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95 uesta settimana il menu è Q Stammer a pagina 5 Cecchi a pagina 7 Il ritorno del tram Fra nitidezza e indeterminazione RIUNIONE DI FAMIGLIA a pagina 4 PICCOLE ARCHITETTURE OCCHIO X OCCHIO da pagina 2 DA NON SALTARE In ricordo di Draghi, policentrico junghiano Le sudate lettere del maestro Lanzetta Cercasi idraulico per Venezia Ferruccio Ferragamo La protesta che da settimane ha invaso le strade di Hong Kong si fa sentire. Quando c'è la gente per strada non si fa shopping Monaldi a pagina 6 ISTANTANEE AD ARTE Addio Ugo Carrega Che roba Contessa...

Cultura Commestibile 95

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Page 1: Cultura Commestibile 95

95 uesta settimanail menu èQ

VUOTI&PIENI

Stammer a pagina 5

Cecchi a pagina 7

Il ritornodel tram

Fra nitidezzae indeterminazione

RIUNIONEDI FAMIGLIA

a pagina 4

PICCOLE ARCHITETTURE

OCCHIO X OCCHIO

da pagina 2

DA NON SALTARE

In ricordo di Draghi,policentrico junghiano

Le sudate letteredel maestroLanzetta

Cercasiidraulicoper Venezia

Ferruccio Ferragamo

La protesta che da settimaneha invaso le strade di Hong Kongsi fa sentire.Quando c'è la gente per stradanon si fa shopping

“Monaldi a pagina 6

ISTANTANEE AD ARTE

Addio Ugo Carrega

Che robaContessa...

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CCUO

.com sabato 18 ottobre 2014no95 PAG.2DA NON SALTARE

Il 14 settembre è scomparso Gian-franco Draghi, il primo luglio avevacompiuto 90 anni. Nato a Bolognaera stato un giovanissimo militante

del Partito d’Azione. Dopo la guerra silaurea con Eugenio Garin a Firenze conuna tesi su Leon Battisti Alberti. Grandeamico di Cristina Campo pubblica i suoiscritti su “La posta letteraria del Corrieredell’Adda e del Ticino”. Insieme ad Altie-rio Spinelli si impegna per la costituzionedell’Unione federale europea. Dirige “I

L’autonomiapolicentricadel poliedricojunghiano

a cura di Aldo [email protected]

scomparsaGianfrancoDraghi

quaderni della crisi”. Nel 1958, a Roma,fa un’analisi didattica con Ernst Ber-nhard, iniziatore del metodo junghiano inItalia. Ha svolto una intensa attività ar-tistica e teatrale. Le sue pubblicazioni piùnote sono: “Ragioni di una forza in Si-mone Weil” (1958). “Paracelso” (1967).“Sul mito d’Europa (1973). “Infanzia”con prefazione di Giuseppe Pontiggia(2003). Ha vissuto per lunghi anni a Fie-sole continuando la sua poliedrica attivitàdi artista ed intellettuale totale.Pubblichiamo gli interventi dei figli perl’orazione funebre.

Lettura di CristianoIn “Lettere a una Giovinetta” del 1947:“La smagliante estate è qua... e quando inostri figli verranno, nei mesi estivi, nonpiangano per noi, non si lamentino, e di-cano solo: ‘Anch’essi passarono sere così’;nel cimitero di campagna, su quelle nostretombe, vivrà ancora questa nostra estate”. Sempre in “Lettere a una Giovinetta”:“Quante volteho atteso che di notte qualcuno aprisse laporta, venisse, piano piano, sullapunta dei piedi, con un ramoscello d’ulivo,circondato da un’aureola luminosa ,e mi sentissi preso da una dolcissima me-raviglia, e me lo ponesse sul pettodicendo: Ecco, ti porto la pace”.Da “Inverno”: “E l’estate venne; vennetutta rigogliosa nella sua sfacciataggine; ungiorno tutte le distese ondeggiarono bru-scamente di messi, alle finestre delle casesi appesero i fiori; i cuori timorosi degli uo-mini erano esterrefatti e le loro bocche siatteggiarono a stupore; un riso riluttò unistante per l’aria, poi balzò via felice per icampi arsi e focosi, nelle ondate dei fiori,in ricche svolte di profumi tra gli abeti suicespi di rododendri, a basso dei boschi,ove rompeva tra i sassi il ruscello, e si sve-gliava la vipera sibilando; allora un lan-guore soave scese dai fiori dai frutti dalleerbe e si tramutò in amore; l’estate era ve-ramente venuta”.

Lettura di OlivieroLettera inviatami dal babbo mentre ero aLondra.Sabato 9.1.1999Caro Oliviero, non pensare, non preoccu-parti della “nostra” morte, perché io credoche ognuno deve governarsi la sua morteda sé: ognuno come hanno lasciato scrittodue poeti a me cari, Rilke e Jacobsen,porta in sé dalla nascita la propria morte,ma come del resto porta in sé la tutta la suavita, e l’importante per poter governare

bene la morte, è aver governato (o tentatodi governare) la propria vita in modo chela morte sarà un ultimo atto importanteper una buona vita:- ma tutto questo, dallatua lettera, che mi ha fatto proprio con-tento- anzi, come ti dirò a voce- mi hamesso di buon umore, tu l’hai capito per-fettamente già nelle tue intime fibre ‘not-turne’. E se si è - più o meno, più o menobene, svolto il compito che ci prefigge-vamo, vissuto i fatti (simili o diversi) chevolevamo, seguito quel che ci piaceva,anche il nuovo passaggio può persino ral-legrarci. - Non so (parlo naturalmente perme) se merito le tue parole: quel che sobene è che ci hai scritto una bellissima,vera e profonda meditazione su cos’è Lavita, in tutti i suoi risvolti emotivi, e nellanotte intensa di un confronto. Te ne sonograto, figliolino, figliolone, figlio mio, e tiabbraccio per questa sera e tante altre seree anche per l’ineffabile.

Papà

Lettera mia al babbo in ospedale nellanotte tra il 12 e il 13/09/2014Caro Babbo, sono le 23:30, io sto qui conte all’ospedale, con il tuo corpicino, che re-spira, uno, due, tre, a fatica, piano piano,non so quello che c’è di te qui accanto.L’odore, il corpo li riconosco e sono la miafamiglia, l’abbraccio caldo di compren-sione. Ma tu non mi chiedi, non rispondi,sei un respiro e basta. Vorrei che ti mani-festassi, addormentandoti o svegliandoti,semplicemente accarezzandomi unamano, come hai fatto tante volte, io lasento la tua pelle liscia e calda che passa sa-piente sulle mie mani. Accanto a te nelletto, anche adesso da grande, io, quasiuomo, perché per essere uomini bisognasaper amare come te, senza giudizio, e maiavere paura dei propri sogni o pensieri, ionon so se l’ho imparato, ma insomma ac-canto a te, protetto. Addormentati babbo, io piangerò, già

La

di

Gianfranco Draghi. Nell’altra pagina Draghi insieme a Gianni Pettena a Fiesolenel 2009. In basso dei burattini, opera di Draghi

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.com sabato 18 ottobre 2014no95 PAG.3C.com DA NON SALTARE

piango, sei già andato, non mi hai aspet-tato, ho ancora bisogno dei tuoi consigli,delle tue piccole parole quotidiane.“Quante testine hai venduto?” Mi chiedial telefono. “Mah babbo, oggi non è pas-sato nessuno. Peccato, si vede che c’èmeno gente a giro. “-” Babbo oggi ho ven-duto tre testine. Bene, bravo, speriamo chene vendi cento, mille!” Il tuo cuore batteancora, è forte, irrora tutto, ma nella tuabellissima testa, nella fronte liscia si èsconnesso qualcosa, attacchi epilettici di-cono, cosa dicevi ogni tanto - mah, misembra come di avere dei lampi, dei ma-rasmi - magari non centra niente . Co-munque adesso non mi puoi chiederedelle testine. La Marla, invece, mi ha man-dato un messaggio, digli al tuo babbo cheho venduto una con la volpe e una con ilpappagallo. Evviva dico io, e tu non lo sai,ma so che saresti contento con me, così telo sussurro in un orecchio, ma è sordo,...èsordo? Mi chiedo. Babbo lo spero, non vo-glio che tu stia soffrendo, i dottori diconoche non senti, ma il tuo corpo, la fibra deltuo corpo che fa? Poi quante tante altrevolte mi hai parlato e consigliato e sugge-rito, io ti ho ascoltato, non so se ho fattocome dicevi, ma ero sempre rincuorato,sempre pensavo ecco posso fare così, staretranquillo sentire il mio respiro e andareavanti. Grazie, grazie.La mamma ti coccolava, anche rimprove-rava. Lei dice che forse ha uno spirito unpo’ infermieristico, non lo so, ma anchecon me, con la mia piccola Delia , ci vizia,vuole che siamo soddisfatti e felici, ci portaquel che desideriamo. Così mi raccontadelle vostra ultima quotidianità, ti sentovivo nelle sue parole. Mi piace sapere chela sera, lassù a Fiesole, nella casa della miacara nonnina, la mamma ti curava, leggevala tua posta o qualche articolo, caldi nellatua piccola stanza. E tu che commentavi,ridevi e ascoltavi. Poi andavi a letto, ti fa-cevi cambiare e chiedevi: hai chiuso giù?Il gas è spento? Come a me chiedeviquando dicevo che sarei andato a giocarea calcio, mi chiami quando hai finito, cosìsai per sapere? Come mi manchi. Piccolecose. La vita. Che amore per la vita avevi.La tua, la mia, quella degli altri. Ti vedoaccanto alla Delia, sempre a Fiesole, nel sa-lotto, la Delia che gioca e che contempo-raneamente guarda la TV, una delle ultimerare volte in cui non eri sdraiato a letto,stavi lì accanto al divano su una poltrona,per me è stata una sorpresa, ero contentoche stavi vicino alla mia piccola, così pen-savo che tu gli potessi raccontare qualcosacondividere qualcosa con lei, per passarglile cose, come a me. Quando venivo suqualche volta ti chiedevo ti raccontare letue storie alla Delia o magari di fargli qual-cosa con i burattini, proprio volevo che ticonoscesse e siccome eri già vecchio sa-pevo che non avevamo il tempo di aspet-tare che crescesse, la Delia poi magari sidistraeva e andava a fare qualcos’altro, poiquando ti salutava ti dava un bacino, eraorgogliosa di questo. Quando ti ha vistosul letto con la maschera ha pianto e gri-dato, Non voglio! Fa piano Delia, le hodetto, allora vado via così posso urlare inpace, mi ha risposto. Poi a casa, la sera, miha detto , non voglio che gli levino la ma-scherina così può vivere ancora qualchesettimana, voleva che tu ci fossi ancora. Poi

il giorno dopo era più tranquilla e mi hadetto che magari saresti andato in un pa-radiso con tanta frutta. Gli ultimi fichi che ti volevo portare, me liha dati la Milena, ma eri appena tornatodall’ospedale, per via di quella cosa all’in-testino, così poi non te li ho portati, adessoti guardo, il tuo volto, è perso, ma respiranella maschera, qualche volta così fievol-mente che sembra stia per spengersi persempre, poi riparti un po’ più deciso, inquesti tre giorni ho visto spesso i fratelli ele sorelle, molto più spesso di sempre, tuttigli ho visti, in ognuno di noi , c’è una tuaparte, anche nella fisionomia, quindi ti ri-costruisco attraverso i loro sguardi e cer-cando di sentire le loro sensazioni piùprofonde, chiedo a loro ricordi del pas-sato, conosco un altra tua quotidianità,vorrei ricostruire i dettagli, vederti insiemea loro. Bernardo mi racconta di Urio, diuna galleria per giungere alla darsena dacui ogni tanto pescava, spesso senza pren-dere nulla, ma una volta invece pescandotantissimo. Così io penso a due settimanefa, non ti ho chiamato molto quando eroal mare, mi dispiace, so che proprio du-rante l’ultimo agosto hai avuto un po’ untracollo, eri già debole e lo sei diventato an-cora di più. Comunque vi chiamavo eanche per informarvi della mia pesca, e tuche attraverso la voce della mamma, di-cevi, una delle pazzie di mio figlio. Babbo sono le due adesso bevo un po’d’acqua, ti bacio e provo a riposarmi qui,accanto al tuo corpicino, ai tuoi respiri,tracce di te. Spero che anche tu stia ripo-sando, quieto.

Lettura di IlariaDal mio diario.

13/09/2014

Non siamo riusciti a crescerci accanto.Io, da parte mia, ti chiedo scusa.Ora ci proverò, a crescere. E magari ci riu-scirò.Anzi,ora potrò invecchiare.Non sarò più figlia.Solo madre.Solo donna.Spero nel futuro ruolo di nonna.“Cocchina mia”, mi chiamavi.La mamma mi diceva “figliolina”,e facevaun buffo verso con la voce.Riposa dai, molla questa vita.Così non ti sarebbe piaciuto.

Hai scritto, in una lettera ad Oliviero, chela nostra morte ce la portiamo appressodalla nascita.Ma quale è l’operazione che la vita fa, per

calcolare il momento e il modo, scritto pernoi?

vitamorte = -----------------

X

Buonanotte.

14/09/2014

Buongiorno.

7,44. Il babbo è morto.

CALCOLA:

Quattro alberi di aranceX la cupola del Duomo+ una mancanza- mio padre

che si è spentocome se qualcuno avesse aperto uno spi-raglio alla finestrae un refolo d'ariaavesse portato via la fiammasilenziosamentead una candela ormai consumata.

-

vitamorte = -----------------

soffio di vento

Ricordo di SerenaDal grande quadro del 1970 di Gianfrancocon gli alberi fioriti:Caro amore,ti ho tenuto tutta la vita nel mio cuore,più forte di ogni dolore,in una distanza infinita,che va oltre la vita.

Lettura di BernardoQuando nostro padre se n’è andato, cer-cando una lettura per ricordarlo, ho subitopensato a un racconto scritto da Cristiano,nostro fratello, nel lontano 1975, a ven-t’anni, intitolato “Tim O’Braian va a Pa-rigi”. E’ un racconto divertentissimo, chemi fa ridere tutte le volte che lo rileggo, esoprattutto a un certo punto contiene unadescrizione del padre del protagonista, lostudente scapestrato Tim O’Braian (nomeposticcio che rappresenta Cristiano cosìda consentirgli la narrazione in terza per-sona), che negli anni ha continuato a af-facciarmisi alla mente come la perfettarappresentazione di chi davvero fosse perme nostro padre.Un mattino poco prima dell’alba il nostroTim, ragazzo dallo spirito libero e anarchi-

camente indipendente, dopo aver bevutoqualche bicchiere di vino rosso e ascol-tando un disco di Louis Armstrong, con-cepisce improvvisamente l’idea di partireper Parigi. Mentre si crogiola nell’avven-turosa prospettiva, commette il terribileerrore di dare un morso a un pezzo di tor-rone al cioccolato, che gli scatena uno spa-ventoso mal di denti. Ne segue unasequenza di avventure tragicomiche, al ter-mine delle quali, giunto al fondo di un ma-elstrom di dolore,manda al diavolo ognipretesa d’indipendenza e chiede a Lilly, lasua ragazza, di telefonare a suo padre:Questa fu per Tim qualcosa di simile a unacapitolazione, a un crollo, a una resa. Nonc’era più scampo, non c’era più niente da fare.Di fronte a quel velenoso mal di denti tutte ledichiarazioni d’indipendenza perdevano divalore. Eccoci, al momento buono Tim era co-stretto a ricorrere ancora a babbo O’Braian,il babbo buono, paziente, che quando Timera piccino lo portava per mano, e quandoTim era adolescente lo consigliava, sempre almeglio, sempre pronto a dare denaro, a ca-pire, ad aiutare, ad appoggiare. Inutile incaz-zarsi, babbo O’Braian torreggiava nella vitadi Tim come una quercia poderosa, dietro cuinascondersi in caso di tempesta.E, naturalmente, l’intervento di babboO’Braian, porterà a felice conclusione lastoria di Tim il quale, a conclusioneun’epica seduta dal dentista,come un eroe vincitore, si erge idealmentementre tenta con cautela di alzarsi dalla pol-trona. Nel suo cuore è certo che, d’ora in poi,potrà sopportare ogni tipo di tortura. E so-prattutto, soprattutto, gli si aprono di nuovodavanti agli occhi le porte fatate di Parigi, lacittà dei suoi sogni...

Lettura di RiccardoDal libro L’Allocco e altre cose famigliari.AI FIGLI POST MORTEM MEAM24 luglio 1999

Voglio che non vi rimproveriate per quelche avete fattoo non avete fatto. Da me sarete già perdo-nati,anzi, amati per questo, ora che ne pos-siamo parlare.Così voglio anch’io da voi per quel che vo-lontariamenteo involontariamente (sempre credendo difare bene per voi e per me)posso aver fatto o non fatto per voi.Voglio che mi accompagnate (ci accom-pagniamo cioè)a questo passo fatale senza rimproverarci,soltantocon la gioia di essere stati, io per voi e voiper me -e che sappiate che quel che ci siamo dettiera necessario,quel che abbiamo fatto era importante, eche tuttocosì è stato, come la vostra nascita, un mi-racolo.

Così posso passeggiare ancora nella miavita, per quel che mi resta, felice,e parlare con voi quietamente in un pranzofestivo,come il segno 5 dell’I King, il libro delletrasformazioni, l’attesa, mangiando e be-vendo.

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Registrazione del Tribunale di Firenzen. 5894 del 2/10/2012

direttoresimone silianiredazione

sara chiarelloaldo frangioni

rosaclelia ganzerlimichele morrocchiprogetto graficoemiliano bacci

editoreNem Nuovi Eventi Musicali

Viale dei Mille 131, 50131 Firenzecontatti

www.culturacommestibile.comredazione@[email protected]

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“ “Con la culturanon si mangia

Giulio Tremonti

RIUNIONE DI FAMIGLIA

imbestialito. Ma, porca l’oca, chi lo deve rac-comodare questo water?E così per la signora Ilaria Borletti Buitoni:forse la signora non è abituata a risolvere iproblemi, ma forse non se n’è ancora ac-corta ma le tocca di fare il Governo, non laconsigliera comunale di opposizione di Pe-desina. Ma, Santissimo il Signore, chi ladeve riparare Venezia, l’idraulico o il Go-verno?

Siamo state al Lido lo scorso fine setti-mana e, siccome c’era un convegno a Vene-zia dal titolo “Governare le acque.Salvaguardia e gestione della Laguna diVenezia”, ci siamo andate. Ad un certopunto è intervenuta una signora molto di-stinta, Ilaria Borletti Buitoni, indignatis-sima che ha dichiarato: “E’ umiliante eavvilente: i flussi, le grandi navi, la man-cata pianificazione sono problemi reali ebisogna intervenire con urgenza. InoltreVenezia non può essere usata come unamangiatoia, lo vedono ovunque nelmondo tranne noi”. Che forza e determi-nazione! Abbiamo chiesto chi fosse e cihanno spiegato che la signora è sottosegre-tario del Ministero dei Beni Culturali,mica presidente del club del bridge. E al-lora ci siamo dette, ma la signora facendoparte del Governo, non sarebbe dovuta ve-nire qui a dirci cosa pensa di fare per risol-vere questo problema, invece chelamentarsi e indignarsi di quello che è suc-cesso fin qui?Ci ha fatto venire in mente un fatterelloche ci è capitato qualche tempo fa. Ci siera intasato il water. Abbiamo chiamatol’idraulico che appena entrato si è indi-gnato: “Ma chi ha fatto il lavoro delle fossebiologiche! E’ uno scandalo! Non fun-ziona niente! Siete matte a tenere questoimpianto?”. E se n’è andato. Allora ab-biamo chiamato il signore dell’autospur-ghi, il quale ha esclamato: “Oh, ma è rottoil water! Ma chi è quel cialtrone dell’idrau-lico? Non si fanno queste schifezze! Biso-gna fare qualcosa!”. E se n’è andato

LE SORELLE MARX

Il Maestro Lanzetta se l’è presa con Re-pubblica. La sua lettera al caporedat-tore, dice il vivace direttore d’orchestra,era una mail riservata, scritta di furiacol telefonino per questo piena di errori elettere in maiuscolo. Non era, dunque,destinata alla pubblicazione. Ora, pre-messo che ogni cosa detta a un giornali-sta (soprattutto se in confidenza) è daconsiderarsi già stampata l’indomani sulgiornale, il maestro avrebbe dovuto ri-vendicare con fierezza il proprio elabo-rato. O come citazione omaggio aiconterranei Totò e Peppino (Siccome c’èstata un grossa moria delle vacche,

punto, due punti e punt’e virgola…) op-pure come manifesto della musica futu-rista, magari infarcendola di una seriedi ZANG, PUNG, BOOM, BENG,BUNG. Siamo certi comunque che ilmaestro saprà presto consolarsi con ilcospicuo aumento dei fondi del FUS,mentre noi, con l’occasione rileggeremoun’altra fatica letteraria del maestro,quella storia della musica edita nel2009, in cui si trovano perle come que-sta: “la cultura tedesca con Wagnervuole così recuperare il medioevo poichéè l'epoca più germanica che essa abbiamai avuto”. Bene, bravo, bis!

I CUGINI ENGELS

Le sudate letteredel maestro Lanzetta

Cercasi idraulicoper Venezia

LA GEOPOLITICA DI EUGENIO

Commendable Initiative

Sono troppe le guide ai ristoranti d’Italia: non ne possiamo più! E’ tutto un mangiare:orgia di programmi televisivi ad ogni ora del giorno, si mangia nelle librerie, nei negozi dibiancheria intima, alcune botteghe di ferramenta pensano di organizzare gli aperitivi. Labulimia ha invaso il nostro Paese. Sembra che gli italiani siano un popolo felicissimo: tuttisempre a mangiare . In questa collettiva overdose di ogni genere di manicaretti, la guidascritta da Odile Letterman: “Il piatto è servito” ha un merito: tratta solo di ciò che serveper mangiare, non dei cibi. Giudica la qualità delle posate, dei piatti, delle scodelle, dei vas-soi, delle tovaglie e dei tovaglioli, dell’arredo dei locali, dell’importanza dei quadri appesi.Ma la classifica più originale e, forse, più utile è quella dei servizi igienici. Invece delle stelle,dei mestoli usati per determinare la qualità della cucina, la top toilette, usa i rotoli di cartaigienica. Nelle schede, ad ogni particolare, oltre ad una attenta descrizione, viene dato unpunteggio. Esempio: per l’odore raggiungere 5 rotoli (il massimo del punteggio) occorreche il servizio esaminato emani solo freschezza di pulito. Profumi di qualsiasi tipo, chepossono servire per coprire gli odori tipici dei gabinetti, non sono ben valutati. Dopo avereesaminato tutte le schede non abbiamo trovato nessun bagno di locale pubblico in Italiache si potesse fregiare dei 5 rotoli.

Finzionariodi Paolo della Bella e Aldo Frangioni

Cooperativa Archeologia e l’ Associa-zione Gli Spostati presentano presso l’al-tana della Biblioteca delle Oblate venerdì24 ottobre alle ore 19. 30 “il cantiere” delfilm indipendente La Scomparsa, allapresenza della regista Maria Luisa Car-retto e della troupe. Un’occasione per os-servare alcune scene del primolungometraggio della cineasta fiorentina,che parteciperà a numerosi Festivalprima di approdare nelle sale cinemato-grafiche. Il film è un vero e proprio viag-gio interiore ispirato alla poesia di DinoCampana, che l’autrice ha ripercorso  evissuto attraversando gli stessi paesaggi,prima dal finestrino del treno sulla Faen-tina scoprendo paesaggi inquieti e realtàlontane, e poi nei personaggi che affol-lano le strade, le città, i cieli sempre di-versi, a Marradi, e infine sul mare.

L’APPUNTAMENTO

La scomparsaalle Oblate

Mercoledì scorso Annalisa Biondi e Emiliano Bacci si sono sposatiA loro gli auguri della redazione e di tutti gli amici di Cultura Commestibile

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Un’opera che è stata fortemente av-versata e fortemente voluta, che hasuscitato emozioni importanti incittà. Un’opera che ha avuto comeconsulenti figure come Dino Gavina(nel suo biglietto da visita - che con-servo con devozione- si autodefinisce“sovversivo”) e come Kazuhide Taka-hama, grande amico di Gavina e autoredi memorabili elementi di arredo, comeil divano Marcel (dedicato a MarcelDuchamp). Il progetto generale di tuttigli elementi non tecnologici che for-mano la linea tranviaria nasce dallamente di Gavina e Takahama. In parti-colare le pensiline sono state pensatecome elementi autonomi, tutte uguali,e con le stesse caratteristiche, lungo l’in-tero tracciato della linea, e integrate inun disegno complessivo ed unitario,che ancora si percepisce nell’opera rea-lizzata, anche se Gavina e Takahamanon hanno potuto completare il lavoroper la morte di Gavina nel 2007. Eanche il pavimento delle fermate erastato pensato, e poi realizzato, da Ga-vina e Takahama con bitume pressato,materiale che riprende il pavimentodelle pensiline della stazione ferroviariadi Santa Maria Novella progettata daMichelucci. La sistemazione ambien-tale, di stampo naturalista, della linea èstata curata da Ines Romitti,che haanche definito la sistemazionie dellepiante e delle alberature lungo l’interalinea, compresa la pavimentazione inerba della carreggiata del tram. La linea1 del tram contiene anche due opere in-gegneristiche di grande dimensionecome il ponte sull’Arno progettato daRaffaello Bartelletti e il ponte viadottosulla Greve, e sulla viabilità di Scan-dicci, su idea di Andrea Bacci. Mancainvece alla fruizione pubblica dellacittà la sistemazione delle sponde delfiume Arno, in prossimità del pontetranviario e ciclable, sistemazioneadatta anche per lo svolgimento digare internazionali di pesca sportiva,e la ricostruzione del porto leopol-dino, i cui resti furono trovati durantelo scavo delle fondazioni delle pile delponte.

di John Stammer

Era strano, in quel maggio del2003, vedere il sottopasso, ap-pena terminato, pieno di citta-dini che lo percorrevano a piedi,

formando capannelli e chiacche-rando. Era strano perchè quello eraun sottopasso automobilistico. Mal’amministrazione aveva deciso cheprima delle auto i cittadini lo avreb-bero potuto vedere passeggiandocicon calma. Come era stato fatto a Zu-rigo dove i primi a percorrere lanuova galleria ferroviaria fra laHauptbhanhof e la Stettbach Bhan-hof furono i partecipanti ad una corsapodistica non agonistica, e non iltreno. Era la prima opera del sistematranviario della città, e meritava unesordio particolare. Anche perchèanche l’opera era particolare. Nonproseguiva diritta oltre il ponte sulfiume Arno, come il vecchio tracciatostradale, ma faceva una strana curvaverso est e poi tornava in asse con ilponte. Un arco di cerchio, anzi una se-zione di ellisse, che non era facil-mente comprensibile a prima vista.Anche la linea tranviaria compiva inquel punto un percorso a prima vistapoco “logico” quando, uscendo dalviale centrale del parco delle Cascine,percorreva la grande curva ornata dadue filari di alberi. Ma mettendo in-sieme le due curve il progetto erachiaro. La nuova linea tranviaria la-sciava libero un grande spazio perpoter ricostruire la grande piazzaovale disegnata da Giuseppe Pogginella seconda metà dell’ottocento, in-sieme ai viali di circonvallazione;piazza che è destinata, quando saràcompletata, a rimanere sterrata comeallora. Sotto la piazza troverà postoun grande parcheggio, di servizio alparco e al limitrofo Teatro dell’Opera,le cui rampe di accesso sono già statecostruite ( visibile l’ingresso sul latoconcavo del sottopasso e invisibile iltracciato posto sotto il manto stradalefra il sottopasso e il ponte).Il nuovoTram non era stato pensato solocome un mezzo di trasporto, maanche come l’occasione per riorganiz-zare gli spazi urbani. E per crearenuovi spazi urbani. La costruzionedel sottopasso stradale era iniziata nel2001, consente di evitare l’interfe-renza fra il traffico privato e il tram inun punto strategico della città, e sipresenta alla città con le pareti che si-mulano una sezione di scavo, con il ri-vestimento di pietra di Santafioralavorata a “breccia”. Era uno “stralciofunzionale” dell’intera linea, necessa-rio per non vedere svanire le risorsedel Ministero delle Infrastrutture,messe a disposizione del comune,dopo che la gara per la realizzazionedell’ intera opera era andata desertapochi mesi prima. Era stato necessa-rio un ulteriore Protocollo di intesacon il Ministero nel 2003, ma alla finel’intera linea 1 del tram era stata ap-paltata nel 2005 e terminata nel 2010.Un’opera che ha cambiato la strutturaurbana della parte di città attraversata.

PICCOLE ARCHITETTURE PER UNA GRANDE CITTÀ

Il ritorno del tram

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.com sabato 18 ottobre 2014no95 PAG.6

Ugo Carrega lascia il mondodell’Arte Contemporanea, por-tandosi via il senso critico ecreativo dell’innovazione e

della sperimentazione che hanno ca-ratterizzato tutta la sua ricerca estetica,fin dalla fine degli anni Cinquanta persuccessivamente estendersi alle espe-rienze del Centro Tool e del Mercatodel Sale ed aprirsi ai dettami interna-zionali del vasto panorama artisticocontemporaneo. Poeta – affascinato dalle poetiche delprimo Novecento – e artista – attentoall’avanguardia e all’esperienze dell’oggi– è stato uno dei fondatori e promotoridella Nuova Scrittura: una dinamicasimbiotica, dalle trame complesse edalla resa evocativa, in cui le forme lin-guistiche estendono la semantica dellaparola, associandosi a segni di diverseestrazioni. Nelle sue opere la parola ri-scopre la propria carica segnico-graficadi essere pura materialità in grado di al-linearsi perfettamente al suo signifi-cato. L’integrazione crea un nuovolinguaggio, grazie al quale l’elementografico-verbale evidenzia il rapportotecnico-sensoriale della pagina edesplica una vera e proprio ristruttura-zione del linguaggio. Le sei categorieconcettuali dell’espressione comunica-tiva (elemento fonetico, elemento pre-posizionale, lettering, segno grafico,forma e colore), si combinano libera-mente, di opera in opera, nello spaziobianco del supporto alla ricerca di uncodice interlinguistico irripetibile.L’analisi che ne deriva mostra una sim-biosi inedita, che affascina e avvolge,poiché la pagina è per l’artista uno spa-zio neutro a cui affidare un atto di co-municazione e la verbo-visualità è unflusso comunicativo di partecipazionee divulgazione dell’idea che l’Arte deveessere assidua sperimentazione e con-

di Laura [email protected]

ISTANTANEE AD ARTE

In alto a sinistra Opalescenza, 1964Tecnica mista su tavolacm. 13x13.A destra Scarabascio, 1965Tecnica mista e collage su tavolacm 13x13A fianco Una fiamma, 1968Tecnica mista su cartacm 41,5x29,5Tutte courtesy Collezione Carlo Palli,Prato

AddioUgo Carregatinua ricerca di vie sempre nuove. L’attività di Ugo Carrega viene riper-corsa nella mostra La parola al livellodei sogni. L’archivio di Ugo Carrega alMart di Rovereto, a cura di Paolo DellaGrazia, Duccio Dogheria e Luca Sal-tini, inauguratasi il 14 ottobre e visibilefino al 22 novembre presso la Sala delleesposizioni della Biblioteca Cantonaledi Lugano. La mostra e il catalogoomaggiano la personalità dell’artista at-traverso un percorso espositivo di ec-cezione che, non solo mette in mostrale carte personali e i libri d’artista con-servati nell’Archivio di Nuova Scrittura(ANS) del collezionista Paolo DellaGrazia in deposito al Mart di Rovereto,ma si ripropongono anche parzial-mente le tre avanguardistiche mostre(Cards from the world, Bodies e Mo-ments) promosse da Ugo Carrega nel1973 a chiusura del Centro Tool e unlavoro per episcopio (Relativamente)realizzato dall’artista per una perfor-mance del 1971, trasposto in videodopo un attento lavoro di analisi.

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.com sabato 18 ottobre 2014no95 PAG.7C.com OCCHIO X OCCHIO

di Danilo [email protected]

La nitidezza, che in gergo fotograficosi chiama risoluzione (da cui lo slo-gan un poco irriverente “Vive la ré-solution!”) è una qualità che viene

apprezzata da molti fotografi di fine Ot-tocento, e che viene assunta, in manieraentusiastica ed assoluta come fonda-mentale, addirittura per statuto, neiprimi anni Trenta, ad opera dei fotografiamericani del gruppo f/64, fondato uf-ficialmente nel 1932. Anche se nessunosi è ricordato di celebrare gli ottant’annidella fondazione del gruppo f/64 (a cuihanno partecipato fra gli altri AnselAdams, Edward Weston ed ImogenCunningham), la nitidezza assoluta è ri-masta per moltissimi anni una preroga-tiva tanto dei professionisti che dei cosìdetti fotoamatori evoluti, sempre a cac-cia questi ultimi di obiettivi costosi e ca-ratterizzati dal massimo “potererisolvente”. La passione per la nitidezzanasce tardivamente sulle coste del Paci-fico, quando in Europa e sulle spondeatlantiche degli USA già si stava consu-mando per esaurimento la moda dellefotografie “morbide” dai contorni artifi-cialmente sfumati, dalle sagome indefi-nite e dalle atmosfere nebbiose ispirateal (cattivo) gusto pittorico di stampo im-pressionista. A poco a poco il mondo fo-tografico viene condizionato dallaossessione per la nitidezza, che da ele-mento positivo e caratterizzante della fo-tografia moderna, comincia a mostrarei suoi limiti. Indispensabile per oggettistatici e resa possibile grazie ai formatimedio grandi, la nitidezza viene presa amodello esclusivo, ed arriva a generarenon pochi malintesi (culturali), avvele-nando in molti casi le fonti dell’ispira-zione fotografica e generando unamarea crescente di immagini nitide, det-tagliate, precise e levigate, leggibili finonei più minuti particolari. Immaginiadattissime per gli scopi commerciali,per cataloghi industriali, manifesti e pa-gine pubblicitarie, ma spesso del tuttoartificiose e vuote, prive di senso o di si-gnificato. Poter contare i mattoncinidelle facciate, le foglie degli alberi o i pelidella barba diventa prioritario rispetto aqualsiasi altro parametro di giudizio.Ogni oggetto viene posto al centro del-l’osservazione e viene caricato di signifi-cati formali, ma vienecontemporaneamente svuotato dai si-gnificati umani ed umanistici. Cartier-Bresson e tutta una generazione difotografi orientati verso la descrizionedella vita vera hanno dovuto faticarenon poco per far passare una nuova este-tica basata sul rapporto fra il fotografo ela realtà in movimento, e non solo sullacontemplazione fra l’osservatore neutroed una realtà imbalsamata, ma nitidis-sima. All’opposto di questa tendenza, econtro ogni descrizione iperrealistica delreale, ignorando la lezione dei fotografipiù impegnati, si sviluppa l’estetica dellafotografia indefinita. Come in una sortadi fase di ritorno al “pittorialismo” inchiave moderna, si ricercano le imma-gini artificialmente mosse e fuori fuoco,troppo chiare o troppo scure, tali co-

munque da rendere l’oggetto raffiguratoirriconoscibile, pretendendo di am-mantarlo, così facendo, con un’aura fattadi mistero, indeterminazione, ambi-guità e fascino. Mascherando la realtà siimmagina di renderla più interessante,la sfocatura ed il mosso sostituisconoegregiamente le nebbie e le brume pit-

torialiste di un tempo. Quelli che unavolta erano dei limiti tecnici, oggi facil-mente superabili, vengono ricercati edassunti come fossero degli elementi lin-guistici, senza considerare che l’artificioappare sempre evidente, almeno agliocchi di chi la fotografia la pratica e laosserva per davvero. Fra l’eccesso di ni-

tidezza che congela il reale devitalizzan-dolo e l’eccesso di indeterminatezza chelo nasconde soffocandolo, esiste ancoraun genere di fotografia che con la realtàin movimento ed in continuo cambia-mento ama confrontarsi e (a volte)scontrarsi, e nella quale ama soprattuttorispecchiarsi.

Fra nitidezzaindeterminazioneed

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.com sabato 18 ottobre 2014no95 PAG.8LETTERE&LETTERATI

È con una certa apprensione chela ragazza arriva a Bly, dimoraabitata oltre che dai due fratellinida pochi domestici sotto la su-pervisione della governante Si-gnora Grose, ma è con gioia esorpresa che fa la conoscenza deisuoi piccoli scolari. Di angelicabellezza e modi squisiti Flora eMiles seducono la loro inse-gnante, assicurandosene l’affettoe la devozione.La quiete dell’estate trascorsa aBly da Miss Giddens è brusca-mente interrotta dal manife-starsi di due molesti visitatori,un uomo e una donna che le

appaiono in momenti differenti, chedalla sua descrizione alla SignoraGroose risultano essere Quint l’exmaggiordomo e Miss Jessel la prece-dente istitutrice, che legati da unoscuro legame sono entrambi mortipoco tempo prima e sono ritornati areclamare le anime dei due bambini. Esistono un prima e un ben più in-quietante dopo nell’interpretazione diquesta stupefacente opera letteraria elo spartiacque è costituito dalla letturapost-freudiana che ne ha dato Ed-mund Wilson secondo cui i 2 “fanta-smi” altro non sarebbero che lesuggestioni di una ragazza nevroticaalle prese con un compito gravoso chela costringe all’isolamento.L’indizio più macroscopico che ci halasciato Henry James circa la veridicitàdi questo tipo di lettura sta nel fattoche fino alla fine sia l’istitutrice l’unicatestimone delle apparizioni, e chel’unico punto di vista per il lettore siail suo memoriale, corredato da ansie eapprensioni. Nel prossimo articolo l’analisi della piùcelebre trasposizione cinematograficadi Giro di vite: Suspance del 1962, in-terpretata da Deborah Kerr e sceneg-giata da Truman Capote.

Una splendida dimora nellacampagna inglese, una giovaneistitutrice e due indifesi bam-bini. La perfetta essenzialità

nella trama di Giro di vite di HenryJames, racconto gotico ottocentescoper eccellenza, è fin dal suo inizio sfug-gevole e di non immediata compren-sione. Filtrata da un narratore che,raccolta per iscritto molti anni primala confidenza della protagonista, si ap-presta a narrarla in una non ben iden-tificata veglia invernale londinesedell’alta società, la storia è introdottacome doppiamente raccapriccianteproprio poiché vede coinvolti 2 bam-bini.Vera protagonista è però Miss Gid-dens, l’istitutrice che accetta il ben re-munerato incarico di occuparsi di dueorfani presso un’antica magione nel-l’Essex; a offrire il lavoro è un affasci-nante gentiluomo, lo zio dei duebambini, della quale la giovane subiscea tal punto il fascino da acconsentirealla richiesta di non disturbarlo in nes-sun caso, assumendosi completa-mente la responsabilità dei due piccoli.

di Caterina [email protected] Le suggestioni

di una ragazzanevrotica

di Beppe [email protected]

IN CUCINA

Il Mercato Centrale di San Lorenzo ha laforma di un vero e proprio Castrum(l’accampamento militare romano), conil decumanus che si chiama via Fiesole,che va da via Panicale a via Santantonino,e il cardo, via Firenze, che va da piazza delMercato a via dell’Ariento. All’interno diquesto reticolato ci sono altre dodicistrade, che si incrociano e che prendonoil nome di sobborghi legati alla storia fio-rentina. C’è via di Brozzi e via del Ban-dino; in via di San Casciano c’è latripperia di Nerbone, che è lì da quandofu posta la prima pietra del mercato nel1874. Oggi la gestisce, con grande mae-stria, il bravo Fabio e i suoi famigli, conti-nuando a fare in modo sacrosanto latrippa, il bollito, il peposo, il lesso e i pa-nini con il lampredotto, a due passi daqui verso via Calenzano c’è Simone il fio-rista, che vende fiori freschi recisi maanche quelli di plastica.In via di Rovezzano e via di Bagno a Ri-poli ci sono Moreno e Andrea che hannorilevato la storica gastronomia dei fratelliPerini. Qui è molto probabile che ci sitrovi davanti ad un caso unico in Italia,perché loro tengono aperti, quotidiana-mente, ben ottanta prosciutti: da quellinostri salati, a quelli più dolci, i loro pre-feriti sono quelli di Mercatale e quelli diCinta Senese; hanno anche prosciutticotti speziati ed aromatizzati, la sbricio-lona di Scarpaccia, i salamini al tartufo diSan Miniato e quelli naturali di Monte-roni.Continuando la perpendicolare di viaSesto è via del Galluzzo, dove Tiziano eValentina vendono la trippa, il lampre-

dotto, la poppa, la testina pressata, lazampa e i nervetti, il musetto, il centopelli e la matrice, tutti prodotti che trat-tano loro stessi a Barberino. In via di Settignano, Nicola, un decanodel mercato, vende solo carne equina chefa venire da allevamenti selezionati dellaprovincia di Padova; sul banco tiene i fi-letti, gli sfilacci di cavallo, lo stracotto diasina, le braciole, gli ossi buco e tutti itagli come se si trattasse di carne di vi-tello. Speciali sono i suoi carpacci e labresaola della Valtellina. Se si procede verso via Casellina a Torrisi trova sull’angolo, in via Signa, la bot-tega di Aladino, un simpatico pachistanoche invece vende carne di pecora, dicapra e di agnello, che, ci dice con orgo-glio, prende solo dalla Francia. Andando verso l’uscita di via Panicale cisono i pescivendoli, e dove prima re-gnava indiscusso Renzo Propidi, da tutticonosciuto come il Conte Razza, pos-siamo incontrare in via Campi Stefano

che prende il pesce a Castiglione dellaPescaia e dal ben fornito mercato itticodi Follonica, insomma tutto pesce delTirreno. Ci dice che il giovedì e il sabatole razze, i palombi, i polpi, le seppie e leacciughe arrivano freschissime. Prima diuscire per piazza del Mercato in via Fi-renze da circa un anno si parla tedesconel Würstelland (la terra del salsicciotto)di Katja, dove si possono gustare nelclassico panino nero salsicce di fegato, disanguinaccio o bianche con i crauti, lostinco di maiale, insalata di patate conspeck, zuppa di patate, il Gulasch e i tra-dizionali Brezel.In via di Fiesole soffocato, circondato, in-castonato e avviluppato fra filetti di bac-calà, botti di aringhe, barattoli di tonno,di ventresca, di acciughe, di sarde cala-bresi sotto sale e di tronchi di stoccafisso,in un’angusta bottega di tre metri perdue, si trova Marcello, che a parte alcunitipi di pecorini, come quelli maremmani,molisani (i’ Moliterno), la caciotta Re-

La città metropolitanadel buon gusto

gina di Seggiano (Monte Amiata) o diformaggi d’alpeggio quali i’ Puzzone diMoena (della Val di Fassa), il Bagoss diBagolino (nel bresciano), il Castel Ariunt(della Val di Gesso) o il Montasio di latte-ria (Friuli); vende olive di tutti i tipi:quelle di Gaeta, quelle di Kalamata (Gre-cia) e le famose olive Taggiasche (diArma di Taggia), ma soprattutto spacciabaccalà. Questo pesce, è bene sapere, cheè una cosa seria qui in Toscana ma so-prattutto lo è per Marcello, che nella suacarriera ne ha visti di diversi tipi che vadoad elencare, sottolineandone le caratteri-stiche e le doverose modalità per renderlicommestibili ma procediamo con or-dine. Il tipo Sangiovanni proveniente dalCanada (dai banchi di Terranova o delLabrador), va tenuto in bagno per tregiorni cambiando l’acqua due volte algiorno ed è indicato per essere fatto inbianco o con i porri o con le patate,quello Faroese gigante (delle isole da-nesi) dopo quattro giorni di bagnaturacon cambio due volte al giorno meritafarlo arrosto, alla griglia o bollito, mentre ifiletti dopo 48 ore di bagnatura sono in-dicati per essere fatti alla livornese o fritti.Poi, per i palati più esperti e raffinati cisono i filetti di baccalà islandese e norve-gese. Una menzione a parte la merita lostoccafisso, lui tratta solo quello dettoRagno bagnato o secco delle isole Loffo-ten in Norvegia, che va battuto, rigorosa-mente con un martello di legno, per unadecina di volte, poi va messo per 36 orein acqua con abbondante bicarbonato(due etti più o meno), dopodiché vaaperto, ben sciacquato e rimesso nell’ac-qua per quattro giorni cambiandola duevolte al dì, poi si cucina come si credemeglio.

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Forse ti penso troppo. Ho sempre un ronzio dentro la testa. Gli uomini si dividono fra quelli che hanno il ronzio dentro latesta e quelli che no. Lo sai che continuo sempre a pormi domande.Ma alle grandi domande: cos’è la vita e cos’è l’amore, non soancora rispondere.Io come sono nato? Per scissione binaria? Quando l’ho chiesto ai miei genitori, il babbo è arrossito.Mamma, che è una donna pratica, invece mi ha risposto subito:“Sei nato, perché il tuo babbo aveva 600 milioni di spermato-zoi”.

Non sono rimasto soddisfatto. Innanzitutto, come ha fatto mamma a contarli? Questa storia che sono nato così, solo perché il babbo era unrisparmiatore e aveva messo 600 milioni di spermatozoi daparte, mi pare una bischerata.Ho letto su testi scientifici importanti che l’uomo ha 3000 car-tucce da sparare.O quante ne aveva sparate il babbo? Devo chiedere alla mamma. Tu, cara, lo sai come sei nata? Non abbiamo mai parlato di questo argomento spinoso. Chiedi alle tue amiche se lo sanno.Dopo vado a trovare Guth, il mio vecchio compagno di Uni-versità. Secondo lui si può viaggiare nel tempo, perché nellatessitura dello spazio, ci sono dei tunnel.A me questa storia dei tunnel, mi pare una bischerata.Però, se trovo un tunnel, ci entro dentro di sicuro. Lo sai chesono curioso. Dove finisco, finisco.Cara, ti abbraccio. Il mio cervello quantistico ti manda unbacio.Tuo per sempre…RogerPS. Anche “Tuo per sempre”, mi pare una bischerata.

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.com sabato 18 ottobre 2014no95 PAG.9C.com VISIONARIA

di Simonetta [email protected]

La nuova opera in costruzione checambierà l'aspetto di una zona diParigi, quella vicina al famoso e fre-quentatissimo Marais, si chiama

La Canopée come la parte alta degli al-beri, la più esposta all'aria e al sole. So-stituirà il Forum des Halles e saràcompletata nel 2016, ma il progressodei suoi lavori può essere seguito digiorno in giorno sul sito ufficiale. Il pro-getto, scelto attraverso un concorso in-ternazionale e il giudizio dei cittadiniche per mesi hanno potuto visionare lediverse proposte presentate, è quello diPatrick Berger, autore a Parigi del ParcCitroen e del Viaduct des Arts, premioGrand Prix per l'architettura e di JacquesAnziutti. Da sempre il francese PatrickBerger dopo aver studiato etnoarchi-tettura in Nepal, richiama nei suoi pro-getti l'ambiente, e così La Canopée nellaparte esterna si presenta comeun'enorme foglia svolazzante di unverde traslucido che ricopre due edificiuniti da un enorme patio centrale che,al riparo dalle intemperie, ospiteràeventi culturali. Nei 7 ettari a disposi-zione distribuiti su 8 livelli, 5 dei qualisotterranei, le cifre sono impressionanti:2600 mq di giardino d'inverno, 1050mq di biblioteca, 1400 mq per uno spa-zio dedicato alle pratiche artistiche,6.300 mq. per lo shopping e poi unenorme parcheggio, 5 linee di metropo-litana........Ma tutto questo sarà suffi-ciente almeno qualche decina d'anni?La storia di questa centralissima por-zione di Parigi è da raccontare:Sul luogo, fin dai tempi remoti, ai bordidi un marais, zona malsana e paludosa,ci è sempre stato un mercato ma la do-cumentazione storica inizia nel 1137quando Luigi VII decide di ampliarnein legno uno preesistente a cielo apertoe nel corso dei secoli questo diventasempre più grande e prospero. Nel 1700il mercato si espande sopra un cimiteroabbandonato. Nel 1808 viene distruttoe ricostruito. Ormai non si vende piùsolo frutta e verdura ma anche stoffe,pelli, pesce....E' diventato la principalefonte di approvvigionamento per Parigie i suoi sobborghi e quotidianamenteaccoglie dense folle tra le microscopichebotteghe di artigiani e mercanti, le mercistipate, i mille odori e rumori. Verso lametà dell'ottocento, in un momento dienormi cambiamenti della città adopera del barone Haussman, Napo-leone III affida all'architetto Victor Bal-tard il progetto di sostituire il vecchiomercato di legno con dei padiglioni invetro, ghisa e ferro. In un primo tempodei 12 padiglioni del progetto collegaticon strade coperte ne sono costruitisolo 10. Suscitano grande ammirazioneperché oltre che un capolavoro di legge-rezza e trasparenza sono anche una pro-dezza tecnica per come ricevono luce eventilazione in maniera naturale dallegrandi vetrate. Ma come scritto nel de-stino di questo luogo, il progetto si rivelarapidamente insufficiente per l'afflussodi gente sempre più pesante nonostantela costruzione degli ultimi due padi-

a Rungis, luogo più adatto per le esi-genze commerciali contemporanee es-sendo all'incrocio di grandi assiautostradali e ferroviarie. I meravigliosipadiglioni di Baltard, vero patrimonioartistico, nonostante le proteste dei pa-rigini e le offerte di collezionisti di com-prarli, vengono distrutti nel 1971lasciando al loro posto un buco impres-sionante, le Trou des Halles, così grandeda essere scelto dal regista Marco Fer-reri per ambientare il suo film westernNon toccare la donna bianca con Mar-cello Mastroianni e Philippe Noire. Dal1977 al 1986 viene costruito il bruttoForum des Halles, che si propone di di-ventare il cuore dello shopping pariginoma non regge all'assalto giornaliero dicirca 750.000 persone e dopo venti annidalla sua costruzione viene demolito.Ora tocca a La Canopée continuare lastoria....

600 milionidi spermatozoi

Una fogliasvolazzante per coprire

il ventredi Parigi

di Massimo [email protected]

SCAVEZZACOLLO

glioni. Les Halles diventa “il ventre diParigi” ben descritto nel libro di EmileZola. Attraverso le descrizione minu-ziose e dettagliate e i suoi protagonistilo scrittore ci fa rivivere il chiasso assor-

dante del brulichio di gente, i colori e gliodori delle tonnellate di cibo di ognisorta, da quelli pregiati riservati allaricca borghesia agli avanzi per i più po-veri. Nel 1968 il mercato viene trasferito

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.com sabato 18 ottobre 2014no95 PAG.10LUCE CATTURATA

di Alessandro [email protected]

MUSICA MAESTRO

Come molti paesi dell’Europa cen-trale, la Polonia ha dato un contri-buto importante alla storia dellamusica. Nonostante questo, dallamorte di Chopin (1849) è trascorsooltre mezzo secolo prima che il paesemitteleuropeo riacquistasse una posi-zione rilevante in questo campo. La svolta decisiva è avvenuta nelprimo Novecento grazie a Karol Szy-manowski. Quindi si è consolidatacon i quattro compositori che Ber-nard Jacobson analizza in A Polish Re-naissance (Phaidon Press, 1996):Henryk Górecki, Witold Lutoslaw-ski, Andrzej Panufnik e Krysztof Pen-derecki. Anche se non è facile dire chi siastato il più grande compositore po-lacco nato dopo Chopin, Lutoslawski(1913-1994) è certamente uno deipochi che possano aspirare a questoprimato. Diversamente da Panufnik, che nel1954 lascia la Polonia per stabilirsi inGran Bretagna, Lutoslawski rimanesempre in patria. Indipendente e ri-goroso, avverso ai dogmi, il composi-tore riesce a convivere con le pesantirestrizioni imposte dal regime comu-nista. Conserva la propria integritàartistica e non si allinea mai.

Come il suo amico Benjamin Britten,non aderisce ai dogmi della scuola diDarmstadt, che sente profonda-mente estranea. La sua musica con-serva infatti certi elementi melodicied emotivi assenti in gran parte deisuoi contemporanei. Questo spiegaperché non suscita l’ostilità che ilgrosso pubblico riserva ad autoricome Berio, Cage, Stockhausen e

molti altri.In ogni caso Lutoslawski non è unneoclassico, ma un compositore de-cisamente contemporaneo. All’iniziodegli anni Sessanta mostra interesseper le innovazioni di John Cage acco-gliendo certe influenze della musicaaleatoria. Questa viene però riletta inun modo personale che ne respingele applicazioni estreme: da una parte,gli arrangiamenti basati sulla mate-matica di Xenakis, dall’altra il rifiutototale dei sistemi tradizionali. Laterza via elaborata da Lutoslawski ac-coglie l’elemento aleatorio, ma sem-pre all’interno di regole fissatedall’autore. La composizione che segna l’ado-zione di questa nuova tecnica è JeuxVénitiens, un brano cameristico com-posto fra il 1960 e il 1961.Uno dei momenti più alti dell’operalutoslawskiana rimangono comun-que le quattro sinfonie. Compostenell’arco di mezzo secolo, queste per-mettono di cogliere l’evoluzione delsuo linguaggio musicale, dagli ac-centi neoclassici della Prima (1941-1947) a quelli atonali della Quarta(1992).

Nel 2013, in occasione del centena-rio della sua nascita, Esa-Pekka Salo-nen ha registrato le quattro sinfoniecon la Los Angeles Philharmonic Or-chestra (Sony Classical, 2013). Il ce-lebre direttore finlandese aveva giàregistrato queste composizioni, manon le aveva mai raccolte in un solodisco. Compositore prolifico, Luto-slawki ha scritto in prevalenza mu-sica orchestrale, dedicandosi invecepoco al piano. Proprio per questomerita attenzione il CD di Ewa Ku-piec Complete Works for Solo Piano(Sony Classical, 2013). Ad eccezione di Invention (1968), ul-timo brano per piano scritto da Lu-toskawski, tutte le composizionirisalgono all’età giovanile.Sono ancora presenti le influenzedella musica popolare (Melodie Lu-dowe e Bukoliki) e raveliane (Sonataper piano). Intensa e precisa l’esecu-zione di Ewa Kupiec, che in gio-ventù ha collaborato conLutoslawski. Legata in modo parti-colare ai compositori polacchi, lapianista ha registrato recentementeanche lavori di Panufnik e di Gra-zyna Bacewicz.

La terza via di Lutoslawski

di Ilaria [email protected] Città d’acqua Lucca Via Anfiteatro

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di altri interpreta il crepuscolo socialedel nostro tempo. Gli squassi delvento dell’Informale sono ormai allespalle e il Maestro, guardando gli ac-cadimenti dall’alto della sua collina diTerzano, ci regala opere che ha amatofino a far parte del suo paesaggiodell’anima. Dalla Fonte nera (il suoomaggio a Brancusi padre della scul-tura moderna), alla Falce di fuoco,alla Signora Madre Terra, al crepu-scolare Monumento al cipresso, Gua-sti, reimpiegando il suo intensorepertorio materico, sembra contrad-dire l’assioma di Adorno, spingendoora l’arte verso il ristabilimento del-l’ordine dal caos. E forse, questa sem-bra essere la cifra significativadell’ultima plastica guastiana: ristabi-lire un dialogo umanizzante a frontedel tintinnio e della spettacolarizza-zione dello shopping mall, di questoininterrotto itinerario commerciale acui sembriamo irreversibilmentecondannati. Con ciò postulando unalinea tracciante di dialogo fra la suaopera e lo spazio urbano”. Già, lo spazio urbano: perché Guasti,più di altri ha lavorato per arricchire,qualificare lo spazio urbano. Infatti, lospazio urbano, e dunque la piazza, lastrada, il viale, il giardino, il parco, co-stituiscono il luogo dell’immaginariodi una comunità.Prendiamo pure tre casi emblematicidi spazi urbani, di piazze della vecchiaEuropa: la piazza del Campidoglio aRoma, la piazza San Venceslao aPraga. Piccadilliy Circus a Londra.Difficilmente riusciremmo ad imma-ginare questi tre prestigiosi episodiurbani senza la presenza di quellesculture che fissano – ciascuna a suomodo – un pernio, un asse, una diret-trice visiva e percettiva, costituendosianche come parametro per la com-mensurabilità psicologica dellapiazza.C’è dunque materia giustificativa perparlare dell’idea di spazio urbano che

è forma progredita dello spazio, cer-tamente qualcosa di più del concettoaristotelico asciuttamente fisico di unluogo occupato dai corpi.E che lo spazio urbano faccia partedella nostra esperienza esistenzialenon v’è alcun dubbio: come tale èstato ed è oggetto di indagine daparte del pensiero filosofico e scien-tifico.Nella città e nel suo spazio urbano icontenuti di socialità, (relativa al vi-vere civile) e il fatto urbano (inerentealla forma fisica, fenomenica) sonocompresenti e inscindibili, a formareun compendio organico.Insuperabile, in questo senso, la lu-cida analisi lasciataci da Lewis Mum-ford nel suo studio sulla ‘cultura dellacittà’: “La città, quale si rivela nellastoria, è il punto di massima concen-trazione dell’energia e della cultura diuna comunità.Lo spazio urbano finisce così per fun-zionare quale organo specializzato ditrasmissione sociale, accumulando erealizzando l’eredità di una regione,fondendola con l’eredità culturale diunità più vaste, nazionali, razziali, re-ligiose e umane”.Ne deriviamo dunque il modernoconcetto di bene culturale ambien-tale.Dunque, un ruolo quello, della “scul-tura urbana” di Guasti, che può averevalore di riscatto, di qualificazionedello spazio urbano, di “moltiplica-tore” della vita di relazione: un anti-doto, in sostanza, al crepuscolosociale del nostro tempo.Dobbiamo esser grati al Maestro peraverci accompagnati in questi de-cenni, tenendo alta la bandiera dellacultura artistica; senza la quale sa-remmo sicuramente, a livelli di dispe-razione sociale.Grazie dunque, caro Marcello ! Gra-zie per averci insegnato che si puòesser fedeli all’arte per tutta intera unavita!

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.com sabato 18 ottobre 2014no95 PAG.11C.com

Evento davvero bello questo deinove decenni di Marcello Gua-sti: un maestro che è rimasto fe-dele all’arte, traversando stagioni

espressive tumultuose, oscillazioni dicultura artistica fra i continenti, criti-che talvolta laceranti fra scuole dipensiero diverse. Guasti ha saputo tenere dritto il ti-mone della sua poetica, sperimen-tando percorsi non sempre facili macomunque necessari, com’è semprestato nelle grandi stagioni dell’arte peri maestri longevi e attenti ai muta-menti della vita.Ho avuto l’occasione e la fortuna diaccompagnarlo criticamente in piùoccasioni, in ragione della nostra re-ciproca stima , ma anche per una for-tunata coincidenza di vita che ci hatenuto vicini per care, comuni amici-zie : ne ricordo alcune: Pietro Parigi,Maria Ceccatelli, Mario Fallani, RaulMagni, Marco Fagioli. Tutti espres-sione di quella che definisco la“scuola di Porta Romana”, che è statauna delle maggiori fucine artistichedel Novecento. Nel 2004 uscì la più compiuta mono-grafia sul lavoro del nostro Maestro. Ein quella occasione ebbi occasione ditracciare un bilancio della complessalettura filologica e critica che si eradata dell’opera guastiana. Vi scrivevoche... “E’ un singolare itinerario quellotracciato dalla critica (anche quellapiù attenta) per l’opera di questo Ar-tista; di un “primitivismo rude e sti-lizzato, latamente di stampo egiziano”si legge in un banale passaggio pre-sente nel catalogo della mostra ‘Con-tinuità. Arte in Toscana 1945-1967’;di contiguità fra materiali antichi enuovi resi disponibili dai processiproduttivi dell’industria (alludendoalla fluidità del plexiglas) secondoMichelangelo Masciotta che nescrisse nel 1980, di interprete attentodell’informale. Non c’è dubbio che suGuasti, il più compiuto svolgimentocritico si debba a Lara Vinca Masini:è sua la collocazione datane nellascultura europea del secondo dopo-guerra nel ‘simbolismo metafisico’con cui ne è delineata la personalecouche linguistica. Il fatto è che que-sta quota di appartenenza e al simbo-lismo e alla metafisica gli è rimastaattaccata addosso (criticamente, s’in-tende) suo malgrado, così da far im-mensa fatica a cogliere gli svolgimentidella sua opera dopo gli anni Settanta.Insomma, c’è una specie di “condannacritica” (positivamente nata, ma poifossilizzatasi) che va rimossa. In que-sti ultimi vent’anni Guasti ha lavoratointensamente, portando avanti il suolavoro in una feconda solitudine spi-rituale; sapendo come pochi altri, so-stare sulle cose; riguardandoquell’intervallo perduto (di dorfle-siana memoria) che sembra definiti-vamente cessato dai ritmi della nostracontemporaneità”.Guasti, e siamo negli ultimi decenni,diventa sempre più lo scultore che più

ICON

di Francesco Gurrieri

Testimonianzabrevein occasionedei suoi90 anni

Per Marcello Guasti

Dall’alto Renaiolo - 1951-52 – xilogra-fia, Fiesole monumento in memoriadei tre carabinieri M.O. 1964, Operenel suo giardino-studio

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.com sabato 18 ottobre 2014no95 PAG.12

Stranamente la testa di Firenze “è” lesue mani. Nel senso che la sua gran-dezza è nata e cresciuta nel lavorodel popolo. Un popolo operoso digrande sensibilità per tutto ciò che èarmonia, da quella del Pensiero aquella del Fare. In sintesi è questa laradice della sua grandezza. Come seFirenze fosse stata giustiziata senzacolpa, mozzate le sue mani è la suatesta che è stata mozzata e poi dis-solta nel nulla, o meglio nell’alcool enelle droghe abusate dai suoi figlipiù giovani, la sua Speranza che sista distruggendo con quelle stessemani ora diventate devastatrici.Poco tempo fa, eravamo appena nel2005, era stata approvata la proroga[con modifiche] del Piano di Settoredel Commercio di cui alla prece-dente delibera 877/2000. Lo scopoera tutelare il piccolo e medio com-mercio e salvaguardare gli esercizistorici proteggendo le “Botteghe ar-tigiane di qualità” [cioè, in pratica,tutte]. Fin dal decennio 1999/2009 ‒essendo sindaco Leonardo Dome-nici che poi passò il testimone aMatteo Renzi ‒ fu sempre più pres-sante riorganizzare il commercio, re-stituendo alle botteghe la tipicità deiloro prodotti e promuovendo l’atti-vità di quei locali che oggi sono defi-niti “storici”. Ma poi, con le elezionidel 7 giugno 2009 venne Dario Nar-

della. Dapprima vice sindaco e as-sessore all’Annona e Sviluppo Eco-nomico, fu poi “sindaco facente lafunzione” di Matteo Renzi che nelfrattempo era stato mandato dal Pre-sidente della Repubblica a fare ilPremier, e oggi è sindaco. E conDario Nardella nei suoi diversi ruolisono cominciate le scelte di governocittadino che oggi, come tutti pos-sono vedere, deturpano gravementeFirenze fino a farne una “trashtown”, un mucchio di spazzatura.Senza nessuna progettazione del-l’uso della Città – oggi becero eprivo perfino dell’ombra di una cul-tura urbana – le antiche botteghe ar-tigiane sono state obbligate dalcosiddetto “mobbyng economico” alasciar posto a una dose immane econcentratissima di licenze per“drink and food”, drinkeries e de-hors demenziali che però hanno una“posizione” che offre un redditomolto più alto di una “umile e pic-cola” ma “grande” Bottega Arti-giana. Tutti, anche i netturbini chela mattina presto rimuovono monta-

gne di spazzatura ormai esausta rite-nendo così di “ripulire Firenze”,sanno che se non è affrontato tem-pestivamente il degrado ambientalepuò rendere il Centro Storico di Fi-renze sempre meno vivibile fino afargli smarrire il suo fragile e armo-nico valore di “world heritage”. Eciò avviene ormai ogni notte finoalle prime ore della mattina. Poi,come nell’incubo della “Danza Ma-cabra” del famoso Disneyshort, tutto torna normale, tutto ri-sepolto nell’indifferenza e nell’igno-ranza superstiziosa dalle quali erauscito. Fra le “minacce” (cfr Piano diSettore del Commercio) incom-benti su Firenze furono profetica-mente elencate: i) presenzeturistiche non governate; ii) perditadi valore del patrimonio artistico;iii) mobilità fuori controllo; iv) de-grado dell’ambiente urbano; v) spo-polamento dei residenti e perditadell’identità culturale ... Ci siamogià. Uccisi gli artigiani, senza più leloro mani sapienti e laboriose, ancheFirenze morirà. Per decapitazione.

di Luisa [email protected]

KINO&VIDEO

Nella variegata gamma delle rap-presentazioni quella cinemato-grafica è secondo me la piùidonea a definire un oggetto

come il ventaglio poiché aggiunge al-l’immagine il movimento ad essa con-naturato, ne riproduce le possibilitàsonore e indaga le variabili semantichedella dinamica ad esso correlata. Attra-verso la filmografia potremmo quasi ri-costruire la storia del ventaglio a partiredai vari colossal che ci mostrano fa-raoni e cleopatre refrigerati da sontuosiflabelli il cui solenne ondeggiamento,oltre a sottolineare la “sacralità” dei per-sonaggi, produce un indubbio effettoscenico. Il ventaglio è ugualmente sug-gestivo quando appare nei film di am-bientazione settecentesca: qui la suagamma espressiva viene declinatacome status symbol, accessorio allamoda, passatempo civettuolo, oggettoidentitario e, naturalmente, come stru-mento di seduzione. Proprio nel venta-glio, infatti, gli espliciti ammiccamentidelle Marie Antoniette & C. trovanoun alleato fedele per comunicare ardorie passioni di cui risulta emblematica lascena girata da Sofia Coppola. Talisfrontatezze hanno il loro contraltarenei gesti pudichi di eroine e damedell’Ottocento che celano dietro que-sto “paravento del pudore” i segretimoti dell’anima demandando a questoprezioso gingillo il compito di manife-stare impazienza, attesa, trepidazione,gelosia o delusione. Sempre e comun-que il ventaglio è un elegante ed inse-parabile “disimpegno” per debuttanti onobildonne agée che Il Gattopardo haimmortalato nella mitica scena delballo.Certo, nei film storici possiamo imbat-terci in qualche presenza anacronisticama si tratta, al massimo, di sbalzi cro-nologici di due secoli!Talvolta il ventaglio ha offerto addirit-tura lo spunto per la trama stessa delfilm, a questo proposito cito Il venta-glio di Lady Windermere, Il ventaglino(episodio tratto da Questa è la vita) eIl ventaglio segreto. E’ interessante no-tare come in questi tre casi venga tra-scurata l’azione primigenia di “frescura”a vantaggio di una funzione significa-tiva che si traduce rispettivamente insymbolon, in strumento di comunica-zione e in veicolo di messaggi segreti. Questo piccolo oggetto, per la sua ver-satilità, ha catturato spesso l’attenzionedi registi orientali e occidentali che,sfruttandone al massimo le possibilitàespressive, lo hanno fatto diventareestensione del corpo umano nelladanza delle cortigiane (Memorie di unageisha), arma sensuale nella Spagna bi-zetiana (Carmen Story), simbolo di co-mando dei samurai in battaglia,distintivo di privilegio per un Totò car-cerato (Operazione San Gennaro) e lecitazioni potrebbero continuare alungo. Per finire mi piace riportare la dichia-razione di Carlo Lizzani manoscritta,guarda caso, sulla pagina di un venta-glio. “Il ventaglio resuscita in me le im-

di Alessandro [email protected]

TRASH TOWN

Il ventaglioal cinema

La bulimia turistica uccide gli artigiani

magini raccolte durante i miei sog-giorni in Estremo Oriente per “La mu-raglia cinese” e “I volti dell’Asia checambia”…Balli, rituali in cui il venta-glio è protagonista. Ma il ventaglio,con il movimento oscillatorio che lemani gli offrono, evoca in me anche ilmovimento oscillatorio che da origineal ritmo dell’immagine cinematogra-fica…(2011)”.

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.com sabato 18 ottobre 2014no95 PAG.13C.com HORROR VACUI

Disegni di PamTesti di Aldo Frangioni

Per anni sono stato perseguitatodal sogno di un uomo-donnacon grandi ali e una testa di uc-cello. Noncapivo sel’assurdacreatura,inginoc-chiata difronte ame, sivolevamet-tere almioservi-zio omi mi-nac-ciava.Iltempohachia-ritoche ilmostroera lamiamorte:disponi-bile aservirmifino aquandonon mifossistancatodellasuacompa-gnia.

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.com sabato 18 ottobre 2014no95 PAG.14

di Paolo [email protected]

RI-FLESSIONI

L’arte per l’arte, scrive RogerScruton ne “La bellezza”, si-gnifica che “un’opera d’arteche si sforza di edificare il

suo pubblico, che scende dal ver-tice della bellezza pura per fare suauna qualche causa sociale o didat-tica, offende l’autonomia dell’espe-rienza estetica, scambiando i valoriintrinseci per valori strumentali eperdendo qualsiasi pretesa possaavere avuto nei confronti della bel-lezza”. Questo vuol dire cheun’opera d’arte non possa avere unmovente? E ciò è diverso dall’ipo-tesi in cui l’opera sia voluta o do-vuta per la realizzazione di unoscopo che non sia l’opera stessa?Esemplificando: “voglio trasmet-tere l’intensità, tutta la bellezza diun campo in primavera” è mozionedistinta da “voglio dipingere un belcampo di primavera per ammonireche esso non deve essere inqui-nato”? L’impulso creativo apparegravido di una attenzione ‘ontica’,di una dedizione pressoché asso-luta al proprio oggetto: questo ap-proccio non consentirebbedistrazioni di sorta perché sareb-bero incompatibili con un’espe-rienza artistica autentica. Quindiuna intenzione esterna, precedenteo comunque avulsa, estranea al-l’atto, all’intuizione, al lavorìo chene segue, sarebbe capace, laddove

SCENA&RETROSCENA

Pisciando fuori le paroleL’APPUNTAMENTO

La love medicine di Noaguardiana con il riattraversamentodei fatti salienti della sua vita pas-sata. “Tutto scorre” al Teatro Studio diScandicci. Fino a domenica 19 otto-bre ore 21.

a cura di Aldo [email protected]

Il “tutto scorre” del titolo è quellodei bagni degli autogrill, di cui laprotagonista/narratrice è la guar-diana: una favola nera in cui, a suondi cantilene, si narra il dolore, lavendetta e, infine, la morte.Al centro della scena una donna chefin da bambina ha avuto problemi dilinguaggio e che - bollata da unpadre ottuso e autoritario come“mezza muta e mezza scema” - vincela sua afasia “pisciando fuori le pa-role”. Lasciarsi scorrere la pipì tra legambe è l’unico modo che la donnaconosce per rifiutare un mondoostile e crearne un altro, accoglientee intriso del ricordo di una madrescomparsa lasciando di sé l’eco dellefavole sussurrate all’orecchio della fi-glia. I personaggi diventano creature diuna favola “nera” che getta una lucegrottesca su una certa provincia delNord Italia; una provincia dove irapporti umani appaiono falsati dailuoghi comuni, dalle frasi fatte, dalladisperazione di una sottoculturafondata sui soldi, sull'idea ossessivadel lavoro, su un maschilismo banalee violento. E così in scena si confon-dono continuamente la vita della

Conosciuta per il suo impegno perla pace e per i diritti civili, amatis-sima dal pubblico di tutto il mondograzie alla sua innata capacità di toc-care il cuore della gente con la suamusica e la profondità del suo mes-saggio, Noa sarà in concerto il 20ottobre a Firenze, a conclusionedella prima Settimana della Culturapromossa dall'Assessorato alla Cul-tura della Regione Toscana: un'oc-casione per presentare al pubblico ilnuovo lavoro �Love medicine�,e al tempo stesso ripercorrere lecanzoni più amate della carriera diquesta straordinaria interprete, ca-pace di conquistare anche l'ascolta-tore più esigente con la sua voce e lasua presenza scenica magnetica.Di nuovo a fianco di Gil Dor, concui collabora fin dall'inizio della suacarriera, con un concerto pressochétutto in acustico, Noa volge il suosguardo ai sentieri jazzistici, rima-nendo sempre ancorata alla sua di-mensione di cantante totale, ingrado di rappresentare se stessa sulpalco sia quando si cimenta con letradizioni musicali yemenite edebraiche, sia quando ritorna alle sueorigini di cantautrice dalle influenzeworld.La lunga tournée toccherà i palchi

si inserisse nel processo creativo, direttificarlo, di snaturarlo; per faredell’opera, al più, un prodotto dibuona fattura tecnica. Nel prodotto d’arte si pretende ditrovare – ed è ciò che potrebbe di-stinguerlo da ciò che arte non è -una lettura, una intrapresa origi-nale, profondamente legata alla

sensibilità e alla cultura - prima chealla capacità tecnica dell’artista.L’atto o il processo creativo, benin-teso, sarà anche ‘voluto’ razional-mente, ma questa volizione dovràessere e intendersi come parte co-stitutiva, consustanziale ad esso -giammai scaturente altrove.C’è qualcosa di intangibile, di in-commensurabile nella disposi-zione dell’artista, che ha a che farecon il suo sguardo sulle cose, con

la sua verità del mondo, con la suapercezione e interpretazione del-l’esistenza; una vena profonda, na-turale, in certo modoincomprimibile, un impasto di ra-zionalità e irrazionalità, di espe-rienza e cultura, di osservazione edi sogno, che io chiamo ‘poesia’.Credo che sia la poesia il quid plu-ris della esperienza artistica, ma siachiaro: con esiti anche imprevisti -stando alla concezione volgare chesi nutre della poesia (che definirei“poetismo”) - che includono unbello controverso, alienazione,smarrimento e disincanto, al nettodi ogni sentimentalismo (che nonè poesia ma una ennesima distra-zione da essa), senza dover neces-sariamente ‘esibirlo’ - questo fondopoetico; per arrivare persino aduna frantumazione ri-modella-zione delle forme, ad un’arte subli-mata, concettuale. Dove la poesiasi cela, si mimetizza, talvolta, abil-mente. E’ a questo livello che l’arte con-nette a distanza, ‘senza fili’, uominidi epoche e di culture disparate, unpiano nobile in cui si celebra, pun-tualmente, una corrispondenza disensibilissimi (mi si perdoni il bi-sticcio) sensi. La purezza di un’in-tenzione si mostra e si riconoscecome tale in ogni tempo, ha attitu-dine all’eternità: così la poesia uni-sce gli uomini, almeno quanto lastoria li divide.

La bellezzanon lasciaindifferenti

più importanti del nostro Paese ed'Europa. Nei concerti sarà accom-pagnata da Gil Dor alla chitarra,Adam Ben Ezra al basso e Gadi Serialla batteria."Love medicine", frutto della colla-borazione dell'artista con Gil Dor,da sempre al suo fianco come diret-tore musicale e chitarrista, nasce da4 lunghi anni di lavorazione. È co-stellato da collaborazioni congrandi jazzisti, primo fra tutti PatMetheny, che ha prodotto il primoalbum di Noa 20 anni fa, presentenell'album con "Eternity and be-auty". Poi il Brasile, con Joaquin Sa-bina (You-tù) e Gilberto Gil(Shalom a paz); e ancora, le can-zoni scritte dalla stessa Noa per ilmusical su Giovanni Paolo II "KarolWojtyla - la vera storia", più duecover.

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.com sabato 18 ottobre 2014no95 PAG.15KINO&VIDEO

AParigi, alla Cinémathèque, c’èuna mostra su François Truf-faut, la Cineteca di Bologna harestaurato il più grande dei

suoi capolavori, il primo, “I 400 colpi”,di nuovo nelle sale, in lingua originalecon sottotitoli. Che piacere rivederloal cinema! E’ il mio film preferito,quello che spesso a qualche pazientescoraggiato consiglio di vedere, quelloche ricorda che intelligenza e creati-vità sono forze della natura, capaci divincere ogni malversazione, ogni de-privazione affettiva, ogni tristezza erabbiosità e Truffaut ne è esempio ful-gido, confortante. Il film inizia con unviaggio nelle strade di Parigi, sottol’amorosa ombra della Tour Eiffel, im-ponente, come protettiva, indubita-bile simbolo fallico e di modernitàincompresa. A “faire les quatre centscoups”, il diavolo a quattro, è AntoineDoinel, un ragazzo di 12 anni. E’ Truf-faut stesso in realtà, in questo filmparla completamente della sua vita,anche negli altri peraltro, ma solo apiccoli pezzi, a citazioni sparse qua elà. La straordinaria bellezza di questaopera d’arte sta proprio nel riuscire arendere il personale emblema univer-salmente applicabile. L’interprete èJean Pierre Léaud, altro ragazzo intro-verso, con tratti di muta e determinataribellione comuni al regista. Poesia,dolcezza, infinita capacità di mostraredisamore e ostilità della madre, disa-more e incapacità di comprensione diprofessori e adulti in genere, infinitàcapacità di rappresentare la magiadell’infanzia e la sua ingenua e vitaleemotività. Memorabile la scena deibambini che guardano lo spettacolo diburattini, magiche le loro facce sor-prese, spaventate, felici, gli occhi tap-pati, le loro bocche chiuse, chemangiucchiano o che sorridono. Im-pagabile, verso la fine, il primo pianodi Antoine-François che risponde concollaborativa educazione alla Psico-loga del “riformatorio” che gli chiedei perché della sua vita e dei suoi “er-rori”. Poche e sintetiche parole raccon-tano che sa che deve la vita alla nonna,la madre voleva abortire, che lo hadato ad una balia ed alla nonna, chedel padre ha solo il nome, che lamadre per punirlo di avere preso deisoldi alla nonna glieli aveva sequestratiinsieme al libro di Balzac che quella gliaveva regalato e lo aveva venduto. Dol-cissima, quasi affettuosa, l’ironia concui viene descritta la scuola, il “prof.”di ginnastica che corre per le vie di Pa-rigi seguito dai ragazzi che pian pianose la squagliano, il ragazzino chestrappa tutte le pagine del quadernoimpiastricciate di inchiostro... Quantosia importante l’amicizia è mostratocon una semplicità... l’ abbandono af-fettivo, il disinteresse familiare pesanomeno se condivisi con un amico...quello vero si chiamava Robert La-chenay. “Il prof.” di francese che valutazero la sua narrazione, a memoria,dell’epilogo di un libro di Balzac nem-

di Cristina [email protected]

di Anna Maria Manetti [email protected]

Finalmente qualcuno si è deciso!Non era più sopportabile vedereuna città del 2000 rimasta al me-dioevo, mentre nel resto del mondola tecnologia fa passi da gigante:guarda Hong Kong, guarda Dubai oanche Città del Messico. Si deve ve-dere barconi che attraccano tirandoa forza di braccia umane canapi se-colari, e che avanzano alla velocitàdi un gozzo del tempo dei Dogi, delmatrimonio col mare ed altre similisaghe ; fasci di pali affondati, verdidi muschio e borraccine, rimasti lìdai tempi delle palafitte; palazzicome quello di Barbablù che per di-sfarsi delle mogli basta una spinta-rella sull’uscio di casa e…. patatrac,ecco l’infelice scivolare in acque pu-tride, senza bisogno di trabocchettie prigioni cavernose. Finalmente sivede qualcosa che ci ricorda chesiamo nel ventunesimo secolo e cheesistono le macchine ! Uscendo dalLido (i registi e i divi del cinema civanno per girarci gli sfondi dei pa-lazzi favolosi di Cenerentola oBiancaneve e risparmiare così gli al-

lestimenti a Cinecittà) sempre aquella velocità esasperante, è datocomunque, e finalmente! di vederegru e scavatrici e macchinari emontagne di materiale da costru-zione che ci fanno intendere che dilì a poco sentiremo i rumori futuristidella città che sale di boccionianamemoria , perché ora tutto apparefermo , ma forse è solo l’impres-sione di questa città stregata dall’im-

mobilismosecolare….Ma no, eccoche appa-iono legrandi torri,forse per laricerca delpetrolio….che sicura-mente èstato trovatodagli idea-

tori e dai conduttori della grandeimpresa chiamata Mose, perchéloro, sì, vanno e vengono su velocis-simi e lussuosissimi motoscafi chesono , eccome! di questo millennioin cui l’oro nero si materializza inbarriere non proprio coralline , mafatte di un materiale più sottile: ban-conote pressate , capaci di sostenere,chi lo direbbe mai, l’immensa im-presa del Mose.

ANTIQUARIUM

Il Mose salvatodalle acque

Comefar tesorodellepochecosebuonericevute

meno si chiede come lo conosca,anche per copiare qualcosa bisognaconoscerla. Nessun altro film riesce amostrare come si possa far tesoro

delle pochecose buonericevute...lanonna gli hap a s s a t ol’amore perla lettura, lamadre e ilpadre, purnella loranarcisisticad i s t a n z a ,quello per ilc i n e m a .

L’unica scena familiare in cui ci sianogioia, leggerezza e sorrisi è quella incui vanno al cinema. La bellezza e se-duttività della madre gli resterà nel-

l’animo: “le gambe delle donne sonoi compassi con cui si misura ilmondo”. Citerei ancora, al riformato-rio, le bambine messe in gabbiaquando scatta l’intervallo e i ma-schiacci escono, e, infine la fuga e lacorsa, lenta, determinata ed inesora-bile verso quel mare, di libertà, chenon aveva mai visto e tanto voleva ve-dere. Una delle più belle scene del Ci-nema. Il film è dedicato a AndréBazin, grande critico cinematografico,che lo aiutò a uscire dal riformatorioprima e dal carcere poi, apprezzò inlui conoscenza del cinema e capacitàcritica, fu il suo “padre” cinematogra-fico. Morì prima della realizzazionedel film.

In alto la scena iniziale dei 400 colpi. Sotto Truffaut a scuola, ilterzo da sinistra seduto sulla panca

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.com sabato 18 ottobre 2014no95 PAG.16C.com CATTIVISSIMO

di Francesco [email protected]

CCom'è che con tutti ci si intendeal volo e con gli juventini no?Sembrano i carabinieri quandoti chiedono i documenti. Fanno

i "politically correct". Sembrano abitareun pianeta altro. Alieno. Tollerano malele iperbole. Ma solo in questo ambito,quando si parla di calcio. Stranamente.Che gente. La discussioni con "loro” sidispongono più o meno in questaguisa: uno dice "cazzo” (esclamazioneper motivi x) e quelli ti rispondonocose del tipo: "sei maleducato/hai pro-blemi al membro/hai un'erezione/nonhai un'erezione"ecc. Insomma diven-tano - a fronte di enormità - dei mini-mizzatori, o, peggio, degli interpreti delsignificato letterale ossessivo-compul-sivo. Questa la loro trasposizione calci-stica, la loro "weltanschauung". Una interessante ricerca era stata con-dotta dal professor Frank Usa sul finiredegli anni Novanta. Riportiamo alcunistralci della nostra intervista dell'epocaal celebre luminare:- Ora, si dirà che è solo un problema dipalle che rotolano, di palle prese a calci(in tutti i sensi). Errore grossolano. Inrealtà è una questione di vita o di morte.La mia teoria è che i tifosi di questasquadra siano in realtà alieni, o meglio,che siano espressione del fatto che glialieni sono già qui e che ci controllano.Non si spiegherebbe altrimenti come,amici fidati, grandi menti critiche, fiordi intellettuali, possano - a fronte di evi-denti e costanti trend - rispondere conuna metafisica che potremmo definiredel "Pensiero a-critico". E’ tutto un col-lassare, insomma (cito wikipedia) “diinformazioni legate all'esperienza, al-l'osservazione, al ragionamento, di ten-tativi di andare al di là della parzialitàdel singolo soggetto”. Capisaldi teoricie prassi che, viceversa,  in altri contestied nei medesimi soggetti, rappresen-tano dogma incorruttibile della con-dotta dialettica che sta poi alla base diogni ragionamento. C'è qualcosa di "or-welliano" (fateci caso), nello juventinomedio: ciò a vari livelli, una costanteche si palesa così nell'intellettuale comenel tifoso comune, un “blog” accidioso,una sintesi sottrattiva che interagiscecarsicamente, scavando nell’intersog-gettività del tifoso della Madama Ze-brata. Sì...una risposta omogenea, unareazione pre-determinata, un vicolocieco del dubbio. Ciò è riscontrabile,oserei dire empiricamente. Lo sguardoplacido muta repentinamente, si fa "ret-tiliano", nell'esperimento che oramaiesercito da qualche anno. Parlo dello"Switch Subitaneo", ovvero di un pro-cesso di individuazione teso a smasche-rare l'alieno che possiede il corpo e lamente del tifoso bianconero. Questoesperimento lo si deve principalmentead un atto di altruismo, di cura dellaloro medesima salute, al fine di liberareil corpo dall'intruso, e definitivamente,mediante tecniche ancora da perfezio-nare, benché condotte con criteri di as-soluto rigore. Al momento, io e i mieicollaboratori, riusciamo soltanto a do-cumentare questo fatto, a rendere cioè

territorio di guerra, d'una casta, o d'unacasata -  sarà documento importante efunzionale alla ricerca, soprattutto sel'esperimento verrà condotto su largascala, da più volontari contemporanea-mente ed in luoghi differenti dellastessa città. Videoregistrare le "reazioni"sarà fondamentale per evidenziare itratti comuni, le costanti, le monotonecantilene ripetute ossessivamente, e chesono il tratto saliente che esplicita lapresenza di un organismo nel cervellodel tifoso juventino medio. Sulla basedi migliaia di dati, abbiamo potuto dun-que appurare, con relativo margine didubbio, che le risposte sono indotte. Sa-rebbe altrimenti impossibile concepireuna tale impermeabilità multilivellare adelle evidenti effrazioni di codici e re-golamenti sportivi, che dovrebbero su-scitare reazioni variegate quantomenonel simpatizzante. In altre parole, non èfantasioso ipotizzare che, nel tifoso ju-ventino medio, siano stati impiantatimicrochip di derivazione non terrestre.Pubblicheremo i nostri risultati entroun tempo ragionevole.Il professor Frank Usa scomparve in cir-costanze ancora nebulose nel febbraiodel 1998. Si è parlato di suicidio. Piùprobabile la causa dell'avvelenamento.Inutile dire che tutti i dati della sua ri-cerca sono andati perduti.

juventina

In costante cambiamento

Per la 18a edizione del festival Co-stante Cambiamento, che proponeprime assolute e produzioni d’eccel-lenza con i protagonisti della danzacontemporanea, al motto di ‘Lookout’ (programma su www.costante-cambiamento.it), domani sarà inscena al Teatro Florida la danzatricetedesca Henrietta Horn, co-diret-trice artistica del Folkwang Tanzstu-dio con la grande Pina Bausch.Proporrà la prima di Rotlicht, spin-gendosi oltre il teatro danza, insitonel suo dna, per rivitalizzarlo conironia. Sarà l'occasione per verificarecosa sta cambiando nella realtà crea-tiva del territorio di Essen, in Ger-mania, sulle tracce lasciate adistanza di cinque anni dalla cari-smatica fondatrice del Tanztheater.In Rotlicht è il colore a ispirare lacoreografa Henrietta Horn e a trac-ciare le interrelazioni di movimento,luce, musica e danza. La Horn pren-derà spunto dai brani musicali e ru-moristici della compositriceDorothée Hahne: live electronic,danza e improvvisazione creeranno

una serata strutturata in più parti. Laperformance infatti inizierà con mo-vimenti eleganti su brusche irru-zioni musicali; suoni di passievocheranno un partner virtuale,mentre i movimenti di danza si ac-cumuleranno, diventando semprepiù complessi, sempre più caotici.Nel programma si legge che ‘cam-pane rovesciate, conchiglie, caschi

militari e bossoli vengono utilizzatiper produrre suoni, mentre i movi-menti al suolo della danzatrice, sullamusica live electronics, evocano allafine dello spettacolo immagini pro-iettate, risultato di un lavoro tecno-logico che trasforma movimenti,suoni e colori che compongonosullo schermo un altro soggetto’. Ilfestival proseguirà tra gli spazi delleMurate Progetti Arte Contempora-nea (23 ottobre) e la Chiesa diSanta Verdiana (24 e 25 ottobre)con la danzatrice cinese Ching-YuChi, interprete eccelsa per le com-pagnie Tai Gu Tales Dance Theatredi Taiwan e Grace Hsiao DanceTheater, Jude & Artists DanceTroupe di Taiwan, per il FolkwangTanzstudio di Essen e guest dancerdel Tanztheater Wuppertal di PinaBausch in Le Sacre duPrintemps. La danzatrice è ospiteper una settimana di residenza al Fe-stival Costante Cambiamento conl'obiettivo di creare un ponte dellagrande coreografia internazionaletra Firenze e la Germania. L’artistaproporrà infatti un delicato passag-gio che collegherà il Sud Est asiaticoall’Europa.

di Sara [email protected]

SCENA&RETROSCENA

palese che si sta andando verso unaforma di controllo globale tramite unasorta di deriva psico-calcistica volta agenerare sostanziali livelli di massa a-critica. Il giorno migliore per l'esperi-mento è il lunedì sera, ovvero quellodeputato tradizionalmente ai processisportivi, ai commenti feroci della do-menica calcistica appena trascorsa. Oc-corre parlare, approfittando della

distrazione da aperitivo, di cronaca, fi-sica quantistica, musica, gossip, movi-menti della tettonica a placche,inserendo ad un determinato punto -“d’emblée”,- una frase provocatoria, conallusioni evidenti alla malefatta di turno,al favore arbitrale ennesimo teso a favo-rire la squadra degli Agnelli. L'osserva-zione delle reazioni comuni - ancestrali,come a difesa d'un non ben precisato

La weltanschauung

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.com sabato 18 ottobre 2014no95 PAG.17C.com REBUS ISPANICO

di Fabrizio [email protected]

Era la sera dell’8 aprile 1498, Dome-nica delle Palme, quando una folla in-ferocita diede l’assalto al convento diSan Marco, dove si trovava Savona-rola con la maggior parte dei suoi se-guaci. Strana coalizione quella checonduceva l’attacco: c’erano natural-mente i “Palleschi” (dalle palle nellostemma dei Medici), fautori della re-staurazione della signoria medicea,che però si erano alleati strumental-mente con i “Compagnacci” che, perquanto non dichiaratamente pro-Me-dici, erano comunque ostili al rigoremorale propugnato dal frate.La battaglia durò tutta la notte e fuassai cruenta; i seguaci del frate (dettii “Piagnoni”), si erano asserragliati nelconvento e, come dice un cronistadell’epoca “mostrarono che eranocosì buoni a dir paternostri come atrattare il fucile e la balestra; e daltetto, dal campanile e dalle finestrecominciarono a tirare sugli avversari”;la lotta era però impari e furono uccisi

quasi tutti. Francesco Valori, il lorocapo, fu massacratoinsieme alla moglie a colpi di roncola,probabilmente ad opera dei parenti dicinque Palleschi condannati a mortel’anno prima. Scamparono alla mat-tanza Savonarola, frà DomenicoBuonvicini e fra’ Silvestro Baruffi,solo per morire sul rogo il mese dopo.Anche fra i Palleschi si registraronomorti e feriti; fra gli altri Iacopo diTanai de’ Nerli perse un occhio, peral-tro in maniera singolare: un frateglielo cavò con un colpo di un croci-fisso di ottone.Durante tutto l’infuriare della batta-glia la campana del convento, cheaveva a sua volta preso il nome di“Piagnona”, suonò disperatamente amartello chiamando il popolo fioren-tino a raccolta in difesa dei Domeni-

cani: ma le folle che avevano assistitoalle prediche di Savonarola sembra-vano essersi dileguate come neve alsole, e nessuno rispose all’appello.Ristabilito l’ordine, non ci si dimen-ticò della Piagnona che, per decretodel Gonfaloniere di Giustizia, vennecondannata a cinquant’anni di esiliosul campanile della chiesa di San Sal-vatore al Monte. La povera campana

fu tirata giù dal campanile di SanMarco, caricata su un carretto e tra-sportata fino a San Salvatore fra glisputi e le sassate della gente e le fru-state di un carnefice destinato al-l’uopo proprio da Tanai de’ Nerli, cheintendeva così vendicare il suo oc-chio.Però Tanai aveva fatto i conti senzal’oste; scrisse qualche anno dopo fra’Pacifico Burlamacchi, uno dei pochiseguaci di Savonarola sopravvissuti:“Dio giusto giudice non volle più pro-lungare la sua vendetta, imperochèsubito li mandò un’infermità sìgrande e repentina che si morì et lacampana, che per ancora non avevasuonato, suonò la prima volta al suomortorio”. Subito si sparse la voce cheTanai fosse stato strozzato dal demo-nio evocato dalla campana maltrat-tata.In fretta e furia la Piagnona fu resti-tuita alla chiesa di San Marco, dovefece onestamente il suo lavoro perqualche altro secolo, prima di creparsie di essere messa a riposo nel Museodella Basilica.

Piazza San Marco

Per chi suonala campana

di Valentina [email protected]

E’lunedì mattina, pioviggina, esono le 9.10. Incontro perstrada un amico pubblicitario,stressato e oberato di lavoro,

forse più del solito. Come sempre il suo cellulare nonsmette di squillare, e ancora non hamesso piede in ufficio… Fra un “richia-mami fra 10 minuti ” e un “arrivo in uf-ficio e ti richiamo” riesco a estorcergliun’oretta di tempo per vederci dopo illavoro, per un plan “divertente”.Che resti fra noi, ma io alle 9.13 nonavevo ancora la più pallida idea di qualesarebbe stato il plan “divertente”.Apro quindi la bibbia madrilena deltempo libero, cioè la guia del ocio, cheogni settimana puntualmente ci ag-giorna sull’infinità di proposte in città.Ce n’è per tutti i gusti – e, letteralmente,anche per tutti i palati - e anche per bal-lerini, sedentari, scalatori, lettori, spet-tatori, visitatori, passeggiatori…Il mio indice cade sulla retrospettivadedicata a un artista italiano che saràpresente dalla settimana in corso fino ametà gennaio presso la FundaciónMarch. Certo, mi dico, non è il mas-simo proporre a un amico pubblicita-rio-stressato un museo, ma, insomma,parliamo di Depero! Persino GorgeClooney e consorte non hanno saputoresistere al gusto futurista e per le loronozze hanno scelto, per l’appunto, unatorta ispirata al futurismo…Insomma, la decisione è presa, e così, aun’ora dalla chiusura della fondazionee alla fine di un grigio lunedì, con il te-lefono che come al solito non smette disuonare, il pubblicitario-stressato e lasottoscritta superano le porte scorre-voli del padiglione centrale. Niente fila,biglietto gratis, personale sorridentenonostante l’ora, brochure della mostra

e scanzonato nell’attimo prima di spic-care il volo in deltaplano e poi, un po’più avanti, ancora un’istantanea, bellis-sima, in bianco e nero, in compagniadell’amatissima moglie Rosetta a NewYork e mi rispondo che un uomo po-liedrico e vitale come lui non può cheavere avuto una vita affascinante e di-namica e che le delusioni, come quelladerivata dagli anni trascorsi negli StatiUniti, gli saranno servite semplice-mente da trampolino per il salto suc-cessivo.Nella penultima sala il mio amico pub-blicitario-stressato mostra i primi segniche il plan sta funzionando, credo,spero. D’altronde non saremmo lì seDepero non avesse creato i primi e piùdivertenti cartelli pubblicitari perCampari dagli anni 20 in avanti, conoriginalissimi slogan in bianco e nero estravaganti pupazzi colorati e se, so-prattutto, non avesse inventato la po-polare bottiglietta rossa Camparisoda,in bella mostra in una teca ovviamentedi colore rosso.Resteremmo ancora un po’, ma i car-telli realizzati per la propaganda fasci-sta, che mi fanno spuntare una ruga infonte, e poi la voce registrata che an-nuncia che la fondazione chiuderà abreve ci spingono ad andar via.La serata però non è ancora finita, c’ètempo per un aperitivo. Pioviggina,cerchiamo rifugio in bar dove casual-mente servono anche lo Spritz, chepoco a poco sta prendendo piedeanche qui, in una terra di grandi bevi-tori di birra. Non so quanto divertente sia stato peril mio amico pubblicitario-stressato ilplan, ma una cosa è certa: se siamo quia farci uno Spritz, sotto un più mo-derno e meno futurista cartellone dellaCampari, è perché Depero era ungrande pubblicitario.

GRANDI STORIE IN PICCOLI SPAZI

Un lunedì

in mano, inizia il nostro giro per le salequasi deserte. Da quando siamo entrati il mio amicopubblicitario-stressato non ha ancorastorto il naso, segno che nutre ancoraun briciolo di fiducia in me o che ètroppo stanco per dirmene quattro.Ci lasciamo avvolgere dall’atmosfera di-stesa dei pannelli color crema su cuisono appesi ritagli di giornali, manifestie ritratti e, poco a poco, andiamo in-contro ai suoni metallici e roboantiprovenienti dalla sala centrale…TuMb TuMb ZANg! BRuM BRuM!Attraversiamo corridoi e sale, e tuttociò senza dover sgomitare, a chi d’al-tronde verrebbe in mente di andare per

musei un lunedì dopo il lavoro! Osser-viamo da vicino disegni, bozzetti pre-paratori, i celebri “quadri in stoffa”,arazzi coloratissimi e molto scenogra-fici, piccole sculture e un imponente al-lestimento scenico, quellocommissionatogli da un impresario diballetti russi nel 1916 per "Le Chant duRossignol". Il balletto, ispirato alla fiabadi Andersen musicata da Strawinskij, inrealtà, come apprendiamo dalla dida-scalia, non venne mai rappresentato, unvero peccato.Mi domando lì per lì se Depero ne siarimasto deluso, poi però mi volto e sco-pro alle mie spalle una serie di fotodell’artista che lo ritraggono sorridente

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.com sabato 18 ottobre 2014no95 PAG.18L’ULTIMA IMMAGINE

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Ecco un altro oggetto onnipresente in questa terrabaciata dal sole. Ne ho visti di tutti i tipi e di tuttele dimensioni durante i miei soggiorni, ma la cosache di più mi colpì all’inizio fu l’uso che molte per-sone facevano di questo oggetto apparentementemobile per natura e vocazione. La prima imma-gine mostra questi oggetti, piccoli, medi e grandi,

ma tutti saldamente ancorati alla loro piazzola nu-merata. Passando più volte di fronte a questigrandi “parcheggi” mi sono reso conto che non sitrattava di persone in vacanza, tutt’altro! Nellamaggior parte dei casi erano coppie di pensionatiche avevano deciso di vendere la loro casa per tirarsu un po di “cash” e si erano ristretti in questi cam-

per per non bruciare in poco tempo liquidazioni(se mai ne avevano avuta una) e/o risparmi accan-tonati per il tanto agognato “retirement”. Natural-mente non era questo il caso della giovane coppiacon figli ripresa nel piazzale del Vista Point delGolden Gate Bridge di San Francisco dall’altraparte della Baia!

Dall’archivio di M

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per e Roulotte,San Jose e San Francisco, 1972