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Periodico d'arte, cultura e scienza a cura di Domenico Defelice
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mensile (fondato nel 1973) Direzione e amministrazione: Via Fratelli Bandiera, 6 - Tel. 06/91.12.113 - 00040 POMEZIA (Roma) - Fondatore e Direttore re-sponsabile: DOMENICO DEFELICE – e-Mail: [email protected] – Parziale distribuzione gratuita (solo il loco) – Attività editoriale non commerciale (art. 4, D.P.R. 26.10.1972 n. 633 e succ.ve modifiche) - Per abbonamenti (annuo, € 40; sostenitore € 60; bene-merito € 100; una copia € 5.00) e per contributi volontari (per avvenuta pubblicazione), versamenti sul c/c p. 43585009 intestato al Direttore - Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 213/93 del 23/5/1993 - La collaborazione, sempre gratuita, in parte è libera, in parte è per invito. Ogni autore si assume la responsabilità dei propri scritti - Manoscritti, fotografie e altro materiale, anche se non pubblicati, non vengono restituiti - É ammessa la riproduzione, purché se ne indichi la fonte. Per ogni controversia, foro competente è quello di Roma.
Poste Italiane S.p.A. Spedizione in Abbonamento Postale 70% - DCB - ROMA
Anno 21 (Nuova Serie) – n. 8 - Agosto 2013 - € 5,00
Don ELEUTERIO GAZZETTI in un saggio di
DOMENIO DEFELICE di Giuseppe Anziano
L Croco-Maggio 2013, che fa parte dei quaderni letterari di Pomezia Notizie, presenta un
saggio di Domenico Defelice su don Eleute-
rio Gazzetti, cantore della Valpadana, della
zona ubertosa,, produttrice di Lambrusco,
lungo il fiume Secchia, “ ora grandioso nelle pie-
ne, ora rigagnolo ciarliero e veloce, tra macchie di
robinie e canne, ora pigro nelle anse, dalle sponde
sempre coronate di fiori”.
La silloge, che si articola in tre parti -- Il saggi-
sta e il pittore — Il poeta e lo scrittore — Le lette-
re ---, rappresenta uno spaccato della condizione
umana, evidenziato con grande efficacia da De-
felice, capace di penetrare a fondo nella psiche
umana e metterne a nudo gli aspetti più significativi, e si segnala per la connotazione personale
che l’autore dà ad essa, per la registrazione
di sue esperienze di vita, dei suoi sentimenti
in chiave filosofico-letteraria,---offre lo
spunto per una riflessione profonda sui valo-
ri più autentici dell’esistenza, sulle tematiche
di alto contenuto umano e religioso----, per il
rilievo con cui viene descritto un mondo cir-
coscritto, un microcosmo, di cui coglie i va-
ri aspetti.
Defelice nella prima parte, dopo aver trac-
ciato sinteticamente la vita di don Eleuterio,
nato in provincia di Modena nel 1917, par-
I
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 2
All’interno:
Nido primigenio, di Antonia Izzi Rufo, pag. 5
Cagliostro, I misteri di via dell’Amorino, Sua Santità, di Giuseppe Giorgioli, pag. 6
Il Monviso e il fiume Po, di Leonardo Selvaggi, pag. 16
XXXIII Edizione Premio Letterario Internazionale Città di Pomezia 2013 (risultati e mate-riale di: Nazario Pardini, Innocenza Scerrotta Samà, Antonio Damiano, Antonia Izzi Rufo, Maria Luisa Da-
niele Toffanin, Andrea Masotti, Edio Felice Schiavone, Francesco Salvador, Anna Maria Bonomi, Enzo
Cavaricci, Tito Cauchi, Noemi Lusi, Mariagina Bonciani, Claudio Carbone, Santo Consoli, Monica Fioren-tino, Clementina Maddalena Pilla, Carmela Perri, Angela Maria Tiberi, Anna Trombelli Acquaro, Paola In-
sola, Leda Biggi Graziani, Maria Coreno, Filomena Iovinella, Elisabetta Di Iaconi, Francesco Martillotto,
Silvana Andrenacci Maldini, Caterina Margheri, Giuseppina Taddei), pag. 19
Amore e morte nella poesia di Antonia Pozzi, di Luigi De Rosa, pag. 45
Eleonora Cogliati: Anima, di Giuseppe Leone, pag. 48
In viaggio con Pierre Boulez, di Ilia Pedrina, pag. 50
I poeti e la Natura (Carlo Olivari), di Luigi De Rosa, pag. 53
Notizie, pag. 64
RECENSIONI di/per: Elio Andriuoli (Il Regno, di Carmelo Pirrera, pag. 55); Fulvio Castellani (Sotto o-
gni cielo, di Aurora De Luca, pag. 55); Carmine Chiodo (Nessuno può restare, di Gianni Rescigno, pag.
56); Carmine Chiodo (Carillon, di Salvatore Senna, pag. 57); Salvatore D’Ambrosio (Nel tempo del giorno e della notte, di Brandisio Andolfi, pag. 58); Rossano Onano (Per vivere ancora, di Anna Vincito-
rio, pag. 59); Laura Pierdicchi (Ubaldo Riva alpino poeta avvocato, di Liana De Luca, pag. 60); Laura
Pierdicchi (Eleuterio Gazzetti cantore della Valpadana, di Domenico Defelice, pag. 61); Andrea Pugiotto (L’intermittenza, di Andrea Camilleri, pag. 62).
Lettere in direzione (Ilia Pedrina a Domenico Defelice), pag. 66
Inoltre, poesie di: Mariagina Bonciani, Loretta Bonucci, Lorella Borgiani, Colombo Conti, Ma-
riano Coreno, Domenico Defelice, Luigi De Rosa, Adriana Mondo, Teresinka Pereira, Maria
Luisa Spaziani
Pomezia-Notizie è disponibile anche su: issuu.com/ domenicoww/docs/p._n._2013_n._8
roco dal 1954 di Sozzigalli di Soliera, dove
ha operato con solerzia, restaurando la Scuola
Materna Istituto San Giuseppe, la monumen-
tale Chiesa Parrocchiale di stile neoclassico,
costruendo la nuova Parrocchia ed organiz-
zando numerose mostre personali — in tale
contesto ha dimostrato capacità creativa, e-
stro singolare --, parla della sua attività di
saggista, da un lato soffermandosi sull’opera
“Cardinali, vescovi e abati nella storia della
Diocesi di Modena e Nonantola (sec. IV-
XX)”, ripartita in quattro parti, in cui traccia
la storia della Diocesi con la citazione dei ve-
scovi, che si sono succeduti in essa, nel corso
degli anni, dei vescovi modenesi che hanno
esercitato il loro apostolato altrove dal sec.
VII al Sec. XX, dei cardinali modenesi ed, in-
fine, di Nonantola e dei suoi abati, dall’altro
lamentandosi del fatto che molte opere sono
ancora inedite e che si auspica possano esse-
re sollecitamente pubblicate.
Per quanto concerne la sua attività di pitto-
re, don Eleuterio deve molto all’ Impressioni-
smo, il cui nome deriva dal paesaggio di Mo-
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 3
net –IMPRESSION-SOLEIL LEVANT—
1872- movimento ispirato ad un’ arte basata
essenzialmente sul colore e ad esperienze vi-
sive quali si determinavano nel lavoro all’ a-
ria aperta – en plein air-.
Don Eleuterio, a mio avviso, esprime il me-
glio di se stesso nella pittura, dove, senza in-
trusione dell’intelletto, che renderebbe la cre-
azione artistica fredda ed artificiosa, tale da
non suscitare emozioni nell’animo dl fruitore,
facendo leva sul suo spiccato spirito d’ os-
servazione, attraverso i colori della sua tavo-
lozza, ricca di essenzialità cromatiche, di luci
ed ombre sfumate, con pennellate morbide e
sciolte, trasfonde tutta la ricchezza del suo
mondo interiore, tutta la potenza del suo estro
creativo.
Da tal modo di dipingere risulta un mondo
variegato, che, interiorizzato e oggetto di pro-
fonda analisi, denota non solo una coerenza
di stile di pretto stampo impressionistico, pur
nella diversità dei soggetti ora relativi alla na-
tura e al paesaggio -- acqua - fiume - mare -
alberi - fiori - la fattoria - il casolare — ora
all’arte sacra — Il re dei Giudei — la Ma-
donna col bambino ---, ma anche un preciso
gusto estetico.
Paesaggio e figura sono, quindi, i temi
dominanti della sua produzione, il paesaggio
dove, in una vasta gamma di colori, con tinte
morbide e delicate, è evidenziata una natura
semplice, incantata, colta nelle sue forme,
nei suoi colori, la figura, invece, riproduce i
tratti delicati del viso, in una policromia cal-
da e corposa.
Nella seconda parte Defelice, nel rilevare
come in Eleuterio la poesia è sentita come
sogno d’amore, vagheggiamento supremo di
bellezza, come elevazione spirituale ed aneli-
to al divino, sottolinea che essa non ha valore
puramente documentario, ma riflette la storia
dei suoi sentimenti, dei suoi convincimenti
morali –fede - sociale - divino — in un lin-
guaggio di moderna e schietta semplicità,
che, rifiutando ogni forma solenne, non di-
sdegna di ricorrere ad espressioni comuni,
ma sentite.
In fondo, a mio avviso, la poesia non vale
tanto per quel che dice, quanto per quel che
suggerisce nell’animo del fruitore e deve ave-
re come fine non solo il godimento estetico,
ma anche la sensibilizzazione dell’individuo
nei riguardi dei problemi sociali..
Sono presentate poesie che abbracciano ar-
gomenti vari: Affetti familiari (Per un piccino
— La nonna ) - La presenza costante del di-
vino nell’uomo (Il tempo del Calvario) - La
crisi esistenziale per la solitudine dell’uomo
disorientato dal caos della vita quotidiana -
(E avviene) ed, in ultimo, Pensieri e Senten-
ze, elencazione di pillole di saggezza ”Quae
utilia sunt”.
Per quanto concerne la prosa, per Defelice,
Eleuterio è uno scrittore moderno, in posses-
so di una cultura che affonda le sue radici
nell’humus di una formazione classica, che
non disdegna di volgere il suo sguardo inda-
gatore alla società che lo circonda, piuttosto
deludente, tanto da indurlo ad esprimere giu-
dizi talvolta poco lusinghieri sulle virtù fem-
minili, negativi, invece, sul presuntuoso e sui
politici, interessati più al tornaconto personale
e… alle cene.
La terza parte riguarda il carteggio che è
intercorso tra il sacerdote e Defelice dal 1964
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 4
al 1998 - lettere per lo più di E. Gazzetti,
mentre di Defelice è riportata solo una , di
cui conservava la copia — dal quale traspare
l’amicizia che ha legato i due, amicizia che si
è esplicitata in una simbiosi spirituale evi-
denziata da scambi culturali, scambi di giudi-
zi sulle opere scritte, dai rapporti con altri e-
sponenti della cultura contemporanea, il tutto
in un linguaggio che evidenzia una creatività
esente da ogni manierismo e che costituisce
una nota particolare dell’autore.
Concludendo, bisogna dare atto a Defelice
di aver salvato con questo suo saggio dall’
oblio un autore poliedrico quale E. Gazzetti,
che ha dato un significato alla sua vita sia
con l’esercizio del suo apostolato sia con l’
interesse verso le varie espressioni artistiche.
Giuseppe Anziano In prima pagina: Eleuterio Gazzetti - Paesaggio (1969, olio su truciolato 30 x 40) e Cocomeri
(1968, olio su faisite 30 x 40).
Pag.3: Eleuterio Gazzetti: Nudo (Studio, 1966, olio su tela 30 x 40, proprietà Iscra, Pomezia,
RM).
ALI DI LIBERTÀ
Ali di libertà
agli angoli della strada
tra la povera gente
cui trema anche lo sguardo
dal sapore umano.
Un piccolo cielo
rischiara il giorno
tra impercettibili cose
di un pensiero assente
ai margini di una vita
che ritrova il suo sorriso
tra le gote
tra i frantumi di un amore
che rinviene pian piano
il suo paradiso
adirato il sentimento
si accavalla su silenzi stanchi
di ascoltare fumose parole
di un incerto senso.
Lorella Borgiani Ardea
NON FIDARSI
Un corpo bagnato
pesa di più
d’uno asciutto.
E quando cammino
sotto la pioggia
mi sento pesante
come se fossi un gigante!
Meglio non camminare
sotto la pioggia,
meglio non bagnarsi
e di non troppo fidarsi.
Mariano Coreno Melbourne
ALLELUIA ALLA... FANTOMAS
La sindrome di Stendhal è uno stato confu-
sionale, una specie di vertigine della bellez-
za che investe il visitatore alla quinta stanza
del Louvre. Il museo parigino è stato chiuso
per teppismo. I guardiani hanno indetto uno
sciopero per i troppi borseggi che non rie-
scono a controllare. Dalla sindrome di Sten-
dhal alla sindrome di Fantomas.
Rossano Onano
Non provi tenerezza, caro Onano,
di fronte a quei Francesi
alla sindrome ancora recettivi?
Da noi, stravaccinati,
che a tutto siamo avvezzi da millenni,
pure il borseggio è metabolizzato;
entrato è anzi nella istituzione,
custodi praticandolo e... fantasmi:
fa parte del pacchetto, del bidone,
con guida, cartolina e... pizzardone!
Domenico Defelice
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 5
NIDO PRIMIGENIO di Antonia Izzi Rufo
MMAGINIAMO di essere dei giganti
che ad ogni passo che fanno in avanti si
lasciano dietro, non venti centimetri così
come noi piccoli uomini reali, rispetto ad essi
invisibili, ma decine di chilometri. Pochissi-
mo tempo impiegheremmo a percorrere il
terzo della parte solida di cui è formata la ter-
ra. E se facessimo una corsa ad occhi chiusi,
andremmo a cascare, senza accorgercene,
nella vastità delle acque che tre parti occupa-
no del nostro pianeta. Quel pezzetto di suolo
non ci basterebbe, sarebbe per noi insufficien-
te, non ci permetterebbe di muoverci a nostro
agio e di godere di uno spazio infinito e opte-
remmo per una bella nuotata nell’illimitata
distesa liquida.
Il mare esercita un forte magnetismo sull’
uomo, non tanto se infuriato avanza minac-
cioso con i suoi cavalloni, genera terrore e in-
duce alla fuga, quando, rilassato e in dormi-
veglia, ci sorride, lambisce i nostri piedi con
morbide onde civettuole mentre sostiamo o
passeggiamo sulla battigia, ammicca per in-
durci a scivolare nel suo seno, si compiace
ogni volta che, al suo cospetto, siamo sedotti
dal suo fascino irresistibile, dal suo manto di
seta turchese o azzurro smeraldo o di cobalto
o scintillante di miriade di stelle dai raggi
prodotte del sole, proiettati nella sua immen-
sità.
Nei lunghi giorni dell’autunno piovoso e
ventoso, nell’interminabile rigido inverno bu-
io, nel volubile tempo cangiante di primavera
pazzerella sogniamo l’arrivo, lento, dell’ esta-
te, nella speranza di poterci concedere una
vacanza al mare e rifarci della malinconia e
del freddo sofferti per mesi e mesi d’attesa,
costretti nel chiuso nella noia e nel grigio. E
quando la bella stagione arriva e ci stendiamo
finalmente sulla spiaggia bollente indorata dal
sole che ci tinge d’ambra la pelle e d’ ottimi-
smo lo spirito, ci sentiamo rinati, leggeri,
scissi da problemi e preoccupazioni, animati
solo da giubilo e voglia di vivere. Inneggiamo
al sole, al mare, alla spensieratezza; accanto-
niamo il pensiero del lavoro e della parsimo-
nia, appaghiamo desideri rimossi e respiriamo
la libertà, infinita, che nell’aria aleggia ad ali
spiegate e danza estasiata.
Ovunque volgiamo lo sguardo è incanto.
Non hanno orizzonte il cielo e il mare: è tutt’
uno l’immenso d’azzurro. Bianche vele, dia-
fane, scivolano eteree sulla superficie, sembra
che volino al di sopra delle acque; i gabbiani
sostano immobili sugli scogli; i bambini co-
struiscono e demoliscono castelli di sabbia
mentre gorgheggi spensierati lanciano in aria;
chi nuota chi passeggia in acqua; chi arriva
chi va via; brusio in sottofondo sotto gli om-
brelloni; chi riposa all’ombra chi è steso al
sole. Appaiono tutti senza pensieri i bagnanti.
Che bello! C’è aria di festa, di pace, hanno
tutti il viso disteso, amico.
Perché tanto amore per il mare? Per caso
esso è il padre dell’uomo e nel suo ventre è l’
origine della specie umana? Forse l’uomo
nacque da un pesce che, in un momento d’ira,
lo lanciò sulla terra? Scacciato dal regno ma-
rino, egli si adattò a vivere anche fuori dell’
acqua, come un anfibio. In lui, però, è rimasto
il ricordo della vita prima, del sapore e dell’
odore dell’acqua marina e tornare in essa è
come immergersi di nuovo nel liquido amnio-
tico del suo caldo e protettivo nido primige-
nio.
Antonia Izzi Rufo
VIAGGIO VERONA-PARIGI
......
Nel treno di Parigi antiche angosce
puntualmente ritornano: io arrivo
alla Gare de Lyon, gabbione fatiscente,
e al di là si spalanca il deserto.
Louvre? Bastille? Place Vendôme? Etoile?
Ça n’a jamais exixté, ma pauvre dame!
C’est la faute di scrittori passatisti:
frottole per sognatori, trappole per turisti.
.......
Maria Luisa Spaziani da L’anima del viaggio, in La Musa accanto, a cura di Eugenio Rebecchi - Blu di Prussia, 2012.
I
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 6
CAGLIOSTRO,
I MISTERI DI VIA
DELL’AMORINO,
SUA SANTITÀ di Giuseppe Giorgioli
I seguito vengono presentati tre libri
che a mio parere sono interessanti
per il periodo storico e politico in cui
le storie di questi tre libri sono ambientati, e
precisamente:
“Cagliostro” di Roberto Gervaso è ambien-
tato nel periodo precedente la Rivoluzione
Francese: Tale storia sembra quasi anticipar-
ne l’evento.
“I Misteri di Via dell’Amorino” di Gianan-
tonio Stella è ambientato nel periodo post Ri-
sorgimento: durante gli eventi raccontati si
possono vedere somiglianze con il periodo sia
attuale che di tangentopoli del 1992 per la
corruzione che viene descritta e che è presen-
te nella politica degli anni 1860 – 1900.
“Sua Santità” di Gianluigi Nuzzi è attuale e
descrive la corruzione presente nel Vaticano
in questi anni 2000 – 2012.
ROBERTO GERVASO
CAGLIOSTRO
Rizzoli Edizioni, 1992, pagg. 397, € 12,50
Roberto Gervaso sa come scrivere la storia,
sa come renderla leggibile senza farla appros-
simativa, sa fare ottima divulgazione senza
perdere mai il fascino del raccontare. Una let-
tura tutta da godere, ma istruttiva.
Un libro affascinante perché tratta della sto-
ria di Cagliostro, che diventò famoso perché
aveva viaggiato per tutta Europa facendo al-
chimie, profezie ed era iscritto alla Massone-
ria. E’ senz’altro una figura importante per la
recente storia dell’umanità in quanto nel rac-
conto già si intravedono i germi del cambia-
mento traumatico della Rivoluzione Francese.
Inoltre profetizzò alla Regina Maria Anto-
nietta la sua terribile fine.
Un personaggio scomodo senza dubbio, un
uomo misterioso a cui fece difetto la mode-
stia e a volte l’onestà, aveva un’intelligenza
straordinaria, eccellenti poteri occulti. Compì
infatti miracolose guarigioni, ebbe il dono
della preveggenza, fu profondo conoscitore
dell’alchimia.
La sua biografia è ancora oggetto di con-
traddizioni e di difficile interpretazione come
in effetti fu la sua avventura su questa terra.
In contrapposizione al “Secolo dei Lumi”,
epoca in cui visse, Cagliostro propose il
mondo dell’occulto e dell’inconoscibile.
Quando un uomo travalica gli schemi della
normalità, osa quello che i comuni mortali
non osano, quando mette in discussione le re-
gole del sociale, del perbenismo, quando
sconvolge gli schemi preordinati dalla classe
dominante, allora è destinato ad attirarsi l'o-
dio, lo scetticismo, la curiosità malevola e la
diffidenza ma spesso anche l'opportunismo di
chi lo vuole usare per i propri scopi e la storia
è colma di uomini che, andando contro cor-
rente, hanno pagato duramente la loro diver-
sità.
Ricercatore della vera saggezza, sostenne
che essa risiedeva nei misteri della civiltà e-
giziana e che l'antico Egitto fosse la culla di
tutte le scienze e l'origine di tutte le religioni,
fu fondatore altresì e Gran Cofto del rito egi-
ziano (vedasi a tal proposito il Capitolo 5: Il
gran Cofto). Tutta la sua vita fu improntata su
un unico pensiero: poter dominare la morte,
perché, riteneva, tutto si muove in virtù di es-
sa e forse dell'ossessione e della paura che ne
deriva.
La narrazione tratta della vita del Conte
Cagliostro, in realtà Giuseppe Balsamo, nato
a Palermo il 2 giugno1743. Era figlio di Pie-
tro Balsamo, un venditore palermitano di
stoffe, e di Felicita Bracconieri, fu battezzato
l'8 giugno 1743 con i nomi di Giuseppe, Gio-
vanni Battista, Vincenzo, Pietro, Antonio e
Matteo.
Il padre morì poco tempo dopo la sua nasci-
ta e Giuseppe fu accolto nell'istituto per orfa-
ni di San Rocco dove compì i primi studi, se-
guito dalla cura degli Scolopi. In seguito ven-
ne affidato nel 1756 al convento dei Fatebe-
D
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 7
nefratelli di Caltagirone.
Non è chiaro se scappò anche dal convento
o se semplicemente ne fu dimesso; in ogni
caso, tornato a Palermo, si rese responsabile
di una truffa ai danni di un fabbro sciocco,
avido e superstizioso di nome Marano, e per
sottrarsi ai rigori della giustizia, sarebbe fug-
gito a Messina, dove avrebbe conosciuto un
certo Altotas, forse un greco-levante, con il
quale avrebbe viaggiato in Egitto, a Rodi e a
Malta, e che Cagliostro indicò come suo pri-
mo maestro, che l'avrebbe introdotto, nel
1766, nell'Ordine dei Cavalieri di Malta; que-
ste notizie furono tuttavia fornite da Caglio-
stro in un suo Memoriale del 1786, nel quale
egli intendeva sostenere la leggenda di una
sua eccezionale formazione spirituale e vanno
pertanto ritenute altamente improbabili: quel-
lo che è certo, è che sulla figura dell'Altotas la
storia non ha mai fatto alcuna luce.
Nel 1768 il Balsamo è a Roma e vi è arre-
stato per una rissa nella Locanda del Sole, in
piazza del Pantheon: dopo tre giorni, è rila-
sciato grazie all'intervento del cardinale Orsi-
ni, di cui aveva nel frattempo conosciuto il
maggiordomo, don Antonio Ovis. È ancora
nel 1768, il 21 aprile, che Balsamo si sposa
nella chiesa di San Salvatore in Campo con
Lorenza Serafina Feliciani, una bella ragazza
nata l' 8 aprile 1751, analfabeta, figlia di un
fonditore di bronzo. Il certificato di matrimo-
nio è tuttora conservato e attesta che il Nostro
si chiama effettivamente Giuseppe Balsamo
ed è figlio del fu Pietro, palermitano: non vi è
traccia di alcun titolo nobiliare, né in partico-
lare del nome di Cagliostro. Nozze descritte
nel Capitolo 2 – “Lorenza”.
Cagliostro programma un viaggio a Londra
nella magia: a Londra soggiornò nel 1771 in
una palazzina di New – Compton – Street, nei
dintorni di Soho. Ritornò a Londra nel 1776 a
Whitcomb Street. Fu incarcerato a Kings –
Bench. Fu iniziato nella Massoneria in una
cerimonia presso la Taverna Reale a Gerard
Street, a Soho, assumendo il nome di Conte
di Cagliostro al posto del suo vero nome Giu-
seppe Balsamo. Fu iniziato anche al rituale
della Massoneria egiziana: nel Capitolo 4 vi è
una bella e completa storia sulle origini della
Massoneria.
Non considerando gli atti ufficiali della na-
scita della moderna Massoneria nel 1717, so-
no conosciuti come sicuri solo dei rari docu-
menti che precedono il 1717 e comunque non
prima della seconda metà del XVII secolo. La
vaghezza di questa documentazione è da ad-
debitare alla segretezza che allora i massoni
davano ai lavori di loggia. Tale carattere non
differisce da quello delle società iniziatiche
anche antiche, essendo l' iniziazione un aspet-
to sostanzialmente comune a tutte le culture
umane anche se con diversi scopi e cerimo-
niali.
In ambito massonico le radici ideali della
Massoneria vengono fatte risalire alla costru-
zione del Tempio di Salomone e in termini
storici essa viene ritenuta derivante dalle cor-
porazioni o gilde di muratori del Medioevo.
Tuttavia non esistono documenti, storicamen-
te accertati, che dimostrino la continuità tra
queste corporazioni e le logge massoniche di
cui si è accertata l'esistenza nella seconda me-
tà del XVII secolo. A motivo della mancanza
di documenti in Massoneria sono sorte molte
interpretazioni, mai dimostrate come vere,
sulla sua origine. Tali interpretazioni, atte più
a suggestionare che a documentare, non han-
no valore storico, come quella di essere una
discendenza diretta dei Poveri cavalieri di
Cristo e del Tempio di Salomone in Gerusa-
lemme (più noti come Cavalieri Templari)
oppure un ramo delle antiche scuole del se-
greto, o dei Collegia fabrorum romani, o una
conseguenza istituzionale delle corporazioni
medievali di muratori, per il tramite di mae-
stranze bizantine o italiche (tra queste, i co-
siddetti Magisteri comacini) operanti nell' Al-
to Medioevo. Le attività amministrative e
commerciali delle corporazioni massoniche si
svolgevano in sedi urbane, spesso palazzi
prestigiosi, non definite logge. Gli affiliati al-
le logge seicentesche e settecentesche erano
in gran maggioranza esponenti della nobiltà,
delle libere professioni e del commercio. Non
esistono documenti che possano spiegare i
motivi per i quali queste persone si raggrup-
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 8
passero e che cosa facessero durante le riu-
nioni. Le cerimonie massoniche erano, per il
poco che si sa, prettamente rituali e segrete.
La segretezza consisteva nel fatto che il ceri-
moniale, parole e azioni, era noto ai soli
membri della loggia e che tutto ciò che faceva
parte del cerimoniale, arredi, oggetti e altro,
veniva o distrutto o conservato in modo inac-
cessibile alla fine delle riunioni. Per questo
motivo nessuno, allora e oggi, sa che cosa
avvenisse realmente durante le riunioni e ogni
supposizione è di pura fantasia.
La Massoneria predica la libertà, l’ egua-
glianza e la fratellanza:, che costituiranno an-
che i germi della Rivoluzione Francese.
A Roma il Balsamo, discreto disegnatore,
vive falsificando documenti in complicità con
due conterranei, un sedicente marchese Allia-
ta e un certo Ottavio Nicastro, che morirà im-
piccato per aver ucciso l'amante. È proprio
quest'ultimo, insieme con il suocero di Ca-
gliostro, a denunciarlo come falsario e allora
Giuseppe e Lorenza, con il marchese, abban-
donano Roma per un lungo viaggio che li
porta fino a Bergamo: qui, continuando la
prediletta attività di truffatori, vengono en-
trambi arrestati, mentre l'Alliata riesce ancora
a fuggire. Rilasciati, si trasferiscono in Fran-
cia – ad Aix-en-Provence conoscono Giaco-
mo Casanova, che definisce Balsamo «un ge-
nio fannullone che preferisce una vita di va-
gabondo a un'esistenza laboriosa» - e ad An-
tibes, dove con i proventi della prostituzione
di Lorenza, si procurano il denaro per rag-
giungere, nel 1769, Barcellona. A causa
dell’attività di prostituzione di Lorenza, Ca-
gliostro e Lorenza avevano contratto la lue.
Cagliostro confida, forse troppo, nelle sue
capacità, e, lasciato il passato alle spalle, ri-
parte sempre da zero, si reca in Francia, pre-
cisamente a Strasburgo. Attraversando la
Germania, compie una sosta a Francoforte sul
Meno, una delle roccheforti dell' esoterismo
in Europa. I rapporti intessuti con gli adepti
delle confraternite del luogo, miranti a sov-
vertire l'ordine e il potere dei governanti, gli
creeranno la fama di cospiratore politico;
questo fatto sarà un'arma potente nelle mani
del Sant'Uffizio, durante il processo, tenuto
contro di lui nel 1790 (vedasi a tal proposito
il Capitolo 14: “Nelle fauci dell’ Inquisizio-
ne”). Cospiratore o no, Cagliostro era colui
che andava al di là delle apparenze, oltre la
superficialità.
La storia interessantissima di questo perso-
naggio vissuto nel XVIII secolo, che affasci-
nò mezza Europa (infatti viaggiò e dimorò
nei paesi seguenti: Olanda, Germania, Fran-
cia, Inghilterra, Russia, Polonia, Italia) con le
sue magie, stregonerie e facoltà profetiche, ri-
sulta importante per capire il contesto storico
in cui ha vissuto, contesto precedente la Rivo-
luzione Francese. Ha avuto una certa influen-
za in essa in quanto coinvolto, pur se scagio-
nato successivamente, nello scandalo dalla
Collana della Regina.
Nel libro il capitolo 10 (la collana della Re-
gina) è quello più intrigante ed importante di
questo libro in quanto descrive un fatto politi-
co che molto probabilmente è stato causa del-
la Rivoluzione Francese: infatti, tale scandalo
provocò la rabbia dei francesi verso la Mo-
narchia.
Bella ed avvincente la descrizione dell’ in-
trigo della Collana. Cagliostro ne fu coinvolto
in quanto amico del Cardinale Rohan.
La contessa De La Motte, ambiziosa ed a-
vida di soldi, fece comprare tale Collana dal
Cardinale Rohan, facendo intendere che era
su ordine della Regina. Cosa non vera. Da qui
lo scandalo.
Nella seconda metà di agosto il fattaccio
della collana esplode in tutta la sua roboante
risonanza, questo meraviglioso monile, com-
posto da 540 diamanti e del valore di
1.600.000 franchi, era stato creato dai gioiel-
lieri Bassange e Boehmer per la favorita di
Luigi XV, dieci anni prima; rimasta invendu-
ta, i due gioiellieri cercavano invano un ac-
quirente, che, però, trovarono nella persona
del cardinale, tramite la contessa. Dato l'alto
costo, de Rohan decide di comprarla a credito
e regalarla alla regina, per ingraziarsi il suo
favore perduto ma la collana non andrà mai al
collo regale di Sua Maestà, bensì nelle mani
dei de la Motte e dell'amante della contessa
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 9
che si affrettano a smontarla e a venderne i
diamanti separatamente. In seguito ad una ra-
ta rimasta insoluta, Bassange e Boehmer all'
oscuro di tutto, informano la regina, la quale
a sua volta è più ignara di loro. Costei, presa
dall'indignazione, racconta tutto al re e lo
convince ad istruire un processo contro i pre-
sunti colpevoli, vuole che si faccia luce sul
misfatto e che il suo nome esca pulito di fron-
te all'opinione pubblica.
Il 23 agosto 1785 De Rohan, la contessa, la
d'Oliva e Cagliostro vengono arrestati e con-
dotti nelle segrete della Bastiglia, qualche
giorno dopo anche Serafina subirà la stessa
sorte del marito ma verrà poi scarcerata nel
mese di marzo. Lunghi mesi di detenzione li
aspettano, fino all'apertura del processo, tenu-
tosi alla fine di maggio del 1786. Durante lo
svolgimento di esso è subito chiaro che non
solo il popolo ma anche i giudici parteggiano
per il cardinale e sono contro Maria Antoniet-
ta. Si avvisano i sentori del malcontento che
serpeggia in Francia contro la corona e che
porterà, come naturale sbocco, ai fatti del
1789. Lo stesso Goethe ebbe a dire che il
"processo della collana " fu il preambolo del-
la Rivoluzione. La sentenza è comunque fa-
vorevole sia nei confronti di De Rohan sia nei
confronti di Cagliostro, assolti per non aver
commesso il fatto ma obbligati a lasciare Pa-
rigi, per ordine del re. Il primo sarà costretto a
ritirarsi nell'abbazia di La Chaise-Dieu, il se-
condo ad allontanarsi dal regno. Pene severe
vengono invece inflitte alla contessa e a suo
marito latitante, mentre l'amante, pur ricono-
sciuto colpevole di falso, viene condannato
soltanto all'esilio perpetuo e alla confisca dei
beni.
Alla notizia della scarcerazione del mago,
la folla esulta e applaude compiaciuta i giudi-
ci salvatori del loro beniamino; è un doppio
trionfo perché la regina austriaca è stata umi-
liata pubblicamente, il popolo non la ama ed
è contento della sua sconfitta. Intanto Caglio-
stro, ricongiuntosi alla moglie, parte per Do-
ver, salutato da una moltitudine di gente grata
e commossa.
Dopo il soggiorno inglese Cagliostro arriva
in Italia. Il 27 maggio del 1789, Cagliostro ar-
riva a Roma e, in un primo momento, non vo-
lendo essere ospite dei suoceri, si sistema in
un albergo di lusso che le sue finanze non po-
tranno reggere e lungo, la Scalinata, locanda
di Piazza di Spagna. Da lì è costretto ad anda-
re ad alloggiare da uno zio di Lorenza, Filip-
po Conti, ma anche qui sorgono contrasti col
padrone di casa. I genitori della moglie, che
già lo odiano, fanno del tutto per allontanare
la figlia da quell' uomo diabolico. Nel frat-
tempo, Cagliostro è preso soltanto dalla sua
idea che è quella di farsi ricevere dal Vatica-
no, affinché la sua Massoneria diventi cattoli-
ca e riconosciuta ufficialmente dal Papa.
Sfortunatamente la sua figura non ha più cre-
dito agli occhi di tutti e gli viene negata l'u-
dienza. Per tutta risposta, il suo atteggiamen-
to, come al solito diventa provocatorio, au-
menta le tenute delle logge, distribuisce copie
del suo rituale e fa sfoggio dei suoi poteri oc-
culti, attirando la nobiltà romana come mo-
sche.
Sua moglie Serafina, ormai ostile a lui da
alcuni anni e decisa a lasciarlo, lo denuncia
alle autorità ecclesiastiche, nel mese di set-
tembre. Due mesi circa gli restano ancora di
libertà infatti il 27 dicembre, un picchetto di
soldati si presenta alla porta di casa Conti e lo
arresta, conducendolo poi, in carrozza, alla
fortezza di Castel Sant' Angelo.
Alla notizia della sua cattura, divulgata il 2
gennaio del 1790, adepti del suo rito e amici
fuggono in ogni dove. Anche De Rohan, pro-
vato dalle mille vicissitudini e desideroso di
rendersi amico di nuovo il Papato, preferisce
mantenere un prudente silenzio.
Il Capitolo 14: “Nelle fauci dell’ Inquisi-
zione” descrive in modo accurato ed avvin-
cente la prigionia ed il processo di Cagliostro
in Vaticano.
La cella, dove Cagliostro langue solo e ab-
bandonato da tutti, è buia e angusta, tanto da
far scatenare in lui crisi di pazzia e desideri
suicidi e, quando diventa ingovernabile, l'or-
dine è di incatenarlo. Il suo primo interroga-
torio ha luogo nel maggio del 1790 e dura sei
lunghe estenuanti ore: è il primo di una lunga
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 10
serie che lo annienterà nel corpo e nello spiri-
to fino alla conclusione del processo, il 7 a-
prile 1791. Le imputazioni a suo carico sono
numerose e vanno dalla bestemmia alla ma-
gia, dall'affiliazione alla massoneria alla truf-
fa, dal furto al falso, fino all'eresia.
Non è difficile immaginare le sofferenze a
cui fu sottoposto, se sappiamo dei metodi co-
ercitivi e obnubilanti della SANTA INQUI-
SIZIONE e se conosciamo la sorte di altri
personaggi illustri, vittime anch'esse di quella
potente e diabolica macchina di terrore. Avvi-
lito, stanco dei maltrattamenti e delle torture,
Cagliostro confessa e, in ginocchio e col capo
coperto, ascolta la sentenza emessa alla pre-
senza di Sua Santità Pio VI.
La sua condanna a morte viene commutata
nel carcere a vita ma lo scotto che deve paga-
re per questa concessione è umiliante, viene
costretto infatti a percorrere un tratto di stra-
da, in cui, con indosso un saio di tela grezza e
in mano un cero, chiede pubblicamente per-
dono, alla mercé di un popolo sadico che lo
deride e lo mortifica, mentre i suoi scritti e le
insegne massoniche vengono gettate nel fuo-
co a Santa Maria sopra La Minerva.
Il Capitolo 15: “La fossa dei serpenti” de-
scrive la prigionia di Cagliostro.
Da Roma Cagliostro viene trasferito nella
fortezza di San Leo, un'orrida costruzione a
picco su un baratro, situata a nord della pro-
vincia di Pesaro e Urbino, nel cuore del Mon-
tefeltro, il 20 aprile del 1791. A San Leo era
Rettore Don Domenico Terenzi.
Momentaneamente sistemato in una squalli-
da cella, viene infine collocato nel "pozzetto
", chiamato così perché sovrastato da una bo-
tola nel soffitto, munita di una vetrata dalla
quale sorvegliare il prigioniero. Cosa accadde
in quei pochi anni non è possibile sapere, ma
è certo che il suo carattere indomito, nei mo-
menti di lucidità, si manifestava con forti at-
tacchi di furore, che gli costarono ulteriori
maltrattamenti e che la sua " purificazione " si
realizzò proprio in quel pozzo il quale, in
qualsiasi epoca e tradizione, simboleggia me-
taforicamente la ricerca della Conoscenza e
della Verità.
Nella notte tra il 25 e il 26 agosto del 1795
Cagliostro muore, un anno dopo la morte di
Serafina, che aveva terminato i suoi giorni nel
convento di Sant' Apollonia.
Di lui, in vita e in morte sono stati consu-
mati fiumi di inchiostro; vere o false che sia-
no le storie narrate, una è inconfutabile: nes-
suna prigione o violenza poté costringere al
suo volere uno spirito ribelle e indipendente
quale fu quello di Alessandro Cagliostro o, se
preferite, di Giuseppe Balsamo.
Gervaso nel suo libro afferma che gli archi-
vi Vaticani hanno secretato le carte per cui la
figura di Cagliostro a tuttora rimane avvolta
con un certo alone di mistero.
GIANANTONIO STELLA
I MISTERI DI VIA DELL’AMORINO
Rizzoli Edizioni, 2012, pagg. 288, € 17,00
Mi trovavo ad Asiago ed in una Conferenza
presso la Sala Congressi Millepini ho ascolta-
to la presentazione di questo libro da parte di
Gianantonio Stella. Per questo motivo ho vo-
luto riassumerne la presentazione.
Tratta della storia di Cristiano Lobbia, inge-
gnere ed asiaghese.
Come in un feuilleton d’altri tempi, sullo
sfondo di Firenze negli anni in cui era capita-
le, tra le quinte di un mondo politico affaristi-
co e corrotto, si muovono faccendieri e maî-
tresse, nobildonne prussiane e monaci rinne-
gati, spadaccini e ricattatori, magistrati inte-
gerrimi e giudici servili, patrioti idealisti e vi-
scidi voltagabbana, povere peripatetiche di-
vorate dalla sifilide e giornalisti dalla penna
avvelenata. Intrighi, violenze, omicidi. Gian
Antonio Stella riapre il giallo della Regìa Ta-
bacchi, «la madre di tutte le tangenti». Un
romanzo serrato e incalzante che racconta, at-
tingendo ai documenti originali, una storia
così avvincente che pare inventata e invece è
drammaticamente vera. Al centro di tutto, la
storia di un uomo perbene innamorato pazzo
dell’Italia e tradito nelle sue speranze e nei
suoi sogni. Un uomo al quale finalmente vie-
ne restituito l’onore.
Cristiano Lobbia è nato ad Asiago nel 1826
ed è morto il 2 aprile 1876 sempre ad Asiago
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 11
dove è sepolto – sotto la tomba di Giovan
Battista Pertile. I familiari di Cristiano Lobbia
sono invece sepolti nel cimitero del Verano a
Roma.
Il libro fa prima un breve excursus (A) per
inquadrare il contesto storico in cui è vissuto
Cristiano Lobbia, cioè della seconda metà del
1800, dopo il periodo risorgimentale, quindi
si passa a descrivere la biografia di Cristiano
Lobbia (B).
A) Da questa descrizione emerge che gli
scandali, di tipo tangentopoli dei tempi mo-
derni, avvenivano anche in questo periodo:
- nel 1861 il Regno d’Italia aveva un debito
pubblico di circa 2 miliardi e mezzo di lire
(solo il Regno di Napoli aveva 568 milioni di
lire di debito).
- Nel 1863 le Ferrovie erano una società
privata, ma il Consiglio di Amministrazione
era formato nella maggioranza da politici, an-
ziché da imprenditori.
- Nel 1864 viene portata la capitale d’Italia
da Torino a Firenze: scoppiò un’insurrezione
a Torino, finita nel sangue con 38 morti.
- Il 15 luglio 1868 il Parlamento approvò la
concessione della privativa di fabbricazione
dei tabacchi ad una Regìa cointeressata, costi-
tuita da una società di capitalisti privati.
Lo Stato, dunque, cedeva per vent'anni la
gestione dei Tabacchi ad una società anonima
privata, che riconosceva alle Finanze una cer-
ta percentuale sulle entrate e anticipava alle
pubbliche casse 180 milioni di lire. Una ven-
dita in realtà, visto il lungo periodo della con-
venzione e il basso costo del privato. Presto
scoppiò lo scandalo. La concessione, infatti,
sarebbe avvenuta dietro il pagamento di tan-
genti (chiamati zuccherini all'epoca) ad alcuni
parlamentari della destra storica, allora al go-
verno. Inoltre alcuni di essi sarebbero diven-
tati persino proprietari di quote finanziarie
della Regia stessa. All'inizio lo scandalo fu
denunciato da alcuni giornalisti del "Gazzet-
tino Rosa" di Milano, che per questo furono
condannati a 8 mesi di carcere.
- Nel 1883 scoppia lo scandalo della Banca
Romana: su decisione di Tanlongo e Lazza-
roni vengono stampate 68 milioni di lire fal-
se.
- Le acciaierie di Terni nel 1905 hanno fat-
to costruire le Navi militari con 4 cm. di spes-
sore dell’acciaio anziché 12 cm. come dove-
vasi.
- Il Palazzo di Giustizia di Milano (dove
scoppiò tangentopoli nel ’92) negli anni 1930
fu realizzato dall’Architetto Marcello Piacen-
tini, che prese alcune tangenti sulla fornitura
dei marmi.
B) Cristiano Lobbia diventa ingegnere, di-
venta garibaldino e partecipa fra l’altro alla
battaglia di Milazzo, dove con i suoi sugge-
rimenti tecnici fu di molto ausilio per il Gene-
rale Garibaldi.
Progetta il costo di Asiago – la strada stata-
le che tuttora viene percorsa dalle auto per
poter andare dalla pianura veneta sull’ Alto-
piano. Precedentemente vi era una lunga sca-
linata, chiamata Cala del Sasso.
Fu eletto deputato a Firenze. e si oppose
fermamente all’affare della Regia Tabacchi
contro la corruzione dei vari politici dell’ e-
poca fra i quali anche i Savoia.
Il 5 giugno 1869, invece, fu il deputato Cri-
stiano Lobbia, uomo di fiducia di Garibaldi,
nonché eroe del Risorgimento, a denunciare
la corruzione e chiedere una Commissione di
inchiesta, sostenendo di avere le prove per
dimostrarlo.
La Commissione fu convocata il 16 giugno,
ma la sera stessa Lobbia a Firenze a via dell’
Amorino fu seguito da un prete che aveva
fama di essere pedofilo. Fu accusato anche lui
di pedofilia e fu costretto a dimettersi da de-
putato.
Successivamente ottenne la riabilitazione,
ma durante un comizio fu insultato ed inter-
rotto continuamente tanto che dovette andar-
sene amareggiato da Firenze.
Muore il 2 aprile del 1876 e fu sepolto ad
Asiago.
Gian Antonio Stella sveste i panni del sag-
gista e indossa quelli del romanziere per ri-
portare alla luce un pezzo della nostra storia.
Un mistero che intreccia interessi privati e
politica. Una vicenda di corruzione che,
guardando ai nostri giorni, potremmo consi-
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 12
derare di strettissima attualità. E dunque leg-
gendo le pagine di questo romanzo, appassio-
nante come un giallo, è inevitabile non prova-
re un senso di nostalgia per una fase storica in
cui i protagonisti erano ancora capaci di pro-
vare sdegno di fronte a certe vicende, che o-
ramai sono entrati a far parte della nostra
quotidianità.
Un romanzo da leggere, quindi, per scoprire
i contorni di uno dei misteri più oscuri e affa-
scinanti della nostra storia, e allo stesso modo
per riflettere sulla triste realtà sociale e politi-
ca dei nostri tempi.
GIANLUIGI NUZZI
SUA SANTITÀ
Chiare lettere Edizioni 2012, pagg 326, Euro
16 €
Attraverso il volume “Sua Santità” (Edizio-
ni Chiare lettere, 2012, pagg. 326), vengono
trattati gli intrighi connessi al Vaticano, rive-
lati da una fonte segreta di nome “Maria”.
Non è facile racchiudere in una nota il con-
tenuto di questo libro per la vastità e la riser-
vatezza degli argomenti trattati.
Con la sala operativa della gendarmeria, i
caveau dello Ior, alcuni settori dell’archivio
segreto e l’appartamento di Benedetto XVI,
l’ufficio cifra fa parte degli ambienti meno
accessibili della Santa Sede. Vi si accede solo
se vi si lavora all’interno, se si è dotati di un
particolare codice d’ingresso. Ogni cablo sve-
la infatti una storia, racchiude un segreto: per
la prima volta nella storia della Chiesa supe-
rano le mura leonine e diventano così acces-
sibili.
Successivamente verrà identificata questa
fonte con Paolo Gabriele, Segretario di Papa
Benedetto XVI tramite successive indagini
riportate dai mass – media e dai giornali.
A sintetizzare egregiamente il libro “Sua
Santità” è lo stesso Autore: "IL MIO CO-
RAGGIO È DI FAR CONOSCERE LE VI-
CENDE PIÙ TORMENTATE DELLA
CHIESA. RENDERE PUBBLICI CERTI
SEGRETI, PICCOLE E GRANDI STORIE
CHE NON SUPERANO IL PORTONE DI
BRONZO. SOLO COSÌ MI SENTO LIBE-
RO, AFFRANCATO DALL'INSOPPOR-
TABILE COMPLICITÀ DI CHI, PUR SA-
PENDO, TACE."
Dichiarazione all'autore di "Maria", nome
in codice dietro il quale si nasconde la fonte
principale anonima e segreta, interna al Vati-
cano, che ha fornito le centinaia di documenti
alla base di questo libro. Il libro è composto
da 11 Capitoli. E’ allegata un’Appendice, che
riporta alcuni dei principali documenti sui
quali è basato il libro e che sono frutto della
fuga di notizie riservate, uscite dal Vaticano.
Leggendo questo libro, e considerando an-
che gli eventi emersi sui giornali, ci si chiede
circa la figura di Paolo Gabriele: Paolo Ga-
briele era un maggiordomo un po’ svalvolato
affetto da delirio di onnipotenza, oppure era
la pedina di un gioco più grande di lui? In-
somma, l’opacità con cui sono stati affrontati
diversi passaggi di certo non ha aiutato a dare
l’immagine di una curia romana dalle fonda-
menta cristalline e collaborativa con l’esterno
(anche con la magistratura).
Lo scopo di questo libro non è quello di at-
taccare la Chiesa Cattolica e la Fede dei cre-
denti. Chi ha Fede continua ad averla, nono-
stante quello che viene raccontato in questo
libro in quanto il male, come è sempre stato e
sarà, si annida ovunque su questa terra sia in
ciascuno di noi che nella Chiesa stessa, come
la storia ci insegna.
Rimane però una sensazione sgradevole e
cioè, che dietro le Sacre Mura abbiano trova-
to un habitat ideale i cosiddetti “Corvi”: per-
sonaggi spregevoli che in certi tribunali mala-
ti di faide e intrighi fanno uscire in modo a-
nonimo notizie riservate e diffamanti, e che in
Vaticano hanno agito per danneggiare l’uno o
l’altro Cardinale e perfino Benedetto XVI. E’
il paradosso di una Chiesa che rivela un diva-
rio sconcertante fra quello che predica e quel-
lo che fa. Inoltre, emerge che nella Chiesa vi
sono varie fazioni, collegate alle vicende poli-
tiche italiane sia di destra che di sinistra.
Nel capitolo “Le lettere segrete di Boffo al
Papa”, si racconta che Boffo, ex Direttore
dell’Avvenire, viene costretto a dimettersi
nell’estate 2009, per essere stato fatto a pezzi
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 13
da una campagna mediatica basata in parte su
dati falsi con articoli pubblicati senza scrupo-
lo da Vittorio Feltri sul Giornale. Tale cam-
pagna mediatica era una specie di vendetta in
quanto Boffo aveva criticato alcuni mesi pri-
ma il comportamento di Berlusconi, Presi-
dente del Consiglio, per la sua discutibile vita
privata. Feltri pubblicò sul Giornale un episo-
dio del 2004 dove Boffo ebbe un comporta-
mento da omosessuale. Nelle lettere segrete e
riservate Boffo dimostra tutto il complotto
ordito contro di lui scrivendo al Papa tramite
il segretario Georg Gaenswein, facendo delle
accuse fulminanti a Giovanni Maria Vian ed
al segretario di Stato Bertone.
Nel capitolo “Corruzione nei sacri palazzi”
vengono descritte le lettere di Viganò che,
dopo aver fatto risparmiare milioni al Vatica-
no, è costretto alle dimissioni: l’ appuntamen-
to risolutivo tra il cardinale Tarcisio Bertone
e monsignore Carlo Maria Viganò ebbe luogo
martedì 22 marzo 2011. Nel luglio 2009 Be-
nedetto XVI aveva scelto Viganò, presule
lombardo amante della trasparenza e del rigo-
re, come segretario generale del governatora-
to (ente che gestisce tutti gli appalti e gli ac-
quisti). In questo capitolo è riportata la lettera
di Viganò al Papa con la quale chiede i moti-
vi del suo allontanamento deciso dal Cardinal
Bertone, visto che ha riportato l’ente dal pas-
sivo all’attivo.
Si istituisce un’apposita commissione per
valutare le accuse mosse da Viganò. Senza at-
tendere le conclusioni della Commissione,
Benedetto XVI il 2 luglio 2011 formalizza la
scelta di mandare Viganò negli Stati Uniti
all’età di 71 anni: la cosa sembra una puni-
zione per il fatto che Viganò si è messo con-
tro il segretario Bertone. Il nuovo incarico di
Nunzio Apostolico negli Stati Uniti fu consi-
derato come una promozione.
Carlo Maria Viganò trova negli Stati Uniti
una situazione esplosiva, in quanto i conti
della Chiesa sono in profondo rosso, dovuti ai
pesanti riflessi economici dei processi ai sa-
cerdoti pedofili. Ad esempio dei tanti casi, nel
2002 era esploso il caso nella diocesi di Bo-
ston costretta a risarcire 6,2 milioni di dollari
alle vittime dei preti pedofili, convincendole
così ad evitare il tribunale.
Nel successivo capitolo “La gioiosa mac-
china delle offerte” si parla delle donazioni
private, fra cui quelle abituali a Natale di
Bruno Vespa al fine di ottenere un’udienza
privata con il Papa, si parla della scarsa tra-
sparenza di tali donazioni gestite dallo IOR, il
cui Presidente è Ettore Gotti Tedeschi. Ettore
Gotti Tedeschi si confronta con il ministro
Tremonti per discutere circa il nodo delle e-
senzioni della tassa sugli immobili, la ex ICI.
L’Unione Europea potrebbe chiedere all’ Ita-
lia di tagliare questo privilegio alla Chiesa. Si
parla anche del caso Ruby e Berlusconi come
vittima di una “magistratura politicizzata”. Si
parla di una cena privata fra i coniugi Napole-
tano ed il Papa Benedetto XVI e degli argo-
menti riservati trattati, delle varie raccoman-
dazioni fatte al Papa fra cui quella da parte di
Gianni Letta.
Nel capitolo “007 vaticani, missione in Ita-
lia” si parla degli incredibili pedinamenti de-
gli 007 Vaticani in territorio italiano e del mi-
stero di un’auto targata SCV, Stato Città del
Vaticano, trovata crivellata di colpi in una via
della capitale. Vengono descritte le pressioni
esercitate sul Papa da parte di Monsignor
Bertone e Padre Lombardi perché non si fac-
cia riferimento al caso di Emanuela Orlandi
nell’Angelus del 18 dicembre 2011, dove era
presente un gruppo che sollecitava la verità su
questa vicenda. Altro episodio è quello della
donazione della bandiera pontificia al Papa da
parte del principe Sforza Ruspoli, anche se il
momento non è dei più propizi: la questione
di Porta Pia riecheggia ancora come una feri-
ta e rischia di suscitare nuove polemiche in
quanto in Italia si festeggia l’anniversario
dell’Unità e qualcuno potrebbe risentirsi.
Il capitolo “Tarcisio Bertone: l’ambizione
al potere” descrive principalmente gli intrighi
per il cambio di vertice all’Istituto Toniolo di
Milano, che, attualmente, è gestito dal Cardi-
nale Dionigi Tettamanzi, in carica dal 2004
su nomina di Papa Giovanni Paolo II. In pre-
cedenza (dal 1986 al 2003) il Toniolo era ge-
stito dal sen. Emilio Colombo, che, per essere
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 14
stato coinvolto nell’inchiesta su droga e pro-
stituzione chiamata operazione “Cleopatra”,
da cui è uscito senza nessuna conseguenza,
dovette dimettersi. Tarcisio Bertone vuole un
ricambio al vertice del Toniolo nella sua otti-
ca di far promuovere ecclesiastici di sua fidu-
cia negli enti di maggior prestigio.
Il Capitolo successivo”Cl, Legionari e lefe-
bvriani, atolli dell’impero” tratta principal-
mente di quattro argomenti: il primo parla
della Chiesa Ambrosiana, che viene accusata
da Don Julian Carron, leader di Comunione e
Liberazione, di simpatie politiche, per Bersa-
ni, individuando un certo “collateralismo”
con il centrosinistra. Il secondo argomento
tratta degli abusi sessuali e psicologici com-
piuti dal fondatore dei Legionari di Cristo
Marcial Maciel, definito da Benedetto XVI
un “falso profeta dalla vita immorale”. Il ter-
zo argomento tratta della questione ancora
aperta dei lefebvriani, con lo scisma tradizio-
nalista, dopo la nomina di quattro vescovi nel
1988, che ricevettero la scomunica dal Papa
Wojtila. Per una pacificazione Papa Benedet-
to XVI volle togliere la scomunica ai 4 Ve-
scovi, ma, per una diabolica coincidenza, uno
dei 4 Vescovi Monsignor Williamson alla TV
svedese fa la seguente affermazione :” Io cre-
do che le prove storiche siano fortemente in
contrasto con l’idea che sei milioni di ebrei
siano stati uccisi nelle camere a gas, a seguito
di un’indicazione di Adolf Hitler.” Ciò crea
un vespaio con polemiche che coinvolgono
anche Angela Merkel e si discute sulla tempi-
stica fra la remissione della scomunica e le
dichiarazioni negazioniste di Williamson. Il
quarto argomento riguarda la situazione della
Chiesa Cattolica in Australia: Monsignor
William M. Morris, Vescovo di una piccola
diocesi vicino a Brisbane, aveva indicato nel
sacerdozio femminile una valida soluzione al-
la crisi delle vocazioni. Inoltre Morris dispo-
ne le assoluzioni collettive dei fedeli senza la
confessione individuale.
Nel Capitolo “Scacco a Benedetto XVI” si
parla della crisi finanziaria in Occidente e dei
problemi della Chiesa Cattolica in Oriente
(Cina e Giappone).
A seguito del processo di globalizzazione e
crisi economica, il mondo che deve essere
ancora cristianizzato è quello che sta diven-
tando “ricco (ad esempio Paesi come Cina e
India) e quello già cristianizzato (l’ Occiden-
te), che era ricco, sta diventando povero. Con
conseguenze anche sulle risorse economiche
della Chiesa!
Nel 2008 il Cardinale Bertone, alla vigilia
delle Olimpiadi in Cina, mostrava grande
speranza nel futuro di uno dei paesi che più
preoccupa Benedetto XVI, con la speranza
che l’evento portasse ad un rapporto più sere-
no. Infatti in Cina la situazione è drammatica:
la possibilità di praticare qualsiasi confessio-
ne è ostacolata dalle autorità. Tanto che in
Cina c’è una Chiesa ufficiale che obbedisce a
Pechino: vengono eletti i Vescovi senza in-
terpellare il Vaticano. La Chiesa, sostenuta
dal Vaticano, è clandestina ed i religiosi spes-
so sono perseguitati, imprigionati e sottoposti
a tortura. Anche in Giappone la situazione è
molto problematica per la Chiesa Cattolica.
L’ultimo Capitolo ha per titolo “Vatileaks,
terrorismo e omicidi”. Nell’ottobre 2011, do-
po 43 anni di azioni in cui sono morte 829
persone, l’organizzazione terroristica basca
Eta dichiara ufficialmente “la fine definitiva
dell’attività armata”. Per chiudere questa fase
e trovare una soluzione vi devono essere tre
condizioni: pentimento, perdono e giustizia
da rispettare; pertanto, viene richiesta la me-
diazione del Vaticano.
Il polacco Miroslaw Karczewsky di 45 an-
ni, Parroco di Sant’Antonio da Padova a San-
to Domingo (Ecuador) viene trovato in un la-
go di sangue con la gola squarciata: per la
sparizione di parecchi oggetti di valore si è
pensato ad un omicidio per motivi di rapina.
Successive indagini e nella corrispondenza
tramite cablo riservati con il Vaticano, emer-
ge che il movente è per un delitto a sfondo
sessuale (cena precedente all’omicidio con tre
ospiti, tracce di sperma). Si cerca invano di
tacitare tutto per non creare scandalo in quan-
to il Parroco godeva di buona fama, di essere
vicino ai giovani, alle famiglie e ai poveri.
Il Capitolo si conclude con la pubblicazione
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 15
di alcuni cablo riservati riguardo il trasferi-
mento inspiegabile di un Monsignore siriano
dalla Libia al Venezuela, riguardo le pressioni
da parte del Governo svedese tramite il Vati-
cano sul Governo Etiopico per la liberazione
di due giornalisti svedesi, imprigionati con l’
accusa di essere terroristi durante un conflitto
a fuoco fra forze governative etiopiche e ri-
belli, riguardo l’appoggio incondizionato da
parte del Vaticano al leader carismatico po-
lacco Rydzyk di “Famiglia di Radio Maryja”,
che ha nel suo programma tesi antieuropee e
antisemite, riguardo la non concessione di
un’onorificenza al Governatore dell’Illinois
per aver soppresso la pena di morte a causa
delle sue idee a favore dell’aborto e di pro-
motore di una legge a favore del matrimonio
fra omosessuali.
Nuzzi annoda i fili delle storie come fossero
capitoli di un thriller.
Giuseppe Giorgioli
COME IL VENTO TRA LE RIGHE
Lasciai che il corpo andasse via
avevo bisogno soltanto dell'anima
che con messaggi evidenti
m'indicava la strada.
Un tragitto ricoperto ormai
da sole foglie secche
che stancamente
volteggiavano nell'aria
ed il loro muoversi
non era più musica
ma una nota stonata nel cuore
e come il vento
che tra le righe del suo soffio
ricercava la sua gioia
volevo essere quell'emozione
che emozionava
volevo avere nelle braccia
quella forza in grado di spostare
la montagna d'indifferenza
di cui si vestiva ogni giorno
la pelle di ognuno
nelle abitudini della vita
e gettare nell'orifizio più profondo
quell'ipocrisia devastante
che si generava ad ogni albore.
Volevo credere ancora in qualcosa
che avesse un solo nome
ed un solo senso
purezza di parole e sentimenti
volevo veder nascere
e spazzar via
quelle fitte nebbie
che disturbavano il mondo.
Lorella Borgiani Ardea
MARGHERITA HACK
Per lei ho sempre avuto ammirazione
ma con qualche riserva in fondo al cuore.
Quale sul volto avrà ora espressione
trovandosi davanti il Creatore?
Sarà per lei più forte l’emozione
d’aver scoperto alfin qual è il motore
d’ogni pianeta e costellazione
o prevarrà in suo animo il timore
del celeste rimprovero, per troppo
aver creduto al Nulla e aver negato
il divino intervento e il grande intoppo
fra scienza e fede avere propugnato?
Questo mi chiedo ora, ma purtroppo
avere una risposta non mi è dato.
Mariagina Bonciani Milano
Stampare un giornale ci vuole coraggio, ma è più dif-ficile farlo vivere: composizione, bozze, carta, stam-
pa, buste, francobolli… se non volete che
POMEZIA-NOTIZIE
muoia, diffondetelo e aiutatelo con versamenti volon-tari (specialmente chi trova la propria firma, o scritti
che lo riguardano, dovrebbe sentirsi moralmente ob-
bligato. L’abbonamento serve solo per ricevere la ri-vista per un anno). C/c. p. n. 43585009 intestato al
Direttore
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 16
IL MONVISO E
IL FIUME PO di Leonardo Selvaggi
L maestoso Monviso, il Mons Vesulus
dei Romani. Alle sue pendici piccoli ri-
gagnoli che diventeranno il Po non fanno
nessuna impressione, nessuno pensa a quello
che saranno dopo un breve tratto montano. Il
Po non si fa notare neppure a primavera,
quando è più ricco di acqua con lo sciogli-
mento delle nevi. Il Monviso appare fra le
Alpi Cozie un’isolata piramide, sicuro punto
di riferimento che si riconosce anche dalla
pianura a decine e decine di chilometri di di-
stanza. Il paesaggio aspro, percorrendo sen-
tieri e mulattiere, si fa in piena evidenza con
la sua grande storia geologica.
Non ci sono mai stati grandi ghiacciai, i se-
gni di quando questi si sono ritirati si notano
nelle zone moreniche rimaste intatte. Il ghiac-
ciaio che occupò l’alta valle del Po nell’epoca
erratico-diluviale non si estese fino nella pia-
nura a detta de geologi. La tanta vegetazione
nei secoli presente è scomparsa. Il Monviso,
chiamato il “Re di pietra”, domina la catena
alpina con la sua possente cuspide di rocce
verdi. E’ interessante vederlo da lontano,
quando spunta tra la nebbia della pianura. Lo
vediamo riflesso nelle acque del Po, d’ inver-
no, tutto rosa per i primi raggi del sole, o blu
al tramonto: attorno alla sua altezza di 3841
metri le Alpi Cozie sembrano messe apposta
per fare la grandiosità e la bellezza dello sce-
nario. Il Po comincia a prendere la sua strada,
tutte le parti frastagliate al suo primo nascere
nel Piano del Re vanno ormai accodandosi fi-
no a raggiungere nelle sembianze di un tor-
rente, attraverso verdeggianti pascoli, il Piano
della Regina. Il Monviso è la più bella mon-
tagna del Piemonte, la si vede spuntare nella
sua cima dai declivi di pascoli, spesso all’
improvviso salendo le valli parallele a quella
del Po: specie dalla Val Pellice lo spettacolo è
meraviglioso. La mole piramidale domina il
Piemonte, lo tiene sotto osservazione in tutte
le stagioni, col bello e il cattivo tempo. Attira
la sua altezza, stimola fremiti interiori, fa ve-
nire la voglia di salire sulla sua punta estre-
ma. I primi alpinisti certo furono affascinati e
con immediatezza di trasporto, forniti di po-
chi rudimentali strumenti, si sono arrampicati
per le sue pareti estasiati e con ansia irresisti-
bile.
Qui il CAI ha avuto il suo primo costituirsi.
Il Monviso, vicino al confine francese, è for-
mato di varie cime, la più elevata è il Bric del
Monviso, fatto da scisti doritici e quarziferi,
costellato lungo i suoi versanti da piccoli
ghiacciai e da molti laghetti. Se si vuol sapere
da quale parte si hanno i famosi rigagnoli che
diventeranno il grande fiume d’Italia, diciamo
subito sulle pendici nord-orientali.
Al contrario del Cervino, che è altro sette-
cento metri di meno, che è visibile solo quan-
do si è arrivati a pochi passi di distanza, il
Monviso giganteggia nella sua prominente al-
tezza, è a disposizione di tutti per decine di
chilometri di qua e di là dalla frontiera. Bello
il Monviso con le sue pietre verdi, luogo in-
cantevole di escursioni, entro spazi di una
Natura che vive l’immensità del Creato. Ha
una ricca corona di rifugi, sia in Italia che in
Francia, che permettono di sostare in zone al-
pine selvagge e intatte.
Vi si trovano numerose testimonianze di
secolari permanenze dell’uomo anche alle al-
te quote. Alpeggi, piccole casette di pietra per
i pastori, minuscole frazioni ormai abbando-
nate, sentieri, muretti, piloni votivi. In ogni
angolo tanta vitalità che vibra come sotterrata
in un grande silenzio armonioso, aperto alle
più magiche splendidezze.
Il Pian del Re, di cui si è fatto cenno, ad ol-
tre 2000 metri di quota è la parte più interes-
sante se si vuole andare ad osservare i primi
passi che fa il Po, non si crederebbe, ripercor-
rendo il suo corso fino alla foce, alla trasfor-
mazione raggiunta come portata d’acqua,
come ampiezza di alveo, alla sua mole gigan-
tesca che incute paura nei periodi di piena.
Sempre caratteristiche la Valle Po e la Val
Pellice, vediamo spazi estesi dalle tante sottili
sfumature, l’ambiente senza alberi, solo pa-
I
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 17
scoli di erba corta e pietraie. Una zona vento-
sa con un’aria tersa per entro un azzurro puro
dalle profondità immense. Si trovano qui le
piccole cornacchie d’alta quota, dalle penne
nere lucenti, le zampette rosse. Tante le per-
nici sotto le rocce che al minimo rumore
scappano strillando in volo rapido. Del Mon-
viso in una giornata serena si osservano i pic-
coli canali, le creste, i detriti sotto le pareti, le
diverse vie di salita dei rocciatori, gli stra-
piombi, i piccoli nevai pensili. Da lontano
non si vede ombra di segni umani, non esi-
stono se non impercettibili. Tutto è intatto. Le
sensazioni di una Natura immobile nella sua
infinita, pietrificata esistenza che si hanno an-
cora oggi, l’ebbe nel 1627 in un avventuroso
viaggio l’abate Valeriano Castiglione. Nei
suoi scritti si parla di orridi luoghi, di strade
accidentate al massimo che sembrano fatte
solo per caproni silvestri. Gli sperduti abitanti
dell’alta valle di Crissolo a quota 1700/1800
metri come uomini primitivi nella loro sem-
plicità e come sprofondati in lontananze inaf-
ferrabili uscivano al suo arrivo pieni di curio-
sità, non meno di quel che facessero i popoli
del uovo Mondo all’arrivo di Colombo. Si va
per sbalzi spaventevoli nei luoghi del Pian del
Re, si osserva la prima cascata del Po con or-
rendo strepito, si vedono altri salti. Andando
più in alto si incontra il fonte Visenda da cui
principalmente ha origine il grande fiume,
che sgorga piacevolmente fra grandi massi.
Un po’ distante si vede il lago Fiorenza dalle
acque chiarissime, gelide. Lungo il cammino
il territorio si presenta sempre selvatico e pie-
troso. Certamente attraverso gli anni il Mon-
viso si fa più frequentato e cambia aspetto.
Sappiamo che nel 1874 si inaugura l’Albergo
Alpino. Siamo sempre al Pian del Re. Il turi-
smo comincia, ci si arriva con più comodità,
numerose si fanno le passeggiate in barca sul
lago Fiorenza. Cominciano le escursioni gui-
date con i cavalli per i rapidi sentieri, fre-
quenti le permanenze per godere periodi di
vacanza. Interessante la terga in pietra all’ e-
sterno dell’Albergo Alpino che ricorda l’ av-
ventura vissuta diversi anni fa dalla famiglia
Turini, che risalì in arcione tutto il Po, dalla
foce alle sorgenti, l’impresa portata a termine
in due estati successive. I turisti sono spinti
soprattutto dall’attrattiva che esercita il punto
di inizio del cammino dell’antico Eridano con
le acque che precipitano per la scarpata so-
vrastante l’albergo, defluendo dal lago Fio-
renza, passando accanto al sentiero che porta
ai 2640 metri del rifugio Quintino Sella.
Ci si ferma con una sottile emozione da-
vanti alla targa del Club Alpino Italiano che
dice con semplice solennità “Qui nasce il
Po”. L’unico nome di Eridano, attribuito
massimamente al grande fiume d’Italia, in
genere localizzato nell’estremo settentrione
od occidente dell’Europa, è stato identificato
nei tempi passati anche con il Reno o il Ro-
dano. In questi tempi il Monviso come tanti
luoghi belli ha perso molto. Specie d’estate
e nei giorni festivi i pianori diventano affol-
lati parcheggi, che fanno impressione con un
senso di disgusto scendendo dai sentieri che
portano in quota, ove incontri poca gente e
vivi il silenzio, la salubrità dello spazio. So-
pra l’ abitato di Crissolo, nel Pian della Re-
gina, una bella conca, un tempo coperta di
grandi lariceti, tagliati nel corso dei secoli
per ottenere pascoli e legname da costruzio-
ne.
L’altopiano erboso attraversato al centro
dal Po è ancora frequentato da pastori che
portano bovini e pecore all’alpeggio d’ esta-
te. Troviamo all’inizio del piano le grotte di
Rio Martino, ricco di concrezioni e di antri.
Nel 1828 vi giunse Carlo Alberto e nel 1836
Vittorio Emanuele, allora solo principe di
Savoia, accompagnato dal Duca di Genova.
Dal Pian del Re con l’Albergo Alino e con
la chiesetta della Madonna della Neve parte
una mulattiera che arriva al passo delle Tra-
versette. Per questo sentiero, da un paio di
millenni molto frequentato da pastori, com-
mercianti, contrabbandieri, si dice che sia
passato anche Annibale con elefanti e armati,
dopo i ‘400 diventò più affollato con l’ aper-
tura di una modesta galleria lunga 75 m a
quota 2882 m, considerata il primo traforo al-
pino realizzato in Europa per iniziativa di Lu-
dovico II Marchese di Saluzzo. La galleria
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 18
abbrevia il viaggio fra Grenoble, Saluzzo e la
Lombardia. Si evitavano anche valanghe e
frane. Il colle delle Traversette e dintorni co-
stituiscono una tappa importante per avere
una visione di insieme di tutto il Monviso.
Una piccola parte dell’ampio giro escursioni-
stico attorno alla grande montagna che si può
compiere in tre quattro giorni.
Al tramonto dal treno rivedo la piramide del
Monviso, in una luce violacea: intorno una
diffusione di mare celeste, bagliore tenue e
domestico come se una grande casa avesse
preso dentro tutto l’etere, i paesaggi dei monti
e delle campagne paiono illuminati da inesi-
stente rete di lampioni. Il chiarore tra pareti
aeree ha sparso per ogni dove la grande sera,
ammantata da vesti che si ripiegano e si allar-
gano; una dilatazione nella pianura che rag-
giunge tutti i luoghi fino all’orizzonte più lon-
tano. Il volto della sera ha acceso una inter-
minabile fascia tutta sfumata che corre in
lunghezza e fino alle vette orlate delle Alpi
con la velocità del treno.
Il Monviso ti segue dovunque, lo vedo in-
quadrato con uno sguardo perenne dentro il
vetro della finestra. Al tramonto si staglia
nella sua presenza chiara, sa di lontananze
psicologiche represse, di quelle indecifrabili
che ha il destino umano nelle sue varie acci-
dentalità: senso di fatale e di mistero. Im-
mobilità che sovrasta sui pensieri. Il Monvi-
so alza il suo volto inconfondibile al di so-
pra della stratificazione di foschie: una me-
ta, una significazione che riempie la sera
puntualmente. Cerco sempre il Monviso nei
momenti di meditazione, sempre all’ imbru-
nire. La striscia di luce frastagliata che fa-
scia la montagna di pietra ha il simbolo della
nostalgia per chi vive a Torino da immigra-
to. I sentimenti incatenati nell’animo. La lu-
ce del lontano orizzonte è una riflessione del
pensiero, un richiamo mentre dietro alla per-
sona le cose si ritirano nelle tenebre: il gior-
no scivola ruotando sulla curva inerte della
terra disseminata di corpi e spoglie. L’aria
sommerge la superficie che perde la consi-
stenza e diventa assente.
Leonardo Selvaggi
BOMBA ATOMICA, NUNCA MAS!
68 anos despues.
Llamas, fuego y un gran hongo
de humo en el espacio,
en la tierra y en el agua.
Fue como el fin del mundo
para 220 mil japoneses muertos
y millones de heridos de por vida
por la radiacion.
Como una estrella sangrienta
la bomba explotó
sobre la gente inocente,
por falta de sentimiento
de humanidad de un presidente*
elegido para llevar su pais
al mayor poder del mundo.
Ahora esperamos que el
remordimiento y la memoria
nunca mas deje prender
fuego a las raices del odio
de un pueblo contra otro
y que los deseos de paz
hagan eliminar del planeta
todas las bombas existentes
así como todas por existir.
*El Presidente Harry Truman,
de los Estados Unidos autorizó
el lanzamiento de la bomba atomica
sobre Hiroshima el 6 de agosto, 1945
y sobre Nagasaki el 9 de agosto del
mismo ano.
Teresinka Pereira USA
AALLELUIA! AALLELUIA!
ALLELUUIAAA!
25 giugno 2013
Nel processo Ruby, dopo la condanna di
Berlusconi - non durante i singoli interroga-
tori in alula, allorché, se dimostrato il falso,
sarebbe stato più che legittimo -, sono stati
messi sotto accusa tutti i testimoni a favore
del Cavaliere. Alleluia! Alleluia! Andiamo
in contro a processi senza difesa, avendo
paura, ogni teste, di finire - dopo - in galera!
Domenico Defelice
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 19
XXIII EDIZIONE
PREMIO LETTERARIO
INTERNAZIONALE
CITTÀ DI POMEZIA 2013 Comunicato Stampa
el ringraziare, per la pubblicità ac-
cordata, le Testate che hanno pubbli-
cato in tutto o in parte il Regolamen-
to del Premio, si comunica che la Commis-
sione di Lettura del nostro Periodico, dopo un
primo esame delle opere pervenute, tra il 15 e
il 28 giugno 2013 ha selezionato, per le diver-
se sezioni, i lavori dei seguenti autori e ricor-
da, altresì, che, in base al regolamento, “Per
ogni sezione, qualora i lavori risultassero sca-
denti, può decidere anche la non assegnazio-
ne del premio”:
Sezione A (Raccolta inedita, max 500 versi): I
colori della luce, di Antonio Damiano (Lati-
na); Florilegio femminile, di Maria Luisa
Daniele Toffanin (Selvazzano, PD); Paese,
di Antonia Izzi Rufo (Castelnuovo al Voltur-
no, IS); Per un metro o due al prezzo di un
uomo, di Andrea Masotti (Bologna); Simboli
del mito (1990 - 1994), di Nazario Pardini
(Arena Matato, PI); Finestre illuminate, di
Innocenza Scerrotta Samà (Catanzaro);
Schegge (Io e il mio tempo) - Parte terza, di
Edio Felice Schiavone (Santo Spirito, BA).
Sezione B (Poesia singola, in lingua, max 35
vv.): “Tre madri”, di Mariagina Bonciani
(Milano); “Mano vuota”, di Anna Maria Bo-
nomi (Roma); “Ad un Papa”, di Claudio
Carbone (Formia, LT); “Teresa la tua vita”,
di Tito Cauchi (Anzio, RM); “Prima del
troppo tardi”, di Enzo Cavaricci (Pontinia,
LT); “Accovacciato mi ritrovo”, di Santo
Consoli (Catania); “L’uomo con la chitarra -
Haiku”, di Monica Fiorentino (Sorrento,
NA); “Ricordo”, di Noemi Lusi (Roma); “A-
desso io ci sono”, di Carmela Perri (Mel-
bourne, Australia); “La danza del mio cuore”,
di Clementina Maddalena Pilla (Melbourne,
Australia); “Una mano sulle pietre”, di Fran-
cesco Salvador (Padova); “Siamo noi stessi”,
di Angela Maria Tiberi (Pontinia, LT); “Si-
lenzio”, di Anna Trombelli Acquaro (Mel-
bourne, Australia).
Sezione C (Poesia singola, in vernacolo, max
35 vv.): “’Ël vagabond”, di Paola Insola (To-
rino).
Sezione D (Racconto, novella): “Alienazio-
ne”, di Leda Biggi-Graziani (Arezzo); “I
miei angeli”, di Maria Coreno (Melbourne,
Australia).
Sezione E (Fiaba): “Segui me”, di Filomena
Iovinella (Torino).
Sezione F (Saggio critico): “Dialettica tra cul-
ture”, di Silvana Andrenacci Maldini (Ro-
ma); “Il drammatico destino della Contessa
Lara, raffinata scrittrice di fine Ottocento”, di
Elisabetta Di Iaconi (Roma); “Filemone e
Bauci”, di Caterina Margheri (Ladispoli,
RM); “<Il sublime e ‘l peregrino> di alcuni
latinismi nelle <Lettere> del Tasso”, di Fran-
cesco Martillotto (Lago, CS); “L’inascoltata
voce del deserto”, di Giuseppina Taddei (La-
dispoli, RM).
In un successivo esame, la Commissione di
Lettura, a suo insindacabile giudizio, ha com-
pilato la seguente graduatoria delle opere di:
Sezione A: 1) Nazario Pardini - opera che
N
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 20
verrà pubblicata, gratuitamente, nei Quaderni
Letterari Il Croco (presumibilmente sul sup-
plemento al n. 10 - ottobre 2013 - di Pome-
zia-Notizie) -; 2) Innocenza Scerrotta Samà;
3, ex aequo): Antonio Damiano, Antonia Izzi
Rufo, Maria Luisa Daniele Toffanin; 4) An-
drea Masotti; 5) Edio Felice Schiavone. Tut-
ti riceveranno proposta per eventuale pubbli-
cazione nei Quaderni Letterari.
Sez. B: 1) Francesco Salvador; 2) Anna Ma-
ria Bonomi; 3, ex aequo): Enzo Cavaricci,
Tito Cauchi; 4) Noemi Lusi.
Sez. C: Paola Insola.
Sez. D: Nessun premio assegnato.
Sez. E: Filomena Iovinella.
Sez. F: 1) Elisabetta Di Iaconi; 2) Francesco
Martillotto.
Pomezia, 6 luglio 2013
Domenico Defelice Organizzatore del Premio
e direttore di Pomezia-Notizie Vincitori della SEZIONE A delle precedenti edi-
zioni: Pasquale Maffeo: La melagrana aperta; Et-
tore Alvaro:Hiuricedhi; Viviana Petruzzi Marabel-li:Frammento d’estate; Vittorio Smera: Menabò;
Giuseppe Nalli: A Giada; Orazio Tanelli: Canti del
ritorno; Solange De Bressieux: Pioggia di rose sul cuore spento; Walter Nesti: Itinerario a Calu; Ma-
ria Grazia Lenisa: La ragazza di Arthur; Sabina Ia-
russi: Limen; Leonardo Selvaggi: I tempi felici; Anna Maria Salanitri: Dove si perde la memoria;
Giuseppe Vetromile: Mesinversi; Giovanna Bono Marchetti: Camelot; Elena Mancusi Anziano: Ani-
ma pura; Sandra Cirani: Io che ho scelto te; Venie-
ro Scarselli: Molti millenni d’amore; Sandro Ange-lucci: Controluce; Giorgina Busca Gernetrti: L’ a-
nima e il lago; Rossano Onano: Mascara; Fulvio
Castellani: Quaderno sgualcito.
Soles occidere e redire possunt
Ti puoi immaginare Edipo
mentre muto, gli occhi forati,
conserva lacrime indisciolte
nell’animo impietrito.
Lo puoi immaginare
su una natura acerba
o su una dolce,
o su acque silenziose
a terminare mete.
Ti puoi immaginare Saffo
ispida in volto
quale natura in crini attorcigliati.
Saffo con animo esile
che cerca morte ovunque
sia un effetto contrario
al suo sentire.
La puoi pensare
mentre sul vasto mare
attende tempeste
e creste d’onde
giungere ai suoi piedi
sprezzante di vita
sui lidi abbandonati dagli dèi.
Ti puoi immaginare dolori
grandi, smisurati
che la Storia ripete
su spazi che si perdono nel tempo.
Ti prende il desiderio
di sfidare il destino,
su coste selvagge,
su spiagge ostili,
su pendii che franano in dirupi.
Ma che gli amori ripudino i pudori!
Soles occidere et redire possunt
nobis cum semel occidit brevis lux
nox est perpetua una dormienda.
Nazario Pardini Arena Metato (PI)
da: I simboli del mito (1990 - 1994), Primo Premio
(Sezione A) al Città di Pomezia 2013.
Nazario PARDINI è nato ad Arena Metato (PI). Laureatosi prima in Letterature Comparate e suc-
cessivamente in Storia e Filosofia all’Università di
Pisa è inserito in Antologie di un certo rilievo; per citarne alcune: “Delos” (Autori contemporanei di
fine secolo), edita da G. Laterza, Bari, 1997; Anto-
logie Scolastiche “Poeti e Muse”, edite da Linea-cultura, Milano, 1995, 1996; Antologie “Blu di
Prussia”, E. Rebecchi Editore, Piacenza, 1997 e
1998; Antologia Poetica “Campana”, P. Celentano, A. Malinconico, e Bàrberi Squarotti, Pagine Editri-
ce, Roma, 1999; G. Nocentini, “Storia della lettera-
tura italiana del XX secolo”, a cura di S. Ramat, N. Bonifazi, G. Luti, Edizioni Helicon, Arezzo, 1999;
“Dizionario degli autori italiani contemporanei”,
Guido Miano Editore, Milano, 2001; “Dizionario degli autori italiani del secondo novecento”, a cura
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 21
di Ferruccio Ulivi, Neuro Bonifazi, Lia Bronzi, E-
dizioni Helicon, Arezzo, 2002; “L’amore, la guer-
ra”, a cura di Aldo Forbice, Rai – Eri, Radio Tele-visione Italiana, Roma, 2004. Molti e importanti i
Premi Letterari vinti, fra cui nella terna Mussapi,
Pardini, Baudino, al Premio “Pisa”, 2000; e il Pre-mio “Libero De Libero”, Fondi, 2012. È critico e
prefatore. È fondatore, curatore, e animatore di Alla
volta di Leucade (nazariopardini.blogspot.com), importante blog culturale, punto d’incontro della
comunità letteraria nazionale e non solo.
Una folata di vento
ha spalancato le finestre al sole
e rotto il polveroso silenzio
della casa bambina.
E’ l’ora di pranzo.
Fra volti amati e teneri sorrisi,
la fragranza del pane,
la freschezza dell’acqua
nella brocca antica,
il crepitio dell’arrosto
sul carbone acceso.
Avevo perso le chiavi,
piccola casa dei pensieri azzurri
e camminavo sulle foglie ingiallite.
Innocenza Scerrotta Samà Catanzaro
da: Finestre illuminate, 2° Premio (Sezione A) al
Città di Pomezia 2013.
Innocenza SCERROTTA SAMÀ è nata a Catanza-ro, dove vive, ma da moti anni partecipa alla vita
culturale fiorentina. Ha pubblicato molti volumi, tra
cui “Come sorella” (1992), “Luce e buio 314”, “Perché non gli somiglio? 353”, “Il colore del gelo”
(1995), “La mano e la prua” (2010), “Nel taciuto la
gioia” (2013). Inserita in prestigiose antologie, tra le quali “Poesia del Novecento in Toscana”.
A VOLTE
A volte mi rattristo pensando
A quel che avevo e più non mi ritrovo.
E mi affanno a cercarlo nel chiuso
D’una stanza col cuore in subbuglio,
In un’onda di tristezza risvegliando i ricordi.
E s’offusca la mente ad un volto che ritorna,
A una voce che mi chiama, come se fosse
Sulla soglia ferma ad aspettare.
A volte il giorno mi scivola dinanzi
Senza lasciare traccia, come pioggia
Che rotola sui vetri tra raffiche di vento,
Disegnando arabeschi che rivedo
Nella notte tra nuvole di sogni.
E più non mi dispero per le insulse cose,
Per i labili pensieri; se la vita all’alba
Mi promette e al meriggio non mantiene,
Dispensando inganni e vacui miraggi.
Ed a notte mi ravvivo e m’immergo
Tra le stelle navigando nell’ignoto,
Dove l’anima s’acquieta, sazia d’immenso.
E mi rapisce il canto, la voce modulata
Di chi sorride al giorno e non dispera
Dell’ora che avanza, ondeggiando
Su stagioni diseguali, dove alterna
Il tempo la sua gamma di colori.
Antonio Damiano Latina
Da: I colori della luce, 3° Premio ex aequo (Sezio-ne A) al Città di Pomezia 2013.
Antonio DAMIANO è nato a Montesarchio (BN),
ma risiede a Latina. Laureato in Lettere e Filosofia. Dirigente d’Azienda, in pensione. Sposato, ha due
figlie. Ha conseguito 6 Primi Premi, 6 volte il se-
condo premio, 7 volte il terzo premio, 2 volte il quarto premio, 7 volte il quinto premio, 3 volte il
sesto premio, 3 volte il Premio Speciale. E poi
Menzioni d’onore, Diploma d’onore, Diploma di merito e varie segnalazioni. E’ stato 4 volte finali-
sta. Le sue poesie sono inserite in numerose antolo-gie di prestigiosi premi letterari.
PARLANO LE MAINARDE
Mandrie di camosci vedrete brucare
nei miei pianori,
mucche e cavalli ancora,
gli scalatori solcare
le mie chine e i miei boschi
e toccare le vette per buona parte
dell’anno innevate.
Erbe medicinali, orabi e cicorie
ancora qualcuno verrà a cercare.
Più non verranno
montanari in ciocie
a caricare sugli asini
legna secca dei miei faggi
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 22
per andare nei paesi vicini
a barattarla con farina.
Sosteranno come sempre,
presso le mie fonti,
i pellegrini di Canneto.
Antonia Izzi Rufo Castelnuovo al Volturno, IS
da: Paese, 3° Premio ex aequo (sezione A) al Città
di Pomezia 2013.
Antonia IZZI RUFO è nata a Scapoli (Is), ma risie-de a Castelnuovo al Volturno, frazione di Rocchetta
(Is). Ha scritto opere di narrativa, poesia, saggistica.
Oltre cinquanta i libri finora pubblicati. Noti critici
e personalità della cultura nazionale e internaziona-
le hanno scritto di lei.
SILENZIO DI GIOIA
Invano cerco il verso
alla sorgente dell’anima
per dire la poesia dell’ora.
Invano
la parola è immobile
in un’alba di gioia.
Con la mente tento
a chiosa una prosa:
è la tua presenza, infanzia
tutta questa gioia
che mi riverbera dentro
e non si fa parola.
Dal silenzio si schiude una rosa.
Maria Luisa Daniele Toffanin Selvazzano, PD
da: Florilegio femminile, 3° Premio ex aequo (Se-zione A) al Città di Pomezia 2013.
Maria Luisa DANIELE TOFFANIN, nata a Pado-
va, già docente di italiano e storia negli Istituti su-periori, si dedica ora alla poesia e ad attività cultu-
rali. Nell’ambito dell’Associazione Levi- Montal-
cini promuove nelle scuole incontri letterari, mo-menti di poesia, laboratori di scrittura. Partecipa a
convegni realizzati dall’Università di Udine e ini-
ziative promosse dal CILM della stessa Università. Sue poesie figurano in antologie e riviste nazionali
ed internazionali. E’ socia del Pen Club Italiano. Ha
ottenuto numerosi premi e lusinghieri consensi. No-
ta è anche la sua produzione critica. Ha pubblicato i
seguenti volumi: “Dell’azzurro ed altro” (1998,
2000), “A Tindari” (2000, 2001 - Premio Sorrenti-num), “Iter ligure” (2006 - Premio Il Portone),
“Fragmenta” (2006 - opera ampiamente premiata),
“E ci sono angeli (2011), “Appunti di mare” (2012).
UNA MACCHIA
Figlio precario
il tuo cavallo raglia
il mantello è di iuta
perché ascolti le favole?
Puoi cambiare molte suole
senza scrivere il tuo nome sull’asfalto
perché ascolti le favole?
Ora l’ira è un destriero che scalpita
il silenzio è un coltello di ghiaccio
tra i sassi rimane una macchia
una macchia si dilata tra i sassi.
Andrea Masotti Bologna
da: Per un metro o due al prezzo di un uomo, 4°
Premio (Sezione A) al Città di Pomezia 2013. Andrea MASOTTI, di professione medico, appas-
sionato di storia, è tra i premiati o segnalati in alcu-
ni premi letterari di poesia e narrativa. Racconti e poesie sono stati editi da rubriche culturali cartacee
e sul web, oltre che dagli editori Giulio Perrone,
Nottetempo, Giraldi. La silloge “Sotto un cielo troppo azzurro” è stata pubblicata su i quaderni let-
terari “Il Croco” nel marzo 2010. Nello stesso anno
ha pubblicato il romanzo “Intrigo sulla Moskova”. Nel 2011 ha ricevuto il primo premio Città di Po-
mezia con la poesia singola “Monte Bianco”.
...ANCHE LA TERRA, È STANCA...
(Variante)
...basta, basta!! Da lungi di millenni,
dall’inimmaginabile...
...anche la Terra, è stanca...
del malfatto e selvaggio, del malvagio
di vita miserabile, di morte...
quanto il perenne impulso categorico,
istintivo, burlone, capriccioso,
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 23
atavico del fato.
Stanca la Terra, come fuggisse oltre,
lungi dal Mare, il gemello siamese,
per fessure, passaggi di salvezza...
varchi tra tormentose
tempeste, terremoti,
nominali uragani...
orribili tsunami...
Persino il Padreterno
- stanco, svilito d’aspettare... - volge
l’occhio altrove, lontano... oltre l’edenica
pazienza... del perdono-carità,
il sacro amore biblico, disperso...
Imperterrito l’Uomo scrive, legge,
promette e grida... decide ed uccide...
Da sovrano assoluto
- magico, indifferente - trionfa ed ordina,
distrugge e costruisce
al ritmo capriccioso, ineludibile,
continuo, folle d’Eolo.
Edio Felice Schiavone Santo Spirito, BA
da:Schegge (Io e il mio tempo) Parte terza, 5° Pre-
mio (Sezione A) al Città di Pomezia 2013.
Edio Felice SCHIAVONE è nato il 30 agosto 1927
a Torremaggiore (Foggia). Già primario pediatra ospedaliero. Attualmente risiede a Santo Spirito -
Bari. Ha pubblicato: “La morte non ha la smorfia
del teschio” (1961), “Io e il mio Sud” (parte prima, 1987), “Io e il mio Sud” (parte seconda, 1990), “L’
uomo questo mistero” (1993), “L’ultima sera di
carnevale” (poesie tradotte in serbo-croato da Dra-gan Mraovic, 1996), “Senza l’uomo” (1997), “Qua-
si un diario” parte prima, 2000), “Poesia dove”
(2002), “Io, gli uomini e gli amici... (2007), “Schegge (io e il mio tempo)”, 2006, “A sbalzi...”
(2008), “Schegge - Io e il mio tempo” (parte secon-
da, 2011).
UNA MANO SULLE PIETRE
Mi rassicura
Posare una mano sulle pietre
di una città visitata
nei giorni di festa
più degli occhi ora è forte
l’istinto di trattenere
quelle forme nella mente
Come chi sente
la vita andare
e stringe il braccio
dell’ospite nella fredda casa
e non vuole lasciarlo uscire
cercando così di truffare il tempo
Così anch’io tento d’allungare
la mia ombra e i suoi passi
e m’illudo di restare
più del previsto
in questo luogo
Perché l’ignoto fa tremare
e non oso
congelare il sangue
prima del giorno scritto
nel palmo della mano.
Francesco Salvador Padova
Primo Premio (Sezione B) al Città di Pomezia 2013.
Francesco SALVADOR è nato a Vittorio Veneto il
10 marzo 1957, abita a Padova dove svolge
l’attività di insegnante. Ha esordito nel campo della
Poesia nel 1984; da allora ha pubblicato venti rac-
colte di poesie, ha vinto diversi premi nazionali, è stato recensito anche da alcuni autorevoli esponenti
della letteratura italiana, è presente con i suoi elabo-
rati in antologie accanto a nomi illustri (Alda Meri-ni, Giorgio Caproni, Mario Luzi ed altri). Collabora
e ha collaborato a vari periodici di poesia. Membro
dell’Accademia il Rombo ha ottenuto le nomine di Accademico di merito e di Senatore Accademico,
nel 2009 ha festeggiato i venticinque anni di convi-
venza ufficiale con la poesia con il libro “Liriche Scelte”.
MANO VUOTA
Depredata la casa avita
niente resta dell'antico ricordo.
Con crudele disprezzo,
dispersa è la fiamma
di una finta famiglia.
La vittima sacrificale,
esclusa dagli intrigati affetti,
vaga perduta e dilaniata.
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 24
Senza più riferimenti,
smarrita è la luce della mente
e resta per sempre vuota
la mano tesa da tempo.
Anna Maria Bonomi Roma
2° Premio (Sezione B) al Città di Pomezia 2013.
Anna Maria BONOMI è nata a Roma, dove risiede. Ha vissuto anche ad Artena e a Pisa. Laureata in
Pedagogia e specializzata come Consigliere peda-
gogico. Ha insegnato fino al 2003. Si è interessata di poesia in vari periodi della sua vita. Negli ultimi
anni ha partecipato agli incontri dei “Poeti al Caf-
fè”, Centro letterario romano. Ha pubblicato alcuni saggi critici e poesie su riviste, come Pomezia-
Notizie. Suoi elaborati figurano nelle belle antolo-
gie curate annualmente da “Poeti al Caffè”.
PRIMA DEL TROPPO TARDI
Lo sbadiglio dell’alba - mia Principessa -
temporeggia in preliminari assenti e vivi.
L’estro d’un tempo vagabondo slaccia scuce
l’intimo sfila
con mani di servo sognatore. La caccia al te-
soro dei sensori.
E polpastrelli suonano la pelle; ha voce
l’arpa dei capelli.
Labbra sfiorano le labbra: andirivieni di fe-
licità.
S’invertono sovente inizio e fine; silenzi di
velluto regalati.
Amplesso illimitato alla moviola.
Ma si paga lo scotto desolante nell’ordito
dei giorni dispettosi
nel passarsi tra loro il testimone.
S’impigliano menzogne mascherate passate
e presenti
edulcorate, contrapposte.
Il sole s’impone prepotente e restano soltan-
to - ahimè - rimpianti.
Il brindisi ruffiano da Margot... Il semiserio
baciamano...
La camicetta a rose mozzafiato... la passeg-
giata verso l’infinito...
la mansarda sospesa tra le stelle...
E tante occasioni da mordersi le mani.
Intanto motu proprio
da qualche tempo sogno disertore
bandiera bianca agita al vento.
Enzo Cavaricci Pontinia, LT
3° Premio ex aequo (Sezione B) al Città di Pomezia
2013. Enzo CAVARICCI è nato a Pontinia (LT) nel 1947
e qui vive. Ha pubblicato le seguenti raccolte poeti-
che: “Risacca” (1988), “Passo” (1991), “Otto poe-sie laziali e una capanna” (1999), “La luna nella
pozzanghera” (1999), “Se questo è amore” (2000),
“Se avremo modo” (2008). Primo premio ai con-corsi: Città di Bolzano, Città di Alanno, Un atto
d’amore (Latina), Poeta e Poesia (Porto Recanati),
Primavera Strianese (due volte), Biennale del Mon-ti Lepini (Segni), Premio Aeclanum - giuria studen-
ti (Mirabella Eclano), Marino e la Cultura - Città di Formia. Hanno scritto di lui: Elio Filippo Accrocca,
Elio Andriuoli, Giorgio Bárberi Squarotti, Giorgio
Caproni, Solange De Bressieux, Francesco De Na-poli, Ninnj Di Stefano Busà, Elena Milesi, Luigi
Pumpo, Gianni Rescigno, Vittorio Vettori. Presi-
dente dell’Associazione culturale Edizioni E-etCì, è stato organizzatore e segretario dei premi letterari
“Città di Pontinia” e “Gaetano Viggiani”.
TERESA LA TUA VITA
Sei e non sei, sei e non sei te stessa
sei e non sei qui, sei dove sei: altrove.
Bacio le tue mani ruvide che sanno
di cipolla, varecchina, di ferro da stiro.
Mi dolgo per le tue notti di veglia.
Le ultime stelle ti rimboccano
le coperte e mentre sonnecchi
l’albore ti sveglia, ti fa eco la poesia.
Tu colori il cielo e il mare
profumi il giardino di fiori
richiami il garrire delle rondini
rendi più luminosa la giornata
tutt’intorno diventa più felice
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 25
come il canto degli usignoli
il cielo si rallegra degli stormi
il mare si popola dei pesci
ed io mi illumino di te.
Perdonami se non ti amo come vorresti
come meriti, accogli la mia dedizione
più d’ogni cosa e prenditi un po’ di te.
Un grande amore non esige parole:
ti amo, ma non chiedermi perché.
A te resa è l’eco della tua poesia.
Tito Cauchi Anzio, RM
3° Premio ex aequo (sezione B) al Città di Pomezia
2013.
Tito CAUCHI, nato l’11 agosto 1944 a Gela (Sici-lia), vive a Lavinio, Anzio (Roma); ha svolto varie
attività professionali, l’ultima delle quali è stata
quella di Docente. Ha pubblicato le seguenti sillogi poetiche: “Prime emozioni” (1993), “Conchiglia di
mare” (2001), “Amante di sabbia” (2003), “Isola di
cielo” (2005), “Francesco mio figlio” (2008), “Ar-cobaleno” (florilegio 2009), “Crepuscolo” (florile-
gio 2011), “Veranima” (2012); saggi critici: “Logos
in Prime emozioni” (1998), “Giudizi critici su An-tonio Angelone” (2010), “Mario Landolfi saggio su
Antonio Angelone” (2010). Inoltre ha contribuito
ad alcune opere curandone la pubblicazione o con note critiche. E’ incluso in alcune antologie poeti-
che, in raccolte critiche, in volumi di storia della
letteratura, nel “Dizionario biobibliografico degli autori siciliani” (2010), ed in altri ancora; collabora
ad alcune riviste, egli stesso è oggetto di svariate
analisi critiche.
RICORDO
Se fosse un canto a ridestarmi inquieto,
vorrei poterlo udire all’infinito.
Se fosse un sibilo a condurmi fuori
da questo stadio di profonda tema,
vorrei che penetrasse le mie membra
assetate d’acqua di longevità.
Se fosse un grido a risvegliare in me,
il dolce fremito dell’innocenza,
posta, forse, sarebbe gentil fine
al dubbio che affligge una coscienza.
Noemi Lusi Roma
4° Premio (Sezione B) al Città di Pomezia 2013. La formazione di Noemi LUSI si riflette su tutta la
sua produzione letteraria che si situa nel contesto
internazionale ed in particolare quello europeo, in cui ha a lungo vissuto e da cui ha voluto enucleare
alcune delle sue significative permanenze in parti-
colare in Inghilterra, Francia, Svezia e Spagna. La vocazione all’espressione di sentimenti, opinioni,
convinzioni, principi, pensieri, insomma alla condi-
visione del proprio animo con un ‘esterno’ che, an-che quando indistinto o mutevole, pure rappresenta
la vita nel suo incomprensibile svolgersi, risale ai
tempi del liceo e l’accompagna trasformandosi con lei.
TRE MADRI
Nella mia mente spesso
due care immagini si sovrappongono:
quella materna e quella
della materna madre. Si confonde
l’immagine della nonna con l’altra
che nel tempo sempre più
a lei si andava assomigliando.
Così il mio affetto
in un unico abbraccio le avvolge
e allora corre il pensiero in alto, dove spero
che potrò un giorno rivederle entrambe.
E quindi prego che in questo mi aiuti,
e aiuti loro, tenendosele appresso,
la terza madre mia, che sta nel cielo:
Maria.
Mariagina Bonciani Milano
Selezionata (Sezione B) al Città di Pomezia 2013.
Mariagina Bonciani vive a Milano dove è nata
nell’aprile 1934 e si è diplomata in Ragioneria nel 1953 presso l’Istituto Tecnico Carlo
Cattaneo, ma ha sempre prediletto le materie lette-
rarie e le lingue. Conoscendo il francese e lo spa-gnolo ed avendo perfezionato soprattutto lo studio
dell’inglese, Mariagina BONCIANI ha lavorato dal
1953 al 1989 come segretaria di direzione, capo uf-ficio e corrispondente presso tre diverse ditte nel
settore import-export. Ama la lettura, i viaggi e la
musica classica. In pensione dal 1989, per alcuni anni si è dedicata alla madre inferma, smettendo di
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 26
viaggiare ma senza abbandonare la poesia e gli stu-
di (pianoforte, russo e greco antico). Non si è mai
sposata. Dal 2008 partecipa ai concorsi di poesia nazionali e internazionali, ottenendo quasi sempre
premi, menzioni e segnalazioni. Molte sue poesie
sono state pubblicate in antologie e riviste. Nei quaderni “Il Croco” della rivista “Pomezia-Notizie”
sono comparse le sue sillogi “Campane fiorentine”
(2010) e “Canti per una mamma” (2011). Sue poe-sie vengono regolarmente pubblicate nella suddetta
rivista, diretta e stampata in proprio del Dott. Do-
menico Defelice in Pomezia. Nel 2012 le Edizioni Helicon hanno pubblicato il suo libro “POESIE” ,
che ha ottenuto premi e riconoscimenti in diversi
concorsi, fra cui Città di Pontremoli, Via Francige-na, Pegasus-Montefiore. E’ socia dell’Accademia
Internazionale “Il Convivio”.
AD UN PAPA
Vorrebbe il terreno
applaudire il passo
del tuo rallentare penitente
concimare di stanchezza il sollievo.
Strade deturpate attendono
filari di alberi e ostelli
per la grazia o condanna dei diversi.
Quante volte è stata l’acqua
ad avvicinarsi alla bocca del pellegrino
inginocchiato sulla paglia!
Lasci
non certo per ascoltare
la prassi delle evocazioni
in questo tuo stemperare egoismo
in umiltà assai più pretenziosa
della fede.
Claudio Carbone Formia, LT
Selezionata (Sezione B) al Città di Pomezia 2013.
Claudio CARBONE nasce nel 1958 a Gaeta. Lau-reato in Architettura, è insegnante di Disegno e Sto-
ria dell’Arte al Liceo Scientifico “E. Fermi” di Gae-
ta. Risiede a Formia (LT). Ha pubblicato cinque li-bri di poesia “O laureat”, “Passo di cicogna”, “Quo-
tidiane colonne”, “Sagome e specchi”, “Al posto
delle rose”. E’ vincitore di numerosi concorsi di ambito nazionale.
ACCOVACCIATO MI RITROVO
Quella volta vedevo nei tuoi occhi
tutti i bagliori delle mie stagioni.
Riflessi di una vita trafitta dai miei silenzi,
immemori di lampi nel cuore.
Mi ritrovavo accovacciato
accanto al mio dolore,
sul mio tempo sfumato,
vestito di addio nell’imbrunire della sera.
Ma alla fine del Tempo
mi ritrovai a percorrere la strada
che mi riconduceva alla vita,
valicando montagne
spaccate dal fulmine della mia mente,
sciogliendo nevi
col sale delle mie lacrime.
Avevo rischiato di rimanere
orfano di Poesia,
rimasta prigioniera
dentro i miei ultimi recessi vuoti.
Essenza d’ambra si stava sfaldando
tra le foglie delle mie spine,
mentre i granelli dei miei palpiti
aprivano virgole
nella mia memoria irreversibile.
Lì mi riapparvero i tuoi occhi,
come gemme indolori dei miei smeraldi.
E sull’albero della vita
i rami rifiorirono di parole d’amore.
Santo Consoli Catania
Selezionata (Sezione B) al Città di Pomezia 2013. Santo CONSOLI nasce a Misterbianco (CT) nel
1946. Dopo la Laurea si trasferisce nel Veneto, ove
ha inizio la sua carriera di docente. Rientra in Sici-
lia e nel 2005 inizia a scrivere poesie e a partecipare
a Concorsi, ottenendo ambiti riconoscimenti. Ha
pubblicato numerose sillogi: “L’Arcobaleno dell’ Amore”, “Lucidi Orizzonti”, “HeyMan- Risollèva-
ti”, “La Strada sull’Acqua”, “Pensieri Innamorati”,
“Verso la Luce”, “Animi”, “I tuoi silenzi”, “La tua anima affiorava”, “Il nostro incontro”, Tu, mia
Strada”, “Le nostre pagine”, “Nel tuo Firmamento”,
“Mi addormentavo nei tuoi sogni”, “Non è l’ultima stagione”, “Il Sentiero della Vita”, “Il Cuore Can-
ta”, “Ti ho cercato”, “I colori del silenzio”, “Il tuo
riflesso”, “Accovacciato sulle tue ginocchia”, “Spazio Infinito”, “Il tuo risveglio”, “La tua pre-
senza”, “Sfumature”, “Memorie d’oggi”, “Voliamo
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 27
nel tempo”, “Nel mio margine”, “Nei giorni della
tua vita”, “Nel mare dei tuoi occhi”, “Spazio Vita-
le”, “Longevo”.
L’UOMO CON LA CHITARRA -
HAIKU
Rami di luna.
Guardami attraverso.
Il peso del tempo.
Elastico.
L’accelerarsi del tuo cuore.
Piume a cadere.
Una gardenia.
La festa dei tuoi occhi.
Neve d’aprile.
Lunascarlatta.
La tua bocca indecente.
Magnifica il cielo.
Lezione 21.
Nel ventre della mia chitarra.
S’apre la luna.
- Ps. Cercami
Scorrono fra le tue righe
le margherite
Una farfalla
sul bianco marmo.
E’ colore
Monica Fiorentino Sorrento, NA
Selezionata (Sezione B) al Città di Pomezia 2013.
LA DANZA DEL MIO CUORE
La danza che vive nel mio cuor,
pur sovente
sembra non volermi lasciare
neanche per un istante,
che sia gioiosa , dolorosa o evanescente
non mi inebria e non
mi avvilisce così tanto,
perché la medito profondamente.
Tutto è bello e buono conoscere nella vita,
gli affanni, le gioie, pur le cose evanescenti
per poter capir gli altri,
aiutare i tuoi cari e i tuoi fratelli
nei loro affanni, nei loro idilli,
nel dolor di qualunque sorta esso sia,
nella gioia profonda che nel cuor si sente
e non si può spiegare
perché l’altro non può capirlo,
specie se non lo sente
e se ci provi a spiegarlo
resti sconsolato e non vale a niente.
Ma la forza di quel che provi
o hai provato,
resta in te e non sarà mai eliminata.
Il tuo credere sarà la tua forza.
Il tuo credere sarà la tua armonia,
allora io lascio che il mio cuor
danzi in ogni evento,
perché dolce e soave è la danza
che vive nel mio cuor
che m’ispira tante cose buone e belle.
Clementina Maddalena Pilla Melbourne – Victoria - Australia
Selezionata (Sezione B) al Città di Pomezia 2013.
ADESSO IO CI SONO
Non c’ero
Adesso sì! ci sono
Con l’anima e il corpo,
Adesso son qui
Son certa anche Dio c’è.
E’ grande, da sempre
Si prende cura di me, di noi,
Fin da quando
Ero ancora niente
E poi c’ero,
Dio mio, io ti ringrazio
per i doni che mi hai donato,
La pazienza, il mio buon’umore,
Il cuore,
La bocca,
Gli occhi,
Le mani,
Le gambe,
La salute,
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 28
La pace,
L’amore infinito,
Grazie Padre
Per le tue offerte,
Per farmi sentire
Uguale agl’altri,
Io apprezzo la tua volontà
E’ grandissima!
Accetto tutto di te
grazie per avermi dato la vita.
Non c’ero con gli affanni della vita,
Adesso ci sono,
Sono arrivata fin qua
E resterò finché non sarò
Prossima alla fine.
Carmela Perri Melbourne, Victoria, Australia
Selezionata (Sezione B) al Città di Pomezia 2013.
SIAMO NOI STESSI
Amore mio, siamo noi stessi,
come la pioggia che scende dal cielo,
bagnando i prati assetati dal caldo.
Siamo noi stessi,
in questo spazio infinito che
opprime il nostro io,
non compreso dal muro
dell’incomprensione e dall’odio.
Amore mio, ti amo come sei,
ti prego non cambiare nel tempo
perché la tua anima è racchiusa
nella mia identità anche se siamo diversi.
Siamo due stelle che illuminano
il nostro cammino del destino
racchiuso nelle nostre mani.
Gente senza volto,
capaci di emettere sentenze,
non mi violate,
resto come sono.
Angela Maria Tiberi Pontinia, LT
Selezionata (Sezione B) al Città di Pomezia 3013.
La poetessa Angela Maria TIBERI è conosciuta ed
apprezzata da notevoli associazioni culturali nazio-
nali ed internazionali. Ha vinto numerosi premi tra
cui: 2° Premio Internazionale Amico Rom 2008 e
2009, 1° Premio Verità poetiche 2012 Associazione teatrale Beniamino Joppolo - Patti (ME), Oscar del-
la poesia 2009 e 2010, iscritta all’Albo d’Oro
dell’Associazione Internazionale Arte e Cultura.
SILENZIO
Nel tuo grembo
ho conservato le mie speranze,
ho affinato i miei pensieri,
ho gioito i momenti più belli
e quando l’ombra della sera calava,
gentile la mano tua accarezzava
il capo mio ricciuto e biondo,
finché il sonno mi rapiva
portandomi in magici paesi
di fiaba ed illusione.
Oggi adulta, amo la vita e il chiaro mio in-
telletto,
perché lontana sono, ho preso il volo,
mamma nella lettera mi dice:
il tuo sorriso colorava i miei grigi giorni,
rischiarava le membra stanche del mio vol-
to,
l’abbraccio tuo come sole
mi colorava del tuo amore,
respiravo il profumo dei tuoi giovani anni
mi sembrava di trovarmi in un prato in fiore.
Adesso ho paura del silenzio
e soffro nel non poter accarezzare
il tuo capo biondo,
avvolta in un manto di silenzio,
rassegnata aspetto il suono della voce tua
attraverso un filo,
ed io rammento quel grande amore
che in ogni bimbo o fanciullo rimane
il luogo più caro al mondo
il grembo della madre,
è il posto più sicuro.
Anna Trombelli Acquaro Melbourne – VIC. Australia
ËL VAGABOND
Lìber ëd fité un seugn
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 29
acomoda ’d promësse
che ‘l temp a dëscolora.
Peui a ven anans tra crosière
dë stra a man veuide
armisciand malinconie
tra le carte anfiàpie.
Ch’a sia sabia o tèra
soa contrà ëd nassensa
drinta ‘d chiel
a fermenta l’arnonsia.
Ma ancheuj a condana nen
la mala sòrt
a veul nen foé l’ànima
al feu dël bivach.
Tra le pere a dëstìla
ore sensa fama
e a bèiv l’ùltima golà
a l’anvers dël mond.
Paola Insola Torino
Primo Premio (Sezione C) al Città di Pomezia 2013.
(IL VAGABONDO - Libero di affittare un so-
gno/concilia promesse/che il tempo scolora./Poi a-vanza tra crocevie/ di strade a mani vuote/frugando
malinconie/ tra carte appassite./Che sia sabbia o ter-
ra/Il luogo di nascita/ dentro di lui/fermenta la ri-nuncia./Ma oggi non condanna/Il destino/ non vuo-
le arroventare l’anima/ al fuoco del bivacco/tra le
pietre distilla/ ore senza gloria/e beve l’ultimo sor-so/al rovescio del mondo.
Paola Insola)
ALIENAZIONE di Leda Biggi Graziani
ridare...
- “Non parlare a voce alta, non è e-
ducazione... Non gridare, è da paz-
zi...” -
E sotto la mia finestra, aperta alle voci di
primavera, gridava l’arrotino, pedalando e so-
stando:
- “Muleta... Muleta...” - e “Arrotino” (con tre,
quattro “r”), mentre la “mola” girava, affilan-
do e arrotando coltelli.
Era un pazzo?
Quando d’inverno il bianco mantello ovattava
il mio piccolo mondo, il silenzio era rotto da
un grido prolungato, atteso, riconosciuto. Era
arrivato lo spazzacamino. E come me lo ri-
cordo! un chicco di caffè in un mare di pan-
na!
E mio padre lo teneva a tavola con noi; il sor-
riso e l’imbarazzo: chiaro-scuri bagliori indi-
menticabili.
Poi il suo strascicato grido, mentre da un ca-
solare all’altro, un “orso” con fardello in spal-
la sfalcava, sostava e... svaniva.
Era un pazzo?
E il pescivendolo del Lago Trasimeno, che il
venerdì, tra le nebbie mandava il suo richia-
mo:
- “Pesciaiolo... Pesce fresco...” - mentre in
una piccola cassetta guizzavano lattarina, la-
schine, reginette...
Pesava e gridava... Scherzava, altro grido alto
e, pedalando, si allontanava, mentre l’eco ri-
mandava le ultime note... di “Pesciaio-
lo...olo”.-
Era un pazzo?
Alienazione
Leda Biggi Graziani Arezzo
Racconto selezionato (Sezione D) al Città di Pome-
zia 2013.
I MIEI ANGELI di Maria Coreno
a bambina, come tutti i bambini,
amavo gli angeli e desideravo sem-
pre di averne uno per accudirlo, per
fargli da mammina.
Ricordo una particolare visita al Santuaro
della Madonna Maria SS. Del Piano, quando,
accompagnata da mia madre, assieme, parte-
cipammo alla festa in Suo onore.
La festa si faceva e si fa ancora, ogni tre
anni, della durata di cinque giorni, come di
tradizione.
Era il 1946 e ancora si riparavano le case
non lontane dalla chiesa semidistrutte dalla
violenza dell’ultima guerra mondiale.
Attaccato alla chiesa vi era pure il convento
G D
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 30
con le suore che accudivano i numerosi orfa-
nelli.
La chiesa mi piaceva perché, pur essendo
antica aveva una bellezza accogliente, ripo-
sante.
Ricordo che la domenica si andava a messa
e la sera ad imparare la dottrina per le prepa-
razioni della comunione o della cresima.
Un giorno, mentre camminavo nei pressi
della chiesa, notai le porte aperte ed entrai per
osservare, da sola, le sue bellezze, come i di-
segni e le varie decorazioni nelle cappelle, ai
bordi delle finestre, nel soffitto e naturalmen-
te sull’altare, attorno alla nicchia della Ma-
donna. Ne ero entusiasta di tutto quello che
vedevo e mi sembrava proprio di trovarmi in
un posto molto speciale!
Quello che mi impressionava di più, però,
erano le statuette degli angeli, i quali regge-
vano il Mondo con la forza delle mani. A
questa visione seguirono poi tanti pensieri ed
idee, come di solito si fa da piccoli, quando la
conoscenza del creato è scarsa e si lascia
camminare la fantasia velata dall’innocenza.
Fatto sta che iniziai a pensare come impos-
sessarmi di un angelo! Allora ero convinta
che gli angeli vivessero ed abitassero sotto
terra e quindi situati in una posizione adatta
per reggere il peso del Pianeta Terra. Quindi,
cosa fare per trovarli?
Bisognava solamente scavare un bel fosso
profondo onde esaudire la mia volontà, se vo-
levo avere l’angelo tutto per me!
Mentre scavavo, facendo una grande fatica,
pensavo (o sognavo con gli occhi aperti?) ai
capelli biondi e ricci del’angelo, alla sua boc-
ca piccolina, alle sue labbra rosse, ai suoi oc-
chi celesti, al suo viso roseo e paffutello, al
suo corpo morbido e nudo, alle sue preziose
ali...
Sicuramente potevo procurarmi anche una
coperta per avvolgerlo e mantenerlo caldo e
comodo!
Ma, dopo alcuni giorni di scavo, mi rende-
vo conto che le possibilità di riuscire all’ im-
presa stavano riducendosi a poca cosa.
A furia di scavare mi sentivo stanca e delu-
sa, poiché dalla terra non usciva nessun ange-
lo!
Ma allora dove saranno messi per reggere il
mondo?, domandavo a me stessa!
Alla fine accettai il fallimento della ricerca,
ma con grande delusione!
Di questo episodio non dissi mai niente a
nessuno, per due motivi.
Il primo, per non passare l’idea agli altri!
Cosa sarebbe mai successo se qualche altra
persona avesse provato a scavare e trovare gli
angeli?
Il secondo motivo, la paura che, confessan-
do il mio operato, si prendessero gioco di me!
E dopo tanti anni ancora amo gli angeli, an-
che se non sono sottoterra!
Essi per me rappresentano la purezza e la
dolcezza, quello che tutti noi abbiamo biso-
gno.
Maria Coreno Melbourne, Victoria Australia
Racconto selezionato (Sezione D) al Città di Pome-zia 2013.
SEGUI ME di Filomena Iovinella
fiaba
Inizio
CASCATA DEL NIAVARA
ally gioca con i suoi amici ogni mat-
tina, si tuffa giù dalla cascata e ride e
salta, scivolano tutti insieme infine sul-
la schiuma di nonno e nonna, di papà e
mamma.
Sally è di colore blu trasparente, è la più pic-
cola della sua razza e quando la chiamano lei
si nasconde sempre.
Sally
Era la goccia d’acqua più piccola di tutta l’
acqua del villaggio.
Un giorno il cielo si tinse di nero e venne giù
un fulmine, la raccolse sulle sue ali di fuoco e
S
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 31
la portò via.
“ Cattivo! Perché mi porti via, cosa vuoi da
me? Ci hai portato la pioggia a mischiarsi a
noi, ma non importa, per me va bene lo stes-
so, mi piace chi viene dal cielo, ma tu non mi
piaci!”
“ Tu invece mi piaci davvero tanto e anche se
tante volte ho buttata acqua dalle mie nuvole
per non vederti, tu emergevi sempre più gio-
viale e vivace di prima e questa cosa mi ha
sempre irritato”
“ E sentiamo, che ne vuoi fare di me?”
“ Voglio metterti alla prova, ti sto portando
dove acqua non c’è, per vedere se ridi anco-
ra”
“ Non sono mai uscita dal mio villaggio co-
nosco sola la cascata, dove si trova questo
luogo?”
“ E’ distante da qui, non c’è vegetazione, non
c’è cascata, non ci sono alberi”
“ Stai bleffando, non esiste un posto così sulla
terra”
“ Esiste, io non ci vado mai, lì c’è il mio ami-
co vento e la mia amica sabbia”
“ Vento e sabbia? E io cosa ci faccio con il
vento e la sabbia?”
“ Ci devi sopravvivere, penso, che ti asciu-
gherai presto e scomparirai!”
“ Brutto ceffo, sei proprio un brutto ceffo”
“ Stai zitta adesso, quando sono in viaggio
non voglio sentire frignare!”
Il viaggio è violento, corre lungo il cielo con
una rabbia bruta, solca le nuvole come se fos-
se una spada, forse è davvero una spada, le
nuvole più piccole si scansano quando lo ve-
dono arrivare, Sally tieni gli occhi chiusi li
apre di tanto in tanto e cerca di guardare di
sotto, stanno attraversando una fitta vegeta-
zione e c’è un corso d’acqua, ma va troppo
veloce il fulmine.
Lei lo guarda dalla parte posteriore e cerca di
darle un nome e si ripete: “ Se ti do un nome
brutto ceffo diventi meno orribile”
E’ difficile dargli un nome, cerca, cerca nella
testa e ripete, lingua di fuoco, rosso rabbia,
luce nel nero, ecco! Luce-nero è perfetto, di-
fatti lui arriva quando le nuvole sono nere e
le dà la sua luce.
“ Cosa stai facendo?” chiede il fulmine
“ Ti sto dando un nome luce-nero”
Lui ferma la sua corsa, si blocca nel cielo, la
sua coda si arrotola e ripete : “ Luce-nero, io
luce-nero? E per quale bizzarra idea ?”
“ Ho pensato alla sensazione che dai a quelle
povere nuvole che quando ti vedono diventa-
no nere e tu le dai la luce, per sgonfiarsi della
loro acqua”
La risata è sonora e replica: “ Mi piace goc-
cina, mi piace, chiamami come vuoi a me
non importa!”
Sally guarda ancora giù e chiede : “ Dove
siamo?”
“ Questo è l’oceano goccina, a proposito non
so di che origine sei, se ti assaggio sei dolce o
salata? Lì giù ci sono le tue origini al gusto
salato”
“ Io sono dolce, provengo dal villaggio delle
acque dolci di natura verde”
“ Eppure sei azzurrina!”
“ E’ vero non ci ho mai pensato!”
“ Forse la tua mamma o il tuo papà erano sa-
lati venivano dal mare”
“ Chissà!”
Mentre luce-nero continuava il suo viaggio in
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 32
quel posto che goccina pensava non ci fosse,
la stessa rifletteva sulla cascata salata, ma non
era una cascata quello che vedeva perché era
tutta adagiata in un letto unico, e mentre lo ri-
guardava esclamava piano piano : “ Che bel-
lo! Siamo un po’ diversi, ma anche uguale,
chissà cosa fanno i bambini al mattino quan-
do si svegliano?”
Ancora guardava e pensava che era grandis-
simo e che anche il signor luce-nero faceva
fatica a attraversarlo dal cielo, lui si volta sen-
tendosi osservato e chiede: “ Cosa altro c’è
goccina?”
“ Scusi! Lei che sa tutto, mi può dire che
cos’è quella cosa bianca che sta sul questa ta-
vola di acqua salata?”
Lui continua a ridere : “ Sei una curiosa goc-
cina, quella tavola di acqua salata si chiama
mare e quella cosa bianca è una nave”
“ Mi sta facendo bene viaggiare con te, sto
conoscendo il mondo”
“ Tra un po’ non la penserai più così”
“ Io non penso che tu sia cattivo”
“ Sei solo una goccina stupida che si asciu-
gherà nel deserto!”
“ Ma in questo deserto senza le goccine d’
acqua, come me, come fanno a vivere?”
“ Bella domanda goccina….ci sono poche
persone e i villaggi raccolgono l’acqua, come
te, in una tinozza perché è preziosa e non va
sprecata”
“ Anche nella mia cascata siamo tutte prezio-
se”
“ Ma nel deserto di più!”
Il signor fulmine si è distratto parlando con
goccina e sbatte violentemente contro una
grossa nuvola nera, Sally non riesce a restare
attaccata alla coda di luce – nero e precipita
proprio sulla nuvola nera.
“ Ohhhhhhhhhi!” E puff cade tra altre gocce :
“ Ehi Tu! stai attenta!”
“ Ciao, dove sono?”
“ Non è il momento di parlare carina vai a
mettere le ali”
“ Le ali?”
“ Certo, è arrivato il fulmine”
“ Questo lo so, ero con lui quando vi ha urta-
te!”
“ Ehi ascoltate questa! Dice che era con il
fulmine!”
Tutte ridono : “ E’ matta e poi chi l’ha mai
vista a questa, la vedi com’è buffa”
“ Non c’è niente da ridere, sto dicendo la ve-
rità! Io ero al mio villaggio e lui mi ha presa
dalla cascata”
“ Non c’è tempo “cascata” metti queste, che
si vola, siamo sul villaggio “ Shosho”
“ Ma io non capisco niente di quello che dite”
“ Girati che ti metto le aluccie d’aria”
Sally si guarda e sorride : “ Sono comode
queste cosette!”
“ E certo senza di queste non tocchi terra in
modo giusto, anzi, noi scivoleremo su foglie
di rabarbaro e di fiore del deserto”
“ Bella invenzione!”
“ I bambini del villaggio ci stanno aspettan-
do”
Le gocce si spostano e sembra che ci sia il
terremoto : “ Cosa succede?”
“ E’ il fulmine!”
“ E’ luce-nero che ci attraversò vero?”
“ Si! È sempre lui, tieniti forte adesso ci col-
pisce!”
Il colpo è molto forte e tutte le gocce urlano
nel momento in cui si apre la nuvola e cadono
giù, Sally guarda in basso e vede un mare
secco tutto giallo, lei scivolava dall’alto ma
sempre nell’acqua con le sue amiche gocce,
adesso invece scende attraverso l’aria ed at-
terra su qualcosa che non conosce, è quasi ar-
rivata e vede del verde, sono foglie, queste le
sono familiari anche se non sono uguali alle
sue, tocca la foglia e le ali spariscono come
bolle, scivola lentamente….., scivolare quello
si che sa, come si fa e precipita in una cascata
piccola e stretta, tutte riprendono a parlare
come se niente fosse accaduto, d’altronde lo-
ro fanno questo da sempre, ma non Sally.
Arrivano tante voci, sono le voci del villaggio
che girano intorno alla tanica e danzano e ri-
dono e pregano.
Poco dopo arriva una ragazza che ha atteso
la fine delle danze e della preghiera, si guarda
intorno, tutti sono rientrati e lei finalmente si
mette nella tanica dell’acqua, entra con i piedi
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 33
scalzi e con le mani raccoglie l’acqua e se la
butta sulla faccia, Sally si ritrova sul suo naso
e scivola ricordando la sua cascata, sentendo
addosso il senso di casa ed urla : “ Che bello!
Mi ricorda la sensazione di casa mia” e chie-
de : “ Fallo ancora dai! Fammi scivolare an-
cora” Sally precipita dal naso e vola di nuovo
nella tanica.
I piedi marroni sbattono e l’acqua della tanica
si agita, si agitano anche tutte le altre gocce
d’acqua intorno a Sally e protestano. Sally di-
fende la ragazzina e si rivolge alle altre goc-
ce d’acqua : “Come siete seriose, sta sempli-
cemente giocando con noi è felice che siamo
arrivate, mi ha fatto scivolare sulla sua faccia
e ne aveva proprio bisogno, era tutta accalda-
ta!”
Loro in coro le rispondono : “ Non ti soppor-
tiamo, parli come se conoscessi il mondo,
come se fossi venuta qui per imparare qual-
cosa, ma chi ti vuole? E smettila di parlarci!”
“ Io non volevo lasciare la mia cascata ma vi-
sto che mi ritrovo qui, tanto vale divertirsi”
Vengono interrotte, arrivano due mani mar-
roni e Sally enfatizza : “ Eccola! Adesso si
vola di nuovo, è bellissimo”
Quando sale si ferma nel palmo della mano
sinistra approda su un qualcosa che si muove
a ritmo costante e non capisce cos’è, fa anche
il solletico, altre goccine antipatiche arrivano
a parlarle con ironia : “ Ti sei incastrata nella
sua ciglia, stupida! Vieni via di lì!” la sposta-
no e Sally balzella sulla guancia e giù di
nuovo a cadere nella tanica.
L’acqua si ferma al fermarsi dei piedi battere,
ci sono voci e gente intorno alla tanica , si
sente dire a voce alta : “ Himalaya cosa stai
facendo?Esci da lì”
La replica : “ Non voglio, ho aspettato tanto
quest’acqua!”
“ Quest’acqua è per tutto il villaggio non puoi
usarla solo tu”
I piedi di Himalaya lentamente escono dalla
tanica, ma le sue mani capricciose, si abbas-
sano di nuovo a prendere altra acqua che vola
sulla faccia e Sally è di nuovo incastrata nel-
la ciglia e cammina con lei mentre attraversa
il terreno arido e sabbioso del villaggio.
La mano della ragazzina la raccoglie da sopra
la ciglia e la porta davanti a sé chiedendo a
Sally: “Tu chi sei?”
“ Stai chiedendo a me ?” la domanda di Sally
come risposta
“ Si! Dico a te”
“ Sono una goccina d’acqua del Niavara che
si ritrova qui per un sopruso, il signor fulmine
mi ha rapito e portata su una nuvola da dove
sono precipitata con le altre”
“ Mi spiace tanto che ti sia successo questo
penso che la tua famiglia ti manchi?”
“ Si! Tanto, però ho scoperto che voi avete
tanto bisogno di noi!”
“ Noi abbiamo sete di acqua da sempre, io un
giorno quando sarò grande lascerò questo vil-
laggio, voglio andare a parlare ai potenti del
mondo per fargli capire come stanno le cose
qui”
“ Sei forte e loro ti dovranno ascoltare, dove
vuoi andare?”
“ In Canada credo”
“ Quando ti recherai in quel posto, puoi anda-
re prima a fare un bagno nella mia cascata,
per favore?”
“ Lo farò prima di recarmi dai potenti, te lo
prometto!”
“ E quando sarai li, salutami tutti “
“ Sarà fatto!”
Himalaya ritorna indietro e lancia Sally nella
tanica con le altre.
Si ritrova ferma li alla tanica circondata da
tutto il villaggio che le urla contro, prendono
mucchietti di sabbia e la lanciano addosso a
Himalaya, lei è ancora bagnata e molta sabbia
del deserto le resta addosso, in breve tempo è
interamente ricoperta.
Himalaya resta zitta e controlla con gli occhi
il suo piccolo popolo in ribellione contro di
lei, tutto, per un pugno d’acqua rubato ad un
bagno e che adesso genera pelle umida su cui
attaccarsi la ribellione di tutti contro di lei.
Himalaya, resta in silenzio, così, in breve
tempo, le parole di tutti si calmano e la la-
sciano ricoperta di giallo sulla pelle a portare
i rimproveri di tutti.
Lei si specchia nell’acqua della tanica con la
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 34
faccia e Sally la saluta e commenta : “ Non è
giusto quello che ti hanno fatto!”
“ Si! Che è giusto amica mia, questa immagi-
ne mi ricorderà che quando dovrò far com-
prendere cosa siamo, dovrò dire loro che sia-
mo acqua raccolta in una tanica e ribellione di
granelli di sabbia e il mondo intero non potrà
dimenticare chi siamo e dove viviamo”.
E la notte del compleanno di Himalaya.
Mettono una corona di fossili sul capo di Hi-
malaya e festeggiano per l’intera notte, cir-
condati dalle luci delle torce. Siamo giunti al
suo sedicesimo compleanno. Le bimbe picco-
le del villaggio le circondano le gambe e bal-
lano al suono dei tamburi, l’aria è addolcita
dal sapore di spezie che diffondono nelle na-
rici uno stato di inebriante mistero. Le dune si
muovono dalla leggera aria di vento caldo
che solleva gli strati superiori di sabbia e più
in la, quello che potrebbe apparire ad uno
spettatore solitario intento a guardare da lon-
tano il villaggio, scintille di pioggia di fuoco
che escono dalle torce di legno, mentre balli a
piedi nudi scandiscono il tempo della nascita
di Himalaya. Colei che è nata in una notte di
luna piena, durante una tempesta di vento e
sabbia, che dondolava la tenda blu della sua
capanna, come una melodia di nascita. Fuori
ad attendere, pure allora, tante torce di legno
ed infine la luce della capanna e la tanica
d’acqua piovana riscaldata a tuffarcela den-
tro, allora come ora, al compimento dei suoi
sedici anni. Una tanica d’acqua è stata con-
servata per lei come regalo e sul finire della
musica dei tamburi un tuffo a sedersi nel le-
gno circolare della tanica a farla sentire rina-
ta.
L’alba della partenza giunge e Himalaya salu-
ta tutti e non si volta più indietro, ha allenato i
suoi piedi per mesi nelle notti di duna deserti-
ca per riuscire a sentire tutta la strada nelle
piante dei suoi piedi.
Il tempo del viaggio non si conta, si registra
solo l’arrivo.
“ Ecco l’archè!” sono arrivata Sally.
Sono arrivata a casa tua, adesso mi laverò e
conoscerò il tuo mondo, questa non è una ta-
nica d’acqua, e quindi mi chiedo : “Sarò ab-
bastanza forte per nuotarci dentro?”
La risposta me l’hai data tu qualche anno fa,
sei giunta dalla cascata al deserto e io ho fatto
l’inverso, tu ti sei asciugata al mio sole, io mi
bagnerò nella tua acqua.
I pochi vestiti di Himalaya vengono raccolti
su una roccia di fianco alla base della cascata.
Himalaya resta ancora qualche momento da
sola nuda e con gli occhi chiusi a respirare il
vapore dell’acqua che sale nelle sue narici,
quando è al termine della sua caduta libera.
Himalaya inizia a bagnarsi i piedi si spinge
lentamente nell’acqua. L’ansia la prende alla
gola - tanta acqua non l’aveva mai vista in vi-
ta sua - resta ferma mentre la voce della pau-
ra le parla, le urla di uscire. - esci da questa
massa d’acqua, tu non sei pronta - , quest’ ac-
qua pensa ingombra e annebbia la mente : -
come può esserci tanta acqua in un luogo solo
e dove non c’è nessuno?-
La mente ricorda Sally e tutto cambia e le
viene da sorridere, allarga le braccia ed inizia
a nuotare, i piedi si muovono e danno la spin-
ta al corpo nell’azione di muoversi. Qualche
bolla d’acqua le arriva alla bocca e lei la in-
goia, tutto inizia a diventare più facile e anche
più accogliente.
Il suo corpo si solleva a galleggiare ed è natu-
rale come la devastante ed immensa natura
che galleggia nei suoi occhi, mentre osserva
in giro, libera finalmente della sua paura –
quanta acqua! È troppa acqua!-
Sulla riva di quella cascata giungono voci in-
distinte di giovani, tutti in fila per la loro e-
scursione nella natura, notano i vestiti di Hi-
malaya e si chiedono chi sarà mai quella pelle
nera che nuota nella cascata.
Himalaya li osserva ed attende che la fila di
giovani in escursione la lasci di nuovo sola e
quando di nuovo si ritrova sola, prende i suoi
abiti e si riveste.
E’ giunta l’ora, è arrivata a destinazione, tutti
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 35
la osservano, lei si pone all’inizio della gran-
de sala e parla :
Discorso al mondo
Sono io Himalaya
vengo a parlare di vita
vengo a parlare di sabbia
vengo a parlare d’acqua
Sono io Himalaya
sono cresciuta per venire qui da voi
sono cresciuta per arrivare qui oggi
sono cresciuta per dirvi
che l’acqua è la vostra tanta vita
che l’acqua è la nostra poca vita
Sono io Himalaya
ringrazio tutti i galantuomini presenti
che hanno sentito il bisogno di parlare di noi
e poi tacere il giorno susseguente
Io sono Himalaya
ringrazio e dissento da tutti questi galantuomini
che parlano con me e poi dimenticano chi sono
Io sono Himalaya e sono acqua nel deserto
Io sono Himalaya e ho la faccia scura colora-
ta dal sole
e ho il cuore di ghiaccio cristallizzato
sento la goccia d’acqua che scivola dentro
questo ghiaccio spacca il silenzio del mondo
questo mondo fatto di tutto
che non possiede niente
guarda il nero della mia faccia
guarda il giallo sulla mia pelle di deserto
vedi
Io sono finalmente la Tua condanna “Mondo
Potere”!
Filomena Iovinella Torino
Primo Premio (Sezione E) al Città di Pomezia
2013.
Filomena IOVINELLA, nata a Frattaminore in provincia di Napoli, vive a Torino. Scrive da qual-
che anno. Racconto pubblicato Traccia di vita
2012; prossima pubblicazione, racconto Il ritorno di Stefano 2013. Si interessa di filosofia e di sociolo-
gia da autodidatta, legge classici e contemporanei,
segue da quasi due anni un blog dal titolo “gli indi-stinti confini” da lei creato.
Il drammatico destino de
LA CONTESSA LARA,
raffinata scrittrice di fine Ottocento di Elisabetta Di Iaconi
A sterminata produzione letteraria di
questa valente poetessa, scrittrice e
giornalista, molto apprezzata ai suoi
tempi (ma quasi dimenticata nello scorso se-
colo), ci riserva ancora sorprese. Il recente
rinvenimento di un folto epistolario dell’ esta-
te 1896, scritto dalla Liguria a colui che, di lì
a poco, sarebbe divenuto il suo assassino, ri-
vela aspetti di una personalità emancipata e
libera, confermando le sue doti di narratrice,
nonché di giornalista affermata. Scrisse per il
“Capitan Fracassa”, per il “Corriere di Ro-
ma”, per il “Fanfulla della Domenica”, per
“Roma letteraria” e per “La vita italiana”.
Conobbe tutti i grandi scrittori dell’epoca:
Capuana, D’Annunzio, Scarfoglio, Matilde
Serao. Fa parte di diritto della narrativa italia-
na tra Ottocento e Novecento, anche per la
consacrazione di Benedetto Croce (in “Lette-
ratura della Nuova Italia”). A mezzo secolo
dalla sua morte, fu definita da Luigi Baldacci
“la massima poetessa italiana dell’ Ottocen-
to”. A più riprese le si dedicarono studi criti-
ci ( e persino una fiction televisiva in due
puntate su RAI 1 nel 1975). Un recente arti-
colo di Renato Minore su “Il Messaggero”
reca il titolo “La poesia insanguinata”. Infatti
non si può prescindere della biografia di que-
sta “femme fatale”, per comprendere, non so-
lo la sua tragica esistenza, ma anche la sua
eccezionale carriera letteraria. Il suo nome d’
arte derivava dal poemetto “Lara” di George
L
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 36
Byron, ma il suo vero nome era Evelina Cat-
termole, figlia di Guglielmo, uno stravagante
artista di origini scozzesi, ex-console a Can-
nes, e della sua terza moglie, Elisa Sanduch,
pianista precocemente scomparsa. Questo
grande dolore la accompagnò dall’ adole-
scenza per tutta la vita. Evelina nacque a Fi-
renze nel 1849. Crebbe tra musica e poesia
nei salotti della buona società. Nei ricevimen-
ti di Laura Beatrice Oliva, moglie di Pasquale
Stanislao Mancini, s’innamorò del figlio di
Stanislao, il tenente Eugenio. Quando quest’
ultimo tornò dalla campagna di Roma, nel
1871, fu celebrato il matrimonio; ma, dopo il
trasferimento degli sposi a Milano (ove Eve-
lina frequentò gli ambienti della scapigliatu-
ra) l’unione naufragò, perché la giovane don-
na (una bionda “bambola di Norimberga” se-
condo la definizione di Matilde Serao) tradì il
marito con Giuseppe Bennati di Baylon. Il
Mancini lo sfidò a duello il 17 maggio 1875
e lo colpì mortalmente. Seguì il processo e
Mancini fu assolto. I coniugi si separarono e
ben presto Evelina si trasferì a Roma, ove le
si aprirono le porte dell’ambiente giornalisti-
co e dove iniziò la serie dei suoi amori (col
catanese Mario Rapisardi, col giornalista Ce-
sareo). Era già nota per le sue sillogi di poe-
sia. A soli 18 anni aveva composto la raccolta
“Canti e ghirlande” (forse riveduta dal poeta
Francesco Dall’Ongaro). Ebbe immediato
successo la sua seconda opera di poesia
(“Versi” del 1883), cui seguirono “E ancora
versi” 1886 e “Nuovi versi” 1897 postuma.
L’elenco di novelle e articoli giornalistici è
lunghissimo. La buona società del tempo at-
tendeva ansiosamente i suoi “pezzi” mondani,
di moda e di galateo. Si leggevano con inte-
resse anche i suoi romanzi (“Una famiglia di
topi”, 1891;”L’innamorata”, 1892; “Compa-
gni di sventura”, 1892;”Storie d’amore e di
dolore”, 1893; “Il romanzo della bambola”,
1895). Proprio per una serie di illustrazioni,
Evelina conobbe il pittore Giuseppe Pieran-
toni e iniziò una relazione che andò avanti tra
gelosie e scenate, finché nell’agosto 1896 la
scrittrice si recò in Liguria. Nel frattempo il
Pierantoni restò a Roma, per affrontare un
concorso e per governare il nutrito zoo della
sua amante (uccelli, cani, gatti, conigli) nell’
elegante mezzanino di Via Sistina, 27. Solo
in ottobre la scrittrice tornò a casa. Le ragioni
dell’assassinio (il 30 novembre 1896) non so-
no del tutto chiarite, ma Evelina fece in tem-
po a dire:”Assassino, l’ha fatto per interesse,
soltanto per interesse”. Il colpo di pistola all’
addome provocò una grave ferita e un’agonia
di 24 ore. Pierantoni fu condannato a 11 anni
e 8 mesi. La sostanziosa eredità della Contes-
sa Lara fu dispersa dai disonesti amministra-
tori del suo patrimonio e nessuno pensò di
darle una tomba decorosa. Fu sepolta nel
campo dei poveri e finì nella fossa comune.
Le ultime lettere di questa donna infelice so-
no “un torrentizio flusso che trasmette un in-
sopprimibile flusso vitale” scrive Bianca Ma-
ria Frabotta nel documentato saggio che in-
troduce l‘epistolario dall’agosto all’ottobre
1896, intitolato “L’ultima estate di Contessa
Lara”. Figura discussa, letterata famosa, di
tanto in tanto Evelina Cattermole riaffiora
dall’oblio. Chi scrive possiede il prezioso li-
bretto di versi della Contessa Lara (edizioni
Sommaruga,1883), che ha costituito uno sti-
molo per più approfonditi studi presso la Bi-
blioteca Nazionale. Spesso nelle sue liriche e
nelle lettere si trova il presentimento della fi-
ne, la sofferenza per la morte della madre, lo
sconforto per la mancanza di una famiglia af-
fettuosa. E’ commovente questo suo autori-
tratto:”Ella era una fantastica/ donna vestita
bruno/ che adorò i fiori/ i dolci canti e i ver-
gini/ sorrisi dell’infanzia./Ha pianto molto/ e
non la pianse alcuno”.
Elisabetta Di Iaconi Roma
Primo Premio (Sezione F) al Città di Pomezia
2013. Elisabetta DI IACONI (coniugata Salati), romana
del quartiere Flaminio.Ha conseguito la laurea in
Lettere presso l’Università “La Sapienza”. Il primo nucleo dei suoi studi sul poeta romanesco del Sei-
cento Giovanni Camillo Peresio nasce come eserci-
tazione sui pre-belliani, assegnatale dal compianto professor Carlo Muscetta. Tale studio è diventato
poi un saggio (pubblicato dall’editore Rendina di
Roma nel 1997), soltanto dopo il suo collocamento in pensione dall’insegnamento delle materie lettera-
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 37
rie presso la Scuola Media Statale (dal 1964 al
1995). Fin dal 1970, collabora alla prestigiosa rivi-
sta letteraria “Sìlarus”, fondata dal poeta Italo Roc-co. Scrive anche per “Pomezia-Notizie”, “Voce
Romana”, “Romanità”. Ha pubblicato, oltre al lavo-
ro su Peresio, “Quel fremito antico…” (Raccolta di poesie in lingua; Nuova Impronta, Roma,2002); il
romanzo per la gioventù “Un enigma di quartiere”
(Nuova Impronta, Roma, 2003); una grammatica essenziale della lingua italiana (in collaborazione
con Laura Pedone; Editoriale Scientifica, Napoli,
2003). Le sue poesie in romanesco sono comparse su “Voce Romana”, “Voci dialettali” “Romanità” e
“Pomezia-Notizie”; sono state pubblicate nel vo-
lume “Er celo s’arischiara”, con l’editrice L’aura di Roma, infine ha pubblicato il quaderno letterario
“La chiave ignota”. Per la sua attività letteraria ha
ottenuto numerosi premi (a Pompei, a Pomezia, a Mattinata, a S. Felice sul Panaro, a Nocera Superio-
re, a Nola, a Salerno, ecc.). E’ socia del Centro
Romanesco Trilussa, frequenta il caffè dei poeti e il gruppo di poeti diretto da Sandro Bari. E’ iscritta
all’Associazione Nazionale Poeti e Scrittori dialet-tali e al Centro Studi Belli. Partecipa con entusia-
smo, sia ai convegni del Centro Belli (che si tengo-
no a Roma), che a quelli dell’Associazione Nazio-nale Poeti e Scrittori dialettali (nei vari luoghi ita-
liani ove vengono organizzati).
“IL SUBLIME E ‘L PEREGRINO”
Di alcuni latinismi nelle
«Lettere» del Tasso di Francesco Martillotto
razio Lombardelli, nel Discorso in-
torno ai contrasti che si fanno sopra
la Gerusalemme liberata, sintetiz-
zando in 16 punti le accuse rivolte al Tasso
epico dall’Accademia della Crusca, rappre-
sentata da Lionardo Salviati, alla settima o-
biezione annotava che il linguaggio tassiano
«è mistura di voci e guise latine, pedantesche,
straniere, lombarde, nuove, composte, impro-
prie, appiastricciate e rendenti suoni da far ri-
dere».1 E, nei Discorsi dell’arte poetica, il
Tasso, per ribadire la peculiarità del latino
all’interno del suo stile ispirato alla gravitas e
sorretto da un «sostenuto aulicismo»,2 affer-
mava che il «sublime e ’l peregrino» nascono
dalle parole straniere, «da le traslate e da tutte
quelle che proprie non saranno», e tra le stra-
niere quelle prese dalla lingua «latina, pure
che a loro si dia la terminazione della favella
toscana».3
Nella prosa delle Lettere i latinismi, certa-
mente non così eccessivi come nella Libera-
ta, hanno comunque una funzione determi-
nante: la lingua classica è sentita, infatti, co-
me uno strumento di elevazione, di eleganza,
di solennità, di maestà a cui il Tasso tendeva
per il suo epistolario, anche se l’uso del lati-
no, dopo l’esaltazione umanistica del primo
Quattrocento, appare più misurato e si stabili-
sce quasi un programma di collaborazione tra
lingua classica e quella volgare. Bisogna però
distinguere, nelle Lettere, i latinismi grafici e
fonetici sui quali agiscono anche fenomeni
dialettali (ad esempio la consueta degemina-
zione settentrionale fa sì che legitimo 414 [si
cita il numero della lettera dall’edizione Gua-
sti, Firenze, Le Monnier 1852-55] e maritimi
28, sotto la protezione dell’archetipo latino,
abbiano molto consenso), quelli semantici (un
lemma conserva il significato che aveva nella
lingua classica), e poi quelli che osservano la
totale conservazione dell’originale quando si
tratta di una formula o enunciato ormai cri-
stallizzatosi.
Anche sul piano specificatamente struttura-
le alcuni schemi grammaticali propri della
lingua latina vengono inseriti nella prosa epi-
stolare. Il caso, conservato però in molti pro-
satori del Cinquecento, più esemplare, oltre la
complessità e il dipanarsi dei periodi che
hanno chiara ascendenza latina, riguarda le
proposizioni introdotte dai verbi di temere
che si costruiscono col «non» pleonastico.
Eccone qualche esempio: «E perché sospetto
che la cagion della tardanza non sia stata cu-
riosità...» 21; «e temo non forse ch’io ab-
bia...» 24; «Dubito ancora di non essere al-
quanto licenzioso ne le voci latine...» 24. An-
che qualche eccezione come in «ne’ quali te-
mo che vi siano» 35. Pure il verbo persuadere
è costruito alla latina: «a me non sarà persua-
so ch’io ci viva con minor sodisfazione» 770.
E il Tasso in una lettera del 1576 a Scipione
Gonzaga insiste sulle qualità ornamentali e
O
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 38
retoriche, proprie solo delle lingue classiche,
che non sono patrimonio della lingua volgare:
«Molte de le figure del parlare, ch’essi [De-
metrio e altri che parlan de lo stile] attribui-
scono come proprie a la forma magnifica di
dire non sono state ricevute da la lingua vul-
gare [...]. Non ha ricevuto, oltra ciò, questa
lingua la composizion de le parole ch’è ne la
latina e più ne la greca, non la trasposizion
tanto lodata da Aristotele, se non in poca par-
te» (77).
Il Tasso non fa solo uso delle citazioni lati-
ne e greche (quest’ultime in realtà brevissime
e in numero alquanto ridotto; e poi gli autori
greci sono citati preferibilmente da versioni
latine) ma, talune volte, modella le sue lettere
su esemplari classici, tanto che, nel caso della
lunghissima lettera consolatoria (questo è cer-
to l’esempio più macroscopico) a Dorotea
Geremia negli Albizi (la 749) si è parlato di
«plagio» per il ricalco della Consolatio ad
Apollonium, tramandata nel corpus delle ope-
re di Plutarco4. Ricordiamo ancora la lettera-
dissertazione (la 414) ad Ercole Tasso sul
matrimonio, nella quale la prosa diviene più
fluida, idillica e musicale, arricchita da deri-
vazioni, esempi, citazioni e parafrasi classi-
che (tra i greci, Euripide, Plutarco, Senofonte,
Antipatro di Tarso, Aristotele, Platone e, tra i
latini, Lucrezio, Stazio, Valerio Massimo,
Tacito), ma anche sul piano sintattico le ripe-
tute anafore (tu... tu; per te... per te; tu sei... tu
sei) sembrano richiamare il celebre inno a
Venere lucreziano (te... te; tibi... tibi)5, in un
crescendo che ribadisce la straordinarietà
dell’unione matrimoniale.
Più spesso nella prosa si inseriscono brevi
parafrasi di passi di autori classici, quasi dei
motti sentenziosi, che alzano il livello di lette-
rarietà, ma soprattutto tendono a configurarsi
come detti autoritari, come esemplificazioni
totalizzanti e definitive. Per lo più sono para-
frasi dal latino, vista la sua incertezza lingui-
stica circa il greco, ed emergono quando il
poeta parla di se stesso, quando il rapporto
con l’interlocutore diventa colloquio estro-
verso. Ora è la propria infermità che lo porta
a lamentarsi: «in altro tempo ed in altra fortu-
na avrei numerato questo giorno tra’ felici, e
segnatolo, come si dice con pietra bianca»6,
ora la confessione a Scipione Gonzaga gli fa
scrivere «niuna cosa umana stimo aliena da
me» precisando che sono parole dette da
Cremete7, oppure quando deve replicare alle
obiezioni del Lombardelli (Lettere, II, p. 451,
lett. 434) contro il suo poema confessa di es-
sere stato «audace per la gioventù» parafra-
sando Virgilio («carmina qui lusi pastorum
audaxque iuventa, / Tityre, te patulae cecini
sub tegmine fagi», Georg., IV, vv. 565-66).
Un esempio più cospicuo lo offre la lettera a
Ercole Tasso nella quale la fama viene trat-
teggiata secondo gli esempi degli antichi: «la
fama istessa, c’ha tanti occhi e tante lingue»
(Lett., II, p. 414, lett. 414) trae la sua origine
dalla descrizione di Virgilio, Aen., IV, vv.
181-83. Da Lucrezio proviene la similitudine,
assai sfruttata, di ungere con il miele gli orli
del bicchiere contente l’assenzio: «la mia [in-
tenzione] non fu cattiva, né dissimile a quella
di quei medici che ungevano di mele la bocca
del vaso nel quale si dava la medicina»8.
Non solo «imitazioni» di luoghi latini, ma,
per i paragoni, le opinioni, la citazione con-
serva spesso l’originale con il chiaro intento
di elevare il tono del discorso. La sua insod-
disfazione gli fa scrivere: «Di questa corte
almeno potessi dire ‘nobis Deus haec otia fe-
cit’9; scrivendo ad Orazio Ariosto ( lettera 94)
non negherà che «le corone semper florentis
Homeri (parlo del vostro Omero ferrarese)
non m’abbiano fatto assai spesso noctes vigi-
lare serenas », trasferendo su Ludovico Ario-
sto (è infatti lui l’Omero ferrarese) i versi lu-
creziani impiegati per descrivere Omero (cfr.
De rerum natura, I, vv. 124 e 142)10.
In sintesi, il sostrato culturale della lettera-
tura classica è una delle tessere di un ampio
mosaico linguistico che coniuga la tradizione
medievale con l’età rinascimentale. Gli auc-
tores conferiscono al volgare letterario una
dignità e un prestigio pari a quelli delle lingue
classiche.
Vediamo ora il quadro, non certo in manie-
ra esaustiva, degli autori latini e greci che in-
fluiscono sul lessico o quelli da cui il Tasso
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 39
attinge per le Lettere: naturalmente Virgilio,
il «divino poeta», con particolare rilevanza
per l’Eneide ( poema molto caro viste le mol-
tissime estra-polazioni nei Discorsi) e per le
Georgiche; dall’altro lato hanno una parte
preponderante Aristotele e Platone, e non po-
teva essere altrimenti avendo il Tasso studiato
a Padova con Carlo Sigonio e conoscendo lo
Speroni. La concezione filosofica dei due
pensatori greci ebbe un ruolo determinante
nel Cinquecento (il Tasso discute nelle lettere
delle traduzioni volgari della Poetica aristote-
lica procurate da Ludovico Castelvetro e da
Alessandro Piccolomini), ma soprattutto in-
fluenzò profondamente la poetica tassiana.
Parimenti importante è Omero con l’Odissea;
Cicerone citato spesso per le opere retoriche e
filosofiche ; Orazio, Ovidio, Properzio, Stazio
e Lucrezio sono i poeti dai quali maggiori so-
no le derivazioni; notevole è anche la cono-
scenza di Euripide e di Sofocle. Tra i prosato-
ri Plinio e Plutarco hanno il posto d’onore,
ma suggerimenti arrivano da Seneca, Livio,
Sant’Agostino (la lettera a Scipione Gonzaga
del mercoledì santo del 1579 è modellata,
nella sua parte religiosa, sulle Confessioni) e
Quintiliano. Non sorprende la sottile cono-
scenza delle opere di Ippocrate e dei medi-
camenti antichi, soprattutto del veratro «ossia
l’elleboro, che da Teofrasto a Plinio, da Di-
scoride a Celso, era per gli antichi il rimedio
per le crisi d’umor farnetico». Un altro topos
derivante dal mondo classico è quello del
controllo della memoria, che il Tasso diceva
d’aver molto debole («con la frenesia è con-
giunta una debolezza di memoria grandissi-
ma», Lettere, III, p. 74, lett. 676), specialmen-
te per i malati di melanconia.
Passeremo ora, brevemente, in rassegna i
latinismi grafici e fonetici sui quali bisogna
nutrire delle riserve, non essendo quella del
Guasti un’edizione critica e perciò talune
forme non rispecchieranno la corretta grafia
tassiana in quanto possono essere state altera-
te dagli stampatori o risentire dello scempia-
mento di tipo padano. Fatta questa premessa
eccone una serie esemplificativa: legitimo
414, parasito 1101, fabro 651, republica 129,
machina 824, consequenza 60, 94; imagine
45 per le consonanti scempie; per i gruppi
consonantici: absenza 1202, 1324; subdivi-
sione 434, conscienza 1345, instrumenti
1526, rapto 94; per il dittongo au: laude
1037, fraude 27, audienza 1307, tauro 94; per
lo scambio o/u: vulgo 40, suggetto 1139 e su-
bietto 211, ridutto 54, periculo 765, spelun-
che 414; per il consonantismo: giudicio 970,
indicio 14, secreto 1355, lassare 27, arbore
37, 80.
Per completare l’elenco va detto però che,
tranne per le consonanti scempie, le altre ca-
tegorie presentano più volentieri delle oscilla-
zioni con forme graficamente corrispondenti
a quelle correnti. Prendiamo ora in esame la
serie più cospicua e più interessante, cioè i la-
tinismi semantici e lessicali: adusto 88 adope-
rato nel Quattro-Cinquecento col significato
di ‘arso’, ‘bruciato’ [il Tasso lo aveva impie-
gato dapprima nel verso «e i duo che manda
il nero adusto suolo» e poi mutatolo in « e i
duo che manda il più fervente suolo» (GL,
XX, 23, v. 6)]; amaritudine 665, 716, 749,
770 è consueta per i testi antichi (nel Deca-
meron); appo 109, 1560 è usato qui col signi-
ficato di ‘presso’ come in latino (cfr. Dante,
Inf., XVIII, v. 135), ma nella Liberata com-
pare anche col significato meno corrente di
‘in confronto a’ («Rispose l’indo fero: - Io mi
son uno / ch’appo l’opre il parlare ho scarso e
scemo», XVII, 51, vv. 1-2); augumento 52,
già del Guicciardini (cfr.Ricordi, p.
CXXXIX, ed. Spongano); caligine 123, 471,
già di Dante, Purg., XI, v. 30, e Ariosto, OF.,
XXXIV, 7, v. 2; XXXIV, 44, v. 3, ricorre sei
volte pure nella GL; contenzione 25; curule
1561 nel senso comune di ‘sedia curule’; cu-
pido 144, 521 ‘bramoso’, spesso usato nella
Liberata («Or tien pudica il guardo in sé rac-
colto, / or lo rivolge cupido e vagante», IV,
87, vv. 5-6 che è calco dantesco, cfr. Purg.,
XXII, vv. 154-55); egro 123 ‘infermo’ che
ebbe una favorevole fortuna nel Rinascimen-
to grazie proprio al Tasso che lo adoperò so-
vente nella Liberata11, ma aveva già la forte
spinta esercitata dal modello petrarchesco; la-
tèbra 124 ‘nascondiglio’; mancipio 295 qui
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 40
nel significato meno comune di ‘schiavo’,
mentre solitamente significa ‘proprietà’ o
‘possesso’ (cfr., «vitaque mancipio nulli da-
tur, omnibus usu», Lucrezio, De rerum natu-
ra, III, v. 971); oblivione 634, 770, 806, 809,
88, forma usata dal Tasso solo in prosa, ma
cfr. pure OF., I, 21, v. 4; obumbrazione 1139
‘tenebra’ o ‘oscuramento’, anche in Boccac-
cio (cfr. Dec., V, 1, 22) per cui il Branca lo
definisce un «latinismo più biblico che classi-
co»; ossidioni 14 ‘assedi’; oste 32, 37 ‘eserci-
to’, spesso nella Liberata (cfr. XIII, 12, v. 5 e
XIV, 2, v. 8), così come è largamente adope-
rato nei testi antichi; prodotto 1005 ‘genera-
to’ («nel cui Regno io mi gloriava d’essere
stato prodotto»); propinquità e procerità
‘grandezza del corpo’ 14; propulsare 988 ‘re-
spingere’ («a me non sarebbe lecito di pro-
pulsarla»); pugna 32, 299 che ha attecchito
anche come voce poetica (« Ed or ch’arde la
pugna ...», GL, IX, 25, v. 7); pèlago 320,
palma 94 ‘vittoria’; repulsa 691, 767, 1148,
1162 (ripulsa 351); sospizione 2, 102, 1027
ampiamente documentata anche nella Libera-
ta, ma pure nel Boccaccio e nel Guicciardini
la forma latina incontra un certo favore; salù-
bre 124, temenza 123, molto comune in Dan-
te e Petrarca, cfr. pure la ballata del Decame-
ron, X, 7, 21, ma soprattutto nella poesia del
Tasso, con nove occorrenze nella GL, una nel
Rinaldo e nell’Aminta, tre nel Torrismondo;
vestigio 1015 (cfr. GL, XII, 82, v. 6).
Non segnaliamo i tanti vocaboli che hanno
prefisso o suffisso latino in quanto erano pa-
trimonio lessicale già della tradizione lettera-
ria alla quale Tasso ha attinto, ma solo alcune
forme che il volgare ha fatto proprie in
special modo per la poesia rinvenibili nella
prosa epistolare: cuna 133, invitto 1010, rui-
na 991, 1362 (parola così cara al Tasso), reo
2, aere 749, copia 327 ‘abbondanza’, imperio
14, reina 124, canuto 962.
Francesco Martillotto Lago, CS
NOTE: 1 Le sedici accuse rivolte al Tasso epico si leggono integralmente in Controversie sulla Gerusalemme
liberata in T. TASSO, Opere, a cura di G. Rosini,
Pisa, Capurro 1821-1832, vol. XIX, p. 14 [le Con-
troversie occupano i voll. XVIII-XXIV (1827-28)
delle Opere]. Cfr. anche R . M. RUGGIERI, Aspetti
linguistici della polemica tassesca, «Lingua no-stra», VI, 1944-45, pp. 44-51; Tasso contro Salvia-
ti, in B. T. SOZZI, Studi sul Tasso, Pisa, Nistri-
Lischi 1954, pp. 217-256; M. SANSONE, Le po-lemiche antitassesche della Crusca, in AA. VV.,
Torquato Tasso, Milano, Marzorati 1957, pp. 527-
574. 2 Cfr. F. ROMBOLI, Aspetti del linguaggio poetico
del Tasso, «Critica letteraria», VII, 1979, pp. 631-
651: 636. Per citare qualche esempio richiamato dal Romboli sull’uso dei latinismi, il Tasso dirà «in-
strutte» per schierate a battaglia (GL,VII, 83, v. 3),
«palma» per vittoria (GL, VII, 119, v. 8), «pugna» per battaglia (GL, VI, 54, v.1), «atro» per nero (GL,
XVI, 68, v. 3).
3 T. TASSO, Discorsi dell’arte poetica e del po-ema eroico, a cura di Luigi Poma, Bari, Laterza
1964, p. 45. Lo stesso Tasso temeva però di aver
ecceduto nell’uso delle voci latine nella Liberata (cfr. Lettere, cit., I, p. 63, lett. 24) e, a tal proposi-
to, nel dialogo Il Carrafa (1584) di Camillo Pel-legrino si legge: «Car. Che direm delle voci latine
che il Tasso ha sparso in tutto il suo poema? Att.
Che altro, se non quel che ne dice Aristotile, che all’epico poeta è solo concesso di usar voci stra-
niere, intendendosi più che agli altri?» (in Trattati
di poetica e retorica del Cinquecento, a cura di B. Weinberg, Bari, Laterza 1970, III, pp. 307-344:
333).
4 Cfr. E. PROTO, Un curioso plagio di Torquato Tasso, « Studi di letteratura italiana», IV, Napoli,
1901, pp. 167-185. La stessa consolatoria tassiana è
integrata con fitte derivazioni dal primo libro (de contemnenda morte) delle Tusculanae disputatio-
nes di Cicerone e prestiti dal Canzoniere di Petrar-
ca. 5 Cfr. De rerum natura, vv. 1-43. Questi procedi-
menti retorici trovano ampio spazio nella Liberata,
come in: «Te perseguii, te presi, e te lontano / da
l’armi trassi» (XVI, 45, vv. 7-8).
6 T. TASSO, Lettere, cit., IV, p. 111, lett. 1032.
Questo topos è del modo latino, cfr. almeno CA-TULLO (Carmi, LVIII, v. 150: «Quem lapide illa
diem candidiore notat»).
7 T. TASSO, Lettere, cit., II, p. 37, lett. 123. Il Cremete di cui parla il Tasso è il personaggio dell’
Heautontimoroumenos (Il punitore di se stesso) di
Terenzio ed è lui che pronuncia «Homo sum; hu-mani nihil a me alienum puto» (atto I, scena I, v.
77).
8 T. TASSO, Lettere, cit., II, pp. 248-49, lett. 259. Il concetto lucreziano (cfr. De rerum natura, I, vv.
936-42) è reiterato nella protasi della Liberata
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(«Cosí a l’egro fanciul porgiamo aspersi / di soavi
licor gli orli del vaso: / succhi amaro ingannato in-
tanto ei beve, / e da l’inganno suo vita riceve», I, vv. 5-8).
9 In questa affermazione anticortigiana (Lettere,
V, p. 105, lett. 1400) riprende VIRGILIO, Bucoli-che, I, v. 6. Nell’Aminta il medesimo verso servi-
rà per lodare il duca Alfonso II d’Este: «O Dafne,
a me ques’ozii ha fatto Dio: / colui che Dio qui può stimarsi» (T. TASSO, Aminta, a cura di B. T.
SOZZI, Padova , Liviana 1957 [poi in T. TASSO,
Opere, Torino, UTET 19743], atto II, scena II, vv. 994-95). La stessa citazione, sempre in latino, ri-
corre nella lettera a Clemente Langieri (Lettere,
III, p. 55). 10 La citazione lucreziana (il semper florentis
Homeri) è ancora presente nel Cataneo overo de
gli idoli («I fiori de la poesia sogliono essere per-petui; però qualunque si fosse quel poeta de’ vo-
stri il qual chiamò Omero sempre fiorito, usò bel-
la e convenevole traslazione», Dialoghi, a cura di E. Raimondi, Firenze, Sansoni 1958, 3 voll., 4
tomi, II, p. 689). Il Tasso, d’altronde, fu attento lettore di Lucrezio come testimoniano le fitte po-
stille ad un’edizione del De rerum natura. Per i
testi chiosati dal Tasso, cfr. A. M. CARINI, I po-stillati «barberiniani» del Tasso, «Studi tassiani»,
XII, 1962, pp. 97-110; sulle riprese lucreziane in
Tasso, cfr. M. T. FAVERO, Echi lucreziani nel Tasso, «Studi tassiani», VII, 1957, pp. 75-83 e in
generale B. BASILE, Follia e ragione: Tasso let-
tore di Lucrezio, in ID., Poëta melancholicus. Tradizione classica e follia nell’ultimo Tasso, Pi-
sa, Pacini 1984, pp. 65-101.
11 Cfr. R. M. RUGGIERI, Latinismi, forme etimo-logiche e forme «significanti» nella Gerusalemme
liberata, «Lingua nostra», VII, 1946, p. 79.
F. Martillotto
2° Premio (Sezione F) al Città di Pomezia 2013.
Francesco MARTILLOTTO (1972) è laureato in
Lettere Moderne presso l’Università della Calabria
dove ha conseguito anche il dottorato di ricerca in
“Scienze letterarie, retorica e tecniche dell’ inter-pretazione” (XVI ciclo). Nella stessa università, ha
prima collaborato con la cattedra di Letteratura ita-
liana come cultore della materia tenendo vari semi-nari, poi è stato docente a contratto presso Scienze
della Formazione Primaria. Docente di ruolo, ha
pubblicato una monografia ed alcuni articoli sul Tasso (specialmente su Studi tassiani); altri articoli
su Severino Ferrari, l’umanista Flavio Biondo,
Montale ed Hesse. Ha partecipato a vari convegni e seminari su autori ed opere della letteratura italiana.
DIALETTICA TRA CULTURE di Silvana Andrenacci Maldini
L periodico Dialettica tra culture - IX°
Anno N° 2 - 2012 - è più interessante del
solito. Il 1° articolo della scrittrice Silva-
na Folliero: “S. Agostino populista?” fa riflet-
tere sulla necessità di quel rigore ormai per-
duto di civiltà e di costumi.
Di S. Agostino - irresistibile polemista - n.
Tagaste 13/XI/354 m. 28/8/430 Ippona - qui-
vi Vescovo dal 396, Silvana conosce la mera-
vigliosa potenza del suo intelletto. Quella del-
la N. non è una biografia ma un accenno alla
Confessioni e ad altri volumi del Santo. Da
manicheo a cristiano, da dissoluto a penitente,
l’umiltà fu per Agostino fondamento della
perfezione cristiana: con il Timore, la Pietà,
la Scienza, la Fortezza, il Consiglio,la Purifi-
cazione del cuore, la Sapienza.
Riscontriamo nelle parole di Silvana: “la
conoscenza della “centralità di filosofia” oggi
diremmo cosmica, di Agostino, è l’unitarietà
del Creato della Storia Universale - in parti-
colare dello storico cammino umano... Feno-
menologia di una civiltà millenaria che muo-
re, l’Impero Romano... Ed un altro impero
che fiorisce e crescerà sulle sue rovine, la
Chiesa Cattolica-Romana...” “Il volume La
città di Dio è un’opera grandiosa... il lin-
guaggio agostiniano penetra nel nostro essere
- una volta conosciuto non ci lascia più.”
Il Vescovo di Ippona, dopo l’Editto di Co-
stantino il Grande, poté redimere liberamente
le anime assetate di verità. Doloroso fu per
Lui l’arrivo dei barbari di Alarico, distruttori
di Fede, Civiltà, Arte. Il Santo rimpianse a-
maramente le cure straordinarie di Roma per
lo strategico porto di Cartagine e della Regio-
ne, tutta. Sul volume Le Confessioni di S. A-
gostino, notiamo una preghiera: “Tu, Dio mi-
o, sei nel cuore di coloro che ti confessano e
si abbandonano a te e piangono nel tuo seno e
tu tergi le loro lacrime - perché sei Tu o Si-
gnore, che pur non essendo un uomo fatto di
carne e sangue, TU li ristori e li consoli!”
Dalla Vita cristiana le preziose similitudini:
“L’uva è attaccata alla vite e l’oliva all’ albe-
I
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 42
ro, e finché rimangono attaccate ai loro rami,
godendosi l’aria libera, l’uva non è vino, e
l’oliva non è olio, e ciò fino alla pigiatura e
alla spremitura.
Così sono gli uomini che Dio - da tutta l’
eternità - ha predestinati ad essere conformi
all’immagine del Figlio Suo, il quale spe-
cialmente nella sua Passione, fu il grande
grappolo spremuto.”
Con il 2° articolo Un frate sul ring, Silvana
Folliero ci comunica l’esegesi di Giovanni
Jasi, monaco conventuale definendolo “un
polemista ferrato socio-politico”, “polemica
che vale quanto una preghiera”. Per capire di
più parlerò del suo libro che, inatteso, mi ha
donato. E’ un libro dialettico, facile, moder-
nissimo nel linguaggio, difficile per chi non
ha orecchi d’anima, per chi non è abituato a
parlottare con se stesso... Comunque sia il la-
voro di G. J. è pubblico e noi lo abbiamo letto
e ne parliamo. E’ un esempio di come la
Chiesa cristiana cattolica potrebbe - volendo -
ricominciare la sua civiltà millenaria, entrare
interiormente nel - e - sul Ring e lottare per la
nostra Società in preda ad una crisi profonda.
Il Comitato di Redazione del periodico
“Dialettica tra culture”, è formato da insigni
letterati, ma è a Silvana Folliero che dobbia-
mo l’originalità dei temi prescelti.
Silvana Andrenacci Maldini Roma
Selezionato (Sezione F) al Città di Pomezia 2013. Nata a Roma il 28 novembre 1924, Silvana AN-
DRENACCI MALDINI ha lavorato come Segreta-
ria d’Azienda, coltivando sempre, però, la poesia -
in particolare, sia in lingua che in dialetto -, la sag-
gistica, la narrativa e la ricerca storica; ed è proprio
quest’ultima che le ha suggerito opere come Enea e Didone (1994), La raggion de Stato (2002), File-
mone e Bauci (ed altri elaborati) del 2004. E mem-
bro di alcune Accademie, collabora a periodici e ri-viste, ha vinto premi e ricevuto tantissimi ricono-
scimenti. Sue poesie - anche in lingua francese - e
suoi scritti figurano in importanti antologie. Tra le opere pubblicate si ricordano, ancora: Itinerari
(1991), La luce della speranza (2004), Incontri
d’amore... (2006), Il flauto dell’anima (2005), Di-segnati cammei d’arte e mestieri (2008, insieme col
marito Ennio Maldini), Favolisti romani (2012, as-
sieme al marito Ennio Maldini).
FILEMONE E BAUCI di Caterina Margheri
ELLA prima di copertina si legge il
titolo “Filemone e Bauci” (ed altri
elaborati). Così pure la poesia in dia-
letto romanesco dedicata dalla N. al coniuge
poeta artista Ennio Maldini in arte Maldén ti-
tolata “Tu diggita pe me parole sante”.
Filemone e Bauci è uno dei più conosciuti
racconti mitologici di Ovidio - tutti composti
in esametri -, inserito nell’VIII Libro delle
Metamorfosi. Il Prof. Giorgio Carpaneto, nel
suo giudizio critico su Voce Romana Febbra-
io 2003 relativo ai poemi dell’Andrenacci, ha
definito l’arte della poetessa: scaltrita. In ef-
fetti la N. sa coniugare brevità fluida e incisi-
va con espressioni ricche di sentimento e
cromatismo. Altra sua pregevole dote è quella
di saper indagare nel significato di un testo
letterario.
Gli anziani coniugi del piccolo villaggio
della Frigia, grandi nella loro umiltà e gene-
rosità, ospitano senza alcun sospetto Giove ed
Ermete facendo sfoggio di incredibile buon
cuore. E come Ovidio narra delle tre meta-
morfosi operate dagli Dei a favore degli ac-
coglienti sposi è anche indiscutibile la caratte-
ristica personalizzazione del famoso testo
classico con vocaboli e detti eminentemente
romaneschi. “E Bauci e Filemone vecini/in
morte nati come cerqua e tijo/ciavrorno fiori,
gemme, cardillini.”
Noi ben sappiamo che nell’opera totale (15
Libri) di Ovidio tema precipuo è la teoria del-
la trasmigrazione delle anime elaborata dal fi-
losofo e matematico Pitagora. L’unità di a-
zione nelle opere immortali di Omero e Vir-
gilio è, in Ovidio, magico flusso ininterrotto e
armonioso di episodi e immagini.
Le modeste creature della Frigia esprimono
il desiderio di morire insieme salutandosi sor-
ridenti, desiderio esente di avidità di denaro
od altro, mirando solo all’unione in morte
N
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 43
senza sofferenze. Per opera degli Dei la cop-
pia si trasforma addirittura in due alberi ricchi
di nidi e fiori. “Prima all’una, poi all’artro
co le fronne/sur grugno jé crescetteno le
chiome/de l’arberi e le rame da diffonne.”
Ovidio, dal doloroso esilio di Tomi sul Mar
Nero, non poteva prevedere il conforto e il di-
letto che attraverso i secoli, avrebbe procurato
il più innocente dei suoi racconti ellenistici.
Negli “Altri elaborati” di ottima ispirazione
troviamo odi in quartine oppure in settenari
ed endecasillabi, inoltre vari sonetti di splen-
dida fluidità.
A prescindere dagli argomenti storico-
drammatici (Attilio Regolo e Io... Annibale)
giocoso-ironici (Er tranello - Giuochi ar mare
co la penitenza) sono proprio i contenuti eco-
logici di varie poesie ad avvicinarci alle Me-
tamorfosi! Nel Miele divino e L’ impollinaz-
zione notiamo, ad esempio, messaggi di tra-
sformazioni naturali ancestrali!” Il miele, ef-
fluvio di fiori, argomento di Virgilio, Plinio,
nutrimento di Giove infante, non può non i-
spirare poesia.
Il sonetto elegiaco Verso la perfezzione de-
dicato a Maldén ancora in vita, è anch’esso
simbolo di metamorfosi... Stima, rispetto,
scambio d’amore, sono base sicura della con-
vivenza della coppia le cui affinità elettive
guidano il rapporto alla compiutezza. La
Prof.ssa Stefania Porrino, Autrice drammati-
co-musicista-drammaturgo in merito ai poemi
di Silvana scrive: “Saggezza, distacco, ironia,
e una vena di malinconica tenerezza, ecco
dunque gli ingredienti della poesia di Silvana
che sa narrare in modo schietto di Storia, Mi-
to, leggenda come si parla di vita, di gioie, di
dolori, di quel che accade ogni giorno intorno
a noi.”
Girovagare il Peloponneso stanca i viandan-
ti Giove ed Ermete; la trasformazione dell’
acqua nel vino suggerisce alla N. logici acco-
stamenti. La semplicità dei due anziani nell’
offrire agli Dei una ochetta è riferita e perso-
nalizzata dalla poetessa. “Ma vorzeno propo-
ne: “Mo, ‘stavorta/portatevela via ‘sta bella
ochetta”/Giove je fa: “Qui resterà ma scior-
ta.” - Dice - “A noi spetta gastigà l’ odio-
si/che ce negorno l’ospitalità/Voi venitece
appresso pe scalà er monte/E queli stracchi
ma curiosi/”Pe Sammucchione!” disseno li
sposi/... Come dire perdindirindina.
I coniugi dopo il miracolo del vino assisto-
no alla sparizione della loro casa e l’ergersi
del Tempio di cui saranno custodi. Passa an-
cora del tempo ma giunge l’ora attesa. La 3a
metamorfosi conclude una esistenza d’amore
e di assistenza reciproca. “E sulla scorza che
cropì le facce/c’è ancora inciso er core assie-
me ar nome/ricordo dorce ch’ha lassato trac-
ce.” L’incisione del nome sul tronco è inven-
zione di Silvana che rende sua l’elegia coniu-
gale di Ovidio - in onore e in ricordo di una
felicità perduta che le procura profonda emo-
zione tanto da creare opere d’arte!
Caterina Margheri Ladispoli, RM
Selezionato (Sezione F) al Città di Pomezia 2013.
L’INASCOLTATA VOCE
DEL DESERTO di Giuseppina Taddei
LLA vigilia della Festa di San Gio-
vanni Battista, noi Romani mangia-
mo le lumache con il sughetto pic-
cante. Ci siamo, è notte corta!! Allontaniamo
le streghe dalla vita!!
Domani, sulla Piazza, godiamoci il sole che
il sangue prigioniero, lo sentiremo bollire nel-
le vene. Il Solstizio pagano e cristiano ci ri-
corda un passato corrotto - ma la Voce del de-
serto vicina al Signore, ci sta preparando la
dignità desiderata.
E come noi non scordiamo usi, tradizioni,
costumi, del popolo romano, così non pos-
siamo accantonare la potente prosa Erodiade
di Gustav Flaubert risalente al 1877. Anche
Oscar Wilde si distacca dal racconto evange-
lico di S. Marco Cap. VI, con l’unico atto in-
titolato Salomè. La fanciulla innamorata di
Giovanni, insiste nell’offrirsi al Santo che in-
vece la respinge con fermezza.
Dunque non è la mamma di lei a suggerirle
A
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 44
di chiedere a Erode la testa del Precursore di
Gesù, ma è la vendetta morbosa della danza-
trice che vuole il martirio del Battista. Nel
dramma si respira il veleno e le voglie smo-
date che contrastano con il linguaggio inge-
nuo di O. W. Egli aveva studiato da ragazzo
la lingua francese, una volta famoso per i testi
teatrali, racconti, romanzi etc., visitò anche
l’Italia. Essendo nato a Dublino, simpatizzava
per il Cattolicesimo, pertanto non trascurò di
salutare il Papa. Wilde scrisse la tragedia Sa-
lomè in lingua francese per onorare l’Italia e
gli Italiani con una lingua d’oltr’Alpe altret-
tanto latina. Fra gli Autori abbiamo rammen-
tato un genio del teatro classico a cui non di-
spiacquero i colpi di scena plautina. Chi sfrut-
tò a suo modo il tema evangelico, fu Jules
Massenet affermatosi con la sua Erodiade nel
1881 a Bruxelles. Giovanni Testori, nel 2010,
presentò al Teatro Olimpico di Vicenza, il
Monologo (Erodiade) interpretato dall’attrice
Maria Pariato. Non sappiamo fino a che pun-
to sia stato accettato il monologo della nuda
Erodiade: martire del sesso, figura contami-
nata dalla Santità di Giovanni. In definitiva,
la pazzia di Erode e delle sue donne non ci
commuove. Noi vediamo scorrere il fiume
Giordano mentre il Precursore di Gesù loda e
battezza il Divin Salvatore.
Giuseppina Taddei Ladispoli, RM
Selezionato (Sezione F) al Città di Pomezia 2013.
Giuseppina TADDEI è una ragioniera che si inte-
ressa anche di critica, più volte premiata anche da Pomezia-Notizie.
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ANTICA TORRE
Antica torre,
vedetta,
castello,
sferzato dal vento
arso dal sole,
lavato dalla pioggia
corroso dal mare,
che ne assorbe il profumo,
con la sua melodia di quiete e tempesta.
Tra i miei sensi
inebriati dalla tua presenza,
si libera la passione,
non appena il tuo sguardo
s’incontra col mio,
lungo quel ripido tratturo
che non ha principio né fine,
lungo i crinali delle correnti
che corrono parallele alla spiaggia
ignorando il punto in cui s’abbracciano.
Si formano così onde irruenti,
spumeggianti,
candide,
come nuvole che s’aprono al sole
in attesa che venga il sereno.
Colombo Conti
NON SIATE
Non siate
avari
di donare
amore.
Non siate avari
di dare la mano
a chi ve la chiede
come gesto
di suggellare
un’amicizia.
Non siate avari
di sorridere
alle persone
che nel loro viso
è disegnato
il dolore.
Loretta Bonucci
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 45
AMORE E MORTE
NELLA POESIA DI
ANTONIA POZZI (1912-1938) di Luigi De Rosa
ENZA voler trinciare gratuiti giudizi
su niente e su nessuno, specialmente in
materia di comportamenti umani nel
campo personale e familiare, resta il fatto che
se Antonia Pozzi si tolse la vita a soli ventisei
anni, con un intero flacone di barbiturici, è
perché le era stato impedito con tutti i mezzi
di vivere appieno l’ autentico, grande amore
che la legava al suo docente di latino e greco,
Antonio Maria Cervi, quando frequentava il
Liceo classico Manzoni, a Milano. Anche se,
a ben approfondire, si potrebbe sostenere che
anche altre concause potrebbero aver contri-
buito a provocare quel “ crollo di personalità”
che portò alla tragedia.
Antonia era nata il 13 febbraio 1912, a Mi-
lano, da una famiglia alto-borghese che, oltre
a vivere in una lussuosa casa di via Masche-
roni, possedeva, come residenza estiva, una
bella casa a Pasturo, in Valsassina. Padre av-
vocato affermato e potente, madre contessa e
colta, con una lontana parentela col famoso
romanziere storico Tommaso Grossi. Anto-
nia, bambina delicata e sensibilissima, poi
adolescente intelligente e studiosa, fino al Li-
ceo non ebbe problemi particolari. Di ottima
educazione, cresciuta in un ambiente raffina-
to, conosceva bene non solo i classici ma an-
che il francese, l’inglese e il tedesco, e suona-
va il pianoforte. Inoltre praticava vari sport (
equitazione, sci, nuoto, escursioni in monta-
gna).
Al liceo accadde un fatto che le sconvolse
la vita. S’innamorò profondamente del prof.
Antonio Cervi, non tanto per le sue doti di
bellezza fisica, piuttosto normali, quanto per
quelle psicologiche e per le sue qualità morali
e intellettuali, per la passione e il disinteresse
con cui insegnava ed aiutava i suoi allievi uno
per uno, anche procurando loro i libri ritenuti
migliori, per l’intensità con cui amava la let-
teratura, soprattutto la poesia. La stessa An-
tonia, in una lettera alla nonna Nena, confes-
sa: “ Ho imparato che cosa sia il dolore. Tu
non immagini che cosa fosse lui per me. (Il
prof. Cervi era stato trasferito da Milano a
Roma su intervento del padre di Antonia, che
voleva troncare a tutti i costi la relazione di
sua figlia col docente). Io avevo avuto la for-
tuna di incontrarlo nell’età inquieta in cui
tutto il nostro essere sboccia e anela alla vita,
in cui ogni influenza esterna lascia nell’ ani-
ma un’influenza indelebile, in cui ci torturia-
mo ricercando l’inizio della nostra via e l’
indirizzo del nostro cammino nel mondo. Con
la parola e con l’esempio egli mi ha dato uno
scopo e una fede: mi ha insegnato a guardare
più in alto e più lontano, mi ha additato la via
per diventare più buona...”. Sembra un mi-
racolo che questa lettera sia sopravvissuta alla
fermissima volontà del padre di correggere, o
addirittura di distruggere, tutte le lettere della
figlia in cui si parla del prof. Cervi. Anzi, esi-
ste anche una lettera di Antonia allo stesso
Cervi, del maggio 1929, nella quale lei scrive:
“ Le voglio bene, sì: che importa ? Lei è la
mia vita. Il pensiero di lei mi accarezza l’ a-
nima, continuamente. Ma che cosa vuol dire,
questo, se io non conosco nemmeno il suo
Dio; se non so nemmeno pregare per il suo
fratello caduto? E’ meglio che lei mi lasci
andare per la mia strada, con la mia inco-
scienza. Io galleggio come un pezzo di sughe-
ro: non posso scendere alla minima profondi-
tà. Io = sonno più effervescenza. Mi lasci an-
dare. Non so nemmeno chiederle perdono di
quel che faccio. Non piango neanche: non
sono neanche triste. Me ne vado pian piani-
no, come un pezzo di carne insensibile. Mi la-
sci andare, e non sia triste, perché non val la
pena”.
Queste due lettere, come tutte le lettere di
Antonia, andrebbero studiate analiticamente,
al microscopio, alternando le analisi alle sin-
tesi, poiché aiutano a scoprire i segreti più
misteriosi del “sottosuolo” psicologico di una
donna-poetessa. Certamente il libro “Le lette-
re di Antonia Pozzi 1927-1938”, edito da Ro-
sellina Archinto, rappresenta un’ opera pre-
ziosa per la conoscenza non solo della poe-
S
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 46
tessa milanese, ma anche dell’ ambiente e dei
personaggi che l’hanno circondata dai quin-
dici anni fino agli anni di Lettere e Filosofia
all’Università statale di Milano, fino alla lau-
rea ( su Flaubert) con Antonio Banfi, senza
dimenticare gli amici e compagni Luciano
Anceschi, Giancarlo Vigorelli, Remo Canto-
ni, Vittorio Sereni, i fratelli Treves. Ma tutto
quello che farà dopo gli anni del Liceo, all’
Università, la laurea, l’insegnamento presso l’
Istituto tecnico Schiaparelli, i febbrili viaggi
in Sicilia, in Grecia, (era già stata in Inghilter-
ra, mandatavi dal padre per allontanarla da
Cervi), in Germania e in Austria, non riuscirà
a scalfire la sua dolorosa depressione, non
riuscirà a farle dimenticare le sue atroci pene
per la fine della storia d’amore col prof. Cer-
vi.
Nel tempo sembrerà fiorire una nuova “sto-
ria”, stavolta con Remo Cantoni, ma sarà un
fuoco di paglia spento subito dalla stessa An-
tonia.
Quanto al rapporto di Antonia Pozzi con la
Poesia, ritengo utile ricordare qui una lettera
della stessa Pozzi al poeta Tullio Gadenz,
nonché un articolo scritto da Eugenio Monta-
le e un giudizio formulato dal noto critico
Giorgio Bàrberi Squarotti.
Nella lettera a Gadenz, conosciuto a San
Martino di Castrozza, Antonia scrive, tra l’
altro: “...la poesia ha questo compito sublime:
di prendere tutto il dolore che ci spumeggia e
ci romba nell’anima e di placarlo, di trasfi-
gurarlo nella suprema calma dell’ arte, così
come sfociano i fiumi nella vastità celeste del
mare. La poesia è una catarsi del dolore, co-
me l’immensità della morte è una catarsi del-
la vita...”
Trasfigurazione... calma dell’arte... catarsi.
Concetti chiave, che segnano il passaggio dal
sentimentalismo e dallo psicologismo al
mondo dell’arte, della poesia.
Quanto a Eugenio Montale, già nel 1945, a
soli sette anni dalla scomparsa della poetessa,
scriveva, con la sua solita, tagliente, lucidità
di sguardo, su Mondo, di Firenze ( 1 dicem-
bre 1945) : “ Antonia Pozzi ci ha lasciati nel
’38. Aveva appena ventisei anni. Nel ’39 era
uscita una prima scelta delle sue poesie..
.Anima musicale e facile a perdersi nell’onda
sonora delle sensazioni, la Pozzi stava già
superando lo scoglio della poesia femmini-
le...e alludiamo ai rischi della cosiddetta
“spontaneità”...aiutiamo il felice-infelice de-
stino di Antonia dicendo che neppure in lei si
attua vera poesia senza lavoro di penetrazio-
ne e di stile, e che se il libro si legge con una
agevolezza che non è di tanti altri, ciò avvie-
ne perché le fratture e le resistenze sono dis-
simulate...Ci sono due modi per capire questo
libro: si può leggerlo come il diario di
un’anima e si può leggerlo come un libro di
poesia. Nel secondo caso cessa di essere faci-
le e ovvia. Si avverte in lei il desiderio di ri-
durre al minimo il peso delle parole, dalla
generica gratuità femminile che è il sogno di
tanti critici maschi. Tecnicamente la sua liri-
ca deriva dal versiliberisme del principio del
secolo (Ungaretti). Un’area di uniformità era
il suo limite più evidente: la purezza del suo-
no e la nettezza dell’immagine il suo dono
nativo...”
Sono passati quasi settant’anni dalla analisi
critica di Montale, abbastanza corrosiva e un
po’ prevenuta nei confronti delle donne- poe-
ta, anche se è svolta all’insegna della genero-
sità. Forse un giudizio più “equilibrato”, che
può tener conto dell’esperienza poetica
dell’intero Ventesimo Secolo, e non solo del-
la prima metà dello stesso, è quello recente-
mente espresso dal critico torinese Giorgio
Bàrberi Squarotti, già successore di Giovanni
Getto sulla cattedra di Letteratura Italiana all’
Università di Torino: “ Nata al centro dell’
esperienza dell’ Ermetismo, la poesia di An-
tonia Pozzi ne accentua il carattere esisten-
ziale: l’effusione del sentimento viene costret-
ta in un discorso essenziale e rigoroso, fon-
dato su oggetti-simboli. Un’atmosfera di ro-
vina e di morte circola intorno alla sua dizio-
ne poetica ( e il suicidio vi inciderà il segno
di una disperata autenticità): in essa si ac-
campano paesaggi desolati d’anima spec-
chiati in autunni e inverni. Nella poesia della
Pozzi la crisi contemporanea diventa incon-
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 47
tro della tragedia personale con il tentativo
dell’ oggettivazione in natura e in simbolo.”
Luigi De Rosa Canto della mia nudità
Guardami: sono nuda. Dall’inquieto
languore della mia capigliatura
alla tensione snella del mio piede,
io sono tutta una magrezza acerba
inguainata in un color avorio.
Guarda: pallida è la carne mia.
Si direbbe che il sangue non vi scorra.
Rosso non ne traspare. Solo un languido
palpito azzurrino sfuma in mezzo al petto.
Vedi come incavato ho il ventre. Incerta
è la curva dei fianchi, ma i ginocchi
e le caviglie e tutte le giunture
ho scarne e salde come un purosangue.
Oggi, m’inarco nuda, nel nitore
del bagno bianco e m’inarcherò nuda
domani sopra un letto, se qualcuno
mi prenderà. E un giorno nuda, sola,
stesa supina sotto troppa terra,
starò, quando la morte avrà chiamato.
Antonia Pozzi
L’UCCELLO ED IL TRAMONTO
Soffia senza soste il vento
e la colombella non si ferma
sulla grondaia; ma vola sui rami
bassi dell’albero
accanto alla casetta di Annina
che dalla finestra la osserva
gettandogli briciole di pane
per farla restare, per ammirarla
del suo misurato fare
del ritmo del beccare, di saltare,
di volare per poi al solito posto ritornare
con le penne accarezzate dal sole
che volge lentamente al tramonto
dietro il monte, dove finisce
il mare, dove l’imminente notte
va a sostare
con la bella luna
appesa al cielo,
con le stelle accese
pronte a partecipare
allo spettacolo della colombella
e della incantevole natura
la quale più dell’uomo dura
essendo anch’essa creata dal Signore
per dare a noi un posto sicuro
nella corsa del tempo veloce
compagno d’ogni futuro.
Mariano Coreno Melbourne, Australia
POMEZIA-NOTIZIE
2013: 40 ANNI
El lapiz va dibujando
el tiempo
y un retrato vivo
aparece con cuarenta anos:
la revista POMEZIA-NOTIZIE,
un arbol gigante
dando frutos literarios.
Nosotros, companero
Domenico Defelice, caminamos
juntos y en su sombra
nos sentamos a escribir
versos en sus hojas verdes,
celebrando el camino andado
por inviernos y veranes
de trabajo editorial.
Hoy que este arbol pensante
llega a la edad adulta,
deseamos que viva otras tantas
primaveras!
Teresinka Pereira USA
AALLELUIA! AALLELUIA!
ALLELUUIAAA!
14 luglio 2013
Calderoli: “Amo gli animali, orsi e lupi, ma
quando vedo la Kyenge non posso non pen-
sare a un orango”. Alleluia! Alleluia! Non
c’entra la democrazia o il fascismo, non la
stupidità o l’intelligenza, non il razzismo. E’
che gli animali tutti si vergognano nell’avere
un tale estimatore.
Domenico Defelice
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 48
ELEONORA COGLIATI
ANIMA di Giuseppe Leone
ON è voler fare della retorica se di-
co che attendevo l’uscita di questa
seconda raccolta di poesie di Eleono-
ra Cogliati. L’attendevo perché Gocce di e-
mozioni – la sua prima pubblicazione - oltre
che instillarmi sensazioni di freschezza lirica,
credo per la concisione di una scrittura decan-
tata da ogni sovrabbondanza di linguaggio e
di contenuti, aveva fatto nascere in me anche
delle aspettative. Aspettative che riguardava-
no certo suo modo di far poesia e che non esi-
tai a esporre in un mia recensione sulla rivi-
sta Pomezia-Notizie (marzo 2012), dove, tra
le altre cose, scrissi che, più che poesie, quel-
le sue composizioni potevano considerarsi
parole istruite alla causa della poesia. Così,
almeno, le avevo giudicate per la maniera
della poetessa di avvolgere spesso singole pa-
role, ma anche parole riunite in versi, tra pun-
tini di sospensione, quasi incartandole, come
si fa per le posate pregiate che si vogliono
conservare in vista di nuove mense. E non so-
lo, avevo anche scritto che era l’anima il luo-
go che la poetessa aveva scelto per i soggior-
ni della sua poesia. E Anima compare ora
come titolo di questa nuova raccolta, edita nel
maggio 2013 sempre da Aletti nella Collana
Gli Emersi-Poesia. Un titolo che mi permette
di dire che quelle mie aspettative non erano
poi così dissimili e distanti dagli esiti poetici
che raggiunge ora la poetessa in questa pub-
blicazione, già a partire dalla poesia che lei
pone a esergo dell’intera raccolta: “Vorrei po-
ter guardare al di là… / oltre il riflesso del
mio viso… / Oltre la sofferenza che mi inca-
tena alla vita… / vorrei saper guardare / con
gli occhi dell’anima” (5).
Io non so se la poetessa abbia tenuto conto
delle mie riflessioni, oppure, come sembre-
rebbe più probabile, abbia seguito, con fedel-
tà e rigore, quanto già aveva sperimentato
nella precedente silloge. Fatto sta che quelle
sue caratteristiche - i puntini di sospensione o
l’anima eletta a luogo dove la sofferenza
maggiormente punge a guaio - sono ancora
elementi portanti e fondativi della sua poesia.
Anche il sentimento dell’amore resiste, men-
tre l’anima è sempre colei che canta. A lei la
poetessa affida ancora il compito di cantare la
sua solitudine, la sua malinconia. Attraverso
lei, Eleonora contempla. Non si può dire che
agisca, perché numerose sono ancora le ellissi
tra i suoi versi, quasi che in lei ancora esista e
resista l’estasi. Sembrerebbe anche compia-
cersene, per dirla con Tito Cauchi, davanti al-
lo stupore che prova ascoltando la sua voce:
“Fissando lo scorrere dei miei pensieri / l’
inchiostro / scivola sulle pagine bianche / e /
ne intacca il candore. / Risuona la mia voce /
nelle mute parole. / tuona nel silenzio dei ver-
si / quel grido che erompe dal cuore.” (7).
Contempla, pascolianamente, le sensazioni e
le voci di dentro, ma anche le stelle, quelle
fisse e quelle cadenti, soprattutto queste ulti-
me, che lei insegue nella trepidante duplice
attesa di legare, da una parte, il proprio desti-
no al desiderio espresso; dall’altra, il suo stile
poetico alle loro istantanee ed intermittenti il-
luminazioni notturne. E sembrerebbe anche
non avere fretta, la poetessa, perché così tanto
manifesta la sua voglia di indugiare sopra le
emozioni. Ma intuisce che può permettersi
questa magia anche regredendo alla fanciul-
lezza, a quel bimbo, per esempio, che lei ora
invita a farle da guida: Guida i miei passi in-
certi… insegnami a stupirmi… a meravi-
gliarmi… a entusiasmarmi, a ritornare con-
sapevolmente bambina (54); o, più esplicita-
mente, alla bimba innocente, spensierata e in-
genua di un tempo che lei cerca nei propri
occhi, guardandosi allo specchio (55). Una si-
tuazione che non è sfuggita a Germana Mari-
ni se nella sua acuta e attenta prefazione al te-
sto, scrive che, in questa raccolta, ci si trova
davanti a una poesia “autobiografica e acco-
rata”, da cui traspare più che mai la sincerità
della poetessa, “che non esita a spogliarsi di
ogni schermante orpello, per mostrare con
provocatoria sfida le proprie sanguinanti feri-
te” (7). Le stesse, per cui la Marini – lo scrive
e lo ribadisce anche ora - aveva paragonato,
N
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 49
in una sua precedente recensione a Gocce di
emozioni, l’ispirazione della poetessa a quella
di Antonia Pozzi, come lei - a causa della dif-
ficoltà di relazionarsi con gli altri - spinta a
caricare tutte le sue aspettative sulla ricerca
dell’amore, l’amore della sua vita, quello ve-
ro per redimersi. Proprio così com’era acca-
duto alla Pozzi, “di cercare l’amore per otte-
nere l’altrove; un immediato rilascio di quelle
passioni che albergavano sin dall’infanzia
nella poetessa.”
Ma non è tanto l’amore che la Cogliati cer-
ca di fermare, quanto soprattutto la sua con-
dizione di poetessa per continuare a illumina-
re il mondo quale le appariva da bambina. E
tutto questo relativamente al volumetto Ani-
ma che conferma e rafforza quanto ancora era
in fase di sperimentazione nella precedente
raccolta Gocce di Emozioni. Se poi si vuole
aggiungere anche una nota a una monografia
a cura di Gianfranco Cotronei dal titolo Il vo-
lo infinito di Eleonora Cogliati, edita dalla
Totem di Lavinio Lido (Roma), uscita nel
marzo scorso, dove l’autore cerca di scioglie-
re “il nodo critico” della sua poesia, anche al-
la luce di recensioni di altri autori e di moti-
vazioni di alcune giurie di premi letterari, al-
lora si scopre che Eleonora è anche un’autrice
che riscuote discreti e lusinghieri consensi
grazie a diplomi, segnalazioni di merito,
menzioni d’onore; e che, sul suo conto, esiste
già un’apprezzabile antologia critica che con-
tiene significativi e autorevoli giudizi: da
quello ben noto dello stesso Cotronei, per il
quale la poetessa è “un’ autrice…portata a
travalicare i chiusi limiti dell’esperienza indi-
viduale e quotidiana per indagare ben oltre”
(22); a quello di Germana Marini che attri-
buisce al suo canto poetico un potere salvifico
“che vigila a captare ogni interna voce, la rid-
da di conflitti, angosce, di rimpianti che den-
tro le irrompe” (19); di Tito Cauchi, che indi-
vidua nelle sue liriche “una sorta di auto con-
templazione, di pudica soddisfazione” (20); e
di Angela Giassi che vede nei versi di questa
poetessa già “una compiuta arte poetica”, in
grado “di dire all’infinito”, grazie “alla sem-
plicità e la generosità attraverso cui riesce a
coinvolgere il lettore con immagini e parole
piegate una sola volta, ansia di inespresso”
(35).
Giuseppe Leone Eleonora Cogliati - Anima - Aletti Editore, Roma
2013. € 12,00. pp. 72
Gianfranco Cotronei - Il volo infinito di Eleonora Cogliati - (monografia) - Editrice Totem Lavinio
Lido, Roma 2013. € 10,00. pp. 48
IL PASSERO
Seduta in casa, chiudo gli occhi e ….
quando li riapro vedo oltre la mia finestra,
appoggiato sul ramo della magnolia, un passero.
Piumoso, grigio assorto è lì e non si muove...
Il mio pensiero attraversa il suo e lo vedo già volare
altrove distante da me!
Ecco vola via, adesso, vai passero libero da
ogni schiavitù,
libero di volare verso l'azzurro cielo,
da noi sognato, vola tu che sei creatura
perfetta del cosmo, vola anche per me,
conquista la tua
libertà, sarà così anche la mia.
Adriana Mondo Reano, TO
ROSA ROSSA DEL MIO GIARDINO
Rosa rossa nell'arsura di luglio
protesa a raggiungere il cielo
sul suo tremulo altissimo stelo
nella sfida al destino.
Con i suoi baci dolci di velluto
offre la sua bellezza (occhio alle spine !)
sperando di sopravvivere
in altre rose rosse senza fine.
Al tramonto il sollievo dell'acqua...
La vita è lunga
ancora qualche goccia...
Domani si potrà anche iniziare
ad appassire...
Luigi De Rosa (Rapallo, Genova)
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 50
IN VIAGGIO CON
PIERRE BOULEZ PER CAPIRE E
VIVERE LA MUSICA
CLASSICA E CONTEMPORANEA,
SENZA PORRE CONFINI di Ilia Pedrina
oi volevamo fare la
musica della nostra
generazione. Ci fu
senza dubbio un'avanguardia, non era possi-
bile fare altrimenti, era quello che il periodo
esigeva. La mia generazione ha dovuto con-
frontarsi con la fine della guerra mondiale,
naturalmente prima con la guerra e poi con la
fine della guerra mondiale e quindi ha dovuto
fare un periodo di completa rivoluzione ri-
spetto a ciò che era successo prima. Abbiamo
cominciato con una revisione radicale di tutti
i valori; come in tutte le rivoluzioni, certa-
mente ci sono stati degli eccessi e delle de-
molizioni inutili, ma ci sono state anche delle
demolizioni utili. Ci rendemmo conto che c'e-
ra soprattutto un problema di 'percezione': e-
ravamo andati molto più lontano del sentire
comune e c'era uno iato tra ciò che noi con-
cepivamo e quello che il pubblico percepiva.
Noi eravamo sempre più interessati a come
influenzare la percezione e a tenere conto del-
la percezione della musica, ossia tenere conto
del suo significato, del suo senso, non solo di
quello che si poteva trascrivere in maniera a-
stratta, m in maniera concreta, nel modo di
suonare degli interpreti durante l'esecuzione
stessa e questo ci obbligava a ripensare il
problema dell'esecuzione, perché credo che
senza un'esecuzione veramente interessante,
importante, minuziosa, ogni musica sparisca.
Poi c'è stato il problema della tecnologia nel
senso che la tecnologia non era al livello del
pensiero musicale e quindi i primi tentativi
tecnologici sono stati difficili da integrare
nella ricerca musicale e poi ad un certo punto
l'apparecchio è arrivato e si è perfezionato
molto rapidamente e così sono stato spinto a
creare l'IRCAM, che si è affermato con forza
perché disponeva di una tecnologia del tutto
nuova per l'epoca. Non deve essere solo ri-
cerca, ma anche produzione e 'produzione' si-
gnifica un gruppo di strumentisti che si riuni-
sce regolarmente e crea uno stile interpretati-
vo. E' così che ho fondato l'Ensemble Inter-
contemporain, per connettersi definitivamente
alla ricerca musicale e alle novità che si pro-
ducevano. Per me è stato molto importante
che ci fosse qualità e soprattutto persistenza
della qualità, perché spesso i gruppi faticano
a sopravvivere, sono mal pagati e si incontra-
no qualche volta troppo raramente e per ses-
sioni troppo corte e quindi l'esecuzione ri-
schia di risultare poco convincente. Quello
che conta è che nella musica contemporanea
ci siano gruppi più o meno grandi che siano
come un'orchestra, cioè un repertorio, cioè
uno stile interpretativo e che si pongano i
problemi sollevati dalle invenzioni del com-
positore. Per questo ho tratto molto vantaggio
dalla mia carriera di direttore d'orchestra, per-
ché ho potuto riflettere molto sulla trasmis-
sione: non solo nel periodo dei concerti, ma
anche durante le prove, ho molto riflettuto su
ciò che sentivo io stesso mentre provavo. Ho
creato una specie di elemento organizzatore
della mia carriera musicale, attaccandomi
sempre alla modernità delle opere, sia che
siano opere recenti sia rispetto alla modernità
che è passata, che è stata una modernità mo-
dello, ma che conservo come stile per tutta
l'evoluzione della mia musica.... Apprezzo i
giovani musicisti che hanno la voglia di rin-
novare il mondo con un'attenzione forte che
guarda molto lontano....” (Pierre Boulez, In-
contro con il pubblico, 5 Ottobre 2012, Teatro
alle Tese, Arsenale, Venezia, fonte Internet).
Poi il giorno 7 Ottobre è Paolo Baratta, Pre-
sidente della Biennale di Venezia ad affianca-
re Pierre Boulez ed a far leggere a Ivan Fede-
le, Direttore Artistico, la motivazione dell'as-
segnazione del Leone d'Oro alla Carriera, nel
contesto della 56esima Biennale della Musica
Contemporanea: “Il Leone d'Oro alla carriera
a Pierre Boulez è il riconoscimento al valore
assoluto di un artista, che ha attraversato la
“... N
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 51
storia della musica contemporanea, offrendo
al mondo intero composizioni considerate u-
nanimemente veri e propri capolavori della
modernità” e lui, il Maestro, scherza con il
pubblico, dichiarando apertamente la sua gioia
a fronte di un ben 'pesante' regalo: troppo lun-
go sarebbe spiegare che cos'è la modernità;
troppo importante dire solo in due parole che
cos'è la saggezza, ma, sostiene chiaramente,
dal leone, da questo leone coglierà la forza per
andare oltre e lo metterà tra altre cose dei suoi
amici, quei compositori italiani che lavoravano
con lui a Darmstadt, d'estate, negli anni '60:
“Darmstadt era un fenomeno mondiale, inter-
nazionale, con la cultura che non doveva
scomparire ma espandersi e che avesse un'in-
fluenza sugli altri. Berio e Stockhausen, per e-
sempio, con il desiderio di comunicare. Berio
l'ho conosciuto dopo Maderna e Nono perché
è venuto a Darmstadt un poco più tardi ed ha
portato un'attitudine differente, che è stata
molto salutare nel momento in cui l'atmosfera
a Darmstadt era diventata un poco più acca-
demica. Ho sempre favorito i cambiamenti
controcorrente e controversi...” (ibidem).
A fare gli onori di casa, oltre al prof. Ivan
Fedele, ed a porre domande al compositore
gli studiosi e musicologi Claude Samuel e
Robert Piercinikowski, seduti su poltrone ros-
se e di fronte ad un pubblico molto coinvolto.
Claude Samuel gli chiede: “Per lei ci sono
barriere tra l'esecuzione e il pubblico?”
Pierre Boulez risponde: “No, non ci sono
barriere, ma delle illusioni sulla capacità d'in-
tendere del pubblico, quasi incapace di lavo-
rare di percezione. Bisogna continuare a ripe-
tere con insistenza le opere provocatorie. I
giovani sono via via persuasi di aspettarsi
qualcosa, osare e seguire ciò per cui si osa. I
fenomeni da prendere in considerazione sono:
la totale novità del pezzo, per nulla o poco
conosciuto e raccordare questo con dei pezzi
già noti, per lavorare d'interpretazione”.
E Claude Samuel incalza: “Avete scritto un
articolo 'Schönberg è morto', nel doppio sen-
so che è morto realmente e che la sua musica
appartiene al passato. Pensate lo stesso anche
oggi?”
E Pierre Boulez, con accesa ironia, ma im-
peccabile nello stile: “Si, certo, è la stessa co-
sa, così come in Francia si dice 'Le roi est
mort. Vive le roi!', così io dico per Schön-
berg. Il testo di quell'articolo è ambiguo per-
ché era una reazione che io ho avuto a chi di-
ceva che Schönberg non è più lontano, per-
ché, se non è più lontano, allora è più com-
prensibile. No! Non è così. Lui non può più
produrre ma la musica va più lontano...”.
Pierre Boulez guida con direttive originali
ma sempre ponderatissime il pensiero del no-
stro tempo ed è coerente con se stesso, i pro-
pri successi di compositore e di direttore d'or-
chestra, mettendo tutto il suo sapere a dispo-
sizione dei giovani. Si, perché l'ho visto al la-
voro a Luzern, per quei giovani che si iscri-
vono al Master in Conducting e lui li segue
senza posa e non è mai stanco: ci sono delle
documentazioni importantissime che colgono
questi studenti nel loro modo di approcciare il
maestro e di lavorare dentro di loro per ri-
spondere alle esigenti richieste che lui mette
in campo in relazione all'opera da dirigere e
da interpretare: la cittadina svizzera lo ha fat-
to membro onorario della comunità e lo si
vede passeggiare per le strade o in dialogo sul
battello che solca le acque del bellissimo La-
go. Ed una sera del Settembre 2010, dopo l'e-
secuzione del Pierrot Lunaire di Arnold
Schönberg, io sono seduta fuori e scatto la fo-
to della luna che azzurra si riflette sul bicchie-
re di cristallo, mentre lui, all'interno, pranza e
conversa amabilmente con i coniugi Pollini!
Ma prima ancora, nell'Agosto dello stesso
anno era stato guida ed organizzatore e prota-
gonista principale del Festival Olivier Mes-
siaen 2010, con titolo 'Olivier Messiaen-
Pierre Boulez . Une filiation fertile'. Si, per-
ché egli è stato allievo di questo grande com-
positore francese, che non mi stanco mai di
approfondire ed in quell'occasione, a La Gra-
ve, sotto il massiccio-ghiacciaio di La Meije,
si sono susseguiti i concerti con le opere dell'
uno e dell'altro a confronto.
Dal vivo, con questa tensione addosso che
stimola all'avventura, mi sono messa in cam-
mino e sono passata ai suoi lavori, non solo
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 52
musicali allora, così ho scoperto uno scrittore
vivido, trasparente, energico e tagliente, che
sfronda di netto i rami secchi di una cultura
che trascina con sé pregiudizi e si fa intolle-
rante e chiusa nei confronti dei processi idea-
tivi e creativi, che considera certo dote unica
dei geni incompresi, romanticamente isolati.
Così, da Bianca, Amica carissima della Libre-
rie Française de Florence, mi sono arrivati i
suoi lavori:
Pierre Boulez/André Schaeffne: Corrispon-
dence, 1954-1970, présentée et annotée par
Rosângela Periera de Tugny, ed Fayard, 1998,
opera che traccia il profilo di un periodo della
vita musicale francese, quello degli anni nei
quali i compositori sono ansiosi di trovare
nuovi percorsi ed Olivier Messiaen è citato
tantissimo, perché punto di riferimento di un
nuovo linguaggio musicale al quale Boulez
stesso pone interrogativi, aprendo investiga-
zioni su un proprio percorso originale: nel re-
tro di copertina la curatrice sottolinea che
questo scambio di lettere rappresenta un'am-
pia fonte molto attendibile e diretta per cono-
scere la gestazione del suo pensiero musicale.
'Pli selon pli' de Pierre Boulez' Entretien et
etudes, Contrechamps Editions, 2003, un'ope-
ra che tutta ruota intorno a questa composi-
zione che Boulez organizza ed elabora stimo-
lato dal poeta Stephane Mallarmé, perchè
questo è proprio il titolo di una sua opera poe-
tica d'avanguardia. Sostiene Boulez: “Ho
scoperto Mallarmé nel 1946... Ciò che mi ha
attirato è stata subito la personalizzazione del
linguaggio, perché nessun altro letterato ha
scritto in quel modo ed ha trasformato il fran-
cese fino a quel punto. Tanto nei testi in prosa
che nelle poesie in versi o nei saggi. La for-
mulazione è tale che bisogna frantumare la
pietra, prima di comprendere il senso. Per me
Mallarmé e Proust rappresentano i due estre-
mi: con l'uno, si è di fronte ad un blocco mi-
nerale; con l'altro ci si perde come in un labi-
rinto ed all'inizio della pagina si deve rico-
minciare il riorientamento...” (op. cit. pag. 7,
trad. di Ilia Pedrina).
Pierre Boulez: 'Regards sur autrui – Points
de repère II', Christian Bourgois Editeur,
2005, un testo incredibile, per la vastità dei
temi trattati e per il risvolto interpretativo dei
protagonisti della cultura musicale occidenta-
le presi in considerazione, da Wagner a Ber-
lioz, e poi Mahler e Schönberg e Berg e tanto
tanto altro, tutto filtrato dalla sua appassiona-
ta ed instancabile forza di andare a scavare i
limiti della tradizione, quando si erge a fissità
da museo e quindi non lascia più spazio
all'innovazione. Nella versione italiana, che
mi sono tutta fotocopiata, ho sottolineato parti
importantissime che danno testimonianza del
rigore con il quale l'Autore motiva le sue
scelte ed i suoi approfondimenti. Per Wagner
ad esempio coglie la dimensione del compo-
sitore tedesco che vuole finalmente liberarsi
dell'opera da teatro, che gli è diventata stretta,
per dedicarsi solo e soltanto alla sinfonia, ma
non avrà più tempo, non risparmiando certo
quel profilo netto che ce lo trasmette egoista,
irritabile, arrogante ed insoddisfatto, mito di
se stesso in disfacimento. E prende il cuore il
paragrafo nel quale fa parlare Cosima Liszt,
che traccia nel suo Diario anche i particolari
più superficiali che riguardano il Maestro e
Boulez sottolinea che in quel 'Richard lavo-
ra...' dobbiamo scoprire tutto un risvolto di vi-
ta e di produzione compositiva che non è sta-
to ancora bene messo in luce. Ma su questo
torneremo ancora, con più ampi dettagli.
Ilia Pedrina
STANZA VUOTA
Cosa fa il sole
nella mia stanza?
Oggi vado in vacanza:
chiudo la finestra
ed il sole, poveretto,
tramonta dietro il tetto
e poi si mette a letto.
Io vado in vacanza:
lascio vuota la mia stanza
senza sole e senza speranza.
Mariano Coreno Melbourne
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 53
I POETI E LA NATURA - 22
di Luigi De Rosa
Domenico Defelice - Metamorfosi (1991)
L'ESTATE BRUCIANTE (E IL MARE)
DI CARLO OLIVARI
arlo Olivari, genovese del 1940, già
docente di filosofia e storia al Liceo
“M.L.King” della sua città, ha pubbli-
cato molte poesie su riviste, oltre a una quin-
dicina di libri di versi nei circa trent'anni dal
1981 ad oggi. E' arrivato poi alla narrativa
pubblicando un romanzo-fiume di 514 pagi-
ne (“ Gennaio 1991 forse un sogno”, UFO –
Idiomi alieni) particolarmente apprezzato da
Giorgio Bàrberi Squarotti, che lo ha presenta-
to alla Biblioteca Universitaria di Genova.
Confesso che a me sono piaciuti in modo
particolare i suoi libri di poesie. E, come ho
già scritto a suo tempo, ho trovato fuori del
comune, originali, Luce tenebra lampi, del
2010, (Ed. UFO), e Momenti vari nel temp (
Ed. Cronache italiane, Salerno 2011). Molte
delle sue poesie si fanno apprezzare non solo
per i contenuti e le tematiche (universali ed
eterne) ma anche per alcune caratteristiche
formali insolite, e soprattutto per il loro tono
affannato, concitato, spesso triste e “spaven-
tato”. Ciò che mi ha colpito nella versifica-
zione di Olivari è la singolarità del linguaggio
e della scrittura: una interpunzione in cui ab-
bondano le virgole; la trasposizione di prepo-
sizioni semplici o articolate, nell'ambito del
discorso; un'inflorescenza di modi verbali in-
soliti come il participio e il gerundio ( presen-
te e passato); una costruzione insolita della
frase italiana ( che richiama vagamente il la-
tino o il tedesco). Aggiungo, per mio conto,
che tutto ciò può rendere più attraente e sua-
siva la composizione poetica, anche se po-
trebbe nascondere il rischio, nei casi di mino-
re riuscita, di una sensazione di artificiosità.
Brillantemente superata, nel complesso, da
una tematica- sostanza di pensiero poetante
profondo. Pessimista e tragica. Come mini-
mo, accorata preghiera di affetto e di conforto
ad una solitudine che senza il sollievo della
Poesia e della fede in un Dio Supremo po-
trebbe apparire ( ed essere) immedicabile.
L'angoscia della Morte, nella poesia di Oli-
vari, è dominante. Di una Morte con la M ma-
iuscola, quasi come Entità a se stante, che pro-
duce solo tristi, dolenti Ombre onnipresenti.
L'unico sollievo a tale angoscia, intenso anche
se ritenuto palliativo, è rappresentato dai ri-
cordi degli affetti familiari e dalla dolce bel-
lezza della Natura, ritenuta un' anteprima,
anche se vaga e sfocata, del luminosissimo e
pacificante abbraccio finale con Dio.
Per la poetessa e critico Rosa Elisa Giangoia,
la poesia di Olivari “ formalmente legata alla
tradizione... ha essenzialmente due punti di in-
teresse, la vita e la morte, ma sempre pronta
ad aprirsi ad un dialogo sereno ed impertur-
babile con un interlocutore trascendente”.
Per fortuna Olivari mi ha spedito a Rapallo,
appena uscita, la sua ultima produzione poe-
tica, una deliziosa plaquette intitolata Estate.
(U.F.O. Idiomialieni). Un libriccino tanto
piccolo (una trentina di paginette) quanto
prezioso, con una suggestiva copertina (uc-
celli bianchi in volo sul mare). Venti liriche
ispirate alla stagione estiva, alla Natura, che
C
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 54
non può non porsi come fresca e divina con-
solazione per un cuore di poeta afflitto dal
“male di vivere”. E questo, nonostante il poe-
ta sia costretto a misurarsi col soffocamento
della città anche in agosto, anche a Genova,
città di mare ma pur sempre città.
“In calda estiva notte
Folla, folla, frenetica a me
/ intorno,
a nebuloso mare presso,
con nebbia densa d'orizzonte
/ laggiù;
immerso, io, nel bruciore
dell'estate”
Alcune poesie sono brevissime, quasi “un-
garettiane”. Ne riporto alcune, per rimarcare
il rapporto della poesia di Olivari “anche” con
la Natura ( soprattutto col Mar Ligure) :
Silvana
Geranio, fulgente, d'estiva sera.
Musica e luce
A Silvana
Parola tu non sillababile,
nota altissima, instellata.
Notare l'originalità di quella parola (“instella-
ta”) in cui Creatura Umana e Natura sembra-
no perfettamente fuse.
Universale ritmo
Cadenza mattutina del mare, tu,
fragore indefinibile del vento.
Mar Ligure
Padre certo inestinguibile,
mare dei miei antenati, dei miei
/ vecchi,
delle familiari, incise, tue rocce,
degli amici, e cari, ora dispersi
delle mie ombre, tutte, forme
/ disfatte,
di me, piccolo, alle prime parole -
lume infantile di mia madre
/ presso - ,
di comunicabilità spezzata,
per onde, per onde, per onde e
/ onde,
di comunicazione eterna, certo,
in tuoi scrosci ripetuti, tuttavia ;
mare esteso, infinito, del mio sangue”
Luigi De Rosa
(Le prime ventuno “puntate” di questa rubrica sono
state dedicate da Luigi De Rosa, mese per mese a
partire dal novembre 2011, a Camillo Sbarbaro, Domenico Defelice, Mario Rondi, Eugenio Monta-
le, Francesco d'Assisi, Francesco Petrarca, Gio-
vanni Pascoli, Giovanni Descalzo, Mariangela De Togni, Lucrezio-De rerum natura, Rafael Alberti,
Antonia Pozzi, Imperia Tognacci, Giuseppe Unga-
retti, Vincenzo Cardarelli, Giacomo Leopardi, Ga-briele D'Annunzio, Sandro Gros Pietro, Diego Va-
leri, Franca Pissinis, Salvatore Quasimodo. Questa
ventiduesima è dedicata a Carlo Olivari, mentre la ventitreesima sarà dedicata a Charles Baudelaire ).
GRANDE SILA
Interrotto da verdi canne d’organo
la Calabria è un vasto pecorino.
Il libeccio lo sbatte e rimpasta,
e Pitagora medita e conta
su un pallottoliere di pecore.
Grano bruno, tesoro
sempre colto in ritardo.
Un perdifiato di orizzonti d’agavi,
il fantoccio grottesco di un cactus,
e un macilento rudere di torre
con due gugliate di rondini nella cruna della bifora.
Maria Luisa Spaziani da L’anima del viaggio, in La Musa accanto, a
cura di Eugenio Rebecchi - Blu di Prussia, 2012.
Eleuterio Gazzet-
ti: Nudo (studio,
olio su tela 40 x
60)
→
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 55
(Disegno di Serena Cavallini)
Recensioni
CARMELO PIRRERA
IL REGNO
Genesi Editrice, Torino, 2013, € 11,50
Oltre che poeta, saggista e valido direttore di rivi-ste (larga diffusione ha avuto per suo merito “Issi-
mo – i segni della poesia”, attiva da lunghi anni),
Carmelo Pirrera è anche un narratore abilissimo, come dimostrano i suoi romanzi Con la banda in
testa e Quartiere degli angeli, oltre i racconti lun-
ghi Buio come la notte e Il regno. Ed è proprio di quest’ultimo che qui vogliamo
parlare, dato che è da poco riapparso, riveduto e
corretto, nelle Edizioni della Genesi di Torino (a-prile 2013).
La vicenda è narrata con leggerezza, sotto il se-
gno di una sorridente ironia ed è ambientata in una Corte rinascimentale, quella di “Guglielmo in Na-
no, il quale aveva sposato Costanza, una principes-
sa normanna d’alta statura che l’aveva reso padre felice di ragazzi belli, alti e biondi, tanto somiglian-
ti – vergognosamente somiglianti – a messer Lodo-
vico delle Piane e di Ginossa, maestro d’armi di Sua Maestà…”.
Lodovico, forse perché il re aveva subodorato
qualcosa, viene inviato a combattere nelle Fiandre, durante la Guerra dei Cent’anni, nel corso della
quale attraversa numerose peripezie e trova pure la
morte, anzi varie morti, come Pirrera racconta col suo stile surreale e fantastico, continuamente oscil-
lante tra il dato storico e la pura immaginazione,
che qui ha largo spazio e nel cui labirinto disinvol-tamente s’avventura.
Alla morte di Lodovico segue quella di re Gu-
glielmo, il quale precipita non si sa come da una
torre della reggia. Al sovrano vengono riservate e-sequie solenni, cui si accompagna il pianto della re-
gina, che assume un valore liberatorio: “E intanto
piangeva come se dentro le si stesse sciogliendo qualcosa, un grumo duro formatosi in anni di men-
zogne e silenzio. E piangeva – le sembrò di capirlo
– non per il re che era morto (si trova sempre un al-tro pronto a sostituirlo), né per il modo crudele co-
me era morto (si muore sempre di qualcosa), ma
perché nel mondo c’era anche la morte…”. Della morte del re viene accusato Faroaldo, con la
connivenza dell’alfiere Michelozzo, il quale è giu-
stiziato in seguito in maniera sommaria. Faroaldo invece verrà accecato e invano chiederà il “Giudi-
zio di Dio” che lo discolpi.
Re Guglielmo ricomparirà quale fantasma aggira-tesi nel castello e qualcosa sarà rivelato della sua
morte, avvenuta pare in seguito a un intrigo di Pa-
lazzo, cui non era estraneo però il movente amoro-so: “… un’ombra avvolta in un mantello nero, più
nero della notte, venne fuori dalla notte stessa e lo aggredì e lo spinse oltre i bastioni della torre, nel
vuoto più vuoto”.
Scritto in maniera abilissima, questo racconto di Carmelo Pirrera si rivela come un alto gioco intel-
lettuale, col quale l’autore dà libero sfogo alla sua
fantasia. Ma, al di là di tutto ciò, s’intravede quasi in ogni pagina una profonda pensosità sulle sorti
dell’uomo e sul suo travagliato cammino terreno.
Molti i richiami storici e le notazioni culturali Frequenti anche le citazioni di versi di autori insi-
gni della nostra letteratura, da Dante a Foscolo a
Carducci, ecc. Il regno risulta pertanto un’opera di notevole rilievo, che si pone tra quelle più riuscite
di Pirrera e certamente tra quelle che meglio valgo-
no a definire la sua personalità di scrittore.
Elio Andriuoli
AURORA DE LUCA
SOTTO OGNI CIELO
Genesi Editrice, 2012
Non tradisca la giovane età di Aurora De Luca!
La sua poesia, infatti, si presenta sempre con una freschezza espressiva che da sola avvalora la since-
rità del suo dire, del suo naufragare in braccio all’
amore, un amore senza tempo e che si tonifica, an-zi, ad ogni stagione grazie alla capacità della poe-
tessa di affermare a piana voce: “Può fermarsi il
tempo,/può farsi di vetro, può tirare vento, può e-splodere il cielo,/ma io vedrò solo i tuoi occhi”.
E’ un canto continuo, il suo: un girotondo di dolci
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 56
parole, di armoniosa intimità colloquiale, di subita-
nee accelerazioni in direzione della luce e di quelle
braccia che tendono ad abbracciarla mentre, di ri-flesso, “le mie braccia si fanno casa”... Non ci sono
cali di ispirazione a frenare l’espandersi dei versi.
Non si registrano vuoti di tensione, di suoni intimi, di passaggi in punta di piedi oppure consistenti co-
me il marmo anche allorquando veste a festa pae-
saggi ed atmosfere, vendemmie e terremoti, spiag-ge ed aquiloni...
Aurora De Luca sembra possedere innata l’ ele-
gante altalenarsi di fioriture e di profumi, cosicché ogni composizione poetica diventa un quadro dall’
intimità coinvolgente, non invasiva comunque e
mai fine a se stessa. Ha detto Rosa Elisa Giangoia che la poesia, tra l’
altro, “è una gara tra le emozioni e le parole, nel
tentativo di saggiare qual è la tenuta di una parola, la sua potenzialità e capacità espressiva, la sua effi-
cacia funzionale, soprattutto la sua relazione con l’
emozione”. A nostro avviso, Aurora De Luca sta vincendo
questa “gara” e lo stanno a testimoniare i commenti favorevoli fin qui ricevuti da critici e addetti a lavo-
ri di consolidato livello; tra questi anche Domenico
Defelice e Sandro Gros-Pietro che hanno scritto ri-spettivamente la prefazione e la postfazione a “Sot-
to ogni cielo”, una silloge di oltre novanta poesie e
suddivisa in quattro sezioni tra loro intersecanti: “Autunno”, “Inverno”, “Primavera” e “Estate”.
Il quadro della copertina (“Paesaggio con farfal-
le” di Salvador Dalì), del resto, anticipa, con la sua pienezza coloristica e prospettica, la colorazione
calda e pregnante delle poesie di Aurora De Luca,
che, ne siamo convinti, e non da ora, dovrebbe ri-servarci altre e positive sorprese. Ovvero la con-
ferma che è sulla giusta strada per guardare lontano
perché (sono parole sue) “non albergo che in stanze sospese,/dove trovarvi non si può piccoli segni,/ma
cose grandi,/che non sono né singoli silenzi né mai
distanze,/ma piuttosto luoghi d’eterno:/assenza,
partenza, ritorno, essenza”.
Fulvio Castellani
GIANNI RESCIGNO
NESSUNO PUÒ RESTARE
Prefazione di Giannino Balbis, Interventi critici di
Franca Alaimo e Fulvio Castellani - Genesi editri-
ce, Tornino 2003, pp.117 € 15,00.
Comincio col dire che Giannino Balbis, Franca
Alaimo e Fulvio Castellani ci offrono una lettura e interpretazione puntuale e centrata di quest'altra sil-
loge poetica di Gianni Rescigno, il quale con il
passare del tempo si riconferma un poeta ben dota-
to, sensibile, profondo, originale per temi e lingua.
Nel sempre più affollato Parnaso contemporaneo la poesia del poeta salernitano spicca per tematiche e
stile. Rescigno ha un modo tutto suo di costruire e
di modulare la poesia. Una poesia che appartiene solo a lui e con la quale dice il suo esistere, la sua
vita, i suoi pensieri, e lo fa, anche in questa silloge,
attraverso un mezzo linguistico essenziale, efficace, breve, denso di significati. Questa nuova raccolta
che mi provo ad indagare e analizzare presenta una
struttura omogenea, compatta, nella quale sono trat-tati vari momenti esistenziali, emozioni, ricordi,
temi. Il titolo è svelante: "Nessuno può restare
sempre/ tra terra e mare ad aspettare ./Bisogna lava-re l'anima con le lacrime ed asciugarla / alla tra-
montana di febbraio" ( Nessuno può restare, p. 15).
Come dire che se nessuno può restare in carne ed ossa sulla terra, la poesia invece no, resta, rimane
sempre. Una poesia, questa di Gianni Rescigno ni-
tida e sostanziosa che mostra pure la fede che il po-eta ripone in essa. Difatti Rescigno crede fortemen-
te nella poesia, e anzi come ci è dato leggere in Sa-remo ancora uomini "verrà tempo in cui / di nuovo
parleranno le parole /e i poeti passeranno / a cantar-
lo per le strade./ Cosi il cuore imparerà ad amare. / Sorriderà la gioia, piangerà il dolore,/ saremo anco-
ra uomini./una mano sull'anima dell'altro/e a Dio
col pensiero" (p. 239). Dio, amore, morte, paesag-gio, ricordi, elementi biografici sono in questa nuo-
va silloge poetica in cui si ammira essenzialità ed
efficacia espressiva, pronta come nei versi che cito: "Anche se del vento in fuga /sono foglia secca / a
giorni visti in sogno /spero d'arrivare" (p.27), e an-
cora: "voli e riposi di mente la vita:/uccello che so-gna traversate /e ritorna" (Voli e riposi, p.31). Re-
scigno si fa apprezzare come poeta in quanto ha un
modo tutto suo di dire la vita, le sue sofferenze, i suoi dolori: "Di giorno di notte/per le vie del san-
gue /camminano i dolori./ Non sentirli è come non
vedere /il cielo per la prima volta:/gioia e pace d'in-
finito" (p.86). Una poesia ricca di immagini, piena
di fluidità linguistica. I versi si susseguono snelli e
leggeri in una narrazione lirica (e penso a testi quali Aprile portò la tua morte, Si va avanti, Cosi cam-
minava Cristo stamattina, ad esempio). La poesia di
Rescigno è di una nitidezza, chiarezza lampanti: “Se a un vecchio dici ciao /gli hai regalato un gior-
no di felicità. Se fai finta /di non vederlo gli hai o-
scurato /il sole fino all'ora degli angeli" (p.59: Se a un vecchio ).
Rescigno vive di poesia e per la poesia, e ciò lo
rende sempre attraente e piacevole. La sua poesia nasce dal proposito di narrare liricamente la vita e
perciò procede sempre con immagini chiare e toc-
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 57
canti mai astruse o cervellotiche. Insomma Gianni
Rescigno vive di poesia e per la poesia:Rescigno o
meglio la sua poesia è il suo stile di vita, il suo mo-do di sentirla e autoascultarla, di avvicinarsi alle
cose e a Dio. C'è nella sua poesia il respiro e il bat-
tito della sua vita: “ non passa giorno /che non ho per te/ pensieri d'amore ./Devo tutto al tuo albero
/che non si stancò di fruttificare /pazienza e ore
d'attesa,/E le primavere da cui /presi odori e profu-mi / furono abbondanti di fiori" ( Non passa giorno,
p. 799). Ci troviamo davanti a un bel viaggio poeti-
co tutto all'insegna della poesia: "Si resta soltanto con le ore./ E non le conti./ Cosi comincia l'eterni-
tà" (Soltanto con le ore, p.95).
Carmine Chiodo
SALVATORE SANNA
CARILLON
edizioni Edicampus,Roma 2013
Il volumetto, che ha visto la luce nella collana
"Poesia" (diretta da R. Caputo) è formato da sonet-ti"naif" e da altri versi, da un dialogo teatrale e da
un "monologo della sera" e infine da Note critiche.
L'autore è il sardo Salvatore Sanna (lasse 1951). Sanna è di Colangius (Gallura) ma da parecchio
tempo vive a Genova. Ora trascrivo altre notizie
biografiche contenute nel quarto di copertina del volumetto: "è un illustre sconosciuto (ovviamente
Sanna); vive da 60 anni a Genova, dove si è laurea-
to in Lettere classiche superando mille contestazio-ni da parte dei suoi professori, allarmati dal suo spi-
rito carillonesco, che già da allora dava vistosissime
prove di sé". Inoltre si apprende che ha vinto qual-che premio letterario nei primi anni del Duemila e
per vari anni i suoi scritti sono stati respinti dagli
editori e direttori di riviste ma da un paio d'anni "fi-nalmente” collabora alla rivista "il Bandolo" di Pa-
lermo, per gentile concessione del direttore Prof.
Gianfranco Consiglio, al quale invia, da suo, sonet-
ti, sonetti caudati e sonettesse". Ogni estate fa ritor-
no in Sardegna per rinfrescare la sua vena all'aria
lieve e marina della sua isola. Tutto qui. Orbene la stessa Prefazione di Sanna al suo libretto ci permet-
te di capirlo nelle sue parti poetiche, teatrali e criti-
che di cui risulta composto. Perché Carillon? Ed ecco che il poeta risponde.
“Per la sua piccolezza, innanzitutto. E poi per il vi-
vo, estremistico gusto dell'antico, dell'arcaico, del grazioso, del retrò, dell'orecchiabile, diciamo anche
dell'ingenuo, che vi si dispiega, tanto nei versi
quanto nelle prose". Certo in questo volumetto c'è tutto quanto il gusto, le predilezioni letterarie, il suo
amore per il classico, il suo spirito, quello di Sanna,
munito di spirito "carillonesco" che emerge qui in
tutta la sua portata e pienezza. Sanna è un poeta, un
prosatore, un critico che segue la sua vena, che mo-stra i suoi gusti classici come dicevo prima e come
è ampiamente testimoniato da ciò che scrive. Sanna
non è certamente uno sprovveduto anzi dimostra una vasta cultura classica e letteraria. Insomma l'
Autore sa il fatto suo e poi si fa leggere e lo si legge
con piacere perché ci coinvolge con i suoi versi ric-chi di profumo poetico, di quella lingua, di quelle
immagini che non si trovano quasi più in tanti poeti
odierni che affollano il Parnaso contemporaneo, au-tori più che di versi di esercitazioni letterarie oppu-
re di versi senza testa e neppure cosa. Sanna si dif-
ferenzia nettamente da costoro e nei suoi sonetti perfetti per contenuto e metrica, lingua, ci fa assa-
porare l'autentica, genuina poesia presentata con un
linguaggio classico che rende molto bene gli stati d' animo del poeta, i suoi pensieri, il suo modo di sen-
tire sé e la vita, il suo modo di descrivere la natura e
il paesaggio. Dai sonetti si sprigiona nettezza e niti-dezza lirica, una melodia che rende belli e godibili
questi testi, di cui voglio citare alcuni versi: "Qualche solinga nuvola leggera /s'impiglia all'aspra cima di
quel monte ./ E' nuovo oggi il mormorio del fonte,/
fervida canzon di primavera" (Sonetti naif, I, p. 9); "Con le tue burrascose sinfonie,/ immortale creatura,
tu deridi/ lo so, l'umana futilità" (p. 10), e infine: "E l'
arbor polveroso al ciel protende / i rami adusti; siede il viatore;/ e una quiete in aria si distende / solenne,
immensa di muto torpore” (Afa, p. 12). Dai sonetti si
passa poi ad altri componimenti poetici ricchi di pen-siero, essenziali: " Le membra giacciono / esauste ed
inerti / ma l'anima non è sazia." ( Postea, p. 15) oppu-
re: "Nulla più resta /dello strazio del tempo /ma spar-ge il suo oblio / nell’anima/l'ardente sapore dei giorni
perduti," (Le memorie, p. 16). Nulla in questa limpi-
da poesia è cervellotico e artefatto ma è tutto sentito e provato e poi la lingua è fluida, chiara come ci è
dato constare in La vita: "E' un ideale di profili vo-
luttuosi / da inseguire" (p. 16).
Nella parte o sezione poetica del volumetto si ri-
trovano infine anche altri versi scorrevoli, fluidi,
sciolti, balzanti e guizzanti, scattanti che animano il dialogo tra Lia e Biagio, una ninfa e un Satiro, vo-
glioso, quest’ultimo di far sua la sfuggente Lia. I
versi si snodano facilmente e con disinvoltura: "E-gli è Biagio Satirello/ ed all’erta sempre
sta;/delicato, smilzo e bello,/ riccio bruno e crespo
ha/- La mia ninfa, che celata /nella selva sempre sta,/ or non so dov'è celata,/ quella cara mia beltà."
(p. 19) e poi il finale, l'incontro tra il satiro e la nin-
fa: "-Cara, dolce, cara Lia./- Biagio, fermati costà./- No, ti piglio; ed or sei mia./- Inseguita e presa m'
ha" (p. 23). Comunque negli scritti raccolti nel vo-
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lumetto si mostra chiaramente la cultura di Sanna, il
suo modo semplice, naturale di dire le cose con una
evidenza. La stessa cosa si nota nel dialogo teatrale tra Sereno e Niccolò, due amici e scolari che sono
seduti su un panchetto ai margini "di un bosco, in
una notte del secolo scorso" e parlano di varie cose: di stelle, di desideri, di vita, di morte, ma pure di
donne, e anche di pensatori e di arte. Insomma si
sente e si avverte come Sanna si serve della sua cul-tura letteraria e classica, di cui ampiamente si serve
per dire i suoi pensieri, le sue emozioni, o per spe-
cificare certe situazioni esistenziali o naturali. Ap-parentemente semplici questi scritti di Samma ma
che hanno un complesso significato esistenziale e
poi mostrano una scrittura che è leggera, naturale, comunicativa e ciò ci invoglia a leggerlo. Insomma
un carillon, questo di Sanna, che ha una musica
piacevole, garbata e che si ascolta ben volentieri. Cosi si leggono pensieri notazioni che tutto somma-
to dicono il mondo interiore dell’autore, con un lin-
guaggio che non è ermetico ma molto comunicati-vo, come dicevo poc'anzi, che alcune volte diventa
ironico, sarcastico, ammiccante, attagliandosi bene alle varie situazioni che di volta in volta sono speci-
ficate. Cosi pure nel Monologo della sera si ammira
geometria stilistica e densità di pensieri e di metafo-re, la capacità che l'Autore ha di usare la letteratura
e la poesia nell'esprimere certi sentimenti e mo-
menti esistenziali. Tutto vien detto con estrema na-turalezza e garbo. Questa naturalezza, misura,
stringatezza che si apprezza pure nelle note critiche
che riguardano autori come Dante, Leopardi, Man-zoni, Palazzeschi, Moretti, Corazzini, Saba, la De-
ledda ("dignitosa scrittrice"), e poi Pavese, Verga,
che secondo Sanna , per "valore poetico "è superio-re alla triade costituita dal Pascoli, dal Carducci e
dal D'Annunzio e quindi lo scrittore siciliano me-
rita di essere "annoverato come l’ultima grande vo-ce dell’Italia antica" (p. 63). Questo libretto di Sal-
vatore Sanna si legge tutto d'un fiato e con piacere e
si assapora - lo ribadisco - la bella poesia e la scrit-
tura non letterariamente fine a se stessa. Salvatore
Sanna ha molta sensibilità e cultura e ciò gli per-
mette di descrivere a fondo la vita, la natura e lo fa attraverso un'arte onesta e sincera. Certamente que-
sto carillon di Salvatore Sanna emette una musica
ricca di semplicità e di buona melodia. Non c'è po-sto per la banalità. Fa bene Sanna a seguire la sua
vena, una vena fatta di semplicità e di profondità .
Sanna ha qualcosa da dire e la dice con molta chia-rezza e poi sa scrivere sonetti come le prose e pure
nella critica mostra chiarezza e buon gusto e prepa-
razione culturale. In Carillon c'è tutto l'uomo Salva-tore Sanna.
Carmine Chiodo
BRANDISIO ANDOLFI
NEL TEMPO DEL GIORNO E DELLA NOTTE
Bastogi - Aprile 2013
È uscito in questi giorni l’ultima fatica poetica di
Brandisio Andolfi. Poeta prolifico tanto che questa è la 17^ raccolta. Di chiara e comprensibile forma
letteraria, il volumetto di circa 70 pagine si con-
traddistingue per due cose. La prima è di carattere editoriale. Con questo volume la casa editrice inau-
gura una nuova collana dal titolo: la ricerca poeti-
ca. Per cui il volume del Brandisio ne porta il nu-mero uno. La seconda particolarità è la copertina la
cui illustrazione è tratta da una tempera su carton-
cino realizzata dalla figlia del poeta, che è ottima disegnatrice.
La prefazione è stata curata da Massimiliano Mir-
to. Nel leggere la raccolta abbiamo notato che è
sempre presente il forte legame che esiste tra il poe-
ta e la natura. Per questo già definii la sua come una poesia bucolica. Osservazione che riprende anche il
Mirto nella prefazione. Messa da parte questa ormai chiara connotazione,ci piace osservare che in que-
sta raccolta il bucolico è affiancato alla riflessione
profonda, alla ricerca del senso delle cose, all’ ac-cettazione – più che la comprensione - dell’ ance-
strale. Qui è la memoria che detta i versi, la quale è
però solo il magazzino dove sono riposte tutte le cose che hanno non solo segnato la sua vita, ma che
l’hanno costruita giorno a giorno secondo il dise-
gno dell’Eterno divenire. La raccolta allora prende questa volta: una piega filosofica. Il Poeta in ottima
salute ma avanti negli anni, riflette sulla stanchezza,
il caos, l’eccesso di questa vita fin troppo tecnolo-gizzata. La stanchezza è sotterranea ma c’è, tanto
che dice : Se lo portavano, i naviganti celesti, lon-
tano,/ in un luogo dove si vive una vita diversa … Avanti nella lettura il pensiero del Poeta, con le sue
considerazioni, si snoda e fluisce attraverso le cin-
quanta liriche in un apparente caos. Non è così per-
ché, se si riflette, nella narrazione poetica si passa
dalla prima poesia RUMORI a STAMATTINA NEL
CIELO, e poi a seguire FIGLIA DELL’AMORE e così fino all’ultima lirica, al racconto delle varie ore
del giorno partendo dal mattino e arrivando fino a
sera. Il Nostro,quindi, mette in versi tutte le fasi del suo ciclo giornaliero di vita,che non è però solo vi-
vacità,speranze,ricordi. Vi è come accade ad ogni
poeta, e direi ad ogni uomo,anche un momento pa-nico che porta sconforto, gelo, rassegnazione. Il
nulla e il bene marciranno raccolti/dal vento cele-
ste in umidi fossi bui. Parte tutta una riflessione sul-la vita,sul bene,il male,su quello che si è fatto o che
si poteva fare,ma che non è stato possibile fare.
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Spunta improvvisa una punta di dolore che il Poeta
definisce personale se è fisico, universale quando
invece, senza procurare ferite apparenti,lacera più di una lama di coltello rigirata nelle carni. È la
mancanza dell’umana comprensione che lo fa sof-
frire. Basta leggere i versi della poesia IL DOLORE È PERSONALE. Serpeggia qui, come in tutte le sue
raccolte,il sottile dispiacere dell’umana gente che
non sa essere felice in quanto non si accontenta del poco o meglio non sa ricercare nel poco quella
grandezza che l’Eterno vi ripone. Emblematico di
questo pensare è la confessione di non essere mai stato in giro per il mondo,eppure esso non gli è
sconosciuto. L’avidità del conoscere gli ha permes-
so, soprattutto da giovane, di viaggiare attraverso lo studio sui libri,avendo come compagna l’ immagi-
nazione. Oggi, ed è l’unico caso in cui esalta la tec-
nologia, la sua voglia di conoscenza è soddisfatta dalla televisione e dall’uso di internet. Viaggi po-
tremo dire virtuali, ma che a lui bastano per ampli-
are gli orizzonti delle conoscenze, che sono l’unico cruccio a cui l’uomo,per la sua caducità,deve ri-
nunciare nella morte. Anche in questa raccolta, an-che se di forte essenza filosofica, in fondo il suo è
un canto alla bellezza: in qualsiasi modo e sotto
qualsiasi forma essa si presenti. Perfino la morte è apprezzata e ritenuta caldo conforto nella quale av-
vilupparsi come fa il seme con la terra. Bellissimo
paragone che fa dire al Poeta quanto, senza accor-gersene, l’uomo sia frutto e seme. Procedendo nella
lettura delle liriche, c’è una continua altalena sulla
quale si dondola la bellezza: l’afa cenerina; i monti lontani; gocce di gelida grandine; brillava di gioia
l’anima; carezza tenera; protezione amorosa; l’ al-
ba rosea come le labbra di mia madre. Tutti geniali e spontanei moti dell’animo. E si potrebbe continu-
are facendo una estrapolazione verso per verso. È
incessante e continuo in tutta la raccolta, consape-volmente e forse a volte anche inconsapevolmente,
l’inno alla bellezza che poi altro non è che la glori-
ficazione della vita. L’Andolfi non si distacca mai
da questo concetto di semplicità-bellezza ,e consi-
dera la semplicità dell’umile e umiliato quotidiano
,come l’unica cosa che può resistere e sovrastare la ferocia e la vanità dei piaceri terreni. Per cui un ge-
sto, un evento, una notizia, una delicata intima os-
servazione acquisiscono valore di mito proiettando-la in metafora poetica. Ci vengono in mente i versi
del poeta americano Ferlinghetti, che inneggiando
alla bellezza dice: … con la bellezza ho dormito / a modo mio … e così ho versato un altro paio di poe-
sie/ su un mondo alla Bosch. Il pittore fiammingo
che nelle sue opere dà una rappresentazione plasti-ca del demoniaco. Basta guardare i volti dei perso-
naggi che affollano le sue tavole. Però le sue pitture
sono anche contemplative mettendo in risalto il pa-
esaggio con il suo acuto senso del colore. Torna, in
questo raffronto, ancora una volta l’Andolfi bucoli-co, che dipinge la sua poesia con gli sgargianti co-
lori della natura. C’è ancora in questa raccolta,come
nelle altre, la voglia e più ancora la necessità di cantare l’umile, il tempo umano. Quel tempo in cui
Pasolini si strugge e gli fa dire …. all’arso tempo,al
tempo vano,/ assordato dalle vane feste/ dell’umile gente, al tempo umano,/ al tempo allegramente ter-
restre,/ al tempo che vive il suo incanto. Coglie il
suggerimento l’Andolfi, anche se non né ha biso-gno, in quanto l’incanto per il Nostro poeta ed a-
mico è presente vive e si realizza sempre in qualsia-
si momento,senza soluzione di continuità “nel
tempo del giorno e della notte”. Ci spiega nella
poesia che dà anche il titolo alla silloge, che l’uomo
vive questa continua veglia giorno-notte perché è il seme prediletto dell’Eterno e il suo fruttificare e
crescere è solo un attimo di quel finito che diverrà
infinito. Il poeta ci costringe alla considerazione che altro non siamo che piccolo punto vagante nella
immensità celestiale.
Salvatore D’Ambrosio
ANNA VINCITORIO
PER VIVERE ANCORA
Guida, 2012
Anna Vincitorio ha temperamento agonistico.
Napoletana, trasferita a Firenze da bambina per fuggire alle bombe della guerra, realizza per prima
cosa che Firenze non ha il mare. Mai conosciuta
una persona che, nata in un posto di mare, quando si allontani per tutta la vita non lo rimpianga. Il ma-
re è l'acqua materna, non si dimentica. Ma è que-
stione di temperamento, Anna ricorda senza eccessi di nostalgia, osserva la realtà con animo oggettivan-
te e insieme introspettivo. Per vivere ancora (Gui-
da, 2012) è la rappresentazione che Anna fa a se
stessa del nuovo mondo che l'ha accolta. Firenze, di
tutto ricca fuorché di mare, richiede alla bambina
uno sforzo adattativo all'operosa borghesia impie-gatizia che la famiglia si trova a frequentare. Firen-
ze è la commedia della vita, routinaria e in fondo
tragica, come tutte le cose che richiedono impegno e adattamento.
Napoli vive nel ricordo della bambina, città
sghemba e rumorosa, prorompente di vitalità. Na-poli introiettata, città immaginifica dell'ottimismo e
del sogno, unico luogo ove tuttora si compie “il mi-
racolo del sole che vince le tenebre”. Anna bambina fugge da Napoli, dalle bombe, dai
tedeschi “cattivi che volevano uccidere il suo pa-
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pà”. Napoli luogo della scoperta lirica del mondo,
dove tale Renata Masella canta di sera “scetate Ca-
rulì che ll'aria è doce”. Luogo, anche, delle scoperte emozionali (la casa degli ebrei) e paniche (la stanza
“proibita” dove la bambina va di nascosto, ricetta-
colo di oggetti dismessi, un pianoforte scordato, un bambolotto). Ricordo, da bambino, un solaio a me
ugualmente proibito, a Cavriago della mia infanzia:
la mia coraggiosa incursione di nascosto, la visione di un manichino da sarta, ovvero una donna nera
mutilata di testa braccia e gambe, la mia fuga pre-
cipitosa. Anna raggiunge Firenze nell'età in cui la mente fatica a riconoscere il corpo che sta cam-
biando: “Lei (Anna) camminava un po' curva per
non vedere il seno che sbocciava sotto la blusa di colore azzurro”. La bambina fatica a riconoscere se
stessa in un ambiente (Firenze) che non conosce. Si
sente osservata, senza essere padrona di sé né pa-drona del luogo. E' possibile che da questa espe-
rienza derivi l'acuta sensibilità percettiva della Vin-
citorio: un forzato addestramento all'osservazione (altrui) dal momento che, acutamente, si è sentita
osservata. E' altrettanto possibile che l'esperienza percettiva
di quel periodo abbia condizionato le qualità e-
spressive della Vincitorio. Segue infatti nel libro la rappresentazione di una galleria di personaggi, tutti
ugualmente provvisti della stessa inquietudine per-
cettiva di Anna. Come la bambina non è padrona della nuova città, così i personaggi rappresentati
non sembrano padroni del mondo, né sembrano pa-
droni della propria consistenza relazionale. Così troviamo Ermanno, per traslazione proiettiva con-
centrato come Anna sulle poppe, però non sulle
proprie ma su quelle della mamma. Ermanno, da grande, sarà pericoloso. Così Adua, scombiccherata
pittrice impura, traslazione proiettiva dell'artista
(Anna, poeta) nell'artista (Adua, pittrice). Così gli ospiti della casa di riposo, gente in carrozzella che,
come Anna bambina a Firenze, non riconosce il
luogo oppure lo definisce “di transito”, nell' attesa
di ritornare a casa per le cure (materne, succedanee)
della badante. Su tutti i personaggi grava l'
imprinting dello spaesamento della bambina trasla-ta a Napoli, tutti descritti come sospesi, provviso-
riamente e faticosamente, nel mondo.
Personaggi come soldati ungarettiani, foglie d'au-tunno. Fino a che spazio e tempo diventano luogo
metafisico, dal Qui-ed ora all'Altrove-per sempre.
Vodù, il portoricano, esegue riti magici per trovare il filo di conduzione fra il regno dei vivi e il regno
dei morti. Con qualche illusione caleidoscopica, ma
inutilmente: “come una lucciola” è la sua luce. Quando invece, al termine della galleria di perso-
naggi, compare l'unico totalmente in sintonia con la
vita: è “l'ultimo clochard” della costa labronica, che
vive “senza ore”, ancorato alla percezione oggettiva
del mondo, alla terra, al Qui-ed ora dell'esistenza. Nell'ultima traslazione proiettiva, Anna è l'ultimo
clochard: si affranca dalla magia dell'ineffabile e
guarda, oggettivamente, il mondo. Così osservando, non è tanto la realtà che informa
il sentire di Anna. E' Anna che informa la realtà
oggettiva del proprio sentimento. Fossimo in pittu-ra, si chiamerebbe Espressionismo.
Rossano Onano
LIANA DE LUCA
UBALDO RIVA
alpino poeta avvocato
Genesi Editrice 2013 – Pagg. 160 € 16,00
In occasione del cinquantenario della morte di
Ubaldo Riva, Liana De Luca ha svolto un’analisi
approfondita sul suo percorso umano e letterario, come si evidenzia dallo stesso titolo di quest’ultimo
volume “Ubaldo Riva – alpino poeta avvocato”. L’arma degli alpini è sempre stata nel cuore di
Riva, tanto da indurlo ad arruolarsi volontario nella
prima guerra mondiale per partecipare attivamente ai tragici avvenimenti del conflitto. Già da allora i-
nizia il connubio con l’attività poetica, e nel volume
Di guerra e di pace sono raccolte le liriche inerenti a quel periodo. Inoltre, nel giornale “Vittoria” che
aveva fondato, erano pubblicati i fatti salienti di
trincea. In un altro suo libro importante, Scarponate, rac-
conta ciò che gli è accaduto assieme ai compagni di
ventura (molti dei quali deceduti) e le tante sensa-zioni provate; tutto ciò in contrasto con la bellezza
del paesaggio in cui si trovavano. Ma riguardo alla
guerra e agli alpini Riva ci ha lasciato ancora altri volumi di poesia e testi in prosa; un coinvolgimento
che continuerà con la seconda guerra mondiale, alla
quale fu richiamato solo per poco tempo, ma per la
quale si attiverà privatamente nel campo della resi-
stenza aprendo nel suo studio un centro di attività
clandestina, venendo poi arrestato e imprigionato. Un personaggio quindi di primo piano che si distin-
gue per coraggio, integrità morale e abilità di scrit-
tura, tanto da essere sempre convocato per le cele-brazioni pubbliche del dopo guerra.
Il suo impegno era rivolto anche ad altri ambiti,
ed ebbe molti incarichi. Fu Presidente del Gruppo italiano scrittori di montagna per il suo grande amo-
re per la montagna, consigliere del Cenacolo Oro-
bico, socio dell’Ateneo di Scienze Lettere e Arti, ecc.
Liana De Luca continua l’analisi entrando ancor
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 61
più nel merito del mondo letterario e poetico di Ri-
va per evidenziare, oltre all’abilità di scrittura, i vari
contatti con i personaggi del tempo, e rendere noti alcuni momenti della sua
vita privata. Dalle liriche che ha scelto
di proporci possiamo comprendere meglio il sentire di Riva ed ammirare
la sua limpida voce di poeta. Non solo,
poiché De Luca considera pure lo scrittore e saggista, rivelando l’ acco-
stamento di Riva verso altri noti per-
sonaggi, come Baudelaire, Poe, d’ Annunzio, ecc.
L’ultima parte del volume è dedicata
a “L’ avvocato”, dove emerge la figura professionale di Riva, ma inizia con l’
originale processo da lui intrapreso
verso Carducci, Verdi, San Francesco, nella sezione “Trittico italiano” del li-
bretto “Due saggi”. La vita professio-
nale evidenzia un uomo ligio al dovere, onesto e generoso, tanto che non chiede compenso ai biso-
gnosi, e riguardo all’esperienza acquisita troviamo molteplici considerazioni che nell’insieme amplia-
no la sua visione sull’ambiente giuridico e svelano
ulteriormente il suo pensiero. L’instancabile Liana De Luca ha svolto quindi
un’ulteriore ricerca, molto approfondita, per darci
la possibilità di conoscere meglio ed apprezzare un altro personaggio importante, un uomo che fa parte
della nostra storia e che merita di non essere dimen-
ticato.
Laura Pierdicchi
DOMENICO DEFELICE
ELEUTERIO GAZZETTI
Cantore della Valpa-
dana
Il Croco - I quaderni let-
terari di Pomezia-Notizie
– Maggio 2013
L’instancabile Dome-nico Defelice ci dona
una nuova opera di sag-
gistica per farci conosce-re un altro personaggio
italiano molto importan-
te, che merita di non es-sere dimenticato: Eleute-
rio Gazzetti.
In tanti anni di profes-sione letteraria Defelice
ha incontrato noti scritto-
ri e artisti, con i quali ha poi intrecciato rapporti di
sincera amicizia, potendo in questo modo conoscer-
li più approfonditamente. Tra questi appunto Gaz-zetti, pittore e scrittore modenese di talento e parro-
co della parrocchia di Sozzigalli di Soliera, che pur avendo al suo attivo un’ importante carriera lettera-
ria e oltre duemila opere pittoriche, non si è mai ri-
tenuto un personaggio, anzi, voleva essere conside-rato solo un parroco.
Per ben trent’anni Defelice ha seguito e appro-
fondito l’opera gazzettiana e al riguardo ha pubbli-cato con Pomezia-Notizie una raccolta di liriche,
diversi articoli e due monografie. In quest’ultimo
saggio, pur soffermandosi sia sul considerevole vo-lume Cardinali, vescovi e abati nella storia delle
diocesi di Modena e Nonantola (sec. IV – sec. XX),
nel quale è trattata analiticamente la storia della Chiesa modenese con le rispettive successioni di
vescovi e cardinali (e perciò di una rilevanza asso-
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 62
luta), sia sulle tante opere inedite che meriterebbero
di essere pubblicate (e per questo si rivolge agli e-
redi sperando di sensibilizzarli in proposito), Defe-lice concentra la sua attenzione sulla vasta opera
pittorica di Gazzetti. Possiamo in tal modo immer-
gerci nelle pennellate e nei colori dell’artista (dallo stile impressionista) che creano paesaggi quasi fia-
beschi. Tele che rispecchiano il suo animo poetico
mediante l’uso di tutti i colori della tavolozza. De-felice considera diverse opere descrivendone il con-
tenuto in modo capillare, tanto da renderle vive, re-
ali all’occhio del lettore. Nella seconda parte della raccolta Defelice consi-
dera “Il poeta e lo scrittore” indicando le sillogi
pubblicate da Gazzetti, ma ricordando pure le opere rimaste nel cassetto per mancanza di denaro. Nel
proporci per ogni volume una scelta di liriche, ap-
profondisce sia l’analisi strutturale del verso sia le motivazioni sensibili e psicologiche del poeta. Sco-
priamo in questo modo l’io profondo di Gazzetti, i
suoi ricordi, la semplicità del vivere e soprattutto il grande amore verso Dio. La silloge La voce dell’
uomo è tutta rivolta al dialogo di Gazzetti con Cri-sto, ma contemporaneamente è una grande lezione
di fede che illumina il lettore alla ricerca della veri-
tà e gli fa comprendere il senso dell’esistenza. Come accennato all’inizio, Defelice evidenzia l’
opera rimasta inedita Proverbi miei e passatempi
tuoi, nella quale Gazzetti descrive tutti i vizi dell’ uomo moderno con toni che rasentano anche la sa-
tira (più di 500 testi). Per questo importante volu-
me, che meriterebbe senz’altro di essere pubblicato, Defelice si rivolge ai parenti di Gazzetti, ai quali a
suo tempo ha dovuto restituire tutto il materiale in
suo possesso, già prefato e pronto per l’edizione. La terza parte di questo interessante saggio è de-
dicata alle “Lettere”. Qui è raccolta la corrispon-
denza intercorsa in tutto l’arco del loro rapporto, o
meglio, le lettere che Defelice ha ricevuto poiché di
quelle spedite a Gazzetti non ha tenuto copia, tran-
ne una. Vi troviamo la voce diretta del personaggio, il suo modo di confrontarsi, la sua riconoscenza
verso il critico Defelice e nello stesso tempo l’ am-
mirazione per Defelice poeta e scrittore. Uno spac-cato di vita dal quale emergono le problematiche
quotidiane, le relative emozioni, le prospettive di
scrittura e di pittura, e così via. Come sempre, con questa esauriente analisi Defe-
lice è riuscito a presentarci in toto il personaggio
Eleuterio Gazzetti; un uomo di Dio ma anche un grande artista, poeta e scrittore. Un personaggio che
senza dubbio non merita l’oblio, anzi, si spera che
la sua voce possa rinascere con la pubblicazione del volume rimasto inedito.
Laura Pierdicchi
Immagini Pag. 61: Eleuterio Gazzetti: Paesaggio (olio su
truciolato, 30 x 40, proprietà famiglia Mario Rezza,
Roma); Eleuterio Gazzetti: “Uomini fummo, ed or sem
fatti sterpi” (Dante Alighieri: Inferno, canto XIII, verso 37)”, olio su tela 40 x 60.
In questa pagina: Eleuterio Gazzetti: Paesaggio
toscano, 1969 (olio su tela 30 x 50, proprietà fami-glia Mario Iannitto, Pomezia, RM).
ANDREA CAMILLERI
L’INTERMITTENZA
Mondolibri S. p. A., 2011 - Pagg. 172
Il Presidente Mannelli, capo dell’omonima azien-
da, sta per fagocitare l’azienda Birolli, oramai sull’ orlo del fallimento, e provvede a che Mauro De
Blasi, Direttore del per-
sonale, e Guido Marsili, vicedirettore (la Volpe
e il Cane, come astuzia
e mentalità), provveda-
no a forzare la mano al
vecchio Birolli affinché
accetti le condizioni ca-pestro da lui escogitate
affinché il fallimento di
quello divenga un suc-cesso personale (specie
sul piano fiscale) dell’
azienda da lui fondata e gestita.
A sua volta, Marsili è
l’amante in carica di Marisa, moglie di Mauro. Marisa è una puttana fat-
ta e finita, ma mentre il marito è uno scopatore
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 63
za fantasia, Guido è ANCHE un uomo di cultura.
Legge poesie (e per questo, è considerato un creti-
no, nell’azienda). Mauro a sua volta concupisce Licia Birolli, sedu-
cente nipote del vecchio Birolli… e segretaria mol-
to privata di Ravazzi, detto Buco Nero (un Sindona odierno, esperto in crack finanziari ovunque capiti).
Ci sarebbe poi anche il sottosegretario Pennacchi,
nato a Gallarate e cognato del sindaco di un paesino di provincia, che, come tutti i politici italiani, è ono-
revole solo di nome… essendo un Giano Bifronte,
amante di mazzette e scambi di favori… Il resto… sono azioni più che prevedibili e paro-
lacce gratuite ad ogni piè sospinto!
Un libro del genere, da parte di Camilleri, scrittore raffinato e incomparabile giallista, fa davvero me-
raviglia che sia uscito dalla penna di un Autore si-
mile! Finora, aveva stupito (in senso positivo) tutti noi per le belle storie narrate (perfino quelle al di
fuori della saga di Montalbano). Ma ora è davvero
scaduto! A meno che questo prodotto di basso costo, buono
per la massa mediocre ed allineata alla qulturra di regime, non sia stato un suo esperimento personale
per dimostrare di essere uno scrittore versatile.
Tutto è possibile. Io personalmente sono rimasto deluso di questo
testo. Una volgare storia di corruzione tipica dell’
Italietta del III Millennio… che può essere ascoltata ad ogni TG, di non importa quale rete TV, ogni sera
che Dio manda in Terra!
Ma è solo il mio modesto parere. Ai posteriori l’ardua sentenza (come disse un cal-
ciatore, raffinato cultur… ista!).
Andrea Pugiotto
LA DIFFERENZA
Una volta
sul tram
si leggeva
il giornale.
Oggi
invece
sul tram
si leggono
i messaggi
al telefonino.
Il mondo cambia:
non occorre più
sedersi al tavolino!
Mariano Coreno Melbourne
IPPOCAMPO
Ippocampo
ti incontrai per caso
mentre passeggiavo
nelle basse acque.
Ti presi tra le mani
così esile, miniaturizzato,
sembravi sorridere
con quel musetto
simile a quello dei cavalli arabi,
veloci creature del deserto.
Ti immaginai grande come loro,
un destriero del mare
sul quale montare,
per correre e scoprire
i segreti della nostra esistenza.
Colombo Conti Albano Laziale
DIRUTA DAL VENTO
Diruta dal vento,
misera dimora
che domini la costa,
tra giunchi e fichi d’india,
molti ricordi celi.
Vita di pescatori
velata di tristezza,
rispettosa del mare,
che dona a caro prezzo
il pane quotidiano,
farina mista a segala
che riscalda i cuori
innanzi al focolare,
nelle ore di attesa,
nei momenti del ritorno.
Colombo Conti
STORIE
Quando noi guardiamo dall'alto
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 64
pendio della collina,
vediamo uomini che a mani giunte,
a denti stretti raccontano
storie di vita e di ogni cosa,
chi erano allora, com'erano
le città nelle quali vivevano.
Rivivendo con i loro occhi la gioia
della terra, ora noi qui fissiamo il cielo
e fra i suoi pannelli di nuvole
scivoliamo via verso il silenzio
dei fiori.
Ogni cosa che accade è sempre perfetta,
tutto ritorna nei luoghi che riaffiorano,
cullandosi nella malinconia.
Ecco le piccole stelle appaiono
fra gli alberi ed i cipressi,
poi all'alba ci benedice
il nuovo volgere del giorno, il sole nascente.
Nessuna traccia purtroppo di noi;
il mondo ci dimenticherà come soffio
di vento che passa.
Adriana Mondo
SENZA LOTTA
Alla gallina è morto il gallo.
Intontita dal bisogno di sesso
s’accovaccia se la sfiora un merlo,
il gatto randagio,
se le passa accanto un bambino.
Senza lottare si darà alla volpe
se giungerà stanotte.
Domenico Defelice
STA ARRIVANDO L’ESTATE
Sta arrivando
l’estate:
stanno arrivando le lunghe
e calde giornate,
sta arrivando
il futuro
e porta novità
e nuove speranze
che ognuno
di noi
si attacca
essendo
amici
della vita.
Loretta Bonucci Triginto di Mediglia, MI
D. Defelice: Il microfono (1960)
NOTIZIE DIVAGAZIONI SU GIORDANO BRUNO
(GUERRI) - Gli oroscopi, come le previsioni del
tempo, godono di una certezza di previsione del 50%. Succede non solo alle cartomanti, ai maghi,
agli astrologi, ma anche a importanti rappresentanti
della intellighenzia. Premetto che io soffro di insonnia. Spesso di not-
te mi sveglio e mi posturo davanti al televisore con
in genere buoni risultati. Così, poco prima dell’ ul-timo conclave per l’elezione del nuovo papa, a me-
tà di una nottata in bianco (purtroppo non ho segna-
to la data esatta) assistetti alla conclusione di una tavola rotonda. Il coordinatore pose una domanda
finale ai tre intervistati: “Che nome pensa assumerà
il nuovo papa?”. Il primo interlocutore rispose: “Ma, non saprei!”.
Il secondo: “Bah!, staremo a vedere!”. Il terzo,
Giordano Bruno Guerri, in piena sicurezza affermò: “Non so che nome sceglierà, ma certo non si chia-
merà Francesco!”.
Qualche tempo dopo Giordano Bruno Guerri, Presidente del Vittoriale, partecipò (si fa per dire,
poiché la sua fu come un’apparizione fra un aereo e
l’altro e pertanto per la sua “disponibilità” ricevete
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 65
molti ringraziamenti e manifestazioni di giubilo)
nella città dove vivo a un convegno dedicato a d’
Anunzio, anzi ne era il luminare. Nei dieci minuti concessi a pubblico divulgò il suo ultimo libro sugli
“amori carnali” di Gabriele, quelli noti e quelli se-
greti dell’ultimo periodo di vita trascorso al Vitto-riale, elencò nomi e fatti, costrizioni da parte del
Vate perché donne del passato assistessero a incon-
tri con donne del presente, pettegolezzi da portine-ria (con tutto il rispetto per le colf) che aveva sco-
perto in diari inediti delle clarisse del suo harem.
L’intervento si concluse con l’assicurazione che lui mai aveva tradito sua moglie e i suoi due figli.
Insomma se il rogo era la giusta punizione per
Giordano Bruno, non poteva costituire l’apoteosi di Giordano Bruno GUERRI.
Liana De Luca
*** COMUNICATO - Carissimi Accademici Cavalie-
ri e Dame e Amici,
nell'augurarvi di trascorrere una serena e rilassante estate, ho il piacere d'informarVi che è uscito il
nuovo libro del nostro Preside, di cui allego coper-tina in Pdf.
Il titolo è "La chiesa di San Michele Arcangelo di
Ponte Buggianese. Un paese, la sua storia" pp. 368 + 32 pagine di foto a colori, Euro 20,00, Edi-
zioni Anscarichae Domus.
Presentazioni di S.Em.za il Sig. Cardinale Paul
Poupard, Presidente Emerito del Pontificio Consi-
glio della Cultura; Rev.mo Padre Bernard Ardu-
ra, Presidente del Pontificio Comitato di Scienze Storiche; Dott. Pier Luigi Galligani, Sindaco di
Ponte Buggianese e Prefazione del M.to Rev. Don
Franco Turchi, Arciprete e Rettore della Chiesa-Santuario di Ponte.
Il volume sarà presentato ufficialmente a Ponte
Buggianese sabato 26 ottobre 2013 dal Presiden-
te del Pontificio Comitato di Scienze Storiche
che verrà dalla Città del Vaticano. La vostra presenza sarà particolarmente gradita.
Fraternamente
Claudio Falletti di Villafalletto Gran Cancelliere Accademia Collegio de' Nobili
***
PREMIO NAZIONALE PAESTUM - CIN-
QUANTAQUATTRESIMA EDIZIONE 2013
per la poesia, la narrativa e la saggistica . Si può
concorrere con uno o più elaborati (poesie in
lingua ed in vernacolo, novelle, racconti e saggi)
ma i componimenti partecipanti (da inviare in 5
copie chiaramente dattiloscritte, di cui una sola
firmata e con l’indirizzo dell’autore) devono es-
sere accompagnati dalla quota di euro 20 (per
concorso alle spese di segreteria e di organizza-
zione). Si consiglia l’invio a mezzo raccomanda-
ta. Ogni poesia non deve superare i 40 versi ed
ogni elaborato in prosa deve essere contenuto
entro le 4 cartelle dattiloscritte a spazio due. Il
tema è libero. Sono in palio medaglie del Presi-
dente della Repubblica e di altri organi istitu-
zionali, targhe e trofei eccetera. Chiedere rego-
lamento completo. Inviare i componimenti entro
il 10 settembre 2013 all’indirizzo: Anna Manzi -
Accademia di Paestum – Segreteria Concorsi
Letterari – Via Trieste 9 – 84085 Mercato S. Se-
verino (SA) Per informazioni: 347.6214259
***
ANCORA AUGURI AL NOSTRO MENSILE - Da Rieti, Sandro Angelucci, e-mail del 16.07.2013:
Domenico carissimo,/ quarant'anni di passione co-
me quella che tu hai profuso nella pubblicazione della tua creatura dimostrano - qualora ce ne fosse
ancora bisogno - che l'impegno, se non è sorretto
dal vero e incondizionato amore per la bellezza e la cultura, è destinato miseramente a fallire. Pomezia-
Notizie, da quando ho avuto la fortuna di conoscer-la e di collaborarvi, non ha mai tradito questi inten-
dimenti. E' per questo che si è sempre distinta e si è
ritagliato un posto di assoluta rilevanza, e non solo tra le riviste italiane. E' per questo che la sua longe-
vità, oltre a rappresentare un valore, è segno di sti-
ma da parte di tutti quegli scrittori che ne hanno colto l'autenticità. Ti giungano, dunque, anche da
parte mia, gli auguri più belli e sinceri per il tra-
guardo raggiunto, insieme all'assicurazione che mai ti farò mancare il mio apporto per darle ancora vita.
Con affetto,
Sandro Telegramma da Roma del 13/07/2013: Felice e
commossa del suo successo meritatissimo invio gli
auguri più fervidi e tutta la mia soddisfazione per quello che merita per il suo importante lavoro.
Adriana Nobile Civirani
MATRIMONIO
Giuseppe IANNITTO (nipote del nostro diretto-
re) e Mirella PATRASCU annunciano il loro Matrimonio che sarà celebrato nell’Episcopia Or-
todossa Rumena, di Via Ardeatina 1741, Roma, il
31 agosto 2013, alle ore 17. Giuseppe e Mirella dopo la cerimonia saluteranno parenti e amici al
Ristorante “Mediterranea”, in via Litoranea km 8
Capocotta, Roma. Agli sposi e ai parenti tutti, gli Auguri più affet-
tuosi della grande famiglia di Pomezia-Notizie.
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 66
LETTERE
IN DIREZIONE
E-mail del 15.07.2013, da Vicenza:
Caro, carissimo Poeta,
si, perché è al Poeta ed al suo cuore in palpito
sempre, che voglio parlare di lei, di Sonig
Tchakerian, violinista d'eccezione e guida
d'orchestra, quando si tratta di Vivaldi, delle
sue Quattro stagioni ed anche delle Mezze
Stagioni, un andirivieni da Vivaldi al sax Pie-
tro Tonolo, che ha improvvisato le Mezze
stagioni, in variazione, con i suoi due sax.
All'interno di questo ampio evento, la XXII
edizione delle Settimane Musicali al Teatro
Olimpico di Vicenza, con tema 'Mozart e la
Spagna', lei appare sciolta, sorridente e di-
sponibile ad intrattenere il pubblico delle con-
ferenze, se si è di pomeriggio, o quello del
Teatro, quando si fa prima protagonista nelle
esecuzioni dal vivo, nella storia e nella didat-
tica dell'acustica, nell'orchestrare eventi e no-
vità senza sforzo. Curiosa, imprevedibile,
preparatissima, introduce e spiega Bach e le
partiture che andrà a presentare con il suo vi-
olino, capelli neri, lisci, sciolti sulle spalle, in
maniera intima e diretta, attraverso la quale
ha scandagliato ogni minima traccia che il
musicista ha inteso mettere in rilievo nella
partitura. Ecco perché Sonig dice il vero
quando afferma l'intento di 'liberare Bach' e
portarlo così, vivo, a tutti. Ti regalerò per Na-
tale il suo doppio CD 'Johann Sebastian
Bach: Sonatas and Partitas', per la Decca Re-
cords, registrato in diretta nella Chiesa di
Santa Croce degli Armeni, a Venezia, nel Lu-
glio 2012 e lei, Sonig Tchakerian è colta in
una posa smemorante, piedi nudi ed accocco-
lata a terra, con il suo violino adeso al ventre
ed ai seni, occhi chiusi in sogno, sorriso con-
sapevole di una gioia, della quale al pubblico
arriva tanto, direttamente e senza intermedia-
zioni di sorta: è suo intento far respirare Bach
anche a chi la ascolta e così spiega la partitu-
ra, tutte le voci e gli andamenti del pezzo, le
sue svolte significative, i temi ed i fugati sulle
diverse corde, ripresi via via che la creazione
si sviluppa, con rimandi, richiami, variazioni
ed interrogativi poi conclusi nelle tappe suc-
cessive e consequenziali. Questo strumento -
che per me è mitico la sua parte, dato che in
casa ho quello del mio nonno materno, che
per anni ha suonato come primo violino di
spalla nell'orchestra di Arturo Toscanini -, tra
le sue mani produce sonorità uniche ed irripe-
tibili, perché lei, appunto, si libera e ci mette
il respiro come elemento fisico, che lascia a-
derire alla partitura senza sforzo, provando e
provocando rivoluzione. Abilità tecnica e pro-
fonda competenza interpretativa vengono of-
ferte al pubblico a piene mani, con una since-
rità d'intenti che contamina. In quella sua
immagine sul CD ho ravvisato la tua
'Metamorfosi', disegno bellissimo, silenzioso
ed in movimento in vortice: si, quella fanciul-
la, seduta a terra, nudi i piedi per aderire me-
glio alla matrice, piena d'una gioia quasi i-
gnota ai più, con altre forme intorno che si
stanno trans-formando grazie a lei, sembra
proprio metafora di quanto ci accade, se an-
diamo senza riserve nei messaggi in musica
che lei, che Sonig Tchakerian ci presenta in
dono. Il mondo tutt'intorno, persone e cose, e
quello musicale in particolare, lei li sceglie
come supporto e sfida e sorgente della sua cu-
riosità: questa è una forma di intelligenza ve-
ra, che le consente di fare esperienza piena
della realtà che la circonda e da lì poi prende
le mosse, per divertirsi ed investigare nelle
zone tutte aperte al suo sguardo ed al suo ap-
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 67
proccio di musicista, si, anche quelle che non
hanno confini. E senza confini è il suo rap-
porto con la musica, di Bach, di Vivaldi, di
Paganini, di Beethoven e fino ai temi più spe-
ricolati dell'improvvisazione, che l'hanno le-
gata al concerto del 14 giugno, 'Mozart e la
follia', a fianco di Pietro Tonolo, sax, e di Pa-
olo Birro, pianoforte, un trio, questo, in for-
mazione nuovissima che ha sperimentato te-
mi noti e partiture nuovissime, perché, pro-
prio Tonolo ha eseguito una sua composizio-
ne, 'Follia'! E la Spagna entra, andalusa e gi-
tana, con sonorità jazz: quella sera anche Mi-
les Davis ed i suoi 'Flamenco Sketches'. Que-
sto concerto era stato presentato in anteprima
all'Odeo del Teatro Olimpico dal grande mu-
sicologo Lorenzo Arruga, saggio, entusiasta,
segreto la sua parte ed aperto alla gentilezza,
sensibilissimo. I due, fianco a fianco, sono
legati dalla curiosità acuta che tratta con con-
fidenza le cose della musica contemporanea e
dell'improvvisazione, nella quale Sonig Tcha-
kerian sta muovendo i primi passi, con il suo
violino e gli altri due, Pietro e Paolo, la inco-
raggiano e ne seducono la tensione d'intelli-
genza. Brava anche in questo nuovo mondo
non facile, perché libero, perché libera e pro-
pone catarsi, perché arriva ad esplorare sono-
rità timbriche imprevedibili, in a solo e in dia-
logo con gli altri due strumenti.
E poi c'è lui, Giovanni Battista Rigon, per tut-
ti 'Titta': dopo le esecuzioni, lei e lui, mai in-
sieme sul palcoscenico, si fondono e si con-
fondo tra gli altri, disponibili e complici, al
tempo stesso: si sfuggono, si rincorrono, si
appropriano l'uno dell'altra per poi riprendere
la corsa in fuga sulle piste differenziate delle
partiture, vivacissimi ed accesi alla Bellezza
che è Armonia, in quell'unità che placa Poros
e Penìa, l'intelligenza d'amore e l'ansia dell'at-
tesa di appagamento, perché, finalmente, si
scopre che sono insieme l'uno il risvolto dell'
altra, in una realtà doppia che supera ogni
ambiguità, quasi identificazione con quell'es-
sere primitivo, il tutt'uno prima dei due che
nel 'Convivio' di Platone è in grado di sfidare
gli dei, proponendo una dimensione di felicità
che li rende, loro divinità eterne, profonda-
mente gelosi, a tal punto gelosi da dover im-
porre una punizione sovrana e quanto mai in-
giusta. L'unitutto, essere amanteamato in gioia
ed in rotolante rotondità, verrà tagliato a metà
così i mortali passeranno la loro vita in tristez-
za per le due differenti sessualità che hanno
snaturato l'unità originaria, alla ricerca della
metà giusta alla quale erano appartenuti nel
tempo archetipale. Non così per questi due, che
amano e si amano e lo danno a vedere, tra-
smettendo nelle loro esecuzioni la loro dimen-
sione professionale che si intride di questa e-
sperienza a due, indipendente e raffinata, sem-
plice e sconvolgente, senza parametri d'attrac-
co e pure così in ansia di perfezione nello stile.
Entrambi, differentemente, ne traggono sfu-
mature interpretative ed esecutive rigorose,
appassionate, divertite, personalissime.
Nel libretto associato al CD Lorenzo Arruga
firma 'Sonig suona Bach: appunti per un dia-
rio' e sostiene, quasi in bisbiglio: “Sonig ap-
poggia il violino sulla spalla, l'archetto sul vi-
olino, e uno sciame rapidissimo di note ir-
rompe fuori come ne fosse stato prigioniero.
Nitidissime, riconoscibili per nome ai musici-
sti, escono dal profondo dello strumento,
s'aggirano qualche secondo nei vortici lumi-
nescenti di Sol minore, poi fuggono ad esplo-
rare e conquistare lo spazio. Qui nella piccola
chiesa veneziana degli Armeni, benché vuota,
di spazio non ce n'è molto ed anche l'aria non
dà respiro: siamo alla fine di uno sfiancante
luglio... Ma Sonig non ha scelto questa sede
per giocare con i prodigi dell'acustica. In un
momento magico della sua professione, dopo
tanta musica da camera, le incisioni dei Ca-
pricci di Paganini e delle Sonate per violino e
piano di Beethoven, il prestigioso insegna-
mento a Santa Cecilia, per incontrare Bach si
vuole ritirare in un sacro luogo che risponde
alle sue origini, immersa nell'intensa storia
della sua vita e nelle ansiose attese del suo
pensiero....C'è chi ha scritto: per eseguire
Bach bisogna liberarsi, ed è molto vero. Ma
una volta, quasi per caso, parlando insieme a
me, a Sonig è sfuggito: 'Bisogna liberare
Bach'. Non solo dalle mode, dalla voglia di
farne uscire effetti, o del cupo matematico
POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 68
culto della sua autorità e perfezione. Ma da
tutto quello che limita la sua sconfinata verità.
Un incontro che non abbia timore dell'ardi-
mento nella fantasia, dell'azzardo nelle con-
traddizioni, nella grazia che può rendere tutto,
ma proprio tutto, messaggio di colori e gran-
de canto. Forse se avesse avuto delle ore in
più per la registrazione, malgrado tutto il suo
perfezionismo, Sonig le avrebbe passate un
giorno prima, sola, nella chiesetta degli Ar-
meni, ad aspettare....” (Lorenzo Arruga, otto-
bre 2012).
E tu, poeta e cantore della donna, delle rime e
dei ritmi di natura e di vita, quando avrai que-
sto CD tra le mani, ascolterai le sue magie, ne
vedrai il volto, dolce, pensoso o in sorriso e la
scoprirai bambina, con il violino in spalla ed
il tutù bianco, mentre il suo Papà la guarda
divertito. Sotto, una dedica: 'Al mio babbo,
come parole di riconoscenza e nostalgia. So-
nig'.
Ilia Carissima Ilia,
noterai come questo numero sia pieno all’ invero-simile, sì da non permettermi una risposta adegua-
ta alla tua lettera. Ho dovuto annullare anche le
rubriche dei Libri ricevuti e delle Riviste! Ti porgo solo una preghiera: abbracciami i tuoi grandi ami-
ci, assicurandoli che il mio cuore freme come il
tocco delle loro note e che al loro alto canto osa
mescolarsi quello umilissimo della mia poesia.
Domenico
AI COLLABORATORI
Si invitano i collaboratori ad inviare i testi (pro-
dotti con i più comuni programmi di scrittura e
NON sottoposti ad impaginazione) composti con
sistemi DOS o Windows su CD, indicando il si-
stema, il programma ed il nome del file. E’ ne-
cessaria anche una copia cartacea del testo.
Mantenersi, al massimo, entro le tre cartelle (per
cartella si intende un foglio battuto a macchina
da 30 righe per 60 battute per riga, per un totale
di 1.800 battute. Per ogni materiale così pubbli-
cato è necessario un contributo volontario). Per
quelli più lunghi, prendere accordi con la dire-
zione. I testi inviati come sopra AVRANNO LA
PRECEDENZA. I libri, possibilmente, vanno
inviati in duplice copia.
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www.issuu.com al link http://issuu.com/ dome-
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