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Neurobiologia cellulare e molecolare A. Nieoullon I progressi della neurobiologia, che utilizza, in particolare, la genetica funzionale in relazione con la produzione di modelli animali analoghi sperimentali di diverse patologie, contribuiscono ogni giorno un poco di più alla conoscenza della fisiopatologia e del funzionamento cerebrale. Senza cadere in un approccio riduzionista, che non è opportuno e che, in ogni caso, non è ammissibile, è innegabile che una migliore comprensione dei meccanismi cellulari e molecolari della comunicazione intercellulare abbia permesso recentemente di far luce su alcuni aspetti della patologia cerebrale e, perfino, di proporre soluzioni terapeutiche che, benché non siano interamente soddisfacenti, permettono comunque di migliorare lo stato di salute dei pazienti. Questo è il caso, citato a titolo esemplificativo, di alcune forme di epilessia, della malattia di Parkinson, dei disturbi ansiodepressivi e anche della malattia di Alzheimer. L’approccio ai meccanismi sinaptici deve continuare. Esso non ha la pretesa di essere esplicativo dell’insieme delle patologie neurologiche e psichiatriche, in particolare quando integrano una dimensione di sviluppo, ma costituisce una fase necessaria della comprensione, fin dal momento in cui i dati saranno avvicinati a un iter clinico rinnovato che li integra e a un approccio più globale che utilizza, per esempio, anche quelli, eccezionali, della diagnostica per immagini funzionale. © 2010 Elsevier Masson SAS. Tutti i diritti riservati. Parole chiave: Neurobiologia; Sinapsi; Neurotrasmettitori; Segnalazione; Patologie degenerative; Patologie psichiatriche Struttura dell’articolo Introduzione 1 Organizzazione anatomofunzionale delle reti nervose 1 Informazione neuronale e codificazione nervosa 1 Biologia dei neuroni e delle cellule gliali 3 Sinapsi 4 Eccitabilità e segnale nervoso 5 Neurotrasmettitori e segnalazione intercellulare 7 Neurotrasmettitori e categorizzazione neuronale 7 Trasmissione sinaptica 9 Processo di secrezione dei neurotrasmettitori 12 Esocitosi 12 Accoppiamento eccitazione-secrezione 13 Basi molecolari dell’esocitosi 13 Recettori 14 Recettori canale 14 Recettori metabotropici, accoppiati alle proteine G 17 Ricettori tirosina-kinasi 20 Segnalazione intercellulare e regolazione della trascrizione 20 Conclusioni 20 Introduzione I progressi della biologia cellulare e molecolare, che utilizzano in modo adeguato i metodi della genetica per procedere all’inattivazione e/o alla sovraespressione di geni mirati, anche selettivamente, in strutture selezionate e in modelli che spie- gano il ruolo, o anche il ruolo funzionale, di molte proteine, contribuiscono a chiarire i meccanismi cellulari dei neuroni e delle cellule gliali. Questi dati hanno rivoluzionato, in partico- lare, la nostra visione del funzionamento sinaptico e, pertanto, dell’organizzazione anatomofunzionale del sistema nervoso. Il risultato di queste ricerche, che proseguono a ritmo accelerato, è una visione dinamica del cervello, espressa in particolare con il termine di «neuroplasticità»: ogni proteina studiata vi assume il suo posto per spiegare le impalcature molecolari alla base del funzionamento cellulare ed è in grado di contribuire a certe patologie neurologiche e psichiatriche. Al centro di questo dispositivo la trasmissione sinaptica, base della comunicazione intercellulare, rivela così i suoi fondamenti. Questa rassegna di domande, che non si intende in alcun modo esauriente, ha il semplice scopo di tracciare i limiti di questo quadro in perpetuo movimento, per tutti quelli che si interessano al cervello e ai meccanismi del suo funzionamento che sottendono alle princi- pali funzioni, che esse siano di ordine sensitivomotorio, limbico o cognitivo, dal normale al patologico, quando questa dimen- sione è accessibile. Organizzazione anatomofunzionale delle reti nervose Informazione neuronale e codificazione nervosa L’idea di considerare il neurone come l’unità di base dell’organizzazione del sistema nervoso è una costante dalla I – 17-003-A-10 1 Neurologia

Neurobiologia cellulare e molecolare

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Page 1: Neurobiologia cellulare e molecolare

Neurobiologia cellulare e molecolare

A. Nieoullon

I progressi della neurobiologia, che utilizza, in particolare, la genetica funzionale in relazione con laproduzione di modelli animali analoghi sperimentali di diverse patologie, contribuiscono ogni giorno unpoco di più alla conoscenza della fisiopatologia e del funzionamento cerebrale. Senza cadere in unapproccio riduzionista, che non è opportuno e che, in ogni caso, non è ammissibile, è innegabile che unamigliore comprensione dei meccanismi cellulari e molecolari della comunicazione intercellulare abbiapermesso recentemente di far luce su alcuni aspetti della patologia cerebrale e, perfino, di proporresoluzioni terapeutiche che, benché non siano interamente soddisfacenti, permettono comunque dimigliorare lo stato di salute dei pazienti. Questo è il caso, citato a titolo esemplificativo, di alcune forme diepilessia, della malattia di Parkinson, dei disturbi ansiodepressivi e anche della malattia di Alzheimer.L’approccio ai meccanismi sinaptici deve continuare. Esso non ha la pretesa di essere esplicativodell’insieme delle patologie neurologiche e psichiatriche, in particolare quando integrano una dimensionedi sviluppo, ma costituisce una fase necessaria della comprensione, fin dal momento in cui i dati sarannoavvicinati a un iter clinico rinnovato che li integra e a un approccio più globale che utilizza, per esempio,anche quelli, eccezionali, della diagnostica per immagini funzionale.© 2010 Elsevier Masson SAS. Tutti i diritti riservati.

Parole chiave: Neurobiologia; Sinapsi; Neurotrasmettitori; Segnalazione; Patologie degenerative;Patologie psichiatriche

Struttura dell’articolo

¶ Introduzione 1

¶ Organizzazione anatomofunzionale delle reti nervose 1Informazione neuronale e codificazione nervosa 1Biologia dei neuroni e delle cellule gliali 3Sinapsi 4Eccitabilità e segnale nervoso 5

¶ Neurotrasmettitori e segnalazione intercellulare 7Neurotrasmettitori e categorizzazione neuronale 7Trasmissione sinaptica 9

¶ Processo di secrezione dei neurotrasmettitori 12Esocitosi 12Accoppiamento eccitazione-secrezione 13Basi molecolari dell’esocitosi 13

¶ Recettori 14Recettori canale 14Recettori metabotropici, accoppiati alle proteine G 17Ricettori tirosina-kinasi 20Segnalazione intercellulare e regolazione della trascrizione 20

¶ Conclusioni 20

■ IntroduzioneI progressi della biologia cellulare e molecolare, che utilizzano

in modo adeguato i metodi della genetica per procedereall’inattivazione e/o alla sovraespressione di geni mirati, anche

selettivamente, in strutture selezionate e in modelli che spie-gano il ruolo, o anche il ruolo funzionale, di molte proteine,contribuiscono a chiarire i meccanismi cellulari dei neuroni edelle cellule gliali. Questi dati hanno rivoluzionato, in partico-lare, la nostra visione del funzionamento sinaptico e, pertanto,dell’organizzazione anatomofunzionale del sistema nervoso. Ilrisultato di queste ricerche, che proseguono a ritmo accelerato,è una visione dinamica del cervello, espressa in particolare conil termine di «neuroplasticità»: ogni proteina studiata vi assumeil suo posto per spiegare le impalcature molecolari alla base delfunzionamento cellulare ed è in grado di contribuire a certepatologie neurologiche e psichiatriche. Al centro di questodispositivo la trasmissione sinaptica, base della comunicazioneintercellulare, rivela così i suoi fondamenti. Questa rassegna didomande, che non si intende in alcun modo esauriente, ha ilsemplice scopo di tracciare i limiti di questo quadro in perpetuomovimento, per tutti quelli che si interessano al cervello e aimeccanismi del suo funzionamento che sottendono alle princi-pali funzioni, che esse siano di ordine sensitivomotorio, limbicoo cognitivo, dal normale al patologico, quando questa dimen-sione è accessibile.

■ Organizzazioneanatomofunzionale delle retinervoseInformazione neuronale e codificazionenervosa

L’idea di considerare il neurone come l’unità di basedell’organizzazione del sistema nervoso è una costante dalla

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1Neurologia

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scoperta della natura cellulare del cervello alla fine delXIX secolo. Da questo punto di vista, i 100-150 miliardi dineuroni che formano il cervello umano sono visti come orga-nizzati in reti nervose, formanti sistemi anatomicamente efunzionalmente differenziati, in modo da partecipare a funzioniparticolari quali il sistema visivo, il sistema uditivo, il sistemamotorio e via dicendo. Poiché questi neuroni sono, con lecellule muscolari, le cellule gliali e le cellule endocrine, dellecellule eccitabili, essi sono in grado di generare, ricevere etrasmettere dei segnali, conferendo agli elementi delle reti laproprietà di comunicare, ovvero, in fin dei conti, di veicolareun’informazione pertinente da un sito del cervello a un altro.La discontinuità di queste reti nervose, e in particolare quellalegata al superamento della sinapsi, diventa così, per i segnalinervosi, un elemento critico di questa organizzazione [1]. Unadelle questioni centrali del funzionamento cerebrale è relativa almodo in cui l’informazione è elaborata e trasportata attraversole reti nervose, conservando il suo significato funzionale almomento del passaggio dell’ostruzione delle sinapsi, il chesuggerisce la nozione di codificazione nervosa dell’informazioneneuronale e quella di comunicazione interneuronale.

Convenzionalmente, l’organizzazione cerebrale è così ricon-dotta alle reti nervose, idea affermata a partire dai lavoripionieristici sulla trasmissione dell’informazione nervosa e, inparticolare, da quelli di Sherrington, all’inizio del XX secolo.Tuttavia, da una decina di anni l’accento è posto su osservazionidi carattere antico, che evidenziano il fatto che il cervello nonsia costituito solo da neuroni, ma che l’essenziale della materiacerebrale sia, in effetti, costituito da cellule gliali appartenenti adiverse categorie, tra cui gli astrociti, gli oligodendrociti o, ancora,la microglia. In una visione moderna di questa organizzazione,le cellule gliali contribuiscono strettamente al funzionamentocerebrale, in particolare attraverso relazioni complesse e strettecon i neuroni. In effetti, da lungo tempo il ruolo della guainamielinica, formata dagli oligodendrociti, nella conduzionedell’influsso nervoso, è ben stabilito. Oggi è l’astrocita a essereoggetto di tutta la nostra attenzione: la sinapsi è ampiamentedivenuta «tripartita», implicando non solamente il contributoconvenzionale degli elementi neuronali pre- e postsinaptici, maanche quello, per molti versi riconosciuto oggi come essenziale,degli astrociti [2]. La partecipazione di questi astrociti e, piùgeneralmente, delle differenti categorie di cellule gliali, alfunzionamento del sistema nervoso e ad alcuni processi patolo-gici, rimane, per la parte essenziale, da stabilire. È tuttaviaassodato che queste cellule contribuiscono intimamente alfunzionamento della maggior parte delle sinapsi, alla regola-zione della loro attività, all’integrazione dei segnali ambientalie, in modo più generale, a meccanismi cellulari di plasticitàcerebrale durante lo sviluppo cerebrale e nell’adulto. Per quantoriguarda la patologia, la responsabilità degli oligodendrociti nelprocesso di demielinizzazione è evidente, ma le cellule gliali,attraverso la secrezione di fattori trofici o di chemochine e dicitochine, parteciperebbero anche ai processi degenerativi, inparticolare nella loro componente infiammatoria. Inoltre, lecellule gliali rappresentano un’interfaccia tra i neuroni e il restodell’organismo per il loro contributo alla barrieraematoencefalica [3].

Un altro elemento di complessità si riferisce alla visione pertroppi versi localizzazionista dell’organizzazione cerebrale. Ilconcetto di localizzazione delle funzioni cerebrali, retaggioprincipalmente dei lavori di Franz Joseph Gall nel XIX secolo,è stato rivisitato dapprima dagli anatomisti e poi dagli elettro-fisiologisti in particolare da Wilder Penfield negli anni Cin-quanta, che ha stabilito le mappe dell’organizzazione corticaledella rappresentazione delle funzioni nervose nell’uomo nelcorso dei suoi interventi neurochirurgici, includendo il concettodi somatotopia. È in effetti verosimile che questo tipo diconcezione riproduca molto parzialmente la realtà dell’organiz-zazione cerebrale poiché, fin dalla fine del XIX secolo, glianatomisti, tra cui Otto Deiters, sottolineavano l’inestricabileorganizzazione del tronco cerebrale nella sua parte centrale,definita «formazione reticolare», contrastante con la precisionedell’organizzazione quasi geometrica di altre parti del sistemanervoso. Sono i lavori dei fisiologi Magoun e Moruzzi, negli

anni Quaranta, che hanno precisato l’organizzazione funzionaledi questa formazione reticolare identificando in esssa alcunearee coinvolte nella regolazione della vigilanza, della postura delcorpo o, ancora, delle funzioni neurovegetative. In seguito, conlo sviluppo delle metodiche di istofluorescenza che fornisconoaccesso al fenotipo neuronale, la caratterizzazione in questaregione di neuroni aminergici (serotoninergici, dopaminergici,noradrenergici e adrenergenici, in particolare) da parte deglisvedesi, negli anni Sessanta, ha condotto all’idea di un cervellodall’organizzazione diffusa che si sovrappone a quella, moltoprecisa, dei localizzazionisti. Queste osservazioni anatomichehanno così condotto a formulare l’idea di una doppia organiz-zazione cerebrale di un «cervello organizzato», sul modello delsistema motorio piramidale o dei sistemi sensoriali primari, alquale si sovrapporrebbe un «cervello organizzatore», rappresen-tato dalle componenti diffuse, che forniscono tutte le sfumaturenecessarie ai comportamenti adattati, legate all’attivazionedi processi motivazionali, emozionali e attenzionali, tra glialtri elementi di personalizzazione e di adattamentocomportamentale.

È interessante notare che i progressi della diagnostica perimmagini cerebrale hanno ricollocato il dibattito tra localizza-zionisti e sostenitori di una concezione più globale del funzio-namento cerebrale. La diagnostica per immagini cerebrale a piùalto rendimento, che utilizza, per esempio, la risonanza magne-tica (RM) funzionale o la magnetoencefalografia (MEG), per-mette ogni giorno un po’ più di verificare nell’uomo i dati diPenfield, in particolare. Sia negli aspetti sensoriali, sia in quellimotori, la precisione della misura permette di attestare unarappresentazione corticale molto fine, per esempio somatoto-pica. Tuttavia, essa mostra anche delle sovrapposizioni diterritori oppure il coinvolgimento simultaneo o in sequenza didiversi territori cerebrali durante processi più complessi come lalettura, il linguaggio o l’ideazione, che rappresentano delleoperazioni mentali complesse, in accordo con alcuni aspetti delconcetto del cervello diffuso. Da questo punto di vista, l’accessoall’organizzazione e al funzionamento cerebrale attraverso letecniche di diagnostica per immagini cerebrale funzionali èsicuramente meno semplice di quanto inizialmente ipotizzato acausa della complessità anche degli avvenimenti neuralisottostanti.

Un ultimo elemento che è importante ricordare qui per avereuna visione attuale dell’organizzazione e del funzionamentocerebrale si ritrova nella nozione di plasticità. Troppo a lungo lafissità delle reti nervose rivelata dall’anatomia e dai primi lavoridi elettrofisiologia ha fornito un’immagine rigida della funzionecerebrale, che si trova oggi assai discussa, soprattutto per i datidella diagnostica per immagini cerebrale funzionale. La flessibi-lità del funzionamento cerebrale era già sottostante alla nozionedi cervello organizzatore ricordata sopra, dove, al di là deiprocessi legati allo sviluppo cerebrale, il gioco dei sistemiregolatori monoaminergici era suggerito, per esempio, comebase del carattere adattativo dei comportamenti. Questa plasti-cità diviene veramente significativa su scala cellulare e moleco-lare, dove si trova coinvolta nel processo alla basedell’apprendimento e della memorizzazione, per esempiogiocando sulla struttura e sul numero delle spine dendritiche,nonché sull’intensità e sulla permanenza dei segnali, il cheattesta il carattere fortemente adattabile del funzionamentosinaptico.

In conclusione, se il funzionamento cerebrale non può essereassimilato semplicemente a quello dei neuroni, è tuttavia veroche comprendere il loro funzionamento e il modo in cui essicomunicano tra loro nelle reti, costituisce una tappa indispen-sabile della conoscenza dei progressi fisiologici e fisiopatologicipiù globali che implicano, senza limitarsi ad esso, il funziona-mento sinaptico. Così, la conoscenza della sinapsi rivesteun’importanza considerevole per valutare il funzionamento e lefunzioni cerebrali, il che si traduce in uno sforzo senza prece-denti della comunità dei neurobiologi. In questo contesto, inmancanza di possibilità di trattare le cause più spesso ignoratedelle grandi patologie cerebrali, avviene che la sinapsi rappre-senti anche nella sua complessità un bersaglio terapeutico dielezione per un trattamento sintomatico, spesso parziale e

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2 Neurologia

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limitato, ma che, per il momento, rappresenta, il più delle volte,la sola possibilità di intervento terapeutico.

Biologia dei neuroni e delle cellule glialiSecondo le valutazioni più comuni, il cervello umano, con la

sua massa di circa 1,3 kg in media e la sua superficie corticaledell’ordine di 900 cm2, rappresenterebbe circa 1 000 miliardi dicellule, tra cui solo 100 miliardi di neuroni. Se i neuronirappresentano solo il 10% circa delle cellule cerebrali, il resto èrappresentato dalle cellule gliali. Questo dato è a lungo rimastouna semplice constatazione, ma oggi la problematica dellerelazioni tra neuroni e cellule gliali è una delle più studiate dellaneurobiologia, con l’idea di base, particolarmente eccitante, cheil rapporto tra neuroni e cellule gliali avrebbe una dimensioneevolutiva che contribuisce al perfezionamento delle capacitàcerebrali [4]. Così, nei roditori il rapporto neuroni/ghia sarebbesolo di uno a quattro, mentre, nella specie umana, raggiunge-rebbe uno a dieci. Può allora apparire paradossale che, propor-zionalmente, il cervello umano conti meno neuroni del cervellodel ratto, ma questo non tiene conto del ruolo sempre piùimportante che si attribuisce alle relazioni tra questi due tipi dicellule eccitabili, in particolare per il funzionamento sinaptico.Inoltre, questo rapporto potrebbe evolvere nel tempo sottol’effetto di interazioni con l’ambiente, come tendono a mostrarei dati ottenuti nei roditori, dove il numero di cellule gliali perneurone sarebbe più elevato in animali allevati in un ambiente«ricco», rispetto a elementi della stessa stirpe allevati in unambiente standard [5]; ciò traduce una plasticità strutturale delcervello la cui importanza non si è ancora potuta misurarecompletamente.

Alla fine del XIX secolo il concetto di neurone, proposto daRamon y Cajal, ha costituito una tappa determinante dellaconoscenza moderna del sistema nervoso. È in questo momentoche il cervello è stato percepito come un tessuto eterogeneo ecomplesso, che evolve in modo determinante nel corso dellosviluppo. I neuroni sono cellule eccitabili, differenziate anato-micamente (Fig. 1). Così, si distinguono, rispetto agli altri tipicellulari dell’organismo, delle forme caratteristiche (neuronistellati, piramidali, a «cesto», a «granulo» ecc.), dei corpicellulari di dimensioni differenti (di un diametro somatico cheva da meno di 1 µm fino a una cinquantina di micron) e delle

arborizzazioni neuritiche di lunghezze molto varie (da qualchemicrometro ad alcuni millimetri) o, ancora, che esprimono deineurotrasmettitori di differenti tipi.

I dendriti rappresentano convenzionalmente la zona «recet-trice» del neurone. Per questo motivo, la geometria dell’alberodendritico riveste un’importanza capitale nella costituzione dellereti nervose. La loro lunghezza è di grande variabilità a secondache si tratti di interneuroni locali o di neuroni più integratori,che presentano, allora, una forte convergenza di informazionidistribuite da altri neuroni. Questi dendriti sono, il più dellevolte, coperti di diverticoli che aggregano le sinapsi, le spinedendritiche, che presentano la particolarità, recentementeevidenziata, di una grande plasticità: in funzione dello stato diattivazione del cervello certe zone vedono aumentare il numerodi spine dendritiche o, al contrario, ridursi, anche nell’adulto,traducendo delle variazioni correlate del numero di sinapsi.Questo tipo di plasticità è stato evidenziato in particolare inrelazione con l’apprendimento, anche nel cervello dell’adulto. Èstata fatta un’altra osservazione interessante: sono stati identifi-cati degli acidi ribonucleici messaggeri (mRNA) a livello deidendriti, suggerendo che intervenga un certo livello di sintesiproteica in questo compartimento cellulare, al di fuori delcarrier nucleare portatore del patrimonio genetico e responsabiledella sua espressione. Anche in questo caso, il ruolo funzionaledi questa sintesi proteica ectopica non è stato identificato, maquesto tipo di proprietà attesta un ruolo dei dendriti che superala semplice trasmissione al soma delle informazioni ricevutenelle spine dendritiche. È interessante rilevare che alcuneosservazioni vanno nel senso di alterazioni dendritiche specifi-che nelle diverse patologie dello sviluppo o, ancora, nellamalattia d’Alzheimer, suggerendo il contributo dell’architetturadentitrica all’espressione di capacità cognitive. Si ammettecomunemente che le sinapsi si articolano in gran numero sullearborizzazioni dendritiche e, in misura minore, anche sul somadei neuroni. Si stima che, in media, un neurone possa riceverefino a 10 000 sinapsi e, nei casi estremi, che alcuni neuroniparticolari possano riceverne fino a 200 000, come le cellule diPurkinje della corteccia cerebellare. Il compartimento dendriticosi caratterizza anche per una composizione proteica particolarerispetto alle altre regioni neuronali e, in particolare, all’assone:esso esprime, per esempio, delle proteine del citoscheletrocaratteristiche, come quelle della famiglia microtubule-associated

5

6

11

104

3

1

2

8

9

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A

} B

1

2

34

5

10

6

87

9

Canali K +

Aquaporina 4Kir4.1Connexina 43

Canali Cl-

Scambiatore

Glutammato

6

3

7

2

45

1

C

Recettore del glutammatoTrasportatore del glutammato

Figura 1. Organizzazione generale schematica del neurone e dell’astrocita.A. Schema del neurone. 1. Membrana; 2. reticolo endoplasmatico rugoso; 3. ribosomi; 4. microtubuli; 5. mitocondrio; 6. nucleo; 7. poliribosomi; 8. apparatodi Golgi; 9. reticolo endoplasmatico liscio; 10. cono assonale; 11. assone.B. Organizzazione della sinapsi. 1. Terminazione assonale (elemento presinaptico); 2. granuli di secrezione; 3. spazio sinaptico; 4. vescicole sinaptiche;5. recettori; 6. mitocondri; 7. zone attive; 8. densità postsinaptica; 9. differenziazione di membrana; 10. dendrite postsinaptico.C. Organizzazione dell’astrocita e rapporti con i neuroni, i capillari sanguigni e altri astrociti. 1. Neurone; 2. terminazione nervosa; 3. astrocita 2; 4. canali ionici;5. mastocita con gap junction che coinvolge le connessione; 6. astrocita 1; 7. lume del capillare sanguigno.

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3Neurologia

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protein (MAP), o, ancora, delle proteine della differenziazionesinaptica, come quelle che formano le «densità postsinaptiche».

Accanto alla proliferazione delle arborizzazioni dendritiche,caratterizza i neuroni l’emergenza di un assone unico. Questoassone svolge un ruolo chiave nell’organizzazione delle retinervose, poiché permette di «distribuire» l’informazione apartire da una regione del sistema nervoso a un’altra regione,nel caso dei neuroni di proiezione. Così, si trovano dei neuronicon assone molto lungo, dell’ordine di 1 metro di lunghezzanell’adulto, quando si tratta, per esempio, di mettere incomunicazione la corteccia cerebrale motoria con i motoneu-roni del midollo spinale lombosacrale. Che l’emergenza siaunica non significa, tuttavia, che vi sia una sola sinapsi perassone: al contrario, la parte terminale degli assoni è, ingenerale, molto ramificata, conducendo alla formazione dinumerose sinapsi in una regione di proiezione determinata o, avolte, molto più ampiamente. Così, alcuni tipi neuronali sicaratterizzano per un’estrema distribuzione dell’informazioneattraverso quelle che possono essere fino a 500 000 e anche5 milioni di sinapsi per assone. Tuttavia, questa dispersione, chetraduce una modalità di comunicazione particolare in retidefinite sopra «diffuse», non è la regola. Essa permette diidentificare il supporto strutturale di una modalità di comuni-cazione particolare, tipo funzionamento in reti diffuse, comeavviene per alcuni sistemi monoaminergici, particolarmenteserotoninergici. Come nel caso dei dendriti, alcune componentimolecolari sembrano specifiche del compartimento assonalecome le proteine tau, componenti del citoscheletro assonalecoinvolte nei processi degenerativi legati alla malattia diAlzheimer.

Una delle costanti della biologia dell’assone è la trattazionedella presenza o meno di una guaina mielinica che lo circonda,dal cono assonico dove esso emerge dal soma, fino all’estremitàdove si formano le terminazioni assoniche. Questa guainamielinica discontinua, essa è interrotta da alcune zone dettenodi di Ranvier, svolge un ruolo critico nella velocità di condu-zione dei messaggi nervosi, i potenziali d’azione, e distingue,così, degli assoni mielinizzati a conduzione «rapida» da quelli aconduzione «lenta», di carattere amielinico. In rapporto con ildiametro dell’assone, da una parte, e il suo carattere mielinicoo amielinico, la velocità di conduzione dei potenziali d’azionevaria tra estremi da 2 a 120 m/s. Questa relazione comparirebbein particolare a livello delle fibre sensoriali somatiche, dove èpossibile stabilire una correlazione stretta tra le caratteristicheanatomiche delle fibre sensoriali, la loro velocità di conduzionee anche le loro caratteristiche specifiche di gestione dei mes-saggi nervosi di nature funzionali diverse. La guaina mielinicaprende origine in una popolazione di cellule gliali particolari, glioligodendrociti, che hanno il ruolo di contribuire alle capacitàdell’assone, e dunque del neurone, di trasmettere più o menorapidamente gli influssi nervosi. Nel sistema nervoso perifericola guaina mielinica è data dalle cellule di Schwann, omologhedegli oligodendrociti centrali. Ad oggi, la composizione proteicadella guaina mielinica è ampiamente nota e alcune di questeproteine possono svolgere un ruolo nei processi neurodegene-rativi, in particolare nella sclerosi a placche.

L’identificazione del fenotipo neuronale rappresenta unmezzo per classificare i neuroni per popolazioni distinte. Lacaratterizzazione del fenotipo utilizza numerosi criteri, fra cui laforma stessa dei neuroni, e, più generalmente, la loro geometria,ma anche tutto un insieme di caratteristiche come l’espressionedi conduttanze ioniche specifiche e quella di recettori e ditrasportatori molecolari o di enzimi, citati a titolo d’esempio.Una delle modalità di classificazione dei neuroni comunementericonosciuta consiste nel prendere in considerazione la naturadel neurotrasmettitore che essi utilizzano per comunicare con ineuroni vicini all’interno di reti neuronali. In effetti, anche seciò è per certi versi riduttivo, il principio della comunicazioneintercellulare può essere assimilato a un’interazione molecolaretra un messaggero molecolare, secreto nello spazio sinapticodall’elemento presinaptico, e un recettore specifico che loriconosce, localizzato sul neurone postsinaptico, conferendo allacomunicazione intercellulare una polarizzazione funzionale,

dall’elemento a monte presinaptico all’elemento a valle formatodal neurone postsinaptico. La stupefacente diversità dei neuro-trasmettitori traduce la capacità dei neuroni di comunicareutilizzando segnali trasmessi da una grande varietà di molecole.Ciò conferisce loro delle proprietà di codificazione dell’informa-zione nervosa sia di ordine quantitativo, in rapporto conl’intensità del funzionamento sinaptico, sia anche di ordinequalitativo, in rapporto con la natura stessa del neurotrasmetti-tore utilizzato in una data sinapsi. Come si vedrà più avanti,complessivamente sono stati identificati quasi 200 neurotras-mettitori potenziali, ma il loro coinvolgimento funzionale nonè tuttavia sempre conosciuto. Inoltre, in molti casi l’identità deineurotrasmettitori non è stata rivelata, lasciando ancora ampiezone d’ombra nelle cartografie cerebrali.

Si tratta, infine, delle cellule gliali, gli astrociti, celluleeccitabili come i neuroni, che presentano la particolarità bennota di contribuire all’eliminazione del potassio extracellularedopo depolarizzazione e, per alcune di loro, di partecipare allabarriera ematoencefalica. In tal caso, queste cellule sono situateall’interfaccia tra i neuroni e la circolazione cerebrale (Fig. 1).Gli astrociti vengono a contatto con la membrana basale deicapillari ematici e assicurano il legame con i neuroni, all’altraestremità. Le relazioni neurone-glia sono oggetto di studiapprofonditi e numerose scoperte hanno condotto all’idea di unaccoppiamento funzionale stretto tra attività neuronale eattività gliale. Gli astrociti svolgono un ruolo chiave nell’elimi-nazione sinaptica di alcuni neurotrasmettitori o, ancora, nellapropagazione di segnali di natura sincronizzata, conducendo,per esempio, alla genesi di vere «onde calciche» nei tessuticerebrali. Inoltre, attraverso meccanismi di retrazione o diallungamento dei piedi astrocitari, la relazione funzionale tra leafferenze neuronali e i loro neuroni bersaglio può esserenotevolmente modificata, in funzione di circostanze fisiologicheo patologiche, come i cambiamenti strutturali neuronogliali cheintervengono in alcuni nuclei ipotalamici nel ratto femmina nelcorso della lattazione o in alcune condizioni di disidratazione.La plasticità neuronale presenta, così, manifestamente in alcunidei suoi aspetti una dimensione astrocitaria.

SinapsiLe sinapsi rappresentano delle aree di differenziazione della

membrana plasmatica specializzate nel trasferimento dell’infor-mazione da neurone a neurone o tra un neurone e una cellulamuscolare (Fig. 1). Il microscopio elettronico ha permesso diverificare la teoria cellulare dell’organizzazione del tessutonervoso proposta da Von Waldeyer o, ancora, da Cajal, mos-trando, grazie, in particolare, ai lavori di Palay, Palade o DeRobertis, la discontinuità anatomica tra gli elementi pre- epostsinaptici, quasi sessant’anni dopo. Il concetto di spaziosinaptico sottolinea tutta la difficoltà che l’informazione nervosaincontra a superare la sinapsi, conservando le caratteristiche delmessaggio nervoso al di là di una distanza dell’ordine di alcuninanometri. I dati ultrastrutturali illustrano anche il caratterepolarizzato della sinapsi e, pertanto, della trasmissione sinaptica.Convenzionalmente, l’elemento presinaptico è caratterizzatodalla presenza di numerose vescicole sinaptiche, che attestano cheil neurite è, in effetti, una terminazione nervosa. Il sito attivonella comunicazione intercellulare è spesso identificato anchemediante un ispessimento della membrana, che fa fronte a unadifferenziazione di carattere postsinaptico, il più delle voltepresentata da una spina dendritica, definendo quelle che sonochiamate sinapsi simmetriche o, al contrario, asimmetriche, aseconda che queste differenziazioni di membrana siano visibilio meno. Così, i siti sinaptici appaiono chiaramente identifica-bili, in virtù di queste caratteristiche strutturali inizialmentestabilite alla periferia dalle giunzioni neuromuscolari deimuscoli scheletrici. In effetti, esistono numerose analogiestrutturali e funzionali tra questa sinapsi neuromuscolare e lesinapsi centrali, ma le dimensioni di queste ultime sono moltominori.

Questo tipo di organizzazione è caratteristico della maggiorparte delle reti neuronali. Tuttavia, sia nel sistema nervosocentrale (SNC), sia a livello periferico, si riscontrano anche dellesinapsi a priori meno differenziate, che si definiscono sinapsi di

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passaggio, dove l’associazione tra elementi pre- e postsinaptici èmeno stretta. In questo modello lunghe porzioni di assonipresentano a distanze diverse delle differenziazioni sotto formadi varicosità, identificate dalla presenza di numerose vescicolesinaptiche, che formano episodicamente delle sinapsi con dellespine dendritiche o con la porzione somatica degli elementipostsinaptici. È stata proposta l’ipotesi che, in questo tipo diorganizzazione, il neurotrasmettitore si diffonda a una certadistanza dalla sede in cui è liberato e agisca, così, su recettoripiù numerosi, distribuiti in un volume tissutale meno limitatoche nel caso della sinapsi classica. Ciò ha portato a proporre iltermine di «trasmissione volumetrica» per visualizzare questotipo di comunicazione intercellulare. Questo tipo di organizza-zione è stato riconosciuto in particolare nel caso dei sistemiaminergici ma, in linea generale, esso coesiste con dei profilisinaptici più tipici. È interessante notare che l’organizzazioneanatomica sinaptica o non sinaptica impone dei limiti difunzione. A titolo d’esempio, il modello sinaptico si adatta auna funzione che utilizza concentrazioni relativamente alte dineurotrasmettitori a causa del confinamento dello spaziosinaptico mentre, nel caso della trasmissione volumetrica, siammette che, in relazione con lo spazio fisico di diffusione delneurotrasmettitore molto più importante, esso possa agire alivelli più bassi. Per completezza, occorre menzionare anche lapresenza di sinapsi di natura elettrica, in numero comunquelimitato, che potrebbero contribuire a una certa sincronizza-zione dell’attività di popolazioni neuronali che richiedono unfunzionamento globale. In questo caso il segnale nervoso ètrasmesso sulla base della presenza di una zona di contattostretto tra le membrane, che permette a un segnale depolariz-zante afferente di influenzare direttamente l’eccitabilità delneurone postsinaptico; è quello che viene chiamato «accoppia-mento elettrotonico». Negli ultimi decenni la struttura moleco-lare di queste zone di accoppiamento è stata chiarita, con lascoperta, in particolare, delle connessine, proteine fondamentalidel funzionamento cerebrale, che formano gli elementi moleco-lari di queste connessioni, chiamati «connessoni». Due cones-soni, formati ognuno da sei connessine e presenti faccia a facciasulle membrane, si combinano per realizzare la continuità deicanali, permettendo degli scambi rapidi e diretti tra le cellule.

I progressi della biologia cellulare e molecolare hannopermesso, talvolta, di affrontare in maniera piuttosto diretta lafisiopatologia. Per esempio, la ricerca di mutazioni geneticheassociate all’autismo ha condotto a interessarsi a diverseproteine che contribuiscono normalmente alla stabilità dellesinapsi, come le neuroligine, le neuressine o, ancora, la proteinapostisinattica SHANK3, considerata un recettore delle neuroli-gine e indispensabile alla crescita delle spine dendritiche. Questaricerca è un esempio di collaborazione tra ricercatori fondamen-talisti e clinici che analizzano la sindrome umana e produconoanaloghi sperimentali basati sull’inattivazione genica delleneuroligine e, più recentemente, dello SHANK3. Essa conduce aproporre l’ipotesi che alcune forme di autismo, almeno, sianoin relazione con alterazioni della formazione e della matura-zione delle sinapsi.

Eccitabilità e segnale nervosoIl neurone codifica l’informazione nervosa sotto forma di

variazioni del potenziale di membrana che vanno nel senso diuna depolarizzazione. È perché la membrana è eccitabile cheessa è in grado di depolarizzarsi, e questa proprietà si traducecon l’esistenza a riposo di una polarizzazione di membranastabile, il potenziale di riposo. Quando questa depolarizzazioneraggiunge un livello sufficiente, essa si propaga lungo gli assonifino alle terminazioni assonali sotto forma di potenziale d’azione,che rappresenta il messaggio nervoso che raggiunge le sinapsi epermette un trasferimento di informazioni nell’insieme dellereti nervose. A livello degli effettori, che si tratti di cellulemuscolari o di cellule endocrine, l’informazione così propagataproduce una risposta che si traduce, per esempio, con unacontrazione (o un rilassamento muscolare) o con la secrezionedi ormoni. È utile notare che il potenziale della membrana alriposo e il potenziale d’azione rappresentano solo degli statiestremi dell’eccitabilità della membrana; questa varia, così,

perpetuamente tra questi stati, determinati da un gioco com-plesso di cambiamenti di conduttanze di membrana in relazionecon le influenze che si esercitano sul neurone, ma anche in basealle sue proprietà intrinseche. In effetti, alcuni neuroni, dettineuroni pacemaker, presentano anche la capacità di autogeneraredei potenziali d’azione senza alcun effetto esterno, che giun-gono fino a permettere loro di determinare il proprio ritmo discarica nel caso dei conditional burster.

Potenziale della membrana a riposoQuando la cellula non genera potenziale d’azione, la mem-

brana è definita «a riposo». In tali condizioni, se si misura latensione tra l’interno e l’esterno della membrana con unelettrodo posizionato nella cellula, la registrazione rivela unadifferenza di potenziale media dell’ordine di -60 mV, mostrandoche l’interno della cellula è di polarità negativa rispettoall’esterno. Questa differenza di potenziale è stabile e costante.Essa è legata al carattere semipermeabile della membrana e allapresenza di una distribuzione degli ioni diseguale da una partee dall’altra della membrana plasmatica. Quattro ioni principalipartecipano allo stabilirsi di questo potenziale: gli ioni Na+, K+,Cl- e Ca2+. Per ognuno di questi ioni esiste un gradiente diconcentrazione, che fa sì che, quando nella membrana sonoaperti dei pori, le concentrazioni tendano a equilibrarsi. Questedifferenze di concentrazione sono anche soggette a trasportipassivi e al fatto che gli ioni sono in grado di utilizzaredispositivi specializzati per attraversare la membrana, qualicanali ionici, trasportatori ad hoc o pompe ioniche.

Canali ionici

I canali ionici sono delle proteine specializzate transmembra-narie, che formano un poro attraverso la membrana. Si tratta,in genere, di un assemblaggio di diverse subunità proteiche chedeterminano un poro selettivo per ciascuno degli ioni, quali icanali del potassio, formati da quattro subunità. I loro genisono conosciuti e mostrano l’esistenza di diverse isoforme, cheillustrano una grande diversità molecolare, importante per unadata selettività ionica, determinata, dal canto suo, dal diametrodel poro e, quindi, dalla struttura stessa del canale. I canaliionici presentano una conduttanza ionica che può essere loropropria e che attesta la resistenza più o meno alta del canale alpassaggio degli ioni. L’apertura del canale (gating) è condizio-nata dall’attività neuronale e da diversi segnali esterni delmicroambiente cellulare che agiscono sulle cellule eccitabili.Numerosi canali ionici presentano, così, una sensibilità alpotenziale della membrana. Questi canali sono denominati«voltaggio-dipendenti». Quando la membrana è al potenziale diriposo, cioè quando è iperpolarizzata, il poro è chiuso. Quandoè depolarizzata, la proteina-canale cambia di conformazione e ilporo lascia passare gli ioni, a causa della presenza nella proteinadi una regione sensibile al potenziale. È così, a partire da unadeterminata soglia di potenziale, rilevata da questo «sensore»,che la proteina canale cambia forma e adotta una conforma-zione nuova, permettendo il passaggio degli ioni. In talicondizioni, il passaggio degli ioni è in funzione del gradiente diconcentrazione ionica, in assoluto, se il canale rimane aperto,fino all’equilibrio delle concentrazioni da una parte e dall’altradella membrana. Prendendo in considerazione la natura degliioni, le loro concentrazioni esterna e interna, il carico di ioni ela temperatura, in particolare, l’equazione di Nernst permette distabilire che una corrente sodica in entrata corrisponde a unadepolarizzazione della membrana. Tra gli altri fattori chepossono permettere gli scambi ionici, si possono ricordare levariazioni nel tasso di adenosina trifosfato (ATP) intracellulare,dei processi di fosforilazione, l’azione di ligandi dei canali o,ancora, la concentrazione intracellulare di calcio. Una dellecaratteristiche degli scambi ionici è la loro durata limitata,anche quando la variazione del potenziale di membrana èmantenuta. Questo traduce il fatto che il canale si inattiva dopol’apertura, cioè adotta una conformazione che corrisponde auno stato «chiuso» del canale, più stabile sul piano termodina-mico di quella legata allo stato di canale «aperto». Così, i canaliionici esistono sotto tre stati: canale chiuso attivabile, canaleaperto e canale chiuso inattivato. Gli studi elettrofisiologici con

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patch-clamp, che permettono l’analisi degli scambi ionici alivello di un singolo canale, hanno rivelato che la selettivitàionica è relativa. Per esempio, i canali sodici possono anchepermettere il passaggio degli ioni di potassio, ma questo è12 volte inferiore alla conduttanza sodica. Questi studi hannoanche dimostrato che l’apertura del poro è solo di breve durata,dell’ordine del millisecondo, corrispondente alla rapida chiusuradel dotto dopo la sua apertura.

Pompe ioniche

Accanto ai canali ionici, gli scambi di ioni da una parte edall’altra della membrana possono anche utilizzare delle pompeioniche. Queste sono proteine transmembranarie che utilizzanol’energia prodotta mediante l’idrolisi dell’ATP intracellulare pertrasportare letteralmente gli ioni. Una delle componentiprincipali di queste pompe è l’ATPasi Na+K+, il cui ruolo èquello di mantenere a valori stabili le concentrazioni intracel-lulari di Na+ e K+, cioè di compensare in permanenza le correnti«di fuga» di questi ioni. Questa pompa agisce come unoscambiatore che funziona contro il gradiente di concentrazione(trasporto attivo). In questo caso, la fuoriuscita di sodio, comel’ingresso di potassio, è sensibile agli inibitori del metabolismo,come il dinitrofenolo, il cianuro o la uabaina. L’ATPasi Na+K+

scambia tre ioni Na+ contro due ioni K+.In queste condizioni, ponendo l’ipotesi che le membrane

siano permeabili a una sola categoria di ioni per volta , se sitiene conto dell’equilibrio che si stabilirebbe delle concentra-zioni relative a questo ione, i valori del potenziale di membranasarebbero rispettivamente i seguenti, espressi dal potenziale diequilibrio di ciascuno degli ioni:• ENa+ = + 58 mV;• EK+ = - 84 mV;• ECl- = - 58 mV;• ECa2+ = + 116 mV.

Poiché il potenziale della membrana a riposo è differente daquesti valori, ciò suggerisce il contributo di diversi ioni contem-poraneamente al mantenimento del potenziale [6]. La differenzatra il potenziale della membrana al riposo Vm e il potenziale diequilibrio per uno ione dato Eion definisce il gradiente elettro-chimico dello ione. Il flusso ionico e la sua direzione sonoproporzionali a questo gradiente. Così, gli ioni Na+ e Ca2+

hanno la tendenza a entrare nella cellula e gli ioni K+ a uscirne,poiché l’interno della cellula è caricato negativamente rispettoall’esterno. In pratica, l’elettrofisiologo misura delle correnti inampere, per trasposizione della legge di Ohm (V = R × I) aquesto gradiente elettrochimico, dove R è la resistenza dei canalial passaggio dello ione. Nelle membrane biologiche il potenzialea riposo si avvicina a EK+, il che suggerisce il contributoprincipale dei canali del potassio a questo potenziale di riposo.Ciò permette di capire che, se EK+ tende a 0, Vm tende a ENa+,ovvero evolve in senso di una depolarizzazione. Al contrario, seENa+ diminuisce, il potenziale di membrana evolve verso EK+,cioè verso l’iperpolarizzazione. A riposo, la pompa Na/Kmantiene una forte concentrazione intracellulare di K+, il che sitraduce con un potenziale di riposo negativo. È interessantenotare che le pompe ioniche possono essere oggetto diun’azione differenziale in funzione del grado di maturazionedella cellula. L’esempio più conosciuto riguarda il trasportatoredi cloro KCC2, che sarà oggetto di un’espressione e di unamaturazione tardiva. Così, nell’ippocampo o nella corteccia, peresempio, l’acido gamma aminobutirrico (GABA), neurotrasmet-titore fondamentalmente inibitore nell’adulto, che agiscemediante un incremento delle conduttanze del cloro (cfr. infra,paragrafo «Recettori»), esercita, al contrario, nel giovane durantelo sviluppo, un effetto eccitatorio, a causa della non elimina-zione del cloro dalla cellula. Quindi, l’attivazione progressiva deltrasportatore KCC2 funzionale conduce a un’inversione deigradienti di cloro, che può, quindi, essere eliminato dallacellula, rendendo il GABA inibitore. I canali ionici, nella lorodiversità considerevole, sono oggetto di studi molto numerosi,sia sul piano molecolare, sia farmacologico o funzionale. I datipiù attuali permettono di proporre il termine di «canalopatie»per spiegare le alterazioni funzionali di questi canali in relazionecon la patologia neurologica [7].

Potenziale d’azioneL’attività delle cellule nervose si manifesta con variazioni del

potenziale di membrana a partire dal potenziale di riposo, cioèda una situazione dove l’interno è caricato negativamenterispetto all’esterno del neurone. Il potenziale d’azione corris-ponde al capovolgimento rapido e transitorio di questo stato:l’interno diviene positivo rispetto all’ambiente extracellulare.Questa variazione di potenziale improvvisa presenta una duratadi circa 2 ms e un’ampiezza dell’ordine di 100 mV. Essa richiedel’attivazione di centinaia di canali del sodio dipendenti dalpotenziale. La depolarizzazione è seguita da una ripolarizzazionerapida della membrana. Lo studio del potenziale d’azione apartire da preparazioni isolate, dove le registrazioni dellevariazioni del potenziale di membrana sono accoppiate astimolazioni elettriche dei neuroni, permette di distinguerne leproprietà principali. Così, è possibile dimostrare che, a partiredal potenziale di riposo, la depolarizzazione deve raggiungereun soglia di depolarizzazione minimale sotto l’effetto dellastimolazione, per scatenare il potenziale d’azione, il che traducela necessità di raggiungere un valore del potenziale di mem-brana dell’ordine di -50 mV per permettere l’apertura dei canalisodici. A partire dalla soglia di scatenamento del potenzialed’azione, una stimolazione ripetuta si traduce con una salva dipotenziali d’azione che hanno tutti la stessa ampiezza e la stessadurata. Questo tipo di scarica a «salve di potenziali d’azione» èal cuore stesso della codificazione dell’informazione neuronalenelle reti nervose. Questa codificazione presenta così caratteris-tiche di modulazione in frequenza e non di modulazione diampiezza. È interessante rilevare che, se la frequenza di stimo-lazione del neurone è progressivamente aumentata, la frequenzadei potenziali d’azione aumenta in modo correlato, ma solofino a un certo limite, al di là del quale i potenziali d’azionenon possono più essere scatenati poiché sono troppo ravvici-nati; ciò è in relazione con l’impossibilità di scatenare un nuovopotenziale d’azione quando la stimolazione avviene al momentodella ripolarizzazione, nel periodo che corrisponde a quello chesi definisce il «periodo refrattario» dell’eccitabilità di membrana.

I meccanismi ionici del potenziale d’azione sono stati studiatiparticolarmente da Hodgkin, Katz e Huxley, negli anni Cin-quanta. L’ampiezza dei potenziali d’azione è fortemente ridottaquando la concentrazione di Na+ extracellulare è diminuita.Analogamente, l’aumento delle concentrazioni extracellulari diK+ rallenta la ripolarizzazione. Sono stati Hodgkin e Huxley asuggerire per primi la presenza nella membrana assonale dicanali ionici, suscettibili di esistere sotto due stati: «attivati»(aperti) e «inattivati» (chiusi); la riattivazione interverrebbe soloper valori negativi del potenziale della membrana. L’inattiva-zione farmacologica dei canali del sodio e del potassio con latetrodotoxina (TTX) e il tetraetilammonio (TEA), rispettiva-mente, contribuisce a dimostrare che, in presenza di TTX, lacorrente è «in uscita», cioè evolve nel senso di un’iperpolariz-zazione, mentre, in presenza di TEA, è «in ingresso», cioè va nelsenso di una depolarizzazione della membrana. Questi studihanno anche dimostrato che la fase ascendente del potenzialed’azione è legata all’apertura di canali sodici sensibili alpotenziale, innanzitutto a probabilità di apertura bassa a partireda -50 mV, poi a probabilità di apertura elevata, a partire da-40 mV. Tuttavia, l’ingresso di sodio che ne deriva si trovalimitato nel tempo, per due ragioni: innanzitutto, perché icanali sodici aperti presentano un’inattivazione rapida chelimita il flusso in ingresso degli ioni Na+, poi perché la depola-rizzazione induce essa stessa (dopo un intervallo) l’apertura deicanali del potassio, provocando un’iperpolarizzazione perfuoriuscita di potassio. Quindi, i canali sodici divengononuovamente attivabili e può essere scatenato il nuovo poten-ziale d’azione. Nel caso dei neuroni, la depolarizzazione dellamembrana si produce particolarmente a livello della zona diemergenza dell’assone, che si definisce il «cono assonale», dovesono concentrati canali del sodio dipendenti dal potenziale, chepermettono, a questo livello, lo scatenamento dei potenzialid’azione a causa dell’eccitabilità particolare di questa regione dimembrana.

La propagazione dei potenziali d’azione lungo l’assonecorrisponde a un meccanismo di autorigenerazione di questi

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potenziali. È la depolarizzazione massiva transitoria di una partedell’assone che, a sua volta, iperpolarizza il segmento situatoappena dopo. In ogni istante è, dunque, un nuovo segnale cheè prodotto da un nuovo segmento dell’assone e che è registrato.Il fatto che i canali sodici aperti siano transitoriamente inatti-vabili determina il senso unilaterale della propagazione delpotenziale d’azione a partire dal cono assonale, dal momentoche solo i canali situati a valle del potenziale d’azione sono ingrado di produrre un nuovo potenziale d’azione. Il carattereautorigenerativo del potenziale d’azione spiega anche il mante-nimento dell’ampiezza lungo tutto il decorso dell’assone. Nelcaso degli assoni amielinici, l’aumento della conduttanza sodicaa partire dalla soglia di attivazione dei canali dipendenti dalpotenziale scatena un potenziale d’azione che permetterà essostesso ai canali situati in una zona dell’assone vicina di raggiun-gere la soglia dell’attivazione dei canali e così via. Al contrario,se la soglia non è raggiunta, la depolarizzazione non scatena unpotenziale d’azione e la corrente diminuisce rapidamente con ladistanza, corrispondendo a quello che si definisce un «poten-ziale elettrotonico», immagine «a distanza» del potenzialelocale. È questo tipo di potenziale elettrotonico che intervienea livello dei dendriti; la somma di queste correnti influenza «adistanza» il cono assonale.

Negli assoni non mielinizzati la velocità di propagazione deipotenziali d’azione è proporzionale al diametro dell’assone.Complessivamente, si tratta di una questione di resistenza: piùil diametro dell’assone è ridotto, più la resistenza è alta e più lapropagazione delle correnti avviene per distanze brevi. Alcontrario, se il diametro dell’assone è più elevato, poiché lecorrenti si «chiudono» più lontano e, quindi, la zona attivata èpiù lontana, la velocità di propagazione è più elevata. Nel casodegli assoni mielinizzati, la conduzione utilizza i nodi diRanvier, che rappresentano delle zone di minore resistenzaelettrica, a livello di cui si chiudono le correnti generate dalladepolarizzazione. La conduzione presenta, per questo motivo,un carattere saltatorio, superando «a balzi» le distanze interno-dali, dell’ordine di 400-1500 µm e fino a 2 mm, nei casiestremi. L’eccitabilità dei nodi di Ranvier è assicurata da un’altaconcentrazione di canali sodici, mentre le zone internodalisono, al contrario, ricche di canali del potassio. Questo disposi-tivo assicura così una velocità di conduzione rapida, tantomaggiore quanto più lunghi sono i segmenti internodali. Diconseguenza, nelle malattie demielinizzanti, come nella sclerosia placche o nella sindrome di Guillain-Barré, esiste una forteriduzione della velocità di propagazione dei potenziali d’azione,sia nel sistema nervoso centrale sia in quello periferico.

L’arrivo del potenziale d’azione a livello delle terminazioninervose scatena l’attività sinaptica e provoca la secrezione deineurotrasmettitori. Questa secrezione, dipendente dalla depola-rizzazione della terminazione nervosa, implica altri tipi di canaliionici, in particolare i canali del calcio di tipo L, sensibili alpotenziale, che rappresentano dei canali ad alta soglia diattivazione quando il potenziale di membrana raggiunge deivalori dell’ordine di -20 mV e che presentano delle cinetiche diattivazione e di inattivazione più lente di quelle dei canalisodici.

■ Neurotrasmettitorie segnalazione intercellulare

Il superamento della sinapsi richiede la trasformazionetransitoria di un segnale elettrico, codificato sotto forma dipotenziali d’azione che si propagano nelle reti neuronali, in unsegnale di natura chimica, per iniziare nuovamente un messag-gio che implica, il più delle volte, l’eccitabilità del neuronebersaglio. Questa cascata di avvenimenti ha tuttavia, comelimite la conservazione del significato funzionale del messaggionervoso. L’interesse della codificazione che utilizza un neuro-trasmettitore è percepibile a vari livelli. Innanzitutto, essapermette una diversità di possibilità di trasporto dell’informa-zione con il semplice gioco dei circa 200 differenti neurotras-mettitori identificati ad oggi, anche se, quantitativamente,alcuni di essi (aminoacidi eccitatori come il glutammato oinibitori come il GABA) sono notevolmente più utilizzati di altri

(neuropeptidi). La diversità fenotipica delle sottopopolazioni dineuroni permette, così, di assicurare un’ampia varietànell’informazione e nella sua codificazione sinaptica. In secondoluogo, questo tipo di dispositivo presenta anche l’interesse di unincremento considerevole degli elementi della codificazione, peril fatto che ciascuno dei neurotrasmettitori presenta la capacitàdi agire su diversi sottotipi dei suoi recettori di membrana. Lacombinazione è allora molto ampia e genera possibilità quasiinfinite di nuovi segnali, tenendo conto della diversità deineurotrasmettitori e di quella dei differenti recettori su cui essiagiscono localmente (fino a una ventina di sottotipi per ilglutammato, per esempio). Di conseguenza, sembra che ciò cherisulta determinante non sia più soltanto la natura del neuro-trasmettitore implicato nella trasmissione sinaptica, ma piut-tosto quella del recettore o dei recettori su cui esso agisce.Infine, questo tipo di dispositivo permette una risposta gra-duata, schematicamente e in prima approssimazione in rela-zione con l’intensità dell’attivazione presinaptica, ma anche peril fatto che gli effettori delle risposte postsinaptiche sono anchedi diversi tipi, offrendo la possibilità di cascate di segnalazionevarie il cui significato funzionale non riguarda solo l’eccitabilitàdel neurone bersaglio ma anche altri dei suoi parametri, chearrivano, per esempio, fino a comportare cambiamenti della suaespressione genica.

Neurotrasmettitori e categorizzazioneneuronale

Diversità del fenotipo neuronaleConvenzionalmente, sono state identificate tre grandi fami-

glie di molecole che partecipano alla neurotrasmissione: gliaminoacidi, le amine e i neuropeptidi. Il loro contributo relativosi rivela, tuttavia, molto differente, poiché gli aminoacidi sonotra i neurotrasmettitori quelli più largamente rappresentati,mentre il contributo dei neuropeptidi sembra ancora in ques-tione. A parte questo, benché i meccanismi che coinvolgono leamine, e in particolare le monoamine, siano sicuramente quellidocumentati meglio, essi riguardano solo una parte relativa-mente limitata del sistema nervoso, poiché questi neuronimonoaminergici rappresentano solo meno dello 0,5%dell’insieme dei neuroni del cervello, benché le loro termina-zioni assonali siano ampiamente distribuite, in relazione con ilcarattere molto divergente delle loro ramificazioni assonali.

Amine

Le amine sono state i primi neurotrasmettitori identificati, apartire da osservazioni realizzate nel sistema nervoso periferico.L’acetilcolina, che rappresenta un’amina terziaria, è stata, così,il primo neurotrasmettitore caratterizzato, in particolare per isuoi effetti depressori sull’attività cardiaca e per il suo effettoattivatore del muscolo striato. Le altre amine identificate comeneurotrasmettitori sono monoamine, esse stesse rappresentateda catecolamine (dopamina, noradrenalina, adrenalina) e dallaserotonina, a cui si è aggiunta, più recentemente, l’istamina.Benché l’adrenalina e la noradrenalina siano note fin dall’iniziodel XX secolo, la loro presenza nel SNC è stata riconosciuta solodopo gli anni Sessanta mediante la messa a punto di metodiche hanno permesso la visualizzazione dei neuroni che lecontengono. D’altra parte, è veramente a partire da questaepoca relativamente recente che la nozione di fenotipo neuro-nale ha assunto tutto il suo significato. Se le monoamine sonocosì note, è per il fatto che esse sono rapidamente apparsepartecipare a molte funzioni cerebrali, conducendo, dopoquest’epoca, all’elaborazione di vere teorie monoaminergiche,ancora molto in voga oggi sia, innazitutto, per il controllo dellavigilanza (serotonina, noradrenalina) e per il controllodell’umore (serotonina e depressione, dopamina e schizofrenia)sia, ancora, per il controllo motorio (dopamina). Indubbia-mente, queste teorie si sono rivelate estremamente riduttive enon possono essere più sostenute a lungo, ma hanno avuto ilvantaggio di permettere la messa a punto dei primi farmaci,sempre attuali, sia nel campo degli antidepressivi o degliantipsicotici, sia, ancora, dei farmaci per la malattia di Parkin-son o anche per la malattia di Alzheimer, trattandosi dell’ace-tilcolina. D’altra parte, queste teorie hanno, inoltre, permesso di

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architettare il concetto di neuromodulazione, spesso presentato inopposizione a quello della neurotrasmissione. In effetti, questidue concetti non sono opposti, ma complementari. Benchéqueste nozioni siano un poco astratte e restino di pertinenza diun dibattito tra specialisti, uno dei modi di differenziare laneurotrasmissione dalla neuromodulazione è, per esempio,quello di considerare il carattere indispensabile del neurotras-mettitore per il funzionamento delle reti e, pertanto, per latrasmissione delle informazioni, mentre il neuromodulatorepermetterebbe solo degli adattamenti contestuali della funzionedi queste stesse reti, come la dopamina, essenziale al funziona-mento armonico del sistema sensitivo-motorio, ma la cuiassenza, in assoluto, non impedisce la realizzazione delle azioni,anche se queste si eseguono in condizioni meno buone che insua presenza. Questa visione, certamente un po’ riduttiva, è dacollegare al fatto che, a livello cellulare, i neurotrasmettitoriinfluenzano direttamente e visibilmente l’attività neuronale,contribuendo a quella che si è potuto chiamare la trasmissione«rapida», mentre gli effetti cellulari dei neuromodulatori nonsono sempre immediatamente percettibili, poiché la loro azionepassa piuttosto attraverso dei sistemi di trasduzione dei segnalelenti ma duraturi, che sottendono una segnalazione «lenta».Così, si può ritenere che la loro presenza non sia senza dubbiofondamentale per il funzionamento cerebrale, ma che, in loroassenza, il cervello non sia più in grado di svolgere completa-mente le sue funzioni, specialmente per quanto riguarda iprocessi comportamentali adattativi.

Aminoacidi

Gli aminoacidi sono stati implicati nella neurotrasmissionefin dagli anni Cinquanta, con la scoperta del loro intervento, dauna parte, nelle risposte eccitatorie (aminoacidi eccitatori, di cuiil glutammato è il principale rappresentante) e, dall’altra, deifenomeni inibitori (intervento principale del GABA, ma anchedella glicina o, ancora, della taurina). Chiaramente, questineurotrasmettitori influenzano in senso opposto l’eccitabilitàneuronale, sottendendo i processi eccitatori e inibitori rivelatidai metodi elettrofisiologici, allora trionfanti, per analizzare espiegare il funzionamento cerebrale. Contrariamente ai neuroniaminergici, quelli che utilizzano come neurotrasmettitori gliaminoacidi sono molto numerosi: è così, generalmente,ammesso che più del 50% delle sinapsi del sistema nervosocentrale utilizzi l’uno o l’altro di questi aminoacidi e che, inalcune regioni cerebrali coinvolte nei processi cognitivi, come lacorteccia cerebrale o l’ippocampo, questa percentuale siacertamente più elevata. Sul piano fisiopatologico si sospettanodelle disfunzioni che coinvolgono questi sistemi neuronalialmeno in alcune forme di epilessia, dove il rinforzo farmaco-logico dei processi inibitori rappresenta una forma di terapiamedica relativamente comune.

Neuropeptidi

Si tratta della terza classe di neurotrasmettitori. Benché iprimi neuropeptidi che svolgono il ruolo di neurotrasmettitorisiano stati identificati fin dagli anni Cinquanta, è veramentecon l’avvento dei metodi immunoistochimici, negli anniSettanta, che sono state definite le cartografie di questi sistemineuronali e la loro estrema diversità riconosciuta. Contraria-mente alle due precedenti famiglie, che contano complessiva-mente non più di una ventina di membri, la classe deineuropeptidi ne raggruppa quasi dieci volte di più. Sarebbesuperfluo fornirne qui un inventario. Si ricordano semplice-mente le sottoclassi più rappresentate di questi neurotrasmetti-tori particolari, il cui ruolo funzionale rimane, per la parteessenziale, oscuro. Essi sono raggruppati in diverse famiglie,come quella dei peptidi oppiacei (b-endorfine, metionina-enkefalina, leucina-enkefalina e dinorfina, in particolare), il cuiruolo funzionale si avvicinerebbe a quello della morfina, inparticolare perché essi agiscono su recettori simili, e quella delletachichinine (sostanza P, neurochinina A, neurochinina B,neuropeptide K ecc.) suscettibili di essere coinvolte nellamediazione di processi nocicettivi. Accanto a queste due grandifamiglie, si distinguono altri neuropeptidi neurotrasmetitori,raggruppati ancora per il fatto di essere presenti anche comeneurormoni nell’asse ipotalamo-ipofisario (thyrostimulin releasing

hormone [TRH], growth hormone releasing hormone [GHRH],luteinizing hormone-releasing hormone [LHRH], corticotropin-releasing factor [CRF], somatostatina, ossitocina, vasopressina,prolattina, adrenocorticotropin hormone [ACTH], a-melanocytestimulating hormone [MSH]), di essere presenti come ormoni deltratto gastrointestinale (vasoactive intestinal peptide [VIP],colecistochinina [CCK], neurotensina, neuropeptide Y, pep-tide YY, gastrina) o di essere stati identificati sia nel SNC sia alivello periferico (angiotensina, atrial natriuretic factor [ANF],calcitonin gene related peptide [CGRP], bradichinina, calcitonina,galaninea). In ogni modo, occorre ricordare che il ruolo diquesti neuropeptidi in quanto neurotrasmettitori non è in alcunmodo in relazione con il loro ruolo di ormone in periferia. Adoggi, esistono solo pochi elementi sul ruolo funzionale di questineuropeptidi, salvo stabilire delle correlazioni tra il lorosupposto intervento e alcune grandi patologie, come l’indebo-limento di alcune marcature immunoistochimiche dei neuronia somatostatina nella corteccia dei pazienti dementi o, ancora,il possibile intervento del neuropeptide Y nei comportamentialimentari.

Per concludere, occorre menzionare il contributo di altremolecole coinvolte nella segnalazione, tra cui i fattori neurotro-fici (nerve growth factor [NGF], brain-derived neuronal factor[BDNF], glial-derived nerve growth factor [GDNF], epithelial growthfactor [EGF], neurotrofina 3 [NT3], neurotrofina 4 [NT4] ecc.),che agiscono non soltanto durante lo sviluppo neuronale, maanche nell’adulto, almeno per alcuni di loro, e che presentano,talvolta, la particolarità di agire come una segnalazione retro-grada, per contrapposizione al funzionamento convenzionale diuna sinapsi classica. Questi fattori neurotrofici sono oggioggetto di tutta l’attenzione dei neurobiologi, alcuni dei qualiipotizzano che un deficit di produzione o di azione dell’uno odell’altro di questi fattori potrebbe essere coinvolto nellosviluppo di alcune forme di malattie neurodegenerative. Infine,per completezza, è opportuno ricordare il coinvolgimentodell’ATP e dell’adenosina, il cui ruolo nella neurotrasmissione èriconosciuto in alcune sinapsi, che rappresentano, almeno nelcaso dell’adenosina, un nuovo bersaglio terapeutico (peresempio, nella malattia di Parkinson), o, ancora, quello delmonossido di azoto (NO) e, addirittura, dell’acido arachidonicoo dei derivati dei cannabinoidi. In questi ultimi casi l’interesseè aumetato dal fatto che si raggiunge il concetto di «segnala-zione retrograda», poiché questi agenti sono, in alcuni casi,altamente diffusibili e in grado di superare le sinapsi. Lasegnalazione perde, allora, in questo caso, la sua specificitàrigorosamente sinaptica. Il NO è, in particolare, molto studiatocome possibile vettore di azioni neuronali sul microcircolocerebrale.

Elementi di complessitàCoesistenza dei neurotrasmettitori

Se la ricerca del fenotipo neuronale è stata a lungo un mododi sistematizzare l’organizzazione cerebrale riconoscendovi deisottosistemi, è avvenuto piuttosto rapidamente che questo iterabbia condotto a un visione troppo semplicistica di questaorganizzazione. Questa visione è oggi unanimemente condivisae l’organizzazione cerebrale deve integrare il concetto dicolocalizzazione dei diversi neurotrasmettitori in uno stessoelemento neuronale. In altri termini, uno stesso neurone è ingrado di utilizzare simultaneamente (o in modo sinergico)diversi neurotrasmettitori a livello delle sue sinapsi. Gli esempisono oggi numerosi e, senza che ciò sia eccessivo, si puòritenere che questa organizzazione sia verosimilmente più laregola che l’eccezione (Fig. 2).

Dai neurotrasmettitori ai gliotrasmettitori

Questo capitolo è certamente quello che dovrebbe evolveremaggiormente, considerando le scoperte, ogni giorno piùimportanti, realizzate sulle cellule gliali e, in particolare, sugliastrociti [3, 5]. Ad oggi, sono acquisiti tre tipi di informazioni suigliotrasmettitori: queste cellule sono in grado di secernere fattorineurotrofici (neurotrofine NT3 e NT4, per esempio), citochinesuscettibili di svolgere un ruolo attivo nella neuroprotezione,per esempio, e secernono fattori implicati nella comunicazioneastroneuronale come la glutamina, precursore metabolico del

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glutammato captato dai neuroni e trasformato in seguito inglutammato neurotrasmettitore. La lista non è sicuramenteesauriente e si ritiene che gli astrociti siano anche in grado disecernere del glutammato (attraverso un meccanismo simile aquello descritto per le terminazioni assonali, che comporta dellevescicole che presentano alcune similitudini con le vescicolesinaptiche, e probabilmente anche attraverso un altro mecca-nismo basato sull’inversione del senso di funzionamento deicarrier di membrana), ma anche dell’aspartato, dell’ATP enumerosi neuropeptidi come certi peptidi oppioidi, il VIP, ilneuropeptide Y, la sostanza P e via dicendo. Resta allora dadefinire in quali condizioni si svolgano questi scambi e qualepossa essere il loro ruolo funzionale. Di conseguenza, il concettodi «gliotrasmettitore» acquista tutto il suo senso nel quadrodelle interazioni funzionali neurone-glia, se, inoltre, si ricordache le cellule gliali, e tra esse gli astrociti in particolare,esprimono molti recettori per i neurotrasmettitori (neuropeptidi,glutammato, GABA, acetilcolina, serotonina, ATP, adenosina,ecc.) e che i neuroni esprimono, dal canto loro, dei recettori peri trasmettitori secreti dalle cellule gliali (recettori per neuropep-tidi, fattori trofici, glutammato ecc.).

Segnalazione «rapida» e segnalazione «lenta»Convenzionalmente, la segnalazione intercellulare è stata

dapprima analizzata con i metodi elettrofisiologici, principal-mente a livello delle giunzioni neuromuscolari. Questi lavorihanno permesso di dimostrare che l’attivazione sinaptica, che sitraduce con la contrazione muscolare, corrisponde a un cam-biamento di eccitabilità dell’elemento postsinaptico, misurabilesotto forma di potenziale postsinaptico di eccitazione (PPSE)derivante da un ingresso massivo di sodio nella fibra muscolaree generante una corrente in ingresso. L’estensione di questistudi al SNC ha permesso di rivelare, nel caso delle risposteinibitorie, la presenza di potenziali postsinaptici di inibizione(PPSI) che traducono una riduzione dell’eccitabilità dell’ele-mento postsinaptico, la cui membrana diventa iperpolarizzatarispetto al potenziale di riposo. Questi PPSI presentano decorsitemporali similari alle risposte eccitatorie, ovvero agiscono dopoun breve ritardo incompressibile dell’ordine di 0,5 ms, denomi-nato «ritardo sinaptico», per raggiungere rapidamente unmassimo di ampiezza intorno ai 2 ms e terminando in circa4 ms. Queste risposte postsinaptiche sono strettamente dipen-denti dalla funzionalità delle terminazioni nervose presinaptichee, come si vedrà in seguito, sono strettamente dipendenti dallaconcentrazione extracellulare di calcio, dell’ordine di 2 mM neimammiferi. Esse dipendono inoltre dalla natura del neurotras-mettitore e dalla sua interazione con i recettori specifici situatinella membrana postsinaptica.

Negli anni Settanta è stato scoperto che l’azione di unneurotrasmettitore sui suoi recettori era in grado di noninfluenzare direttamente l’eccitabilità della membrana, come èillustrato qui sopra, ma poteva anche produrre, in alcuni casi,delle risposte cellulari più durature, misurabili in base adaumenti dei tassi dell’adenosina monofosfato ciclico (cAMP) delneurone postsinaptico, quello che è stato in seguito denominato«secondo messagero», come era stato descritto precedentementeper alcuni ormoni. Tali fenomeni, estesi ad altri secondimessaggeri identificati, come il guanosina monofosfato ciclico(cGMP) o, ancora, il calcio, sono in seguito stati generalizzatialla maggior parte delle monoamine, ad altre vie di segnala-zione e alle molecole di segnalazione atipiche, come i fattorineurotrofici, il NO o l’acido arachidonico.

Questi dati hanno condotto a proporre l’ipotesi che esistanoin realtà due metodi distinti di segnalazione intercellulare, chehanno ripercussioni differenti sulle attività delle reti neuronali:• una segnalazione «rapida», la cui scala temporale di trasmis-

sione dei segnali è dell’ordine di alcuni millisecondi, cheimplica dei cambiamenti transitori di conduttanze ioniche eporta a PPSE e PPSI;

• una segnalazione «lenta», dalle caratteristiche cinetichedell’ordine del secondo, perfino del minuto, che implica inmodo principale dei sistemi di trasduzione dei segnali nervosiaccoppiati all’azione dei secondi messaggeri e a processi difosforilazione/defosforilazione relativamente duraturi, chenon si ripercuotono necessariamente sull’eccitabilità dimembrana.Queste due modalità di comunicazione non hanno la stessa

finalità, in quanto la segnalazione rapida è la base dellafunzione del sistema nervoso per assicurare in particolare lareattività comportamentale. Viceversa, i processi lenti potreb-bero intervenire di preferenza negli adattamenti lenti e duraturi,come quelli che intervengono nel controllo della vigilanza, neiprocessi attenzionali, emotivi o motivazionali o anche neiprocessi alla base dell’apprendimento e della memorizzazione,centrati, in genere, sul coordinamento dell’attività di ampiepopolazioni neuronali. Sarebbe il coordinamento dell’insieme diquesti processi cellulari e molecolari che permetterebbe, dautimo, il funzionamento armonico del sistema nervoso e gliadattamenti comportamentali. Di conseguenza, si immaginameglio, al tempo stesso, l’intervento degli aminoacidi piuttostonei processi rapidi, poiché agiscono principalmente sull’eccita-bilità di membrana, e quello delle amine e dei neuropeptidi,incaricati soprattutto della modulazione di grandi funzionipiuttosto globali a dinamica lenta, come i cambiamenti divigilanza e di umore o, ancora, di motivazione, presi a titolod’esempio.

Trasmissione sinaptica

Biosintesi dei neurotrasmettitoriLa biosintesi neuronale fa tradizionalmente parte dei criteri

avanzati per cui una molecola è considerata un neurotrasmetti-tore, dal momento che la capacità di sintesi limitata ad alcunepopolazioni di neuroni è una garanzia di specificità. Questaregola si è considerevolmente ammorbidita con il riconosci-mento quale neurotrasmettitore di molecole più o menoubiquitarie, come l’ATP o l’adenosina ma, complessivamente, ilcriterio di una capacità di sintesi specifica rimane ad oggi unelemento convenzionale forte perché una molecola implicatanella segnalazione sia effettivamente considerata un neurotras-mettitore. Schematicamente, sono riconosciuti due grandiprincipi di biosintesi dei neurotrasmettitori: una sintesi enzima-tica per le amine e gli aminoacidi e una sintesi peptidica per ineuropeptidi.

Sintesi enzimatica

Essa fa ricorso a uno o a più enzimi specificamente espressida una popolazione neuronale determinata, che esprime il genedi questo (o di questi) enzima(i). In una o più tappe, questienzimi metabolizzano dei substrati specifici per produrre ilneurotrasmettitore all’interno stesso del neurone, in lineagenerale. Così, l’acetilcolina è prodotta strettamente nei neuronicolinergici, i soli in grado di esprimere la colina acetiltransferasi.

GABA

NeuropeptidiNeuropeptidi

Aminoacidieccitatori

Ach

Monoamine

Figura 2. Principi di coesistenza di diversi neurotrasmettitori nella stessapopolazione neuronale. I neuropeptidi presentano la caratteristica diessere, il più delle volte, associati ad altri neurotrasmettitori, che si tratti diun altro neuropeptide, dell’acido gamma aminobutirrico (GABA), diun’amina, dell’acetilcolina (Ach) o di un aminoacido eccitatore, rendendomolto frequente la colocalizzazione intraneuronale. Tuttavia, se la mag-gior parte dei neurotrasmettitori coesiste con i neuropeptidi, in generaleesiste poca (o nulla) sovrapposizione tra popolazioni GABAergiche, mo-noaminergiche, glutammatergiche o colinergiche.

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La colina acetiltransferasi produce l’acetilcolina in una solatappa a partire dalla colina, molto abbondante nel sistemanervoso, e dall’acetilcoenzima A, prodotto dai mitocondri.Questa biosintesi agisce principalmente nel citosol delleterminazioni nervose colinergiche dove l’enzima è presente,quindi l’acetilcolina è incorporata nelle vescicole sinaptiche datrasportatori specifici.

Analogamente, la biosintesi della serotonina implica, in unaprima fase, la triptofano idrossilasi, enzima specificamenteespresso dalla sottopopolazione dei neuroni serotoninergici, apartire dal triptofano, aminoacido essenziale apportato con ladieta. La biosintesi della serotonina è dunque dipendentedall’apporto di questo aminoacido; qualsiasi deficit si manifestacon una riduzione della produzione del neurotrasmettitore. Ilprodotto di questa idrossilazione è il 5-idrossitriptofano (5-HTP),che è decarbossilato immediatamente in 5-idrossitriptamina (laserotonina) sotto l’azione di una decarbossilasi a relativaspecificità di substrato. In questo caso, la specificità è dunquelegata alla prima tappa della catena di biosintesi, vale a direall’azione della triptofano idrossilasi, che è oggetto di regola-zioni molto fini, in particolare mediante fosforilazione.

Anche la biosintesi delle catecolamine fa intervenire deglienzimi specifici, in diverse tappe, in funzione della natura delneurotrasmettitore che rappresenta il prodotto finale, dopamina,noradrenalina o adrenalina. Il punto di partenza di questabiosintesi, comune all’insieme delle catecolamine, è la metabo-lizzazione della tirosina, aminoacido essenziale apportato con ladieta, da parte della tirosina idrossilasi, che rappresenta l’enzimaspecifico comune alla produzione dell’insieme delle catecola-mine e, dunque, espresso da tutti i neuroni che producono eutilizzano questi neurotrasmettitori. L’azione della tirosinaidrossilasi sulla tirosina si traduce con la produzione di unprodotto intermedio che non è considerato un neurotrasmetti-tore, la diidrossifenilalanina (DOPA), rapidamente metabolizzatada un altro enzima, la DOPA decarbossilasi, a più debolespecificità di substrato e che non è localizzato strettamente neineuroni catecolaminergici, per produrre la dopamina. È, d’altraparte, questa particolarità a essere utilizzata nel trattamentodella malattia di Parkinson, dove la DOPA, somministrata sottoforma di farmaco, attraversa la barriera ematoencefalica e vienemetabolizzata in dopamina, che può così agire sui suoi recettori,anche in assenza di neuroni dopaminergici. Nei neuronidopaminergici la cascata attivante si ferma a questo punto. Sequesta catena di eventi interviene nei neuroni a noradrenalina,un nuovo enzima espresso in questi neuroni, la dopaminab-idrossilasi, interviene per idrossilare la dopamina in noradre-nalina, che può così agire come neurotrasmettitore. Se, infine,si tratta di neuroni secernenti adrenalina, un ultimo enzima, lafeniletanolamina N-metil transferasi (PNMT), trasforma lanoradrenalina in adrenalina. Come nel caso della sintesi dellaserotonina, è la prima fase di questa catena di biosintesi,relativamente lenta, che regola l’insieme del processo. Latirosina idrossilasi è oggetto di fosforilazioni che controllano lasua attività ed è regolata dai prodotti della reazione, in unprocesso di «feedback negativo», che limita efficacemente lasintesi delle catecolamine quando la DOPA ha la tendenza adaccumularsi nelle terminazioni nervose, dove ha luogo la parteessenziale della biosintesi. Al contrario, l’attivazione dei neuronicatecolaminergici stimola in modo concomitante la biosintesidelle catecolamine. Peraltro, questo enzima richiede cofattoriquali la tetraidropteridina, dell’ossigeno molecolare e del ferrosotto forma di Fe2+, per essere attivato.

Il GABA è anche oggetto di una sintesi enzimatica checoinvolge gli astrociti e le relazioni astrogliali. Il GABA èformato per decarbossilazione del L-glutammato sotto l’azionedella glutammato decarbossilasi (GAD), enzima specifico deltessuto nervoso. Convenzionalmente, si ammette che il glutam-mato ha origine dalla transaminazione dell’a-ossoglutarato. Lasintesi del GABA è dunque strettamente legata al metabolismodei carboidrati. La glutammato decarbossilasi, che esiste in dueforme, GAD65 e GAD67, prodotte da due geni diversi, èspecifica dei neuroni GABAergici. Uno dei suoi cofattoriprincipale è il fosfato di piridossale, che assicura la regolazionedell’attività dell’enzima. Il glutammato all’origine del GABA può

provenire da un’incorporazione diretta a partire dallo spaziosinaptico, per esempio sotto l’effetto dell’attivazione di untrasportatore neuronale di tipo EAAC1 (EAAT3), localizzato,almeno in parte, sugli elementi postsinaptici delle sinapsiglutamatergiche. Il GABA proviene anche dal glutammatosecreto sotto forma di glutamina dagli astrociti, secondaria-mente incorporato dai neuroni GABAergici, dove è trasformatoin GABA dalla GAD.

Il glutammato può provenire dal metabolismo dei carboidrati.Più generalmente, si ammette che la parte essenziale delglutammato neurotrasmettitore sia strettamente legata alfunzionamento del ciclo neurone glutamatergico-astrociti. Ineffetti, la parte essenziale del glutammato liberato a livello dellospazio sinaptico è captata dopo la sua azione sui recettori dagliastrociti circostanti, coinvolgendo dei meccanismi di trasportogliali specifici, che lo accumulano. In seguito, il glutammato ètrasformato in glutamina negli astrociti da parte di una gluta-mina sintetasi. Quindi, la glutamina è secreta dagli astrociti edè captata dalle terminazioni glutammatergiche, dove è metabo-lizzata nuovamente in glutammato da una glutaminasi, localiz-zata principalmente in questi neuroni eccitatori. Si trattadunque di una sintesi enzimatica che implica una sinergiastretta tra funzionamento neuronale e astrocitario.

Sintesi peptidica

Per quanto riguarda infine i neuropeptidi, essi sono prodottida geni espressi da alcune popolazioni di neuroni specifici, checodificano le loro sequenze, conducendo alla produzione diprepropeptidi immaturi, progressivamente trasformati inpropeptidi e, quindi, in peptidi attivi, in una fase di matura-zione che li porta, in generale, dalla regione somatica delneurone verso le terminazioni nervose, dove sono liberati. Lasintesi avviene a partire dagli RNA messaggeri specifici diciascuno dei peptidi prodotti. Ciò conduce a osservare lapresenza di precursori comuni allo stesso tempo a diversineuropeptidi neurotrasmettitori. Per esempio, i peptidi dellafamiglia degli oppiacei provengono da tre geni principali, checodificano rispettivamente le due forme met-enkefalina e leu-enkefalina, derivate dalla proenkefalina, la dinorfina e la leu-enkefalina, derivate dalla prodinorfina, e la met-enkefalina,l’a-MSH, la b-endorfina e l’ACTH, derivati dalla pro-opiomelanocortina.

Inattivazione sinapticaL’inattivazione dei neurotrasmettitori secreti nello spazio

sinaptico deriva da tre meccanismi differenti e implicati inmaniera differenziale nel funzionamento sinaptico, in relazionecon la natura stessa del neurotrasmettitore:• un processo di diffusione passiva del neurotrasmettitore

nell’ambiente extracellulare, che riduce rapidamente la suaconcentrazione effettiva mediante la diluizione in questospazio;

• una degradazione enzimatica che metabolizza alcuni neuro-trasmettitori, il che porta alla loro inattivazione;

• un processo che fa intervenire pompe specifiche molto attive,eliminando il neurotrasmettitore sinaptico per incorpora-zione, o in terminazioni assonali o negli astrociti.Comunque, occorre considerare che lo scopo principale di

questa inattivazione, che deve essere rapida, è di diminuiremolto rapidamente la concentrazione del neurotrasmettitore alivello dei recettori al fine di «terminare» la fase di trasmissionedell’informazione e rendere, per questo motivo, la sinapsinuovamente «attivabile». Si tratta dunque di un processodinamico che agisce sul turnover del neurotrasmettitore a livellodei recettori, essenziale per garantire la continuità della trasmis-sione sinaptica; deriva da una proprietà che ipoteca il funziona-mento sinaptico quando il neurotrasmettitore resta troppo alungo in prossimità dei recettori: la desensibilizzazione deirecettori, equivalente alla perdita della risposta sinapticamalgrado la presenza del neurotrasmettitore, conseguenza diun’interazione prolungata con i recettori.

Inattivazione enzimatica

Se si eccettua la diffusione, che resta un processo limitato,l’inattivazione enzimatica riguarda il 100% dei neuropeptidiliberati nello spazio sinaptico. I neuropeptidi sono degradati

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rapidamente da peptidasi, la cui specificità di substrato èdiscussa, in metaboliti inattivi, mettendo così un punto finalealla loro azione sui recettori. Queste peptidasi sono enzimiestremamente attivi. Il concetto di «enkefalinasi» è statointrodotto per tentare di procedere a una limitazione farmaco-logica della degradazione delle enkefaline ma, ad oggi, questaproposta è ancora discussa e non è stata realmente estesa adaltri neuropeptidi. Al contrario, si ritiene che gli aminoacidisfuggano alla degradazione enzimatica, a causa della rapiditàdella loro inattivazione da parte dei trasportatori, come saràdimostrato più avanti. Comunque, è descritta una GABA-transaminasi in grado di contribuire, in minor misura, all’inat-tivazione sinaptica del neurotrasmettitore. Viceversa,l’acetilcolina, come i neuropeptidi, è oggetto, nella sua totalità,di una degradazione enzimatica che implica un enzima moltoattivo, l’acetilcolinesterasi. Questo enzima è presente suglielementi postsinaptici e limita rapidamente gli effetti dell’ace-tilcolina sui suoi recettori. È interessante notare che questoenzima rappresenta un bersaglio terapeutico nella malattia diAlzheimer, dove l’ipoattività colinergica centrale può essereneutralizzata dalla somministrazione di inibitori delle colineste-rasi, che facilitano così la trasmissione colinergica e migliorano,in questo modo, le funzioni cognitive dei pazienti. Sottol’effetto dell’acetilcolinesterasi, l’acetilcolina è metabolizzata incolina e acido acetico; la colina può essere captata nellaterminazione nervosa che ha liberato l’acetilcolina attraverso unprocesso di trasporto specifico, al fine di partecipare alla sintesidi nuove molecole del neurotrasmettitore.

Infine, le monoamine costituiscono una situazione interme-dia tra questi due estremi. In effetti, sono inattivate al tempostesso attraverso un processo enzimatico e un sistema dipompaggio che coinvolge dei trasportatori neuronali specifici.Nel caso, per esempio, della serotonina, la degradazioneenzimatica coinvolge soprattutto una monoamino ossidasi ditipo A (MAOA), che si trova in competizione per inattivare ilneurotrasmettitore con un sistema specifico di cattura dellaserotonina, il trasportatore della serotonina. La deaminazionedella serotonina da parte della MAO porta alla formazione di unmetabolita principale, l’acido 5-idrossindolacetico (5-HIAA), cheè escreto. È interessante notare che le MAO sono presenti anchenel citosol, localizzate sulla membrana esterna dei mitocondri,dove partecipano alla regolazione della biosintesi delneurotrasmettitore.

Analogamente, le catecolamine sono inattivate dalla combi-nazione dell’azione di una MAO di tipo B (MAOB) e di un altroenzima, la catecol-O-metiltransferasi (COMT), e dell’azione deitrasportatori della dopamina (DAT) o della noradrenalina. Inquesto caso, la metabolizzazione della dopamina, per esempio,porta alla formazione di acido omovanillico (HVA) e acidodiidrossifenilacetico (DOPAC), che sono escreti. È notevole chegli inibitori delle monoaminossidasi (IMAO) rappresentinofarmaci attivi per stimolare l’attività delle monoamine, sia a finidi effetti antidepressivi, nel caso della serotonina e dellanoradrenalina, sia antiparkinsoniani e psicostimolanti nel casodella dopamina.

Trasportatori neuronali

Lo studio del trasporto specifico dei neurotrasmettitoriattraverso delle pompe appropriate (uptake) è stato oggetto distudi considerevoli dopo la sua evidenziazione, negli anniSessanta. In effetti, trattandosi delle monoamine, si è dimostratoche questi trasportatori rappresentavano un bersaglio terapeu-tico importante, in particolare per i farmaci antidepressivi. Essirappresentano, peraltro, un sito importante dell’azione dipsicostimolanti, come le amfetamine o la cocaina.

All’inizio degli anni Novanta questi trasportatori sono statipurificati sul piano molecolare, la loro struttura è stata stabilitae i loro geni sono stati clonati. Questi lavori, completati dastudi funzionali sui meccanismi di trasporto, hanno portato allacaratterizzazione di due grandi categorie di trasportatori dalleproprietà ioniche diverse, assicurando in modo energia-dipendente la traslocazione di substrati specifici attraverso lemembrane, contro un gradiente di concentrazione. Così, laprima di queste famiglie raggruppa proteine che hanno incomune la capacità di garantire il trasporto intracellulare a

elevata affinità delle monoamine o del GABA, a seconda deicasi, in modo dipendente dalla presenza di ioni Na+ e Cl- [8].L’incorporazione di questi neurotrasmettitori a partire dallospazio intercellulare rappresenta un cotrasporto accoppiato inparticolare al gradiente di concentrazione del Na+ mantenutodall’ATPasi Na+/K+. Nel caso della serotonina, il trasporto èinoltre associato a una fuoriuscita di K+ dalla cellula. Questeproprietà definiscono la famiglia dei trasportatori dipendenti dalNa+ e dal Cl- (trasportatore della dopamina: DAT; trasportatoredella noradrenalina: NAT; trasportatore della serotonina: SERT;trasportatori del GABA: GAT). Tenuto conto dell’ingresso delsodio nella cellula, il trasporto è elettrogenico, ovvero si traducecon una depolarizzazione delle terminazioni nervose, conside-rata, a volte, sufficiente per attivare i canali del calcio. L’analisistrutturale di questi trasportatori dimostra che si tratta diproteine transmembranarie glicosilate, il cui peso molecolare èdell’ordine di 60-97 kDa, di circa 610-630 aminoacidi. I modelliconformazionali dimostrano che queste proteine transmem-brana condividono la stessa organizzazione molecolare di base,che si riduce alla presenza nella proteina di parti N-terminale eC-terminale intracitoplasmatiche, combinate da una strutturacomplessa fatta di 12 passaggi transmembranari (notati TM)collegati da «circuiti» extracellulari e intracellulari, tra cui unampio circuito extracellulare caratteristico, tra i segmentitransmembrana TM3 e TM4, portatore di siti di glicosilazione.Esistono siti di consenso di fosforilazione identificati su diverseregioni intracellulari (cinque per SERT), ma non è stata ottenutaancora alcuna prova diretta della fosforilazione dei trasportatori,benché la presenza di questi siti suggerisca la possibilità diregolazioni post-traduzionali.

La clonazione di geni di questi trasportatori è stata realizzatain molte specie, dalla drosofila all’uomo. Esiste un mRNA per ilDAT, ne esistono due per il NAT e almeno tre per il SERTnell’uomo, il che suggerisce la possibilità di regolazionedell’espressione dei trasportatori. Inoltre, i geni presentano sullaloro porzione regolatrice dei siti di legame per il complessoAP1 e per il cAMP response element-binding (CREB), rafforzandol’idea di regolazioni trascrizionali.

Sul piano farmacologico, il trasporto della serotonina èinibito da fluoxetina, citalopram, paroxetina e imipramina, concostanti di inibizione molto basse, dell’ordine delle nanomoli,definendo, tra l’altro, un meccanismo d’azione di una classe difarmaci antidepressivi potenti, gli inibitori specifici del trasporto(reuptake) della serotonina (SSRI). Analogamente, il trasportodella dopamina presenta una particolare sensibilità alla cocaina,mentre quello della noradrenalina è più particolarmenteinfermieristico per la desipramina o la nomifensina.

Sul piano funzionale, l’espressione di questi trasportatori sitrova limitata ai neuroni monoaminergici e non interessa lecellule gliali. Le proteine sono localizzate maggiormente neiterritori di proiezione di questi neuroni, in accordo con lafunzione associata principalmente all’eliminazione sinaptica deineurotrasmettitori. L’inattivazione del gene del trasportatoredella dopamina nel topo porta a un comportamento di iperat-tività locomotoria legato all’iperattività dopaminergica chederiva da questa inattivazione.

I diversi tipi di trasportatori del GABA (GAT) clonati appar-tengono alla stessa famiglia di proteine trasportatrici. In questocaso il trasporto dipende anche dal Na+ e dal Cl- e la proteinapresenta una struttura in 12 segmenti transmembranari similidal punto di vista della sua organizzazione a quella dei traspor-tatori delle monoamine. L’espressione dei trasportatori GAT è,tuttavia, al tempo stesso neuronale e gliale, attestando ilcontributo degli astrociti, in particolare al funzionamento dellasinapsi GABAergiche. Dal punto di vista terapeutico, l’interessedi ridurre l’inattivazione del GABA sinaptico è essenzialmentesostenuto nel quadro delle epilessie, dove il blocco del trasportodel GABA prolunga l’inibizione neuronale ed esercita, attraversociò, effetti anticonvulsivanti.

La seconda famiglia di trasportatori presenta proprietàioniche differenti dalla prima, a causa della sua dipendenza dalNa+ ma indipendenza dal Cl- [9]. Questi trasportatori incorpo-rano gli aminoacidi eccitatori, tra cui soprattutto il glutammato,nei neuroni, ma, soprattutto, negli astrociti. Il meccanismo di

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trasporto coinvolge, in questo caso, un cotrasporto del glutam-mato con due ioni Na+ e uno ione H+, associato alla fuoriuscitadi uno ione K+ dalla cellula. Di conseguenza, il trasporto diglutammato è molto elettrogenico. La clonazione di questitrasportatori dimostra il loro polimorfismo: sono stati clonatinell’uomo cinque trasportatori, detti excitatory amino acidtransporters (EAAT) 1-5, dal momento che EAAT1 è l’analogo deltrasportatore glutamate astrocytic transporter (GLAST) clonato neiroditori, EAAT2 quello del glutamate transporter (GLT)-1 edEAAT3 quello dell’excitatory amino acid carrier (EAAC1) 1; questitre trasportatori sono quelli principali rappresentati nel sistemanervoso adulto. Queste differenze di proprietà ioniche possonoessere poste in relazione con una struttura molecolare partico-lare, rappresentata qui solo da 8-11 segmenti transmembranari.L’analisi dell’espressione di queste proteine attesta una localiz-zazione gliale di EAAT1 e di EAAT2, mentre EAAT3 presentaun’espressione neuronale. Per questo motivo, durante losviluppo, anche quando la differenziazione degli astrociti non èterminata, l’inattivazione sinaptica del glutammato sarebbe cosìessenzialmente neuronale e, quindi, diverrebbe principalmenteastrocitaria, legata soprattutto al funzionamento dell’EAAT2,nell’adulto. Come nel caso dei trasportatori delle monoamine, itrasportatori degli aminoacidi eccitatori sono oggetto di regola-zioni post-traduzionali complesse, che coinvolgono, in partico-lare, le proteine kinasi, ma anche altri elementi come l’acidoarachidonico, lo zinco, i radicali liberi o, ancora, l’ATP. Correla-tivamente, si sono potute misurare delle regolazioni dell’espres-sione, in relazione, per esempio, con la presenza di fattori troficicome l’EGF o il transforming growth factor (TGF)-a. Sul pianofisiopatologico, è stata avanzata molto presto l’ipotesi che unadisfunzione dei trasportatori di glutammato potrebbe tradursicon un accumulo citotossico del neurotrasmettitore nellasinapsi, suscettibile di intervenire in alcune malattie neurodege-nerative o in alcune forme di epilessia. In effetti, in qualchecaso di sclerosi laterale amiotrofica (SLA) nell’uomo, è statasegnalata un’alterazione della proteina EAAT2, mentre l’inatti-vazione del gene di questo trasportatore nel topo si traduce concrisi di epilessia associate a lesioni ippocampiche.

■ Processo di secrezionedei neurotrasmettitori

La liberazione dei neurotrasmettitori rappresenta la fase piùcritica della comunicazione intercellulare nel sistema nervoso,contribuendo con la sua specificità alla codificazione dell’infor-mazione. La specificità della segnalazione è, in effetti, assicuratadalla diversità dei neurotrasmettitori, nonché dalla loro capacitàdi attivare numerosi sottotipi di recettori. In prima approssima-zione, la liberazione dei neurotrasmettitori dalle terminazioniassoniche appare complessivamente proporzionale all’attivitàneuronale, il che conferisce alla sinapsi la capacità di unacodificazione quantitativa. Prendendo peraltro in considerazioneil fatto che il neurone riceve numerosissime sinapsi, l’informa-zione che raggiunge questo neurone integra fin da allora unadimensione spaziale in relazione con il numero di sinapsicontemporaneamente attivate, così come una dimensionetemporale, integrando il principio che le sinapsi simultanea-mente attive contribuiscono a sommare le informazioni chetrasmettono allo stesso neurone bersaglio per determinarnel’attività.

Si ammette generalmente che l’attivazione sinaptica sitraduce in un cambiamento di eccitabilità del neurone bersa-glio. Questa concezione della trasmissione sinaptica è tuttaviaun poco riduttiva, poiché numerosi meccanismi sottendonoinformazioni sinaptiche che non riguardano in prima inten-zione l’eccitabilità degli elementi postsinaptici, ma interessanopiù globalmente la loro segnalazione intracellulare propria. Incondizioni sperimentali, le risposte che interessano l’eccitabilitàdi membrana sono misurate facilmente con elettrodi di registra-zione posti nei neuroni postsinaptici, in risposta alla stimola-zione degli elementi presinaptici. Esse sono universalmentericonosciute sotto due forme:• potenziali postsinaptici di eccitazione (PPSE) per le risposte

che corrispondono a una depolarizzazione dell’elementopostsinaptico;

• potenziali postsinaptici di inibizione (PPSI) per quelle che sitraducono in un’iperpolarizzazione della membrana.Queste risposte neuronali si stabiliscono convenzionalmente

dopo un breve ritardo non riducibile, dell’ordine di 0,5 ms,definito sopra ritardo sinaptico. Esse presentano un’ampiezza diun centinaio di millivolt, raggiunta in circa 2 ms, e, quindi,decrescono rapidamente per terminare circa 4 ms dopo il loroinizio. Si tratta dunque di segnali molto brevi, compatibili conla modalità di segnalazione «rapida». È stabilito che questo tipodi risposta sinaptica, in relazione con l’attivazione deglielementi posti a monte nelle reti nervose, sia generato dallaliberazione di migliaia di molecole di neurotrasmettitore«evocata» dalla ricordata attivazione presinaptica, che coinvolge,il più delle volte, numerosissime terminazioni nervose. Tuttavia,se in queste condizioni sperimentali la propagazione degliimpulsi nervosi è bloccata con tetrodotossina (TTX, bloccantedei canali sodici), è ancora possibile misurare dei PPSE sponta-nei di ampiezza molto bassa, detti «PPSE miniatura». L’ampiezzadi questi PPSE miniatura, di carattere aleatorio, è costante, laloro frequenza è bassa (circa 1/s) ed essi scompaiono con lasezione del nervo, rivelando così la loro dipendenza dall’ele-mento presinaptico. Queste osservazioni sono all’origine dellateoria quantica della liberazione dei neurotrasmettitori, o teoriavescicolare: essa ipotizza che i potenziali miniatura rappresentinodei segnali emessi a partire dalla liberazione spontanea aleatoriadi neurotrasmettitori da parte di una sola vescicola sinaptica chesecerne il il suo contenuto in neurotrasmettitori nello spaziosinaptico a partire dall’elemento presinaptico (Katz e Miledi,negli anni 1955-1965), secondo un processo indicato come laesocitosi dei neurotrasmettitori.

EsocitosiL’esocitosi dei neurotrasmettitori presenta tre caratteristiche

principali:• dipende dall’attività nervosa, e quindi, dalla propagazione dei

potenziali d’azione fino alla terminazione nervosa, comeattesta il suo blocco con la TTX;

• interviene dopo un ritardo sinaptico incompressibile dialmeno 0,5 ms, all’incirca dieci volte superiore al tempo disemplice conduzione elettrica dall’elemento presinapticoall’elemento postsinaptico, che interverrebbe se questielementi fossero accollati, come è il caso delle sinapsielettriche (tempo di superamento di queste sinapsi, dette«efaptiche»: circa 50 µs);

• è strettamente dipendente dalla presenza di Ca2+ nell’am-biente extracellulare. In effetti, la diminuzione della concen-trazione extracellulare di Ca2+ è concomitante a un arrestodella liberazione ricordata, mentre, al contrario, la somminis-trazione diretta sperimentale di calcio ionizzato nellaterminazione nervosa si traduce in una liberazione dineurotrasmettitori.In alcune circostanze tuttavia, la liberazione di GABA o di

glutammato può avvenire a partire da un meccanismo diverso,indipendente dalla concentrazione del calcio extracellulare, conun’inversione del senso di funzionamento dei trasportatori dimembrana.

Il supporto morfologico del processo di esocitosi è rappresen-tato dalle vescicole sinaptiche identificate nelle zone «attive» deglielementi presinaptici delle sinapsi. Gli studi ultrastrutturalihanno rivelato la presenza, nelle terminazioni nervose, di duetipi di vescicole, che possono essere messi in relazione con laneurotrasmissione di carattere «rapido» e quella definita «lenta».Così, le vescicole sinaptiche più numerose corrispondono adelle vescicole sferiche, del diametro medio di 50 nm, partico-larmente accumulate nella zona di membrana che è di fronteall’elemento postsinaptico. Alcune di queste vescicole sonoanche presenti a qualche distanza dalla membrana presinaptica,dove appaiono legate al citoscheletro della terminazionenervosa, da una parte, e anche legate tra di loro, in una certamisura. Così, queste vescicole appaiono legate ai microtubuliche formano l’intelaiatura delle terminazioni nervose mediantefilamenti di lunghezza costante, dell’ordine di 30 nm, identifi-cati, in seguito, come corrispondenti a filamenti di una proteinachiamata sinapsina I. L’organizzazione di queste vescicole nella

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terminazione nervosa determina quel che appare come lapresenza di due «compartimenti» vescicolari: un compartimentodi vescicole situato in prossimità della membrana plasmaticapresinaptica, corrispondente a un pool di vescicole immediata-mente mobilizzabile per secernere il neurotrasmettitore peresocitosi; e un secondo compartimento che corrisponde aqueste vescicole localizzate a una certa distanza dalla mem-brana, suscettibile di corrispondere a un pool «di riserva»,mobilizzabile in funzione di bisogni particolari. Immaginiottenute in modo aleatorio mostrano stadi di fusione tra lamembrana di alcune vescicole sinaptiche e la membrana basaledel neurone presinaptico, a livello delle sinapsi. Queste imma-gini sono state allora naturalmente interpretate come rappre-sentanti degli stadi di esocitosi, dove il neurotrasmettitorepresente nelle vescicole sinaptiche era «versato» nello spaziosinaptico.

Le vescicole sinaptiche hanno la capacità di concentrare ilneurotrasmettitore, nel caso dei neurotrasmettitori aminergici otipo aminoacidi, attraverso trasportatori specifici caratteristicidel neurotrasmettitore. Questi trasportatori specifici rappresen-tano degli antiporti che scambiano il neurotrasmettitore controdei protoni, con il trasporto attivo che implica il consumo diATP. I trasportatori vescicolari di diversi neurotrasmettitori sonostati clonati e presentano, a volte, un polimorfismo, come nelcaso del glutammato, dove sono stati identificati almeno tretrasportatori, denominati vGlut1, vGlut2 e vGlut3. Questitrasportatori sembrano, in questo caso, caratteristici di subcate-gorie di sistemi neuronali.

Numerosi lavori sperimentali, realizzati soprattutto sullagiunzione neuromuscolare dei vertebrati, hanno analizzato ladinamica del funzionamento sinaptico a livello delle vescicolesinaptiche. Se il concetto di quantum di neurotrasmettitore èassimilato al contenuto di una sola vescicola sinaptica, si stimache, a partire da un solo potenziale d’azione, 300 quanta diacetilcolina sarebbero coinvolti per una sola giunzione neuro-muscolare comprendente circa 1 000 zone attive. Il contenutodi una vescicola sinaptica è stimato, dal canto suo, pari a circa5 000-10 000 molecole di acetilcolina in grado di attraversare lospazio sinaptico (dell’ordine di 100 nm) per raggiungere irecettori. Si stima che un potenziale miniatura sia la risultantedell’azione di circa 3 000 molecole di acetilcolina sui recettoripostsinaptici, ossia quasi un terzo della quantità rilasciata dauna sola vescicola sinaptica (un quantum), tenuto conto dellospazio di diffusione e dei processi di inattivazione sinaptica delneurotrasmettitore. Nel caso del SNC, il numero di quantacoinvolti sembra molto più basso, a causa in particolare di unadifferente organizzazione geometrica della sinapsi, che coinvolgele spine dendritiche. La zona di contatto tra elementi presinap-tici e postsinaptici è, in effetti, molto più ristretta che nel casodella giunzione neuromuscolare. Si stima che il funzionamentodi una sinapsi GABAergica o glutamatergica implichi, allora,solo da cinque a dieci quanta.

L’efficacia della trasmissione sinaptica si basa, così, sulladisponibilità di vescicole sinaptiche e sulla loro capacità diliberare il neurotrasmettitore. In effetti, le vescicole sinaptichesono oggetto di un processo di riciclaggio, che assicura la lorodisponibilità, considerando che a questo riciclaggio di vescicolesi sovrappone il riciclaggio eventuale del neurotrasmettitore peri neurotrasmettitori che sono oggetto di un nuovo pompaggioda parte della terminazione che lo ha liberato nello spaziosinaptico, come nel caso delle monoamine. La formazione dellevescicole sinaptiche agisce principalmente a livello del corpocellulare del neurone, coinvolgendo l’apparato di Golgi e ilreticolo endoplasmatico. Quindi, le vescicole sono trasferiteverso le terminazioni nervose dal flusso assonale. Le vescicolesono allora posizionate o a livello delle zone attive deglielementi presinaptici, in prossimità della membrana plasmiatica,nelle regioni di membrana ricche di canali del calcio, o adistanza, dove sono bloccate dalle interazioni con il citosche-letro attraverso la sinapsina I. Dopo l’esocitosi, la maggior partedelle vescicole si richiude rapidamente ed è pronta a ricaricarsidi neurotrasmettitore; altre vescicole entrano in un processo dirinnovamento coprendosi di clatrina, una proteina citoplasma-tica che permette di identificarle in microscopia ultrastrutturale.

In questo caso, le vescicole si fondono tra di loro o con degliorganuli intracitoplasmatici riconosciuti come delle «cisterne» odegli endosomi, a partire dai quali sono formate, nella termina-zione nervosa, nuove vescicole funzionali con le componentidella membrana vescicolare rigenerate.

Prendendo in considerazione l’insieme del processo, l’esoci-tosi dei neurotrasmettitori a partire dalle vescicole sinapticherappresenta un processo dinamico estremamente rapido, che sipuò scomporre in quattro fasi successive e interdipendenti: unaprima fase di preparazione all’esocitosi che implica una formadi preparazione o di attivazione delle vescicole sinaptiche(priming), seguita da una fase di ancoraggio delle vescicole allamembrana plasmatica (docking), che precede la fusione dellemembrane della vescicola e quella del neurone, fino all’ultimafase del riciclaggio delle vescicole.

Accoppiamento eccitazione-secrezioneÈ l’ingresso del calcio ionizzato nella terminazione nervosa

che scatena l’esocitosi. Questa costituisce un fenomeno rapido,dell’ordine di 200-400 µs negli invertebrati, al termine del qualei PPSE sono già generati. Gli studi che utilizzano sonde calcichefluorescenti permettono di misurare in vitro questi flussi dicalcio, così come la concentrazione di calcio ionizzato intracel-lulare, come con l’equorina, fotoproteina che si lega al calcioionizzato. Essi dimostrano che, nei mammiferi, l’esocitosi èscatenata da concentrazioni di Ca2+ intracellulare dell’ordine di100-300 µM, con il ritardo di comparsa dei PPSE che è, inquesto caso, dell’ordine di 400-600 µs, considerando che, ariposo, la concentrazione di calcio ionizzato intracellulare èdell’ordine di 0,1 µM mentre la sua concentrazione extracellu-lare è di circa 1 mM. Le tecniche di diagnostica per immaginidel calcio mostrano peraltro che l’aumento delle concentrazionidel calcio ionizzato nella terminazione nervosa non è omoge-neo e si traduce in zone di concentrazioni molto alte (superioria 200 µM), regolarmente distanziate, che identificano dei sitiparticolari, detti microdomain, situati lungo la membranaplasmatica della sinapsi. Questo aumento di concentrazioneintracellulare localizzato e considerevole di calcio ionizzatopresenta un carattere molto fugace, stabilito per una duratainferiore a 1 ms. Considerando la vicinanza geometrica dellevescicole sinaptiche delle zone attive nonché il diametro dellevescicole sinaptiche, si ritiene allora che esista una sommazionedi microdomain nella zona di ancoraggio delle vescicole sullamembrana plasmatica della terminazione, in modo che ilgradiente di concentrazione del calcio cala molto rapidamentein relazione con la distanza dalla membrana. Perciò, è ipotizzatoche esista un gradiente di concentrazione del calcio tra lamembrana e l’«apice» delle vescicole sinaptiche, in modo taleche la concentrazione di Ca2+ a 10 nm dalla membrana siadell’ordine di 100 µM, per essere solo di 10 µM a 50 nm.Questo tipo di organizzazione permette anche di immaginareche i flussi di calcio ionizzato così creati rappresentino, inrealtà, una sorta di «onda calcica» transitoria, che ha origine neicirca 100 canali del calcio attivati in ogni zona attiva, ossia circa10 canali mobilizzati per permettere la secrezione del neurotras-mettitore a partire da una sola vescicola sinaptica.

Basi molecolari dell’esocitosiA partire da studi biochimici sono state definite le basi

molecolari del processo di esocitosi, conducendo alla caratteriz-zazione di una trentina di proteine che possono sottendere laliberazione dei neurotrasmettitori. Quindi, in un secondo temposono stati intrapresi numerosi esperimenti, ancora in corso, pertentare di stabilire il ruolo funzionale di queste proteine. Sonostati così caratterizzati tre gruppi di proteine in grado diintervenire nell’esocitosi: delle proteine definite «vescicolari»,presenti sulla membrana delle vescicole sinaptiche, delleproteine localizzate entro la membrana plasmatica della termi-nazione nervosa o su di essa e delle proteine solubili citosoliche.

Questi dati hanno condotto a proporre un’ipotesi che tieneconto dell’esocitosi a partire dall’interazione di questi diversigruppi di proteine, corrispondente alla generalizzazione di unmodello elaborato a partire dalle osservazioni di un modello difusione vescicolare relativamente universale, che interviene nel

.

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trasporto intracellulare e nella secrezione di proteine, anchenegli eucarioti unicellulari come il lievito: l’ipotesi del complesso«SNARE» (Fig. 3). Questa ipotesi [10] permette, di conseguenza,di ipotizzare le basi molecolari delle differenti fasi dell’esocitosi:priming, docking, fusione e riciclaggio delle vescicole sinaptiche,attraverso interazioni specifiche di proteine del gruppo vescico-lare (detto «v-SNARE» per identificare le proteine vescicolari),con quelle, in particolare, del gruppo appartenente alla mem-brana plasmatica (denominato «t-SNARE», per identificare leproteine localizzate sul bersaglio, o target).

Secondo Sudhof, il processo di esocitosi corrisponde a unasuccessione di avvenimenti molecolari, le cui fasi principalisono le seguenti:• durante la fase di priming, a livello della membrana basale, la

sintaxina è associata a Munc18. Peraltro, la sinaptobrevina(VAMP) è associata alla sinaptofisina;

• la fase di ancoraggio, o docking, è materializzata dalladissociazione dei complessi sintaxina-Munc18 e VAMP-sinaptofisina, il che permette la formazione di un nuovocomplesso SNAP-25-sintaxina-VAMP che corrisponde alcomplesso SNARE. Questo complesso SNARE funge allora da«recettore» per una SNAP citosolica solubile, la proteina NSF,il cui ruolo sarebbe l’idrolisi del complesso al quale si lega;

• la fusione interverrebbe allora per attivazione della sinapto-brevina (VAMP) e poi della sinaptotagmina, vero «sensore» dicalcio ionizzato, che favorisce la sua interazione con lasintaxina. In questo modello il poro di fusione così creato èrappresentato dalla disposizione molecolare di diverse mole-cole di sinaptofisina e il neurotrasmettitore è liberato nellospazio sinaptico per un semplice gradiente di concentrazione;

• dopo la fusione la sinaptotagmina innesca da ultimo lacopertura di clatrina della vescicola per interazione conun’altra proteina denominata AP2, che corrisponde a una fasedi endocitosi. Nel caso in cui la copertura di clatrina nonavvenga, la vescicola è nuovamente pronta a ricaricarsi dineurotrasmettitore e a entrare in un ciclo di esocitosi.

L’interazione con la membrana plasmatica è stata così didurata molto breve e si è potuta assimilare a un andata-ritorno dinamico, indicato anche visivamente con i terminikiss and run. Il ruolo di questi assemblaggi proteici nelprocesso di esocitosi, ancora in corso di caratterizzazione [11],è illustrato anche dalla caratterizzazione di anticorpi antisi-naptotagmine nella miastenia di tipo Lambert-Eaton, malattiaautoimmune che influisce considerevolmente sul rilascio diacetilcolina a livello della giunzione neuromuscolare.È interessante notare che questo modello che illustra il ruolo

delle proteine nell’esocitosi risulta anche compatibile con i datirelativi ai meccanismi d’azione di un certo numero di neurotos-sine che influiscono sulla liberazione dei neurotrasmettitori: leneurotossine botulinica e tetanica, proteine prodotte da batteritipo Clostridium, all’origine di due patologie ancora frequenti, ilbotulismo e il tetano. Queste proteine agiscono come endopep-tidasi, i cui bersagli principali sono la sinaptobrevina e lesintaxine. Alcuni studi recenti dimostrano che il recettore diqueste proteine è rappresentato dalla proteina vescicolare SV2,contribuendo alla loro internalizzazione attraverso l’endocitosi.

■ RecettoriGli avvenimenti sinaptici nel rapporto con la segnalazione

«veloce» e «lenta» corrispondono schematicamente a sistemi ditrasduzione del segnale nervoso che permettono di esprimerequeste caratteristiche temporali: i ricettori canali, che coinvol-gono direttamente l’eccitabilità della membrana da una parte, ei ricettori metabotropici dall’altra. È tuttavia notevole il fatto che,benché un neurotrasmettitore dato agisca di preferenza su l’unao sull’altra di queste categorie, molti neurotrasmettitori presen-tano la particolarità di stimolare al tempo stesso dei recettoriche appartengono a queste due famiglie di recettori. Non èquindi il neurotrasmettitore stesso che fornisce un senso allarisposta sinaptica ma, piuttosto, l’attivazione del sottotipo direcettore, con il quale esso interagisce in una data sinapsi e aun istante t, considerando che uno stesso neurotrasmettitore èallora in grado di interagire potenzialmente con numerosirecettori che lo riconoscono, fino a più di 15 sottotipi, peresempio, nel caso della serotonina, presentato a titoloesemplificativo.

Recettori canaleI recettori canale, ancora denominati «recettori ionotropici»

in un’altra nomenclatura, rappresentano dei canali ionici la cuiconduttanza è controllata dai neurotrasmettitori. Questi canalisono meno selettivi dei canali dipendenti dal potenziale epossono facilmente presentare delle conduttanze miste checoinvolgono gli ioni Na+, K+, Cl- o Ca2+. I recettori canale sonochiamati in causa nella segnalazione rapida, sulla scala di alcunedecine di millisecondi. Essi presentano un certo numero dicaratteri comuni identificati a partire da sistemi modelli,qualunque sia il neurotrasmettitore che li stimola, che definis-cono una superfamiglia di recettori dalle caratteristiche struttu-rali e funzionali vicine.

Modello del recettore nicotinico colinergicoFin dal 1906 è stabilito che la nicotina applicata sul muscolo

è in grado di provocare la sua contrazione. Spetta così a Langleyil merito di aver posto le basi teoriche del concetto di «recet-tore», considerando che se la nicotina e solo la nicotina eracapace di produrre questo effetto, era perché essa era «riconos-ciuta» specificamente dal muscolo. In seguito si è appurato chel’acetilcolina esercita i suoi effetti sul muscolo attraverso ilrecettore nicotinico. Gli studi degli elettrofisiologi hannoverificato che l’applicazione ionoforetica di alcune molecole diacetilcolina provoca una depolarizzazione delle fibre muscolaristriate che corrisponde a una corrente in entrata, con un Kmdell’ordine di 30-100 µM e una stechiometria che richiedel’intervento di due molecole di acetilcolina per l’attivazione diun solo recettore nicotinico.

Questi studi permettono anche di stabilire un profilo farma-cologico, mostrando la presenza di differenze di sensibilità aidiversi agenti farmacologici a seconda del tipo di recettore

Ca2+

Canale del calcio

Membranaplasmatica

Vescicola sinaptica

N

Sinaptofisina

N

C

C NC

Sinapsina Rab3

SV2N

Sinaptobrevina(VAMP)

Sinaptotagmina (P65)

C

NT

C

NC

P

P

P P P

N

C

NC

SNAP-25

N

C

Trasportatorevescicolare

NTPompa

protonica

Trasportatoredel nucleotide

ATP

ATP

ADP

2H+

v-SN

AR

Et-S

NA

RE

neurexina

Figura 3. Basi molecolari dell’esocitosi dei neurotrasmettitori. L’esoci-tosi dei neurotrasmettitori coinvolge delle interazioni a «cascata» tra leproteine vescicolari (compartimento «v-SNARE») e le proteine della mem-brana plasmatica del neurone (compartimento «t-SNARE», t per target).Questo processo è dissociato in quattro fasi successive, che corrispondonoa un’attivazione delle vescicole sinaptiche (priming delle vescicole), al loroancoraggio sulla membrana (docking), poi alla fusione e alla liberazionedel neurotrasmettitore e alla loro endocitosi. Altre proteine presenti nelcitoplasma sono associate al processo. NT: neurotrasmettitore; ADP:adenosina difosfato; ATP: adenosina trifosfato.

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nicotinico, per esempio centrale, linfonodale o periferico. Unodei progressi principali nella conoscenza dei recettori nicotiniciè stata l’evidenziazione di un effetto curarizzante irreversibileindotto da un peptide di 74 aminoacidi estratto dai veleni diserpente, l’a-bungarotossina, il che ha permesso la marcatura delrecettore, la sua purificazione e, addirittura, la sua visualizza-zione in situ.

Gli studi elettrofisiologici che utilizzano le tecniche divoltaggio imposto alla membrana hanno permesso di dimos-trare il contributo dei differenti cationi alla corrente depolariz-zante indotta dall’acetilcolina che agisce sul recettore nicotinico.Misurando l’ampiezza della corrente in entrata prodotta da unastimolazione costante dell’elemento nervoso presinaptico infunzione di differenti valori imposti al potenziale della mem-brana muscolare rende possibile stabilire una misura delpotenziale di inversione della risposta depolarizzante, cherappresenta qui un valore del potenziale di membranadell’ordine di 0 mV. Se ne deduce, allora, che questo valore noncorrisponde al potenziale di equilibrio del sodio (+50 mV), né aquello del potassio (-80 mV), il che indica che la depolarizza-zione indotta in queste condizioni chiama in causa le condut-tanze relative ai due cationi, con un rapporto gNa+/gK+ di 1,6,che conferma il contributo maggioritario alla risposta sinapticadell’ingresso di sodio. Questi lavori permetteranno addirittura distabilire le dimensioni del poro ionico, qui dell’ordine di 6,5 Å.

Gli studi in patch-clamp su cellule di mioblasti attestano, dalcanto loro, l’apertura di alcuni dei 10 000 canali ionici/µm2

sotto l’effetto dell’acetilcolina; la durata di apertura di un canales0 è dell’ordine di 3,3 ms (1-6 ms, secondo i modelli), con unacostante di transizione tra stato aperto e chiuso corrispondentea 1/s0. La conduttanza media di questi canali, espressa insiemens (Si), è dell’ordine di 40-60 pS. In questi modelli,l’aumento della concentrazione di acetilcolina a livello deirecettori si traduce in un aumento della frequenza di aperturadei canali, espresso in aumento della probabilità di apertura(Fig. 4).

L’approccio farmacologico dimostra che è possibile bloccare ilcanale quando questo è «aperto», cioè quando espone siti difissazione di antagonisti presenti all’interno del poro ionico,come l’azione degli anestetici locali tipo procaina o lidocaina oquella della clorpromazina, che bloccano la transizione tra statoaperto e chiuso del canale con un meccanismo allosterico.Questi studi farmacologici rivelano una proprietà particolare deirecettori: un processo di desensibilizzazione corrispondente a unarapida perdita della risposta durante una prolungata esposizioneagli agonisti farmacologici. Malgrado la presenza dell’acetilco-lina, si assiste a una sospensione veloce dell’apertura del canale,che passa in uno stato «non attivabile», anche quando l’esposi-zione del neurotrasmettitore al recettore non supera i10 secondi. Una desensibilizzazione può essere ottenuta in vitrocon gli inibitori dell’acetilcolinesterasi, ma si ammette che, incondizioni fisiologiche o per l’utilizzo terapeutico di questiagenti come nella malattia d’Alzheimer, questo tipo di rispostasia poco probabile. Correlativamente, anche quando la desensi-bilizzazione dei recettori corrisponde a una reazione moltorapida, la risensibilizzazione agli agonisti dopo una desensibiliz-zazione è estremamente lenta, in assoluto dell’ordine di alcuneore, se la desensibilizzazione era massiva.

Complessivamente, l’interazione dell’acetilcolina con i suoirecettori nicotinici, basata su interazioni deboli, di tipo elettros-tatico, in relazione con il carico cationico di acetilcolina (aminaterziaria) e con la presenza di un sito anionico sul recettore, èpercepita come un processo estremamente dinamico. Taleprocesso porta il recettore isolato (canale chiuso), che presentacaratteristiche termodinamiche che corrispondono a uno statomolecolare «stabile», a uno stato in qualche modo transitoria-mente destabilizzato per la sua interazione fugace con ilneurotrasmettitore. In questo caso, lo stato di canale apertocorrisponde a uno stato termodinamico instabile e il canale hacosì tendenza a richiudersi spontaneamente per stabilizzare laconformazione della proteina-recettore, il che riduce transito-riamente l’affinità del recettore per l’acetilcolina e permette unanuova attivazione. Ciò si traduce nel carattere molto breve delladurata di apertura dei canali.

I lavori che utilizzano l’organo elettrico del pesce torpedine,concentrato in sinapsi colinergiche, e l’a-bungarotossinamarcata con un isotopo radioattivo come tracciante hannopermesso di stabilire, negli anni Settanta, le caratteristichestrutturali e funzionali dei recettori nicotinici. A partire da unaforma pesante 540 kDa, i dati affermano la presenza di unaproteina di 267 kDa, che presenta due siti di legame per l’a-bungarotossina. La proteina purificata, inserita in liposomi,permette di creare un flusso in entrata di sodio in presenza diagonisti nicotinici, attestando il suo carattere funzionale. Ladenaturazione di questa proteina ha permesso di dimostrare cheessa era costituita da un assemblaggio di subunità proteiche,denominate a, b, c e d, i cui rispettivi pesi molecolari sono di38, 49, 57 e 64 kDa. In questo contesto, solo la subunità apresenta un’affinità per l’a-bungarotossina, rivelando la presenzadi due subunità a nella proteina-recettore funzionale. Leulteriori analisi strutturali hanno rivelato il carattere transmem-branario di queste subunità, con le due estremità C- eN-terminali situate a livello extracellulare. La struttura di ognisubunità è compatibile con un modello unico, lasciando ilposto a quattro segmenti transmembrana, denominati da TM1 aTM4; il segmento TM2 svolge un ruolo fondamentale nellastruttura del poro ionico (organizzazione «a rosetta» pergiustapposizione delle eliche a di cinque subunità). Ciascunadelle subunità presenta, peraltro, nella sua parte intracitoplas-mica, diversi siti di consenso di fosforilazione che possonocontribuire a regolazioni della loro attività.

Gli approcci che utilizzano la biologia molecolare sono statisviluppati alla fine degli anni Ottanta [12]. Essi hanno rivelatoun polimorfismo, illustrato dalla presenza di almeno 16 sotto-tipi di subunità, di cui nove sottotipi di subunità a (denominateda a1 per la subunità del recettore muscolare ad a9), quattrosottotipi di subunità b (da b1 a b4) e la presenza di altresubunità, come E, che rappresentano una subunità presente solonella forma adulta del recettore muscolare e che si sostituiscono

Ach

Correntein entrata

3 pA

5 ms

Recettorenicotinico

Canalechiuso

Canaleaperto

Canaleaperto

Micropipettapatch-clamp

Figura 4. Effetti dell’acetilcolina sul recettore nicotinico. In presenza diacetilcolina (Ach) applicata sulla parte esterna della membrana, l’elettrododel patch-clamp permette di misurare una corrente in entrata di brevedurata e di ampiezza costante, che corrisponde all’ingresso di ioni sodionella cellula. È importante che la durata della corrente sia limitata dalleproprietà del recettore, che, qualora presentasse una configurazione dicanale «aperta» in presenza di Ach, ha la tendenza ad adottare unaposizione termodinamica più stabile, corrispondente a una configura-zione di canale «chiusa». Questo permette di capire perché le correntiioniche così dipendenti dal legame del neurotrasmettitore sui recettoricanale presentano un carattere limitato nel tempo, a causa dell’oscilla-zione del recettore tra questi due stati, in relazione con i meccanismiallosterici.

Neurobiologia cellulare e molecolare ¶ I – 17-003-A-10

15Neurologia

Page 16: Neurobiologia cellulare e molecolare

alla subunità c nel corso dello sviluppo. Le omologie disequenza tra le diverse subunità sono basse, dell’ordine del10-60% solamente. Viceversa, se si tratta di differenti isoformedi una stessa subunità, l’omologia è del 70-80%. Gli studi diespressione di queste subunità, che utilizzano la transfezionenell’oocita di xenope, dimostrano che solo la subunità apermette di ottenere in modo isolato un recettore funzionale,attestando la sua capacità di formare degli omopentameri. Pertutte le altre subunità espresse nelle stesse condizioni, solo lapresenza di una subunità a cotransfettata permette di eviden-ziare delle proprietà funzionali, rivelando che è lei in effetti essaa fissare l’acetilcolina e, quindi, a innescare l’apertura del canaleionico. Questi lavori suggeriscono che, nel SNC, la composi-zione dei recettori nicotinici dipende dall’espressione didifferenti subunità. Questa rivela ampie differenze e, dunque,una forte regionalizzazione, in cui le subunità a4, a5 e a7 sonole più ampiamente espresse, mentre a2 e a6 presentanoun’espressione considerevolmente più ristretta; la subunità b2 èla più ubiquitaria. In questo contesto, i lavori recenti siconcentrano più particolarmente sulle subunità a6 e b3, espressedi preferenza dai neuroni monoaminergici, e soprattutto sullasubunità a7, perché essa si trova particolarmente presente nellestrutture associate alle funzioni cognitive, come l’ippocampo eil neocortex. Secondo lo stesso principio di misura ricordatoprima, è dimostrato che i recettori nicotinici presentano, oltrealle conduttanze del sodio e del potassio, una conduttanza delcalcio. In questo caso, il rapporto di conduttanza gCa2+/gNa+,che si fissa a 0,2 nel caso del recettore muscolare, è in media di1-1,5 per i recettori nicotinici centrali e aumenta fino a 7 nelcaso dell’omopentamero a7; ciò suggerisce che questo tipo direcettore esercita principalmente i suoi effetti cellulari attraversoquesta conduttanza del calcio del tutto particolare. La localizza-zione presinaptica dei recettori nicotinici conferisce loro,peraltro, la capacità di influenzare la funzione di altri tipi diterminazioni nervose oltre alle sinapsi colinergiche, contri-buendo, in questo modo, a delle modulazioni della trasmissionedopaminergica, glutammatergica o, ancora, GABAergica, inparticolare nella corteccia cerebrale per i recettori che presen-tano la subunità a7.

Generalizzazione: superfamiglia dei recettoricanale

L’insieme dei recettori dei neurotrasmettitori che presentanodelle caratteristiche strutturali e funzionali simili a quelle deirecettori nicotinici colinergici definisce la superfamiglia deirecettori canale, recettori pentamerici che presentano un sito dilegame del ligando associato a un canale ionico determinatocon l’assemblaggio di subunità proteiche (Fig. 5). Al di fuoridell’acetilcolina, tali recettori esistono per il GABA (recettoriGABAA e GABAC), la glicina e gli aminoacidi eccitatori come ilglutammato.

Nel caso del recettore GABAA, la conduttanza ionica control-lata con la fissazione del GABA è relativa al Cl- (dell’ordine di30 pS), il cui potenziale di equilibrio è di circa - 50 mV. Questorecettore rappresenta una glicoproteina purificata nel 1987,associazione di subunità di almeno 6 tipi, a, b, c, d, E o p,alcune delle quali presentano un polimorfismo (a1-a6; b1-b3;c1-c3). La struttura del recettore è, così, il più delle volte basatasull’associazione di due subunità a con due subunità b, inpresenza di una subunità di un altro tipo, per esempio c. Glistudi di espressione hanno rivelato che la subunità c è necessa-ria per la risposta alle benzodiazepine, caratteristica di questotipo di recettore, in presenza della subunità a1; il recettore chepresenta a4 o a6 è insensibile alle benzodiazepine, mentre, inpresenza di subunità a2, a3 o a5, presenta una debole affinitàper questi ansiolitici. La risposta alle benzodiazepine si traducein un aumento della probabilità di apertura del canale per ilcloro in presenza di GABA. Correlativamente, i barbituriciagiscono aumentando la durata di apertura del canale Cl-,favorendo la configurazione di canale aperto del recettore. Inquesto caso, si nota che la presenza della subunità E nelrecettore induce una perdita di sensibilità ai barbiturici. Altrimodulatori agiscono anche sul recettore GABAA, oltre allebenzodiazepine e ai barbiturici quali l’etanolo, i neurosteroidi o,

ancora, lo zinco. Infine, la presenza dei siti di consenso difosforilazione sulla parte intracitoplasmatica delle subunità cheformano il recettore, in particolare la subunità b3, conferisce laproprietà di modulazione dell’attività del recettore perfosforilazione.

Gli studi condotti sul recettore della glicina presentano dueinteressi particolari: hanno innanzitutto permesso l’identifica-zione di proteine implicate nell’ancoraggio del recettore allamembrana, in questo caso la gefirina, proteina localizzata sullaparte interna della membrana e che presenta un’affinità elevataper i microtubuli. Nel caso del recettore nicotinico, sonopresenti anche tali assemblaggi, implicando distroglicani comela distrofina, che presenta una grande affinità per l’agrina,proteina che assicura il legame con la matrice extracellulare, inparticolare con la laminina, e, a livello intracellulare, il legamecon la rapsina, l’utrofina e, più generalmente, l’actina delcitoscheletro. D’altra parte, questi studi che coinvolgono ilrecettore glicinergico hanno permesso di descrivere un certonumero di anomalie del recettore in relazione con la patologia,come la spasticità associata a una mutazione della subunità a1,alcune forme di miastenia legate ad autoanticorpi diretti controil recettore nicotinico o, ancora, in relazione con questorecettore e alcune forme di distrofie muscolari che coinvolgonoalcune proteine della famiglia delle utrofine.

Per quanto riguarda i recettori associati agli aminoacidieccitatori, la loro azione eccitatoria rapida è conosciuta dall’ini-zio degli anni Sessanta ed è stata confermata mediante i metodi

B

D

NH3+ COO-

TM1 2 3 4

P

E

12

34

12

34

12

34

123

41 2

34

Figura 5. Modello conformazionale dell’organizzazione strutturale deirecettori canale. I recettori canale rappresentano delle proteine trans-membrana formate da un assemblaggio di cinque subunità proteiche distruttura analoga. La giustapposizione delle subunità contribuisce alladelimitazione del canale ionico, in grado di adottare una configurazione«canale aperto» quando il neurotrasmettitore è associato al recettore,attraverso un meccanismo allosterico. Il segmento transmembranaTM2 di ciascuna subunità svolge un ruolo critico nell’organizzazione delcanale. Ciascuna subunità è suscettibile di fosforilazione da parte delleproteine kinasi.A. Vista generale del recettore canale.B. Vista superiore. Modello a «rosetta» a cinque subunità.C. Vista in sezione.D. Modello conformazionale delle subunità.E. Ruolo simmetrico delle subunità nella formazione del poro (TM2).

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16 Neurologia

Page 17: Neurobiologia cellulare e molecolare

di patch-clamp. Gli approcci farmacologici hanno rivelatoun’eterogeneità di questi recettori, schematicamente suddivisi indue grandi gruppi:• i recettori detti «NMDA», perché sono sensibili a questo

agonista che riproduce gli effetti attivatori del glutammato;• un secondo gruppo, definito, per opposizione, «non-NMDA»,

anch’esso suddiviso in due sottogruppi:C il primo, detto «AMPA», per le stesse ragioni di sensibilità

a un agonista particolare;C un secondo sottogruppo, detto «kainato», sensibile all’acido

kainico che riproduce su questi recettori l’effetto delglutammato.

Questi recettori canale appartengono alla stessa famiglia delrecettore nicotinico, benché se ne distinguano su molti punti,in particolare per il fatto che la struttura delle loro subunitàcostitutive non presenta la conformazione in quattro segmentitransmembranari caratteristici, ma si stabilisce integrando deisegmenti di proteina che non attraversano la membrana, comequello riconosciuto a livello di una regione di questa proteinaconosciuta come «elemento P». Sul piano molecolare, si riscon-tra una diversità, fatta di almeno 16 geni clonati. Fra questigeni, almeno quattro sono relativi ai recettori AMPA, denomi-nati da GluR1 a GluR4, cinque relativi ai recettori kainato,denominati in questo caso da GluR5 a GluR7, ai quali siaggiungono due geni supplementari KA1 e KA2, e cinquerelativi ai recettori NMDA, denominati NMDAR1, NMDAR2A,NMDAR2B, NMDAR2C e NMDAR2D.

Nel caso dei recettori AMPA, si ammette che la subunitàGluR2 svolga un ruolo preponderante nella selettività ionica; lasua presenza nel recettore blocca, in particolare, la conduttanzadel calcio, mentre la coespressione delle subunità GluR1,GluR3 e/o GluR4 si traduce in dotti non selettivi, permeabili altempo stesso al sodio, al potassio e al calcio. L’espressionetissutale di queste subunità nel SNC è molto ampia. La condut-tanza dei canali AMPA è, dal canto suo, dell’ordine di 6-20 pS,cioè molto bassa, per una durata di apertura di 0,5-1,5 ms. Irecettori AMPA presentano, peraltro, una desensibilizzazionemolto rapida, con una costante di 4,5-13 ms. Se il ruolo deirecettori AMPA nella segnalazione eccitatoria rapida è ora benstabilito, quello dei recettori glutaminergici rimane oscuro, al difuori dell’evidenziazione di una tossicità cellulare legata alla loroattivazione intensa. La loro conduttanza si fissa intorno a7-25 pS e riguarda, al tempo stesso, gli ioni sodio, potassio ecalcio; la conduttanza del calcio dipende, in questo caso,almeno in parte, dalla presenza della subunità GluR6.

Quanto ai recettori NMDA, senza dubbio i meglio caratteriz-zati in virtù di molteplici implicazioni funzionali, essi presen-tano una particolarità unica rispetto all’insieme di tutti gli altritipi di recettori canale: sono, al tempo stesso, ligando-dipendenti e voltaggio-dipendenti. Questi recettori presentanoun’alta conduttanza del calcio (rapporto gCa2+/gNa+ dell’ordinedi 5,5), conferendo a questa segnalazione particolare un ruolofunzionale, in relazione soprattutto con la plasticità sinaptica, lamemorizzazione o, ancora, la sinaptogenesi. I recettori NMDAsono degli eteropolimeri che comportano necessariamente unasubunità NMDAR1, senza la quale il recettore non è attivabile;la conduttanza della maggioranza di questi recettori èdell’ordine di 35 pS e la durata di apertura è di 0,6-1 ms. Ladipendenza dall voltaggio si manifesta con il fatto che lapresenza del glutammato è necessaria, ma non sufficiente perpermettere l’attivazione della conduttanza ionica: è necessarioche la membrana sia depolarizzata perché si esprima l’effettoNMDA. Ciò è dovuto alla presenza di ioni Mg2+, che bloccanoil canale quando la membrana è iperpolarizzata, e la subunitàNMDAR2 è implicata in questo meccanismo, mentre la subunitàNMDAR1 si trova, dal canto suo, implicata nel controllo dellaconduttanza calcica. Numerosi meccanismi allosterici contri-buiscono alla regolazione dell’attività del recettore NMDA. Così,a titolo esemplificativo, la glicina, considerata altrimenti unneurotrasmettitore inibitore, agisce qui come coattivatore delrecettore NMDA, aumentando la probabilità di apertura delcanale; altri agenti farmacologici, come il MK801 o le fencicli-dine, hanno, al contrario, la capacità di bloccare il canale

ionico. Infine, poiché le subunità del recettore sono fosforilabili,è stato dimostrato in diversi modelli sperimentali che l’attiva-zione della proteina kinasi C, per esempio, potenzia le correntiNMDA mentre quella di diverse fosfatasi (1, 2A, 2B) induce unaforma di desensibilizzazione del recettore.

Recettori metabotropici, accoppiatialle proteine G

Negli anni Settanta fu dimostrato che la noradrenalina aveval’effetto di stimolare in modo dose-dipendente la produzione dicAMP a partire dal tessuto nervoso, come era noto per alcuniormoni. Questo tipo di osservazione ha immediatamenteattirato l’attenzione sul fatto che le risposte prodotte daineurotrasmettitori superavano le semplici variazioni di eccitabi-lità della membrana, attestando che l’attivazione di un recettoredi membrana era in grado di attivare delle vie di segnalazioneche conducevano all’aumento di produzione di cAMP, assimi-lato in questo modello a un «secondo messaggero», mentre ilneurotrasmettitore costituisce la messaggero sinaptico «prima-rio». Questa nozione si è allora rapidamente generalizzata, eschematicamente si ritiene oggi che l’insieme dei neurotrasmet-titori eserciti degli effetti attraverso questo tipo di segnalazione,che essi agiscano, peraltro, o meno su recettori canale. A titoloesemplificativo, i recettori delle catecolamine o dei neuropeptidifunzionano in questo modo, mentre l’acetilcolina induce, altempo stesso, gli effetti nicotinici (cfr. supra) e altri effetti chepassano attraverso i secondi messaggeri, che coinvolgono irecettori muscarinici. In questo paesaggio, la serotonina esercitai suoi effetti in grandissima parte attraverso questi recettoriassociati alla produzione di secondi messaggeri e soltanto unodei suoi 15 sottotipi di recettori sarebbe del tipo recettore-canale, il recettore denominato 5HT3. Al contrario, gli aminoa-cidi inibitori ed eccitatori esercitano principalmente il loroeffetto sinaptico attraverso dei recettori canale, ma, per ognunodi questi neurotrasmettitori, esiste anche una segnalazione cheutilizza i recettori che influenzano il metabolismo, denominati,anche per questo motivo, «recettori metabotropici». È il caso,per esempio, dei recettori GABAB del GABA o degli ottosottotipi di recettori metabotropi degli aminoacidi eccitatoriappartenenti a tre grandi gruppi I, II e III, denominati damGluR1 a mGluR8.

La principale caratteristica delle risposte ai neurotrasmettitoriche passano attraverso i recettori metabotropici è quella diindurre effetti al tempo stesso molto più lenti di quelli legati adelle variazioni di eccitabilità della membrana, molto piùduraturi e interessanti una regione neuronale che superaampiamente quella confinata alla sinapsi. Per tale motivo,queste risposte presentano un carattere di permanenza residuae influenzano il neurone bersaglio molto tempo dopo che ilsegnale primario si è spento. Si tratta, dunque, di una segnala-zione «lenta», in grado di influenzare delle risposte cellulari dinotevole diversità, dalla divisione alla differenziazione cellularenel corso dello sviluppo, per esempio, alla regolazione delladinamica delle spine dendritiche in processi legati all’apprendi-mento e alla memorizzazione o, più semplicemente, a quelladell’attività sinaptica attraverso effetti sulla biosintesi, sullaliberazione o su altri recettori dei neurotrasmettitori. L’impattodell’attivazione dei recettori metabotropici sull’attività neuro-nale può, in effetti, ripercuotersi sull’espressione genica,conducendo a dei dialoghi permanenti tra le diverse vie disegnalazione a monte della regolazione della trascrizione,comprese quelle attivate attraverso i recettori canale.

Il principio generale dell’attivazione dei recettori metabotro-pici rimane lo stesso di quello legato ai recettori canale [13]. Inentrambi i casi, il neurotrasmettitore liberato dall’elementopresinaptico interagisce specificamente con un recettore dimembrana. A partire da qui, interviene una cascata di eventi alivello della membrana postsinaptica, per trasformare questosegnale primario in un segnale secondario, rappresentatodall’azione sul secondo messaggero (Fig. 6). In effetti, il recettoremetabotropico, proteina transmembrana, si trova accoppiato auna proteina che presenta una forte affinità per la guanosinatrifosfato (GTP), denominata «proteina G». A riposo, in assenzadel neurotrasmettitore, questa proteina G è associata alla

Neurobiologia cellulare e molecolare ¶ I – 17-003-A-10

17Neurologia

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guanosina difosfato (GDP). L’associazione del neurotrasmettitorecon il recettore sostituisce la GDP con la GTP. In questecondizioni, la proteina G si associa secondariamente a uneffettore di membrana, per esempio l’enzima adenilato ciclasi,che risulta così attivato e trasforma l’ATP in cAMP. Nel seguitodegli avvenimenti, il cAMP funge da cofattore per permetterel’attivazione di proteine kinasi, in questo caso la proteina kinasiA (PKA). Le proteine kinasi così attivate contribuiscono allafosforilazione di substrati specifici, rappresentati da fosfopro-teine, veri effettori cellulari dell’attivazione dei recettorimetabotropici. Poiché questo tipo di recettore è indissociabil-mente legato all’attivazione delle proteine G, esso è piùfrequentemente definito «recettore associato alle proteine G»,riconosciuto sotto la sigla RCPG, definendo la seconda famigliadei recettori per i neurotrasmetitori [14].

I dati relativi ai RCPG sono stati inizialmente derivati dallostudio del recettore b-adrenergico, prototipo di questa superfa-miglia di recettori, che presentano un certo numero di caratte-ristiche strutturali e funzionali comuni. Il recettore èrappresentato da una sola proteina, che possiede, nella suastruttura, sette segmenti transmembrana (TM). La parte amino-terminale, coinvolta nel riconoscimento del ligando, è extracel-lulare; la parte carbossiterminale è intracellulare. Il recettorepresenta anche diversi «anelli» extracellulari e intracitoplasma-tici, di cui quello intracellulare, situato tra i segmenti TM5 eTM6, che contribuisce all’associazione con la proteina G. Questaproteina presenta siti di consenso di fosforilazione nella suaparte intracellulare, lasciando supporre che la sua attività siaregolata da proteine kinasi. I RCPG possono presentare nume-rose isoforme, come nel caso della noradrenalina dove sidistinguono tre sottotipi di recettori b-adrenergici, denominatida b1 a b3, e sette sottotipi di recettori a-adrenergici, denomi-nati da a1A a a1D e da a2A a a2C, ossia la possibilità di unadecina di meccanismi almeno per trasmettere il segnaleadrenergico.

È interessante notare che l’accoppiamento di questi recettoricon gli effettori enzimatici può essere differenziale, spiegandol’azione su secondi messaggeri differenti o influenze diverse(inibizione contro attivazione) sul medesimo secondo messag-gero [15]. Così, al di là dell’azione stimolatrice esercitata sullaproduzione di cAMP dai recettori b-adrenergici attraverso

l’attivazione dell’adenilato ciclasi, l’attivazione dei recettoria-adrenergenici si manifesta o con un’inibizione della produ-zione di cAMP o con l’attivazione di altri sistemi effettori comequelli legati alla stimolazione dell’attività della fosfolipasi C(PLC) o della fosfolipasi A o D. Nel caso molto frequente in cuii RCPG sono associati alla stimolazione della PLC, ne deriva latrasformazione di un substrato di membrana specifico, ilfosfatidilinositolo (PIP2), da una parte, in diacilglicerolo (DAG),che attiva direttamente la proteina kinasi C (PKC) e, dall’altra,in inositolo trifosfato (IP3), che ha, per effetto, di provocare unatraslocazione del calcio all’interno della cellula, principalmentea partire dal reticolo endoplasmatico, e provoca così un innal-zamento dei livelli intracellulari del calcio ionizzato, che agisceesso stesso come secondo messaggero. È tuttavia notevole che,a fronte della diversità dei neurotrasmettitori e di alcunirecettori che sono loro associati, i sistemi di trasduzioneassociati ai RCPG sembrino in numero stranamente limitato(attivazione o inibizione dell’adenilato ciclasi e attivazione dellaPLC, soprattutto), il che presuppone che uno stesso sistema ditrasduzione del segnale sia, in realtà, controllato da diversecategorie di RCPG differenti. Questa convergenza di segnali nonè completamente spiegata, ma potrebbe servire come base ainterazioni complesse delle risposte prodotte da sottoinsiemi direcettori, quando questi sono presenti sullo stesso sistemacellulare.

L’attivazione di uno stesso sistema di trasduzione del segnaleda parte di recettori diversi è legata all’azione delle proteine Gspecifiche. Si tratta di un’altra superfamiglia di proteine, distruttura trimerica, alcune delle quali sono in grado di essereattivate da numerosi recettori diversi. È la subunità a di questeproteine G che lega l’ATP. Nel caso in cui la proteina G contri-buisca all’attivazione dell’adenilato ciclasi (AC), la subunità èdefinita «as» (per stimolazione dell’adenilato ciclasi); l’adenilatociclasi rappresenta essa stessa una famiglia di proteine. Così, leadenilato ciclasi, classificate da ACI a ACVI, sono attivate dallasubunità as delle proteine G, mentre quelle denominate ACI, IIe IV sarebbero, inoltre, attivate dalle subunità bc di questeproteine G così dissociate nel corso della cascata di attivazionedel recettore. Analogamente, l’attivazione di un’altra famiglia diproteine G, di tipo Gi (per «inibitore»), contribuisce, per alcuneisoforme di una subunità ai, all’inibizione dell’adenilato ciclasie, per altre isoforme di questa stessa subunità ai, a delle azionisulla conduttanza di canali del potassio o del calcio, peresempio (Tabella 1).

I secondi messaggeri principali sono così il cAMP, il cGMP, ildiacilglicerolo (DAG) e il Ca2+ (Fig. 7). Essi agiscono conattraverso le proteine kinasi, rispettivamente la PKA, la PKG, laPKC e le proteine kinasi I e II dipendenti dal sistema calcio/calciomodulina, che a loro volta fosforilano delle fosfoproteine/substrati specifici (Tabella 2). Queste fosfoproteine, veri effettoricellulari, rappresentano delle proteine di grande diversità, tra lequali alcune proteine kinasi, esse stesse fosforilabili, delleproteine fosfatasi, delle proteine del citoscheletro, dei recettori,dei canali ionici o ancora dei fattori di trascrizione come CREBo JunD, che, a loro volta, incidono su dei geni precoci comec-fos, fosB, c-jun, junB ecc., agendo in seguito come «terzomessaggero» per controllare l’espressione genica. È notevole chele stesse fosfoproteine sono suscettibili di essere fosforilate dadiversi tipi di proteine kinasi, e PKA e PKC in particolareagiscono spesso in modo sinergico. Tuttavia, esistono molteeccezioni: per esempio, uno degli effettori principali deirecettori dopaminergici, la DARPP32 (fosfoproteina di 32 kDafosforilata sotto l’effetto della dopamina e del cAMP), non èsensibile alla PKC.

La fosforilazione delle fosfoproteine, ovvero alla fine la duratadella risposta all’attivazione dei recettori, è limitata, da unaparte, dalla durata stessa dell’attivazione delle proteine kinasi e,dall’altra, dall’attivazione quasi contemporanea di proteinefosfatasi, che contribuiscono alla loro defosforilazione e bloc-cano così la loro azione cellulare. Il fattore più critico è in effettila degradazione rapida del secondo messaggero, sottopostoall’azione della fosfodiesterasi, così come quella del GTPsottoposto all’effetto di funzioni GTPasi, espresse in particolaredalle subunità a quando sono associate agli effettori di tipo

Citoplasma

Membrana

Nucleo

Ormone

Secondomessaggero

Neurotrasmettitore Ormone

Ormone

Traduzione

Ormone recettore

Canale ionicodipendente dal

potenziale

Attivazione di fattori di trascrizione (CREB, Jun D...)

mRNA

Proteina kinasi

Ca2+, DAG, cAMP, cGMP

Geni precoci

ADN

ProteinaG Trasduttore

AC,PLC,ecc.

Fosforilazione

(c-fos, c-jun, fos B, Jun B...)

Figura 6. Principio di funzionamento a «cascata» dei recettoriaccoppiati alle proteine G (RCPG) e regolazione dell’espressione genica.AC: adenilato ciclasi; PLC: fosfolipasi C; DAG: diacilglicerolo; cAMP:adenosina monofosfato ciclico; cGMP: guanosina monofosfato ciclico;DNA: acido desossiribonucleico; mRNA: acido ribonucleico messaggero.

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18 Neurologia

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adenilato ciclasi. Le proteine fosfatasi rappresentano, dal cantoloro, una grande famiglia di proteine la cui attività risulta il piùdelle volte dipendente dal calcio ionizzato intracellulare, tra le

quali le più importanti sono la PP-1, la PP-4, la PP-5, la PP-2A,la PP-2C o ancora la PP-2B, conosciuta con il nome dicalcineurina.

A causa della presenza di siti di consenso di fosforilazionenella parte intracellulare dei recettori, l’attività degli RCPG puòessere sottoposta all’azione di proteine kinasi, come avviene peri recettori canale. Queste fosforilazioni possono essere dovute adelle attivazioni di proteine kinasi di carattere omologo, cioèindotte dall’attivazione del recettore interessato (processo diautoregolazione), o di carattere eterologo, cioè legate all’attiva-zione di un recettore di un altro tipo rispetto a quello interes-sato dalla regolazione, implicando sia due tipi di recettori vicinia una stessa sinapsi, sia due tipi di recettori di sinapsi vicine,mettendo in evidenza la capacità delle sinapsi di interagire leune con le altre. La fosforilazione del recettore è in generalesinonimo di inattivazione, cioè di una forma di desensibilizza-zione. Questo tipo di adattamento si produce in particolare incaso di esposizione prolungata del recettore al neurotrasmetti-tore, in relazione con una sovrastimolazione potenziale. Essopuò essere accompagnato da un’internalizzazione del recettore,che passa dalla membrana al compartimento citoplasmatico,limitando così le conseguenze della sovrastimolazione ridu-cendo la probabilità di interazione del neurotrasmettitore con ilrecettore. In questo caso, il destino del recettore è di essererapidamente reincorporato nella membrana, se la concentra-zione del neurotrasmettitore nello spazio sinaptico diminuisce,oppure di essere degradato in un compartimento lisosomiale.Quale che sia il meccanismo, il numero di recettori sullamembrana diminuisce, in un processo definito downregulation.Viceversa, se i recettori sono insufficientemente stimolati perchéil neurotrasmettitore è presente in quantità troppo scarsa, laloro espressione sulla membrana aumenta per ottimizzare lecapacità di interazione. Questo meccanismo implica unaumento dell’espressione genica e/o dell’indirizzamento deirecettori sulla membrana, conosciuto con il nome di upregula-tion dei recettori.

Tabella 1.Diversità delle proteine G.

Proteina G Effettore Recettore Neurotrasmettitore

(alcuni esempi)

Subunità as Attivazione

Adenilato ciclasi (tipo AC I, II, III, IV, V e VI)

b adrenergico Noradrenalina

D1 dopaminergico Dopamina

H2 istaminergico Istamina

A2 purinergico Adenosina

Ormoni Glucagone

Subunità ai Inibizione

Adenilato ciclasi

a2 adrenergico Noradrenalina

D2 dopaminergico Dopamina

M2 muscarinico Acetilcolina

5HT1 serotoninergico Serotonina

A1 purinergico Adenosina

Subunità aq Attivazione

Fosfolipasi C

(PLC)

a1B adrenergico Noradrenalina

M1 muscarinico Acetilcolina

5 HT2 serotoninergico Serotonina

H1 istaminergico Istamina

Subunità k Canale del potassio

(aperto)

M2 muscarinico Acetilcolina

D2 dopaminergico Dopamina

µ morfinico b endorfine; encefaline

GABA B GABA

Subunità bc Inibizione adenilato ciclasi (sottotipo AC I, II, IV)

Attivazione di fosfolipasi C (sottotipo Cb)

Stimolazione di conduttanza al potassio

Inibizione di conduttanza al calcio

Stimolazione della fosfolipasi A2

Stimolazione della fosfatidilinositolo 3-kinasi

GABA: acido gamma aminobutirrico.

NT H

Ca2+

NT H

Ca2+

cGMP

AC

cAMP Ca2+

NT HCa2+

PLC

TrKIP3 DAG

PKG PKA PKII

Calmodulina

Fattotetrofico

PKC Ser K

Fosfoproteinadefosforilata

Fosfoproteinafosforilata

Rispostacellulare

PK

Proteina fosfatasi

NO PDE

Membrane

--

Figura 7. Principali vie di segnalazione che coinvolgono i neurotrasmet-titori e alcuni ormoni. NT: neurotrasmettitore; H: ormone; AC: adenilatociclasi; PLC: fosfolipasi C; DAG: diacilglicerolo; cAMP: adenosina mono-fosfato ciclico; cGMP: guanosina monofosfato ciclico; IP3: inositolo trifos-fato; Trk: tirosina kinasi; NO: monossido d’azoto; PDE: fosfodiesterasi;PKG: proteina kinasi G; PKA: proteina kinasi A; PKII: proteina kinasi II; PKC:proteina kinasi C; Ser K: serina kinasi.

Neurobiologia cellulare e molecolare ¶ I – 17-003-A-10

19Neurologia

Page 20: Neurobiologia cellulare e molecolare

Ricettori tirosina-kinasiI recettori tirosina-kinasi (Trk) utilizzati da alcuni agenti

coinvolti nella segnalazione intercellulare nel sistema nervosoimplicano altre vie di segnalazione rispetto a quelle ipotizzatesopra per gli RCPG, a priori considerate più semplici. Ciò è ilcaso per i fattori neurotrofici (NGF, BDNF, NT-3, NT-4/5, NT-6),alcune citochine neuropoietiche (come il ciliary neurotrophicfactor [CNTF], il leukemia inhibitory factor (LIF) o la CT-1), latumor necrosis factor (TNF) o alcune interleuchine, come IL-1 eIL-2.

Il principio di attivazione dei recettori Trk è quello di unadimerizzazione indotta dalla fissazione del ligando, che ha perconseguenza di smascherare un sito di autofosforilazionepresente sul recettore stesso. Questi recettori sono in particolare

implicati nel processo di sviluppo e legati alla sopravvivenza,alla proliferazione e alla differenziazione cellulare, con azioni sulgenoma che coinvolgono in particolare la via delle MAP-kinasie delle serina kinasi.

Segnalazione intercellulare e regolazionedella trascrizione

La produzione dei secondi messaggeri e l’attivazione delleproteina kinasi regolano la funzione delle fosfoproteine. Ilcontrollo dell’espressione dei geni a partire da segnali extracel-lulari rappresenta così un meccanismo fondamentale di svi-luppo e di adattamento per il mantenimento delle costantiomeostatiche, in relazione con le fluttuazioni ambientali. Questiprocessi conferiscono alle cellule nervose una plasticità in gradodi sottendere degli adattamenti funzionali permanenti, peresempio in relazione con funzioni quali l’apprendimento e lamemorizzazione. Il controllo dell’espressione dei geni da partedi segnali extracellulari interviene al momento dell’inizio dellatrascrizione. Esso implica, oltre ai neurotrasmettitori, ormoni,fattori trofici o, ancora, agenti farmacologici e presuppone, dauna parte, un posizionamento ad hoc delle RNA polimerasi suigeni da trascrivere e, dall’altra, che la sintesi del prodotto dellatrascrizione sia adattata ai bisogni della cellula (Fig. 6).

La regolazione della trascrizione appare di conseguenza unprocesso adattativo dell’attività cellulare a lungo termine, voltoa generare una forma di «memoria» degli avvenimenti che, adun certo momento, hanno influenzato in modo importantel’attività cellulare. I meccanismi di queste regolazionidell’espressione sono complessi e, per la maggior, assai malconosciuti. Tali effetti potrebbero intervenire negli effetticollaterali di alcuni farmaci. In effetti, questa ipotesi è peresempio avanzata per spiegare la comparsa di discinesie legatealla somministrazione a lungo termine di L-DOPA nei pazientiparkinsoniani, nei quali un’attivazione anomala di FosB è stataevidenziata a livello striatale.

A fianco delle MAP-kinasi, altri tipi di proteine kinasi sonooggi al centro di numerosi lavori, a causa del loro possibileintervento nei processi degenerativi, in particolare. Questo è ilcaso della glycogen synthase kinase 3b (GSK-3b), e soprattuttodella cyclin dependent kinase 5 (cdk5), proteine kinasi coinvoltein particolare nella iperfosforilazione della proteina tau nellamalattia d’Alzheimer. In caso di cdk5, il livello di espressione èaumentato in alcune biopsie del cervello di pazienti, comeperaltro nei modelli animali analoghi sperimentali dellamalattia. Il legame con la malattia è rinforzato dal fatto che topiche sovraesprimono p25, l’attivatore naturale di cdk5, presen-tano delle degenerazioni neuronali e una iperfosforilazione ditau, riproducendo così numerose lesioni della malattia d’Alzhei-mer umana. È di conseguenza ipotizzabile che una strategiavolta a ridurre, direttamente o indirettamente, l’attività dicdk5 possa rappresentare una nuova via promettente nel quadrodel trattamento della malattia d’Alzheimer. Questa via èattualmente attivamente esplorata.

■ ConclusioniLa conoscenza delle basi molecolari della comunicazione

intercellulare nel sistema nervoso è notevolmente aumentatanel corso degli anni e noi disponiamo oggi di informazioni chepermettono, in alcuni casi, di mettere in relazione lo sviluppodi un certo numero di patologie con delle disfunzioni elemen-tari fino a stabilire relazioni di causalità tra alterazioni proteichee patologia, in alcuni casi favorevoli. In genere tuttavia, è raro,se non eccezionale, che queste patologie siano monogeniche;queste eziologie rare offrono comunque delucidazioni suimeccanismi che portano agli stati patologici. Questa potenzaanalitica deve tuttavia tenerci lontani da un riduzionismotrionfante, esageratamente esplicativo. Per il momento èverosimile che sia soprattutto nel campo delle malattie neuro-degenerative che l’analisi genetica e molecolare sia in grado difar intravedere delle soluzioni terapeutiche, potendo arrivarefino a permettere di immaginare una forma di neuroprotezioneper rallentare, addirittura bloccare, il corso della malattia [16].Ciò incoraggia a proseguire l’analisi, che deriva dall’iter

Tabella 2.Proteina kinasi e proteina fosfatasi.

Proteina kinasi A (PKA)

Alcuni substrati Risposta cellulare

Sinapsina I Esocitosi dei neurotrasmettitori

Proteina III Esocitosi

Tirosina idrossilasi Biosintesi delle catecolamine

Canali voltaggio-dipendenti Eccitabilità di membrana

Canali del potassio calcio-dipendenti

Eccitabilità

Recettore nicotinico Trasduzione del segnale

Recettore GABA A Trasduzione

Guanilato ciclasi Trasduzione

Proteina fosfatasi Trasduzione

DARPP32 Inibizione delle fosfatasi

ARPP21 Inibizione delle fosfatasi

PKA Autoregolazione

Neurofilamenti NF2 Citoscheletro

MAP2 Citoscheletro

Proteina kinasi G (PKG)

Proteina G Inibizione delle fosfatasi

PKG Autoregolazione

Proteina kinasi I (PK I; dipendente dal calcio e dalla calmodulina)

Sinapsina I Esocitosi

Proteina III Esocitosi

PK I Autoregolazione

Proteina kinasi II (PK II; dipendente dal calcio e dalla calmodulina)

Sinapsina I Esocitosi

Sinaptofisina Esocitosi

Actina Citoscheletro

MAP 2 Citoscheletro

Tirosina idrossilasi Biosintesi delle catecolamine

Triptofano idrossilasi Biosintesi della serotonina

PK II Autoregolazione

Proteina kinasi C (PKC)

Tirosina idrossilasi Biosintesi delle catecolamine

Istone Regolazione dell’espressione genica

MAP 2 Citoscheletro

PKC Autoregolazione

Proteina fosfatasi

Principali sottotipi Caratteristica principale

PP-1 Sensibile alla DARPP32

PP-2A Attivazione indipendente di cationibivalenti

PP-2B (calcineurina) Attivazione dipendente dal sistemacalcio/calmodulina

PP-2C Attivazione dipendente dal magnesio

PP-4 Nucleare

PP-5 Nucleare

.

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20 Neurologia

Page 21: Neurobiologia cellulare e molecolare

anatomoclinico. Tuttavia, sempre più spesso questo modo diaffrontare la patologia deve essere confrontato con un approcciopiù globale che integri al tempo stesso i dati di una diagnosticaper immaginifunzionale, ogni giorno più efficace, e quelli diuna clinica rinnovata alla luce dei progressi incessanti dellaneurobiologia.

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A. Nieoullon, Professeur ([email protected]).Institut de biologie du développement de Marseille-Luminy (IBDML), UMR6216 CNRS-Université de la Méditerranée, Parc scientifique de Luminy, 13288Marseille, France.

Ogni riferimento a questo articolo deve portare la menzione: Nieoullon A. Neurobiologia cellulare e molecolare. EMC (Elsevier Masson SAS, Paris), Neurologia,17-003-A-10, 2010.

Disponibile su www.em-consulte.com/it

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