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mensile (fondato nel 1973) Direzione e amministrazione: Via Fratelli Bandiera, 6 - Tel. 06/91.12.113 - 00040 POMEZIA (Roma) - Fondatore e Direttore re- sponsabile: DOMENICO DEFELICE e-Mail: [email protected] Parziale distribuzione gratuita (solo il loco) Attività editoriale non commerciale (art. 4, D.P.R. 26.10.1972 n. 633 e succ.ve modifiche) - Per abbonamenti (annuo, € 40; sostenitore € 60; bene- merito € 100; una copia € 5.00) e per contributi volontari (per avvenuta pubblicazione), versamenti sul c/c p. 43585009 intestato al Direttore - Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 213/93 del 23/5/1993 - La collaborazione, sempre gratuita, in parte è libera, in parte è per invito. Ogni autore si assume la responsabilità dei propri scritti - Manoscritti, fotografie e altro materiale, anche se non pubblicati, non vengono restituiti - É ammessa la riproduzione, purché se ne indichi la fonte . Per ogni controversia, foro competente è quello di Roma. Poste Italiane S.p.A. Spedizione in Abbonamento Postale 70% - DCB - ROMA Anno 21 (Nuova Serie) n. 8 - Agosto 2013 - € 5,00 Don ELEUTERIO GAZZETTI in un saggio di DOMENIO DEFELICE di Giuseppe Anziano L Croco-Maggio 2013, che fa parte dei quaderni letterari di Pomezia Notizie, presenta un saggio di Domenico Defelice su don Eleute- rio Gazzetti, cantore della Valpadana, della zona ubertosa,, produttrice di Lambrusco, lungo il fiume Secchia, “ ora grandioso nelle pie- ne, ora rigagnolo ciarliero e veloce, tra macchie di robinie e canne, ora pigro nelle anse, dalle sponde sempre coronate di fiori”. La silloge, che si articola in tre parti -- Il saggi- sta e il pittore Il poeta e lo scrittore Le lette- re ---, rappresenta uno spaccato della condizione umana, evidenziato con grande efficacia da De- felice, capace di penetrare a fondo nella psiche umana e metterne a nudo gli aspetti più significativi, e si segnala per la connotazione personale che l’autore dà ad essa, per la registrazione di sue esperienze di vita, dei suoi sentimenti in chiave filosofico-letteraria,---offre lo spunto per una riflessione profonda sui valo- ri più autentici dell’esistenza, sulle tematiche di alto contenuto umano e religioso----, per il rilievo con cui viene descritto un mondo cir- coscritto, un microcosmo, di cui coglie i va- ri aspetti. Defelice nella prima parte, dopo aver trac- ciato sinteticamente la vita di don Eleuterio, nato in provincia di Modena nel 1917, par- I

Pomezia Notizie 2013/8

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Periodico d'arte, cultura e scienza a cura di Domenico Defelice

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Page 1: Pomezia Notizie 2013/8

mensile (fondato nel 1973) Direzione e amministrazione: Via Fratelli Bandiera, 6 - Tel. 06/91.12.113 - 00040 POMEZIA (Roma) - Fondatore e Direttore re-sponsabile: DOMENICO DEFELICE – e-Mail: [email protected] – Parziale distribuzione gratuita (solo il loco) – Attività editoriale non commerciale (art. 4, D.P.R. 26.10.1972 n. 633 e succ.ve modifiche) - Per abbonamenti (annuo, € 40; sostenitore € 60; bene-merito € 100; una copia € 5.00) e per contributi volontari (per avvenuta pubblicazione), versamenti sul c/c p. 43585009 intestato al Direttore - Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 213/93 del 23/5/1993 - La collaborazione, sempre gratuita, in parte è libera, in parte è per invito. Ogni autore si assume la responsabilità dei propri scritti - Manoscritti, fotografie e altro materiale, anche se non pubblicati, non vengono restituiti - É ammessa la riproduzione, purché se ne indichi la fonte. Per ogni controversia, foro competente è quello di Roma.

Poste Italiane S.p.A. Spedizione in Abbonamento Postale 70% - DCB - ROMA

Anno 21 (Nuova Serie) – n. 8 - Agosto 2013 - € 5,00

Don ELEUTERIO GAZZETTI in un saggio di

DOMENIO DEFELICE di Giuseppe Anziano

L Croco-Maggio 2013, che fa parte dei quaderni letterari di Pomezia Notizie, presenta un

saggio di Domenico Defelice su don Eleute-

rio Gazzetti, cantore della Valpadana, della

zona ubertosa,, produttrice di Lambrusco,

lungo il fiume Secchia, “ ora grandioso nelle pie-

ne, ora rigagnolo ciarliero e veloce, tra macchie di

robinie e canne, ora pigro nelle anse, dalle sponde

sempre coronate di fiori”.

La silloge, che si articola in tre parti -- Il saggi-

sta e il pittore — Il poeta e lo scrittore — Le lette-

re ---, rappresenta uno spaccato della condizione

umana, evidenziato con grande efficacia da De-

felice, capace di penetrare a fondo nella psiche

umana e metterne a nudo gli aspetti più significativi, e si segnala per la connotazione personale

che l’autore dà ad essa, per la registrazione

di sue esperienze di vita, dei suoi sentimenti

in chiave filosofico-letteraria,---offre lo

spunto per una riflessione profonda sui valo-

ri più autentici dell’esistenza, sulle tematiche

di alto contenuto umano e religioso----, per il

rilievo con cui viene descritto un mondo cir-

coscritto, un microcosmo, di cui coglie i va-

ri aspetti.

Defelice nella prima parte, dopo aver trac-

ciato sinteticamente la vita di don Eleuterio,

nato in provincia di Modena nel 1917, par-

I

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POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 2

All’interno:

Nido primigenio, di Antonia Izzi Rufo, pag. 5

Cagliostro, I misteri di via dell’Amorino, Sua Santità, di Giuseppe Giorgioli, pag. 6

Il Monviso e il fiume Po, di Leonardo Selvaggi, pag. 16

XXXIII Edizione Premio Letterario Internazionale Città di Pomezia 2013 (risultati e mate-riale di: Nazario Pardini, Innocenza Scerrotta Samà, Antonio Damiano, Antonia Izzi Rufo, Maria Luisa Da-

niele Toffanin, Andrea Masotti, Edio Felice Schiavone, Francesco Salvador, Anna Maria Bonomi, Enzo

Cavaricci, Tito Cauchi, Noemi Lusi, Mariagina Bonciani, Claudio Carbone, Santo Consoli, Monica Fioren-tino, Clementina Maddalena Pilla, Carmela Perri, Angela Maria Tiberi, Anna Trombelli Acquaro, Paola In-

sola, Leda Biggi Graziani, Maria Coreno, Filomena Iovinella, Elisabetta Di Iaconi, Francesco Martillotto,

Silvana Andrenacci Maldini, Caterina Margheri, Giuseppina Taddei), pag. 19

Amore e morte nella poesia di Antonia Pozzi, di Luigi De Rosa, pag. 45

Eleonora Cogliati: Anima, di Giuseppe Leone, pag. 48

In viaggio con Pierre Boulez, di Ilia Pedrina, pag. 50

I poeti e la Natura (Carlo Olivari), di Luigi De Rosa, pag. 53

Notizie, pag. 64

RECENSIONI di/per: Elio Andriuoli (Il Regno, di Carmelo Pirrera, pag. 55); Fulvio Castellani (Sotto o-

gni cielo, di Aurora De Luca, pag. 55); Carmine Chiodo (Nessuno può restare, di Gianni Rescigno, pag.

56); Carmine Chiodo (Carillon, di Salvatore Senna, pag. 57); Salvatore D’Ambrosio (Nel tempo del giorno e della notte, di Brandisio Andolfi, pag. 58); Rossano Onano (Per vivere ancora, di Anna Vincito-

rio, pag. 59); Laura Pierdicchi (Ubaldo Riva alpino poeta avvocato, di Liana De Luca, pag. 60); Laura

Pierdicchi (Eleuterio Gazzetti cantore della Valpadana, di Domenico Defelice, pag. 61); Andrea Pugiotto (L’intermittenza, di Andrea Camilleri, pag. 62).

Lettere in direzione (Ilia Pedrina a Domenico Defelice), pag. 66

Inoltre, poesie di: Mariagina Bonciani, Loretta Bonucci, Lorella Borgiani, Colombo Conti, Ma-

riano Coreno, Domenico Defelice, Luigi De Rosa, Adriana Mondo, Teresinka Pereira, Maria

Luisa Spaziani

Pomezia-Notizie è disponibile anche su: issuu.com/ domenicoww/docs/p._n._2013_n._8

roco dal 1954 di Sozzigalli di Soliera, dove

ha operato con solerzia, restaurando la Scuola

Materna Istituto San Giuseppe, la monumen-

tale Chiesa Parrocchiale di stile neoclassico,

costruendo la nuova Parrocchia ed organiz-

zando numerose mostre personali — in tale

contesto ha dimostrato capacità creativa, e-

stro singolare --, parla della sua attività di

saggista, da un lato soffermandosi sull’opera

“Cardinali, vescovi e abati nella storia della

Diocesi di Modena e Nonantola (sec. IV-

XX)”, ripartita in quattro parti, in cui traccia

la storia della Diocesi con la citazione dei ve-

scovi, che si sono succeduti in essa, nel corso

degli anni, dei vescovi modenesi che hanno

esercitato il loro apostolato altrove dal sec.

VII al Sec. XX, dei cardinali modenesi ed, in-

fine, di Nonantola e dei suoi abati, dall’altro

lamentandosi del fatto che molte opere sono

ancora inedite e che si auspica possano esse-

re sollecitamente pubblicate.

Per quanto concerne la sua attività di pitto-

re, don Eleuterio deve molto all’ Impressioni-

smo, il cui nome deriva dal paesaggio di Mo-

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POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 3

net –IMPRESSION-SOLEIL LEVANT—

1872- movimento ispirato ad un’ arte basata

essenzialmente sul colore e ad esperienze vi-

sive quali si determinavano nel lavoro all’ a-

ria aperta – en plein air-.

Don Eleuterio, a mio avviso, esprime il me-

glio di se stesso nella pittura, dove, senza in-

trusione dell’intelletto, che renderebbe la cre-

azione artistica fredda ed artificiosa, tale da

non suscitare emozioni nell’animo dl fruitore,

facendo leva sul suo spiccato spirito d’ os-

servazione, attraverso i colori della sua tavo-

lozza, ricca di essenzialità cromatiche, di luci

ed ombre sfumate, con pennellate morbide e

sciolte, trasfonde tutta la ricchezza del suo

mondo interiore, tutta la potenza del suo estro

creativo.

Da tal modo di dipingere risulta un mondo

variegato, che, interiorizzato e oggetto di pro-

fonda analisi, denota non solo una coerenza

di stile di pretto stampo impressionistico, pur

nella diversità dei soggetti ora relativi alla na-

tura e al paesaggio -- acqua - fiume - mare -

alberi - fiori - la fattoria - il casolare — ora

all’arte sacra — Il re dei Giudei — la Ma-

donna col bambino ---, ma anche un preciso

gusto estetico.

Paesaggio e figura sono, quindi, i temi

dominanti della sua produzione, il paesaggio

dove, in una vasta gamma di colori, con tinte

morbide e delicate, è evidenziata una natura

semplice, incantata, colta nelle sue forme,

nei suoi colori, la figura, invece, riproduce i

tratti delicati del viso, in una policromia cal-

da e corposa.

Nella seconda parte Defelice, nel rilevare

come in Eleuterio la poesia è sentita come

sogno d’amore, vagheggiamento supremo di

bellezza, come elevazione spirituale ed aneli-

to al divino, sottolinea che essa non ha valore

puramente documentario, ma riflette la storia

dei suoi sentimenti, dei suoi convincimenti

morali –fede - sociale - divino — in un lin-

guaggio di moderna e schietta semplicità,

che, rifiutando ogni forma solenne, non di-

sdegna di ricorrere ad espressioni comuni,

ma sentite.

In fondo, a mio avviso, la poesia non vale

tanto per quel che dice, quanto per quel che

suggerisce nell’animo del fruitore e deve ave-

re come fine non solo il godimento estetico,

ma anche la sensibilizzazione dell’individuo

nei riguardi dei problemi sociali..

Sono presentate poesie che abbracciano ar-

gomenti vari: Affetti familiari (Per un piccino

— La nonna ) - La presenza costante del di-

vino nell’uomo (Il tempo del Calvario) - La

crisi esistenziale per la solitudine dell’uomo

disorientato dal caos della vita quotidiana -

(E avviene) ed, in ultimo, Pensieri e Senten-

ze, elencazione di pillole di saggezza ”Quae

utilia sunt”.

Per quanto concerne la prosa, per Defelice,

Eleuterio è uno scrittore moderno, in posses-

so di una cultura che affonda le sue radici

nell’humus di una formazione classica, che

non disdegna di volgere il suo sguardo inda-

gatore alla società che lo circonda, piuttosto

deludente, tanto da indurlo ad esprimere giu-

dizi talvolta poco lusinghieri sulle virtù fem-

minili, negativi, invece, sul presuntuoso e sui

politici, interessati più al tornaconto personale

e… alle cene.

La terza parte riguarda il carteggio che è

intercorso tra il sacerdote e Defelice dal 1964

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POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 4

al 1998 - lettere per lo più di E. Gazzetti,

mentre di Defelice è riportata solo una , di

cui conservava la copia — dal quale traspare

l’amicizia che ha legato i due, amicizia che si

è esplicitata in una simbiosi spirituale evi-

denziata da scambi culturali, scambi di giudi-

zi sulle opere scritte, dai rapporti con altri e-

sponenti della cultura contemporanea, il tutto

in un linguaggio che evidenzia una creatività

esente da ogni manierismo e che costituisce

una nota particolare dell’autore.

Concludendo, bisogna dare atto a Defelice

di aver salvato con questo suo saggio dall’

oblio un autore poliedrico quale E. Gazzetti,

che ha dato un significato alla sua vita sia

con l’esercizio del suo apostolato sia con l’

interesse verso le varie espressioni artistiche.

Giuseppe Anziano In prima pagina: Eleuterio Gazzetti - Paesaggio (1969, olio su truciolato 30 x 40) e Cocomeri

(1968, olio su faisite 30 x 40).

Pag.3: Eleuterio Gazzetti: Nudo (Studio, 1966, olio su tela 30 x 40, proprietà Iscra, Pomezia,

RM).

ALI DI LIBERTÀ

Ali di libertà

agli angoli della strada

tra la povera gente

cui trema anche lo sguardo

dal sapore umano.

Un piccolo cielo

rischiara il giorno

tra impercettibili cose

di un pensiero assente

ai margini di una vita

che ritrova il suo sorriso

tra le gote

tra i frantumi di un amore

che rinviene pian piano

il suo paradiso

adirato il sentimento

si accavalla su silenzi stanchi

di ascoltare fumose parole

di un incerto senso.

Lorella Borgiani Ardea

NON FIDARSI

Un corpo bagnato

pesa di più

d’uno asciutto.

E quando cammino

sotto la pioggia

mi sento pesante

come se fossi un gigante!

Meglio non camminare

sotto la pioggia,

meglio non bagnarsi

e di non troppo fidarsi.

Mariano Coreno Melbourne

ALLELUIA ALLA... FANTOMAS

La sindrome di Stendhal è uno stato confu-

sionale, una specie di vertigine della bellez-

za che investe il visitatore alla quinta stanza

del Louvre. Il museo parigino è stato chiuso

per teppismo. I guardiani hanno indetto uno

sciopero per i troppi borseggi che non rie-

scono a controllare. Dalla sindrome di Sten-

dhal alla sindrome di Fantomas.

Rossano Onano

Non provi tenerezza, caro Onano,

di fronte a quei Francesi

alla sindrome ancora recettivi?

Da noi, stravaccinati,

che a tutto siamo avvezzi da millenni,

pure il borseggio è metabolizzato;

entrato è anzi nella istituzione,

custodi praticandolo e... fantasmi:

fa parte del pacchetto, del bidone,

con guida, cartolina e... pizzardone!

Domenico Defelice

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NIDO PRIMIGENIO di Antonia Izzi Rufo

MMAGINIAMO di essere dei giganti

che ad ogni passo che fanno in avanti si

lasciano dietro, non venti centimetri così

come noi piccoli uomini reali, rispetto ad essi

invisibili, ma decine di chilometri. Pochissi-

mo tempo impiegheremmo a percorrere il

terzo della parte solida di cui è formata la ter-

ra. E se facessimo una corsa ad occhi chiusi,

andremmo a cascare, senza accorgercene,

nella vastità delle acque che tre parti occupa-

no del nostro pianeta. Quel pezzetto di suolo

non ci basterebbe, sarebbe per noi insufficien-

te, non ci permetterebbe di muoverci a nostro

agio e di godere di uno spazio infinito e opte-

remmo per una bella nuotata nell’illimitata

distesa liquida.

Il mare esercita un forte magnetismo sull’

uomo, non tanto se infuriato avanza minac-

cioso con i suoi cavalloni, genera terrore e in-

duce alla fuga, quando, rilassato e in dormi-

veglia, ci sorride, lambisce i nostri piedi con

morbide onde civettuole mentre sostiamo o

passeggiamo sulla battigia, ammicca per in-

durci a scivolare nel suo seno, si compiace

ogni volta che, al suo cospetto, siamo sedotti

dal suo fascino irresistibile, dal suo manto di

seta turchese o azzurro smeraldo o di cobalto

o scintillante di miriade di stelle dai raggi

prodotte del sole, proiettati nella sua immen-

sità.

Nei lunghi giorni dell’autunno piovoso e

ventoso, nell’interminabile rigido inverno bu-

io, nel volubile tempo cangiante di primavera

pazzerella sogniamo l’arrivo, lento, dell’ esta-

te, nella speranza di poterci concedere una

vacanza al mare e rifarci della malinconia e

del freddo sofferti per mesi e mesi d’attesa,

costretti nel chiuso nella noia e nel grigio. E

quando la bella stagione arriva e ci stendiamo

finalmente sulla spiaggia bollente indorata dal

sole che ci tinge d’ambra la pelle e d’ ottimi-

smo lo spirito, ci sentiamo rinati, leggeri,

scissi da problemi e preoccupazioni, animati

solo da giubilo e voglia di vivere. Inneggiamo

al sole, al mare, alla spensieratezza; accanto-

niamo il pensiero del lavoro e della parsimo-

nia, appaghiamo desideri rimossi e respiriamo

la libertà, infinita, che nell’aria aleggia ad ali

spiegate e danza estasiata.

Ovunque volgiamo lo sguardo è incanto.

Non hanno orizzonte il cielo e il mare: è tutt’

uno l’immenso d’azzurro. Bianche vele, dia-

fane, scivolano eteree sulla superficie, sembra

che volino al di sopra delle acque; i gabbiani

sostano immobili sugli scogli; i bambini co-

struiscono e demoliscono castelli di sabbia

mentre gorgheggi spensierati lanciano in aria;

chi nuota chi passeggia in acqua; chi arriva

chi va via; brusio in sottofondo sotto gli om-

brelloni; chi riposa all’ombra chi è steso al

sole. Appaiono tutti senza pensieri i bagnanti.

Che bello! C’è aria di festa, di pace, hanno

tutti il viso disteso, amico.

Perché tanto amore per il mare? Per caso

esso è il padre dell’uomo e nel suo ventre è l’

origine della specie umana? Forse l’uomo

nacque da un pesce che, in un momento d’ira,

lo lanciò sulla terra? Scacciato dal regno ma-

rino, egli si adattò a vivere anche fuori dell’

acqua, come un anfibio. In lui, però, è rimasto

il ricordo della vita prima, del sapore e dell’

odore dell’acqua marina e tornare in essa è

come immergersi di nuovo nel liquido amnio-

tico del suo caldo e protettivo nido primige-

nio.

Antonia Izzi Rufo

VIAGGIO VERONA-PARIGI

......

Nel treno di Parigi antiche angosce

puntualmente ritornano: io arrivo

alla Gare de Lyon, gabbione fatiscente,

e al di là si spalanca il deserto.

Louvre? Bastille? Place Vendôme? Etoile?

Ça n’a jamais exixté, ma pauvre dame!

C’est la faute di scrittori passatisti:

frottole per sognatori, trappole per turisti.

.......

Maria Luisa Spaziani da L’anima del viaggio, in La Musa accanto, a cura di Eugenio Rebecchi - Blu di Prussia, 2012.

I

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POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 6

CAGLIOSTRO,

I MISTERI DI VIA

DELL’AMORINO,

SUA SANTITÀ di Giuseppe Giorgioli

I seguito vengono presentati tre libri

che a mio parere sono interessanti

per il periodo storico e politico in cui

le storie di questi tre libri sono ambientati, e

precisamente:

“Cagliostro” di Roberto Gervaso è ambien-

tato nel periodo precedente la Rivoluzione

Francese: Tale storia sembra quasi anticipar-

ne l’evento.

“I Misteri di Via dell’Amorino” di Gianan-

tonio Stella è ambientato nel periodo post Ri-

sorgimento: durante gli eventi raccontati si

possono vedere somiglianze con il periodo sia

attuale che di tangentopoli del 1992 per la

corruzione che viene descritta e che è presen-

te nella politica degli anni 1860 – 1900.

“Sua Santità” di Gianluigi Nuzzi è attuale e

descrive la corruzione presente nel Vaticano

in questi anni 2000 – 2012.

ROBERTO GERVASO

CAGLIOSTRO

Rizzoli Edizioni, 1992, pagg. 397, € 12,50

Roberto Gervaso sa come scrivere la storia,

sa come renderla leggibile senza farla appros-

simativa, sa fare ottima divulgazione senza

perdere mai il fascino del raccontare. Una let-

tura tutta da godere, ma istruttiva.

Un libro affascinante perché tratta della sto-

ria di Cagliostro, che diventò famoso perché

aveva viaggiato per tutta Europa facendo al-

chimie, profezie ed era iscritto alla Massone-

ria. E’ senz’altro una figura importante per la

recente storia dell’umanità in quanto nel rac-

conto già si intravedono i germi del cambia-

mento traumatico della Rivoluzione Francese.

Inoltre profetizzò alla Regina Maria Anto-

nietta la sua terribile fine.

Un personaggio scomodo senza dubbio, un

uomo misterioso a cui fece difetto la mode-

stia e a volte l’onestà, aveva un’intelligenza

straordinaria, eccellenti poteri occulti. Compì

infatti miracolose guarigioni, ebbe il dono

della preveggenza, fu profondo conoscitore

dell’alchimia.

La sua biografia è ancora oggetto di con-

traddizioni e di difficile interpretazione come

in effetti fu la sua avventura su questa terra.

In contrapposizione al “Secolo dei Lumi”,

epoca in cui visse, Cagliostro propose il

mondo dell’occulto e dell’inconoscibile.

Quando un uomo travalica gli schemi della

normalità, osa quello che i comuni mortali

non osano, quando mette in discussione le re-

gole del sociale, del perbenismo, quando

sconvolge gli schemi preordinati dalla classe

dominante, allora è destinato ad attirarsi l'o-

dio, lo scetticismo, la curiosità malevola e la

diffidenza ma spesso anche l'opportunismo di

chi lo vuole usare per i propri scopi e la storia

è colma di uomini che, andando contro cor-

rente, hanno pagato duramente la loro diver-

sità.

Ricercatore della vera saggezza, sostenne

che essa risiedeva nei misteri della civiltà e-

giziana e che l'antico Egitto fosse la culla di

tutte le scienze e l'origine di tutte le religioni,

fu fondatore altresì e Gran Cofto del rito egi-

ziano (vedasi a tal proposito il Capitolo 5: Il

gran Cofto). Tutta la sua vita fu improntata su

un unico pensiero: poter dominare la morte,

perché, riteneva, tutto si muove in virtù di es-

sa e forse dell'ossessione e della paura che ne

deriva.

La narrazione tratta della vita del Conte

Cagliostro, in realtà Giuseppe Balsamo, nato

a Palermo il 2 giugno1743. Era figlio di Pie-

tro Balsamo, un venditore palermitano di

stoffe, e di Felicita Bracconieri, fu battezzato

l'8 giugno 1743 con i nomi di Giuseppe, Gio-

vanni Battista, Vincenzo, Pietro, Antonio e

Matteo.

Il padre morì poco tempo dopo la sua nasci-

ta e Giuseppe fu accolto nell'istituto per orfa-

ni di San Rocco dove compì i primi studi, se-

guito dalla cura degli Scolopi. In seguito ven-

ne affidato nel 1756 al convento dei Fatebe-

D

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POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 7

nefratelli di Caltagirone.

Non è chiaro se scappò anche dal convento

o se semplicemente ne fu dimesso; in ogni

caso, tornato a Palermo, si rese responsabile

di una truffa ai danni di un fabbro sciocco,

avido e superstizioso di nome Marano, e per

sottrarsi ai rigori della giustizia, sarebbe fug-

gito a Messina, dove avrebbe conosciuto un

certo Altotas, forse un greco-levante, con il

quale avrebbe viaggiato in Egitto, a Rodi e a

Malta, e che Cagliostro indicò come suo pri-

mo maestro, che l'avrebbe introdotto, nel

1766, nell'Ordine dei Cavalieri di Malta; que-

ste notizie furono tuttavia fornite da Caglio-

stro in un suo Memoriale del 1786, nel quale

egli intendeva sostenere la leggenda di una

sua eccezionale formazione spirituale e vanno

pertanto ritenute altamente improbabili: quel-

lo che è certo, è che sulla figura dell'Altotas la

storia non ha mai fatto alcuna luce.

Nel 1768 il Balsamo è a Roma e vi è arre-

stato per una rissa nella Locanda del Sole, in

piazza del Pantheon: dopo tre giorni, è rila-

sciato grazie all'intervento del cardinale Orsi-

ni, di cui aveva nel frattempo conosciuto il

maggiordomo, don Antonio Ovis. È ancora

nel 1768, il 21 aprile, che Balsamo si sposa

nella chiesa di San Salvatore in Campo con

Lorenza Serafina Feliciani, una bella ragazza

nata l' 8 aprile 1751, analfabeta, figlia di un

fonditore di bronzo. Il certificato di matrimo-

nio è tuttora conservato e attesta che il Nostro

si chiama effettivamente Giuseppe Balsamo

ed è figlio del fu Pietro, palermitano: non vi è

traccia di alcun titolo nobiliare, né in partico-

lare del nome di Cagliostro. Nozze descritte

nel Capitolo 2 – “Lorenza”.

Cagliostro programma un viaggio a Londra

nella magia: a Londra soggiornò nel 1771 in

una palazzina di New – Compton – Street, nei

dintorni di Soho. Ritornò a Londra nel 1776 a

Whitcomb Street. Fu incarcerato a Kings –

Bench. Fu iniziato nella Massoneria in una

cerimonia presso la Taverna Reale a Gerard

Street, a Soho, assumendo il nome di Conte

di Cagliostro al posto del suo vero nome Giu-

seppe Balsamo. Fu iniziato anche al rituale

della Massoneria egiziana: nel Capitolo 4 vi è

una bella e completa storia sulle origini della

Massoneria.

Non considerando gli atti ufficiali della na-

scita della moderna Massoneria nel 1717, so-

no conosciuti come sicuri solo dei rari docu-

menti che precedono il 1717 e comunque non

prima della seconda metà del XVII secolo. La

vaghezza di questa documentazione è da ad-

debitare alla segretezza che allora i massoni

davano ai lavori di loggia. Tale carattere non

differisce da quello delle società iniziatiche

anche antiche, essendo l' iniziazione un aspet-

to sostanzialmente comune a tutte le culture

umane anche se con diversi scopi e cerimo-

niali.

In ambito massonico le radici ideali della

Massoneria vengono fatte risalire alla costru-

zione del Tempio di Salomone e in termini

storici essa viene ritenuta derivante dalle cor-

porazioni o gilde di muratori del Medioevo.

Tuttavia non esistono documenti, storicamen-

te accertati, che dimostrino la continuità tra

queste corporazioni e le logge massoniche di

cui si è accertata l'esistenza nella seconda me-

tà del XVII secolo. A motivo della mancanza

di documenti in Massoneria sono sorte molte

interpretazioni, mai dimostrate come vere,

sulla sua origine. Tali interpretazioni, atte più

a suggestionare che a documentare, non han-

no valore storico, come quella di essere una

discendenza diretta dei Poveri cavalieri di

Cristo e del Tempio di Salomone in Gerusa-

lemme (più noti come Cavalieri Templari)

oppure un ramo delle antiche scuole del se-

greto, o dei Collegia fabrorum romani, o una

conseguenza istituzionale delle corporazioni

medievali di muratori, per il tramite di mae-

stranze bizantine o italiche (tra queste, i co-

siddetti Magisteri comacini) operanti nell' Al-

to Medioevo. Le attività amministrative e

commerciali delle corporazioni massoniche si

svolgevano in sedi urbane, spesso palazzi

prestigiosi, non definite logge. Gli affiliati al-

le logge seicentesche e settecentesche erano

in gran maggioranza esponenti della nobiltà,

delle libere professioni e del commercio. Non

esistono documenti che possano spiegare i

motivi per i quali queste persone si raggrup-

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POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 8

passero e che cosa facessero durante le riu-

nioni. Le cerimonie massoniche erano, per il

poco che si sa, prettamente rituali e segrete.

La segretezza consisteva nel fatto che il ceri-

moniale, parole e azioni, era noto ai soli

membri della loggia e che tutto ciò che faceva

parte del cerimoniale, arredi, oggetti e altro,

veniva o distrutto o conservato in modo inac-

cessibile alla fine delle riunioni. Per questo

motivo nessuno, allora e oggi, sa che cosa

avvenisse realmente durante le riunioni e ogni

supposizione è di pura fantasia.

La Massoneria predica la libertà, l’ egua-

glianza e la fratellanza:, che costituiranno an-

che i germi della Rivoluzione Francese.

A Roma il Balsamo, discreto disegnatore,

vive falsificando documenti in complicità con

due conterranei, un sedicente marchese Allia-

ta e un certo Ottavio Nicastro, che morirà im-

piccato per aver ucciso l'amante. È proprio

quest'ultimo, insieme con il suocero di Ca-

gliostro, a denunciarlo come falsario e allora

Giuseppe e Lorenza, con il marchese, abban-

donano Roma per un lungo viaggio che li

porta fino a Bergamo: qui, continuando la

prediletta attività di truffatori, vengono en-

trambi arrestati, mentre l'Alliata riesce ancora

a fuggire. Rilasciati, si trasferiscono in Fran-

cia – ad Aix-en-Provence conoscono Giaco-

mo Casanova, che definisce Balsamo «un ge-

nio fannullone che preferisce una vita di va-

gabondo a un'esistenza laboriosa» - e ad An-

tibes, dove con i proventi della prostituzione

di Lorenza, si procurano il denaro per rag-

giungere, nel 1769, Barcellona. A causa

dell’attività di prostituzione di Lorenza, Ca-

gliostro e Lorenza avevano contratto la lue.

Cagliostro confida, forse troppo, nelle sue

capacità, e, lasciato il passato alle spalle, ri-

parte sempre da zero, si reca in Francia, pre-

cisamente a Strasburgo. Attraversando la

Germania, compie una sosta a Francoforte sul

Meno, una delle roccheforti dell' esoterismo

in Europa. I rapporti intessuti con gli adepti

delle confraternite del luogo, miranti a sov-

vertire l'ordine e il potere dei governanti, gli

creeranno la fama di cospiratore politico;

questo fatto sarà un'arma potente nelle mani

del Sant'Uffizio, durante il processo, tenuto

contro di lui nel 1790 (vedasi a tal proposito

il Capitolo 14: “Nelle fauci dell’ Inquisizio-

ne”). Cospiratore o no, Cagliostro era colui

che andava al di là delle apparenze, oltre la

superficialità.

La storia interessantissima di questo perso-

naggio vissuto nel XVIII secolo, che affasci-

nò mezza Europa (infatti viaggiò e dimorò

nei paesi seguenti: Olanda, Germania, Fran-

cia, Inghilterra, Russia, Polonia, Italia) con le

sue magie, stregonerie e facoltà profetiche, ri-

sulta importante per capire il contesto storico

in cui ha vissuto, contesto precedente la Rivo-

luzione Francese. Ha avuto una certa influen-

za in essa in quanto coinvolto, pur se scagio-

nato successivamente, nello scandalo dalla

Collana della Regina.

Nel libro il capitolo 10 (la collana della Re-

gina) è quello più intrigante ed importante di

questo libro in quanto descrive un fatto politi-

co che molto probabilmente è stato causa del-

la Rivoluzione Francese: infatti, tale scandalo

provocò la rabbia dei francesi verso la Mo-

narchia.

Bella ed avvincente la descrizione dell’ in-

trigo della Collana. Cagliostro ne fu coinvolto

in quanto amico del Cardinale Rohan.

La contessa De La Motte, ambiziosa ed a-

vida di soldi, fece comprare tale Collana dal

Cardinale Rohan, facendo intendere che era

su ordine della Regina. Cosa non vera. Da qui

lo scandalo.

Nella seconda metà di agosto il fattaccio

della collana esplode in tutta la sua roboante

risonanza, questo meraviglioso monile, com-

posto da 540 diamanti e del valore di

1.600.000 franchi, era stato creato dai gioiel-

lieri Bassange e Boehmer per la favorita di

Luigi XV, dieci anni prima; rimasta invendu-

ta, i due gioiellieri cercavano invano un ac-

quirente, che, però, trovarono nella persona

del cardinale, tramite la contessa. Dato l'alto

costo, de Rohan decide di comprarla a credito

e regalarla alla regina, per ingraziarsi il suo

favore perduto ma la collana non andrà mai al

collo regale di Sua Maestà, bensì nelle mani

dei de la Motte e dell'amante della contessa

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POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 9

che si affrettano a smontarla e a venderne i

diamanti separatamente. In seguito ad una ra-

ta rimasta insoluta, Bassange e Boehmer all'

oscuro di tutto, informano la regina, la quale

a sua volta è più ignara di loro. Costei, presa

dall'indignazione, racconta tutto al re e lo

convince ad istruire un processo contro i pre-

sunti colpevoli, vuole che si faccia luce sul

misfatto e che il suo nome esca pulito di fron-

te all'opinione pubblica.

Il 23 agosto 1785 De Rohan, la contessa, la

d'Oliva e Cagliostro vengono arrestati e con-

dotti nelle segrete della Bastiglia, qualche

giorno dopo anche Serafina subirà la stessa

sorte del marito ma verrà poi scarcerata nel

mese di marzo. Lunghi mesi di detenzione li

aspettano, fino all'apertura del processo, tenu-

tosi alla fine di maggio del 1786. Durante lo

svolgimento di esso è subito chiaro che non

solo il popolo ma anche i giudici parteggiano

per il cardinale e sono contro Maria Antoniet-

ta. Si avvisano i sentori del malcontento che

serpeggia in Francia contro la corona e che

porterà, come naturale sbocco, ai fatti del

1789. Lo stesso Goethe ebbe a dire che il

"processo della collana " fu il preambolo del-

la Rivoluzione. La sentenza è comunque fa-

vorevole sia nei confronti di De Rohan sia nei

confronti di Cagliostro, assolti per non aver

commesso il fatto ma obbligati a lasciare Pa-

rigi, per ordine del re. Il primo sarà costretto a

ritirarsi nell'abbazia di La Chaise-Dieu, il se-

condo ad allontanarsi dal regno. Pene severe

vengono invece inflitte alla contessa e a suo

marito latitante, mentre l'amante, pur ricono-

sciuto colpevole di falso, viene condannato

soltanto all'esilio perpetuo e alla confisca dei

beni.

Alla notizia della scarcerazione del mago,

la folla esulta e applaude compiaciuta i giudi-

ci salvatori del loro beniamino; è un doppio

trionfo perché la regina austriaca è stata umi-

liata pubblicamente, il popolo non la ama ed

è contento della sua sconfitta. Intanto Caglio-

stro, ricongiuntosi alla moglie, parte per Do-

ver, salutato da una moltitudine di gente grata

e commossa.

Dopo il soggiorno inglese Cagliostro arriva

in Italia. Il 27 maggio del 1789, Cagliostro ar-

riva a Roma e, in un primo momento, non vo-

lendo essere ospite dei suoceri, si sistema in

un albergo di lusso che le sue finanze non po-

tranno reggere e lungo, la Scalinata, locanda

di Piazza di Spagna. Da lì è costretto ad anda-

re ad alloggiare da uno zio di Lorenza, Filip-

po Conti, ma anche qui sorgono contrasti col

padrone di casa. I genitori della moglie, che

già lo odiano, fanno del tutto per allontanare

la figlia da quell' uomo diabolico. Nel frat-

tempo, Cagliostro è preso soltanto dalla sua

idea che è quella di farsi ricevere dal Vatica-

no, affinché la sua Massoneria diventi cattoli-

ca e riconosciuta ufficialmente dal Papa.

Sfortunatamente la sua figura non ha più cre-

dito agli occhi di tutti e gli viene negata l'u-

dienza. Per tutta risposta, il suo atteggiamen-

to, come al solito diventa provocatorio, au-

menta le tenute delle logge, distribuisce copie

del suo rituale e fa sfoggio dei suoi poteri oc-

culti, attirando la nobiltà romana come mo-

sche.

Sua moglie Serafina, ormai ostile a lui da

alcuni anni e decisa a lasciarlo, lo denuncia

alle autorità ecclesiastiche, nel mese di set-

tembre. Due mesi circa gli restano ancora di

libertà infatti il 27 dicembre, un picchetto di

soldati si presenta alla porta di casa Conti e lo

arresta, conducendolo poi, in carrozza, alla

fortezza di Castel Sant' Angelo.

Alla notizia della sua cattura, divulgata il 2

gennaio del 1790, adepti del suo rito e amici

fuggono in ogni dove. Anche De Rohan, pro-

vato dalle mille vicissitudini e desideroso di

rendersi amico di nuovo il Papato, preferisce

mantenere un prudente silenzio.

Il Capitolo 14: “Nelle fauci dell’ Inquisi-

zione” descrive in modo accurato ed avvin-

cente la prigionia ed il processo di Cagliostro

in Vaticano.

La cella, dove Cagliostro langue solo e ab-

bandonato da tutti, è buia e angusta, tanto da

far scatenare in lui crisi di pazzia e desideri

suicidi e, quando diventa ingovernabile, l'or-

dine è di incatenarlo. Il suo primo interroga-

torio ha luogo nel maggio del 1790 e dura sei

lunghe estenuanti ore: è il primo di una lunga

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serie che lo annienterà nel corpo e nello spiri-

to fino alla conclusione del processo, il 7 a-

prile 1791. Le imputazioni a suo carico sono

numerose e vanno dalla bestemmia alla ma-

gia, dall'affiliazione alla massoneria alla truf-

fa, dal furto al falso, fino all'eresia.

Non è difficile immaginare le sofferenze a

cui fu sottoposto, se sappiamo dei metodi co-

ercitivi e obnubilanti della SANTA INQUI-

SIZIONE e se conosciamo la sorte di altri

personaggi illustri, vittime anch'esse di quella

potente e diabolica macchina di terrore. Avvi-

lito, stanco dei maltrattamenti e delle torture,

Cagliostro confessa e, in ginocchio e col capo

coperto, ascolta la sentenza emessa alla pre-

senza di Sua Santità Pio VI.

La sua condanna a morte viene commutata

nel carcere a vita ma lo scotto che deve paga-

re per questa concessione è umiliante, viene

costretto infatti a percorrere un tratto di stra-

da, in cui, con indosso un saio di tela grezza e

in mano un cero, chiede pubblicamente per-

dono, alla mercé di un popolo sadico che lo

deride e lo mortifica, mentre i suoi scritti e le

insegne massoniche vengono gettate nel fuo-

co a Santa Maria sopra La Minerva.

Il Capitolo 15: “La fossa dei serpenti” de-

scrive la prigionia di Cagliostro.

Da Roma Cagliostro viene trasferito nella

fortezza di San Leo, un'orrida costruzione a

picco su un baratro, situata a nord della pro-

vincia di Pesaro e Urbino, nel cuore del Mon-

tefeltro, il 20 aprile del 1791. A San Leo era

Rettore Don Domenico Terenzi.

Momentaneamente sistemato in una squalli-

da cella, viene infine collocato nel "pozzetto

", chiamato così perché sovrastato da una bo-

tola nel soffitto, munita di una vetrata dalla

quale sorvegliare il prigioniero. Cosa accadde

in quei pochi anni non è possibile sapere, ma

è certo che il suo carattere indomito, nei mo-

menti di lucidità, si manifestava con forti at-

tacchi di furore, che gli costarono ulteriori

maltrattamenti e che la sua " purificazione " si

realizzò proprio in quel pozzo il quale, in

qualsiasi epoca e tradizione, simboleggia me-

taforicamente la ricerca della Conoscenza e

della Verità.

Nella notte tra il 25 e il 26 agosto del 1795

Cagliostro muore, un anno dopo la morte di

Serafina, che aveva terminato i suoi giorni nel

convento di Sant' Apollonia.

Di lui, in vita e in morte sono stati consu-

mati fiumi di inchiostro; vere o false che sia-

no le storie narrate, una è inconfutabile: nes-

suna prigione o violenza poté costringere al

suo volere uno spirito ribelle e indipendente

quale fu quello di Alessandro Cagliostro o, se

preferite, di Giuseppe Balsamo.

Gervaso nel suo libro afferma che gli archi-

vi Vaticani hanno secretato le carte per cui la

figura di Cagliostro a tuttora rimane avvolta

con un certo alone di mistero.

GIANANTONIO STELLA

I MISTERI DI VIA DELL’AMORINO

Rizzoli Edizioni, 2012, pagg. 288, € 17,00

Mi trovavo ad Asiago ed in una Conferenza

presso la Sala Congressi Millepini ho ascolta-

to la presentazione di questo libro da parte di

Gianantonio Stella. Per questo motivo ho vo-

luto riassumerne la presentazione.

Tratta della storia di Cristiano Lobbia, inge-

gnere ed asiaghese.

Come in un feuilleton d’altri tempi, sullo

sfondo di Firenze negli anni in cui era capita-

le, tra le quinte di un mondo politico affaristi-

co e corrotto, si muovono faccendieri e maî-

tresse, nobildonne prussiane e monaci rinne-

gati, spadaccini e ricattatori, magistrati inte-

gerrimi e giudici servili, patrioti idealisti e vi-

scidi voltagabbana, povere peripatetiche di-

vorate dalla sifilide e giornalisti dalla penna

avvelenata. Intrighi, violenze, omicidi. Gian

Antonio Stella riapre il giallo della Regìa Ta-

bacchi, «la madre di tutte le tangenti». Un

romanzo serrato e incalzante che racconta, at-

tingendo ai documenti originali, una storia

così avvincente che pare inventata e invece è

drammaticamente vera. Al centro di tutto, la

storia di un uomo perbene innamorato pazzo

dell’Italia e tradito nelle sue speranze e nei

suoi sogni. Un uomo al quale finalmente vie-

ne restituito l’onore.

Cristiano Lobbia è nato ad Asiago nel 1826

ed è morto il 2 aprile 1876 sempre ad Asiago

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POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 11

dove è sepolto – sotto la tomba di Giovan

Battista Pertile. I familiari di Cristiano Lobbia

sono invece sepolti nel cimitero del Verano a

Roma.

Il libro fa prima un breve excursus (A) per

inquadrare il contesto storico in cui è vissuto

Cristiano Lobbia, cioè della seconda metà del

1800, dopo il periodo risorgimentale, quindi

si passa a descrivere la biografia di Cristiano

Lobbia (B).

A) Da questa descrizione emerge che gli

scandali, di tipo tangentopoli dei tempi mo-

derni, avvenivano anche in questo periodo:

- nel 1861 il Regno d’Italia aveva un debito

pubblico di circa 2 miliardi e mezzo di lire

(solo il Regno di Napoli aveva 568 milioni di

lire di debito).

- Nel 1863 le Ferrovie erano una società

privata, ma il Consiglio di Amministrazione

era formato nella maggioranza da politici, an-

ziché da imprenditori.

- Nel 1864 viene portata la capitale d’Italia

da Torino a Firenze: scoppiò un’insurrezione

a Torino, finita nel sangue con 38 morti.

- Il 15 luglio 1868 il Parlamento approvò la

concessione della privativa di fabbricazione

dei tabacchi ad una Regìa cointeressata, costi-

tuita da una società di capitalisti privati.

Lo Stato, dunque, cedeva per vent'anni la

gestione dei Tabacchi ad una società anonima

privata, che riconosceva alle Finanze una cer-

ta percentuale sulle entrate e anticipava alle

pubbliche casse 180 milioni di lire. Una ven-

dita in realtà, visto il lungo periodo della con-

venzione e il basso costo del privato. Presto

scoppiò lo scandalo. La concessione, infatti,

sarebbe avvenuta dietro il pagamento di tan-

genti (chiamati zuccherini all'epoca) ad alcuni

parlamentari della destra storica, allora al go-

verno. Inoltre alcuni di essi sarebbero diven-

tati persino proprietari di quote finanziarie

della Regia stessa. All'inizio lo scandalo fu

denunciato da alcuni giornalisti del "Gazzet-

tino Rosa" di Milano, che per questo furono

condannati a 8 mesi di carcere.

- Nel 1883 scoppia lo scandalo della Banca

Romana: su decisione di Tanlongo e Lazza-

roni vengono stampate 68 milioni di lire fal-

se.

- Le acciaierie di Terni nel 1905 hanno fat-

to costruire le Navi militari con 4 cm. di spes-

sore dell’acciaio anziché 12 cm. come dove-

vasi.

- Il Palazzo di Giustizia di Milano (dove

scoppiò tangentopoli nel ’92) negli anni 1930

fu realizzato dall’Architetto Marcello Piacen-

tini, che prese alcune tangenti sulla fornitura

dei marmi.

B) Cristiano Lobbia diventa ingegnere, di-

venta garibaldino e partecipa fra l’altro alla

battaglia di Milazzo, dove con i suoi sugge-

rimenti tecnici fu di molto ausilio per il Gene-

rale Garibaldi.

Progetta il costo di Asiago – la strada stata-

le che tuttora viene percorsa dalle auto per

poter andare dalla pianura veneta sull’ Alto-

piano. Precedentemente vi era una lunga sca-

linata, chiamata Cala del Sasso.

Fu eletto deputato a Firenze. e si oppose

fermamente all’affare della Regia Tabacchi

contro la corruzione dei vari politici dell’ e-

poca fra i quali anche i Savoia.

Il 5 giugno 1869, invece, fu il deputato Cri-

stiano Lobbia, uomo di fiducia di Garibaldi,

nonché eroe del Risorgimento, a denunciare

la corruzione e chiedere una Commissione di

inchiesta, sostenendo di avere le prove per

dimostrarlo.

La Commissione fu convocata il 16 giugno,

ma la sera stessa Lobbia a Firenze a via dell’

Amorino fu seguito da un prete che aveva

fama di essere pedofilo. Fu accusato anche lui

di pedofilia e fu costretto a dimettersi da de-

putato.

Successivamente ottenne la riabilitazione,

ma durante un comizio fu insultato ed inter-

rotto continuamente tanto che dovette andar-

sene amareggiato da Firenze.

Muore il 2 aprile del 1876 e fu sepolto ad

Asiago.

Gian Antonio Stella sveste i panni del sag-

gista e indossa quelli del romanziere per ri-

portare alla luce un pezzo della nostra storia.

Un mistero che intreccia interessi privati e

politica. Una vicenda di corruzione che,

guardando ai nostri giorni, potremmo consi-

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derare di strettissima attualità. E dunque leg-

gendo le pagine di questo romanzo, appassio-

nante come un giallo, è inevitabile non prova-

re un senso di nostalgia per una fase storica in

cui i protagonisti erano ancora capaci di pro-

vare sdegno di fronte a certe vicende, che o-

ramai sono entrati a far parte della nostra

quotidianità.

Un romanzo da leggere, quindi, per scoprire

i contorni di uno dei misteri più oscuri e affa-

scinanti della nostra storia, e allo stesso modo

per riflettere sulla triste realtà sociale e politi-

ca dei nostri tempi.

GIANLUIGI NUZZI

SUA SANTITÀ

Chiare lettere Edizioni 2012, pagg 326, Euro

16 €

Attraverso il volume “Sua Santità” (Edizio-

ni Chiare lettere, 2012, pagg. 326), vengono

trattati gli intrighi connessi al Vaticano, rive-

lati da una fonte segreta di nome “Maria”.

Non è facile racchiudere in una nota il con-

tenuto di questo libro per la vastità e la riser-

vatezza degli argomenti trattati.

Con la sala operativa della gendarmeria, i

caveau dello Ior, alcuni settori dell’archivio

segreto e l’appartamento di Benedetto XVI,

l’ufficio cifra fa parte degli ambienti meno

accessibili della Santa Sede. Vi si accede solo

se vi si lavora all’interno, se si è dotati di un

particolare codice d’ingresso. Ogni cablo sve-

la infatti una storia, racchiude un segreto: per

la prima volta nella storia della Chiesa supe-

rano le mura leonine e diventano così acces-

sibili.

Successivamente verrà identificata questa

fonte con Paolo Gabriele, Segretario di Papa

Benedetto XVI tramite successive indagini

riportate dai mass – media e dai giornali.

A sintetizzare egregiamente il libro “Sua

Santità” è lo stesso Autore: "IL MIO CO-

RAGGIO È DI FAR CONOSCERE LE VI-

CENDE PIÙ TORMENTATE DELLA

CHIESA. RENDERE PUBBLICI CERTI

SEGRETI, PICCOLE E GRANDI STORIE

CHE NON SUPERANO IL PORTONE DI

BRONZO. SOLO COSÌ MI SENTO LIBE-

RO, AFFRANCATO DALL'INSOPPOR-

TABILE COMPLICITÀ DI CHI, PUR SA-

PENDO, TACE."

Dichiarazione all'autore di "Maria", nome

in codice dietro il quale si nasconde la fonte

principale anonima e segreta, interna al Vati-

cano, che ha fornito le centinaia di documenti

alla base di questo libro. Il libro è composto

da 11 Capitoli. E’ allegata un’Appendice, che

riporta alcuni dei principali documenti sui

quali è basato il libro e che sono frutto della

fuga di notizie riservate, uscite dal Vaticano.

Leggendo questo libro, e considerando an-

che gli eventi emersi sui giornali, ci si chiede

circa la figura di Paolo Gabriele: Paolo Ga-

briele era un maggiordomo un po’ svalvolato

affetto da delirio di onnipotenza, oppure era

la pedina di un gioco più grande di lui? In-

somma, l’opacità con cui sono stati affrontati

diversi passaggi di certo non ha aiutato a dare

l’immagine di una curia romana dalle fonda-

menta cristalline e collaborativa con l’esterno

(anche con la magistratura).

Lo scopo di questo libro non è quello di at-

taccare la Chiesa Cattolica e la Fede dei cre-

denti. Chi ha Fede continua ad averla, nono-

stante quello che viene raccontato in questo

libro in quanto il male, come è sempre stato e

sarà, si annida ovunque su questa terra sia in

ciascuno di noi che nella Chiesa stessa, come

la storia ci insegna.

Rimane però una sensazione sgradevole e

cioè, che dietro le Sacre Mura abbiano trova-

to un habitat ideale i cosiddetti “Corvi”: per-

sonaggi spregevoli che in certi tribunali mala-

ti di faide e intrighi fanno uscire in modo a-

nonimo notizie riservate e diffamanti, e che in

Vaticano hanno agito per danneggiare l’uno o

l’altro Cardinale e perfino Benedetto XVI. E’

il paradosso di una Chiesa che rivela un diva-

rio sconcertante fra quello che predica e quel-

lo che fa. Inoltre, emerge che nella Chiesa vi

sono varie fazioni, collegate alle vicende poli-

tiche italiane sia di destra che di sinistra.

Nel capitolo “Le lettere segrete di Boffo al

Papa”, si racconta che Boffo, ex Direttore

dell’Avvenire, viene costretto a dimettersi

nell’estate 2009, per essere stato fatto a pezzi

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da una campagna mediatica basata in parte su

dati falsi con articoli pubblicati senza scrupo-

lo da Vittorio Feltri sul Giornale. Tale cam-

pagna mediatica era una specie di vendetta in

quanto Boffo aveva criticato alcuni mesi pri-

ma il comportamento di Berlusconi, Presi-

dente del Consiglio, per la sua discutibile vita

privata. Feltri pubblicò sul Giornale un episo-

dio del 2004 dove Boffo ebbe un comporta-

mento da omosessuale. Nelle lettere segrete e

riservate Boffo dimostra tutto il complotto

ordito contro di lui scrivendo al Papa tramite

il segretario Georg Gaenswein, facendo delle

accuse fulminanti a Giovanni Maria Vian ed

al segretario di Stato Bertone.

Nel capitolo “Corruzione nei sacri palazzi”

vengono descritte le lettere di Viganò che,

dopo aver fatto risparmiare milioni al Vatica-

no, è costretto alle dimissioni: l’ appuntamen-

to risolutivo tra il cardinale Tarcisio Bertone

e monsignore Carlo Maria Viganò ebbe luogo

martedì 22 marzo 2011. Nel luglio 2009 Be-

nedetto XVI aveva scelto Viganò, presule

lombardo amante della trasparenza e del rigo-

re, come segretario generale del governatora-

to (ente che gestisce tutti gli appalti e gli ac-

quisti). In questo capitolo è riportata la lettera

di Viganò al Papa con la quale chiede i moti-

vi del suo allontanamento deciso dal Cardinal

Bertone, visto che ha riportato l’ente dal pas-

sivo all’attivo.

Si istituisce un’apposita commissione per

valutare le accuse mosse da Viganò. Senza at-

tendere le conclusioni della Commissione,

Benedetto XVI il 2 luglio 2011 formalizza la

scelta di mandare Viganò negli Stati Uniti

all’età di 71 anni: la cosa sembra una puni-

zione per il fatto che Viganò si è messo con-

tro il segretario Bertone. Il nuovo incarico di

Nunzio Apostolico negli Stati Uniti fu consi-

derato come una promozione.

Carlo Maria Viganò trova negli Stati Uniti

una situazione esplosiva, in quanto i conti

della Chiesa sono in profondo rosso, dovuti ai

pesanti riflessi economici dei processi ai sa-

cerdoti pedofili. Ad esempio dei tanti casi, nel

2002 era esploso il caso nella diocesi di Bo-

ston costretta a risarcire 6,2 milioni di dollari

alle vittime dei preti pedofili, convincendole

così ad evitare il tribunale.

Nel successivo capitolo “La gioiosa mac-

china delle offerte” si parla delle donazioni

private, fra cui quelle abituali a Natale di

Bruno Vespa al fine di ottenere un’udienza

privata con il Papa, si parla della scarsa tra-

sparenza di tali donazioni gestite dallo IOR, il

cui Presidente è Ettore Gotti Tedeschi. Ettore

Gotti Tedeschi si confronta con il ministro

Tremonti per discutere circa il nodo delle e-

senzioni della tassa sugli immobili, la ex ICI.

L’Unione Europea potrebbe chiedere all’ Ita-

lia di tagliare questo privilegio alla Chiesa. Si

parla anche del caso Ruby e Berlusconi come

vittima di una “magistratura politicizzata”. Si

parla di una cena privata fra i coniugi Napole-

tano ed il Papa Benedetto XVI e degli argo-

menti riservati trattati, delle varie raccoman-

dazioni fatte al Papa fra cui quella da parte di

Gianni Letta.

Nel capitolo “007 vaticani, missione in Ita-

lia” si parla degli incredibili pedinamenti de-

gli 007 Vaticani in territorio italiano e del mi-

stero di un’auto targata SCV, Stato Città del

Vaticano, trovata crivellata di colpi in una via

della capitale. Vengono descritte le pressioni

esercitate sul Papa da parte di Monsignor

Bertone e Padre Lombardi perché non si fac-

cia riferimento al caso di Emanuela Orlandi

nell’Angelus del 18 dicembre 2011, dove era

presente un gruppo che sollecitava la verità su

questa vicenda. Altro episodio è quello della

donazione della bandiera pontificia al Papa da

parte del principe Sforza Ruspoli, anche se il

momento non è dei più propizi: la questione

di Porta Pia riecheggia ancora come una feri-

ta e rischia di suscitare nuove polemiche in

quanto in Italia si festeggia l’anniversario

dell’Unità e qualcuno potrebbe risentirsi.

Il capitolo “Tarcisio Bertone: l’ambizione

al potere” descrive principalmente gli intrighi

per il cambio di vertice all’Istituto Toniolo di

Milano, che, attualmente, è gestito dal Cardi-

nale Dionigi Tettamanzi, in carica dal 2004

su nomina di Papa Giovanni Paolo II. In pre-

cedenza (dal 1986 al 2003) il Toniolo era ge-

stito dal sen. Emilio Colombo, che, per essere

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POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 14

stato coinvolto nell’inchiesta su droga e pro-

stituzione chiamata operazione “Cleopatra”,

da cui è uscito senza nessuna conseguenza,

dovette dimettersi. Tarcisio Bertone vuole un

ricambio al vertice del Toniolo nella sua otti-

ca di far promuovere ecclesiastici di sua fidu-

cia negli enti di maggior prestigio.

Il Capitolo successivo”Cl, Legionari e lefe-

bvriani, atolli dell’impero” tratta principal-

mente di quattro argomenti: il primo parla

della Chiesa Ambrosiana, che viene accusata

da Don Julian Carron, leader di Comunione e

Liberazione, di simpatie politiche, per Bersa-

ni, individuando un certo “collateralismo”

con il centrosinistra. Il secondo argomento

tratta degli abusi sessuali e psicologici com-

piuti dal fondatore dei Legionari di Cristo

Marcial Maciel, definito da Benedetto XVI

un “falso profeta dalla vita immorale”. Il ter-

zo argomento tratta della questione ancora

aperta dei lefebvriani, con lo scisma tradizio-

nalista, dopo la nomina di quattro vescovi nel

1988, che ricevettero la scomunica dal Papa

Wojtila. Per una pacificazione Papa Benedet-

to XVI volle togliere la scomunica ai 4 Ve-

scovi, ma, per una diabolica coincidenza, uno

dei 4 Vescovi Monsignor Williamson alla TV

svedese fa la seguente affermazione :” Io cre-

do che le prove storiche siano fortemente in

contrasto con l’idea che sei milioni di ebrei

siano stati uccisi nelle camere a gas, a seguito

di un’indicazione di Adolf Hitler.” Ciò crea

un vespaio con polemiche che coinvolgono

anche Angela Merkel e si discute sulla tempi-

stica fra la remissione della scomunica e le

dichiarazioni negazioniste di Williamson. Il

quarto argomento riguarda la situazione della

Chiesa Cattolica in Australia: Monsignor

William M. Morris, Vescovo di una piccola

diocesi vicino a Brisbane, aveva indicato nel

sacerdozio femminile una valida soluzione al-

la crisi delle vocazioni. Inoltre Morris dispo-

ne le assoluzioni collettive dei fedeli senza la

confessione individuale.

Nel Capitolo “Scacco a Benedetto XVI” si

parla della crisi finanziaria in Occidente e dei

problemi della Chiesa Cattolica in Oriente

(Cina e Giappone).

A seguito del processo di globalizzazione e

crisi economica, il mondo che deve essere

ancora cristianizzato è quello che sta diven-

tando “ricco (ad esempio Paesi come Cina e

India) e quello già cristianizzato (l’ Occiden-

te), che era ricco, sta diventando povero. Con

conseguenze anche sulle risorse economiche

della Chiesa!

Nel 2008 il Cardinale Bertone, alla vigilia

delle Olimpiadi in Cina, mostrava grande

speranza nel futuro di uno dei paesi che più

preoccupa Benedetto XVI, con la speranza

che l’evento portasse ad un rapporto più sere-

no. Infatti in Cina la situazione è drammatica:

la possibilità di praticare qualsiasi confessio-

ne è ostacolata dalle autorità. Tanto che in

Cina c’è una Chiesa ufficiale che obbedisce a

Pechino: vengono eletti i Vescovi senza in-

terpellare il Vaticano. La Chiesa, sostenuta

dal Vaticano, è clandestina ed i religiosi spes-

so sono perseguitati, imprigionati e sottoposti

a tortura. Anche in Giappone la situazione è

molto problematica per la Chiesa Cattolica.

L’ultimo Capitolo ha per titolo “Vatileaks,

terrorismo e omicidi”. Nell’ottobre 2011, do-

po 43 anni di azioni in cui sono morte 829

persone, l’organizzazione terroristica basca

Eta dichiara ufficialmente “la fine definitiva

dell’attività armata”. Per chiudere questa fase

e trovare una soluzione vi devono essere tre

condizioni: pentimento, perdono e giustizia

da rispettare; pertanto, viene richiesta la me-

diazione del Vaticano.

Il polacco Miroslaw Karczewsky di 45 an-

ni, Parroco di Sant’Antonio da Padova a San-

to Domingo (Ecuador) viene trovato in un la-

go di sangue con la gola squarciata: per la

sparizione di parecchi oggetti di valore si è

pensato ad un omicidio per motivi di rapina.

Successive indagini e nella corrispondenza

tramite cablo riservati con il Vaticano, emer-

ge che il movente è per un delitto a sfondo

sessuale (cena precedente all’omicidio con tre

ospiti, tracce di sperma). Si cerca invano di

tacitare tutto per non creare scandalo in quan-

to il Parroco godeva di buona fama, di essere

vicino ai giovani, alle famiglie e ai poveri.

Il Capitolo si conclude con la pubblicazione

Page 15: Pomezia Notizie 2013/8

POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 15

di alcuni cablo riservati riguardo il trasferi-

mento inspiegabile di un Monsignore siriano

dalla Libia al Venezuela, riguardo le pressioni

da parte del Governo svedese tramite il Vati-

cano sul Governo Etiopico per la liberazione

di due giornalisti svedesi, imprigionati con l’

accusa di essere terroristi durante un conflitto

a fuoco fra forze governative etiopiche e ri-

belli, riguardo l’appoggio incondizionato da

parte del Vaticano al leader carismatico po-

lacco Rydzyk di “Famiglia di Radio Maryja”,

che ha nel suo programma tesi antieuropee e

antisemite, riguardo la non concessione di

un’onorificenza al Governatore dell’Illinois

per aver soppresso la pena di morte a causa

delle sue idee a favore dell’aborto e di pro-

motore di una legge a favore del matrimonio

fra omosessuali.

Nuzzi annoda i fili delle storie come fossero

capitoli di un thriller.

Giuseppe Giorgioli

COME IL VENTO TRA LE RIGHE

Lasciai che il corpo andasse via

avevo bisogno soltanto dell'anima

che con messaggi evidenti

m'indicava la strada.

Un tragitto ricoperto ormai

da sole foglie secche

che stancamente

volteggiavano nell'aria

ed il loro muoversi

non era più musica

ma una nota stonata nel cuore

e come il vento

che tra le righe del suo soffio

ricercava la sua gioia

volevo essere quell'emozione

che emozionava

volevo avere nelle braccia

quella forza in grado di spostare

la montagna d'indifferenza

di cui si vestiva ogni giorno

la pelle di ognuno

nelle abitudini della vita

e gettare nell'orifizio più profondo

quell'ipocrisia devastante

che si generava ad ogni albore.

Volevo credere ancora in qualcosa

che avesse un solo nome

ed un solo senso

purezza di parole e sentimenti

volevo veder nascere

e spazzar via

quelle fitte nebbie

che disturbavano il mondo.

Lorella Borgiani Ardea

MARGHERITA HACK

Per lei ho sempre avuto ammirazione

ma con qualche riserva in fondo al cuore.

Quale sul volto avrà ora espressione

trovandosi davanti il Creatore?

Sarà per lei più forte l’emozione

d’aver scoperto alfin qual è il motore

d’ogni pianeta e costellazione

o prevarrà in suo animo il timore

del celeste rimprovero, per troppo

aver creduto al Nulla e aver negato

il divino intervento e il grande intoppo

fra scienza e fede avere propugnato?

Questo mi chiedo ora, ma purtroppo

avere una risposta non mi è dato.

Mariagina Bonciani Milano

Stampare un giornale ci vuole coraggio, ma è più dif-ficile farlo vivere: composizione, bozze, carta, stam-

pa, buste, francobolli… se non volete che

POMEZIA-NOTIZIE

muoia, diffondetelo e aiutatelo con versamenti volon-tari (specialmente chi trova la propria firma, o scritti

che lo riguardano, dovrebbe sentirsi moralmente ob-

bligato. L’abbonamento serve solo per ricevere la ri-vista per un anno). C/c. p. n. 43585009 intestato al

Direttore

Page 16: Pomezia Notizie 2013/8

POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 16

IL MONVISO E

IL FIUME PO di Leonardo Selvaggi

L maestoso Monviso, il Mons Vesulus

dei Romani. Alle sue pendici piccoli ri-

gagnoli che diventeranno il Po non fanno

nessuna impressione, nessuno pensa a quello

che saranno dopo un breve tratto montano. Il

Po non si fa notare neppure a primavera,

quando è più ricco di acqua con lo sciogli-

mento delle nevi. Il Monviso appare fra le

Alpi Cozie un’isolata piramide, sicuro punto

di riferimento che si riconosce anche dalla

pianura a decine e decine di chilometri di di-

stanza. Il paesaggio aspro, percorrendo sen-

tieri e mulattiere, si fa in piena evidenza con

la sua grande storia geologica.

Non ci sono mai stati grandi ghiacciai, i se-

gni di quando questi si sono ritirati si notano

nelle zone moreniche rimaste intatte. Il ghiac-

ciaio che occupò l’alta valle del Po nell’epoca

erratico-diluviale non si estese fino nella pia-

nura a detta de geologi. La tanta vegetazione

nei secoli presente è scomparsa. Il Monviso,

chiamato il “Re di pietra”, domina la catena

alpina con la sua possente cuspide di rocce

verdi. E’ interessante vederlo da lontano,

quando spunta tra la nebbia della pianura. Lo

vediamo riflesso nelle acque del Po, d’ inver-

no, tutto rosa per i primi raggi del sole, o blu

al tramonto: attorno alla sua altezza di 3841

metri le Alpi Cozie sembrano messe apposta

per fare la grandiosità e la bellezza dello sce-

nario. Il Po comincia a prendere la sua strada,

tutte le parti frastagliate al suo primo nascere

nel Piano del Re vanno ormai accodandosi fi-

no a raggiungere nelle sembianze di un tor-

rente, attraverso verdeggianti pascoli, il Piano

della Regina. Il Monviso è la più bella mon-

tagna del Piemonte, la si vede spuntare nella

sua cima dai declivi di pascoli, spesso all’

improvviso salendo le valli parallele a quella

del Po: specie dalla Val Pellice lo spettacolo è

meraviglioso. La mole piramidale domina il

Piemonte, lo tiene sotto osservazione in tutte

le stagioni, col bello e il cattivo tempo. Attira

la sua altezza, stimola fremiti interiori, fa ve-

nire la voglia di salire sulla sua punta estre-

ma. I primi alpinisti certo furono affascinati e

con immediatezza di trasporto, forniti di po-

chi rudimentali strumenti, si sono arrampicati

per le sue pareti estasiati e con ansia irresisti-

bile.

Qui il CAI ha avuto il suo primo costituirsi.

Il Monviso, vicino al confine francese, è for-

mato di varie cime, la più elevata è il Bric del

Monviso, fatto da scisti doritici e quarziferi,

costellato lungo i suoi versanti da piccoli

ghiacciai e da molti laghetti. Se si vuol sapere

da quale parte si hanno i famosi rigagnoli che

diventeranno il grande fiume d’Italia, diciamo

subito sulle pendici nord-orientali.

Al contrario del Cervino, che è altro sette-

cento metri di meno, che è visibile solo quan-

do si è arrivati a pochi passi di distanza, il

Monviso giganteggia nella sua prominente al-

tezza, è a disposizione di tutti per decine di

chilometri di qua e di là dalla frontiera. Bello

il Monviso con le sue pietre verdi, luogo in-

cantevole di escursioni, entro spazi di una

Natura che vive l’immensità del Creato. Ha

una ricca corona di rifugi, sia in Italia che in

Francia, che permettono di sostare in zone al-

pine selvagge e intatte.

Vi si trovano numerose testimonianze di

secolari permanenze dell’uomo anche alle al-

te quote. Alpeggi, piccole casette di pietra per

i pastori, minuscole frazioni ormai abbando-

nate, sentieri, muretti, piloni votivi. In ogni

angolo tanta vitalità che vibra come sotterrata

in un grande silenzio armonioso, aperto alle

più magiche splendidezze.

Il Pian del Re, di cui si è fatto cenno, ad ol-

tre 2000 metri di quota è la parte più interes-

sante se si vuole andare ad osservare i primi

passi che fa il Po, non si crederebbe, ripercor-

rendo il suo corso fino alla foce, alla trasfor-

mazione raggiunta come portata d’acqua,

come ampiezza di alveo, alla sua mole gigan-

tesca che incute paura nei periodi di piena.

Sempre caratteristiche la Valle Po e la Val

Pellice, vediamo spazi estesi dalle tante sottili

sfumature, l’ambiente senza alberi, solo pa-

I

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POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 17

scoli di erba corta e pietraie. Una zona vento-

sa con un’aria tersa per entro un azzurro puro

dalle profondità immense. Si trovano qui le

piccole cornacchie d’alta quota, dalle penne

nere lucenti, le zampette rosse. Tante le per-

nici sotto le rocce che al minimo rumore

scappano strillando in volo rapido. Del Mon-

viso in una giornata serena si osservano i pic-

coli canali, le creste, i detriti sotto le pareti, le

diverse vie di salita dei rocciatori, gli stra-

piombi, i piccoli nevai pensili. Da lontano

non si vede ombra di segni umani, non esi-

stono se non impercettibili. Tutto è intatto. Le

sensazioni di una Natura immobile nella sua

infinita, pietrificata esistenza che si hanno an-

cora oggi, l’ebbe nel 1627 in un avventuroso

viaggio l’abate Valeriano Castiglione. Nei

suoi scritti si parla di orridi luoghi, di strade

accidentate al massimo che sembrano fatte

solo per caproni silvestri. Gli sperduti abitanti

dell’alta valle di Crissolo a quota 1700/1800

metri come uomini primitivi nella loro sem-

plicità e come sprofondati in lontananze inaf-

ferrabili uscivano al suo arrivo pieni di curio-

sità, non meno di quel che facessero i popoli

del uovo Mondo all’arrivo di Colombo. Si va

per sbalzi spaventevoli nei luoghi del Pian del

Re, si osserva la prima cascata del Po con or-

rendo strepito, si vedono altri salti. Andando

più in alto si incontra il fonte Visenda da cui

principalmente ha origine il grande fiume,

che sgorga piacevolmente fra grandi massi.

Un po’ distante si vede il lago Fiorenza dalle

acque chiarissime, gelide. Lungo il cammino

il territorio si presenta sempre selvatico e pie-

troso. Certamente attraverso gli anni il Mon-

viso si fa più frequentato e cambia aspetto.

Sappiamo che nel 1874 si inaugura l’Albergo

Alpino. Siamo sempre al Pian del Re. Il turi-

smo comincia, ci si arriva con più comodità,

numerose si fanno le passeggiate in barca sul

lago Fiorenza. Cominciano le escursioni gui-

date con i cavalli per i rapidi sentieri, fre-

quenti le permanenze per godere periodi di

vacanza. Interessante la terga in pietra all’ e-

sterno dell’Albergo Alpino che ricorda l’ av-

ventura vissuta diversi anni fa dalla famiglia

Turini, che risalì in arcione tutto il Po, dalla

foce alle sorgenti, l’impresa portata a termine

in due estati successive. I turisti sono spinti

soprattutto dall’attrattiva che esercita il punto

di inizio del cammino dell’antico Eridano con

le acque che precipitano per la scarpata so-

vrastante l’albergo, defluendo dal lago Fio-

renza, passando accanto al sentiero che porta

ai 2640 metri del rifugio Quintino Sella.

Ci si ferma con una sottile emozione da-

vanti alla targa del Club Alpino Italiano che

dice con semplice solennità “Qui nasce il

Po”. L’unico nome di Eridano, attribuito

massimamente al grande fiume d’Italia, in

genere localizzato nell’estremo settentrione

od occidente dell’Europa, è stato identificato

nei tempi passati anche con il Reno o il Ro-

dano. In questi tempi il Monviso come tanti

luoghi belli ha perso molto. Specie d’estate

e nei giorni festivi i pianori diventano affol-

lati parcheggi, che fanno impressione con un

senso di disgusto scendendo dai sentieri che

portano in quota, ove incontri poca gente e

vivi il silenzio, la salubrità dello spazio. So-

pra l’ abitato di Crissolo, nel Pian della Re-

gina, una bella conca, un tempo coperta di

grandi lariceti, tagliati nel corso dei secoli

per ottenere pascoli e legname da costruzio-

ne.

L’altopiano erboso attraversato al centro

dal Po è ancora frequentato da pastori che

portano bovini e pecore all’alpeggio d’ esta-

te. Troviamo all’inizio del piano le grotte di

Rio Martino, ricco di concrezioni e di antri.

Nel 1828 vi giunse Carlo Alberto e nel 1836

Vittorio Emanuele, allora solo principe di

Savoia, accompagnato dal Duca di Genova.

Dal Pian del Re con l’Albergo Alino e con

la chiesetta della Madonna della Neve parte

una mulattiera che arriva al passo delle Tra-

versette. Per questo sentiero, da un paio di

millenni molto frequentato da pastori, com-

mercianti, contrabbandieri, si dice che sia

passato anche Annibale con elefanti e armati,

dopo i ‘400 diventò più affollato con l’ aper-

tura di una modesta galleria lunga 75 m a

quota 2882 m, considerata il primo traforo al-

pino realizzato in Europa per iniziativa di Lu-

dovico II Marchese di Saluzzo. La galleria

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POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 18

abbrevia il viaggio fra Grenoble, Saluzzo e la

Lombardia. Si evitavano anche valanghe e

frane. Il colle delle Traversette e dintorni co-

stituiscono una tappa importante per avere

una visione di insieme di tutto il Monviso.

Una piccola parte dell’ampio giro escursioni-

stico attorno alla grande montagna che si può

compiere in tre quattro giorni.

Al tramonto dal treno rivedo la piramide del

Monviso, in una luce violacea: intorno una

diffusione di mare celeste, bagliore tenue e

domestico come se una grande casa avesse

preso dentro tutto l’etere, i paesaggi dei monti

e delle campagne paiono illuminati da inesi-

stente rete di lampioni. Il chiarore tra pareti

aeree ha sparso per ogni dove la grande sera,

ammantata da vesti che si ripiegano e si allar-

gano; una dilatazione nella pianura che rag-

giunge tutti i luoghi fino all’orizzonte più lon-

tano. Il volto della sera ha acceso una inter-

minabile fascia tutta sfumata che corre in

lunghezza e fino alle vette orlate delle Alpi

con la velocità del treno.

Il Monviso ti segue dovunque, lo vedo in-

quadrato con uno sguardo perenne dentro il

vetro della finestra. Al tramonto si staglia

nella sua presenza chiara, sa di lontananze

psicologiche represse, di quelle indecifrabili

che ha il destino umano nelle sue varie acci-

dentalità: senso di fatale e di mistero. Im-

mobilità che sovrasta sui pensieri. Il Monvi-

so alza il suo volto inconfondibile al di so-

pra della stratificazione di foschie: una me-

ta, una significazione che riempie la sera

puntualmente. Cerco sempre il Monviso nei

momenti di meditazione, sempre all’ imbru-

nire. La striscia di luce frastagliata che fa-

scia la montagna di pietra ha il simbolo della

nostalgia per chi vive a Torino da immigra-

to. I sentimenti incatenati nell’animo. La lu-

ce del lontano orizzonte è una riflessione del

pensiero, un richiamo mentre dietro alla per-

sona le cose si ritirano nelle tenebre: il gior-

no scivola ruotando sulla curva inerte della

terra disseminata di corpi e spoglie. L’aria

sommerge la superficie che perde la consi-

stenza e diventa assente.

Leonardo Selvaggi

BOMBA ATOMICA, NUNCA MAS!

68 anos despues.

Llamas, fuego y un gran hongo

de humo en el espacio,

en la tierra y en el agua.

Fue como el fin del mundo

para 220 mil japoneses muertos

y millones de heridos de por vida

por la radiacion.

Como una estrella sangrienta

la bomba explotó

sobre la gente inocente,

por falta de sentimiento

de humanidad de un presidente*

elegido para llevar su pais

al mayor poder del mundo.

Ahora esperamos que el

remordimiento y la memoria

nunca mas deje prender

fuego a las raices del odio

de un pueblo contra otro

y que los deseos de paz

hagan eliminar del planeta

todas las bombas existentes

así como todas por existir.

*El Presidente Harry Truman,

de los Estados Unidos autorizó

el lanzamiento de la bomba atomica

sobre Hiroshima el 6 de agosto, 1945

y sobre Nagasaki el 9 de agosto del

mismo ano.

Teresinka Pereira USA

AALLELUIA! AALLELUIA!

ALLELUUIAAA!

25 giugno 2013

Nel processo Ruby, dopo la condanna di

Berlusconi - non durante i singoli interroga-

tori in alula, allorché, se dimostrato il falso,

sarebbe stato più che legittimo -, sono stati

messi sotto accusa tutti i testimoni a favore

del Cavaliere. Alleluia! Alleluia! Andiamo

in contro a processi senza difesa, avendo

paura, ogni teste, di finire - dopo - in galera!

Domenico Defelice

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POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 19

XXIII EDIZIONE

PREMIO LETTERARIO

INTERNAZIONALE

CITTÀ DI POMEZIA 2013 Comunicato Stampa

el ringraziare, per la pubblicità ac-

cordata, le Testate che hanno pubbli-

cato in tutto o in parte il Regolamen-

to del Premio, si comunica che la Commis-

sione di Lettura del nostro Periodico, dopo un

primo esame delle opere pervenute, tra il 15 e

il 28 giugno 2013 ha selezionato, per le diver-

se sezioni, i lavori dei seguenti autori e ricor-

da, altresì, che, in base al regolamento, “Per

ogni sezione, qualora i lavori risultassero sca-

denti, può decidere anche la non assegnazio-

ne del premio”:

Sezione A (Raccolta inedita, max 500 versi): I

colori della luce, di Antonio Damiano (Lati-

na); Florilegio femminile, di Maria Luisa

Daniele Toffanin (Selvazzano, PD); Paese,

di Antonia Izzi Rufo (Castelnuovo al Voltur-

no, IS); Per un metro o due al prezzo di un

uomo, di Andrea Masotti (Bologna); Simboli

del mito (1990 - 1994), di Nazario Pardini

(Arena Matato, PI); Finestre illuminate, di

Innocenza Scerrotta Samà (Catanzaro);

Schegge (Io e il mio tempo) - Parte terza, di

Edio Felice Schiavone (Santo Spirito, BA).

Sezione B (Poesia singola, in lingua, max 35

vv.): “Tre madri”, di Mariagina Bonciani

(Milano); “Mano vuota”, di Anna Maria Bo-

nomi (Roma); “Ad un Papa”, di Claudio

Carbone (Formia, LT); “Teresa la tua vita”,

di Tito Cauchi (Anzio, RM); “Prima del

troppo tardi”, di Enzo Cavaricci (Pontinia,

LT); “Accovacciato mi ritrovo”, di Santo

Consoli (Catania); “L’uomo con la chitarra -

Haiku”, di Monica Fiorentino (Sorrento,

NA); “Ricordo”, di Noemi Lusi (Roma); “A-

desso io ci sono”, di Carmela Perri (Mel-

bourne, Australia); “La danza del mio cuore”,

di Clementina Maddalena Pilla (Melbourne,

Australia); “Una mano sulle pietre”, di Fran-

cesco Salvador (Padova); “Siamo noi stessi”,

di Angela Maria Tiberi (Pontinia, LT); “Si-

lenzio”, di Anna Trombelli Acquaro (Mel-

bourne, Australia).

Sezione C (Poesia singola, in vernacolo, max

35 vv.): “’Ël vagabond”, di Paola Insola (To-

rino).

Sezione D (Racconto, novella): “Alienazio-

ne”, di Leda Biggi-Graziani (Arezzo); “I

miei angeli”, di Maria Coreno (Melbourne,

Australia).

Sezione E (Fiaba): “Segui me”, di Filomena

Iovinella (Torino).

Sezione F (Saggio critico): “Dialettica tra cul-

ture”, di Silvana Andrenacci Maldini (Ro-

ma); “Il drammatico destino della Contessa

Lara, raffinata scrittrice di fine Ottocento”, di

Elisabetta Di Iaconi (Roma); “Filemone e

Bauci”, di Caterina Margheri (Ladispoli,

RM); “<Il sublime e ‘l peregrino> di alcuni

latinismi nelle <Lettere> del Tasso”, di Fran-

cesco Martillotto (Lago, CS); “L’inascoltata

voce del deserto”, di Giuseppina Taddei (La-

dispoli, RM).

In un successivo esame, la Commissione di

Lettura, a suo insindacabile giudizio, ha com-

pilato la seguente graduatoria delle opere di:

Sezione A: 1) Nazario Pardini - opera che

N

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POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 20

verrà pubblicata, gratuitamente, nei Quaderni

Letterari Il Croco (presumibilmente sul sup-

plemento al n. 10 - ottobre 2013 - di Pome-

zia-Notizie) -; 2) Innocenza Scerrotta Samà;

3, ex aequo): Antonio Damiano, Antonia Izzi

Rufo, Maria Luisa Daniele Toffanin; 4) An-

drea Masotti; 5) Edio Felice Schiavone. Tut-

ti riceveranno proposta per eventuale pubbli-

cazione nei Quaderni Letterari.

Sez. B: 1) Francesco Salvador; 2) Anna Ma-

ria Bonomi; 3, ex aequo): Enzo Cavaricci,

Tito Cauchi; 4) Noemi Lusi.

Sez. C: Paola Insola.

Sez. D: Nessun premio assegnato.

Sez. E: Filomena Iovinella.

Sez. F: 1) Elisabetta Di Iaconi; 2) Francesco

Martillotto.

Pomezia, 6 luglio 2013

Domenico Defelice Organizzatore del Premio

e direttore di Pomezia-Notizie Vincitori della SEZIONE A delle precedenti edi-

zioni: Pasquale Maffeo: La melagrana aperta; Et-

tore Alvaro:Hiuricedhi; Viviana Petruzzi Marabel-li:Frammento d’estate; Vittorio Smera: Menabò;

Giuseppe Nalli: A Giada; Orazio Tanelli: Canti del

ritorno; Solange De Bressieux: Pioggia di rose sul cuore spento; Walter Nesti: Itinerario a Calu; Ma-

ria Grazia Lenisa: La ragazza di Arthur; Sabina Ia-

russi: Limen; Leonardo Selvaggi: I tempi felici; Anna Maria Salanitri: Dove si perde la memoria;

Giuseppe Vetromile: Mesinversi; Giovanna Bono Marchetti: Camelot; Elena Mancusi Anziano: Ani-

ma pura; Sandra Cirani: Io che ho scelto te; Venie-

ro Scarselli: Molti millenni d’amore; Sandro Ange-lucci: Controluce; Giorgina Busca Gernetrti: L’ a-

nima e il lago; Rossano Onano: Mascara; Fulvio

Castellani: Quaderno sgualcito.

Soles occidere e redire possunt

Ti puoi immaginare Edipo

mentre muto, gli occhi forati,

conserva lacrime indisciolte

nell’animo impietrito.

Lo puoi immaginare

su una natura acerba

o su una dolce,

o su acque silenziose

a terminare mete.

Ti puoi immaginare Saffo

ispida in volto

quale natura in crini attorcigliati.

Saffo con animo esile

che cerca morte ovunque

sia un effetto contrario

al suo sentire.

La puoi pensare

mentre sul vasto mare

attende tempeste

e creste d’onde

giungere ai suoi piedi

sprezzante di vita

sui lidi abbandonati dagli dèi.

Ti puoi immaginare dolori

grandi, smisurati

che la Storia ripete

su spazi che si perdono nel tempo.

Ti prende il desiderio

di sfidare il destino,

su coste selvagge,

su spiagge ostili,

su pendii che franano in dirupi.

Ma che gli amori ripudino i pudori!

Soles occidere et redire possunt

nobis cum semel occidit brevis lux

nox est perpetua una dormienda.

Nazario Pardini Arena Metato (PI)

da: I simboli del mito (1990 - 1994), Primo Premio

(Sezione A) al Città di Pomezia 2013.

Nazario PARDINI è nato ad Arena Metato (PI). Laureatosi prima in Letterature Comparate e suc-

cessivamente in Storia e Filosofia all’Università di

Pisa è inserito in Antologie di un certo rilievo; per citarne alcune: “Delos” (Autori contemporanei di

fine secolo), edita da G. Laterza, Bari, 1997; Anto-

logie Scolastiche “Poeti e Muse”, edite da Linea-cultura, Milano, 1995, 1996; Antologie “Blu di

Prussia”, E. Rebecchi Editore, Piacenza, 1997 e

1998; Antologia Poetica “Campana”, P. Celentano, A. Malinconico, e Bàrberi Squarotti, Pagine Editri-

ce, Roma, 1999; G. Nocentini, “Storia della lettera-

tura italiana del XX secolo”, a cura di S. Ramat, N. Bonifazi, G. Luti, Edizioni Helicon, Arezzo, 1999;

“Dizionario degli autori italiani contemporanei”,

Guido Miano Editore, Milano, 2001; “Dizionario degli autori italiani del secondo novecento”, a cura

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POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 21

di Ferruccio Ulivi, Neuro Bonifazi, Lia Bronzi, E-

dizioni Helicon, Arezzo, 2002; “L’amore, la guer-

ra”, a cura di Aldo Forbice, Rai – Eri, Radio Tele-visione Italiana, Roma, 2004. Molti e importanti i

Premi Letterari vinti, fra cui nella terna Mussapi,

Pardini, Baudino, al Premio “Pisa”, 2000; e il Pre-mio “Libero De Libero”, Fondi, 2012. È critico e

prefatore. È fondatore, curatore, e animatore di Alla

volta di Leucade (nazariopardini.blogspot.com), importante blog culturale, punto d’incontro della

comunità letteraria nazionale e non solo.

Una folata di vento

ha spalancato le finestre al sole

e rotto il polveroso silenzio

della casa bambina.

E’ l’ora di pranzo.

Fra volti amati e teneri sorrisi,

la fragranza del pane,

la freschezza dell’acqua

nella brocca antica,

il crepitio dell’arrosto

sul carbone acceso.

Avevo perso le chiavi,

piccola casa dei pensieri azzurri

e camminavo sulle foglie ingiallite.

Innocenza Scerrotta Samà Catanzaro

da: Finestre illuminate, 2° Premio (Sezione A) al

Città di Pomezia 2013.

Innocenza SCERROTTA SAMÀ è nata a Catanza-ro, dove vive, ma da moti anni partecipa alla vita

culturale fiorentina. Ha pubblicato molti volumi, tra

cui “Come sorella” (1992), “Luce e buio 314”, “Perché non gli somiglio? 353”, “Il colore del gelo”

(1995), “La mano e la prua” (2010), “Nel taciuto la

gioia” (2013). Inserita in prestigiose antologie, tra le quali “Poesia del Novecento in Toscana”.

A VOLTE

A volte mi rattristo pensando

A quel che avevo e più non mi ritrovo.

E mi affanno a cercarlo nel chiuso

D’una stanza col cuore in subbuglio,

In un’onda di tristezza risvegliando i ricordi.

E s’offusca la mente ad un volto che ritorna,

A una voce che mi chiama, come se fosse

Sulla soglia ferma ad aspettare.

A volte il giorno mi scivola dinanzi

Senza lasciare traccia, come pioggia

Che rotola sui vetri tra raffiche di vento,

Disegnando arabeschi che rivedo

Nella notte tra nuvole di sogni.

E più non mi dispero per le insulse cose,

Per i labili pensieri; se la vita all’alba

Mi promette e al meriggio non mantiene,

Dispensando inganni e vacui miraggi.

Ed a notte mi ravvivo e m’immergo

Tra le stelle navigando nell’ignoto,

Dove l’anima s’acquieta, sazia d’immenso.

E mi rapisce il canto, la voce modulata

Di chi sorride al giorno e non dispera

Dell’ora che avanza, ondeggiando

Su stagioni diseguali, dove alterna

Il tempo la sua gamma di colori.

Antonio Damiano Latina

Da: I colori della luce, 3° Premio ex aequo (Sezio-ne A) al Città di Pomezia 2013.

Antonio DAMIANO è nato a Montesarchio (BN),

ma risiede a Latina. Laureato in Lettere e Filosofia. Dirigente d’Azienda, in pensione. Sposato, ha due

figlie. Ha conseguito 6 Primi Premi, 6 volte il se-

condo premio, 7 volte il terzo premio, 2 volte il quarto premio, 7 volte il quinto premio, 3 volte il

sesto premio, 3 volte il Premio Speciale. E poi

Menzioni d’onore, Diploma d’onore, Diploma di merito e varie segnalazioni. E’ stato 4 volte finali-

sta. Le sue poesie sono inserite in numerose antolo-gie di prestigiosi premi letterari.

PARLANO LE MAINARDE

Mandrie di camosci vedrete brucare

nei miei pianori,

mucche e cavalli ancora,

gli scalatori solcare

le mie chine e i miei boschi

e toccare le vette per buona parte

dell’anno innevate.

Erbe medicinali, orabi e cicorie

ancora qualcuno verrà a cercare.

Più non verranno

montanari in ciocie

a caricare sugli asini

legna secca dei miei faggi

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POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 22

per andare nei paesi vicini

a barattarla con farina.

Sosteranno come sempre,

presso le mie fonti,

i pellegrini di Canneto.

Antonia Izzi Rufo Castelnuovo al Volturno, IS

da: Paese, 3° Premio ex aequo (sezione A) al Città

di Pomezia 2013.

Antonia IZZI RUFO è nata a Scapoli (Is), ma risie-de a Castelnuovo al Volturno, frazione di Rocchetta

(Is). Ha scritto opere di narrativa, poesia, saggistica.

Oltre cinquanta i libri finora pubblicati. Noti critici

e personalità della cultura nazionale e internaziona-

le hanno scritto di lei.

SILENZIO DI GIOIA

Invano cerco il verso

alla sorgente dell’anima

per dire la poesia dell’ora.

Invano

la parola è immobile

in un’alba di gioia.

Con la mente tento

a chiosa una prosa:

è la tua presenza, infanzia

tutta questa gioia

che mi riverbera dentro

e non si fa parola.

Dal silenzio si schiude una rosa.

Maria Luisa Daniele Toffanin Selvazzano, PD

da: Florilegio femminile, 3° Premio ex aequo (Se-zione A) al Città di Pomezia 2013.

Maria Luisa DANIELE TOFFANIN, nata a Pado-

va, già docente di italiano e storia negli Istituti su-periori, si dedica ora alla poesia e ad attività cultu-

rali. Nell’ambito dell’Associazione Levi- Montal-

cini promuove nelle scuole incontri letterari, mo-menti di poesia, laboratori di scrittura. Partecipa a

convegni realizzati dall’Università di Udine e ini-

ziative promosse dal CILM della stessa Università. Sue poesie figurano in antologie e riviste nazionali

ed internazionali. E’ socia del Pen Club Italiano. Ha

ottenuto numerosi premi e lusinghieri consensi. No-

ta è anche la sua produzione critica. Ha pubblicato i

seguenti volumi: “Dell’azzurro ed altro” (1998,

2000), “A Tindari” (2000, 2001 - Premio Sorrenti-num), “Iter ligure” (2006 - Premio Il Portone),

“Fragmenta” (2006 - opera ampiamente premiata),

“E ci sono angeli (2011), “Appunti di mare” (2012).

UNA MACCHIA

Figlio precario

il tuo cavallo raglia

il mantello è di iuta

perché ascolti le favole?

Puoi cambiare molte suole

senza scrivere il tuo nome sull’asfalto

perché ascolti le favole?

Ora l’ira è un destriero che scalpita

il silenzio è un coltello di ghiaccio

tra i sassi rimane una macchia

una macchia si dilata tra i sassi.

Andrea Masotti Bologna

da: Per un metro o due al prezzo di un uomo, 4°

Premio (Sezione A) al Città di Pomezia 2013. Andrea MASOTTI, di professione medico, appas-

sionato di storia, è tra i premiati o segnalati in alcu-

ni premi letterari di poesia e narrativa. Racconti e poesie sono stati editi da rubriche culturali cartacee

e sul web, oltre che dagli editori Giulio Perrone,

Nottetempo, Giraldi. La silloge “Sotto un cielo troppo azzurro” è stata pubblicata su i quaderni let-

terari “Il Croco” nel marzo 2010. Nello stesso anno

ha pubblicato il romanzo “Intrigo sulla Moskova”. Nel 2011 ha ricevuto il primo premio Città di Po-

mezia con la poesia singola “Monte Bianco”.

...ANCHE LA TERRA, È STANCA...

(Variante)

...basta, basta!! Da lungi di millenni,

dall’inimmaginabile...

...anche la Terra, è stanca...

del malfatto e selvaggio, del malvagio

di vita miserabile, di morte...

quanto il perenne impulso categorico,

istintivo, burlone, capriccioso,

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POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 23

atavico del fato.

Stanca la Terra, come fuggisse oltre,

lungi dal Mare, il gemello siamese,

per fessure, passaggi di salvezza...

varchi tra tormentose

tempeste, terremoti,

nominali uragani...

orribili tsunami...

Persino il Padreterno

- stanco, svilito d’aspettare... - volge

l’occhio altrove, lontano... oltre l’edenica

pazienza... del perdono-carità,

il sacro amore biblico, disperso...

Imperterrito l’Uomo scrive, legge,

promette e grida... decide ed uccide...

Da sovrano assoluto

- magico, indifferente - trionfa ed ordina,

distrugge e costruisce

al ritmo capriccioso, ineludibile,

continuo, folle d’Eolo.

Edio Felice Schiavone Santo Spirito, BA

da:Schegge (Io e il mio tempo) Parte terza, 5° Pre-

mio (Sezione A) al Città di Pomezia 2013.

Edio Felice SCHIAVONE è nato il 30 agosto 1927

a Torremaggiore (Foggia). Già primario pediatra ospedaliero. Attualmente risiede a Santo Spirito -

Bari. Ha pubblicato: “La morte non ha la smorfia

del teschio” (1961), “Io e il mio Sud” (parte prima, 1987), “Io e il mio Sud” (parte seconda, 1990), “L’

uomo questo mistero” (1993), “L’ultima sera di

carnevale” (poesie tradotte in serbo-croato da Dra-gan Mraovic, 1996), “Senza l’uomo” (1997), “Qua-

si un diario” parte prima, 2000), “Poesia dove”

(2002), “Io, gli uomini e gli amici... (2007), “Schegge (io e il mio tempo)”, 2006, “A sbalzi...”

(2008), “Schegge - Io e il mio tempo” (parte secon-

da, 2011).

UNA MANO SULLE PIETRE

Mi rassicura

Posare una mano sulle pietre

di una città visitata

nei giorni di festa

più degli occhi ora è forte

l’istinto di trattenere

quelle forme nella mente

Come chi sente

la vita andare

e stringe il braccio

dell’ospite nella fredda casa

e non vuole lasciarlo uscire

cercando così di truffare il tempo

Così anch’io tento d’allungare

la mia ombra e i suoi passi

e m’illudo di restare

più del previsto

in questo luogo

Perché l’ignoto fa tremare

e non oso

congelare il sangue

prima del giorno scritto

nel palmo della mano.

Francesco Salvador Padova

Primo Premio (Sezione B) al Città di Pomezia 2013.

Francesco SALVADOR è nato a Vittorio Veneto il

10 marzo 1957, abita a Padova dove svolge

l’attività di insegnante. Ha esordito nel campo della

Poesia nel 1984; da allora ha pubblicato venti rac-

colte di poesie, ha vinto diversi premi nazionali, è stato recensito anche da alcuni autorevoli esponenti

della letteratura italiana, è presente con i suoi elabo-

rati in antologie accanto a nomi illustri (Alda Meri-ni, Giorgio Caproni, Mario Luzi ed altri). Collabora

e ha collaborato a vari periodici di poesia. Membro

dell’Accademia il Rombo ha ottenuto le nomine di Accademico di merito e di Senatore Accademico,

nel 2009 ha festeggiato i venticinque anni di convi-

venza ufficiale con la poesia con il libro “Liriche Scelte”.

MANO VUOTA

Depredata la casa avita

niente resta dell'antico ricordo.

Con crudele disprezzo,

dispersa è la fiamma

di una finta famiglia.

La vittima sacrificale,

esclusa dagli intrigati affetti,

vaga perduta e dilaniata.

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POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 24

Senza più riferimenti,

smarrita è la luce della mente

e resta per sempre vuota

la mano tesa da tempo.

Anna Maria Bonomi Roma

2° Premio (Sezione B) al Città di Pomezia 2013.

Anna Maria BONOMI è nata a Roma, dove risiede. Ha vissuto anche ad Artena e a Pisa. Laureata in

Pedagogia e specializzata come Consigliere peda-

gogico. Ha insegnato fino al 2003. Si è interessata di poesia in vari periodi della sua vita. Negli ultimi

anni ha partecipato agli incontri dei “Poeti al Caf-

fè”, Centro letterario romano. Ha pubblicato alcuni saggi critici e poesie su riviste, come Pomezia-

Notizie. Suoi elaborati figurano nelle belle antolo-

gie curate annualmente da “Poeti al Caffè”.

PRIMA DEL TROPPO TARDI

Lo sbadiglio dell’alba - mia Principessa -

temporeggia in preliminari assenti e vivi.

L’estro d’un tempo vagabondo slaccia scuce

l’intimo sfila

con mani di servo sognatore. La caccia al te-

soro dei sensori.

E polpastrelli suonano la pelle; ha voce

l’arpa dei capelli.

Labbra sfiorano le labbra: andirivieni di fe-

licità.

S’invertono sovente inizio e fine; silenzi di

velluto regalati.

Amplesso illimitato alla moviola.

Ma si paga lo scotto desolante nell’ordito

dei giorni dispettosi

nel passarsi tra loro il testimone.

S’impigliano menzogne mascherate passate

e presenti

edulcorate, contrapposte.

Il sole s’impone prepotente e restano soltan-

to - ahimè - rimpianti.

Il brindisi ruffiano da Margot... Il semiserio

baciamano...

La camicetta a rose mozzafiato... la passeg-

giata verso l’infinito...

la mansarda sospesa tra le stelle...

E tante occasioni da mordersi le mani.

Intanto motu proprio

da qualche tempo sogno disertore

bandiera bianca agita al vento.

Enzo Cavaricci Pontinia, LT

3° Premio ex aequo (Sezione B) al Città di Pomezia

2013. Enzo CAVARICCI è nato a Pontinia (LT) nel 1947

e qui vive. Ha pubblicato le seguenti raccolte poeti-

che: “Risacca” (1988), “Passo” (1991), “Otto poe-sie laziali e una capanna” (1999), “La luna nella

pozzanghera” (1999), “Se questo è amore” (2000),

“Se avremo modo” (2008). Primo premio ai con-corsi: Città di Bolzano, Città di Alanno, Un atto

d’amore (Latina), Poeta e Poesia (Porto Recanati),

Primavera Strianese (due volte), Biennale del Mon-ti Lepini (Segni), Premio Aeclanum - giuria studen-

ti (Mirabella Eclano), Marino e la Cultura - Città di Formia. Hanno scritto di lui: Elio Filippo Accrocca,

Elio Andriuoli, Giorgio Bárberi Squarotti, Giorgio

Caproni, Solange De Bressieux, Francesco De Na-poli, Ninnj Di Stefano Busà, Elena Milesi, Luigi

Pumpo, Gianni Rescigno, Vittorio Vettori. Presi-

dente dell’Associazione culturale Edizioni E-etCì, è stato organizzatore e segretario dei premi letterari

“Città di Pontinia” e “Gaetano Viggiani”.

TERESA LA TUA VITA

Sei e non sei, sei e non sei te stessa

sei e non sei qui, sei dove sei: altrove.

Bacio le tue mani ruvide che sanno

di cipolla, varecchina, di ferro da stiro.

Mi dolgo per le tue notti di veglia.

Le ultime stelle ti rimboccano

le coperte e mentre sonnecchi

l’albore ti sveglia, ti fa eco la poesia.

Tu colori il cielo e il mare

profumi il giardino di fiori

richiami il garrire delle rondini

rendi più luminosa la giornata

tutt’intorno diventa più felice

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POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 25

come il canto degli usignoli

il cielo si rallegra degli stormi

il mare si popola dei pesci

ed io mi illumino di te.

Perdonami se non ti amo come vorresti

come meriti, accogli la mia dedizione

più d’ogni cosa e prenditi un po’ di te.

Un grande amore non esige parole:

ti amo, ma non chiedermi perché.

A te resa è l’eco della tua poesia.

Tito Cauchi Anzio, RM

3° Premio ex aequo (sezione B) al Città di Pomezia

2013.

Tito CAUCHI, nato l’11 agosto 1944 a Gela (Sici-lia), vive a Lavinio, Anzio (Roma); ha svolto varie

attività professionali, l’ultima delle quali è stata

quella di Docente. Ha pubblicato le seguenti sillogi poetiche: “Prime emozioni” (1993), “Conchiglia di

mare” (2001), “Amante di sabbia” (2003), “Isola di

cielo” (2005), “Francesco mio figlio” (2008), “Ar-cobaleno” (florilegio 2009), “Crepuscolo” (florile-

gio 2011), “Veranima” (2012); saggi critici: “Logos

in Prime emozioni” (1998), “Giudizi critici su An-tonio Angelone” (2010), “Mario Landolfi saggio su

Antonio Angelone” (2010). Inoltre ha contribuito

ad alcune opere curandone la pubblicazione o con note critiche. E’ incluso in alcune antologie poeti-

che, in raccolte critiche, in volumi di storia della

letteratura, nel “Dizionario biobibliografico degli autori siciliani” (2010), ed in altri ancora; collabora

ad alcune riviste, egli stesso è oggetto di svariate

analisi critiche.

RICORDO

Se fosse un canto a ridestarmi inquieto,

vorrei poterlo udire all’infinito.

Se fosse un sibilo a condurmi fuori

da questo stadio di profonda tema,

vorrei che penetrasse le mie membra

assetate d’acqua di longevità.

Se fosse un grido a risvegliare in me,

il dolce fremito dell’innocenza,

posta, forse, sarebbe gentil fine

al dubbio che affligge una coscienza.

Noemi Lusi Roma

4° Premio (Sezione B) al Città di Pomezia 2013. La formazione di Noemi LUSI si riflette su tutta la

sua produzione letteraria che si situa nel contesto

internazionale ed in particolare quello europeo, in cui ha a lungo vissuto e da cui ha voluto enucleare

alcune delle sue significative permanenze in parti-

colare in Inghilterra, Francia, Svezia e Spagna. La vocazione all’espressione di sentimenti, opinioni,

convinzioni, principi, pensieri, insomma alla condi-

visione del proprio animo con un ‘esterno’ che, an-che quando indistinto o mutevole, pure rappresenta

la vita nel suo incomprensibile svolgersi, risale ai

tempi del liceo e l’accompagna trasformandosi con lei.

TRE MADRI

Nella mia mente spesso

due care immagini si sovrappongono:

quella materna e quella

della materna madre. Si confonde

l’immagine della nonna con l’altra

che nel tempo sempre più

a lei si andava assomigliando.

Così il mio affetto

in un unico abbraccio le avvolge

e allora corre il pensiero in alto, dove spero

che potrò un giorno rivederle entrambe.

E quindi prego che in questo mi aiuti,

e aiuti loro, tenendosele appresso,

la terza madre mia, che sta nel cielo:

Maria.

Mariagina Bonciani Milano

Selezionata (Sezione B) al Città di Pomezia 2013.

Mariagina Bonciani vive a Milano dove è nata

nell’aprile 1934 e si è diplomata in Ragioneria nel 1953 presso l’Istituto Tecnico Carlo

Cattaneo, ma ha sempre prediletto le materie lette-

rarie e le lingue. Conoscendo il francese e lo spa-gnolo ed avendo perfezionato soprattutto lo studio

dell’inglese, Mariagina BONCIANI ha lavorato dal

1953 al 1989 come segretaria di direzione, capo uf-ficio e corrispondente presso tre diverse ditte nel

settore import-export. Ama la lettura, i viaggi e la

musica classica. In pensione dal 1989, per alcuni anni si è dedicata alla madre inferma, smettendo di

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POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 26

viaggiare ma senza abbandonare la poesia e gli stu-

di (pianoforte, russo e greco antico). Non si è mai

sposata. Dal 2008 partecipa ai concorsi di poesia nazionali e internazionali, ottenendo quasi sempre

premi, menzioni e segnalazioni. Molte sue poesie

sono state pubblicate in antologie e riviste. Nei quaderni “Il Croco” della rivista “Pomezia-Notizie”

sono comparse le sue sillogi “Campane fiorentine”

(2010) e “Canti per una mamma” (2011). Sue poe-sie vengono regolarmente pubblicate nella suddetta

rivista, diretta e stampata in proprio del Dott. Do-

menico Defelice in Pomezia. Nel 2012 le Edizioni Helicon hanno pubblicato il suo libro “POESIE” ,

che ha ottenuto premi e riconoscimenti in diversi

concorsi, fra cui Città di Pontremoli, Via Francige-na, Pegasus-Montefiore. E’ socia dell’Accademia

Internazionale “Il Convivio”.

AD UN PAPA

Vorrebbe il terreno

applaudire il passo

del tuo rallentare penitente

concimare di stanchezza il sollievo.

Strade deturpate attendono

filari di alberi e ostelli

per la grazia o condanna dei diversi.

Quante volte è stata l’acqua

ad avvicinarsi alla bocca del pellegrino

inginocchiato sulla paglia!

Lasci

non certo per ascoltare

la prassi delle evocazioni

in questo tuo stemperare egoismo

in umiltà assai più pretenziosa

della fede.

Claudio Carbone Formia, LT

Selezionata (Sezione B) al Città di Pomezia 2013.

Claudio CARBONE nasce nel 1958 a Gaeta. Lau-reato in Architettura, è insegnante di Disegno e Sto-

ria dell’Arte al Liceo Scientifico “E. Fermi” di Gae-

ta. Risiede a Formia (LT). Ha pubblicato cinque li-bri di poesia “O laureat”, “Passo di cicogna”, “Quo-

tidiane colonne”, “Sagome e specchi”, “Al posto

delle rose”. E’ vincitore di numerosi concorsi di ambito nazionale.

ACCOVACCIATO MI RITROVO

Quella volta vedevo nei tuoi occhi

tutti i bagliori delle mie stagioni.

Riflessi di una vita trafitta dai miei silenzi,

immemori di lampi nel cuore.

Mi ritrovavo accovacciato

accanto al mio dolore,

sul mio tempo sfumato,

vestito di addio nell’imbrunire della sera.

Ma alla fine del Tempo

mi ritrovai a percorrere la strada

che mi riconduceva alla vita,

valicando montagne

spaccate dal fulmine della mia mente,

sciogliendo nevi

col sale delle mie lacrime.

Avevo rischiato di rimanere

orfano di Poesia,

rimasta prigioniera

dentro i miei ultimi recessi vuoti.

Essenza d’ambra si stava sfaldando

tra le foglie delle mie spine,

mentre i granelli dei miei palpiti

aprivano virgole

nella mia memoria irreversibile.

Lì mi riapparvero i tuoi occhi,

come gemme indolori dei miei smeraldi.

E sull’albero della vita

i rami rifiorirono di parole d’amore.

Santo Consoli Catania

Selezionata (Sezione B) al Città di Pomezia 2013. Santo CONSOLI nasce a Misterbianco (CT) nel

1946. Dopo la Laurea si trasferisce nel Veneto, ove

ha inizio la sua carriera di docente. Rientra in Sici-

lia e nel 2005 inizia a scrivere poesie e a partecipare

a Concorsi, ottenendo ambiti riconoscimenti. Ha

pubblicato numerose sillogi: “L’Arcobaleno dell’ Amore”, “Lucidi Orizzonti”, “HeyMan- Risollèva-

ti”, “La Strada sull’Acqua”, “Pensieri Innamorati”,

“Verso la Luce”, “Animi”, “I tuoi silenzi”, “La tua anima affiorava”, “Il nostro incontro”, Tu, mia

Strada”, “Le nostre pagine”, “Nel tuo Firmamento”,

“Mi addormentavo nei tuoi sogni”, “Non è l’ultima stagione”, “Il Sentiero della Vita”, “Il Cuore Can-

ta”, “Ti ho cercato”, “I colori del silenzio”, “Il tuo

riflesso”, “Accovacciato sulle tue ginocchia”, “Spazio Infinito”, “Il tuo risveglio”, “La tua pre-

senza”, “Sfumature”, “Memorie d’oggi”, “Voliamo

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POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 27

nel tempo”, “Nel mio margine”, “Nei giorni della

tua vita”, “Nel mare dei tuoi occhi”, “Spazio Vita-

le”, “Longevo”.

L’UOMO CON LA CHITARRA -

HAIKU

Rami di luna.

Guardami attraverso.

Il peso del tempo.

Elastico.

L’accelerarsi del tuo cuore.

Piume a cadere.

Una gardenia.

La festa dei tuoi occhi.

Neve d’aprile.

Lunascarlatta.

La tua bocca indecente.

Magnifica il cielo.

Lezione 21.

Nel ventre della mia chitarra.

S’apre la luna.

- Ps. Cercami

Scorrono fra le tue righe

le margherite

Una farfalla

sul bianco marmo.

E’ colore

Monica Fiorentino Sorrento, NA

Selezionata (Sezione B) al Città di Pomezia 2013.

LA DANZA DEL MIO CUORE

La danza che vive nel mio cuor,

pur sovente

sembra non volermi lasciare

neanche per un istante,

che sia gioiosa , dolorosa o evanescente

non mi inebria e non

mi avvilisce così tanto,

perché la medito profondamente.

Tutto è bello e buono conoscere nella vita,

gli affanni, le gioie, pur le cose evanescenti

per poter capir gli altri,

aiutare i tuoi cari e i tuoi fratelli

nei loro affanni, nei loro idilli,

nel dolor di qualunque sorta esso sia,

nella gioia profonda che nel cuor si sente

e non si può spiegare

perché l’altro non può capirlo,

specie se non lo sente

e se ci provi a spiegarlo

resti sconsolato e non vale a niente.

Ma la forza di quel che provi

o hai provato,

resta in te e non sarà mai eliminata.

Il tuo credere sarà la tua forza.

Il tuo credere sarà la tua armonia,

allora io lascio che il mio cuor

danzi in ogni evento,

perché dolce e soave è la danza

che vive nel mio cuor

che m’ispira tante cose buone e belle.

Clementina Maddalena Pilla Melbourne – Victoria - Australia

Selezionata (Sezione B) al Città di Pomezia 2013.

ADESSO IO CI SONO

Non c’ero

Adesso sì! ci sono

Con l’anima e il corpo,

Adesso son qui

Son certa anche Dio c’è.

E’ grande, da sempre

Si prende cura di me, di noi,

Fin da quando

Ero ancora niente

E poi c’ero,

Dio mio, io ti ringrazio

per i doni che mi hai donato,

La pazienza, il mio buon’umore,

Il cuore,

La bocca,

Gli occhi,

Le mani,

Le gambe,

La salute,

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POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 28

La pace,

L’amore infinito,

Grazie Padre

Per le tue offerte,

Per farmi sentire

Uguale agl’altri,

Io apprezzo la tua volontà

E’ grandissima!

Accetto tutto di te

grazie per avermi dato la vita.

Non c’ero con gli affanni della vita,

Adesso ci sono,

Sono arrivata fin qua

E resterò finché non sarò

Prossima alla fine.

Carmela Perri Melbourne, Victoria, Australia

Selezionata (Sezione B) al Città di Pomezia 2013.

SIAMO NOI STESSI

Amore mio, siamo noi stessi,

come la pioggia che scende dal cielo,

bagnando i prati assetati dal caldo.

Siamo noi stessi,

in questo spazio infinito che

opprime il nostro io,

non compreso dal muro

dell’incomprensione e dall’odio.

Amore mio, ti amo come sei,

ti prego non cambiare nel tempo

perché la tua anima è racchiusa

nella mia identità anche se siamo diversi.

Siamo due stelle che illuminano

il nostro cammino del destino

racchiuso nelle nostre mani.

Gente senza volto,

capaci di emettere sentenze,

non mi violate,

resto come sono.

Angela Maria Tiberi Pontinia, LT

Selezionata (Sezione B) al Città di Pomezia 3013.

La poetessa Angela Maria TIBERI è conosciuta ed

apprezzata da notevoli associazioni culturali nazio-

nali ed internazionali. Ha vinto numerosi premi tra

cui: 2° Premio Internazionale Amico Rom 2008 e

2009, 1° Premio Verità poetiche 2012 Associazione teatrale Beniamino Joppolo - Patti (ME), Oscar del-

la poesia 2009 e 2010, iscritta all’Albo d’Oro

dell’Associazione Internazionale Arte e Cultura.

SILENZIO

Nel tuo grembo

ho conservato le mie speranze,

ho affinato i miei pensieri,

ho gioito i momenti più belli

e quando l’ombra della sera calava,

gentile la mano tua accarezzava

il capo mio ricciuto e biondo,

finché il sonno mi rapiva

portandomi in magici paesi

di fiaba ed illusione.

Oggi adulta, amo la vita e il chiaro mio in-

telletto,

perché lontana sono, ho preso il volo,

mamma nella lettera mi dice:

il tuo sorriso colorava i miei grigi giorni,

rischiarava le membra stanche del mio vol-

to,

l’abbraccio tuo come sole

mi colorava del tuo amore,

respiravo il profumo dei tuoi giovani anni

mi sembrava di trovarmi in un prato in fiore.

Adesso ho paura del silenzio

e soffro nel non poter accarezzare

il tuo capo biondo,

avvolta in un manto di silenzio,

rassegnata aspetto il suono della voce tua

attraverso un filo,

ed io rammento quel grande amore

che in ogni bimbo o fanciullo rimane

il luogo più caro al mondo

il grembo della madre,

è il posto più sicuro.

Anna Trombelli Acquaro Melbourne – VIC. Australia

ËL VAGABOND

Lìber ëd fité un seugn

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POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 29

acomoda ’d promësse

che ‘l temp a dëscolora.

Peui a ven anans tra crosière

dë stra a man veuide

armisciand malinconie

tra le carte anfiàpie.

Ch’a sia sabia o tèra

soa contrà ëd nassensa

drinta ‘d chiel

a fermenta l’arnonsia.

Ma ancheuj a condana nen

la mala sòrt

a veul nen foé l’ànima

al feu dël bivach.

Tra le pere a dëstìla

ore sensa fama

e a bèiv l’ùltima golà

a l’anvers dël mond.

Paola Insola Torino

Primo Premio (Sezione C) al Città di Pomezia 2013.

(IL VAGABONDO - Libero di affittare un so-

gno/concilia promesse/che il tempo scolora./Poi a-vanza tra crocevie/ di strade a mani vuote/frugando

malinconie/ tra carte appassite./Che sia sabbia o ter-

ra/Il luogo di nascita/ dentro di lui/fermenta la ri-nuncia./Ma oggi non condanna/Il destino/ non vuo-

le arroventare l’anima/ al fuoco del bivacco/tra le

pietre distilla/ ore senza gloria/e beve l’ultimo sor-so/al rovescio del mondo.

Paola Insola)

ALIENAZIONE di Leda Biggi Graziani

ridare...

- “Non parlare a voce alta, non è e-

ducazione... Non gridare, è da paz-

zi...” -

E sotto la mia finestra, aperta alle voci di

primavera, gridava l’arrotino, pedalando e so-

stando:

- “Muleta... Muleta...” - e “Arrotino” (con tre,

quattro “r”), mentre la “mola” girava, affilan-

do e arrotando coltelli.

Era un pazzo?

Quando d’inverno il bianco mantello ovattava

il mio piccolo mondo, il silenzio era rotto da

un grido prolungato, atteso, riconosciuto. Era

arrivato lo spazzacamino. E come me lo ri-

cordo! un chicco di caffè in un mare di pan-

na!

E mio padre lo teneva a tavola con noi; il sor-

riso e l’imbarazzo: chiaro-scuri bagliori indi-

menticabili.

Poi il suo strascicato grido, mentre da un ca-

solare all’altro, un “orso” con fardello in spal-

la sfalcava, sostava e... svaniva.

Era un pazzo?

E il pescivendolo del Lago Trasimeno, che il

venerdì, tra le nebbie mandava il suo richia-

mo:

- “Pesciaiolo... Pesce fresco...” - mentre in

una piccola cassetta guizzavano lattarina, la-

schine, reginette...

Pesava e gridava... Scherzava, altro grido alto

e, pedalando, si allontanava, mentre l’eco ri-

mandava le ultime note... di “Pesciaio-

lo...olo”.-

Era un pazzo?

Alienazione

Leda Biggi Graziani Arezzo

Racconto selezionato (Sezione D) al Città di Pome-

zia 2013.

I MIEI ANGELI di Maria Coreno

a bambina, come tutti i bambini,

amavo gli angeli e desideravo sem-

pre di averne uno per accudirlo, per

fargli da mammina.

Ricordo una particolare visita al Santuaro

della Madonna Maria SS. Del Piano, quando,

accompagnata da mia madre, assieme, parte-

cipammo alla festa in Suo onore.

La festa si faceva e si fa ancora, ogni tre

anni, della durata di cinque giorni, come di

tradizione.

Era il 1946 e ancora si riparavano le case

non lontane dalla chiesa semidistrutte dalla

violenza dell’ultima guerra mondiale.

Attaccato alla chiesa vi era pure il convento

G D

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POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 30

con le suore che accudivano i numerosi orfa-

nelli.

La chiesa mi piaceva perché, pur essendo

antica aveva una bellezza accogliente, ripo-

sante.

Ricordo che la domenica si andava a messa

e la sera ad imparare la dottrina per le prepa-

razioni della comunione o della cresima.

Un giorno, mentre camminavo nei pressi

della chiesa, notai le porte aperte ed entrai per

osservare, da sola, le sue bellezze, come i di-

segni e le varie decorazioni nelle cappelle, ai

bordi delle finestre, nel soffitto e naturalmen-

te sull’altare, attorno alla nicchia della Ma-

donna. Ne ero entusiasta di tutto quello che

vedevo e mi sembrava proprio di trovarmi in

un posto molto speciale!

Quello che mi impressionava di più, però,

erano le statuette degli angeli, i quali regge-

vano il Mondo con la forza delle mani. A

questa visione seguirono poi tanti pensieri ed

idee, come di solito si fa da piccoli, quando la

conoscenza del creato è scarsa e si lascia

camminare la fantasia velata dall’innocenza.

Fatto sta che iniziai a pensare come impos-

sessarmi di un angelo! Allora ero convinta

che gli angeli vivessero ed abitassero sotto

terra e quindi situati in una posizione adatta

per reggere il peso del Pianeta Terra. Quindi,

cosa fare per trovarli?

Bisognava solamente scavare un bel fosso

profondo onde esaudire la mia volontà, se vo-

levo avere l’angelo tutto per me!

Mentre scavavo, facendo una grande fatica,

pensavo (o sognavo con gli occhi aperti?) ai

capelli biondi e ricci del’angelo, alla sua boc-

ca piccolina, alle sue labbra rosse, ai suoi oc-

chi celesti, al suo viso roseo e paffutello, al

suo corpo morbido e nudo, alle sue preziose

ali...

Sicuramente potevo procurarmi anche una

coperta per avvolgerlo e mantenerlo caldo e

comodo!

Ma, dopo alcuni giorni di scavo, mi rende-

vo conto che le possibilità di riuscire all’ im-

presa stavano riducendosi a poca cosa.

A furia di scavare mi sentivo stanca e delu-

sa, poiché dalla terra non usciva nessun ange-

lo!

Ma allora dove saranno messi per reggere il

mondo?, domandavo a me stessa!

Alla fine accettai il fallimento della ricerca,

ma con grande delusione!

Di questo episodio non dissi mai niente a

nessuno, per due motivi.

Il primo, per non passare l’idea agli altri!

Cosa sarebbe mai successo se qualche altra

persona avesse provato a scavare e trovare gli

angeli?

Il secondo motivo, la paura che, confessan-

do il mio operato, si prendessero gioco di me!

E dopo tanti anni ancora amo gli angeli, an-

che se non sono sottoterra!

Essi per me rappresentano la purezza e la

dolcezza, quello che tutti noi abbiamo biso-

gno.

Maria Coreno Melbourne, Victoria Australia

Racconto selezionato (Sezione D) al Città di Pome-zia 2013.

SEGUI ME di Filomena Iovinella

fiaba

Inizio

CASCATA DEL NIAVARA

ally gioca con i suoi amici ogni mat-

tina, si tuffa giù dalla cascata e ride e

salta, scivolano tutti insieme infine sul-

la schiuma di nonno e nonna, di papà e

mamma.

Sally è di colore blu trasparente, è la più pic-

cola della sua razza e quando la chiamano lei

si nasconde sempre.

Sally

Era la goccia d’acqua più piccola di tutta l’

acqua del villaggio.

Un giorno il cielo si tinse di nero e venne giù

un fulmine, la raccolse sulle sue ali di fuoco e

S

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POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 31

la portò via.

“ Cattivo! Perché mi porti via, cosa vuoi da

me? Ci hai portato la pioggia a mischiarsi a

noi, ma non importa, per me va bene lo stes-

so, mi piace chi viene dal cielo, ma tu non mi

piaci!”

“ Tu invece mi piaci davvero tanto e anche se

tante volte ho buttata acqua dalle mie nuvole

per non vederti, tu emergevi sempre più gio-

viale e vivace di prima e questa cosa mi ha

sempre irritato”

“ E sentiamo, che ne vuoi fare di me?”

“ Voglio metterti alla prova, ti sto portando

dove acqua non c’è, per vedere se ridi anco-

ra”

“ Non sono mai uscita dal mio villaggio co-

nosco sola la cascata, dove si trova questo

luogo?”

“ E’ distante da qui, non c’è vegetazione, non

c’è cascata, non ci sono alberi”

“ Stai bleffando, non esiste un posto così sulla

terra”

“ Esiste, io non ci vado mai, lì c’è il mio ami-

co vento e la mia amica sabbia”

“ Vento e sabbia? E io cosa ci faccio con il

vento e la sabbia?”

“ Ci devi sopravvivere, penso, che ti asciu-

gherai presto e scomparirai!”

“ Brutto ceffo, sei proprio un brutto ceffo”

“ Stai zitta adesso, quando sono in viaggio

non voglio sentire frignare!”

Il viaggio è violento, corre lungo il cielo con

una rabbia bruta, solca le nuvole come se fos-

se una spada, forse è davvero una spada, le

nuvole più piccole si scansano quando lo ve-

dono arrivare, Sally tieni gli occhi chiusi li

apre di tanto in tanto e cerca di guardare di

sotto, stanno attraversando una fitta vegeta-

zione e c’è un corso d’acqua, ma va troppo

veloce il fulmine.

Lei lo guarda dalla parte posteriore e cerca di

darle un nome e si ripete: “ Se ti do un nome

brutto ceffo diventi meno orribile”

E’ difficile dargli un nome, cerca, cerca nella

testa e ripete, lingua di fuoco, rosso rabbia,

luce nel nero, ecco! Luce-nero è perfetto, di-

fatti lui arriva quando le nuvole sono nere e

le dà la sua luce.

“ Cosa stai facendo?” chiede il fulmine

“ Ti sto dando un nome luce-nero”

Lui ferma la sua corsa, si blocca nel cielo, la

sua coda si arrotola e ripete : “ Luce-nero, io

luce-nero? E per quale bizzarra idea ?”

“ Ho pensato alla sensazione che dai a quelle

povere nuvole che quando ti vedono diventa-

no nere e tu le dai la luce, per sgonfiarsi della

loro acqua”

La risata è sonora e replica: “ Mi piace goc-

cina, mi piace, chiamami come vuoi a me

non importa!”

Sally guarda ancora giù e chiede : “ Dove

siamo?”

“ Questo è l’oceano goccina, a proposito non

so di che origine sei, se ti assaggio sei dolce o

salata? Lì giù ci sono le tue origini al gusto

salato”

“ Io sono dolce, provengo dal villaggio delle

acque dolci di natura verde”

“ Eppure sei azzurrina!”

“ E’ vero non ci ho mai pensato!”

“ Forse la tua mamma o il tuo papà erano sa-

lati venivano dal mare”

“ Chissà!”

Mentre luce-nero continuava il suo viaggio in

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quel posto che goccina pensava non ci fosse,

la stessa rifletteva sulla cascata salata, ma non

era una cascata quello che vedeva perché era

tutta adagiata in un letto unico, e mentre lo ri-

guardava esclamava piano piano : “ Che bel-

lo! Siamo un po’ diversi, ma anche uguale,

chissà cosa fanno i bambini al mattino quan-

do si svegliano?”

Ancora guardava e pensava che era grandis-

simo e che anche il signor luce-nero faceva

fatica a attraversarlo dal cielo, lui si volta sen-

tendosi osservato e chiede: “ Cosa altro c’è

goccina?”

“ Scusi! Lei che sa tutto, mi può dire che

cos’è quella cosa bianca che sta sul questa ta-

vola di acqua salata?”

Lui continua a ridere : “ Sei una curiosa goc-

cina, quella tavola di acqua salata si chiama

mare e quella cosa bianca è una nave”

“ Mi sta facendo bene viaggiare con te, sto

conoscendo il mondo”

“ Tra un po’ non la penserai più così”

“ Io non penso che tu sia cattivo”

“ Sei solo una goccina stupida che si asciu-

gherà nel deserto!”

“ Ma in questo deserto senza le goccine d’

acqua, come me, come fanno a vivere?”

“ Bella domanda goccina….ci sono poche

persone e i villaggi raccolgono l’acqua, come

te, in una tinozza perché è preziosa e non va

sprecata”

“ Anche nella mia cascata siamo tutte prezio-

se”

“ Ma nel deserto di più!”

Il signor fulmine si è distratto parlando con

goccina e sbatte violentemente contro una

grossa nuvola nera, Sally non riesce a restare

attaccata alla coda di luce – nero e precipita

proprio sulla nuvola nera.

“ Ohhhhhhhhhi!” E puff cade tra altre gocce :

“ Ehi Tu! stai attenta!”

“ Ciao, dove sono?”

“ Non è il momento di parlare carina vai a

mettere le ali”

“ Le ali?”

“ Certo, è arrivato il fulmine”

“ Questo lo so, ero con lui quando vi ha urta-

te!”

“ Ehi ascoltate questa! Dice che era con il

fulmine!”

Tutte ridono : “ E’ matta e poi chi l’ha mai

vista a questa, la vedi com’è buffa”

“ Non c’è niente da ridere, sto dicendo la ve-

rità! Io ero al mio villaggio e lui mi ha presa

dalla cascata”

“ Non c’è tempo “cascata” metti queste, che

si vola, siamo sul villaggio “ Shosho”

“ Ma io non capisco niente di quello che dite”

“ Girati che ti metto le aluccie d’aria”

Sally si guarda e sorride : “ Sono comode

queste cosette!”

“ E certo senza di queste non tocchi terra in

modo giusto, anzi, noi scivoleremo su foglie

di rabarbaro e di fiore del deserto”

“ Bella invenzione!”

“ I bambini del villaggio ci stanno aspettan-

do”

Le gocce si spostano e sembra che ci sia il

terremoto : “ Cosa succede?”

“ E’ il fulmine!”

“ E’ luce-nero che ci attraversò vero?”

“ Si! È sempre lui, tieniti forte adesso ci col-

pisce!”

Il colpo è molto forte e tutte le gocce urlano

nel momento in cui si apre la nuvola e cadono

giù, Sally guarda in basso e vede un mare

secco tutto giallo, lei scivolava dall’alto ma

sempre nell’acqua con le sue amiche gocce,

adesso invece scende attraverso l’aria ed at-

terra su qualcosa che non conosce, è quasi ar-

rivata e vede del verde, sono foglie, queste le

sono familiari anche se non sono uguali alle

sue, tocca la foglia e le ali spariscono come

bolle, scivola lentamente….., scivolare quello

si che sa, come si fa e precipita in una cascata

piccola e stretta, tutte riprendono a parlare

come se niente fosse accaduto, d’altronde lo-

ro fanno questo da sempre, ma non Sally.

Arrivano tante voci, sono le voci del villaggio

che girano intorno alla tanica e danzano e ri-

dono e pregano.

Poco dopo arriva una ragazza che ha atteso

la fine delle danze e della preghiera, si guarda

intorno, tutti sono rientrati e lei finalmente si

mette nella tanica dell’acqua, entra con i piedi

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scalzi e con le mani raccoglie l’acqua e se la

butta sulla faccia, Sally si ritrova sul suo naso

e scivola ricordando la sua cascata, sentendo

addosso il senso di casa ed urla : “ Che bello!

Mi ricorda la sensazione di casa mia” e chie-

de : “ Fallo ancora dai! Fammi scivolare an-

cora” Sally precipita dal naso e vola di nuovo

nella tanica.

I piedi marroni sbattono e l’acqua della tanica

si agita, si agitano anche tutte le altre gocce

d’acqua intorno a Sally e protestano. Sally di-

fende la ragazzina e si rivolge alle altre goc-

ce d’acqua : “Come siete seriose, sta sempli-

cemente giocando con noi è felice che siamo

arrivate, mi ha fatto scivolare sulla sua faccia

e ne aveva proprio bisogno, era tutta accalda-

ta!”

Loro in coro le rispondono : “ Non ti soppor-

tiamo, parli come se conoscessi il mondo,

come se fossi venuta qui per imparare qual-

cosa, ma chi ti vuole? E smettila di parlarci!”

“ Io non volevo lasciare la mia cascata ma vi-

sto che mi ritrovo qui, tanto vale divertirsi”

Vengono interrotte, arrivano due mani mar-

roni e Sally enfatizza : “ Eccola! Adesso si

vola di nuovo, è bellissimo”

Quando sale si ferma nel palmo della mano

sinistra approda su un qualcosa che si muove

a ritmo costante e non capisce cos’è, fa anche

il solletico, altre goccine antipatiche arrivano

a parlarle con ironia : “ Ti sei incastrata nella

sua ciglia, stupida! Vieni via di lì!” la sposta-

no e Sally balzella sulla guancia e giù di

nuovo a cadere nella tanica.

L’acqua si ferma al fermarsi dei piedi battere,

ci sono voci e gente intorno alla tanica , si

sente dire a voce alta : “ Himalaya cosa stai

facendo?Esci da lì”

La replica : “ Non voglio, ho aspettato tanto

quest’acqua!”

“ Quest’acqua è per tutto il villaggio non puoi

usarla solo tu”

I piedi di Himalaya lentamente escono dalla

tanica, ma le sue mani capricciose, si abbas-

sano di nuovo a prendere altra acqua che vola

sulla faccia e Sally è di nuovo incastrata nel-

la ciglia e cammina con lei mentre attraversa

il terreno arido e sabbioso del villaggio.

La mano della ragazzina la raccoglie da sopra

la ciglia e la porta davanti a sé chiedendo a

Sally: “Tu chi sei?”

“ Stai chiedendo a me ?” la domanda di Sally

come risposta

“ Si! Dico a te”

“ Sono una goccina d’acqua del Niavara che

si ritrova qui per un sopruso, il signor fulmine

mi ha rapito e portata su una nuvola da dove

sono precipitata con le altre”

“ Mi spiace tanto che ti sia successo questo

penso che la tua famiglia ti manchi?”

“ Si! Tanto, però ho scoperto che voi avete

tanto bisogno di noi!”

“ Noi abbiamo sete di acqua da sempre, io un

giorno quando sarò grande lascerò questo vil-

laggio, voglio andare a parlare ai potenti del

mondo per fargli capire come stanno le cose

qui”

“ Sei forte e loro ti dovranno ascoltare, dove

vuoi andare?”

“ In Canada credo”

“ Quando ti recherai in quel posto, puoi anda-

re prima a fare un bagno nella mia cascata,

per favore?”

“ Lo farò prima di recarmi dai potenti, te lo

prometto!”

“ E quando sarai li, salutami tutti “

“ Sarà fatto!”

Himalaya ritorna indietro e lancia Sally nella

tanica con le altre.

Si ritrova ferma li alla tanica circondata da

tutto il villaggio che le urla contro, prendono

mucchietti di sabbia e la lanciano addosso a

Himalaya, lei è ancora bagnata e molta sabbia

del deserto le resta addosso, in breve tempo è

interamente ricoperta.

Himalaya resta zitta e controlla con gli occhi

il suo piccolo popolo in ribellione contro di

lei, tutto, per un pugno d’acqua rubato ad un

bagno e che adesso genera pelle umida su cui

attaccarsi la ribellione di tutti contro di lei.

Himalaya, resta in silenzio, così, in breve

tempo, le parole di tutti si calmano e la la-

sciano ricoperta di giallo sulla pelle a portare

i rimproveri di tutti.

Lei si specchia nell’acqua della tanica con la

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faccia e Sally la saluta e commenta : “ Non è

giusto quello che ti hanno fatto!”

“ Si! Che è giusto amica mia, questa immagi-

ne mi ricorderà che quando dovrò far com-

prendere cosa siamo, dovrò dire loro che sia-

mo acqua raccolta in una tanica e ribellione di

granelli di sabbia e il mondo intero non potrà

dimenticare chi siamo e dove viviamo”.

E la notte del compleanno di Himalaya.

Mettono una corona di fossili sul capo di Hi-

malaya e festeggiano per l’intera notte, cir-

condati dalle luci delle torce. Siamo giunti al

suo sedicesimo compleanno. Le bimbe picco-

le del villaggio le circondano le gambe e bal-

lano al suono dei tamburi, l’aria è addolcita

dal sapore di spezie che diffondono nelle na-

rici uno stato di inebriante mistero. Le dune si

muovono dalla leggera aria di vento caldo

che solleva gli strati superiori di sabbia e più

in la, quello che potrebbe apparire ad uno

spettatore solitario intento a guardare da lon-

tano il villaggio, scintille di pioggia di fuoco

che escono dalle torce di legno, mentre balli a

piedi nudi scandiscono il tempo della nascita

di Himalaya. Colei che è nata in una notte di

luna piena, durante una tempesta di vento e

sabbia, che dondolava la tenda blu della sua

capanna, come una melodia di nascita. Fuori

ad attendere, pure allora, tante torce di legno

ed infine la luce della capanna e la tanica

d’acqua piovana riscaldata a tuffarcela den-

tro, allora come ora, al compimento dei suoi

sedici anni. Una tanica d’acqua è stata con-

servata per lei come regalo e sul finire della

musica dei tamburi un tuffo a sedersi nel le-

gno circolare della tanica a farla sentire rina-

ta.

L’alba della partenza giunge e Himalaya salu-

ta tutti e non si volta più indietro, ha allenato i

suoi piedi per mesi nelle notti di duna deserti-

ca per riuscire a sentire tutta la strada nelle

piante dei suoi piedi.

Il tempo del viaggio non si conta, si registra

solo l’arrivo.

“ Ecco l’archè!” sono arrivata Sally.

Sono arrivata a casa tua, adesso mi laverò e

conoscerò il tuo mondo, questa non è una ta-

nica d’acqua, e quindi mi chiedo : “Sarò ab-

bastanza forte per nuotarci dentro?”

La risposta me l’hai data tu qualche anno fa,

sei giunta dalla cascata al deserto e io ho fatto

l’inverso, tu ti sei asciugata al mio sole, io mi

bagnerò nella tua acqua.

I pochi vestiti di Himalaya vengono raccolti

su una roccia di fianco alla base della cascata.

Himalaya resta ancora qualche momento da

sola nuda e con gli occhi chiusi a respirare il

vapore dell’acqua che sale nelle sue narici,

quando è al termine della sua caduta libera.

Himalaya inizia a bagnarsi i piedi si spinge

lentamente nell’acqua. L’ansia la prende alla

gola - tanta acqua non l’aveva mai vista in vi-

ta sua - resta ferma mentre la voce della pau-

ra le parla, le urla di uscire. - esci da questa

massa d’acqua, tu non sei pronta - , quest’ ac-

qua pensa ingombra e annebbia la mente : -

come può esserci tanta acqua in un luogo solo

e dove non c’è nessuno?-

La mente ricorda Sally e tutto cambia e le

viene da sorridere, allarga le braccia ed inizia

a nuotare, i piedi si muovono e danno la spin-

ta al corpo nell’azione di muoversi. Qualche

bolla d’acqua le arriva alla bocca e lei la in-

goia, tutto inizia a diventare più facile e anche

più accogliente.

Il suo corpo si solleva a galleggiare ed è natu-

rale come la devastante ed immensa natura

che galleggia nei suoi occhi, mentre osserva

in giro, libera finalmente della sua paura –

quanta acqua! È troppa acqua!-

Sulla riva di quella cascata giungono voci in-

distinte di giovani, tutti in fila per la loro e-

scursione nella natura, notano i vestiti di Hi-

malaya e si chiedono chi sarà mai quella pelle

nera che nuota nella cascata.

Himalaya li osserva ed attende che la fila di

giovani in escursione la lasci di nuovo sola e

quando di nuovo si ritrova sola, prende i suoi

abiti e si riveste.

E’ giunta l’ora, è arrivata a destinazione, tutti

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POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 35

la osservano, lei si pone all’inizio della gran-

de sala e parla :

Discorso al mondo

Sono io Himalaya

vengo a parlare di vita

vengo a parlare di sabbia

vengo a parlare d’acqua

Sono io Himalaya

sono cresciuta per venire qui da voi

sono cresciuta per arrivare qui oggi

sono cresciuta per dirvi

che l’acqua è la vostra tanta vita

che l’acqua è la nostra poca vita

Sono io Himalaya

ringrazio tutti i galantuomini presenti

che hanno sentito il bisogno di parlare di noi

e poi tacere il giorno susseguente

Io sono Himalaya

ringrazio e dissento da tutti questi galantuomini

che parlano con me e poi dimenticano chi sono

Io sono Himalaya e sono acqua nel deserto

Io sono Himalaya e ho la faccia scura colora-

ta dal sole

e ho il cuore di ghiaccio cristallizzato

sento la goccia d’acqua che scivola dentro

questo ghiaccio spacca il silenzio del mondo

questo mondo fatto di tutto

che non possiede niente

guarda il nero della mia faccia

guarda il giallo sulla mia pelle di deserto

vedi

Io sono finalmente la Tua condanna “Mondo

Potere”!

Filomena Iovinella Torino

Primo Premio (Sezione E) al Città di Pomezia

2013.

Filomena IOVINELLA, nata a Frattaminore in provincia di Napoli, vive a Torino. Scrive da qual-

che anno. Racconto pubblicato Traccia di vita

2012; prossima pubblicazione, racconto Il ritorno di Stefano 2013. Si interessa di filosofia e di sociolo-

gia da autodidatta, legge classici e contemporanei,

segue da quasi due anni un blog dal titolo “gli indi-stinti confini” da lei creato.

Il drammatico destino de

LA CONTESSA LARA,

raffinata scrittrice di fine Ottocento di Elisabetta Di Iaconi

A sterminata produzione letteraria di

questa valente poetessa, scrittrice e

giornalista, molto apprezzata ai suoi

tempi (ma quasi dimenticata nello scorso se-

colo), ci riserva ancora sorprese. Il recente

rinvenimento di un folto epistolario dell’ esta-

te 1896, scritto dalla Liguria a colui che, di lì

a poco, sarebbe divenuto il suo assassino, ri-

vela aspetti di una personalità emancipata e

libera, confermando le sue doti di narratrice,

nonché di giornalista affermata. Scrisse per il

“Capitan Fracassa”, per il “Corriere di Ro-

ma”, per il “Fanfulla della Domenica”, per

“Roma letteraria” e per “La vita italiana”.

Conobbe tutti i grandi scrittori dell’epoca:

Capuana, D’Annunzio, Scarfoglio, Matilde

Serao. Fa parte di diritto della narrativa italia-

na tra Ottocento e Novecento, anche per la

consacrazione di Benedetto Croce (in “Lette-

ratura della Nuova Italia”). A mezzo secolo

dalla sua morte, fu definita da Luigi Baldacci

“la massima poetessa italiana dell’ Ottocen-

to”. A più riprese le si dedicarono studi criti-

ci ( e persino una fiction televisiva in due

puntate su RAI 1 nel 1975). Un recente arti-

colo di Renato Minore su “Il Messaggero”

reca il titolo “La poesia insanguinata”. Infatti

non si può prescindere della biografia di que-

sta “femme fatale”, per comprendere, non so-

lo la sua tragica esistenza, ma anche la sua

eccezionale carriera letteraria. Il suo nome d’

arte derivava dal poemetto “Lara” di George

L

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POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 36

Byron, ma il suo vero nome era Evelina Cat-

termole, figlia di Guglielmo, uno stravagante

artista di origini scozzesi, ex-console a Can-

nes, e della sua terza moglie, Elisa Sanduch,

pianista precocemente scomparsa. Questo

grande dolore la accompagnò dall’ adole-

scenza per tutta la vita. Evelina nacque a Fi-

renze nel 1849. Crebbe tra musica e poesia

nei salotti della buona società. Nei ricevimen-

ti di Laura Beatrice Oliva, moglie di Pasquale

Stanislao Mancini, s’innamorò del figlio di

Stanislao, il tenente Eugenio. Quando quest’

ultimo tornò dalla campagna di Roma, nel

1871, fu celebrato il matrimonio; ma, dopo il

trasferimento degli sposi a Milano (ove Eve-

lina frequentò gli ambienti della scapigliatu-

ra) l’unione naufragò, perché la giovane don-

na (una bionda “bambola di Norimberga” se-

condo la definizione di Matilde Serao) tradì il

marito con Giuseppe Bennati di Baylon. Il

Mancini lo sfidò a duello il 17 maggio 1875

e lo colpì mortalmente. Seguì il processo e

Mancini fu assolto. I coniugi si separarono e

ben presto Evelina si trasferì a Roma, ove le

si aprirono le porte dell’ambiente giornalisti-

co e dove iniziò la serie dei suoi amori (col

catanese Mario Rapisardi, col giornalista Ce-

sareo). Era già nota per le sue sillogi di poe-

sia. A soli 18 anni aveva composto la raccolta

“Canti e ghirlande” (forse riveduta dal poeta

Francesco Dall’Ongaro). Ebbe immediato

successo la sua seconda opera di poesia

(“Versi” del 1883), cui seguirono “E ancora

versi” 1886 e “Nuovi versi” 1897 postuma.

L’elenco di novelle e articoli giornalistici è

lunghissimo. La buona società del tempo at-

tendeva ansiosamente i suoi “pezzi” mondani,

di moda e di galateo. Si leggevano con inte-

resse anche i suoi romanzi (“Una famiglia di

topi”, 1891;”L’innamorata”, 1892; “Compa-

gni di sventura”, 1892;”Storie d’amore e di

dolore”, 1893; “Il romanzo della bambola”,

1895). Proprio per una serie di illustrazioni,

Evelina conobbe il pittore Giuseppe Pieran-

toni e iniziò una relazione che andò avanti tra

gelosie e scenate, finché nell’agosto 1896 la

scrittrice si recò in Liguria. Nel frattempo il

Pierantoni restò a Roma, per affrontare un

concorso e per governare il nutrito zoo della

sua amante (uccelli, cani, gatti, conigli) nell’

elegante mezzanino di Via Sistina, 27. Solo

in ottobre la scrittrice tornò a casa. Le ragioni

dell’assassinio (il 30 novembre 1896) non so-

no del tutto chiarite, ma Evelina fece in tem-

po a dire:”Assassino, l’ha fatto per interesse,

soltanto per interesse”. Il colpo di pistola all’

addome provocò una grave ferita e un’agonia

di 24 ore. Pierantoni fu condannato a 11 anni

e 8 mesi. La sostanziosa eredità della Contes-

sa Lara fu dispersa dai disonesti amministra-

tori del suo patrimonio e nessuno pensò di

darle una tomba decorosa. Fu sepolta nel

campo dei poveri e finì nella fossa comune.

Le ultime lettere di questa donna infelice so-

no “un torrentizio flusso che trasmette un in-

sopprimibile flusso vitale” scrive Bianca Ma-

ria Frabotta nel documentato saggio che in-

troduce l‘epistolario dall’agosto all’ottobre

1896, intitolato “L’ultima estate di Contessa

Lara”. Figura discussa, letterata famosa, di

tanto in tanto Evelina Cattermole riaffiora

dall’oblio. Chi scrive possiede il prezioso li-

bretto di versi della Contessa Lara (edizioni

Sommaruga,1883), che ha costituito uno sti-

molo per più approfonditi studi presso la Bi-

blioteca Nazionale. Spesso nelle sue liriche e

nelle lettere si trova il presentimento della fi-

ne, la sofferenza per la morte della madre, lo

sconforto per la mancanza di una famiglia af-

fettuosa. E’ commovente questo suo autori-

tratto:”Ella era una fantastica/ donna vestita

bruno/ che adorò i fiori/ i dolci canti e i ver-

gini/ sorrisi dell’infanzia./Ha pianto molto/ e

non la pianse alcuno”.

Elisabetta Di Iaconi Roma

Primo Premio (Sezione F) al Città di Pomezia

2013. Elisabetta DI IACONI (coniugata Salati), romana

del quartiere Flaminio.Ha conseguito la laurea in

Lettere presso l’Università “La Sapienza”. Il primo nucleo dei suoi studi sul poeta romanesco del Sei-

cento Giovanni Camillo Peresio nasce come eserci-

tazione sui pre-belliani, assegnatale dal compianto professor Carlo Muscetta. Tale studio è diventato

poi un saggio (pubblicato dall’editore Rendina di

Roma nel 1997), soltanto dopo il suo collocamento in pensione dall’insegnamento delle materie lettera-

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POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 37

rie presso la Scuola Media Statale (dal 1964 al

1995). Fin dal 1970, collabora alla prestigiosa rivi-

sta letteraria “Sìlarus”, fondata dal poeta Italo Roc-co. Scrive anche per “Pomezia-Notizie”, “Voce

Romana”, “Romanità”. Ha pubblicato, oltre al lavo-

ro su Peresio, “Quel fremito antico…” (Raccolta di poesie in lingua; Nuova Impronta, Roma,2002); il

romanzo per la gioventù “Un enigma di quartiere”

(Nuova Impronta, Roma, 2003); una grammatica essenziale della lingua italiana (in collaborazione

con Laura Pedone; Editoriale Scientifica, Napoli,

2003). Le sue poesie in romanesco sono comparse su “Voce Romana”, “Voci dialettali” “Romanità” e

“Pomezia-Notizie”; sono state pubblicate nel vo-

lume “Er celo s’arischiara”, con l’editrice L’aura di Roma, infine ha pubblicato il quaderno letterario

“La chiave ignota”. Per la sua attività letteraria ha

ottenuto numerosi premi (a Pompei, a Pomezia, a Mattinata, a S. Felice sul Panaro, a Nocera Superio-

re, a Nola, a Salerno, ecc.). E’ socia del Centro

Romanesco Trilussa, frequenta il caffè dei poeti e il gruppo di poeti diretto da Sandro Bari. E’ iscritta

all’Associazione Nazionale Poeti e Scrittori dialet-tali e al Centro Studi Belli. Partecipa con entusia-

smo, sia ai convegni del Centro Belli (che si tengo-

no a Roma), che a quelli dell’Associazione Nazio-nale Poeti e Scrittori dialettali (nei vari luoghi ita-

liani ove vengono organizzati).

“IL SUBLIME E ‘L PEREGRINO”

Di alcuni latinismi nelle

«Lettere» del Tasso di Francesco Martillotto

razio Lombardelli, nel Discorso in-

torno ai contrasti che si fanno sopra

la Gerusalemme liberata, sintetiz-

zando in 16 punti le accuse rivolte al Tasso

epico dall’Accademia della Crusca, rappre-

sentata da Lionardo Salviati, alla settima o-

biezione annotava che il linguaggio tassiano

«è mistura di voci e guise latine, pedantesche,

straniere, lombarde, nuove, composte, impro-

prie, appiastricciate e rendenti suoni da far ri-

dere».1 E, nei Discorsi dell’arte poetica, il

Tasso, per ribadire la peculiarità del latino

all’interno del suo stile ispirato alla gravitas e

sorretto da un «sostenuto aulicismo»,2 affer-

mava che il «sublime e ’l peregrino» nascono

dalle parole straniere, «da le traslate e da tutte

quelle che proprie non saranno», e tra le stra-

niere quelle prese dalla lingua «latina, pure

che a loro si dia la terminazione della favella

toscana».3

Nella prosa delle Lettere i latinismi, certa-

mente non così eccessivi come nella Libera-

ta, hanno comunque una funzione determi-

nante: la lingua classica è sentita, infatti, co-

me uno strumento di elevazione, di eleganza,

di solennità, di maestà a cui il Tasso tendeva

per il suo epistolario, anche se l’uso del lati-

no, dopo l’esaltazione umanistica del primo

Quattrocento, appare più misurato e si stabili-

sce quasi un programma di collaborazione tra

lingua classica e quella volgare. Bisogna però

distinguere, nelle Lettere, i latinismi grafici e

fonetici sui quali agiscono anche fenomeni

dialettali (ad esempio la consueta degemina-

zione settentrionale fa sì che legitimo 414 [si

cita il numero della lettera dall’edizione Gua-

sti, Firenze, Le Monnier 1852-55] e maritimi

28, sotto la protezione dell’archetipo latino,

abbiano molto consenso), quelli semantici (un

lemma conserva il significato che aveva nella

lingua classica), e poi quelli che osservano la

totale conservazione dell’originale quando si

tratta di una formula o enunciato ormai cri-

stallizzatosi.

Anche sul piano specificatamente struttura-

le alcuni schemi grammaticali propri della

lingua latina vengono inseriti nella prosa epi-

stolare. Il caso, conservato però in molti pro-

satori del Cinquecento, più esemplare, oltre la

complessità e il dipanarsi dei periodi che

hanno chiara ascendenza latina, riguarda le

proposizioni introdotte dai verbi di temere

che si costruiscono col «non» pleonastico.

Eccone qualche esempio: «E perché sospetto

che la cagion della tardanza non sia stata cu-

riosità...» 21; «e temo non forse ch’io ab-

bia...» 24; «Dubito ancora di non essere al-

quanto licenzioso ne le voci latine...» 24. An-

che qualche eccezione come in «ne’ quali te-

mo che vi siano» 35. Pure il verbo persuadere

è costruito alla latina: «a me non sarà persua-

so ch’io ci viva con minor sodisfazione» 770.

E il Tasso in una lettera del 1576 a Scipione

Gonzaga insiste sulle qualità ornamentali e

O

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POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 38

retoriche, proprie solo delle lingue classiche,

che non sono patrimonio della lingua volgare:

«Molte de le figure del parlare, ch’essi [De-

metrio e altri che parlan de lo stile] attribui-

scono come proprie a la forma magnifica di

dire non sono state ricevute da la lingua vul-

gare [...]. Non ha ricevuto, oltra ciò, questa

lingua la composizion de le parole ch’è ne la

latina e più ne la greca, non la trasposizion

tanto lodata da Aristotele, se non in poca par-

te» (77).

Il Tasso non fa solo uso delle citazioni lati-

ne e greche (quest’ultime in realtà brevissime

e in numero alquanto ridotto; e poi gli autori

greci sono citati preferibilmente da versioni

latine) ma, talune volte, modella le sue lettere

su esemplari classici, tanto che, nel caso della

lunghissima lettera consolatoria (questo è cer-

to l’esempio più macroscopico) a Dorotea

Geremia negli Albizi (la 749) si è parlato di

«plagio» per il ricalco della Consolatio ad

Apollonium, tramandata nel corpus delle ope-

re di Plutarco4. Ricordiamo ancora la lettera-

dissertazione (la 414) ad Ercole Tasso sul

matrimonio, nella quale la prosa diviene più

fluida, idillica e musicale, arricchita da deri-

vazioni, esempi, citazioni e parafrasi classi-

che (tra i greci, Euripide, Plutarco, Senofonte,

Antipatro di Tarso, Aristotele, Platone e, tra i

latini, Lucrezio, Stazio, Valerio Massimo,

Tacito), ma anche sul piano sintattico le ripe-

tute anafore (tu... tu; per te... per te; tu sei... tu

sei) sembrano richiamare il celebre inno a

Venere lucreziano (te... te; tibi... tibi)5, in un

crescendo che ribadisce la straordinarietà

dell’unione matrimoniale.

Più spesso nella prosa si inseriscono brevi

parafrasi di passi di autori classici, quasi dei

motti sentenziosi, che alzano il livello di lette-

rarietà, ma soprattutto tendono a configurarsi

come detti autoritari, come esemplificazioni

totalizzanti e definitive. Per lo più sono para-

frasi dal latino, vista la sua incertezza lingui-

stica circa il greco, ed emergono quando il

poeta parla di se stesso, quando il rapporto

con l’interlocutore diventa colloquio estro-

verso. Ora è la propria infermità che lo porta

a lamentarsi: «in altro tempo ed in altra fortu-

na avrei numerato questo giorno tra’ felici, e

segnatolo, come si dice con pietra bianca»6,

ora la confessione a Scipione Gonzaga gli fa

scrivere «niuna cosa umana stimo aliena da

me» precisando che sono parole dette da

Cremete7, oppure quando deve replicare alle

obiezioni del Lombardelli (Lettere, II, p. 451,

lett. 434) contro il suo poema confessa di es-

sere stato «audace per la gioventù» parafra-

sando Virgilio («carmina qui lusi pastorum

audaxque iuventa, / Tityre, te patulae cecini

sub tegmine fagi», Georg., IV, vv. 565-66).

Un esempio più cospicuo lo offre la lettera a

Ercole Tasso nella quale la fama viene trat-

teggiata secondo gli esempi degli antichi: «la

fama istessa, c’ha tanti occhi e tante lingue»

(Lett., II, p. 414, lett. 414) trae la sua origine

dalla descrizione di Virgilio, Aen., IV, vv.

181-83. Da Lucrezio proviene la similitudine,

assai sfruttata, di ungere con il miele gli orli

del bicchiere contente l’assenzio: «la mia [in-

tenzione] non fu cattiva, né dissimile a quella

di quei medici che ungevano di mele la bocca

del vaso nel quale si dava la medicina»8.

Non solo «imitazioni» di luoghi latini, ma,

per i paragoni, le opinioni, la citazione con-

serva spesso l’originale con il chiaro intento

di elevare il tono del discorso. La sua insod-

disfazione gli fa scrivere: «Di questa corte

almeno potessi dire ‘nobis Deus haec otia fe-

cit’9; scrivendo ad Orazio Ariosto ( lettera 94)

non negherà che «le corone semper florentis

Homeri (parlo del vostro Omero ferrarese)

non m’abbiano fatto assai spesso noctes vigi-

lare serenas », trasferendo su Ludovico Ario-

sto (è infatti lui l’Omero ferrarese) i versi lu-

creziani impiegati per descrivere Omero (cfr.

De rerum natura, I, vv. 124 e 142)10.

In sintesi, il sostrato culturale della lettera-

tura classica è una delle tessere di un ampio

mosaico linguistico che coniuga la tradizione

medievale con l’età rinascimentale. Gli auc-

tores conferiscono al volgare letterario una

dignità e un prestigio pari a quelli delle lingue

classiche.

Vediamo ora il quadro, non certo in manie-

ra esaustiva, degli autori latini e greci che in-

fluiscono sul lessico o quelli da cui il Tasso

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POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 39

attinge per le Lettere: naturalmente Virgilio,

il «divino poeta», con particolare rilevanza

per l’Eneide ( poema molto caro viste le mol-

tissime estra-polazioni nei Discorsi) e per le

Georgiche; dall’altro lato hanno una parte

preponderante Aristotele e Platone, e non po-

teva essere altrimenti avendo il Tasso studiato

a Padova con Carlo Sigonio e conoscendo lo

Speroni. La concezione filosofica dei due

pensatori greci ebbe un ruolo determinante

nel Cinquecento (il Tasso discute nelle lettere

delle traduzioni volgari della Poetica aristote-

lica procurate da Ludovico Castelvetro e da

Alessandro Piccolomini), ma soprattutto in-

fluenzò profondamente la poetica tassiana.

Parimenti importante è Omero con l’Odissea;

Cicerone citato spesso per le opere retoriche e

filosofiche ; Orazio, Ovidio, Properzio, Stazio

e Lucrezio sono i poeti dai quali maggiori so-

no le derivazioni; notevole è anche la cono-

scenza di Euripide e di Sofocle. Tra i prosato-

ri Plinio e Plutarco hanno il posto d’onore,

ma suggerimenti arrivano da Seneca, Livio,

Sant’Agostino (la lettera a Scipione Gonzaga

del mercoledì santo del 1579 è modellata,

nella sua parte religiosa, sulle Confessioni) e

Quintiliano. Non sorprende la sottile cono-

scenza delle opere di Ippocrate e dei medi-

camenti antichi, soprattutto del veratro «ossia

l’elleboro, che da Teofrasto a Plinio, da Di-

scoride a Celso, era per gli antichi il rimedio

per le crisi d’umor farnetico». Un altro topos

derivante dal mondo classico è quello del

controllo della memoria, che il Tasso diceva

d’aver molto debole («con la frenesia è con-

giunta una debolezza di memoria grandissi-

ma», Lettere, III, p. 74, lett. 676), specialmen-

te per i malati di melanconia.

Passeremo ora, brevemente, in rassegna i

latinismi grafici e fonetici sui quali bisogna

nutrire delle riserve, non essendo quella del

Guasti un’edizione critica e perciò talune

forme non rispecchieranno la corretta grafia

tassiana in quanto possono essere state altera-

te dagli stampatori o risentire dello scempia-

mento di tipo padano. Fatta questa premessa

eccone una serie esemplificativa: legitimo

414, parasito 1101, fabro 651, republica 129,

machina 824, consequenza 60, 94; imagine

45 per le consonanti scempie; per i gruppi

consonantici: absenza 1202, 1324; subdivi-

sione 434, conscienza 1345, instrumenti

1526, rapto 94; per il dittongo au: laude

1037, fraude 27, audienza 1307, tauro 94; per

lo scambio o/u: vulgo 40, suggetto 1139 e su-

bietto 211, ridutto 54, periculo 765, spelun-

che 414; per il consonantismo: giudicio 970,

indicio 14, secreto 1355, lassare 27, arbore

37, 80.

Per completare l’elenco va detto però che,

tranne per le consonanti scempie, le altre ca-

tegorie presentano più volentieri delle oscilla-

zioni con forme graficamente corrispondenti

a quelle correnti. Prendiamo ora in esame la

serie più cospicua e più interessante, cioè i la-

tinismi semantici e lessicali: adusto 88 adope-

rato nel Quattro-Cinquecento col significato

di ‘arso’, ‘bruciato’ [il Tasso lo aveva impie-

gato dapprima nel verso «e i duo che manda

il nero adusto suolo» e poi mutatolo in « e i

duo che manda il più fervente suolo» (GL,

XX, 23, v. 6)]; amaritudine 665, 716, 749,

770 è consueta per i testi antichi (nel Deca-

meron); appo 109, 1560 è usato qui col signi-

ficato di ‘presso’ come in latino (cfr. Dante,

Inf., XVIII, v. 135), ma nella Liberata com-

pare anche col significato meno corrente di

‘in confronto a’ («Rispose l’indo fero: - Io mi

son uno / ch’appo l’opre il parlare ho scarso e

scemo», XVII, 51, vv. 1-2); augumento 52,

già del Guicciardini (cfr.Ricordi, p.

CXXXIX, ed. Spongano); caligine 123, 471,

già di Dante, Purg., XI, v. 30, e Ariosto, OF.,

XXXIV, 7, v. 2; XXXIV, 44, v. 3, ricorre sei

volte pure nella GL; contenzione 25; curule

1561 nel senso comune di ‘sedia curule’; cu-

pido 144, 521 ‘bramoso’, spesso usato nella

Liberata («Or tien pudica il guardo in sé rac-

colto, / or lo rivolge cupido e vagante», IV,

87, vv. 5-6 che è calco dantesco, cfr. Purg.,

XXII, vv. 154-55); egro 123 ‘infermo’ che

ebbe una favorevole fortuna nel Rinascimen-

to grazie proprio al Tasso che lo adoperò so-

vente nella Liberata11, ma aveva già la forte

spinta esercitata dal modello petrarchesco; la-

tèbra 124 ‘nascondiglio’; mancipio 295 qui

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POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 40

nel significato meno comune di ‘schiavo’,

mentre solitamente significa ‘proprietà’ o

‘possesso’ (cfr., «vitaque mancipio nulli da-

tur, omnibus usu», Lucrezio, De rerum natu-

ra, III, v. 971); oblivione 634, 770, 806, 809,

88, forma usata dal Tasso solo in prosa, ma

cfr. pure OF., I, 21, v. 4; obumbrazione 1139

‘tenebra’ o ‘oscuramento’, anche in Boccac-

cio (cfr. Dec., V, 1, 22) per cui il Branca lo

definisce un «latinismo più biblico che classi-

co»; ossidioni 14 ‘assedi’; oste 32, 37 ‘eserci-

to’, spesso nella Liberata (cfr. XIII, 12, v. 5 e

XIV, 2, v. 8), così come è largamente adope-

rato nei testi antichi; prodotto 1005 ‘genera-

to’ («nel cui Regno io mi gloriava d’essere

stato prodotto»); propinquità e procerità

‘grandezza del corpo’ 14; propulsare 988 ‘re-

spingere’ («a me non sarebbe lecito di pro-

pulsarla»); pugna 32, 299 che ha attecchito

anche come voce poetica (« Ed or ch’arde la

pugna ...», GL, IX, 25, v. 7); pèlago 320,

palma 94 ‘vittoria’; repulsa 691, 767, 1148,

1162 (ripulsa 351); sospizione 2, 102, 1027

ampiamente documentata anche nella Libera-

ta, ma pure nel Boccaccio e nel Guicciardini

la forma latina incontra un certo favore; salù-

bre 124, temenza 123, molto comune in Dan-

te e Petrarca, cfr. pure la ballata del Decame-

ron, X, 7, 21, ma soprattutto nella poesia del

Tasso, con nove occorrenze nella GL, una nel

Rinaldo e nell’Aminta, tre nel Torrismondo;

vestigio 1015 (cfr. GL, XII, 82, v. 6).

Non segnaliamo i tanti vocaboli che hanno

prefisso o suffisso latino in quanto erano pa-

trimonio lessicale già della tradizione lettera-

ria alla quale Tasso ha attinto, ma solo alcune

forme che il volgare ha fatto proprie in

special modo per la poesia rinvenibili nella

prosa epistolare: cuna 133, invitto 1010, rui-

na 991, 1362 (parola così cara al Tasso), reo

2, aere 749, copia 327 ‘abbondanza’, imperio

14, reina 124, canuto 962.

Francesco Martillotto Lago, CS

NOTE: 1 Le sedici accuse rivolte al Tasso epico si leggono integralmente in Controversie sulla Gerusalemme

liberata in T. TASSO, Opere, a cura di G. Rosini,

Pisa, Capurro 1821-1832, vol. XIX, p. 14 [le Con-

troversie occupano i voll. XVIII-XXIV (1827-28)

delle Opere]. Cfr. anche R . M. RUGGIERI, Aspetti

linguistici della polemica tassesca, «Lingua no-stra», VI, 1944-45, pp. 44-51; Tasso contro Salvia-

ti, in B. T. SOZZI, Studi sul Tasso, Pisa, Nistri-

Lischi 1954, pp. 217-256; M. SANSONE, Le po-lemiche antitassesche della Crusca, in AA. VV.,

Torquato Tasso, Milano, Marzorati 1957, pp. 527-

574. 2 Cfr. F. ROMBOLI, Aspetti del linguaggio poetico

del Tasso, «Critica letteraria», VII, 1979, pp. 631-

651: 636. Per citare qualche esempio richiamato dal Romboli sull’uso dei latinismi, il Tasso dirà «in-

strutte» per schierate a battaglia (GL,VII, 83, v. 3),

«palma» per vittoria (GL, VII, 119, v. 8), «pugna» per battaglia (GL, VI, 54, v.1), «atro» per nero (GL,

XVI, 68, v. 3).

3 T. TASSO, Discorsi dell’arte poetica e del po-ema eroico, a cura di Luigi Poma, Bari, Laterza

1964, p. 45. Lo stesso Tasso temeva però di aver

ecceduto nell’uso delle voci latine nella Liberata (cfr. Lettere, cit., I, p. 63, lett. 24) e, a tal proposi-

to, nel dialogo Il Carrafa (1584) di Camillo Pel-legrino si legge: «Car. Che direm delle voci latine

che il Tasso ha sparso in tutto il suo poema? Att.

Che altro, se non quel che ne dice Aristotile, che all’epico poeta è solo concesso di usar voci stra-

niere, intendendosi più che agli altri?» (in Trattati

di poetica e retorica del Cinquecento, a cura di B. Weinberg, Bari, Laterza 1970, III, pp. 307-344:

333).

4 Cfr. E. PROTO, Un curioso plagio di Torquato Tasso, « Studi di letteratura italiana», IV, Napoli,

1901, pp. 167-185. La stessa consolatoria tassiana è

integrata con fitte derivazioni dal primo libro (de contemnenda morte) delle Tusculanae disputatio-

nes di Cicerone e prestiti dal Canzoniere di Petrar-

ca. 5 Cfr. De rerum natura, vv. 1-43. Questi procedi-

menti retorici trovano ampio spazio nella Liberata,

come in: «Te perseguii, te presi, e te lontano / da

l’armi trassi» (XVI, 45, vv. 7-8).

6 T. TASSO, Lettere, cit., IV, p. 111, lett. 1032.

Questo topos è del modo latino, cfr. almeno CA-TULLO (Carmi, LVIII, v. 150: «Quem lapide illa

diem candidiore notat»).

7 T. TASSO, Lettere, cit., II, p. 37, lett. 123. Il Cremete di cui parla il Tasso è il personaggio dell’

Heautontimoroumenos (Il punitore di se stesso) di

Terenzio ed è lui che pronuncia «Homo sum; hu-mani nihil a me alienum puto» (atto I, scena I, v.

77).

8 T. TASSO, Lettere, cit., II, pp. 248-49, lett. 259. Il concetto lucreziano (cfr. De rerum natura, I, vv.

936-42) è reiterato nella protasi della Liberata

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POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 41

(«Cosí a l’egro fanciul porgiamo aspersi / di soavi

licor gli orli del vaso: / succhi amaro ingannato in-

tanto ei beve, / e da l’inganno suo vita riceve», I, vv. 5-8).

9 In questa affermazione anticortigiana (Lettere,

V, p. 105, lett. 1400) riprende VIRGILIO, Bucoli-che, I, v. 6. Nell’Aminta il medesimo verso servi-

rà per lodare il duca Alfonso II d’Este: «O Dafne,

a me ques’ozii ha fatto Dio: / colui che Dio qui può stimarsi» (T. TASSO, Aminta, a cura di B. T.

SOZZI, Padova , Liviana 1957 [poi in T. TASSO,

Opere, Torino, UTET 19743], atto II, scena II, vv. 994-95). La stessa citazione, sempre in latino, ri-

corre nella lettera a Clemente Langieri (Lettere,

III, p. 55). 10 La citazione lucreziana (il semper florentis

Homeri) è ancora presente nel Cataneo overo de

gli idoli («I fiori de la poesia sogliono essere per-petui; però qualunque si fosse quel poeta de’ vo-

stri il qual chiamò Omero sempre fiorito, usò bel-

la e convenevole traslazione», Dialoghi, a cura di E. Raimondi, Firenze, Sansoni 1958, 3 voll., 4

tomi, II, p. 689). Il Tasso, d’altronde, fu attento lettore di Lucrezio come testimoniano le fitte po-

stille ad un’edizione del De rerum natura. Per i

testi chiosati dal Tasso, cfr. A. M. CARINI, I po-stillati «barberiniani» del Tasso, «Studi tassiani»,

XII, 1962, pp. 97-110; sulle riprese lucreziane in

Tasso, cfr. M. T. FAVERO, Echi lucreziani nel Tasso, «Studi tassiani», VII, 1957, pp. 75-83 e in

generale B. BASILE, Follia e ragione: Tasso let-

tore di Lucrezio, in ID., Poëta melancholicus. Tradizione classica e follia nell’ultimo Tasso, Pi-

sa, Pacini 1984, pp. 65-101.

11 Cfr. R. M. RUGGIERI, Latinismi, forme etimo-logiche e forme «significanti» nella Gerusalemme

liberata, «Lingua nostra», VII, 1946, p. 79.

F. Martillotto

2° Premio (Sezione F) al Città di Pomezia 2013.

Francesco MARTILLOTTO (1972) è laureato in

Lettere Moderne presso l’Università della Calabria

dove ha conseguito anche il dottorato di ricerca in

“Scienze letterarie, retorica e tecniche dell’ inter-pretazione” (XVI ciclo). Nella stessa università, ha

prima collaborato con la cattedra di Letteratura ita-

liana come cultore della materia tenendo vari semi-nari, poi è stato docente a contratto presso Scienze

della Formazione Primaria. Docente di ruolo, ha

pubblicato una monografia ed alcuni articoli sul Tasso (specialmente su Studi tassiani); altri articoli

su Severino Ferrari, l’umanista Flavio Biondo,

Montale ed Hesse. Ha partecipato a vari convegni e seminari su autori ed opere della letteratura italiana.

DIALETTICA TRA CULTURE di Silvana Andrenacci Maldini

L periodico Dialettica tra culture - IX°

Anno N° 2 - 2012 - è più interessante del

solito. Il 1° articolo della scrittrice Silva-

na Folliero: “S. Agostino populista?” fa riflet-

tere sulla necessità di quel rigore ormai per-

duto di civiltà e di costumi.

Di S. Agostino - irresistibile polemista - n.

Tagaste 13/XI/354 m. 28/8/430 Ippona - qui-

vi Vescovo dal 396, Silvana conosce la mera-

vigliosa potenza del suo intelletto. Quella del-

la N. non è una biografia ma un accenno alla

Confessioni e ad altri volumi del Santo. Da

manicheo a cristiano, da dissoluto a penitente,

l’umiltà fu per Agostino fondamento della

perfezione cristiana: con il Timore, la Pietà,

la Scienza, la Fortezza, il Consiglio,la Purifi-

cazione del cuore, la Sapienza.

Riscontriamo nelle parole di Silvana: “la

conoscenza della “centralità di filosofia” oggi

diremmo cosmica, di Agostino, è l’unitarietà

del Creato della Storia Universale - in parti-

colare dello storico cammino umano... Feno-

menologia di una civiltà millenaria che muo-

re, l’Impero Romano... Ed un altro impero

che fiorisce e crescerà sulle sue rovine, la

Chiesa Cattolica-Romana...” “Il volume La

città di Dio è un’opera grandiosa... il lin-

guaggio agostiniano penetra nel nostro essere

- una volta conosciuto non ci lascia più.”

Il Vescovo di Ippona, dopo l’Editto di Co-

stantino il Grande, poté redimere liberamente

le anime assetate di verità. Doloroso fu per

Lui l’arrivo dei barbari di Alarico, distruttori

di Fede, Civiltà, Arte. Il Santo rimpianse a-

maramente le cure straordinarie di Roma per

lo strategico porto di Cartagine e della Regio-

ne, tutta. Sul volume Le Confessioni di S. A-

gostino, notiamo una preghiera: “Tu, Dio mi-

o, sei nel cuore di coloro che ti confessano e

si abbandonano a te e piangono nel tuo seno e

tu tergi le loro lacrime - perché sei Tu o Si-

gnore, che pur non essendo un uomo fatto di

carne e sangue, TU li ristori e li consoli!”

Dalla Vita cristiana le preziose similitudini:

“L’uva è attaccata alla vite e l’oliva all’ albe-

I

Page 42: Pomezia Notizie 2013/8

POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 42

ro, e finché rimangono attaccate ai loro rami,

godendosi l’aria libera, l’uva non è vino, e

l’oliva non è olio, e ciò fino alla pigiatura e

alla spremitura.

Così sono gli uomini che Dio - da tutta l’

eternità - ha predestinati ad essere conformi

all’immagine del Figlio Suo, il quale spe-

cialmente nella sua Passione, fu il grande

grappolo spremuto.”

Con il 2° articolo Un frate sul ring, Silvana

Folliero ci comunica l’esegesi di Giovanni

Jasi, monaco conventuale definendolo “un

polemista ferrato socio-politico”, “polemica

che vale quanto una preghiera”. Per capire di

più parlerò del suo libro che, inatteso, mi ha

donato. E’ un libro dialettico, facile, moder-

nissimo nel linguaggio, difficile per chi non

ha orecchi d’anima, per chi non è abituato a

parlottare con se stesso... Comunque sia il la-

voro di G. J. è pubblico e noi lo abbiamo letto

e ne parliamo. E’ un esempio di come la

Chiesa cristiana cattolica potrebbe - volendo -

ricominciare la sua civiltà millenaria, entrare

interiormente nel - e - sul Ring e lottare per la

nostra Società in preda ad una crisi profonda.

Il Comitato di Redazione del periodico

“Dialettica tra culture”, è formato da insigni

letterati, ma è a Silvana Folliero che dobbia-

mo l’originalità dei temi prescelti.

Silvana Andrenacci Maldini Roma

Selezionato (Sezione F) al Città di Pomezia 2013. Nata a Roma il 28 novembre 1924, Silvana AN-

DRENACCI MALDINI ha lavorato come Segreta-

ria d’Azienda, coltivando sempre, però, la poesia -

in particolare, sia in lingua che in dialetto -, la sag-

gistica, la narrativa e la ricerca storica; ed è proprio

quest’ultima che le ha suggerito opere come Enea e Didone (1994), La raggion de Stato (2002), File-

mone e Bauci (ed altri elaborati) del 2004. E mem-

bro di alcune Accademie, collabora a periodici e ri-viste, ha vinto premi e ricevuto tantissimi ricono-

scimenti. Sue poesie - anche in lingua francese - e

suoi scritti figurano in importanti antologie. Tra le opere pubblicate si ricordano, ancora: Itinerari

(1991), La luce della speranza (2004), Incontri

d’amore... (2006), Il flauto dell’anima (2005), Di-segnati cammei d’arte e mestieri (2008, insieme col

marito Ennio Maldini), Favolisti romani (2012, as-

sieme al marito Ennio Maldini).

FILEMONE E BAUCI di Caterina Margheri

ELLA prima di copertina si legge il

titolo “Filemone e Bauci” (ed altri

elaborati). Così pure la poesia in dia-

letto romanesco dedicata dalla N. al coniuge

poeta artista Ennio Maldini in arte Maldén ti-

tolata “Tu diggita pe me parole sante”.

Filemone e Bauci è uno dei più conosciuti

racconti mitologici di Ovidio - tutti composti

in esametri -, inserito nell’VIII Libro delle

Metamorfosi. Il Prof. Giorgio Carpaneto, nel

suo giudizio critico su Voce Romana Febbra-

io 2003 relativo ai poemi dell’Andrenacci, ha

definito l’arte della poetessa: scaltrita. In ef-

fetti la N. sa coniugare brevità fluida e incisi-

va con espressioni ricche di sentimento e

cromatismo. Altra sua pregevole dote è quella

di saper indagare nel significato di un testo

letterario.

Gli anziani coniugi del piccolo villaggio

della Frigia, grandi nella loro umiltà e gene-

rosità, ospitano senza alcun sospetto Giove ed

Ermete facendo sfoggio di incredibile buon

cuore. E come Ovidio narra delle tre meta-

morfosi operate dagli Dei a favore degli ac-

coglienti sposi è anche indiscutibile la caratte-

ristica personalizzazione del famoso testo

classico con vocaboli e detti eminentemente

romaneschi. “E Bauci e Filemone vecini/in

morte nati come cerqua e tijo/ciavrorno fiori,

gemme, cardillini.”

Noi ben sappiamo che nell’opera totale (15

Libri) di Ovidio tema precipuo è la teoria del-

la trasmigrazione delle anime elaborata dal fi-

losofo e matematico Pitagora. L’unità di a-

zione nelle opere immortali di Omero e Vir-

gilio è, in Ovidio, magico flusso ininterrotto e

armonioso di episodi e immagini.

Le modeste creature della Frigia esprimono

il desiderio di morire insieme salutandosi sor-

ridenti, desiderio esente di avidità di denaro

od altro, mirando solo all’unione in morte

N

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POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 43

senza sofferenze. Per opera degli Dei la cop-

pia si trasforma addirittura in due alberi ricchi

di nidi e fiori. “Prima all’una, poi all’artro

co le fronne/sur grugno jé crescetteno le

chiome/de l’arberi e le rame da diffonne.”

Ovidio, dal doloroso esilio di Tomi sul Mar

Nero, non poteva prevedere il conforto e il di-

letto che attraverso i secoli, avrebbe procurato

il più innocente dei suoi racconti ellenistici.

Negli “Altri elaborati” di ottima ispirazione

troviamo odi in quartine oppure in settenari

ed endecasillabi, inoltre vari sonetti di splen-

dida fluidità.

A prescindere dagli argomenti storico-

drammatici (Attilio Regolo e Io... Annibale)

giocoso-ironici (Er tranello - Giuochi ar mare

co la penitenza) sono proprio i contenuti eco-

logici di varie poesie ad avvicinarci alle Me-

tamorfosi! Nel Miele divino e L’ impollinaz-

zione notiamo, ad esempio, messaggi di tra-

sformazioni naturali ancestrali!” Il miele, ef-

fluvio di fiori, argomento di Virgilio, Plinio,

nutrimento di Giove infante, non può non i-

spirare poesia.

Il sonetto elegiaco Verso la perfezzione de-

dicato a Maldén ancora in vita, è anch’esso

simbolo di metamorfosi... Stima, rispetto,

scambio d’amore, sono base sicura della con-

vivenza della coppia le cui affinità elettive

guidano il rapporto alla compiutezza. La

Prof.ssa Stefania Porrino, Autrice drammati-

co-musicista-drammaturgo in merito ai poemi

di Silvana scrive: “Saggezza, distacco, ironia,

e una vena di malinconica tenerezza, ecco

dunque gli ingredienti della poesia di Silvana

che sa narrare in modo schietto di Storia, Mi-

to, leggenda come si parla di vita, di gioie, di

dolori, di quel che accade ogni giorno intorno

a noi.”

Girovagare il Peloponneso stanca i viandan-

ti Giove ed Ermete; la trasformazione dell’

acqua nel vino suggerisce alla N. logici acco-

stamenti. La semplicità dei due anziani nell’

offrire agli Dei una ochetta è riferita e perso-

nalizzata dalla poetessa. “Ma vorzeno propo-

ne: “Mo, ‘stavorta/portatevela via ‘sta bella

ochetta”/Giove je fa: “Qui resterà ma scior-

ta.” - Dice - “A noi spetta gastigà l’ odio-

si/che ce negorno l’ospitalità/Voi venitece

appresso pe scalà er monte/E queli stracchi

ma curiosi/”Pe Sammucchione!” disseno li

sposi/... Come dire perdindirindina.

I coniugi dopo il miracolo del vino assisto-

no alla sparizione della loro casa e l’ergersi

del Tempio di cui saranno custodi. Passa an-

cora del tempo ma giunge l’ora attesa. La 3a

metamorfosi conclude una esistenza d’amore

e di assistenza reciproca. “E sulla scorza che

cropì le facce/c’è ancora inciso er core assie-

me ar nome/ricordo dorce ch’ha lassato trac-

ce.” L’incisione del nome sul tronco è inven-

zione di Silvana che rende sua l’elegia coniu-

gale di Ovidio - in onore e in ricordo di una

felicità perduta che le procura profonda emo-

zione tanto da creare opere d’arte!

Caterina Margheri Ladispoli, RM

Selezionato (Sezione F) al Città di Pomezia 2013.

L’INASCOLTATA VOCE

DEL DESERTO di Giuseppina Taddei

LLA vigilia della Festa di San Gio-

vanni Battista, noi Romani mangia-

mo le lumache con il sughetto pic-

cante. Ci siamo, è notte corta!! Allontaniamo

le streghe dalla vita!!

Domani, sulla Piazza, godiamoci il sole che

il sangue prigioniero, lo sentiremo bollire nel-

le vene. Il Solstizio pagano e cristiano ci ri-

corda un passato corrotto - ma la Voce del de-

serto vicina al Signore, ci sta preparando la

dignità desiderata.

E come noi non scordiamo usi, tradizioni,

costumi, del popolo romano, così non pos-

siamo accantonare la potente prosa Erodiade

di Gustav Flaubert risalente al 1877. Anche

Oscar Wilde si distacca dal racconto evange-

lico di S. Marco Cap. VI, con l’unico atto in-

titolato Salomè. La fanciulla innamorata di

Giovanni, insiste nell’offrirsi al Santo che in-

vece la respinge con fermezza.

Dunque non è la mamma di lei a suggerirle

A

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POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 44

di chiedere a Erode la testa del Precursore di

Gesù, ma è la vendetta morbosa della danza-

trice che vuole il martirio del Battista. Nel

dramma si respira il veleno e le voglie smo-

date che contrastano con il linguaggio inge-

nuo di O. W. Egli aveva studiato da ragazzo

la lingua francese, una volta famoso per i testi

teatrali, racconti, romanzi etc., visitò anche

l’Italia. Essendo nato a Dublino, simpatizzava

per il Cattolicesimo, pertanto non trascurò di

salutare il Papa. Wilde scrisse la tragedia Sa-

lomè in lingua francese per onorare l’Italia e

gli Italiani con una lingua d’oltr’Alpe altret-

tanto latina. Fra gli Autori abbiamo rammen-

tato un genio del teatro classico a cui non di-

spiacquero i colpi di scena plautina. Chi sfrut-

tò a suo modo il tema evangelico, fu Jules

Massenet affermatosi con la sua Erodiade nel

1881 a Bruxelles. Giovanni Testori, nel 2010,

presentò al Teatro Olimpico di Vicenza, il

Monologo (Erodiade) interpretato dall’attrice

Maria Pariato. Non sappiamo fino a che pun-

to sia stato accettato il monologo della nuda

Erodiade: martire del sesso, figura contami-

nata dalla Santità di Giovanni. In definitiva,

la pazzia di Erode e delle sue donne non ci

commuove. Noi vediamo scorrere il fiume

Giordano mentre il Precursore di Gesù loda e

battezza il Divin Salvatore.

Giuseppina Taddei Ladispoli, RM

Selezionato (Sezione F) al Città di Pomezia 2013.

Giuseppina TADDEI è una ragioniera che si inte-

ressa anche di critica, più volte premiata anche da Pomezia-Notizie.

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ANTICA TORRE

Antica torre,

vedetta,

castello,

sferzato dal vento

arso dal sole,

lavato dalla pioggia

corroso dal mare,

che ne assorbe il profumo,

con la sua melodia di quiete e tempesta.

Tra i miei sensi

inebriati dalla tua presenza,

si libera la passione,

non appena il tuo sguardo

s’incontra col mio,

lungo quel ripido tratturo

che non ha principio né fine,

lungo i crinali delle correnti

che corrono parallele alla spiaggia

ignorando il punto in cui s’abbracciano.

Si formano così onde irruenti,

spumeggianti,

candide,

come nuvole che s’aprono al sole

in attesa che venga il sereno.

Colombo Conti

NON SIATE

Non siate

avari

di donare

amore.

Non siate avari

di dare la mano

a chi ve la chiede

come gesto

di suggellare

un’amicizia.

Non siate avari

di sorridere

alle persone

che nel loro viso

è disegnato

il dolore.

Loretta Bonucci

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POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 45

AMORE E MORTE

NELLA POESIA DI

ANTONIA POZZI (1912-1938) di Luigi De Rosa

ENZA voler trinciare gratuiti giudizi

su niente e su nessuno, specialmente in

materia di comportamenti umani nel

campo personale e familiare, resta il fatto che

se Antonia Pozzi si tolse la vita a soli ventisei

anni, con un intero flacone di barbiturici, è

perché le era stato impedito con tutti i mezzi

di vivere appieno l’ autentico, grande amore

che la legava al suo docente di latino e greco,

Antonio Maria Cervi, quando frequentava il

Liceo classico Manzoni, a Milano. Anche se,

a ben approfondire, si potrebbe sostenere che

anche altre concause potrebbero aver contri-

buito a provocare quel “ crollo di personalità”

che portò alla tragedia.

Antonia era nata il 13 febbraio 1912, a Mi-

lano, da una famiglia alto-borghese che, oltre

a vivere in una lussuosa casa di via Masche-

roni, possedeva, come residenza estiva, una

bella casa a Pasturo, in Valsassina. Padre av-

vocato affermato e potente, madre contessa e

colta, con una lontana parentela col famoso

romanziere storico Tommaso Grossi. Anto-

nia, bambina delicata e sensibilissima, poi

adolescente intelligente e studiosa, fino al Li-

ceo non ebbe problemi particolari. Di ottima

educazione, cresciuta in un ambiente raffina-

to, conosceva bene non solo i classici ma an-

che il francese, l’inglese e il tedesco, e suona-

va il pianoforte. Inoltre praticava vari sport (

equitazione, sci, nuoto, escursioni in monta-

gna).

Al liceo accadde un fatto che le sconvolse

la vita. S’innamorò profondamente del prof.

Antonio Cervi, non tanto per le sue doti di

bellezza fisica, piuttosto normali, quanto per

quelle psicologiche e per le sue qualità morali

e intellettuali, per la passione e il disinteresse

con cui insegnava ed aiutava i suoi allievi uno

per uno, anche procurando loro i libri ritenuti

migliori, per l’intensità con cui amava la let-

teratura, soprattutto la poesia. La stessa An-

tonia, in una lettera alla nonna Nena, confes-

sa: “ Ho imparato che cosa sia il dolore. Tu

non immagini che cosa fosse lui per me. (Il

prof. Cervi era stato trasferito da Milano a

Roma su intervento del padre di Antonia, che

voleva troncare a tutti i costi la relazione di

sua figlia col docente). Io avevo avuto la for-

tuna di incontrarlo nell’età inquieta in cui

tutto il nostro essere sboccia e anela alla vita,

in cui ogni influenza esterna lascia nell’ ani-

ma un’influenza indelebile, in cui ci torturia-

mo ricercando l’inizio della nostra via e l’

indirizzo del nostro cammino nel mondo. Con

la parola e con l’esempio egli mi ha dato uno

scopo e una fede: mi ha insegnato a guardare

più in alto e più lontano, mi ha additato la via

per diventare più buona...”. Sembra un mi-

racolo che questa lettera sia sopravvissuta alla

fermissima volontà del padre di correggere, o

addirittura di distruggere, tutte le lettere della

figlia in cui si parla del prof. Cervi. Anzi, esi-

ste anche una lettera di Antonia allo stesso

Cervi, del maggio 1929, nella quale lei scrive:

“ Le voglio bene, sì: che importa ? Lei è la

mia vita. Il pensiero di lei mi accarezza l’ a-

nima, continuamente. Ma che cosa vuol dire,

questo, se io non conosco nemmeno il suo

Dio; se non so nemmeno pregare per il suo

fratello caduto? E’ meglio che lei mi lasci

andare per la mia strada, con la mia inco-

scienza. Io galleggio come un pezzo di sughe-

ro: non posso scendere alla minima profondi-

tà. Io = sonno più effervescenza. Mi lasci an-

dare. Non so nemmeno chiederle perdono di

quel che faccio. Non piango neanche: non

sono neanche triste. Me ne vado pian piani-

no, come un pezzo di carne insensibile. Mi la-

sci andare, e non sia triste, perché non val la

pena”.

Queste due lettere, come tutte le lettere di

Antonia, andrebbero studiate analiticamente,

al microscopio, alternando le analisi alle sin-

tesi, poiché aiutano a scoprire i segreti più

misteriosi del “sottosuolo” psicologico di una

donna-poetessa. Certamente il libro “Le lette-

re di Antonia Pozzi 1927-1938”, edito da Ro-

sellina Archinto, rappresenta un’ opera pre-

ziosa per la conoscenza non solo della poe-

S

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POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 46

tessa milanese, ma anche dell’ ambiente e dei

personaggi che l’hanno circondata dai quin-

dici anni fino agli anni di Lettere e Filosofia

all’Università statale di Milano, fino alla lau-

rea ( su Flaubert) con Antonio Banfi, senza

dimenticare gli amici e compagni Luciano

Anceschi, Giancarlo Vigorelli, Remo Canto-

ni, Vittorio Sereni, i fratelli Treves. Ma tutto

quello che farà dopo gli anni del Liceo, all’

Università, la laurea, l’insegnamento presso l’

Istituto tecnico Schiaparelli, i febbrili viaggi

in Sicilia, in Grecia, (era già stata in Inghilter-

ra, mandatavi dal padre per allontanarla da

Cervi), in Germania e in Austria, non riuscirà

a scalfire la sua dolorosa depressione, non

riuscirà a farle dimenticare le sue atroci pene

per la fine della storia d’amore col prof. Cer-

vi.

Nel tempo sembrerà fiorire una nuova “sto-

ria”, stavolta con Remo Cantoni, ma sarà un

fuoco di paglia spento subito dalla stessa An-

tonia.

Quanto al rapporto di Antonia Pozzi con la

Poesia, ritengo utile ricordare qui una lettera

della stessa Pozzi al poeta Tullio Gadenz,

nonché un articolo scritto da Eugenio Monta-

le e un giudizio formulato dal noto critico

Giorgio Bàrberi Squarotti.

Nella lettera a Gadenz, conosciuto a San

Martino di Castrozza, Antonia scrive, tra l’

altro: “...la poesia ha questo compito sublime:

di prendere tutto il dolore che ci spumeggia e

ci romba nell’anima e di placarlo, di trasfi-

gurarlo nella suprema calma dell’ arte, così

come sfociano i fiumi nella vastità celeste del

mare. La poesia è una catarsi del dolore, co-

me l’immensità della morte è una catarsi del-

la vita...”

Trasfigurazione... calma dell’arte... catarsi.

Concetti chiave, che segnano il passaggio dal

sentimentalismo e dallo psicologismo al

mondo dell’arte, della poesia.

Quanto a Eugenio Montale, già nel 1945, a

soli sette anni dalla scomparsa della poetessa,

scriveva, con la sua solita, tagliente, lucidità

di sguardo, su Mondo, di Firenze ( 1 dicem-

bre 1945) : “ Antonia Pozzi ci ha lasciati nel

’38. Aveva appena ventisei anni. Nel ’39 era

uscita una prima scelta delle sue poesie..

.Anima musicale e facile a perdersi nell’onda

sonora delle sensazioni, la Pozzi stava già

superando lo scoglio della poesia femmini-

le...e alludiamo ai rischi della cosiddetta

“spontaneità”...aiutiamo il felice-infelice de-

stino di Antonia dicendo che neppure in lei si

attua vera poesia senza lavoro di penetrazio-

ne e di stile, e che se il libro si legge con una

agevolezza che non è di tanti altri, ciò avvie-

ne perché le fratture e le resistenze sono dis-

simulate...Ci sono due modi per capire questo

libro: si può leggerlo come il diario di

un’anima e si può leggerlo come un libro di

poesia. Nel secondo caso cessa di essere faci-

le e ovvia. Si avverte in lei il desiderio di ri-

durre al minimo il peso delle parole, dalla

generica gratuità femminile che è il sogno di

tanti critici maschi. Tecnicamente la sua liri-

ca deriva dal versiliberisme del principio del

secolo (Ungaretti). Un’area di uniformità era

il suo limite più evidente: la purezza del suo-

no e la nettezza dell’immagine il suo dono

nativo...”

Sono passati quasi settant’anni dalla analisi

critica di Montale, abbastanza corrosiva e un

po’ prevenuta nei confronti delle donne- poe-

ta, anche se è svolta all’insegna della genero-

sità. Forse un giudizio più “equilibrato”, che

può tener conto dell’esperienza poetica

dell’intero Ventesimo Secolo, e non solo del-

la prima metà dello stesso, è quello recente-

mente espresso dal critico torinese Giorgio

Bàrberi Squarotti, già successore di Giovanni

Getto sulla cattedra di Letteratura Italiana all’

Università di Torino: “ Nata al centro dell’

esperienza dell’ Ermetismo, la poesia di An-

tonia Pozzi ne accentua il carattere esisten-

ziale: l’effusione del sentimento viene costret-

ta in un discorso essenziale e rigoroso, fon-

dato su oggetti-simboli. Un’atmosfera di ro-

vina e di morte circola intorno alla sua dizio-

ne poetica ( e il suicidio vi inciderà il segno

di una disperata autenticità): in essa si ac-

campano paesaggi desolati d’anima spec-

chiati in autunni e inverni. Nella poesia della

Pozzi la crisi contemporanea diventa incon-

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POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 47

tro della tragedia personale con il tentativo

dell’ oggettivazione in natura e in simbolo.”

Luigi De Rosa Canto della mia nudità

Guardami: sono nuda. Dall’inquieto

languore della mia capigliatura

alla tensione snella del mio piede,

io sono tutta una magrezza acerba

inguainata in un color avorio.

Guarda: pallida è la carne mia.

Si direbbe che il sangue non vi scorra.

Rosso non ne traspare. Solo un languido

palpito azzurrino sfuma in mezzo al petto.

Vedi come incavato ho il ventre. Incerta

è la curva dei fianchi, ma i ginocchi

e le caviglie e tutte le giunture

ho scarne e salde come un purosangue.

Oggi, m’inarco nuda, nel nitore

del bagno bianco e m’inarcherò nuda

domani sopra un letto, se qualcuno

mi prenderà. E un giorno nuda, sola,

stesa supina sotto troppa terra,

starò, quando la morte avrà chiamato.

Antonia Pozzi

L’UCCELLO ED IL TRAMONTO

Soffia senza soste il vento

e la colombella non si ferma

sulla grondaia; ma vola sui rami

bassi dell’albero

accanto alla casetta di Annina

che dalla finestra la osserva

gettandogli briciole di pane

per farla restare, per ammirarla

del suo misurato fare

del ritmo del beccare, di saltare,

di volare per poi al solito posto ritornare

con le penne accarezzate dal sole

che volge lentamente al tramonto

dietro il monte, dove finisce

il mare, dove l’imminente notte

va a sostare

con la bella luna

appesa al cielo,

con le stelle accese

pronte a partecipare

allo spettacolo della colombella

e della incantevole natura

la quale più dell’uomo dura

essendo anch’essa creata dal Signore

per dare a noi un posto sicuro

nella corsa del tempo veloce

compagno d’ogni futuro.

Mariano Coreno Melbourne, Australia

POMEZIA-NOTIZIE

2013: 40 ANNI

El lapiz va dibujando

el tiempo

y un retrato vivo

aparece con cuarenta anos:

la revista POMEZIA-NOTIZIE,

un arbol gigante

dando frutos literarios.

Nosotros, companero

Domenico Defelice, caminamos

juntos y en su sombra

nos sentamos a escribir

versos en sus hojas verdes,

celebrando el camino andado

por inviernos y veranes

de trabajo editorial.

Hoy que este arbol pensante

llega a la edad adulta,

deseamos que viva otras tantas

primaveras!

Teresinka Pereira USA

AALLELUIA! AALLELUIA!

ALLELUUIAAA!

14 luglio 2013

Calderoli: “Amo gli animali, orsi e lupi, ma

quando vedo la Kyenge non posso non pen-

sare a un orango”. Alleluia! Alleluia! Non

c’entra la democrazia o il fascismo, non la

stupidità o l’intelligenza, non il razzismo. E’

che gli animali tutti si vergognano nell’avere

un tale estimatore.

Domenico Defelice

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POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 48

ELEONORA COGLIATI

ANIMA di Giuseppe Leone

ON è voler fare della retorica se di-

co che attendevo l’uscita di questa

seconda raccolta di poesie di Eleono-

ra Cogliati. L’attendevo perché Gocce di e-

mozioni – la sua prima pubblicazione - oltre

che instillarmi sensazioni di freschezza lirica,

credo per la concisione di una scrittura decan-

tata da ogni sovrabbondanza di linguaggio e

di contenuti, aveva fatto nascere in me anche

delle aspettative. Aspettative che riguardava-

no certo suo modo di far poesia e che non esi-

tai a esporre in un mia recensione sulla rivi-

sta Pomezia-Notizie (marzo 2012), dove, tra

le altre cose, scrissi che, più che poesie, quel-

le sue composizioni potevano considerarsi

parole istruite alla causa della poesia. Così,

almeno, le avevo giudicate per la maniera

della poetessa di avvolgere spesso singole pa-

role, ma anche parole riunite in versi, tra pun-

tini di sospensione, quasi incartandole, come

si fa per le posate pregiate che si vogliono

conservare in vista di nuove mense. E non so-

lo, avevo anche scritto che era l’anima il luo-

go che la poetessa aveva scelto per i soggior-

ni della sua poesia. E Anima compare ora

come titolo di questa nuova raccolta, edita nel

maggio 2013 sempre da Aletti nella Collana

Gli Emersi-Poesia. Un titolo che mi permette

di dire che quelle mie aspettative non erano

poi così dissimili e distanti dagli esiti poetici

che raggiunge ora la poetessa in questa pub-

blicazione, già a partire dalla poesia che lei

pone a esergo dell’intera raccolta: “Vorrei po-

ter guardare al di là… / oltre il riflesso del

mio viso… / Oltre la sofferenza che mi inca-

tena alla vita… / vorrei saper guardare / con

gli occhi dell’anima” (5).

Io non so se la poetessa abbia tenuto conto

delle mie riflessioni, oppure, come sembre-

rebbe più probabile, abbia seguito, con fedel-

tà e rigore, quanto già aveva sperimentato

nella precedente silloge. Fatto sta che quelle

sue caratteristiche - i puntini di sospensione o

l’anima eletta a luogo dove la sofferenza

maggiormente punge a guaio - sono ancora

elementi portanti e fondativi della sua poesia.

Anche il sentimento dell’amore resiste, men-

tre l’anima è sempre colei che canta. A lei la

poetessa affida ancora il compito di cantare la

sua solitudine, la sua malinconia. Attraverso

lei, Eleonora contempla. Non si può dire che

agisca, perché numerose sono ancora le ellissi

tra i suoi versi, quasi che in lei ancora esista e

resista l’estasi. Sembrerebbe anche compia-

cersene, per dirla con Tito Cauchi, davanti al-

lo stupore che prova ascoltando la sua voce:

“Fissando lo scorrere dei miei pensieri / l’

inchiostro / scivola sulle pagine bianche / e /

ne intacca il candore. / Risuona la mia voce /

nelle mute parole. / tuona nel silenzio dei ver-

si / quel grido che erompe dal cuore.” (7).

Contempla, pascolianamente, le sensazioni e

le voci di dentro, ma anche le stelle, quelle

fisse e quelle cadenti, soprattutto queste ulti-

me, che lei insegue nella trepidante duplice

attesa di legare, da una parte, il proprio desti-

no al desiderio espresso; dall’altra, il suo stile

poetico alle loro istantanee ed intermittenti il-

luminazioni notturne. E sembrerebbe anche

non avere fretta, la poetessa, perché così tanto

manifesta la sua voglia di indugiare sopra le

emozioni. Ma intuisce che può permettersi

questa magia anche regredendo alla fanciul-

lezza, a quel bimbo, per esempio, che lei ora

invita a farle da guida: Guida i miei passi in-

certi… insegnami a stupirmi… a meravi-

gliarmi… a entusiasmarmi, a ritornare con-

sapevolmente bambina (54); o, più esplicita-

mente, alla bimba innocente, spensierata e in-

genua di un tempo che lei cerca nei propri

occhi, guardandosi allo specchio (55). Una si-

tuazione che non è sfuggita a Germana Mari-

ni se nella sua acuta e attenta prefazione al te-

sto, scrive che, in questa raccolta, ci si trova

davanti a una poesia “autobiografica e acco-

rata”, da cui traspare più che mai la sincerità

della poetessa, “che non esita a spogliarsi di

ogni schermante orpello, per mostrare con

provocatoria sfida le proprie sanguinanti feri-

te” (7). Le stesse, per cui la Marini – lo scrive

e lo ribadisce anche ora - aveva paragonato,

N

Page 49: Pomezia Notizie 2013/8

POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 49

in una sua precedente recensione a Gocce di

emozioni, l’ispirazione della poetessa a quella

di Antonia Pozzi, come lei - a causa della dif-

ficoltà di relazionarsi con gli altri - spinta a

caricare tutte le sue aspettative sulla ricerca

dell’amore, l’amore della sua vita, quello ve-

ro per redimersi. Proprio così com’era acca-

duto alla Pozzi, “di cercare l’amore per otte-

nere l’altrove; un immediato rilascio di quelle

passioni che albergavano sin dall’infanzia

nella poetessa.”

Ma non è tanto l’amore che la Cogliati cer-

ca di fermare, quanto soprattutto la sua con-

dizione di poetessa per continuare a illumina-

re il mondo quale le appariva da bambina. E

tutto questo relativamente al volumetto Ani-

ma che conferma e rafforza quanto ancora era

in fase di sperimentazione nella precedente

raccolta Gocce di Emozioni. Se poi si vuole

aggiungere anche una nota a una monografia

a cura di Gianfranco Cotronei dal titolo Il vo-

lo infinito di Eleonora Cogliati, edita dalla

Totem di Lavinio Lido (Roma), uscita nel

marzo scorso, dove l’autore cerca di scioglie-

re “il nodo critico” della sua poesia, anche al-

la luce di recensioni di altri autori e di moti-

vazioni di alcune giurie di premi letterari, al-

lora si scopre che Eleonora è anche un’autrice

che riscuote discreti e lusinghieri consensi

grazie a diplomi, segnalazioni di merito,

menzioni d’onore; e che, sul suo conto, esiste

già un’apprezzabile antologia critica che con-

tiene significativi e autorevoli giudizi: da

quello ben noto dello stesso Cotronei, per il

quale la poetessa è “un’ autrice…portata a

travalicare i chiusi limiti dell’esperienza indi-

viduale e quotidiana per indagare ben oltre”

(22); a quello di Germana Marini che attri-

buisce al suo canto poetico un potere salvifico

“che vigila a captare ogni interna voce, la rid-

da di conflitti, angosce, di rimpianti che den-

tro le irrompe” (19); di Tito Cauchi, che indi-

vidua nelle sue liriche “una sorta di auto con-

templazione, di pudica soddisfazione” (20); e

di Angela Giassi che vede nei versi di questa

poetessa già “una compiuta arte poetica”, in

grado “di dire all’infinito”, grazie “alla sem-

plicità e la generosità attraverso cui riesce a

coinvolgere il lettore con immagini e parole

piegate una sola volta, ansia di inespresso”

(35).

Giuseppe Leone Eleonora Cogliati - Anima - Aletti Editore, Roma

2013. € 12,00. pp. 72

Gianfranco Cotronei - Il volo infinito di Eleonora Cogliati - (monografia) - Editrice Totem Lavinio

Lido, Roma 2013. € 10,00. pp. 48

IL PASSERO

Seduta in casa, chiudo gli occhi e ….

quando li riapro vedo oltre la mia finestra,

appoggiato sul ramo della magnolia, un passero.

Piumoso, grigio assorto è lì e non si muove...

Il mio pensiero attraversa il suo e lo vedo già volare

altrove distante da me!

Ecco vola via, adesso, vai passero libero da

ogni schiavitù,

libero di volare verso l'azzurro cielo,

da noi sognato, vola tu che sei creatura

perfetta del cosmo, vola anche per me,

conquista la tua

libertà, sarà così anche la mia.

Adriana Mondo Reano, TO

ROSA ROSSA DEL MIO GIARDINO

Rosa rossa nell'arsura di luglio

protesa a raggiungere il cielo

sul suo tremulo altissimo stelo

nella sfida al destino.

Con i suoi baci dolci di velluto

offre la sua bellezza (occhio alle spine !)

sperando di sopravvivere

in altre rose rosse senza fine.

Al tramonto il sollievo dell'acqua...

La vita è lunga

ancora qualche goccia...

Domani si potrà anche iniziare

ad appassire...

Luigi De Rosa (Rapallo, Genova)

Page 50: Pomezia Notizie 2013/8

POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 50

IN VIAGGIO CON

PIERRE BOULEZ PER CAPIRE E

VIVERE LA MUSICA

CLASSICA E CONTEMPORANEA,

SENZA PORRE CONFINI di Ilia Pedrina

oi volevamo fare la

musica della nostra

generazione. Ci fu

senza dubbio un'avanguardia, non era possi-

bile fare altrimenti, era quello che il periodo

esigeva. La mia generazione ha dovuto con-

frontarsi con la fine della guerra mondiale,

naturalmente prima con la guerra e poi con la

fine della guerra mondiale e quindi ha dovuto

fare un periodo di completa rivoluzione ri-

spetto a ciò che era successo prima. Abbiamo

cominciato con una revisione radicale di tutti

i valori; come in tutte le rivoluzioni, certa-

mente ci sono stati degli eccessi e delle de-

molizioni inutili, ma ci sono state anche delle

demolizioni utili. Ci rendemmo conto che c'e-

ra soprattutto un problema di 'percezione': e-

ravamo andati molto più lontano del sentire

comune e c'era uno iato tra ciò che noi con-

cepivamo e quello che il pubblico percepiva.

Noi eravamo sempre più interessati a come

influenzare la percezione e a tenere conto del-

la percezione della musica, ossia tenere conto

del suo significato, del suo senso, non solo di

quello che si poteva trascrivere in maniera a-

stratta, m in maniera concreta, nel modo di

suonare degli interpreti durante l'esecuzione

stessa e questo ci obbligava a ripensare il

problema dell'esecuzione, perché credo che

senza un'esecuzione veramente interessante,

importante, minuziosa, ogni musica sparisca.

Poi c'è stato il problema della tecnologia nel

senso che la tecnologia non era al livello del

pensiero musicale e quindi i primi tentativi

tecnologici sono stati difficili da integrare

nella ricerca musicale e poi ad un certo punto

l'apparecchio è arrivato e si è perfezionato

molto rapidamente e così sono stato spinto a

creare l'IRCAM, che si è affermato con forza

perché disponeva di una tecnologia del tutto

nuova per l'epoca. Non deve essere solo ri-

cerca, ma anche produzione e 'produzione' si-

gnifica un gruppo di strumentisti che si riuni-

sce regolarmente e crea uno stile interpretati-

vo. E' così che ho fondato l'Ensemble Inter-

contemporain, per connettersi definitivamente

alla ricerca musicale e alle novità che si pro-

ducevano. Per me è stato molto importante

che ci fosse qualità e soprattutto persistenza

della qualità, perché spesso i gruppi faticano

a sopravvivere, sono mal pagati e si incontra-

no qualche volta troppo raramente e per ses-

sioni troppo corte e quindi l'esecuzione ri-

schia di risultare poco convincente. Quello

che conta è che nella musica contemporanea

ci siano gruppi più o meno grandi che siano

come un'orchestra, cioè un repertorio, cioè

uno stile interpretativo e che si pongano i

problemi sollevati dalle invenzioni del com-

positore. Per questo ho tratto molto vantaggio

dalla mia carriera di direttore d'orchestra, per-

ché ho potuto riflettere molto sulla trasmis-

sione: non solo nel periodo dei concerti, ma

anche durante le prove, ho molto riflettuto su

ciò che sentivo io stesso mentre provavo. Ho

creato una specie di elemento organizzatore

della mia carriera musicale, attaccandomi

sempre alla modernità delle opere, sia che

siano opere recenti sia rispetto alla modernità

che è passata, che è stata una modernità mo-

dello, ma che conservo come stile per tutta

l'evoluzione della mia musica.... Apprezzo i

giovani musicisti che hanno la voglia di rin-

novare il mondo con un'attenzione forte che

guarda molto lontano....” (Pierre Boulez, In-

contro con il pubblico, 5 Ottobre 2012, Teatro

alle Tese, Arsenale, Venezia, fonte Internet).

Poi il giorno 7 Ottobre è Paolo Baratta, Pre-

sidente della Biennale di Venezia ad affianca-

re Pierre Boulez ed a far leggere a Ivan Fede-

le, Direttore Artistico, la motivazione dell'as-

segnazione del Leone d'Oro alla Carriera, nel

contesto della 56esima Biennale della Musica

Contemporanea: “Il Leone d'Oro alla carriera

a Pierre Boulez è il riconoscimento al valore

assoluto di un artista, che ha attraversato la

“... N

Page 51: Pomezia Notizie 2013/8

POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 51

storia della musica contemporanea, offrendo

al mondo intero composizioni considerate u-

nanimemente veri e propri capolavori della

modernità” e lui, il Maestro, scherza con il

pubblico, dichiarando apertamente la sua gioia

a fronte di un ben 'pesante' regalo: troppo lun-

go sarebbe spiegare che cos'è la modernità;

troppo importante dire solo in due parole che

cos'è la saggezza, ma, sostiene chiaramente,

dal leone, da questo leone coglierà la forza per

andare oltre e lo metterà tra altre cose dei suoi

amici, quei compositori italiani che lavoravano

con lui a Darmstadt, d'estate, negli anni '60:

“Darmstadt era un fenomeno mondiale, inter-

nazionale, con la cultura che non doveva

scomparire ma espandersi e che avesse un'in-

fluenza sugli altri. Berio e Stockhausen, per e-

sempio, con il desiderio di comunicare. Berio

l'ho conosciuto dopo Maderna e Nono perché

è venuto a Darmstadt un poco più tardi ed ha

portato un'attitudine differente, che è stata

molto salutare nel momento in cui l'atmosfera

a Darmstadt era diventata un poco più acca-

demica. Ho sempre favorito i cambiamenti

controcorrente e controversi...” (ibidem).

A fare gli onori di casa, oltre al prof. Ivan

Fedele, ed a porre domande al compositore

gli studiosi e musicologi Claude Samuel e

Robert Piercinikowski, seduti su poltrone ros-

se e di fronte ad un pubblico molto coinvolto.

Claude Samuel gli chiede: “Per lei ci sono

barriere tra l'esecuzione e il pubblico?”

Pierre Boulez risponde: “No, non ci sono

barriere, ma delle illusioni sulla capacità d'in-

tendere del pubblico, quasi incapace di lavo-

rare di percezione. Bisogna continuare a ripe-

tere con insistenza le opere provocatorie. I

giovani sono via via persuasi di aspettarsi

qualcosa, osare e seguire ciò per cui si osa. I

fenomeni da prendere in considerazione sono:

la totale novità del pezzo, per nulla o poco

conosciuto e raccordare questo con dei pezzi

già noti, per lavorare d'interpretazione”.

E Claude Samuel incalza: “Avete scritto un

articolo 'Schönberg è morto', nel doppio sen-

so che è morto realmente e che la sua musica

appartiene al passato. Pensate lo stesso anche

oggi?”

E Pierre Boulez, con accesa ironia, ma im-

peccabile nello stile: “Si, certo, è la stessa co-

sa, così come in Francia si dice 'Le roi est

mort. Vive le roi!', così io dico per Schön-

berg. Il testo di quell'articolo è ambiguo per-

ché era una reazione che io ho avuto a chi di-

ceva che Schönberg non è più lontano, per-

ché, se non è più lontano, allora è più com-

prensibile. No! Non è così. Lui non può più

produrre ma la musica va più lontano...”.

Pierre Boulez guida con direttive originali

ma sempre ponderatissime il pensiero del no-

stro tempo ed è coerente con se stesso, i pro-

pri successi di compositore e di direttore d'or-

chestra, mettendo tutto il suo sapere a dispo-

sizione dei giovani. Si, perché l'ho visto al la-

voro a Luzern, per quei giovani che si iscri-

vono al Master in Conducting e lui li segue

senza posa e non è mai stanco: ci sono delle

documentazioni importantissime che colgono

questi studenti nel loro modo di approcciare il

maestro e di lavorare dentro di loro per ri-

spondere alle esigenti richieste che lui mette

in campo in relazione all'opera da dirigere e

da interpretare: la cittadina svizzera lo ha fat-

to membro onorario della comunità e lo si

vede passeggiare per le strade o in dialogo sul

battello che solca le acque del bellissimo La-

go. Ed una sera del Settembre 2010, dopo l'e-

secuzione del Pierrot Lunaire di Arnold

Schönberg, io sono seduta fuori e scatto la fo-

to della luna che azzurra si riflette sul bicchie-

re di cristallo, mentre lui, all'interno, pranza e

conversa amabilmente con i coniugi Pollini!

Ma prima ancora, nell'Agosto dello stesso

anno era stato guida ed organizzatore e prota-

gonista principale del Festival Olivier Mes-

siaen 2010, con titolo 'Olivier Messiaen-

Pierre Boulez . Une filiation fertile'. Si, per-

ché egli è stato allievo di questo grande com-

positore francese, che non mi stanco mai di

approfondire ed in quell'occasione, a La Gra-

ve, sotto il massiccio-ghiacciaio di La Meije,

si sono susseguiti i concerti con le opere dell'

uno e dell'altro a confronto.

Dal vivo, con questa tensione addosso che

stimola all'avventura, mi sono messa in cam-

mino e sono passata ai suoi lavori, non solo

Page 52: Pomezia Notizie 2013/8

POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 52

musicali allora, così ho scoperto uno scrittore

vivido, trasparente, energico e tagliente, che

sfronda di netto i rami secchi di una cultura

che trascina con sé pregiudizi e si fa intolle-

rante e chiusa nei confronti dei processi idea-

tivi e creativi, che considera certo dote unica

dei geni incompresi, romanticamente isolati.

Così, da Bianca, Amica carissima della Libre-

rie Française de Florence, mi sono arrivati i

suoi lavori:

Pierre Boulez/André Schaeffne: Corrispon-

dence, 1954-1970, présentée et annotée par

Rosângela Periera de Tugny, ed Fayard, 1998,

opera che traccia il profilo di un periodo della

vita musicale francese, quello degli anni nei

quali i compositori sono ansiosi di trovare

nuovi percorsi ed Olivier Messiaen è citato

tantissimo, perché punto di riferimento di un

nuovo linguaggio musicale al quale Boulez

stesso pone interrogativi, aprendo investiga-

zioni su un proprio percorso originale: nel re-

tro di copertina la curatrice sottolinea che

questo scambio di lettere rappresenta un'am-

pia fonte molto attendibile e diretta per cono-

scere la gestazione del suo pensiero musicale.

'Pli selon pli' de Pierre Boulez' Entretien et

etudes, Contrechamps Editions, 2003, un'ope-

ra che tutta ruota intorno a questa composi-

zione che Boulez organizza ed elabora stimo-

lato dal poeta Stephane Mallarmé, perchè

questo è proprio il titolo di una sua opera poe-

tica d'avanguardia. Sostiene Boulez: “Ho

scoperto Mallarmé nel 1946... Ciò che mi ha

attirato è stata subito la personalizzazione del

linguaggio, perché nessun altro letterato ha

scritto in quel modo ed ha trasformato il fran-

cese fino a quel punto. Tanto nei testi in prosa

che nelle poesie in versi o nei saggi. La for-

mulazione è tale che bisogna frantumare la

pietra, prima di comprendere il senso. Per me

Mallarmé e Proust rappresentano i due estre-

mi: con l'uno, si è di fronte ad un blocco mi-

nerale; con l'altro ci si perde come in un labi-

rinto ed all'inizio della pagina si deve rico-

minciare il riorientamento...” (op. cit. pag. 7,

trad. di Ilia Pedrina).

Pierre Boulez: 'Regards sur autrui – Points

de repère II', Christian Bourgois Editeur,

2005, un testo incredibile, per la vastità dei

temi trattati e per il risvolto interpretativo dei

protagonisti della cultura musicale occidenta-

le presi in considerazione, da Wagner a Ber-

lioz, e poi Mahler e Schönberg e Berg e tanto

tanto altro, tutto filtrato dalla sua appassiona-

ta ed instancabile forza di andare a scavare i

limiti della tradizione, quando si erge a fissità

da museo e quindi non lascia più spazio

all'innovazione. Nella versione italiana, che

mi sono tutta fotocopiata, ho sottolineato parti

importantissime che danno testimonianza del

rigore con il quale l'Autore motiva le sue

scelte ed i suoi approfondimenti. Per Wagner

ad esempio coglie la dimensione del compo-

sitore tedesco che vuole finalmente liberarsi

dell'opera da teatro, che gli è diventata stretta,

per dedicarsi solo e soltanto alla sinfonia, ma

non avrà più tempo, non risparmiando certo

quel profilo netto che ce lo trasmette egoista,

irritabile, arrogante ed insoddisfatto, mito di

se stesso in disfacimento. E prende il cuore il

paragrafo nel quale fa parlare Cosima Liszt,

che traccia nel suo Diario anche i particolari

più superficiali che riguardano il Maestro e

Boulez sottolinea che in quel 'Richard lavo-

ra...' dobbiamo scoprire tutto un risvolto di vi-

ta e di produzione compositiva che non è sta-

to ancora bene messo in luce. Ma su questo

torneremo ancora, con più ampi dettagli.

Ilia Pedrina

STANZA VUOTA

Cosa fa il sole

nella mia stanza?

Oggi vado in vacanza:

chiudo la finestra

ed il sole, poveretto,

tramonta dietro il tetto

e poi si mette a letto.

Io vado in vacanza:

lascio vuota la mia stanza

senza sole e senza speranza.

Mariano Coreno Melbourne

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POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 53

I POETI E LA NATURA - 22

di Luigi De Rosa

Domenico Defelice - Metamorfosi (1991)

L'ESTATE BRUCIANTE (E IL MARE)

DI CARLO OLIVARI

arlo Olivari, genovese del 1940, già

docente di filosofia e storia al Liceo

“M.L.King” della sua città, ha pubbli-

cato molte poesie su riviste, oltre a una quin-

dicina di libri di versi nei circa trent'anni dal

1981 ad oggi. E' arrivato poi alla narrativa

pubblicando un romanzo-fiume di 514 pagi-

ne (“ Gennaio 1991 forse un sogno”, UFO –

Idiomi alieni) particolarmente apprezzato da

Giorgio Bàrberi Squarotti, che lo ha presenta-

to alla Biblioteca Universitaria di Genova.

Confesso che a me sono piaciuti in modo

particolare i suoi libri di poesie. E, come ho

già scritto a suo tempo, ho trovato fuori del

comune, originali, Luce tenebra lampi, del

2010, (Ed. UFO), e Momenti vari nel temp (

Ed. Cronache italiane, Salerno 2011). Molte

delle sue poesie si fanno apprezzare non solo

per i contenuti e le tematiche (universali ed

eterne) ma anche per alcune caratteristiche

formali insolite, e soprattutto per il loro tono

affannato, concitato, spesso triste e “spaven-

tato”. Ciò che mi ha colpito nella versifica-

zione di Olivari è la singolarità del linguaggio

e della scrittura: una interpunzione in cui ab-

bondano le virgole; la trasposizione di prepo-

sizioni semplici o articolate, nell'ambito del

discorso; un'inflorescenza di modi verbali in-

soliti come il participio e il gerundio ( presen-

te e passato); una costruzione insolita della

frase italiana ( che richiama vagamente il la-

tino o il tedesco). Aggiungo, per mio conto,

che tutto ciò può rendere più attraente e sua-

siva la composizione poetica, anche se po-

trebbe nascondere il rischio, nei casi di mino-

re riuscita, di una sensazione di artificiosità.

Brillantemente superata, nel complesso, da

una tematica- sostanza di pensiero poetante

profondo. Pessimista e tragica. Come mini-

mo, accorata preghiera di affetto e di conforto

ad una solitudine che senza il sollievo della

Poesia e della fede in un Dio Supremo po-

trebbe apparire ( ed essere) immedicabile.

L'angoscia della Morte, nella poesia di Oli-

vari, è dominante. Di una Morte con la M ma-

iuscola, quasi come Entità a se stante, che pro-

duce solo tristi, dolenti Ombre onnipresenti.

L'unico sollievo a tale angoscia, intenso anche

se ritenuto palliativo, è rappresentato dai ri-

cordi degli affetti familiari e dalla dolce bel-

lezza della Natura, ritenuta un' anteprima,

anche se vaga e sfocata, del luminosissimo e

pacificante abbraccio finale con Dio.

Per la poetessa e critico Rosa Elisa Giangoia,

la poesia di Olivari “ formalmente legata alla

tradizione... ha essenzialmente due punti di in-

teresse, la vita e la morte, ma sempre pronta

ad aprirsi ad un dialogo sereno ed impertur-

babile con un interlocutore trascendente”.

Per fortuna Olivari mi ha spedito a Rapallo,

appena uscita, la sua ultima produzione poe-

tica, una deliziosa plaquette intitolata Estate.

(U.F.O. Idiomialieni). Un libriccino tanto

piccolo (una trentina di paginette) quanto

prezioso, con una suggestiva copertina (uc-

celli bianchi in volo sul mare). Venti liriche

ispirate alla stagione estiva, alla Natura, che

C

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POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 54

non può non porsi come fresca e divina con-

solazione per un cuore di poeta afflitto dal

“male di vivere”. E questo, nonostante il poe-

ta sia costretto a misurarsi col soffocamento

della città anche in agosto, anche a Genova,

città di mare ma pur sempre città.

“In calda estiva notte

Folla, folla, frenetica a me

/ intorno,

a nebuloso mare presso,

con nebbia densa d'orizzonte

/ laggiù;

immerso, io, nel bruciore

dell'estate”

Alcune poesie sono brevissime, quasi “un-

garettiane”. Ne riporto alcune, per rimarcare

il rapporto della poesia di Olivari “anche” con

la Natura ( soprattutto col Mar Ligure) :

Silvana

Geranio, fulgente, d'estiva sera.

Musica e luce

A Silvana

Parola tu non sillababile,

nota altissima, instellata.

Notare l'originalità di quella parola (“instella-

ta”) in cui Creatura Umana e Natura sembra-

no perfettamente fuse.

Universale ritmo

Cadenza mattutina del mare, tu,

fragore indefinibile del vento.

Mar Ligure

Padre certo inestinguibile,

mare dei miei antenati, dei miei

/ vecchi,

delle familiari, incise, tue rocce,

degli amici, e cari, ora dispersi

delle mie ombre, tutte, forme

/ disfatte,

di me, piccolo, alle prime parole -

lume infantile di mia madre

/ presso - ,

di comunicabilità spezzata,

per onde, per onde, per onde e

/ onde,

di comunicazione eterna, certo,

in tuoi scrosci ripetuti, tuttavia ;

mare esteso, infinito, del mio sangue”

Luigi De Rosa

(Le prime ventuno “puntate” di questa rubrica sono

state dedicate da Luigi De Rosa, mese per mese a

partire dal novembre 2011, a Camillo Sbarbaro, Domenico Defelice, Mario Rondi, Eugenio Monta-

le, Francesco d'Assisi, Francesco Petrarca, Gio-

vanni Pascoli, Giovanni Descalzo, Mariangela De Togni, Lucrezio-De rerum natura, Rafael Alberti,

Antonia Pozzi, Imperia Tognacci, Giuseppe Unga-

retti, Vincenzo Cardarelli, Giacomo Leopardi, Ga-briele D'Annunzio, Sandro Gros Pietro, Diego Va-

leri, Franca Pissinis, Salvatore Quasimodo. Questa

ventiduesima è dedicata a Carlo Olivari, mentre la ventitreesima sarà dedicata a Charles Baudelaire ).

GRANDE SILA

Interrotto da verdi canne d’organo

la Calabria è un vasto pecorino.

Il libeccio lo sbatte e rimpasta,

e Pitagora medita e conta

su un pallottoliere di pecore.

Grano bruno, tesoro

sempre colto in ritardo.

Un perdifiato di orizzonti d’agavi,

il fantoccio grottesco di un cactus,

e un macilento rudere di torre

con due gugliate di rondini nella cruna della bifora.

Maria Luisa Spaziani da L’anima del viaggio, in La Musa accanto, a

cura di Eugenio Rebecchi - Blu di Prussia, 2012.

Eleuterio Gazzet-

ti: Nudo (studio,

olio su tela 40 x

60)

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POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 55

(Disegno di Serena Cavallini)

Recensioni

CARMELO PIRRERA

IL REGNO

Genesi Editrice, Torino, 2013, € 11,50

Oltre che poeta, saggista e valido direttore di rivi-ste (larga diffusione ha avuto per suo merito “Issi-

mo – i segni della poesia”, attiva da lunghi anni),

Carmelo Pirrera è anche un narratore abilissimo, come dimostrano i suoi romanzi Con la banda in

testa e Quartiere degli angeli, oltre i racconti lun-

ghi Buio come la notte e Il regno. Ed è proprio di quest’ultimo che qui vogliamo

parlare, dato che è da poco riapparso, riveduto e

corretto, nelle Edizioni della Genesi di Torino (a-prile 2013).

La vicenda è narrata con leggerezza, sotto il se-

gno di una sorridente ironia ed è ambientata in una Corte rinascimentale, quella di “Guglielmo in Na-

no, il quale aveva sposato Costanza, una principes-

sa normanna d’alta statura che l’aveva reso padre felice di ragazzi belli, alti e biondi, tanto somiglian-

ti – vergognosamente somiglianti – a messer Lodo-

vico delle Piane e di Ginossa, maestro d’armi di Sua Maestà…”.

Lodovico, forse perché il re aveva subodorato

qualcosa, viene inviato a combattere nelle Fiandre, durante la Guerra dei Cent’anni, nel corso della

quale attraversa numerose peripezie e trova pure la

morte, anzi varie morti, come Pirrera racconta col suo stile surreale e fantastico, continuamente oscil-

lante tra il dato storico e la pura immaginazione,

che qui ha largo spazio e nel cui labirinto disinvol-tamente s’avventura.

Alla morte di Lodovico segue quella di re Gu-

glielmo, il quale precipita non si sa come da una

torre della reggia. Al sovrano vengono riservate e-sequie solenni, cui si accompagna il pianto della re-

gina, che assume un valore liberatorio: “E intanto

piangeva come se dentro le si stesse sciogliendo qualcosa, un grumo duro formatosi in anni di men-

zogne e silenzio. E piangeva – le sembrò di capirlo

– non per il re che era morto (si trova sempre un al-tro pronto a sostituirlo), né per il modo crudele co-

me era morto (si muore sempre di qualcosa), ma

perché nel mondo c’era anche la morte…”. Della morte del re viene accusato Faroaldo, con la

connivenza dell’alfiere Michelozzo, il quale è giu-

stiziato in seguito in maniera sommaria. Faroaldo invece verrà accecato e invano chiederà il “Giudi-

zio di Dio” che lo discolpi.

Re Guglielmo ricomparirà quale fantasma aggira-tesi nel castello e qualcosa sarà rivelato della sua

morte, avvenuta pare in seguito a un intrigo di Pa-

lazzo, cui non era estraneo però il movente amoro-so: “… un’ombra avvolta in un mantello nero, più

nero della notte, venne fuori dalla notte stessa e lo aggredì e lo spinse oltre i bastioni della torre, nel

vuoto più vuoto”.

Scritto in maniera abilissima, questo racconto di Carmelo Pirrera si rivela come un alto gioco intel-

lettuale, col quale l’autore dà libero sfogo alla sua

fantasia. Ma, al di là di tutto ciò, s’intravede quasi in ogni pagina una profonda pensosità sulle sorti

dell’uomo e sul suo travagliato cammino terreno.

Molti i richiami storici e le notazioni culturali Frequenti anche le citazioni di versi di autori insi-

gni della nostra letteratura, da Dante a Foscolo a

Carducci, ecc. Il regno risulta pertanto un’opera di notevole rilievo, che si pone tra quelle più riuscite

di Pirrera e certamente tra quelle che meglio valgo-

no a definire la sua personalità di scrittore.

Elio Andriuoli

AURORA DE LUCA

SOTTO OGNI CIELO

Genesi Editrice, 2012

Non tradisca la giovane età di Aurora De Luca!

La sua poesia, infatti, si presenta sempre con una freschezza espressiva che da sola avvalora la since-

rità del suo dire, del suo naufragare in braccio all’

amore, un amore senza tempo e che si tonifica, an-zi, ad ogni stagione grazie alla capacità della poe-

tessa di affermare a piana voce: “Può fermarsi il

tempo,/può farsi di vetro, può tirare vento, può e-splodere il cielo,/ma io vedrò solo i tuoi occhi”.

E’ un canto continuo, il suo: un girotondo di dolci

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POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 56

parole, di armoniosa intimità colloquiale, di subita-

nee accelerazioni in direzione della luce e di quelle

braccia che tendono ad abbracciarla mentre, di ri-flesso, “le mie braccia si fanno casa”... Non ci sono

cali di ispirazione a frenare l’espandersi dei versi.

Non si registrano vuoti di tensione, di suoni intimi, di passaggi in punta di piedi oppure consistenti co-

me il marmo anche allorquando veste a festa pae-

saggi ed atmosfere, vendemmie e terremoti, spiag-ge ed aquiloni...

Aurora De Luca sembra possedere innata l’ ele-

gante altalenarsi di fioriture e di profumi, cosicché ogni composizione poetica diventa un quadro dall’

intimità coinvolgente, non invasiva comunque e

mai fine a se stessa. Ha detto Rosa Elisa Giangoia che la poesia, tra l’

altro, “è una gara tra le emozioni e le parole, nel

tentativo di saggiare qual è la tenuta di una parola, la sua potenzialità e capacità espressiva, la sua effi-

cacia funzionale, soprattutto la sua relazione con l’

emozione”. A nostro avviso, Aurora De Luca sta vincendo

questa “gara” e lo stanno a testimoniare i commenti favorevoli fin qui ricevuti da critici e addetti a lavo-

ri di consolidato livello; tra questi anche Domenico

Defelice e Sandro Gros-Pietro che hanno scritto ri-spettivamente la prefazione e la postfazione a “Sot-

to ogni cielo”, una silloge di oltre novanta poesie e

suddivisa in quattro sezioni tra loro intersecanti: “Autunno”, “Inverno”, “Primavera” e “Estate”.

Il quadro della copertina (“Paesaggio con farfal-

le” di Salvador Dalì), del resto, anticipa, con la sua pienezza coloristica e prospettica, la colorazione

calda e pregnante delle poesie di Aurora De Luca,

che, ne siamo convinti, e non da ora, dovrebbe ri-servarci altre e positive sorprese. Ovvero la con-

ferma che è sulla giusta strada per guardare lontano

perché (sono parole sue) “non albergo che in stanze sospese,/dove trovarvi non si può piccoli segni,/ma

cose grandi,/che non sono né singoli silenzi né mai

distanze,/ma piuttosto luoghi d’eterno:/assenza,

partenza, ritorno, essenza”.

Fulvio Castellani

GIANNI RESCIGNO

NESSUNO PUÒ RESTARE

Prefazione di Giannino Balbis, Interventi critici di

Franca Alaimo e Fulvio Castellani - Genesi editri-

ce, Tornino 2003, pp.117 € 15,00.

Comincio col dire che Giannino Balbis, Franca

Alaimo e Fulvio Castellani ci offrono una lettura e interpretazione puntuale e centrata di quest'altra sil-

loge poetica di Gianni Rescigno, il quale con il

passare del tempo si riconferma un poeta ben dota-

to, sensibile, profondo, originale per temi e lingua.

Nel sempre più affollato Parnaso contemporaneo la poesia del poeta salernitano spicca per tematiche e

stile. Rescigno ha un modo tutto suo di costruire e

di modulare la poesia. Una poesia che appartiene solo a lui e con la quale dice il suo esistere, la sua

vita, i suoi pensieri, e lo fa, anche in questa silloge,

attraverso un mezzo linguistico essenziale, efficace, breve, denso di significati. Questa nuova raccolta

che mi provo ad indagare e analizzare presenta una

struttura omogenea, compatta, nella quale sono trat-tati vari momenti esistenziali, emozioni, ricordi,

temi. Il titolo è svelante: "Nessuno può restare

sempre/ tra terra e mare ad aspettare ./Bisogna lava-re l'anima con le lacrime ed asciugarla / alla tra-

montana di febbraio" ( Nessuno può restare, p. 15).

Come dire che se nessuno può restare in carne ed ossa sulla terra, la poesia invece no, resta, rimane

sempre. Una poesia, questa di Gianni Rescigno ni-

tida e sostanziosa che mostra pure la fede che il po-eta ripone in essa. Difatti Rescigno crede fortemen-

te nella poesia, e anzi come ci è dato leggere in Sa-remo ancora uomini "verrà tempo in cui / di nuovo

parleranno le parole /e i poeti passeranno / a cantar-

lo per le strade./ Cosi il cuore imparerà ad amare. / Sorriderà la gioia, piangerà il dolore,/ saremo anco-

ra uomini./una mano sull'anima dell'altro/e a Dio

col pensiero" (p. 239). Dio, amore, morte, paesag-gio, ricordi, elementi biografici sono in questa nuo-

va silloge poetica in cui si ammira essenzialità ed

efficacia espressiva, pronta come nei versi che cito: "Anche se del vento in fuga /sono foglia secca / a

giorni visti in sogno /spero d'arrivare" (p.27), e an-

cora: "voli e riposi di mente la vita:/uccello che so-gna traversate /e ritorna" (Voli e riposi, p.31). Re-

scigno si fa apprezzare come poeta in quanto ha un

modo tutto suo di dire la vita, le sue sofferenze, i suoi dolori: "Di giorno di notte/per le vie del san-

gue /camminano i dolori./ Non sentirli è come non

vedere /il cielo per la prima volta:/gioia e pace d'in-

finito" (p.86). Una poesia ricca di immagini, piena

di fluidità linguistica. I versi si susseguono snelli e

leggeri in una narrazione lirica (e penso a testi quali Aprile portò la tua morte, Si va avanti, Cosi cam-

minava Cristo stamattina, ad esempio). La poesia di

Rescigno è di una nitidezza, chiarezza lampanti: “Se a un vecchio dici ciao /gli hai regalato un gior-

no di felicità. Se fai finta /di non vederlo gli hai o-

scurato /il sole fino all'ora degli angeli" (p.59: Se a un vecchio ).

Rescigno vive di poesia e per la poesia, e ciò lo

rende sempre attraente e piacevole. La sua poesia nasce dal proposito di narrare liricamente la vita e

perciò procede sempre con immagini chiare e toc-

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POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 57

canti mai astruse o cervellotiche. Insomma Gianni

Rescigno vive di poesia e per la poesia:Rescigno o

meglio la sua poesia è il suo stile di vita, il suo mo-do di sentirla e autoascultarla, di avvicinarsi alle

cose e a Dio. C'è nella sua poesia il respiro e il bat-

tito della sua vita: “ non passa giorno /che non ho per te/ pensieri d'amore ./Devo tutto al tuo albero

/che non si stancò di fruttificare /pazienza e ore

d'attesa,/E le primavere da cui /presi odori e profu-mi / furono abbondanti di fiori" ( Non passa giorno,

p. 799). Ci troviamo davanti a un bel viaggio poeti-

co tutto all'insegna della poesia: "Si resta soltanto con le ore./ E non le conti./ Cosi comincia l'eterni-

tà" (Soltanto con le ore, p.95).

Carmine Chiodo

SALVATORE SANNA

CARILLON

edizioni Edicampus,Roma 2013

Il volumetto, che ha visto la luce nella collana

"Poesia" (diretta da R. Caputo) è formato da sonet-ti"naif" e da altri versi, da un dialogo teatrale e da

un "monologo della sera" e infine da Note critiche.

L'autore è il sardo Salvatore Sanna (lasse 1951). Sanna è di Colangius (Gallura) ma da parecchio

tempo vive a Genova. Ora trascrivo altre notizie

biografiche contenute nel quarto di copertina del volumetto: "è un illustre sconosciuto (ovviamente

Sanna); vive da 60 anni a Genova, dove si è laurea-

to in Lettere classiche superando mille contestazio-ni da parte dei suoi professori, allarmati dal suo spi-

rito carillonesco, che già da allora dava vistosissime

prove di sé". Inoltre si apprende che ha vinto qual-che premio letterario nei primi anni del Duemila e

per vari anni i suoi scritti sono stati respinti dagli

editori e direttori di riviste ma da un paio d'anni "fi-nalmente” collabora alla rivista "il Bandolo" di Pa-

lermo, per gentile concessione del direttore Prof.

Gianfranco Consiglio, al quale invia, da suo, sonet-

ti, sonetti caudati e sonettesse". Ogni estate fa ritor-

no in Sardegna per rinfrescare la sua vena all'aria

lieve e marina della sua isola. Tutto qui. Orbene la stessa Prefazione di Sanna al suo libretto ci permet-

te di capirlo nelle sue parti poetiche, teatrali e criti-

che di cui risulta composto. Perché Carillon? Ed ecco che il poeta risponde.

“Per la sua piccolezza, innanzitutto. E poi per il vi-

vo, estremistico gusto dell'antico, dell'arcaico, del grazioso, del retrò, dell'orecchiabile, diciamo anche

dell'ingenuo, che vi si dispiega, tanto nei versi

quanto nelle prose". Certo in questo volumetto c'è tutto quanto il gusto, le predilezioni letterarie, il suo

amore per il classico, il suo spirito, quello di Sanna,

munito di spirito "carillonesco" che emerge qui in

tutta la sua portata e pienezza. Sanna è un poeta, un

prosatore, un critico che segue la sua vena, che mo-stra i suoi gusti classici come dicevo prima e come

è ampiamente testimoniato da ciò che scrive. Sanna

non è certamente uno sprovveduto anzi dimostra una vasta cultura classica e letteraria. Insomma l'

Autore sa il fatto suo e poi si fa leggere e lo si legge

con piacere perché ci coinvolge con i suoi versi ric-chi di profumo poetico, di quella lingua, di quelle

immagini che non si trovano quasi più in tanti poeti

odierni che affollano il Parnaso contemporaneo, au-tori più che di versi di esercitazioni letterarie oppu-

re di versi senza testa e neppure cosa. Sanna si dif-

ferenzia nettamente da costoro e nei suoi sonetti perfetti per contenuto e metrica, lingua, ci fa assa-

porare l'autentica, genuina poesia presentata con un

linguaggio classico che rende molto bene gli stati d' animo del poeta, i suoi pensieri, il suo modo di sen-

tire sé e la vita, il suo modo di descrivere la natura e

il paesaggio. Dai sonetti si sprigiona nettezza e niti-dezza lirica, una melodia che rende belli e godibili

questi testi, di cui voglio citare alcuni versi: "Qualche solinga nuvola leggera /s'impiglia all'aspra cima di

quel monte ./ E' nuovo oggi il mormorio del fonte,/

fervida canzon di primavera" (Sonetti naif, I, p. 9); "Con le tue burrascose sinfonie,/ immortale creatura,

tu deridi/ lo so, l'umana futilità" (p. 10), e infine: "E l'

arbor polveroso al ciel protende / i rami adusti; siede il viatore;/ e una quiete in aria si distende / solenne,

immensa di muto torpore” (Afa, p. 12). Dai sonetti si

passa poi ad altri componimenti poetici ricchi di pen-siero, essenziali: " Le membra giacciono / esauste ed

inerti / ma l'anima non è sazia." ( Postea, p. 15) oppu-

re: "Nulla più resta /dello strazio del tempo /ma spar-ge il suo oblio / nell’anima/l'ardente sapore dei giorni

perduti," (Le memorie, p. 16). Nulla in questa limpi-

da poesia è cervellotico e artefatto ma è tutto sentito e provato e poi la lingua è fluida, chiara come ci è

dato constare in La vita: "E' un ideale di profili vo-

luttuosi / da inseguire" (p. 16).

Nella parte o sezione poetica del volumetto si ri-

trovano infine anche altri versi scorrevoli, fluidi,

sciolti, balzanti e guizzanti, scattanti che animano il dialogo tra Lia e Biagio, una ninfa e un Satiro, vo-

glioso, quest’ultimo di far sua la sfuggente Lia. I

versi si snodano facilmente e con disinvoltura: "E-gli è Biagio Satirello/ ed all’erta sempre

sta;/delicato, smilzo e bello,/ riccio bruno e crespo

ha/- La mia ninfa, che celata /nella selva sempre sta,/ or non so dov'è celata,/ quella cara mia beltà."

(p. 19) e poi il finale, l'incontro tra il satiro e la nin-

fa: "-Cara, dolce, cara Lia./- Biagio, fermati costà./- No, ti piglio; ed or sei mia./- Inseguita e presa m'

ha" (p. 23). Comunque negli scritti raccolti nel vo-

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POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 58

lumetto si mostra chiaramente la cultura di Sanna, il

suo modo semplice, naturale di dire le cose con una

evidenza. La stessa cosa si nota nel dialogo teatrale tra Sereno e Niccolò, due amici e scolari che sono

seduti su un panchetto ai margini "di un bosco, in

una notte del secolo scorso" e parlano di varie cose: di stelle, di desideri, di vita, di morte, ma pure di

donne, e anche di pensatori e di arte. Insomma si

sente e si avverte come Sanna si serve della sua cul-tura letteraria e classica, di cui ampiamente si serve

per dire i suoi pensieri, le sue emozioni, o per spe-

cificare certe situazioni esistenziali o naturali. Ap-parentemente semplici questi scritti di Samma ma

che hanno un complesso significato esistenziale e

poi mostrano una scrittura che è leggera, naturale, comunicativa e ciò ci invoglia a leggerlo. Insomma

un carillon, questo di Sanna, che ha una musica

piacevole, garbata e che si ascolta ben volentieri. Cosi si leggono pensieri notazioni che tutto somma-

to dicono il mondo interiore dell’autore, con un lin-

guaggio che non è ermetico ma molto comunicati-vo, come dicevo poc'anzi, che alcune volte diventa

ironico, sarcastico, ammiccante, attagliandosi bene alle varie situazioni che di volta in volta sono speci-

ficate. Cosi pure nel Monologo della sera si ammira

geometria stilistica e densità di pensieri e di metafo-re, la capacità che l'Autore ha di usare la letteratura

e la poesia nell'esprimere certi sentimenti e mo-

menti esistenziali. Tutto vien detto con estrema na-turalezza e garbo. Questa naturalezza, misura,

stringatezza che si apprezza pure nelle note critiche

che riguardano autori come Dante, Leopardi, Man-zoni, Palazzeschi, Moretti, Corazzini, Saba, la De-

ledda ("dignitosa scrittrice"), e poi Pavese, Verga,

che secondo Sanna , per "valore poetico "è superio-re alla triade costituita dal Pascoli, dal Carducci e

dal D'Annunzio e quindi lo scrittore siciliano me-

rita di essere "annoverato come l’ultima grande vo-ce dell’Italia antica" (p. 63). Questo libretto di Sal-

vatore Sanna si legge tutto d'un fiato e con piacere e

si assapora - lo ribadisco - la bella poesia e la scrit-

tura non letterariamente fine a se stessa. Salvatore

Sanna ha molta sensibilità e cultura e ciò gli per-

mette di descrivere a fondo la vita, la natura e lo fa attraverso un'arte onesta e sincera. Certamente que-

sto carillon di Salvatore Sanna emette una musica

ricca di semplicità e di buona melodia. Non c'è po-sto per la banalità. Fa bene Sanna a seguire la sua

vena, una vena fatta di semplicità e di profondità .

Sanna ha qualcosa da dire e la dice con molta chia-rezza e poi sa scrivere sonetti come le prose e pure

nella critica mostra chiarezza e buon gusto e prepa-

razione culturale. In Carillon c'è tutto l'uomo Salva-tore Sanna.

Carmine Chiodo

BRANDISIO ANDOLFI

NEL TEMPO DEL GIORNO E DELLA NOTTE

Bastogi - Aprile 2013

È uscito in questi giorni l’ultima fatica poetica di

Brandisio Andolfi. Poeta prolifico tanto che questa è la 17^ raccolta. Di chiara e comprensibile forma

letteraria, il volumetto di circa 70 pagine si con-

traddistingue per due cose. La prima è di carattere editoriale. Con questo volume la casa editrice inau-

gura una nuova collana dal titolo: la ricerca poeti-

ca. Per cui il volume del Brandisio ne porta il nu-mero uno. La seconda particolarità è la copertina la

cui illustrazione è tratta da una tempera su carton-

cino realizzata dalla figlia del poeta, che è ottima disegnatrice.

La prefazione è stata curata da Massimiliano Mir-

to. Nel leggere la raccolta abbiamo notato che è

sempre presente il forte legame che esiste tra il poe-

ta e la natura. Per questo già definii la sua come una poesia bucolica. Osservazione che riprende anche il

Mirto nella prefazione. Messa da parte questa ormai chiara connotazione,ci piace osservare che in que-

sta raccolta il bucolico è affiancato alla riflessione

profonda, alla ricerca del senso delle cose, all’ ac-cettazione – più che la comprensione - dell’ ance-

strale. Qui è la memoria che detta i versi, la quale è

però solo il magazzino dove sono riposte tutte le cose che hanno non solo segnato la sua vita, ma che

l’hanno costruita giorno a giorno secondo il dise-

gno dell’Eterno divenire. La raccolta allora prende questa volta: una piega filosofica. Il Poeta in ottima

salute ma avanti negli anni, riflette sulla stanchezza,

il caos, l’eccesso di questa vita fin troppo tecnolo-gizzata. La stanchezza è sotterranea ma c’è, tanto

che dice : Se lo portavano, i naviganti celesti, lon-

tano,/ in un luogo dove si vive una vita diversa … Avanti nella lettura il pensiero del Poeta, con le sue

considerazioni, si snoda e fluisce attraverso le cin-

quanta liriche in un apparente caos. Non è così per-

ché, se si riflette, nella narrazione poetica si passa

dalla prima poesia RUMORI a STAMATTINA NEL

CIELO, e poi a seguire FIGLIA DELL’AMORE e così fino all’ultima lirica, al racconto delle varie ore

del giorno partendo dal mattino e arrivando fino a

sera. Il Nostro,quindi, mette in versi tutte le fasi del suo ciclo giornaliero di vita,che non è però solo vi-

vacità,speranze,ricordi. Vi è come accade ad ogni

poeta, e direi ad ogni uomo,anche un momento pa-nico che porta sconforto, gelo, rassegnazione. Il

nulla e il bene marciranno raccolti/dal vento cele-

ste in umidi fossi bui. Parte tutta una riflessione sul-la vita,sul bene,il male,su quello che si è fatto o che

si poteva fare,ma che non è stato possibile fare.

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POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 59

Spunta improvvisa una punta di dolore che il Poeta

definisce personale se è fisico, universale quando

invece, senza procurare ferite apparenti,lacera più di una lama di coltello rigirata nelle carni. È la

mancanza dell’umana comprensione che lo fa sof-

frire. Basta leggere i versi della poesia IL DOLORE È PERSONALE. Serpeggia qui, come in tutte le sue

raccolte,il sottile dispiacere dell’umana gente che

non sa essere felice in quanto non si accontenta del poco o meglio non sa ricercare nel poco quella

grandezza che l’Eterno vi ripone. Emblematico di

questo pensare è la confessione di non essere mai stato in giro per il mondo,eppure esso non gli è

sconosciuto. L’avidità del conoscere gli ha permes-

so, soprattutto da giovane, di viaggiare attraverso lo studio sui libri,avendo come compagna l’ immagi-

nazione. Oggi, ed è l’unico caso in cui esalta la tec-

nologia, la sua voglia di conoscenza è soddisfatta dalla televisione e dall’uso di internet. Viaggi po-

tremo dire virtuali, ma che a lui bastano per ampli-

are gli orizzonti delle conoscenze, che sono l’unico cruccio a cui l’uomo,per la sua caducità,deve ri-

nunciare nella morte. Anche in questa raccolta, an-che se di forte essenza filosofica, in fondo il suo è

un canto alla bellezza: in qualsiasi modo e sotto

qualsiasi forma essa si presenti. Perfino la morte è apprezzata e ritenuta caldo conforto nella quale av-

vilupparsi come fa il seme con la terra. Bellissimo

paragone che fa dire al Poeta quanto, senza accor-gersene, l’uomo sia frutto e seme. Procedendo nella

lettura delle liriche, c’è una continua altalena sulla

quale si dondola la bellezza: l’afa cenerina; i monti lontani; gocce di gelida grandine; brillava di gioia

l’anima; carezza tenera; protezione amorosa; l’ al-

ba rosea come le labbra di mia madre. Tutti geniali e spontanei moti dell’animo. E si potrebbe continu-

are facendo una estrapolazione verso per verso. È

incessante e continuo in tutta la raccolta, consape-volmente e forse a volte anche inconsapevolmente,

l’inno alla bellezza che poi altro non è che la glori-

ficazione della vita. L’Andolfi non si distacca mai

da questo concetto di semplicità-bellezza ,e consi-

dera la semplicità dell’umile e umiliato quotidiano

,come l’unica cosa che può resistere e sovrastare la ferocia e la vanità dei piaceri terreni. Per cui un ge-

sto, un evento, una notizia, una delicata intima os-

servazione acquisiscono valore di mito proiettando-la in metafora poetica. Ci vengono in mente i versi

del poeta americano Ferlinghetti, che inneggiando

alla bellezza dice: … con la bellezza ho dormito / a modo mio … e così ho versato un altro paio di poe-

sie/ su un mondo alla Bosch. Il pittore fiammingo

che nelle sue opere dà una rappresentazione plasti-ca del demoniaco. Basta guardare i volti dei perso-

naggi che affollano le sue tavole. Però le sue pitture

sono anche contemplative mettendo in risalto il pa-

esaggio con il suo acuto senso del colore. Torna, in

questo raffronto, ancora una volta l’Andolfi bucoli-co, che dipinge la sua poesia con gli sgargianti co-

lori della natura. C’è ancora in questa raccolta,come

nelle altre, la voglia e più ancora la necessità di cantare l’umile, il tempo umano. Quel tempo in cui

Pasolini si strugge e gli fa dire …. all’arso tempo,al

tempo vano,/ assordato dalle vane feste/ dell’umile gente, al tempo umano,/ al tempo allegramente ter-

restre,/ al tempo che vive il suo incanto. Coglie il

suggerimento l’Andolfi, anche se non né ha biso-gno, in quanto l’incanto per il Nostro poeta ed a-

mico è presente vive e si realizza sempre in qualsia-

si momento,senza soluzione di continuità “nel

tempo del giorno e della notte”. Ci spiega nella

poesia che dà anche il titolo alla silloge, che l’uomo

vive questa continua veglia giorno-notte perché è il seme prediletto dell’Eterno e il suo fruttificare e

crescere è solo un attimo di quel finito che diverrà

infinito. Il poeta ci costringe alla considerazione che altro non siamo che piccolo punto vagante nella

immensità celestiale.

Salvatore D’Ambrosio

ANNA VINCITORIO

PER VIVERE ANCORA

Guida, 2012

Anna Vincitorio ha temperamento agonistico.

Napoletana, trasferita a Firenze da bambina per fuggire alle bombe della guerra, realizza per prima

cosa che Firenze non ha il mare. Mai conosciuta

una persona che, nata in un posto di mare, quando si allontani per tutta la vita non lo rimpianga. Il ma-

re è l'acqua materna, non si dimentica. Ma è que-

stione di temperamento, Anna ricorda senza eccessi di nostalgia, osserva la realtà con animo oggettivan-

te e insieme introspettivo. Per vivere ancora (Gui-

da, 2012) è la rappresentazione che Anna fa a se

stessa del nuovo mondo che l'ha accolta. Firenze, di

tutto ricca fuorché di mare, richiede alla bambina

uno sforzo adattativo all'operosa borghesia impie-gatizia che la famiglia si trova a frequentare. Firen-

ze è la commedia della vita, routinaria e in fondo

tragica, come tutte le cose che richiedono impegno e adattamento.

Napoli vive nel ricordo della bambina, città

sghemba e rumorosa, prorompente di vitalità. Na-poli introiettata, città immaginifica dell'ottimismo e

del sogno, unico luogo ove tuttora si compie “il mi-

racolo del sole che vince le tenebre”. Anna bambina fugge da Napoli, dalle bombe, dai

tedeschi “cattivi che volevano uccidere il suo pa-

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pà”. Napoli luogo della scoperta lirica del mondo,

dove tale Renata Masella canta di sera “scetate Ca-

rulì che ll'aria è doce”. Luogo, anche, delle scoperte emozionali (la casa degli ebrei) e paniche (la stanza

“proibita” dove la bambina va di nascosto, ricetta-

colo di oggetti dismessi, un pianoforte scordato, un bambolotto). Ricordo, da bambino, un solaio a me

ugualmente proibito, a Cavriago della mia infanzia:

la mia coraggiosa incursione di nascosto, la visione di un manichino da sarta, ovvero una donna nera

mutilata di testa braccia e gambe, la mia fuga pre-

cipitosa. Anna raggiunge Firenze nell'età in cui la mente fatica a riconoscere il corpo che sta cam-

biando: “Lei (Anna) camminava un po' curva per

non vedere il seno che sbocciava sotto la blusa di colore azzurro”. La bambina fatica a riconoscere se

stessa in un ambiente (Firenze) che non conosce. Si

sente osservata, senza essere padrona di sé né pa-drona del luogo. E' possibile che da questa espe-

rienza derivi l'acuta sensibilità percettiva della Vin-

citorio: un forzato addestramento all'osservazione (altrui) dal momento che, acutamente, si è sentita

osservata. E' altrettanto possibile che l'esperienza percettiva

di quel periodo abbia condizionato le qualità e-

spressive della Vincitorio. Segue infatti nel libro la rappresentazione di una galleria di personaggi, tutti

ugualmente provvisti della stessa inquietudine per-

cettiva di Anna. Come la bambina non è padrona della nuova città, così i personaggi rappresentati

non sembrano padroni del mondo, né sembrano pa-

droni della propria consistenza relazionale. Così troviamo Ermanno, per traslazione proiettiva con-

centrato come Anna sulle poppe, però non sulle

proprie ma su quelle della mamma. Ermanno, da grande, sarà pericoloso. Così Adua, scombiccherata

pittrice impura, traslazione proiettiva dell'artista

(Anna, poeta) nell'artista (Adua, pittrice). Così gli ospiti della casa di riposo, gente in carrozzella che,

come Anna bambina a Firenze, non riconosce il

luogo oppure lo definisce “di transito”, nell' attesa

di ritornare a casa per le cure (materne, succedanee)

della badante. Su tutti i personaggi grava l'

imprinting dello spaesamento della bambina trasla-ta a Napoli, tutti descritti come sospesi, provviso-

riamente e faticosamente, nel mondo.

Personaggi come soldati ungarettiani, foglie d'au-tunno. Fino a che spazio e tempo diventano luogo

metafisico, dal Qui-ed ora all'Altrove-per sempre.

Vodù, il portoricano, esegue riti magici per trovare il filo di conduzione fra il regno dei vivi e il regno

dei morti. Con qualche illusione caleidoscopica, ma

inutilmente: “come una lucciola” è la sua luce. Quando invece, al termine della galleria di perso-

naggi, compare l'unico totalmente in sintonia con la

vita: è “l'ultimo clochard” della costa labronica, che

vive “senza ore”, ancorato alla percezione oggettiva

del mondo, alla terra, al Qui-ed ora dell'esistenza. Nell'ultima traslazione proiettiva, Anna è l'ultimo

clochard: si affranca dalla magia dell'ineffabile e

guarda, oggettivamente, il mondo. Così osservando, non è tanto la realtà che informa

il sentire di Anna. E' Anna che informa la realtà

oggettiva del proprio sentimento. Fossimo in pittu-ra, si chiamerebbe Espressionismo.

Rossano Onano

LIANA DE LUCA

UBALDO RIVA

alpino poeta avvocato

Genesi Editrice 2013 – Pagg. 160 € 16,00

In occasione del cinquantenario della morte di

Ubaldo Riva, Liana De Luca ha svolto un’analisi

approfondita sul suo percorso umano e letterario, come si evidenzia dallo stesso titolo di quest’ultimo

volume “Ubaldo Riva – alpino poeta avvocato”. L’arma degli alpini è sempre stata nel cuore di

Riva, tanto da indurlo ad arruolarsi volontario nella

prima guerra mondiale per partecipare attivamente ai tragici avvenimenti del conflitto. Già da allora i-

nizia il connubio con l’attività poetica, e nel volume

Di guerra e di pace sono raccolte le liriche inerenti a quel periodo. Inoltre, nel giornale “Vittoria” che

aveva fondato, erano pubblicati i fatti salienti di

trincea. In un altro suo libro importante, Scarponate, rac-

conta ciò che gli è accaduto assieme ai compagni di

ventura (molti dei quali deceduti) e le tante sensa-zioni provate; tutto ciò in contrasto con la bellezza

del paesaggio in cui si trovavano. Ma riguardo alla

guerra e agli alpini Riva ci ha lasciato ancora altri volumi di poesia e testi in prosa; un coinvolgimento

che continuerà con la seconda guerra mondiale, alla

quale fu richiamato solo per poco tempo, ma per la

quale si attiverà privatamente nel campo della resi-

stenza aprendo nel suo studio un centro di attività

clandestina, venendo poi arrestato e imprigionato. Un personaggio quindi di primo piano che si distin-

gue per coraggio, integrità morale e abilità di scrit-

tura, tanto da essere sempre convocato per le cele-brazioni pubbliche del dopo guerra.

Il suo impegno era rivolto anche ad altri ambiti,

ed ebbe molti incarichi. Fu Presidente del Gruppo italiano scrittori di montagna per il suo grande amo-

re per la montagna, consigliere del Cenacolo Oro-

bico, socio dell’Ateneo di Scienze Lettere e Arti, ecc.

Liana De Luca continua l’analisi entrando ancor

Page 61: Pomezia Notizie 2013/8

POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 61

più nel merito del mondo letterario e poetico di Ri-

va per evidenziare, oltre all’abilità di scrittura, i vari

contatti con i personaggi del tempo, e rendere noti alcuni momenti della sua

vita privata. Dalle liriche che ha scelto

di proporci possiamo comprendere meglio il sentire di Riva ed ammirare

la sua limpida voce di poeta. Non solo,

poiché De Luca considera pure lo scrittore e saggista, rivelando l’ acco-

stamento di Riva verso altri noti per-

sonaggi, come Baudelaire, Poe, d’ Annunzio, ecc.

L’ultima parte del volume è dedicata

a “L’ avvocato”, dove emerge la figura professionale di Riva, ma inizia con l’

originale processo da lui intrapreso

verso Carducci, Verdi, San Francesco, nella sezione “Trittico italiano” del li-

bretto “Due saggi”. La vita professio-

nale evidenzia un uomo ligio al dovere, onesto e generoso, tanto che non chiede compenso ai biso-

gnosi, e riguardo all’esperienza acquisita troviamo molteplici considerazioni che nell’insieme amplia-

no la sua visione sull’ambiente giuridico e svelano

ulteriormente il suo pensiero. L’instancabile Liana De Luca ha svolto quindi

un’ulteriore ricerca, molto approfondita, per darci

la possibilità di conoscere meglio ed apprezzare un altro personaggio importante, un uomo che fa parte

della nostra storia e che merita di non essere dimen-

ticato.

Laura Pierdicchi

DOMENICO DEFELICE

ELEUTERIO GAZZETTI

Cantore della Valpa-

dana

Il Croco - I quaderni let-

terari di Pomezia-Notizie

– Maggio 2013

L’instancabile Dome-nico Defelice ci dona

una nuova opera di sag-

gistica per farci conosce-re un altro personaggio

italiano molto importan-

te, che merita di non es-sere dimenticato: Eleute-

rio Gazzetti.

In tanti anni di profes-sione letteraria Defelice

ha incontrato noti scritto-

ri e artisti, con i quali ha poi intrecciato rapporti di

sincera amicizia, potendo in questo modo conoscer-

li più approfonditamente. Tra questi appunto Gaz-zetti, pittore e scrittore modenese di talento e parro-

co della parrocchia di Sozzigalli di Soliera, che pur avendo al suo attivo un’ importante carriera lettera-

ria e oltre duemila opere pittoriche, non si è mai ri-

tenuto un personaggio, anzi, voleva essere conside-rato solo un parroco.

Per ben trent’anni Defelice ha seguito e appro-

fondito l’opera gazzettiana e al riguardo ha pubbli-cato con Pomezia-Notizie una raccolta di liriche,

diversi articoli e due monografie. In quest’ultimo

saggio, pur soffermandosi sia sul considerevole vo-lume Cardinali, vescovi e abati nella storia delle

diocesi di Modena e Nonantola (sec. IV – sec. XX),

nel quale è trattata analiticamente la storia della Chiesa modenese con le rispettive successioni di

vescovi e cardinali (e perciò di una rilevanza asso-

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POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 62

luta), sia sulle tante opere inedite che meriterebbero

di essere pubblicate (e per questo si rivolge agli e-

redi sperando di sensibilizzarli in proposito), Defe-lice concentra la sua attenzione sulla vasta opera

pittorica di Gazzetti. Possiamo in tal modo immer-

gerci nelle pennellate e nei colori dell’artista (dallo stile impressionista) che creano paesaggi quasi fia-

beschi. Tele che rispecchiano il suo animo poetico

mediante l’uso di tutti i colori della tavolozza. De-felice considera diverse opere descrivendone il con-

tenuto in modo capillare, tanto da renderle vive, re-

ali all’occhio del lettore. Nella seconda parte della raccolta Defelice consi-

dera “Il poeta e lo scrittore” indicando le sillogi

pubblicate da Gazzetti, ma ricordando pure le opere rimaste nel cassetto per mancanza di denaro. Nel

proporci per ogni volume una scelta di liriche, ap-

profondisce sia l’analisi strutturale del verso sia le motivazioni sensibili e psicologiche del poeta. Sco-

priamo in questo modo l’io profondo di Gazzetti, i

suoi ricordi, la semplicità del vivere e soprattutto il grande amore verso Dio. La silloge La voce dell’

uomo è tutta rivolta al dialogo di Gazzetti con Cri-sto, ma contemporaneamente è una grande lezione

di fede che illumina il lettore alla ricerca della veri-

tà e gli fa comprendere il senso dell’esistenza. Come accennato all’inizio, Defelice evidenzia l’

opera rimasta inedita Proverbi miei e passatempi

tuoi, nella quale Gazzetti descrive tutti i vizi dell’ uomo moderno con toni che rasentano anche la sa-

tira (più di 500 testi). Per questo importante volu-

me, che meriterebbe senz’altro di essere pubblicato, Defelice si rivolge ai parenti di Gazzetti, ai quali a

suo tempo ha dovuto restituire tutto il materiale in

suo possesso, già prefato e pronto per l’edizione. La terza parte di questo interessante saggio è de-

dicata alle “Lettere”. Qui è raccolta la corrispon-

denza intercorsa in tutto l’arco del loro rapporto, o

meglio, le lettere che Defelice ha ricevuto poiché di

quelle spedite a Gazzetti non ha tenuto copia, tran-

ne una. Vi troviamo la voce diretta del personaggio, il suo modo di confrontarsi, la sua riconoscenza

verso il critico Defelice e nello stesso tempo l’ am-

mirazione per Defelice poeta e scrittore. Uno spac-cato di vita dal quale emergono le problematiche

quotidiane, le relative emozioni, le prospettive di

scrittura e di pittura, e così via. Come sempre, con questa esauriente analisi Defe-

lice è riuscito a presentarci in toto il personaggio

Eleuterio Gazzetti; un uomo di Dio ma anche un grande artista, poeta e scrittore. Un personaggio che

senza dubbio non merita l’oblio, anzi, si spera che

la sua voce possa rinascere con la pubblicazione del volume rimasto inedito.

Laura Pierdicchi

Immagini Pag. 61: Eleuterio Gazzetti: Paesaggio (olio su

truciolato, 30 x 40, proprietà famiglia Mario Rezza,

Roma); Eleuterio Gazzetti: “Uomini fummo, ed or sem

fatti sterpi” (Dante Alighieri: Inferno, canto XIII, verso 37)”, olio su tela 40 x 60.

In questa pagina: Eleuterio Gazzetti: Paesaggio

toscano, 1969 (olio su tela 30 x 50, proprietà fami-glia Mario Iannitto, Pomezia, RM).

ANDREA CAMILLERI

L’INTERMITTENZA

Mondolibri S. p. A., 2011 - Pagg. 172

Il Presidente Mannelli, capo dell’omonima azien-

da, sta per fagocitare l’azienda Birolli, oramai sull’ orlo del fallimento, e provvede a che Mauro De

Blasi, Direttore del per-

sonale, e Guido Marsili, vicedirettore (la Volpe

e il Cane, come astuzia

e mentalità), provveda-

no a forzare la mano al

vecchio Birolli affinché

accetti le condizioni ca-pestro da lui escogitate

affinché il fallimento di

quello divenga un suc-cesso personale (specie

sul piano fiscale) dell’

azienda da lui fondata e gestita.

A sua volta, Marsili è

l’amante in carica di Marisa, moglie di Mauro. Marisa è una puttana fat-

ta e finita, ma mentre il marito è uno scopatore

Page 63: Pomezia Notizie 2013/8

POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 63

za fantasia, Guido è ANCHE un uomo di cultura.

Legge poesie (e per questo, è considerato un creti-

no, nell’azienda). Mauro a sua volta concupisce Licia Birolli, sedu-

cente nipote del vecchio Birolli… e segretaria mol-

to privata di Ravazzi, detto Buco Nero (un Sindona odierno, esperto in crack finanziari ovunque capiti).

Ci sarebbe poi anche il sottosegretario Pennacchi,

nato a Gallarate e cognato del sindaco di un paesino di provincia, che, come tutti i politici italiani, è ono-

revole solo di nome… essendo un Giano Bifronte,

amante di mazzette e scambi di favori… Il resto… sono azioni più che prevedibili e paro-

lacce gratuite ad ogni piè sospinto!

Un libro del genere, da parte di Camilleri, scrittore raffinato e incomparabile giallista, fa davvero me-

raviglia che sia uscito dalla penna di un Autore si-

mile! Finora, aveva stupito (in senso positivo) tutti noi per le belle storie narrate (perfino quelle al di

fuori della saga di Montalbano). Ma ora è davvero

scaduto! A meno che questo prodotto di basso costo, buono

per la massa mediocre ed allineata alla qulturra di regime, non sia stato un suo esperimento personale

per dimostrare di essere uno scrittore versatile.

Tutto è possibile. Io personalmente sono rimasto deluso di questo

testo. Una volgare storia di corruzione tipica dell’

Italietta del III Millennio… che può essere ascoltata ad ogni TG, di non importa quale rete TV, ogni sera

che Dio manda in Terra!

Ma è solo il mio modesto parere. Ai posteriori l’ardua sentenza (come disse un cal-

ciatore, raffinato cultur… ista!).

Andrea Pugiotto

LA DIFFERENZA

Una volta

sul tram

si leggeva

il giornale.

Oggi

invece

sul tram

si leggono

i messaggi

al telefonino.

Il mondo cambia:

non occorre più

sedersi al tavolino!

Mariano Coreno Melbourne

IPPOCAMPO

Ippocampo

ti incontrai per caso

mentre passeggiavo

nelle basse acque.

Ti presi tra le mani

così esile, miniaturizzato,

sembravi sorridere

con quel musetto

simile a quello dei cavalli arabi,

veloci creature del deserto.

Ti immaginai grande come loro,

un destriero del mare

sul quale montare,

per correre e scoprire

i segreti della nostra esistenza.

Colombo Conti Albano Laziale

DIRUTA DAL VENTO

Diruta dal vento,

misera dimora

che domini la costa,

tra giunchi e fichi d’india,

molti ricordi celi.

Vita di pescatori

velata di tristezza,

rispettosa del mare,

che dona a caro prezzo

il pane quotidiano,

farina mista a segala

che riscalda i cuori

innanzi al focolare,

nelle ore di attesa,

nei momenti del ritorno.

Colombo Conti

STORIE

Quando noi guardiamo dall'alto

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POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 64

pendio della collina,

vediamo uomini che a mani giunte,

a denti stretti raccontano

storie di vita e di ogni cosa,

chi erano allora, com'erano

le città nelle quali vivevano.

Rivivendo con i loro occhi la gioia

della terra, ora noi qui fissiamo il cielo

e fra i suoi pannelli di nuvole

scivoliamo via verso il silenzio

dei fiori.

Ogni cosa che accade è sempre perfetta,

tutto ritorna nei luoghi che riaffiorano,

cullandosi nella malinconia.

Ecco le piccole stelle appaiono

fra gli alberi ed i cipressi,

poi all'alba ci benedice

il nuovo volgere del giorno, il sole nascente.

Nessuna traccia purtroppo di noi;

il mondo ci dimenticherà come soffio

di vento che passa.

Adriana Mondo

SENZA LOTTA

Alla gallina è morto il gallo.

Intontita dal bisogno di sesso

s’accovaccia se la sfiora un merlo,

il gatto randagio,

se le passa accanto un bambino.

Senza lottare si darà alla volpe

se giungerà stanotte.

Domenico Defelice

STA ARRIVANDO L’ESTATE

Sta arrivando

l’estate:

stanno arrivando le lunghe

e calde giornate,

sta arrivando

il futuro

e porta novità

e nuove speranze

che ognuno

di noi

si attacca

essendo

amici

della vita.

Loretta Bonucci Triginto di Mediglia, MI

D. Defelice: Il microfono (1960)

NOTIZIE DIVAGAZIONI SU GIORDANO BRUNO

(GUERRI) - Gli oroscopi, come le previsioni del

tempo, godono di una certezza di previsione del 50%. Succede non solo alle cartomanti, ai maghi,

agli astrologi, ma anche a importanti rappresentanti

della intellighenzia. Premetto che io soffro di insonnia. Spesso di not-

te mi sveglio e mi posturo davanti al televisore con

in genere buoni risultati. Così, poco prima dell’ ul-timo conclave per l’elezione del nuovo papa, a me-

tà di una nottata in bianco (purtroppo non ho segna-

to la data esatta) assistetti alla conclusione di una tavola rotonda. Il coordinatore pose una domanda

finale ai tre intervistati: “Che nome pensa assumerà

il nuovo papa?”. Il primo interlocutore rispose: “Ma, non saprei!”.

Il secondo: “Bah!, staremo a vedere!”. Il terzo,

Giordano Bruno Guerri, in piena sicurezza affermò: “Non so che nome sceglierà, ma certo non si chia-

merà Francesco!”.

Qualche tempo dopo Giordano Bruno Guerri, Presidente del Vittoriale, partecipò (si fa per dire,

poiché la sua fu come un’apparizione fra un aereo e

l’altro e pertanto per la sua “disponibilità” ricevete

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POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 65

molti ringraziamenti e manifestazioni di giubilo)

nella città dove vivo a un convegno dedicato a d’

Anunzio, anzi ne era il luminare. Nei dieci minuti concessi a pubblico divulgò il suo ultimo libro sugli

“amori carnali” di Gabriele, quelli noti e quelli se-

greti dell’ultimo periodo di vita trascorso al Vitto-riale, elencò nomi e fatti, costrizioni da parte del

Vate perché donne del passato assistessero a incon-

tri con donne del presente, pettegolezzi da portine-ria (con tutto il rispetto per le colf) che aveva sco-

perto in diari inediti delle clarisse del suo harem.

L’intervento si concluse con l’assicurazione che lui mai aveva tradito sua moglie e i suoi due figli.

Insomma se il rogo era la giusta punizione per

Giordano Bruno, non poteva costituire l’apoteosi di Giordano Bruno GUERRI.

Liana De Luca

*** COMUNICATO - Carissimi Accademici Cavalie-

ri e Dame e Amici,

nell'augurarvi di trascorrere una serena e rilassante estate, ho il piacere d'informarVi che è uscito il

nuovo libro del nostro Preside, di cui allego coper-tina in Pdf.

Il titolo è "La chiesa di San Michele Arcangelo di

Ponte Buggianese. Un paese, la sua storia" pp. 368 + 32 pagine di foto a colori, Euro 20,00, Edi-

zioni Anscarichae Domus.

Presentazioni di S.Em.za il Sig. Cardinale Paul

Poupard, Presidente Emerito del Pontificio Consi-

glio della Cultura; Rev.mo Padre Bernard Ardu-

ra, Presidente del Pontificio Comitato di Scienze Storiche; Dott. Pier Luigi Galligani, Sindaco di

Ponte Buggianese e Prefazione del M.to Rev. Don

Franco Turchi, Arciprete e Rettore della Chiesa-Santuario di Ponte.

Il volume sarà presentato ufficialmente a Ponte

Buggianese sabato 26 ottobre 2013 dal Presiden-

te del Pontificio Comitato di Scienze Storiche

che verrà dalla Città del Vaticano. La vostra presenza sarà particolarmente gradita.

Fraternamente

Claudio Falletti di Villafalletto Gran Cancelliere Accademia Collegio de' Nobili

***

PREMIO NAZIONALE PAESTUM - CIN-

QUANTAQUATTRESIMA EDIZIONE 2013

per la poesia, la narrativa e la saggistica . Si può

concorrere con uno o più elaborati (poesie in

lingua ed in vernacolo, novelle, racconti e saggi)

ma i componimenti partecipanti (da inviare in 5

copie chiaramente dattiloscritte, di cui una sola

firmata e con l’indirizzo dell’autore) devono es-

sere accompagnati dalla quota di euro 20 (per

concorso alle spese di segreteria e di organizza-

zione). Si consiglia l’invio a mezzo raccomanda-

ta. Ogni poesia non deve superare i 40 versi ed

ogni elaborato in prosa deve essere contenuto

entro le 4 cartelle dattiloscritte a spazio due. Il

tema è libero. Sono in palio medaglie del Presi-

dente della Repubblica e di altri organi istitu-

zionali, targhe e trofei eccetera. Chiedere rego-

lamento completo. Inviare i componimenti entro

il 10 settembre 2013 all’indirizzo: Anna Manzi -

Accademia di Paestum – Segreteria Concorsi

Letterari – Via Trieste 9 – 84085 Mercato S. Se-

verino (SA) Per informazioni: 347.6214259

[email protected]

***

ANCORA AUGURI AL NOSTRO MENSILE - Da Rieti, Sandro Angelucci, e-mail del 16.07.2013:

Domenico carissimo,/ quarant'anni di passione co-

me quella che tu hai profuso nella pubblicazione della tua creatura dimostrano - qualora ce ne fosse

ancora bisogno - che l'impegno, se non è sorretto

dal vero e incondizionato amore per la bellezza e la cultura, è destinato miseramente a fallire. Pomezia-

Notizie, da quando ho avuto la fortuna di conoscer-la e di collaborarvi, non ha mai tradito questi inten-

dimenti. E' per questo che si è sempre distinta e si è

ritagliato un posto di assoluta rilevanza, e non solo tra le riviste italiane. E' per questo che la sua longe-

vità, oltre a rappresentare un valore, è segno di sti-

ma da parte di tutti quegli scrittori che ne hanno colto l'autenticità. Ti giungano, dunque, anche da

parte mia, gli auguri più belli e sinceri per il tra-

guardo raggiunto, insieme all'assicurazione che mai ti farò mancare il mio apporto per darle ancora vita.

Con affetto,

Sandro Telegramma da Roma del 13/07/2013: Felice e

commossa del suo successo meritatissimo invio gli

auguri più fervidi e tutta la mia soddisfazione per quello che merita per il suo importante lavoro.

Adriana Nobile Civirani

MATRIMONIO

Giuseppe IANNITTO (nipote del nostro diretto-

re) e Mirella PATRASCU annunciano il loro Matrimonio che sarà celebrato nell’Episcopia Or-

todossa Rumena, di Via Ardeatina 1741, Roma, il

31 agosto 2013, alle ore 17. Giuseppe e Mirella dopo la cerimonia saluteranno parenti e amici al

Ristorante “Mediterranea”, in via Litoranea km 8

Capocotta, Roma. Agli sposi e ai parenti tutti, gli Auguri più affet-

tuosi della grande famiglia di Pomezia-Notizie.

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POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 66

LETTERE

IN DIREZIONE

E-mail del 15.07.2013, da Vicenza:

Caro, carissimo Poeta,

si, perché è al Poeta ed al suo cuore in palpito

sempre, che voglio parlare di lei, di Sonig

Tchakerian, violinista d'eccezione e guida

d'orchestra, quando si tratta di Vivaldi, delle

sue Quattro stagioni ed anche delle Mezze

Stagioni, un andirivieni da Vivaldi al sax Pie-

tro Tonolo, che ha improvvisato le Mezze

stagioni, in variazione, con i suoi due sax.

All'interno di questo ampio evento, la XXII

edizione delle Settimane Musicali al Teatro

Olimpico di Vicenza, con tema 'Mozart e la

Spagna', lei appare sciolta, sorridente e di-

sponibile ad intrattenere il pubblico delle con-

ferenze, se si è di pomeriggio, o quello del

Teatro, quando si fa prima protagonista nelle

esecuzioni dal vivo, nella storia e nella didat-

tica dell'acustica, nell'orchestrare eventi e no-

vità senza sforzo. Curiosa, imprevedibile,

preparatissima, introduce e spiega Bach e le

partiture che andrà a presentare con il suo vi-

olino, capelli neri, lisci, sciolti sulle spalle, in

maniera intima e diretta, attraverso la quale

ha scandagliato ogni minima traccia che il

musicista ha inteso mettere in rilievo nella

partitura. Ecco perché Sonig dice il vero

quando afferma l'intento di 'liberare Bach' e

portarlo così, vivo, a tutti. Ti regalerò per Na-

tale il suo doppio CD 'Johann Sebastian

Bach: Sonatas and Partitas', per la Decca Re-

cords, registrato in diretta nella Chiesa di

Santa Croce degli Armeni, a Venezia, nel Lu-

glio 2012 e lei, Sonig Tchakerian è colta in

una posa smemorante, piedi nudi ed accocco-

lata a terra, con il suo violino adeso al ventre

ed ai seni, occhi chiusi in sogno, sorriso con-

sapevole di una gioia, della quale al pubblico

arriva tanto, direttamente e senza intermedia-

zioni di sorta: è suo intento far respirare Bach

anche a chi la ascolta e così spiega la partitu-

ra, tutte le voci e gli andamenti del pezzo, le

sue svolte significative, i temi ed i fugati sulle

diverse corde, ripresi via via che la creazione

si sviluppa, con rimandi, richiami, variazioni

ed interrogativi poi conclusi nelle tappe suc-

cessive e consequenziali. Questo strumento -

che per me è mitico la sua parte, dato che in

casa ho quello del mio nonno materno, che

per anni ha suonato come primo violino di

spalla nell'orchestra di Arturo Toscanini -, tra

le sue mani produce sonorità uniche ed irripe-

tibili, perché lei, appunto, si libera e ci mette

il respiro come elemento fisico, che lascia a-

derire alla partitura senza sforzo, provando e

provocando rivoluzione. Abilità tecnica e pro-

fonda competenza interpretativa vengono of-

ferte al pubblico a piene mani, con una since-

rità d'intenti che contamina. In quella sua

immagine sul CD ho ravvisato la tua

'Metamorfosi', disegno bellissimo, silenzioso

ed in movimento in vortice: si, quella fanciul-

la, seduta a terra, nudi i piedi per aderire me-

glio alla matrice, piena d'una gioia quasi i-

gnota ai più, con altre forme intorno che si

stanno trans-formando grazie a lei, sembra

proprio metafora di quanto ci accade, se an-

diamo senza riserve nei messaggi in musica

che lei, che Sonig Tchakerian ci presenta in

dono. Il mondo tutt'intorno, persone e cose, e

quello musicale in particolare, lei li sceglie

come supporto e sfida e sorgente della sua cu-

riosità: questa è una forma di intelligenza ve-

ra, che le consente di fare esperienza piena

della realtà che la circonda e da lì poi prende

le mosse, per divertirsi ed investigare nelle

zone tutte aperte al suo sguardo ed al suo ap-

Page 67: Pomezia Notizie 2013/8

POMEZIA-NOTIZIE Agosto 2013 Pag. 67

proccio di musicista, si, anche quelle che non

hanno confini. E senza confini è il suo rap-

porto con la musica, di Bach, di Vivaldi, di

Paganini, di Beethoven e fino ai temi più spe-

ricolati dell'improvvisazione, che l'hanno le-

gata al concerto del 14 giugno, 'Mozart e la

follia', a fianco di Pietro Tonolo, sax, e di Pa-

olo Birro, pianoforte, un trio, questo, in for-

mazione nuovissima che ha sperimentato te-

mi noti e partiture nuovissime, perché, pro-

prio Tonolo ha eseguito una sua composizio-

ne, 'Follia'! E la Spagna entra, andalusa e gi-

tana, con sonorità jazz: quella sera anche Mi-

les Davis ed i suoi 'Flamenco Sketches'. Que-

sto concerto era stato presentato in anteprima

all'Odeo del Teatro Olimpico dal grande mu-

sicologo Lorenzo Arruga, saggio, entusiasta,

segreto la sua parte ed aperto alla gentilezza,

sensibilissimo. I due, fianco a fianco, sono

legati dalla curiosità acuta che tratta con con-

fidenza le cose della musica contemporanea e

dell'improvvisazione, nella quale Sonig Tcha-

kerian sta muovendo i primi passi, con il suo

violino e gli altri due, Pietro e Paolo, la inco-

raggiano e ne seducono la tensione d'intelli-

genza. Brava anche in questo nuovo mondo

non facile, perché libero, perché libera e pro-

pone catarsi, perché arriva ad esplorare sono-

rità timbriche imprevedibili, in a solo e in dia-

logo con gli altri due strumenti.

E poi c'è lui, Giovanni Battista Rigon, per tut-

ti 'Titta': dopo le esecuzioni, lei e lui, mai in-

sieme sul palcoscenico, si fondono e si con-

fondo tra gli altri, disponibili e complici, al

tempo stesso: si sfuggono, si rincorrono, si

appropriano l'uno dell'altra per poi riprendere

la corsa in fuga sulle piste differenziate delle

partiture, vivacissimi ed accesi alla Bellezza

che è Armonia, in quell'unità che placa Poros

e Penìa, l'intelligenza d'amore e l'ansia dell'at-

tesa di appagamento, perché, finalmente, si

scopre che sono insieme l'uno il risvolto dell'

altra, in una realtà doppia che supera ogni

ambiguità, quasi identificazione con quell'es-

sere primitivo, il tutt'uno prima dei due che

nel 'Convivio' di Platone è in grado di sfidare

gli dei, proponendo una dimensione di felicità

che li rende, loro divinità eterne, profonda-

mente gelosi, a tal punto gelosi da dover im-

porre una punizione sovrana e quanto mai in-

giusta. L'unitutto, essere amanteamato in gioia

ed in rotolante rotondità, verrà tagliato a metà

così i mortali passeranno la loro vita in tristez-

za per le due differenti sessualità che hanno

snaturato l'unità originaria, alla ricerca della

metà giusta alla quale erano appartenuti nel

tempo archetipale. Non così per questi due, che

amano e si amano e lo danno a vedere, tra-

smettendo nelle loro esecuzioni la loro dimen-

sione professionale che si intride di questa e-

sperienza a due, indipendente e raffinata, sem-

plice e sconvolgente, senza parametri d'attrac-

co e pure così in ansia di perfezione nello stile.

Entrambi, differentemente, ne traggono sfu-

mature interpretative ed esecutive rigorose,

appassionate, divertite, personalissime.

Nel libretto associato al CD Lorenzo Arruga

firma 'Sonig suona Bach: appunti per un dia-

rio' e sostiene, quasi in bisbiglio: “Sonig ap-

poggia il violino sulla spalla, l'archetto sul vi-

olino, e uno sciame rapidissimo di note ir-

rompe fuori come ne fosse stato prigioniero.

Nitidissime, riconoscibili per nome ai musici-

sti, escono dal profondo dello strumento,

s'aggirano qualche secondo nei vortici lumi-

nescenti di Sol minore, poi fuggono ad esplo-

rare e conquistare lo spazio. Qui nella piccola

chiesa veneziana degli Armeni, benché vuota,

di spazio non ce n'è molto ed anche l'aria non

dà respiro: siamo alla fine di uno sfiancante

luglio... Ma Sonig non ha scelto questa sede

per giocare con i prodigi dell'acustica. In un

momento magico della sua professione, dopo

tanta musica da camera, le incisioni dei Ca-

pricci di Paganini e delle Sonate per violino e

piano di Beethoven, il prestigioso insegna-

mento a Santa Cecilia, per incontrare Bach si

vuole ritirare in un sacro luogo che risponde

alle sue origini, immersa nell'intensa storia

della sua vita e nelle ansiose attese del suo

pensiero....C'è chi ha scritto: per eseguire

Bach bisogna liberarsi, ed è molto vero. Ma

una volta, quasi per caso, parlando insieme a

me, a Sonig è sfuggito: 'Bisogna liberare

Bach'. Non solo dalle mode, dalla voglia di

farne uscire effetti, o del cupo matematico

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culto della sua autorità e perfezione. Ma da

tutto quello che limita la sua sconfinata verità.

Un incontro che non abbia timore dell'ardi-

mento nella fantasia, dell'azzardo nelle con-

traddizioni, nella grazia che può rendere tutto,

ma proprio tutto, messaggio di colori e gran-

de canto. Forse se avesse avuto delle ore in

più per la registrazione, malgrado tutto il suo

perfezionismo, Sonig le avrebbe passate un

giorno prima, sola, nella chiesetta degli Ar-

meni, ad aspettare....” (Lorenzo Arruga, otto-

bre 2012).

E tu, poeta e cantore della donna, delle rime e

dei ritmi di natura e di vita, quando avrai que-

sto CD tra le mani, ascolterai le sue magie, ne

vedrai il volto, dolce, pensoso o in sorriso e la

scoprirai bambina, con il violino in spalla ed

il tutù bianco, mentre il suo Papà la guarda

divertito. Sotto, una dedica: 'Al mio babbo,

come parole di riconoscenza e nostalgia. So-

nig'.

Ilia Carissima Ilia,

noterai come questo numero sia pieno all’ invero-simile, sì da non permettermi una risposta adegua-

ta alla tua lettera. Ho dovuto annullare anche le

rubriche dei Libri ricevuti e delle Riviste! Ti porgo solo una preghiera: abbracciami i tuoi grandi ami-

ci, assicurandoli che il mio cuore freme come il

tocco delle loro note e che al loro alto canto osa

mescolarsi quello umilissimo della mia poesia.

Domenico

AI COLLABORATORI

Si invitano i collaboratori ad inviare i testi (pro-

dotti con i più comuni programmi di scrittura e

NON sottoposti ad impaginazione) composti con

sistemi DOS o Windows su CD, indicando il si-

stema, il programma ed il nome del file. E’ ne-

cessaria anche una copia cartacea del testo.

Mantenersi, al massimo, entro le tre cartelle (per

cartella si intende un foglio battuto a macchina

da 30 righe per 60 battute per riga, per un totale

di 1.800 battute. Per ogni materiale così pubbli-

cato è necessario un contributo volontario). Per

quelli più lunghi, prendere accordi con la dire-

zione. I testi inviati come sopra AVRANNO LA

PRECEDENZA. I libri, possibilmente, vanno

inviati in duplice copia.

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