da dietro l’altar maggiore, bisognerebbe ripassare almeno quel pezzo di tetto, ma già che ci siamo, prima che arrivi l’inverno, sarebbe forse meglio ripassarlo tutto”.

Il conte annuì e si prese nota sulla carta ingiallita di un quaderno a righe, ma insistette per sapere di quegli affreschi che il curato aveva commissionato a un artista arrivato ormai a una certa fama, tale Bepi Modolo da Santa Lucia di Piave, presso il cui studio già armeggiava con i pennelli il giovane Elio Poloni da Ponte della Priula.

“Gli affreschi si faranno. La curia mi ha promesso sessantamila lire ma come può ben immaginare non bastano. Ho pensato che in uno dei due potremmo raffigurare l’arrivo a Collalto delle Sacre Spine portate dalla sua famiglia all’epoca delle crociate, coi colori del casato, ben s’intende, e magari anche col suo ritratto da qualche parte ...signor conte”.

“Non serve arrivare a tanto. Mica ho intenzione di abbandonarvi; sono o non sono il giuspatrono della chiesa di San Giorgio?”.

I due uomini si guardarono fissamente negli occhi. Quelli del conte sorridevano sotto le sopracciglia folte e aggrottate, quelli del prete bassi per non tradire anche loro un soddisfatto sorriso. Poi si strinsero la mano.

Da Una vita a Collalto di Antonio Menegon

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