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RAPPORTO TECNICO-SCIENTIFICO
Sviluppo della metodica live on cell western per
lo studio di proteine multifunzionali localizzate
sulla superficie cellulare
Dr. Giovanni Perconti
IRIB
ISTITUTO PER LA RICERCA E L’INNOVAZIONE BIOMEDICA
1
SOMMARIO
INTRODUZIONE 2
OBIETTIVO DEL DOCUMENTO 3
MODELLO BIOLOGICO UTILIZZATO 4
DESCRIZIONE DELLA TECNICA E PUNTI DI FORZA 5
CONCLUSIONI 12
PROTOCOLLO SINTETICO DELLA METODICA
live on cell western 13
BIBLIOGRAFIA 14
2
INTRODUZIONE
Il termine proteina multifunzionale o moonlighting protein identifica una classe di
proteine caratterizzate dalla capacità di una singola molecola di svolgere più funzioni
fisiologicamente rilevanti ma completamente distinte [Jeffery. 2019]. Le differenti
attività di una proteina multifunzionale spesso sono svolte in compartimenti cellulari
distinti.
Oggi si conoscono tantissime proteine multifunzionali, ad esempio enzimi che si
legano anche al DNA o all'RNA per regolare la trascrizione o la traduzione o hanno
una seconda funzione come proteine strutturali nel cristallino dell'occhio. Altri
esempi tipici sono enzimi citosolici che funzionano anche come citochine,
chaperones, componenti citoscheletrici, regolatori della struttura del DNA, regolatori della funzione di canali trans membrana, etc.
Proteine multifunzionali si trovano in mammiferi, lieviti, batteri, piante e virus. Il
database on line MoonProt raccoglie informazioni sulle proteine multifunzionali per
le quali prove sperimentali supportano il coinvolgimento in almeno due funzioni
biochimiche e comprende centinaia di proteine [Chen et al. 2018]. Nei database
MoonDB Database [Ribeiro et al. 2019] e MultitaskDB [Franco-Serrano et al. 2018]
si possono trovare altre moonlighting proteins oltre che proteine per le quali funzioni multiple sono ipotizzate.
Molte proteine multifunzionali sono coinvolte nella insorgenza e nella
progressione di diverse patologie. La fosfoglucosio isomerasi, ad esempio, è un
enzima della glicolisi attivo anche come citochina (fattore di motilità autocrino) e
svolge un ruolo nella regolazione della migrazione di molte linee cellulari di cancro
al seno [Park et al. 2020]. L’enzima alcool acetaldeide deidrogenasi è anche una
proteina di adesione del batterio Listeria monocytogenes e consente il legame alle
cellule epiteliali intestinali e quindi al batterio di infettare [Kimetal., 2013]. Enolasi,
fosfo glicerato chinasi e gliceraldeide 3 fosfato deidrogenasi sono enzimi citosolici
che hanno un secondo ruolo nei batteri patogeni come recettori di superficie cellulare
per collagene, fibronectina o plasminogeno. Nelle cellule tumorali il legame con il
plasminogeno consente la sua conversione in plasmina, che viene utilizzata per
degradare le proteine della matrice extracellulare e favorire l'invasione dei tessuti. In
generale, queste proteine moonlighting di superficie possono essere importanti per
infezioni, virulenza o risposte immunitarie e alcune possono essere potenzialmente
utilizzate come bersagli terapeutici.
3
OBIETTIVO DEL DOCUMENTO
Il presente rapporto descrive una tecnica innovativa, il live on cell western, messa a
punto per soddisfare la necessità di studiare proteine multifunzionali localizzate sulla
membrana plasmatica delle cellule ma presenti anche in altri compartimenti cellulari.
In questo caso risulta infatti estremamente difficile, utilizzando metodiche
convenzionali, analizzare selettivamente la proteina localizzata sulla superficie
cellulare, generalmente presente in quantità inferiori, evitando l’interferenza della
stessa proteina localizzata in altri compartimenti
Fig.1: rappresentazione schematica della distribuzione di una proteina multifunzionale presente in
membrana ma anche in altri compartimenti
4
MODELLO BIOLOGICO UTILIZZATO
Per la messa a punto della tecnica, come moonlighting protein è stata utilizzata
l’alfa enolasi, un enzima glicolitico la cui espressione risulta alterata in numerose
condizioni patologiche come in diversi tipi di cancro. Alfa enolasi svolge diverse
attività, distinte da quella di enzima glicolitico, che dipendono dalla sua
localizzazione cellulare ed extracellulare [Didiasova et al., 2019].
La localizzazione di alfa enolasi sulla superficie cellulare è stata dimostrata essere
cruciale per la proteolisi pericellulare mediata da plasmina. Questa attività è
importante in quanto consente a molti agenti patogeni ma anche a cellule immunitarie
e cancerogene di invadere tessuti, contribuendo a processi quali infezione,
infiammazione o formazione di metastasi.
Allo scopo di presentare il sistema live on cell western ed i vantaggi da questo
offerti, nel presente rapporto è descritta l’analisi di alfa enolasi sulla superficie di tre
distinte linee cellulari epiteliali mammarie; una linea non tumorigenica (HB2), una
linea cellulare tumorale con bassa capacità metastatica (MCF-7) ed una linea,
derivata da quest’ultima, resistente al chemioterapico doxorubicina (MCF-7R).
Queste tre linee sono state un buon sistema modello per la messa a punto del sistema;
è noto infatti che la quantità di alfa enolasi è superiore sulla superficie di cellule
tumorali rispetto alle corrispettive non tumorali; inoltre sulla superficie delle cellule
tumorali la quantità di alfa enolasi aumenta in dipendenza di una maggiore severità
del fenotipo tumorale. Le linee cellulari scelte sono state inoltre trattate con LPS
(Lipopolysaccharide) ed EGF (Epidermal Growth Factor Receptor). È noto infatti
che questi trattamenti inducono una variazione della quantità di enolasi sulla
superficie cellulare [Perconti et al., 2017]. Come controllo è stata studiata
l’espressione delle proteine di membrana TLR4 (Toll-Like Receptor 4) ed EGFR
(Epidermal Growth Factor Receptor) entrambe espresse in quantità differente nelle
tre linee cellulari.
5
DESCRIZIONE DELLA TECNICA E DEI PUNTI DI FORZA
In figura 2 è rappresentato l’intero flusso di lavoro della tecnica live on cell western descritta in dettaglio nel presente rapporto tecnico.
Fig.2: rappresentazione schematica di un esperimento live on cell western
La tecnica può essere applicata a qualunque linea cellulare capace di crescere
adesa su comuni piastre per colture cellulari e prevede che le cellule vengano
seminate in piastre multipozzetto con 96 pozzetti. Il numero di cellule da seminare ed
il tempo necessario affinché queste aderiscano variano a seconda della linea cellulare
utilizzata e vanno determinati sperimentalmente. Il numero di cellule generalmente
varia da 0,5 a 1,5 x 104 cellule per pozzetto ed il tempo necessario per l’adesione può
andare da poche ore a 24 ore.
L’utilizzo delle piastre multipozzetto a 96 pozzetti offre numerosi vantaggi tra i
quali:
possibilità di mettere a confronto in un singolo esperimento diverse linee cellulari
possibilità di effettuare in un singolo esperimento più repliche sperimentali
possibilità di trattare le cellule in ciascun pozzetto con diverse molecole o farmaci
possibilità di utilizzare modeste quantità di cellule (particolarmente importante quando si usano colture primarie)
possibilità di utilizzare modeste quantità di molecole o farmaci per eventuali trattamenti
possibilità di utilizzare modeste quantità di reagenti di base per le colture cellulari
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in conseguenza dei punti precedenti si minimizzano i costi di ciascun esperimento
Come detto prima, l’esperimento prevede la rilevazione della proteina
multifunzionale alfa enolasi sulla superficie di tre linee cellulari epiteliali mammarie.
Come controllo positivo sono state anche rilevate le proteine di membrana TLR4 ed
EGFR. Come controllo negativo è stato invece utilizzato un anticorpo diretto contro
la proteina lamina B con localizzazione nucleare e quindi non presente sulla
superficie cellulare.
Ciascun punto dell’esperimento va eseguito almeno in duplicato quindi le tre linee
cellulari sono state piastrate come mostrato in figura 3 seminando, per tutte e tre le
linee cellulari, 0,7 x 104 cellule per pozzetto in 0,2 ml di terreno completo composto
da DMEM ad alto contenuto di glucosio (4,5 g/l), 10% siero fetale bovino inattivato
al calore, 4 mM glutammina e 0,1 mg/ml penicillina e streptomicina.
Fig.3: rappresentazione schematica di una piastra multipozzetto e dei pozzetti (in rosso) nei quali le
tre linee cellulari utilizzate sono state seminate
Dopo aver incubatole cellule per 24 ore a 37 °C in atmosfera al 5% di CO2, il
terreno di crescita è stato sostituito con terreno completo ma privo di siero, quindi le
cellule sono state incubate nuovamente per 24 ore a 37 °C in atmosfera al 5% di CO2.
La deprivazione da siero è un passaggio consigliato quando si vuole osservare
l’effetto sulla fisiologia cellulare di trattamenti chimici o farmacologici. La
composizione del siero infatti non è ben definita; da un batch all’altro può variare in
parte il contenuto di piccole molecole, citochine, fattori di crescita e altre sostanze
che influenzano la risposta delle cellule. La deprivazione da siero non è necessaria se
il disegno sperimentale non prevede il trattamento delle cellule con farmaci o
molecole.
7
Dopo 24 ore di deprivazione da siero, in alcuni pozzetti sono state aggiunti EGF
alla concentrazione 0,1 g/ml o LPS alla concentrazione 5 g/ml come mostrato in
figura 4 e nuovamente le cellule sono state incubate per 24 ore a 37 °C in atmosfera
al 5% di CO2.
A seguire i passaggi che consentiranno la rilevazione delle proteine di membrana
di nostro interesse. Tale rilevazione prevede l’utilizzo di anticorpi capaci di
riconoscere specificamente le proteine di membrana nel loro stato nativo. Non tutti
gli anticorpi commerciali hanno questa capacità che va valutata sperimentalmente.
Generalmente gli anticorpi venduti per l’utilizzo in citofluorimetria hanno buona
probabilità di poter essere utilizzati per il live on cell western. Nel caso di anticorpi
diretti contro proteine di membrana, solitamente, le schede tecniche fornite dalle case
produttrici forniscono indicazioni sulla localizzazione dell’epitopo riconosciuto e
sulla sua esposizione sul versante interno o esterno della cellula.
Gli anticorpi che sono stati utilizzati nell’esperimento live on cell western sono:
anti TLR4 (rabbit anti TLR4, Novus Biologicals); anti EGFR (528) (mouse anti
EGFR), anti alfa enolasi (V15) ed anti lamina B (M-20) (goat anti alpha enolase,
goat anti Lamin B) (Santa Cruz Biotechnology). Gli anticorpi sono stati utilizzati alla
concentrazione di 15 g/ml e sono stati distribuiti nei vari pozzetti come mostrato
nella figura 4. L’utilizzo dell’anticorpo anti lamina B come controllo negativo è
indispensabile per escludere che, nelle condizioni utilizzate, gli anticorpi primari
possano legarsi in maniera aspecifica sulla superficie cellulare.
L’anticorpo va aggiunto al pozzetto diluendolo direttamente in terreno di crescita
senza siero. Questo offre il vantaggio di poter studiare le proteine in membrana in
cellule vive, quindi in una situazione fisiologica nella quale non ci sono alterazioni
dovute a trattamenti con fissativi, permeabilizzanti o altro. Nello stesso tempo però,
proprio perché si lavora su cellule vive e quindi capaci rispondere a qualunque
stimolo esterno, bisogna inibire o minimizzare il rischio che l’anticorpo legato sulla
superficie cellulare venga internalizzato mediante processi di endocitosi. A questo
scopo, dopo alcuni esperimenti preliminari, è stato limitato a 30 minuti a temperatura
ambiente il tempo di incubazione con l’anticorpo primario. Inoltre, ai pozzetti è stato
aggiunto azoturo di sodio (noto come sodio azide) alla concentrazione 0,033 % che
inibisce l’internalizzazione delle proteine di membrana senza influenzare il legame
degli anticorpi [Sato et al. 2009]. Per l’incubazione con l’anticorpo primario il
volume utilizzato per pozzetto è stato ridotto a 50 l per permettere l’utilizzo di una
quantità minima di reagente. Tale volume rappresenta il minimo utilizzabile e l’uso di
un volume inferiore implicherebbe la presenza di una quantità insufficiente di
anticorpo soprattutto nella parte centrale del pozzetto. In alcuni pozzetti, inoltre, non
è stato aggiunto anticorpo primario. Questi pozzetti, per altro trattati alla stessa
maniera degli altri, servono per controllare il segnale di background eventualmente dato dall’anticorpo secondario o altro segnale aspecifico.
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Fig.4: rappresentazione schematica della distribuzione, nei pozzetti con le tre linee cellulari, dei
diversi anticorpi utilizzati (sopra) e delle sostanze EGF ed LPS (sotto). Il segno ‘-‘ sta ad indicare i
pozzetti nei quali è stato omesso l’anticorpo primario (per il calcolo del segnale di background).
Dopo l’incubazione con l’anticorpo primario la piastra è stata subito posta su del
ghiaccio in modo da effettuare a freddo il passaggio successivo rappresentato da 3
lavaggi da 5 minuti ciascuno utilizzando 200 l di PBS freddo per pozzetto. I lavaggi
hanno lo scopo di allontanare la quota di anticorpo primario che non si è legato alle
proteine sulla superficie cellulare e sono stati effettuati a freddo per minimizzare il
rischio di internalizzazione del complesso proteina-anticorpo durante questa fase.
Le cellule sono state dunque fissate usando una soluzione di paraformaldeide al 4
% in PBS per 15 minuti a temperatura ambiente. La fissazione ha lo scopo di
mantenere inalterata la morfologia delle cellule e di impedire la solubilizzazione
dell’antigene durante i passaggi successivi. La paraformaldeide, come altri fissativi
aldeidici, determina il crosslinking delle proteine formando ponti idrossi-metilenici tra i gruppi amminici e permette il mantenimento della localizzazione delle proteine.
Effettuati altri 3 lavaggi,utili ad allontanare completamente la paraformaldeide, a
ciascun pozzetto sono stati aggiunti 200 l di una soluzione di 1% BSA (albumina di
siero bovino) in PBS a temperatura ambiente allo scopo di saturare siti carichi
evitando così l’eventuale adsorbimento aspecifico dell’anticorpo secondario alla
superficie cellulare. Dopo 30 minuti questa soluzione è stata rimossa e sostituita con
9
50 l di una soluzione 1% BSA in PBS contenente un anticorpo secondario coniugato
ad un fluorocromo. L’incubazione è stata condotta per 1 ora a temperatura ambiente.
Per l’esperimento descritto in questo rapporto tecnico sono stati utilizzati anticorpi
secondari con emissione a 700 nm (rosso; AlexaFluor, Thermo Fisher). Gli anticorpi
secondari sono stati diluiti 1 g/ml in un volume finale di 50 l. Lo scanner utilizzato
per la rilevazione del segnale fluorescente (vedi dopo) consente la possibilità di
utilizzare anche anticorpi secondari coniugati a fluorocromi con emissione a 800 nm
(verde). Dal momento che vengono aggiunti gli anticorpi secondari la piastra va
tenuta al buio per evitare l’inattivazione del fluorocromo (quenching).
Allo scopo di allontanare la quota di anticorpo secondario non legato, sono stati
effettuati 3 lavaggi delle cellule da 5 minuti ciascuno utilizzando 200 l di PBS per
pozzetto. Terminato l’ultimo lavaggio è stato aspirato il PBS (per una sintesi dei
passaggi fino ad ora descritti vedi il paragrafo PROTOCOLLO SINTETICO DELLA
METODICA live on cell western a pag. 13).
A seguire la fase di rilevazione della fluorescenza. Questa è stata effettuata
utilizzando uno scanner infrarosso Odyssey (LI-COR Biosciences) con doppio laser a
685 nm e 785 nm e l’Odyssey Image Studio Software per l’acquisizione e l’analisi
delle immagini. Nella figura 5 è riportata l’immagine risultante dalla scansione della
piastra. La colorazione rossa di ciascun pozzetto è proporzionale alla quantità di
fluorescenza emessa e varia in alcuni casi visibilmente da un pozzetto all’altro. Il
software collegato allo scanner consente una precisa registrazione del segnale di
fluorescenza emesso da ogni singolo pozzetto e consente il controllo di una serie di
parametri di acquisizione. Tra questi parametri sono stati modificati la regolazione
del piano focale (focus) che va impostato a 3 (per la scansione di piastre multi pozzetto) e della intensità dei laser (intensity) che va impostata a 8.
Il valore rilevato da ciascun pozzetto deriva dalla fluorescenza emessa
dall’anticorpo secondario. La quantità di anticorpo secondario è proporzionale alla
quantità di anticorpo primario e, quindi, al rispettivo antigene rilevato. In definitiva la
fluorescenza rilevata da ciascun pozzetto è una misura della quantità della proteina di
nostro interesse sulla superficie cellulare. La differenza nei livelli di fluorescenza da
un pozzetto all’altro indica invece come la quantità della proteina sulla superficie
cellulare varia da una linea cellulare all’altra o in una stessa linea cellulare in seguito
a specifici trattamenti. Queste misure necessitano tuttavia di alcune correzioni.
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Fig.5: Immagine restituita dallo scanner infrarosso Odyssey (LI-COR Biosciences) in seguito alla
scansione della piastra da 96 pozzetti utilizzata per l’esperimento live on cell western. Sono indicati
per ciascuna linea cellulare (seminata in doppio), gli anticorpi utilizzati nella procedura (sopra) ed i
trattamenti applicati alle cellule (sotto). Il segno ‘-‘ sta ad indicare i pozzetti nei quali è stato
omesso l’anticorpo primario (per il calcolo del segnale di background). Modificata da Perconti et al
Sci Rep. 2017
Per quanto siano state seminate uno stesso numero di cellule in ciascun pozzetto,
tale numero può variare durante l’esperimento per diversi motivi. Ad esempio, il
trattamento effettuato in alcuni pozzetti potrebbe aver influenzato la velocità con la
quale le cellule si dividono oppure, durante i diversi passaggi (fissazione, lavaggi,
incubazione con gli anticorpi, etc.), alcune cellule potrebbero essersi staccate. In
questi casi una diminuzione del segnale dovuto alla riduzione del numero di cellule
potrebbe essere interpretata come una diminuzione di segnale dovuta ad una minore
presenza della proteina di nostro interesse sulla superficie cellulare. Allo scopo di
correggere questo eventuale errore, dopo la rilevazione della fluorescenza, a ciascun
pozzetto di cellule sono stati aggiunti 50µl di una soluzione contenente 200 g/ml del
colorante Hoechst 33258 in PBS e la piastra è stata incubata per 60 minuti a 37°C.
Hoechst 33258 lega il solco minore del DNA marcando i nuclei delle cellule; la
quantità di colorante legata è una misura della quantità di nuclei, e quindi del numero
di cellule, presenti in ciascun pozzetto. Il colorante legato viene eccitato da luce
ultravioletta ed emette luce fluorescente blu a 461 nm, quindi la quantità di cellule in
ciascun pozzetto può essere misurata rilevando la luce fluorescente blu emessa. Dopo
incubazione con il colorante le cellule sono state lavate 3 volte con PBS. Questi
lavaggi vanno eseguiti versando e aspirando il PBS nei pozzetti lentamente allo scopo
di evitare il distacco di cellule dalla piastra. Il segnale blu è stato quindi rilevato
mediante l’uso di un lettore di micro piastre (Bio-Rad Laboratories).
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Infine sono state eseguite le seguenti correzioni:
- per ciascuna linea cellulare, al valore della fluorescenza registrato da ciascun pozzetto è stata sottratta la media dei valori ottenuti dai pozzetti nei quali è
stato omesso l’anticorpo primario. La fluorescenza di questi pozzetti
rappresenta infatti un segnale di fondo aspecifico (background) che in questo
modo viene eliminato. A questo punto, è stato possibile verificare l’affidabilità
della tecnica in termini di specificità del segnale ottenuto. Il segnale registrato
come background si è rilevato sovrapponibile a quello ottenuto dai pozzetti
trattati con l’anticorpo anti lamina B (controllo negativo).
- sono state prese in considerazione dunque i valori ottenuti in seguito alla colorazione dei nuclei. La variazione di questi valori da un pozzetto all’altro
riflette la variazione del numero di cellule tra i pozzetti. Per tenere conto di
questa variazione nella interpretazione dei risultati, il valore della fluorescenza
ottenuto da ciascun pozzetto, già sottratto del background, è stato corretto utilizzando i rapporti tra le misure ottenute dalla colorazione dei nuclei.
Per ciascun punto sperimentale abbiamo ottenuto due misure di fluorescenza (vedi
schema figura 4) alle quali è stato sottratto il background e che sono state corrette per
il numero effettivo di cellule. La media di questi due punti rappresenta il valore finale
di fluorescenza da ciascun punto sperimentale e può essere utilizzato per la
interpretazione dei dati ottenuti.
Nella figura 6 viene rappresentata in un istogramma la media dei risultati di tre
repliche dell’esperimento descritto nel presente rapporto tecnico.
Fig.6: Istogramma che mostra la media dei risultati di 3 esperimenti equivalenti a quello descritto
nel presente rapporto tecnico. La barra di errore rappresenta la deviazione standard e gli asterischi
indicano la significatività statistica delle variazioni misurate rispetto al controllo (*P < 0.05, **P <
0.01, ***P < 0.001)
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CONCLUSIONI
Nel presente rapporto tecnico viene descritta la metodica chiamata live on cell
western. Tale metodica è stata messa a punto allo scopo di rilevare e quantificare in
maniera specifica proteine di superficie in cellule vive. La tecnica è stata applicata
alla rilevazione di proteine multifunzionali di membrana la cui rilevazione risulta
particolarmente difficile a causa della interferenza della stessa proteina localizzata in
altri compartimenti cellulari nei quali sovente è più abbondante.
Per mettere a punto la tecnica sono state utilizzate tre diverse linee cellulari ed è
stata rilevata e quantizzata la variazione nei livelli di espressione della proteina alfa
enolasi presente sulla superficie cellulare in diverse condizioni di crescita.
Rispetto ad altre tecniche comunemente utilizzate per lo studio delle proteine di
membrana il live on cell western consente:
lo studio di proteine di superficie effettuato su cellule vive e mantenute in condizioni di crescita fisiologiche
lo studio simultaneo di diverse proteine di superficie sulla stessa cellula usando anticorpi primari fatti in specie diverse e quindi anticorpi secondari con
fluorocromi differenti
l’analisi comparativa di diverse linee cellulari in uno stesso esperimento
la possibilità di effettuare facilmente diverse repliche sperimentali e trattamenti delle cellule
la possibilità di utilizzare piccole quantità di cellule e reagenti
13
PROTOCOLLO SINTETICO DELLA METODICA
live on cell western
GIORNO1
Piastrare 7.000 cellule/pozzetto (in piastre 96 pozzetti) in 200 µl di terreno completo
GIORNO 2
Effettuare un cambio terreno con terreno senza siero
GIORNO 3
Trattamenti (LPS/EGF/altro)
GIORNO 4
Eliminare il terreno dai pozzetti
Aggiungere l’Ab I (15 g/ml) preparato in DMEM completo + NaN3 0.033% per 30
minuti a temperatura ambiente (50µl)
Lavare con PBS freddo + NaN3 0.033% in ghiaccio per 5 minuti (3 lavaggi;
200µl/lavaggio)
Fissare in PFA 4% in PBS per 15 minuti a temperatura ambiente (50µl)
Lavare con PBS per 5 minuti (3 lavaggi; 200µl/lavaggio) a temperatura ambiente
Blocking in BSA 1% per 30 minuti a temperatura ambiente (200µl)
Aggiungere Ab II (1 g/ml) in BSA 1% per 1h a temperatura ambiente (50µl). Da
questo momento tenere la piastra al buio
Lavare con PBS per 5 minuti (3 lavaggi; 200µl/lavaggio) a temperatura ambiente
Aspirare il PBS ed effettuare la scansione all’Odyssey (piastra senza tappo; focus 3,
intensity 8)
Terminata la scansione aggiungere 50µl per pozzetto di Hoescht 33258 diluito 200
g/ml in PBS 1X per 60 minuti a 37°C
Effettuare la lettura al lettore di piastre BiorRad alla lunghezza d’onda di 415 nm
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BIBLIOGRAFIA
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