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l’altra Repubblica DA PARADISO FISCALE A PARADISO CIVILE POLITICA • SOCIETÀ • LAVORO • AMBIENTE • CULTURA • CIVILTÀ • GIUSTIZIA PERIODICO DI INFORMAZIONE EDITO DA BLACK FUTURE LA POLITICA CHE SARÀ L’EUROPA E IL REFERENDUM (CHE NON SI FARÀ PIÙ)FRONTE COMUNE / CITTADINANZA ATTIVAL’OPZIONE CINESESUPERTASSA FRONTALIERIL’8 MARZO IN QUESTO NUMERO Perché questo giornale T utta la società sammarinese sa di attraversare un pe- riodo di grande difficol- tà. Un’epoca è alle spal- le e quella che si apre è densa di incognite. Ma al buio si cammina male e si rischia di cadere, op- pure, ed è peggio, si im- magina di vedere qual- cosa e gli abbagli porta- no a decidere nel modo più sbagliato. È indispensabile capire come si è arrivati a que- sto punto. È un lavoro difficile, faticoso e che provocherà certamente le reazioni di coloro che hanno costruito le loro fortune navigando ai e oltre i confini della lega- lità. Ma per tutti gli altri cit- tadini sammarinesi (e sono la grande maggio- ranza) capire cosa è suc- cesso e scegliere un di- verso futuro sono azioni ineludibili. E quindi ecco «l’altra Repubblica», uno stru- mento in più per dare voce all’ottimismo del- la volontà, al profondo lavoro di analisi e alla costruzione di una so- gno diverso, più giusto ed equilibrato, nel quale non ci sia più posto per razziatori e mascalzoni. «L’altra Repubblica» è una voce collettiva, uno spazio aperto in cui con- frontarsi con tutti per re- alizzare il cambiamento, per definire il progetto necessario al Paese per la sua salvezza. Una sal- vezza che solo i cittadini sammarinesi possono dargli. Ma per riuscire dobbiamo riprendere in mano il nostro futuro e soprattutto ritrovare la Politica: quella vera, di tutti, dell’impegno e del servizio verso la comu- nità. Uscire dal proprio isolamento, dalla nic- chia e dall’individuali- smo è il primo passo. fronte comune Questo giornale è stampato su carta prodotta esclusivamente con fibre riciclate al 100%. Il processo produttivo è a basso impatto ambientale, la sbiancatura è realizzata senza utilizzo di cloro e il trasporto segue una politica eco-responsabile. Tassa pagata - Stampa periodica per l’interno - Aut. n. 359 del 19/06/2006 della Dir. Gen PP.TT DIRETTORE RESPONSABILE: LUCA LAZZARI graphic by luca lazzari Alessandro Rossi: «Si deve costruire un soggetto multiforme che mobiliti una politica partecipativa e si devono vincere le prossime elezioni con una vera alternativa programmatica e con uomini nuovi non contaminati dal passato»

L'Altra Repubblica Numero Zero

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Da Paradiso Fiscale a Paradiso Civile

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l’altra RepubblicaD A P A R A D I S O F I S C A L E A P A R A D I S O C I V I L E

POLITICA • SOCIETÀ • LAVORO • AMBIENTE • CULTURA • CIVILTÀ • GIUSTIZIA

PERIODICO DI INFORMAZIONE EDITO DA

BLACK FUTURE • LA POLITICA CHE SARÀ • L’EUROPA E IL REFERENDUM (CHE NON SI FARÀ PIÙ)• FRONTE COMUNE / CITTADINANZA ATTIVA• L’OPZIONE CINESE• SUPERTASSA FRONTALIERI• L’8 MARZO •

IN QUESTO NUMERO

Perché questo giornale

Tutta la società sammarinese sa di attraversare un pe-

riodo di grande difficol-tà. Un’epoca è alle spal-le e quella che si apre è densa di incognite. Ma al buio si cammina male e si rischia di cadere, op-pure, ed è peggio, si im-magina di vedere qual-cosa e gli abbagli porta-no a decidere nel modo più sbagliato.È indispensabile capire come si è arrivati a que-sto punto. È un lavoro difficile, faticoso e che provocherà certamente le reazioni di coloro che hanno costruito le loro fortune navigando ai e oltre i confini della lega-lità.Ma per tutti gli altri cit-tadini sammarinesi (e sono la grande maggio-ranza) capire cosa è suc-cesso e scegliere un di-verso futuro sono azioni ineludibili.E quindi ecco «l’altra Repubblica», uno stru-mento in più per dare voce all’ottimismo del-la volontà, al profondo lavoro di analisi e alla costruzione di una so-gno diverso, più giusto ed equilibrato, nel quale non ci sia più posto per razziatori e mascalzoni. «L’altra Repubblica» è una voce collettiva, uno spazio aperto in cui con-frontarsi con tutti per re-alizzare il cambiamento, per definire il progetto necessario al Paese per la sua salvezza. Una sal-vezza che solo i cittadini sammarinesi possono dargli. Ma per riuscire dobbiamo riprendere in mano il nostro futuro e soprattutto ritrovare la Politica: quella vera, di tutti, dell’impegno e del servizio verso la comu-nità. Uscire dal proprio isolamento, dalla nic-chia e dall’individuali-smo è il primo passo.

fronte comune

Questo giornale è stampato su carta prodotta esclusivamente con fibre riciclate al 100%. Il processo produttivo è a basso impatto ambientale, la sbiancatura è realizzata senza utilizzo di cloro e il trasporto segue una politica eco-responsabile.

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Alessandro Rossi: «Si deve costruire un soggetto multiforme che mobiliti una politica partecipativa e si devono vincere le prossime elezioni con una vera alternativa programmatica e con uomini nuovi non contaminati dal passato»

Sinistra Unita in questi anni ha dimostrato che è possibile svolgere un ruolo importan-te senza essere invischiati nel carosello politico dove le magliette non sono mai le stesse dopo la fine del primo tempo.

Questo le ha garantito il ri-spetto da parte di tutti ed una autorevolezza che oggi sta spendendo per trovare, con la sinistra più ampia e con la società civile, un pro-getto che faccia uscire la Re-pubblica dalle sabbie mobili nelle quali (consapevolmen-te) si è infilata.

Ci siamo rivolti al suo coor-dinatore, Alessandro Rossi, per chiedergli di sintetizzare le proposte su cui il Movi-mento sta lavorando.

La nostra proposta è semplice: vogliamo costruire con un vero percorso costituente dal basso, un nuovo soggetto politico capa-ce di gestire le difficoltà che San Marino vive e che vivrà ancor di più nei prossimi anni, quando vi sarà un forte ridimensionamento del benessere raggiunto. E poi va costruita una nuova classe diri-gente. Le modalità di relazione e determinazione del progetto dovranno essere innovative. La struttura dovrà essere non gerar-chica ma reticolare, a massima consultazione e massima rappre-sentatività.

Sappiamo che semplificare non è semplice, ma ora è ne-cessario. Quali sono i punti deboli di San Marino e come si può intervenire?

Dobbiamo riflettere su due pia-ni differenti, che non sono divisi come crede chi ha governato fino ad oggi: il piano della sovranità e della cittadinanza.Sul primo abbiamo i problemi più seri che rischiano di creare anche un embargo economico. Qui la parola d’ordine deve es-sere LEGALITÀ: Europa, IVA e scambio di informazioni do-vranno essere i capisaldi per un nuovo sviluppo.Sul piano della cittadinanza il lavoro è più complesso perché è fondamentalmente culturale. La popolazione è stata portata ad alti livelli di benessere ma è stata lasciata sola, senza spazi sociali e progetti collettivi, in pratica sen-za futuro. Ricostruire una nuova cittadinanza democratica attiva sarà la sfida più grande.

In questa analisi si intravve-de anche un riferimento ad un dibattito che attraversa tutto il socialismo europeo e che può essere sintetizzato nella domanda: può un capi-talismo senza vincoli essere compatibile con la democra-zia?

No, non lo è! Dobbiamo trova-re uno strumento diverso per la messa al lavoro della cittadinan-za. La molla del capitalismo è l’interesse individuale, ma l’inte-resse individuale dura lo spazio di una generazione e rischia di bruciare tutte le risorse. I cittadini del mondo devono comprendere che è necessaria, forse vitale, una nuova forma bio-economica, ed il terreno sul quale svilupparla è il COMUNE.

In questo momento la mag-gioranza sta perdendo i pez-zi: che previsione possiamo fare?

La maggioranza è in crisi per un errore di fondo: ha trasformato la politica in scontro tra fazioni in un contesto sociale dove le fazioni non esistono più. Non si può governare con il solo assun-to di ritenersi la parte migliore del Paese. Oggi, per la legge del contrappasso, il Patto subisce il fatto di dover andare avanti con solo 30 Consiglieri.Se fossero galantuomini chiede-rebbero scusa a Sinistra Unita per le umiliazioni che hanno ten-tato di infliggerle solo perché ha la dignità di un progetto che loro non hanno.A mio avviso il Patto ha un solo punto di arrivo: l’implosione.Una buona politica, una nuova fase politica ha bisogno di una forte spinta sociale. Per trovare quella spinta dobbiamo coinvol-gere i sammarinesi e far matura-re, allo stesso tempo, la proposta politica e la classe dirigente che sarà chiamata ad attuarla.

Prima della crisi i sammari-nesi erano fra i cittadini più benestanti d’Europa, ora, dopo la crisi dell’economia occidentale (le altre come sappiamo, continuano a cor-

rere) vediamo gli industriali che invitano i propri soci allo sciopero fiscale contro il Go-verno (mi riferisco alle impo-sizioni sui frontalieri). Cosa è successo nella società?

I flussi economici e finanziari ci garantivano ricchezza. Ora si sono arrestati per l’effetto blac-klist. I numeri sono impietosi. Per il 2010 il passivo di bilancio ammonta a 80 milioni di euro. Per il prossimo anno si parla di 40 milioni ma io credo che sarà più alto. Molte risorse sono state utilizzate per puntellare il siste-ma bancario. Questo rappresenta un rischio gravissimo per il Pae-se: il Governo ha sostenuto isti-tuti bancari sull’orlo del collasso perché temeva un effetto a cate-na. E adesso il debito contratto rischia di ricadere su tutti i sam-marinesi.

Quale consapevolezza c’è su questi fatti?

Diciamo che i cittadini stanno prendendo consapevolezza della distanza che li separa dalla poli-tica. Non è invece aumentata la consapevolezza sugli effetti che la crisi avrà sulle loro vite.Gli ammortizzatori sociali han-no tenuto e l’impiego pubblico ha continuata a garantire i reddi-ti. L’insieme di questi due fattori ha creato una cortina fumogena sulla crisi che, nel complesso, è percepita dai sammarinesi anco-ra come lontana.

Cosa prevede per il futuro?Per una forzapolitica il futuro non si deve prevedere, si deve determinare, a maggior ragione in tempi di crisi. È necessario costruire una unità di intenti per la risoluzione del conflitto con l’Italia che deve passare sotto la parola d’ordine LEGALITÀ, su tutti i piani, compreso quello fi-scale.Si deve costruire un soggetto multiforme che mobiliti una po-litica partecipativa e si devono vincere le prossime elezioni con una vera alternativa programma-tica e con uomini nuovi non con-taminati dal passato.

In soli due anni il Patto ha bruciato tutta la sua credibi-lità sia sul piano dei rappor-

ti con l’Italia (primo punto del programma di Governo!), sia sul piano interno, spingendo il Paese in una situazione pressoché disperata, isolati sulla scena internazionale, ma soprattutto alle prese con una grave crisi interna, senza dubbio la più grave dal do-poguerra ad oggi.Con il varo della manovra correttiva e con la Finanzia-ria 2011 si è resa evidente l’incapacità del Governo di dare risposte credibili ai citta-dini, ai lavoratori e agli ope-ratori economici su come usci-re da questa situazione. L’as-senza di un progetto, di una proposta per fare quadrare il bilancio è totale. Anziché impostare il rilancio del siste-ma sono state aumentate indi-scriminatamente le tasse con provvedimenti iniqui e per di più controproducenti. A que-sto proposito basti citare la “supertassa” sui frontalieri, in violazione delle convenzioni internazionali sottoscritte, in quanto crea una disparità che rischia di aprire un altro fronte di scontro con l’Italia, oltre a un possibile “effetto boomerang” qualora d’ol-tre confine decidessero di richiederci una serie di som-me previste da vecchie con-venzioni mai superate, e che potrebbero costarci molto più di quanto darebbe la stessa “supertassa”.Aggiungiamo altri provvedi-menti inutili come l’addizio-nale IGR a carico dei lavora-tori che produrrà un’entrata una tantum ripresentando il problema il prossimo anno; la tassa sui servizi del 3% che finirà a carico dei clien-ti quando non darà luogo a nuova evasione o alla chiu-sura della baracca da parte di operatori che preferiranno legittimamente andare oltre confine in condizioni più con-correnziali; i pensionamenti “coatti” che scaricano i costi sui fondi pensione costringen-do ad assumere nuove figu-re con risparmi molto risicati (quando invece non danno origine a convenzioni e con-sulenze in attesa di formare nuovi dirigenti).Di fronte a tanta improvvisa-zione Sinistra Unita ha dato battaglia con vigore, assieme al resto della ritrovata oppo-sizione, avanzando proposte alternative e smontando pez-zo per pezzo la finanziaria-bluff delle cifre improbabili destinate a peggiorare nel corso dell’anno (così come è avvenuto nel 2010, nonostan-te misure vergognose come il condono fiscale che premia gli evasori scaricando i costi sui più deboli e su chi ha sem-pre fatto il proprio dovere).Adesione all’Unione Europea per uscire dall’isolamento e inquadrarci in un nuovo con-testo fatto di regole chiare e nuove opportunità; scambio di informazioni automatico per mettere fine alle zone d’ombra e ritrovare credi-

bilità, adottando criteri di vera trasparenza per un’e-conomia di qualità che torni ad attrarre investimenti reali espellendo truffe, frodi, di-storsioni e soprattutto infiltra-zioni malavitose; passaggio al sistema IVA per dare ai nostri operatori maggiori cer-tezze in una dimensione di respiro internazionale e non più solo locale, sono alcune delle proposte avanzate nel corso del dibattito – tutte si-stematicamente respinte dalla maggioranza chiusa nel suo atteggiamento ottuso – che rendono già l’idea di un altro tipo di sviluppo, di un nuovo modello quanto mai necessa-rio per ripartire con forza e superare la crisi.A queste misure, Sinistra Uni-ta ne ha aggiunte ulteriori per reperire nuove entrate, evidenziando come anche le esigenze contabili immediate potevano avere un’imposta-zione differente, andando a colpire le ricchezze accumu-late in maniera non sempre cristallina e riducendo le pos-sibilità di elusione attraverso norme più specifiche. Nella fattispecie abbiamo in-dividuato come prioritaria la riforma del catasto e quella tributaria che ridefiniscano nuovi e stringenti meccanismi di controllo e accertamento, ma anche imposte mirate come quelle sulle attività fi-nanziarie, sulle compravendi-te, sulle transazioni commer-ciali, sulle rendite catastali, sui redditi da capitale, in par-te rivedendo quelle esistenti e in parte istituendone ad hoc, poiché i sacrifici, se proprio devono esserci, è bene che partano da qui anziché dai redditi percepiti lavorando. Abbiamo inoltre ribadito la necessità di garantire mag-giori risparmi investendo su una massiccia raccolta dif-ferenziata dei rifiuti del tipo “porta a porta”, sull’istituzio-ne di una sorta di reddito mi-nimo imponibile per società e lavoratori autonomi le cui dichiarazioni dei redditi in taluni casi si presentano ve-ramente poco credibili, su un tetto massimo da applicare alle cosiddette “pensioni d’o-ro” per una gestione più ocu-lata delle risorse e una loro migliore distribuzione.Non ci meravigliano l’esito delle votazioni e la boccia-tura dei nostri emendamenti, quanto invece la ridicola fuga della maggioranza che ha evitato il confronto, tanto da costringere il Consiglio ad un irrispettoso dibattito notturno, così da impedire ai cittadini di seguire la discussione. L’atteggiamento di arrogan-za del Patto è stato indice della sua estrema debolezza. Ed infatti proprio in questi giorni i nodi stanno venendo al pettine, mettendo a nudo una maggioranza che non c’è più né in Consiglio né nel Paese e che affida le sue ulti-me speranza solo alla nuova legge elettorale, continuando a tenere bloccato ogni possi-bile cambiamento.

2) l’altra Repubblica n. 0 febbraio 2011 l’altra Repubblica n. 0 febbraio 2011 (3

Fin da quando il Comitato Pro-motore del referendum ha co-minciato la raccolta delle firme, il Governo non ha mancato di manifestare la propria insoffe-renza per l’iniziativa, bollata come intempestiva e inutile.La sentenza del Collegio Ga-rante di ammissibilità del que-sito aveva suscitato immediata la reazione del Governo, che si è messo all’opera per impedir-ne lo svolgimento, conducendo un’azione molto ambigua. Pro-va ne è che nella seduta consi-liare del 15 dicembre 2010 la maggioranza ha respinto un Ordine del Giorno che chiede-va espressamente di “…inoltrare immediatamente formale richiesta di adesione all’Unione Europea…” e ne ha approvato un altro che prevede “…di aprire un negoziato finalizzato a conseguire una mag-giore e migliore integrazione della Repubblica di San Marino a livello europeo…”.Successivamente, il Segreta-rio di Stato per gli Affari Este-ri ha inviato rispettivamente al Presidente della Commissione Europea ed al Presidente del Consiglio Europeo una lette-ra in cui si richiede: “…di poter avviare quanto prima un negoziato finalizzato al conseguimento di una maggiore integrazione della Repub-blica di San Marino con l’Unione Europea…”. Il Governo in data 1 febbraio ha quindi deliberato l’attivazione della procedura per l’interruzio-ne del referendum prevista dalla legge nel caso in cui il quesito venga recepito nella sostanza.La sentenza del Collegio dei

Garanti è l’ultimo atto di un percorso con cui il Governo ha ottenuto di impedire ai cittadini di esprimersi su una questione fondamentale per il futuro del Paese.Il Governo ha conseguito il suo scopo a discapito della demo-crazia, non volendo neppure ascoltare il parere dei sammari-nesi su una questione tanto im-portante, e ha sottratto alla Re-pubblica la possibilità di essere il primo Stato a chiedere l’ade-sione all’Unione Europea sulla base di una decisione adottata in piena consapevolezza e re-sponsabilità dalla maggioranza dei cittadini.Va tuttavia rilevato che la di-chiarazione di interruzione del referendum equivale nei fatti ad attribuire a tavolino la vittoria al SÌ.Non a caso nella sentenza del Collegio Garante, che tutti sia-mo chiamati a rispettare, com-preso il Governo, si legge: “…il quesito si riferisce ad una richiesta di «far parte» dell’Unione Euro-pea, cioè di «adesione» all’Unione stessa..” che è diversa dalla mag-giore integrazione di cui parla il Governo, in quanto quest’ul-tima, recita ancora la sentenza, “…potrebbe comportare solo un approfondimento e un ulteriore svi-

luppo dell’Accordo di cooperazione e Unione doganale stipulato il 16 dicembre 1991 fra la Repubblica e l’Unione, il quesito è invece volto a far sì che la Repubblica «faccia par-te» dell’Unione…”.Ancora la sentenza recita: “…il documento adottato dal Congresso di Stato con delibera n. 12 del 1 feb-braio 2011 espressamente e diffusa-mente enuncia le diverse iniziative politiche e diplomatiche attivate dal Governo, che sono espressamente qualificate come attività di valuta-zione delle condizioni per la propo-sizione della candidatura della Re-pubblica all’ingresso nella Unione europea”. L’antecedente Ordine del Giorno del Consiglio Gran-de e Generale del 15 dicembre 2010, del quale il documento del Congresso esplicitamente costituisce seguito, è a sua vol-ta esplicito nel dare mandato al Governo “di assumere tutti gli elementi utili e di valutare la sussi-stenza delle condizioni politiche ed internazionali necessarie per avvia-re il negoziato per l’ingresso della Repubblica nell’Unione Europea”.La sentenza conclude quindi ri-levando che: “…tali atti sono stati indirizzati ai Capitani Reggenti dal Congresso di Stato, con la espressa richiesta di inoltrarli a questo Col-legio Garante ai fini dell’accerta-mento finalizzato alla interruzione

delle procedure referendarie: con ciò chiaramente esprimendo l’avviso del Governo stesso in ordine alla piena conformità delle attività svol-te alla «sostanza» del quesito refe-rendario ai sensi dell’esplicitamente richiamato articolo 26 della Legge n. 101/94…”.Ne consegue che il riconosci-mento della conformità degli atti compiuti dal Governo in relazione al quesito referenda-rio poggia esclusivamente sul presupposto vincolante che l’e-sito dell’azione messa in atto dal Governo sia indirizzata alla presentazione formale della do-manda di adesione della Repub-blica di San Marino all’Unione Europea.Il Governo deve smettere di gio-care con le parole, che è ciò che ha fatto fino ad ora per evitare il referendum e fare il proprio comodo. Dunque, la «maggio-re integrazione» che il Governo dichiara di voler perseguire è accettabile unicamente se signi-fica «richiesta di adesione» da presentare in tempi ragionevoli. Non tranquillizzano, purtrop-po, anzi confermano la malafe-de del Governo su questo pun-to, le parole rese ai microfoni di San Marino RTV dal Segretario di Stato per gli Affari Esteri, che dichiara l’impegno di “…avvi-

cinarci all’Unione Europea nelle forme ritenute le migliori possibili”, che non è “far parte dell’Unione Europea” come chiedeva il que-sito e come ha chiarito la sen-tenza del Collegio Garante.Il Comitato Promotore, anche alla luce di tali dichiarazioni, intende mettere in atto ogni iniziativa utile per assicurare il conseguimento dell’obietti-vo per il quale si è costituito e onorare il sostegno dei tanti cittadini che hanno apposto la loro firma affinché si potesse adottare una decisione chiara e condivisa sulla questione, che si trascina da anni, dell’adesione della nostra Repubblica all’U-nione Europea.Il Comitato Promotore inoltre invita le forze politiche, le or-ganizzazioni sindacali, le asso-ciazioni di categoria, le espres-sioni organizzate della società civile che avevano assicurato il loro sostegno al referendum a coordinarsi per monitorare la coerenza e l’operatività del Governo rispetto all’impegno di avviare le procedure per l’a-desione all’Unione Europea e denunciare all’opinione pubbli-ca ogni ritardo ed ogni atto con-trario a tale impegno.

■ ANNULLATO IL REFERENDUM SULL’EUROPA ■ LE REAZIONI DEL COMITATO PROMOTORE ■ «Il Governo ha il vincolo di presentare

formale domanda di adesione»

di Patrizia Busignani

di Michele Zacchi ■ ALESSANDRO ROSSI ■ LA POLITICA CHE SARÀ ■Neorisorgimentosammarinese

di Ivan Foschi

news dal palazzoblack future

Giuseppe Garibaldi in un murales di Orgosolo (NU)

■ L’EUROPA ■ MA QUALE? ■Se l’Europa di Maastricht strangola l’Europa dei Popoli

Poco prima di anda-re in stampa abbia-mo appreso che il

referensum sull’Europa è stato annullato. Con ciò la premessa sotto-stante purtroppo non è più necessaria, mentre rimangono pertinenti tutte le considerazioni sullo stato dell’Unione Europea. La premessa a questo mio intervento è neces-saria: San Marino do-vrebbe (il condizionale è d’obbligo) avere a breve l’opportunità di aprire un negoziato e valutare attraverso esso se entrare a far parte dell’Unione Europea.Intraprendere questo percorso è, a mio avvi-so, oltre che un diritto un dovere che noi sam-marinesi dovremo sa-perci assumere.Osteggiare, o peggio, tentare di bloccare in partenza questo proces-so non ha senso alcuno perché solo alla fine del negoziato (e le necessa-rie deroghe al trattato che sapremo ottenere) saremo in grado di va-lutare i pro e i contro di un’eventuale adesione, e i cittadini alla fine po-

tranno, con cognizione di causa, loro stessi de-cidere. Detto ciò mi preme ana-lizzare il percorso che l’Unione ha compiuto in questi anni, perché la spinta ideale dei Pa-dri fondatori si sta esau-rendo lasciando campo aperto ad interessi che con il bene comune dei cittadini europei hanno ben poco a che fare, e se oggi Adenauer, De Gasperi, Monnet e gli altri pionieri dell’Unione potessero vedere come sta evolvendo la loro creatura probabilmente non ne andrebbero fieri.La loro visione di Euro-pa dei popoli, federali-sta e democratica, sta cedendo il passo all’Eu-ropa dei banchieri e dei burocrati.L’aver abortito sul na-scere la Costituzione, il varo di sottostanti trat-tati quali quello di Ma-astricht, il patto di stabi-lità e infine il trattato di Lisbona hanno comple-tamente stravolto quella visione. Oggi una man-ciata di burocratici e di banchieri – per altro non eletti dai cittadini – sta determinando con pugno di ferro le politi-che monetarie, sottraen-dole al controllo delle

singole nazioni.Ne consegue che il de-bito pubblico già strato-sferico di alcuni paesi è diventato una zavorra insostenibile e gli inve-stimenti privati e soprat-tutto quelli pubblici sono ormai ridotti a livelli prossimi allo zero.Il cappio del debito pub-blico diligentemente an-nodato dai banchieri di Bruxelles attorno al col-lo delle singole nazioni impedisce a queste ulti-me di attuare le neces-sarie politiche d’investi-mento a sostegno del lavoro, delle imprese e della ricerca, nonché di preservare istruzione e sanità pubblica a livelli decenti.Aver separato la ge-stione della moneta (saldamente controlla-ta dalla Banca centrale europea) dalle politiche di bilancio dei vari Sta-ti dell’Unione è stato, a detta di molti econo-misti, il vero peccato originale dell’euro. Il risultato è che l’unica politica che i vari mini-stri economici possono attuare è quella di ri-durre il debito pubblico tagliando pesantemente i loro bilanci. I gestori dell’euro, così precisi e puntuali nel far

rispettare i parametri di austerità e di risparmio economico, diventano estremamente flessibili e comprensivi quando si tratta di rifinanziare banche colpevoli di spe-culazioni così imponenti da fare saltare l’inte-ro assetto economico dell’Unione europea. È in questa spirale per-versa che gli ammini-stratori della moneta unica sottraggono risor-se vitali agli investimenti produttivi, creano disoc-cupazione che colpisce soprattutto i giovani e giustificano - quando non incoraggiano aper-tamente - tagli alla scuo-la, alla sanità pubblica e alla ricerca. Un mec-canismo che attraverso il controllo del debito pubblico anziché creare benessere, impoverisce le nazioni regalando allo stesso tempo poteri eccezionali a una ristret-ta élite di individui. È evidente che una convenzione di questo genere non può più fun-zionare e che il risen-timento, la rabbia dei cittadini rispetto a que-ste politiche di gestione monetaria e alle misure che ne derivano sia am-piamente giustificato.Ora, a differenza dall’I-

talia costretta a contor-cersi attorno alle vicen-de del suo Presidente del Consiglio, nel resto d’Europa si fa sempre più pressante il dibattito sulle discutibili manovre attuate dai banchieri e le conseguenze dei sal-vataggi a spese dei con-tribuenti. In Germania sono sta-ti sollevati quattro casi presso la Corte costitu-zionale tedesca in cui si sostiene che tali sal-vataggi violino diverse clausole del Trattato di Lisbona, e quindi anche la Legge fondamenta-le della Germania. Gli estensori del ricorso scrivono: “I cittadini non sono stati informati su come è stato creato il Fondo di stabilità di 440 miliardi di euro. La natu-ra opaca dei negoziati a Bruxelles non ha fatto chiarezza su chi sia alla guida di questa politica, ed esattamente per qua-le scopo. Un SIV (veico-lo di investimento struttu-rato) era stato creato in Lussemburgo per racco-gliere denaro e gestire il fondo. Eppure, quando il Bundestag ha adottato questo progetto di aiuto non un singolo membro del parlamento sapeva su cosa stesse votando. Il Cancelliere Merkel ha obbligato il Presidente a firmare questa legge d’emergenza in poche ore. E il Presidente non era in grado di esami-narne la costituziona-lità, com’è suo dovere fare. Nessun governo dovrebbe mai trattare un capo di Stato in que-sto modo, e tra l’altro su una questione di tale im-portanza esistenziale”.

Già nel giugno del 2009 la Corte costituzionale tedesca chiamata in cau-sa sul Trattato di Lisbona aveva ammonito la Cor-te di giustizia europea che sosteneva di avere suprema giurisdizione sul diritto nazionale.L’UE è una organizza-zione nata da Trattati di Stati sovrani. Gli Stati recepiscono le norme UE (non leggi) nel loro diritto nazionale, e gli Stati sono “sovrani sui Trattati” e non vicever-sa.Sicuramente l’integra-zione europea ha por-tato stabilità politica ed economica e ha garan-tito benessere e libertà fondamentali ai propri cittadini. Ma è evidente che se si vuole difendere questo progetto di inte-grazione occorre mette-re in atto i necessari cor-rettivi. La gestione delle politiche monetarie e le questioni legali che ne scaturiscono rappre-sentano un pericolo in-combente, tanto che la moneta unica non è più vista come strumento di sviluppo e benessere, ma elemento di conflitto tra paesi virtuosi e paesi dissipatori. L’Europa, se vuole tor-nare ad essere l’Europa dei cittadini, deve avere il coraggio di rimettersi in gioco e correggere al più presto le storture normative che ha par-torito. Le soluzioni esi-stono e con la volontà e la determinazione si potrebbero attuare in tempi relativamente bre-vi. La posta in gioco non è solo la moneta uni-ca, ma l’essenza stessa dell’Unione.

di Walter Muccioli

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«Per una forza politica il futuro non si deve prevedere, si deve determinare»

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4) l’altra Repubblica n. 0 febbraio 2011

Oggi è tempo di ricostruire, di

impegnarsi per un nuovo orizzonte. Per

questo abbiamo deciso di chiedere alle nuove

generazioni e a chi si impegna per una

Repubblica «altra» di farci una analisi della

situazione sammarinese e di prospettarci alcune

possibili soluzioni. Leggerete di sogni e

di rancori, di speranze e di idee concrete.

Queste energie, questi stati d’animo, noi

pensiamo debbano essere il primo tassello di un «fronte comune» per ridisegnare San Marino dal basso. Basta con potentati economici, logge

massoniche e mafie!Contro abusi di potere

e prepotenze San Marino nella storia ha

sempre vinto. Dobbiamo creare le

condizioni per vincere anche questa volta e dare continuità alla nostra Repubblica.

Queste le domande:

1) Perché pensate che

sia necessario impegnarsi

per una nuova politica?

2) Su chi ricade secondo voi la responsabilità

dello stato attuale di cose?

3) Come immaginate una nuova politica?

4) Qual è l’obiettivo

principale che vi proponete?

5) Quali sono le vostre proposte?

Christian Bologna è membro di Sottomarino, un movimento civico che si propone come alterna-tiva ai partiti esistenti e che si sta organizzando per presentarsi alle pros-sime elezioni politiche.

1) Io ho 39 anni e finora sono stato spettatore pa-gante di un teatrino del-la politica fatto di voti di scambio (documentati an-che con filmati), compro-messi, mancanza di tra-sparenza, assenza di meri-tocrazia in tutti i comparti lavorativi. Ma soprattutto di una politica che ha fa-vorito il proliferare di fin-te aziende al posto di dare delle linee di politica in-dustriale che ci facessero emergere in alcuni settori trainanti attraverso l’in-novazione e la ricerca. E questo per un paese come il nostro che non ha mate-rie prime è stata una vera sciagura.

2) I responsabili sono co-loro che hanno permesso ad una lobby di faccen-dieri di dettare legge nel Paese, con politici di mag-gioranza e opposizione che li hanno coperti spu-doratamente. Condanno però anche i politici e l’o-pinione pubblica che non hanno denunciato questo decadimento per non in-taccare i propri piccoli privilegi.

3) Per una nuova politica bisogna azzerare com-pletamente tutta l’attuale classe politica, bisogna fare tabula rasa di chi è stato al governo o in Con-siglio Grande e Generale da più di 10 anni. L’E-gitto ci ha mostrato che basta una settimana per cambiare un paese, se un politico sammarinese di maggioranza o minoran-za non ci è riuscito in 10 anni è meglio che riman-ga a casa a guardare la tv.

4) Cambiamenti radicali in politica estera, rifor-ma fiscale, riforma della PA, trasformazione del nostro Paese dal punto di vista energetico iniziando dal risparmio su diversi comparti. Nuova politica industriale e del turismo secondo i dettami citati nel vademecum di Sotto-marino (lo trovate sul sito www.s8marino.org).

5) Anche per questa do-manda trovate tutte le risposte nel vademecum. Non vedo altre strade per cambiare il nostro Paese. Gli attuali partiti sono morti.

Ho fatto un sogno, è meraviglio-so e non intendo più svegliarmi.Ho sognato che un bel giorno, un giorno non lontano, stanchi di attendere e sperare in tempi migliori, i settori più attivi della società civile si riuniranno per organizzare tutti insieme il cam-biamento politico nel nostro Pa-ese, creando un’alternativa cre-dibile, seria, affidabile che tutti potranno abbracciare al di là dei rispettivi percorsi politici di provenienza.Un nuovo soggetto politico, estraneo a tutte le vecchie logi-che partitiche.Un movimento fondato semplice-mente sul “buonsenso”; quanto basta a capire che la raccolta differenziata è mille volte me-glio degli inceneritori, che il ri-sparmio energetico e le rinnova-bili sono le vere alternative alla follia del nucleare, che le grandi opere servono solo ai grandi affari mentre sono le “piccole opere” quelle che migliorano davvero la vita della gente!Un movimento che sa dire sì quando è il momento di dire sì e no quando è il momento di dire no, in modo chiaro e comprensi-bile a tutti: sì all’integrazione, al rispetto delle diversità, al plura-lismo, alla libertà d’informazio-ne, alla pace. No al razzismo, all’esclusione, alla censura, alle caste e ad ogni forma di violen-za.Sarà così, riflettendo tutti insie-me sui contenuti, che i rappre-sentanti della società civile – raccolti intorno a un tavolo – si accorgeranno di avere fra di loro molti più punti in comune di quanti non ne abbia mai avuti al proprio interno nessun partito. Si renderanno conto cioè di ave-re creato in tutti questi anni di impegno silenzioso, non soltan-to un orizzonte di valori comuni, ma anche un vero “programma” di azioni da realizzare per risol-levare il Paese, un programma fondato su una visione della so-cietà che nessun partito – fino ad ora – ha mai realmente pro-mosso.E così, mostrando una saggez-za che non si è mai vista, questi “leader” di un “movimento sen-za leader” sceglieranno consa-pevolmente di fare ciascuno un passo indietro, per poterne fare dieci avanti tutti insieme.Ho sognato che ognuno mette-rà da parte per un attimo quel pizzico di orgoglio, più che le-gittimo… direi quasi sacrosanto, per i percorsi meravigliosi che ha creato fino ad ora, e rinunce-rà alla propria sigla, al proprio nome, al proprio logo, per ve-derne i contenuti aprirsi all’inte-ra società.Sarà un atto di coraggio e gran-dezza d’animo, oltre che di lun-gimirante umiltà!Un gesto di portata storica, che aprirà uno scenario nuovo per il paese.

E sarà così che in un solo giorno decideranno di fondersi tutti in-sieme – per un obiettivo comune – le associazioni di volontariato, i comitati, i movimenti e le liste civiche territoriali, il mondo del commercio equo e dei gruppi di acquisto solidale, le esperienze di finanza etica e di consumo critico, il mondo ecologista e quello pacifista, i comitati per i beni comuni e quanti si battono contro tutte le mafie…per creare uno straordinario progetto poli-tico unitario ed aprirsi ad ogni singolo cittadino onesto del no-stro Paese!E tutti insieme creeranno un Par-tito ispirato al buonsenso e fon-dato sull’onestà, che inizierà da subito a presentare il proprio programma su internet, nelle piazze e in tutti i luoghi dove ci si incontra abitualmente, ne-gozi, bar, sale d’attesa. Spinto dall’entusiasmo di milioni di vo-lontari di ogni età che ritrove-ranno finalmente il piacere di impegnarsi civilmente per il pro-prio Paese.I sondaggi presto rileveranno il peso enorme di questo partito, per cui presto anche i mezzi di informazione non potranno più ignorarlo e la visibilità sarà così moltiplicata.I tentativi di screditarlo – e ve ne saranno diversi – falliranno miseramente, perché la credibi-lità delle persone che lo rappre-sentano sarà tale da non poter essere smontata così facilmente.I migliori esponenti della società civile, infatti, si impegneranno in questa sfida che la storia ha po-sto sul loro cammino.Gli altri partiti, terrorizzati, re-agiranno come possono, alla vecchia maniera, facendo mira-bolanti promesse a cui nessuno ormai crede più e insinuando che i rappresentanti del nuovo “partito” non possono essere all’altezza della sfida, troppo inesperti dei meccanismi della politica e dell’economia.A quel punto, però, nessuno li ascolterà, né replicherà, perché il “programma di governo” del-la nuova realtà è ormai chiaro a tutti e soprattutto pare scritto dalla gente, finalmente.Si riaffermerà con forza il valo-re della cultura, dell’istruzione pubblica, della sanità pubblica. Si ridistribuirà finalmente la ric-chezza nel Paese dopo decenni di accresciuta disuguaglianza. Si stringerà un patto di solidarietà fra le generazioni che interrom-perà quella odiosa “guerra fra genitori e figli” sul piano profes-sionale, sociale ed economico.Liberi dalla paura, così a lungo strumentalizzata per fini elet-torali, si ritroverà il piacere di uscire di casa, di stare insieme, di incontrare l’altro. Il razzismo sarà sconfitto dall’amicizia (e quando è il caso anche dall’a-more) promossa da precise po-litiche volte a favorire l’incontro fra le culture.

Le esperienze virtuose – dopo innumerevoli e conclamati suc-cessi – verranno prese a mo-dello per tracciare le politiche nazionali, finalmente improntate su una sana ricerca della felici-tà, più che sull’assurdità della crescita illimitata del PIL.L’occupazione ripartirà fondata su base più solide, libera dalle fluttuazioni e dalle speculazio-ni della finanza e più concreta-mente incentrata sull’economia reale, sull’energia verde, sugli scambi locali, sulla solidarietà. Una solidarietà che andrà an-che oltre le frontiere affrontando le sfide globali della fame, della sete, dell’analfabetismo, del la-voro minorile, con la necessaria efficacia.Ho sognato che la stragrande maggioranza – gente onesta che si alza la mattina per anda-re a lavorare, fa la fila in posta, rispetta il rosso al semaforo – troverà nel “Partito del buonsen-so e dell’onestà” il proprio rife-rimento naturale alle elezioni, e chi aveva abbandonato il voto perché esasperato e deluso, ri-tornerà alle urne non dovendo più scegliere il “meno peggio”, ma potendo finalmente scegliere il “meglio”!E così alle elezioni sarà un vero trionfo e la gente tornerà a sorri-dere, libera da quel velo grigio che impedisce oggi di guardare al futuro con speranza e sereni-tà.Le divisioni ideologiche presto saranno dimenticate e i nostri nipoti un giorno non riusciranno a capire, studiando la storia sui libri di testo, come noi abbiamo potuto impiegare tanto tempo prima di renderci conto di avere la forza necessaria e le capacità sufficienti per realizzare questa rivoluzione pacifica, prima di divenire consapevoli che questo sogno poteva davvero divenire realtà.Se non ora, quando?

di Franco SantiMatteo Ciacci è un giovane attivista politico di vent’anni. È membro della Giunta di Castello di Città.

1) È necessario rendersi conto della grave situazione in cui versa il Paese. C’è bisogno di nuove forze che possano portare nuove idee, nuovo metodo lasciando da par-te quei personalismi che caratterizzano la politica sammarinese da vent’an-ni.

2) Sull’oligarchia sam-marinese, sui pochi che hanno condizionato pe-santemente le scelte che riguardavano tutti. Poi noi ci siamo adattati, e fino a che le cose andavano bene clientelismo e partitismo non li abbiamo combat-tuti. Anzi, in parte abbia-mo anche usufruivamo di questo modo di gestione della cosa pubblica.

3) Lungimirante: perché il politico è colui che va ol-tre il semplice problema e pensa sempre più in gran-de. Serve confrontarsi e creare progetti concreti, condivisi e non solo nuovi partiti, nuove alleanze e nuovi simboli. Basta spet-tacolarizzare la politica, serve concretezza, razio-cinio, spirito di volontà e sacrificio altrimenti da questa crisi non si esce.

4) Innanzitutto riassestare la legalità e lo stato di di-ritto, quindi rispetto delle regole per tutti, anche per coloro che detengono il potere. E poi più merito-crazia e più trasparenza. Incominciamo a lavorare insieme e ad ascoltare le istanze di tutti. Basta fare i superiori o gli onnipotenti solo perché si è, lo dico in gergo grottesco, lassù. Vo-gliamo una classe dirigen-te corretta, schietta ed im-pegnata. Quella attuale ha fallito, è inadatta, è trop-po legata ai personalismi e al suo passato. La parola chiave di una nuova fase per la nostra Repubblica deve essere futuro.

5) Legislature di quattro anni. Riduzione del Con-gresso di Stato a soli sei Segretari che possono es-sere sfiduciati dal CGeG. Di questi uno è il Segreta-rio dello stesso CGeG, no-minato direttamente dagli elettori. Aumento della soglia di sbarramento così da evitare una eccessiva e ridicola frammentazione. Abolizione delle commis-sioni parlamentari. Più importanza alle Istanze

d’Arengo, creando la pos-sibilità per i cittadini di ri-chiedere le dimissioni del Segretario competente nel caso l’istanza approvata non trovi attuazione en-tro i sei mesi previsti dalla legge. Più fondi alle Giun-te di Castello per attività e iniziative e attribuzione di parere vincolante sui progetti architettonici più rilevanti. Potenziamento degli strumenti di demo-crazia diretta. Consolida-mento di Banca Centrale, soprattutto per quanto riguarda i sistemi di con-trolli, vigilanza e reperi-mento delle informazioni. Adozione del modello europeo per lo scambio di informazioni automatico in materia bancaria e fi-nanziaria. Ingresso in Europa per dare a noi giovani la gran-de chance di poter studia-re e formarsi all’estero con molta più facilità (progetti Erasmus e Leonardo Da Vinci) ed ottenere compe-tenze scolastiche ma an-che lavorative di alto livel-lo. L’UE mira a diventare il riferimento mondiale in fatto di formazione. Vo-gliamo rimanerne fuori? No, evitiamo il solito er-rore, e chiediamo di entra-re nell’UE. Naturalmente sotto il profilo istituzio-nale si dovranno ottenere delle deroghe in determi-nati settori. Rinnovamento dell’eco-nomia puntando su fattori strategici quali, per esem-pio, turismo e commercio, sull’alta qualità e sulla formazione di giovani che

vogliono fare impresa e creare valore aggiunto. Queste sono solo alcune delle idee che noi giovani abbiamo per risollevare la nostra amata San Marino. A volte possiamo sembra-re indifferenti ma le cose le vediamo, le ascoltiamo e le studiamo. È necessario cambiare la classe politi-ca e dare spazio a noi che non ci lasceremo abbin-dolare dal potere.

Stiven Muccioli è direttore generale Bel-com srl e responsabile commerciale Vetroresine Ecologica snc. Inoltre è editor di Libertas.sm e blogger.

1) La crisi economica che sta straziando i paesi oc-cidentali ha portato una ventata di cambiamento impensabile solo fino a qualche anno fa. L’Eu-ropa e di conseguenza l’Italia, hanno stretto un laccio intorno al collo dei paesi a fiscalità agevolata come San Marino, che ora vedono agonizzare la loro gallina dalle uova d’oro. Il sistema economico che negli ultimi trent’anni ha portato ricchezza sul Ti-tano, oggi è diventato di colpo obsoleto e incom-patibile con le nuove lo-giche. La nuova politica sammarinese deve essere in grado di rispondere adeguatamente a questa nuova sfida, partendo dalla realizzazione di pro-fonde riforme strutturali in grado di avviare una nuova economia sosteni-bile e adeguata al mondo moderno. Agire diversa-mente significa isolare il Paese. Ricordiamoci che i margini di peggiora-mento, sul Titano, sono purtroppo ancora molto ampi.

2) Ci sono responsabilità gravi, soprattutto chi ha permesso alla criminali-tà organizzata di entrare nel Paese deve pagare. Per quanto riguarda la si-tuazione generale però, è troppo facile dare la colpa ad altri. La verità è che il “vecchio” sistema portava un benessere rapido, dif-fuso e soprattutto facile. Impossibile da ottenere in condizioni normali. Questo oggi è un vero e proprio problema sociale. Diventa molto difficile, infatti, andare a spiegare a cittadini fino a ieri vizia-ti e coccolati, che la pac-chia è finita, e che bisogna rimboccarsi le maniche e lavorare sodo per tenere a

galla la nave. Le potenzia-lità di San Marino sono enormi. Ma per sfruttarle è necessario uno sforzo comune.

3) Mi immagino una poli-tica in linea con quella che è la storia di San Marino. Repubblica significa De-mocrazia, e Democrazia significa potere del popo-lo. La Repubblica di San Marino non ha bisogno di grandi statisti per esse-re governata bene. Servo-no persone con buone idee e con la volontà di unire una piccola comunità per il raggiungimento di un obiettivo comune e avere un forte senso di comu-nità. La politica non deve strafare né sviluppare un’eccessiva ingerenza. Il suo compito deve limitar-si a mettere il Paese nella condizione di esprimersi al meglio, controllandone le storture l’indirizzo.

4) Creare i presupposti per veder nascere una «nuova San Marino». Un paese “all’avanguardia” in tutti i campi. Che fa delle sue ridotte dimensioni e del-la sua indipendenza una forza Maiuscola. Una politica che parla di terri-torio, di investimenti e di persone. Troppo spesso, la nostra classe dirigente dimentica che San Mari-no non è un piccolo Pa-ese dentro all’Italia, ma una orgogliosa Repubbli-ca indipendente al centro dell’Europa. Quando si parla di storia e di demo-crazia, le dimensioni con-tano poco.

5) Il sistema economico di San Marino non esiste. È un’invenzione. Una vera economia del territorio va sviluppata partendo da al-cuni capisaldi e dall’espe-rienza di importanti realtà locali che già oggi sono consolidate a livello inter-nazionale. Prima di tut-to, quindi, va stabilita la nuova linea politica. Una linea che deve necessaria-mente essere improntata all’eccellenza. Uno Stato piccolo per avere la pos-sibilità di emergere deve aumentare il numero del-le sue attività d’eccellen-za, in modo da potersi confrontare con i mercati europei sul piano della qualità. Per arrivare a que-sto, però, servono tempo ed investimenti. Oggi, di-venta fondamentale cre-are un polo attrattivo per nuovi soggetti economici e, contemporaneamen-te, sviluppare una nuova classe imprenditoriale fi-glia del territorio. Dobbia-mo porre le basi per creare la «San Marino del futu-ro». Un paese che potreb-be avere standard produt-tivi e servizi elevatissimi. Un paese di cui andare fieri.

«Sarà così che i rappresentanti della società civile si accorgeranno di avere fra di loro molti più punti in comune di quanti non ne abbia mai avuti al proprio interno nessun partito. Si renderanno conto cioè di avere creato in tutti questi anni di impegno silenzioso, non soltanto un orizzonte di valori comuni, ma anche un vero “programma” di azioni da realizzare per risollevare il Paese».

“l’ingresso in Europa darebbe

a noi giovani una grande

chance”

■ IL BUON SENSO ■ L’ONESTÀ ■

Ho fatto un sognoGRANDI SPERANZE

l’altra Repubblica n. 0 febbraio 2011 (5

stati d’animo

Salu Richard Jean Tinguely - 1988

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di Luca Lazzari

6) l’altra Repubblica n. 0 febbraio 2011 l’altra Repubblica n. 0 febbraio 2011 (7

Massimo Valentini

■ MASSIMO VALENTINI, IMPRENDITORE SAMMARINESE, A CAVALLO DEL DRAGO■

Fare affari con la Cina

Ci parli della sua azienda.

Noi operiamo nel settore dei dispositivi medici. Da quattro anni abbiamo una presenza strutturata in Cina, dove è stata disloca-ta parte della produzione.

È in grado di farci una istantanea di questo Paese-continente?

La Cina corre troppo ve-loce per riuscire a cattu-rarla in una istantanea. Pensi che in un anno e mezzo di assenza dal mio precedente viaggio ho vi-sto chiudersi una fase eco-nomica. È finita l’epoca in cui era la Cina a rincor-rere le commesse occiden-tali. Oggi sei tu che devi adeguarti all’offerta che ti viene fatta sulla fornitura richiesta. I margini di trat-tativa sono estremamente ridotti. Vi è poi un costante in-cremento qualitativo, non tanto del prodotto ma della metodologia pro-duttiva. Le officine cinesi sono sempre più capaci di dotarsi di macchinari mo-derni e competitivi. Ciò che più salta all’occhio è il cambio generazionale della strumentazione pro-duttiva, ora targata made in China. Capisce, si sono spostati su uno sviluppo autonomo della ricerca meccanica. Sono partiti acquistando macchinari occidentali che poi hanno clonato via via con sem-pre maggiore abilità. Que-sto si é reso possibile attra-verso ingenti investimenti in ricerca e formazione. La dinamica dei grandi numeri ha fatto il resto. Pensi che dalle università cinesi, alcune delle quali toccano l’eccellenza in-ternazionale, escono ogni anno un milione e mezzo di ingegneri. Con questi numeri non è difficile con-quistare una autonomia totale e competitività. Per dare un’idea significa-tiva di ciò che sta avvenen-do basti sapere che alla Fiera Medica di Düsseldorf - la più importante a livello mondiale nel settore - la presenza orientale, di pre-valenza cinese, supera or-mai il 40% delle presenze

espositrici. Nell’edizione del 2010 questa presenza ha coperto i settori più ingegnerizzati e informa-tizzati. In altre parole, la competitività della Cina non è più esclusivamente manodoperiale, ma totale.

Ecco, ma proprio ri-spetto alla questione salariale, i lavoratori cinesi sono riusciti a fare dei passi in avan-ti?

Sì, le cose stanno cam-biando anche su questo fronte. Nel secondo seme-stre del 2010 sulla fascia costiera che va da Shang-hai a Canton si sono re-gistrati aumenti salariali che hanno toccato punte del 45%. Questo ci dice che il fattore principale di competitività cinese si sta affievolendo. Però la partita non si gioca solo sul costo della manodo-pera, rimane comunque centrale la questione delle pratiche protezionistiche messe in atto dalla Cina.

Fa riferimento alla sva-lutazione dello yuan?

Certo, dato che la loro valuta non è ancorata al PIL. Ma anche al fron-te normativo che regola i rapporti commerciali fra noi e loro. Il peccato originale dell’Occidente è credere che la Cina sia ancora un paese in via di sviluppo. Lo sviluppo, la Cina, lo dona. È la fucina della produzione mondia-le. Eppure permane un atteggiamento di aiuto umanitario che invece do-vrebbe cessare da subito. Le faccio un esempio per tutti. Se io importo dalla Cina una merce, il mas-simo del dazio che posso pagare ammonta al 6% sul valore dichiarato. Se al contrario io esporto in Cina, il dazio ammonta a un 30%. Capisce da lei che già questo basta a im-pedire ad una qualsivoglia azienda di entrare nel loro mercato interno.

Ma allora perché si parla sempre più del mercato cinese come di una grande oppor-tunità di business?

La lotta contro il colosso

orientale è un lotta impari. Le uniche merci occiden-tali che bucano il merca-to cinese non riguardano certamente le produzioni di massa sulle quali si gio-ca una economia nazio-nale. Il mercato cinese è una grande opportunità solo nella sfera dei marchi prestigiosi, dei marchi che creano status symbol, al quale i nuovi ricchi cinesi si dimostrano molto sen-sibili. Non c’è un do ut des. È la Cina stessa che si sta adoperando a soddisfare la richiesta del suo merca-to interno. La Cina invade i mercati internazionali con le sue merci di largo consumo, ma da quegli stessi mercati assorbe solo le merci dei marchi del lusso, dei quali tra l’altro detiene buona parte dei pacchetti azionari. Ed è ovvio che Cina non morde Cina. Quindi la Cina non può rappresentare una re-altà di vendita per la pro-duzione europea. La Cina come opportunità è un miraggio ben venduto dal-la politica economica per tentare di placare la rab-bia degli animi sconfitti. Lei ritiene che in un futu-ro prossimo sarà la Cina a sedere al posto di timo-niere del mondo?Sicuramente ci troviamo di fronte ad una realtà che sta giocando le sue car-te in maniera sempre più monopolistica. Ci sono una serie di indicatori economici che collocano la Cina al primo posto in termini produttivi, ormai è in sorpasso anche sugli Stati Uniti. Inoltre la Cina è l’unico Paese capace di assorbire il debito sovra-no delle altre nazioni, ed è evidente che un paese che ha in mano le valute e i debiti di tutto il mondo ha il controllo anche della borsa e degli interscam-bi valutari, nonché delle scommesse valutarie di borsa. Poi c’è il fattore formati-vo, ovvero l’enorme quan-tità di laureati, tecnici e la-voratori specializzati che la Cina riesce a produrre ogni anno. Senza dimenticare le vie di comunicazione. L’80% delle merci mondiali si sposta per via marittima e i cinesi hanno la più gran-de flotta navale del mon-do. Le società marittime statali di Pechino si sono già comprate il Pireo, il porto principale della Grecia, e anche parte del

porto di Napoli.

La Cina è quindi vici-na, non c’è dubbio! Però al tempo stesso per noi occidentali ri-mane una dimensione sconosciuta. Lei che ha avuto l’opportunità di visitarla più volte, ci racconti come si pre-senta al suo interno.

Quel che più mi ha im-pressionato nel mio ulti-mo viaggio è la diffusione crescente della ricchezza. Questa la si percepisce da molte evidenze, come, ad esempio, dai continui spo-stamenti delle sedi pro-duttive in nuovi fabbricati o dal numero e tipo di vet-ture in circolazione. Fino a due anni fa queste per lo più erano di produzio-ne cinese e coreana. Oggi il valore medio delle auto circolanti di sicuro supera i 30.000 euro, con presen-za prevalente di grande case automobilistiche in-ternazionali. Inoltre mi ha molto impressionato la portentosa capacità di produzione infrastruttura-le, amplificata dai Giochi olimpici e dall’Expo.

Cosa ne pensa dell’op-zione cinese come risposta alla crisi sam-marinese?

Per chi fa impresa a San Marino le difficoltà di operare con il mercato ci-nese, che allo stesso tem-po ci è competitor e fornito-re, sono ancora maggiori. Basti pensare alle regola-mentazioni doganali che per un verso ci vedono esterni alla UE e dall’al-tro interni, quindi soggetti alle quote italiane e senza una nostra autonomia. Inoltre, nel momento in cui importi merci sei con-siderato extracomunitario ed hai quindi costi aggiun-tivi e difficoltà di distribu-zione e di commercio sul suolo europeo. Le faccio un esempio concreto che rende l’idea: se io impor-to un campione di merce del valore di 0,50 dollari pago dazi e pratica doga-nale per 160 euro. Un cit-tadino comunitario invece non paga nulla, privato o azienda che sia.Però! questa nostra posi-zione di autonomia semi-dichiarata potrebbe anche giocare un ruolo impor-tante all’interno di una alleanza cinese più strut-tura, che magari guardi anche ai rapporti di inter-scambio formativi e uni-versitari.

La base da cui partire è molto incoraggiante: San Marino è uno dei pochi paesi al mondo a non ave-re necessità di visto per l’ingresso su suolo cinese, con possibilità di soggior-no di sei mesi contro i 30 giorni turistici concessi di norma. Noi sammarinesi possiamo recarci in Cina, poi a Taiwan, rientrare in Cina, prendere un aereo per Hong Kong e ritorna-re di nuovo in Cina senza necessità di fare alcunché! Per tutti gli altri ciò è im-possibile se non dietro alla presentazione di un piano di viaggio. Per certi versi quindi ver-rebbe da dire che se au-tonomi si deve essere, come ci si considera, que-sta autonomia la si deve giocare fino in fondo. La domanda da fare alla po-litica è quindi se in una economia globalizzata sia più conveniente essere indipendenti o fare gioco di squadra.

La politica: ne ha fidu-cia?

Una cosa appare eviden-te: il totale stallo in cui versa San Marino quale paese produttivo e com-merciale è stato causa-to da una classe politica incapace e sotto-accultu-rata che non ha saputo leggere e interpretare le dinamiche evolutive del sistema internazionale e contiguo. La cosa disar-mante è che questa inet-titudine è stata acclamata a furor di popolo ad ogni evento elettorale. Chi è causa del suo mal pianga se stesso.

E rispetto alla nostra organizzazione si sen-te di voler dire qualco-sa?

Voglio fare un appunto a Sinistra Unita, perché trovo questo Movimento troppo latitante sulle te-matiche economiche e di sviluppo. Mi piacerebbe la stessa attenzione sui grandi temi economici con la quale Sinistra Uni-ta affronta per esempio la lotta alla criminalità, lo sviluppo sostenibile, e la giustizia sociale. Questio-ni importantissime anche queste, certo. Purtroppo però l’economia rimane il punto nevralgico su quale impiantare qual-siasi politica presente e futura. Perché se non c’è lavoro manca anche tutto il resto.

La Repubblica di San Mari-no celebra i quaranta anni dall’apertura delle relazioni diplomatiche con la Cina. E se pensiamo a cosa rappre-senta quel Paese nel conte-sto mondiale (lì la crisi non è mai cominciata), capiamo subito che forse un po’ delle future fortune della Repub-blica possono avere sede a Shanghai. Il nostro interlocutore cono-sce bene il gigante asiatico: è Gianfranco Terenzi, il Pre-sidente dell’Associazione Cina-San Marino, una or-ganizzazione che fin d a l l a n a -

scita ha dedicato attenzio-ne e costanza allo sviluppo delle relazioni fra i due paesi. Con quali fini ha lavorato in questi anni?

Creare con-dizioni per la crescita di San Marino. E mi spie-go meglio. Noi siamo in Europa, ma non fac-ciamo parte della Co-

m u n i t à E u r o p e a e quin-di siamo un paese terzo, che i n o l t r e

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spone di una completa sovra-nità e quindi può decidere in autonomia le proprie politiche fiscali.Non c’è dubbio che le nostre condizioni fiscali possano esse-re di grande interesse per molti soggetti, a livello globale.

Quindi lei ritiene che questa diversa fiscalità

possa continuare ad essere l’asso nella manica del Titano?Diciamo che potreb-be diventare una con-dizione di favore. In questo momento prendiamo atto di una fase complessa nei rapporti con l’I-talia, e proprio per questo dobbiamo guardare più lonta-no: sappiamo bene che dove ci sono fa-vorevoli condizioni fiscali per le aziende lì le possibilità di eva-sione si allontanano.Per i sammarinesi è ormai un obbligo ampliare gli orizzon-ti economici e cultu-rali.

E come si collega tutto questo alla Cina?

Comincerei con alcuni esempi.

Se lei fosse passato, nel

1988, nel-la piazza

Tien An M e n di Pe-c h i n o avreb-be vi-s t o

un mare di biciclette. Oggi quel-le stesse sono state sostituite da un mare di auto al punto da rendere la viabilità della capita-le difficile.Ma guardiamo anche al panora-ma cittadino. Abbiamo assistito ad una crescita verticale impres-sionante, interi quartieri sono stati demoliti per dare spazio a grattacieli molto alti e di grande bellezza.Sempre sul tema della viabili-tà ho un ricordo personale di Shanghai. Quando negli anni ‘80 mi muovevo con la macchi-na dovevo attraversare muri di biciclette e pedoni; oggi in quel-la città esistono strade veloci a quattro o cinque corsie in ogni senso di marcia.E non parliamo delle autostra-de che nemmeno esistevano (se non un collegamento fra la ca-pitale e l’aeroporto) e dell’aero-porto di Pechino: quest’ultimo era di una modestia impressio-nante, con le porte di imbarco a pochi metri le une dalle altre.Oggi chi arriva lì ha di fronte una struttura straordinaria con servizi di primissimo livello.E poi penso alle località che solo venti anni fa non erano quasi raggiungibili.Insomma, il pianeta Cina si ap-presta davvero a gareggiare con gli Usa nel ruolo di prima po-tenza economica.

Con che ripercussioni inter-ne?

Enormi, dati i numeri cinesi. Prendo un esempio per tutti: la moda.Gli anni ‘80 hanno visto i cinesi vestiti come Mao, oggi le pas-

seggiate ci offrono una po-polazione vestita in manie-ra assolutamente elegante.

Torniamo allora alla questione centrale: cosa può fare San Marino per l a

Cina?Io sono molto convinto delle opportunità del mercato cinese, ma penso anche che un grande Paese potrebbe aver bisogno di una piccola realtà come la no-stra.E abbiamo un precedente. Quando la bandiera inglese è stata ammainata, Hong Kong è diventata parte della Repubbli-ca Cinese ma ha mantenuto del-le grandi forme di autonomia, soprattutto a livello economico e fiscale.Questo ha permesso il rilancio della città come una delle prin-cipali porte di ingresso della Cina.Noi, in Europa, siamo una piccola realtà che ha colto e perseguito una amicizia con la Repubblica del Drago che in quel momento altri rifiutavano. Credo che dovremmo riflette-re su questa condizione e sulle opportunità che potrebbe offri-re. Avendo dalla nostra un van-taggio: noi abbiamo coltivato con grande attenzione le nostre relazioni con il mondo cinese, ci siamo resi visibili e attenti al loro modo di vivere e gestire gli affari. Ora forse possiamo rac-cogliere i frutti di quel lavoro.

di Michele Zacchi

■ ASS.NE SAN MARINO - CINA: UN PONTE IN COSTRUZIONE ■

San Marino come Hong Kong?

San Marino - 2003 Gian Franco Terenzi stringe la mano a Xi Jinping

attuale Vice Presidente della Cina e probabile futuro Presidente

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«La Cina come opportunità è un miraggio ben venduto

dalla politica economica per tentare di placare la rabbia

degli animi sconfitti».

«Io sono molto convinto delle

opportunità del mercato cinese,

ma penso anche che un grande

Paese potrebbe aver bisogno di una

piccola realtà come la nostra.

E abbiamo un precedente. Quando la

bandiera inglese è stata ammainata,

Hong Kong è diventata parte

della Repubblica Cinese ma ha

mantenuto delle grandi forme

di autonomia, soprattutto a

livello economico e fiscale».

di Francesca Michelotti

Repubblica di San Marino, Teatro Titanodomenica 6 marzo, ore 17.30

Problemi eccezio-nali richiedono p r ov ve d i m e n t i

eccezionali. Ma perché ogni volta debbono es-sere sempre i più debo-li a pagare? La grande pensata del governo per risolvere il deficit di bi-lancio non è stata ori-ginale: colpiamo i fron-talieri, se se ne vanno tanto meglio, se restano che paghino. La misura ha l’odore acre della di-suguaglianza e, se non bastasse, anche quello delle idee miserabili vi-sto che sta diventando il detonatore dello scontro sociale e del livore xeno-fobo, portando divisione e conflitti nel mondo del lavoro dove dovrebbero coesistere unità e solida-rietà.La legge sammarinese istitutiva dell’imposta generale sui redditi pre-vede che ogni lavoratore dipendente possa de-trarre dalla sua dichia-razione dei redditi una quota pari al 9%. Questa somma dovrebbe forfe-tariamente comprendere i costi sostenuti dal lavo-ratore per la produzione del suo reddito, come le spese di trasporto per raggiungere il posto di lavoro, il telefono, i pasti fuori casa e così via. La recente legge finanziaria varata dal governo ha privato i lavoratori fron-

talieri di questo ricono-scimento e così ognuno di loro subisce una tas-sazione superiore rispet-to a quella dei colleghi residenti a San Marino. Dal gennaio scorso lo stipendio dei frontalieri è gravato da un maggior prelievo fiscale che, nel-la media, produce una diminuzione di circa 200 euro al mese. Allo sconcerto e alla protesta immediatamente leva-tasi il governo ha rispo-sto seraficamente che il provvedimento non si tradurrà in un danno per il lavoratore perché i soldi gli saranno total-mente restituiti in Italia al momento della sua di-chiarazione fiscale, nella quale potrà recuperare quanto già pagato a San Marino. I fatti purtroppo smen-tiscono platealmente le rassicurazioni del gover-no, perché il recupero totale del credito d’im-posta era già inesistente prima dell’ultima finan-ziaria, quando si asse-stava attorno al 66%. I dati forniti dal sindacato parlano chiaro: il fronta-liero con un reddito lor-do di 25.000 euro fino a tutto il 2010 ha recupe-rato in Italia 454 euro sui 679 pagati a San Ma-rino. Oggi ne recupera 1.941 sui 2.904 pagati. Insomma prima pagava 225 euro e oggi ne paga 942. Ma non è finita qui.

Il dato paradossale è che i lavoratori con figli a carico, o con situazioni familiari che possono avvantaggiare di ulte-riori detrazioni le loro dichiarazioni dei redditi nel paese di residenza, non possono invocare un credito d’imposta che vada a superare il tetto delle detrazioni previ-ste in Italia. Dunque, questi padri di famiglia rischiano di non recu-perare nulla o quasi del-la somma pagata a San Marino. Insomma, i più deboli fra i deboli paghe-ranno di più.È difficile combattere una norma ingiusta, ma è ancora peggio combat-tere una norma stolta. È difficile anche credere alla intenzionalità del governo nel voler colpi-re al cuore le famiglie, in difesa delle quali ne-gli ultimi due deludenti anni la maggioranza di centro destra ha speso alate parole e pronun-ciato roboanti dichiara-zioni, ma la leggerezza con la quale ha proce-duto è disarmante e la-scia increduli. Da tempo denunciamo l’assoluta mancanza di lucidità

di questi governanti pa-sticcioni o bugiardi, e gli abissali dislivelli fra l’altezza delle loro enun-ciazioni di principio e la bassezza dei loro prov-vedimenti. Il governo avrebbe dovuto accelera-re la riforma tributaria e, secondo criteri di equità e giustizia sociale, accer-tare i redditi di quelle categorie che per troppo tempo non li hanno ade-guatamente e realistica-mente dichiarati. Avreb-be avuto molto più sen-so ed efficacia andare a prendere i soldi dove ci sono, cioè in quelle nic-chie di imperscrutabile privilegio dalle quali è ragionevole aspettarsi che finalmente contri-buiscano alla spesa pub-blica, in particolare quei personaggi che si sono procurati ingiustificabili ricchezze a danno dello Stato e della trasparen-za della sua economia. Successivamente il go-verno avrebbe dovuto incalzare l’Italia sul tema della doppia im-posizione che affligge i lavoratori frontalieri e proporre una legge sul loro trattamento fiscale. Il governo non si sareb-

be trovato solo. Avreb-be infatti goduto della considerazione e della collaborazione di molti esponenti della politica e delle amministrazioni locali italiane interessate alle condizioni e al be-nessere dei loro concit-tadini che lavorano nella nostra Repubblica.Ma nulla di tutto questo è stato fatto o tentato. Si è preferita la scorciato-ia della penalizzazione fiscale per i frontalieri, disposizione che sembra vada a ledere addirittu-ra un paio dei principi sanciti dalla nostra Di-chiarazione dei Diritti: perché genera una cate-goria di lavoratori che paga più tasse rispetto ad altre che hanno la stessa capacità contribu-tiva, e perché introduce una discriminazione di trattamento economico fra chi svolge lo stesso lavoro. Usare il sacrifi-cio dei frontalieri come leva per risolvere il pro-blema delle entrate fi-scali oltre che un gesto meschino è anche poco ponderato. Nuoce alla funzionalità e alla ope-ratività del nostro set-tore produttivo creando

ulteriore disturbo alle aziende sane in una fase per loro già troppo criti-ca. Il governo dimentica infatti come i frontalieri rappresentino una ri-sorsa per San Marino e quanto abbiano contri-buito e contribuiscano al suo sviluppo. E se ciò non bastasse, dimentica anche che lo stato delle nostre relazioni con l’I-talia non ci consente atti deliberati di rappresaglia contro questi cittadini italiani, sempre che la rappresaglia possa esse-re considerata un’azione degna di un paese sovra-no. Non si potrà riaprire un dialogo costruttivo e amichevole con l’Italia mostrando i nostri mo-destissimi muscoli per-ché questa supponenza andrà a legittimare e consolidare la perce-zione del nostro Paese come cinico e ingrato. In questo momento ab-biamo bisogno più che mai di amicizia. Invece l’azione insensata del governo ha trasformato seimila italiani che ci ri-spettavano e ci amavano in seimila italiani ostili. Bel risultato!

le paroledelledonne

talkshow e performances

delle donne sammarinesi

8) l’altra Repubblica n. 0 febbraio 2011

■ TASSA SUI FRONTALIERI ■ «I PIÙ DEBOLI FRA I DEBOLI PAGANO DI PIÙ» ■Ci serve amicizia: invece...

partecipano in ordine sparso: Maria Alessandra Albertini, Carlotta Antonelli, Maria Maddalena Bevitori, Marianna Bucci, Paola Casadei, Edda Ceccoli, Anna Censoni, Angela Colombini, Monica Della Valle, Margherita Felici, Giovanna Gobbi, Laura Gobbi, Eva Guidi, Francesca Michelotti, Fausta Simona Morganti, Antonella Mularoni, Vanessa Muratori, Carla Nicolini, Francesca Nicolini, Francesca Piergiovanni, Marilia Reffi, Valentina Rossi, Marina Tamagnini, Angela Venturini, Mara Verbena, Rosa Zafferani, Donatella Olga Zanotti.

seguirà simpatico e femmineo buffetè previsto un servizio di animazione per bambini

INVITO

l’evento è organizzato dalle donne di