28

Nero su Bianco

  • Upload
    leo-em

  • View
    229

  • Download
    1

Embed Size (px)

DESCRIPTION

Giornalino della Cappella Universitaria di Siena

Citation preview

Page 1: Nero su Bianco
Page 2: Nero su Bianco

2

Vent’anni di grazia…

Cari amici lettori di Nero su Bianco, ecco quello che la Cappella Universitaria di Siena vi propone di vivere in quest’anno ricco di.. grazia!!!

Il nostro giornalino “Nero su Bianco”, giunto al quindicesimo anno di vita, vuole essere un fedele compa-

gno di viaggio di tutti voi, matricole, studenti, laureandi e lavoratori… per farvi calare nella realtà di San Vigilio.

E’ proprio dalle motivazioni che hanno spinto una matricola ad approdare in Cappella, una studentessa a farne parte e una lavoratrice ex studentessa a ritornarci con piacere, che all’inizio di quest’anno vogliamo

farvi conoscere la nostra Cappella Universitaria.

Tra i momenti di grazia vissuti dalla Comunità, la visita pastorale è stata un’opportunità privilegiata di “amicizia, ascolto, riflessione e preghiera”, così come ci scrive il nostro stesso Arcivescovo.

Katia invece ne parla come una “occasione di grande familiarizzazione e la conferma di un’amicizia nella fede”.

La vita della Comunità è stata ricca di esperienze di fraternità come la gita estiva in Val d’Aosta e la gita

di inizio anno a San Marino, San Leo e Ravenna che ci raccontano Maria Giovanna e Ivan.

Comunione e condivisione ma anche silenzio e riflessione: ecco allora Don Roberto istruirci sulla preziosi-tà del silenzio e Claudia riflettere sugli esercizi spirituali incentrati sulla figura di San Pietro “tra fra-

gilità e grazia”.

Ad arricchire il nostro spirito anche le testimonianze vissute dai nostri amici: Francesca e Federica che han-no avuto la grazia di partecipare alla GMG a Madrid, mentre Alice, Filippo e Federico ci riportano la loro singolare e coinvolgente esperienza “in mezzo ai monti d’Europa”. Mariella non è da meno:

dalla spiaggia… al rosario!!

Molteplici sono gli spunti di riflessione proposti in queste pagine: l’impegno dei cattolici in politica, i giovani e il mondo del lavoro, la sfida educativa al bello, il complesso di Icaro e il

per…donare proposto da Isa.

E dopo il boom di matrimoni celebrati in Cappella la scorsa estate, il libro “Sposati e sii sottomessa” di Costanza Miriano presentato da Stefano vuole essere un vademecum alla perfetta vita di coppia e magari

invogliarvi al grande passo!

In questo numero fa capolino anche l’arte: la Natività di Giotto, con lo splendido sguardo tra Maria e il Bambinello è riportata in copertina e raccontata da Chiara in una rubrica tutta nuova e avvincente. Con Eugenio si va a cinema: l’appuntamento per questo numero è con “Il pianista”, capolavoro di Roman

Polanski, da non perdere assolutamente!

Il nostro multidisciplinare cruciverba “fatto in casa” ci auguriamo sia il lieto passatempo in queste vacanze natalizie.

Buon Natale e buona lettura!!

Page 3: Nero su Bianco

Chi siamo Vent’anni di grazia di Fabio Fiorino Pag. 4 L’angolo del Don Silentium Tibi Laus di Don Roberto Bianchini Pag. 5 Cappellania Perché… di Matteo Molinari di Roberta Macrì di Maria Elena Pirisinu Pag. 6 “Signore, salvami”..tra fragilità e grazia di Claudia De Pasquale Pag. 7 Visita pastorale di Mons. Antonio Buoncristiani Pag. 8 Più caro l’ospite, più squisite le vivande di Katia Capozzoli Pag. 9 Coltivando l’amicizia di Maria Giovanna Murrone di Ivan Rossino Pag. 10 Esperienze Il soffio della Gospa nelle nostre vite di Alice Pappelli di Filippo Bardelli Pag. 11 Viva, Unita, Gioiosa di Federica e Francesca Camilletti Pag. 12 La mia Germania di Lorenzo Sciuto Pag. 13 Fotografando di Angelo Donzello Pag. 14-15

Riflettendo Capire, Partecipare, Servire di Domenico Bova Pag. 16 I giovani: quale futuro? di Giuseppe Vazzana Pag. 17 La sfida educativa al bello di Andrea Vicari Pag. 18 Maria in mezzo ai monti d’Europa di Federico Pipitone Pag. 19 Perdonare, per donare un sorriso di Isabella Petrocelli Pag. 20 Pregare per essere...pietre vive! di Mariella Schettini Pag. 21 Volare alto ma con prudenza di Federica Maniscalco Pag. 22 Conferenze "Sposati e sii sottomessa" di Stefano Fonsdituri Pag. 23 Storia dell’arte Natività di Giotto di Chiara Maniscalco Pag. 24 Ciak si gira Il pianista o dell’umanità di Eugenio Alfonso Smurra Pag. 25

Passatempo di Filippo Bardelli Pag. 26 Bacheca Pag. 27

3

In questo numero vi augurano buona lettura...

Page 4: Nero su Bianco

VENT’ANNI DI GRAZIA

Venti anni… Mica poco, eh! La nostra Cappella Universitaria quest’anno festeggia il suo ventesimo compleanno. Tutto ebbe inizio quando fu offerta la possibilità alla Comunità Universitaria della città, costituita da molti studenti fuori sede, di ritrovarsi ed essere unico corpo davanti a Lui, proprio nella Chiesa dell’Adorazione permanente. Un caso? Piuttosto una grazia vera e propria quella di cui noi, oggi, siamo i testimoni. Tanti volti, molte storie, diverse esperienze di vita e di fede hanno fatto capolino a San Vigi-

lio: condivisione di gioie, conquiste, attese, fatiche, speranze e dolori. Sono stati anni di grazia profonda! La nostra realtà è quella che è grazie all’Arcivescovo Antonio Bonicelli che l’ha pensata e fondata e al nostro attuale Arcivescovo Antonio Buoncristiani, amico riscoperto in segui-to alla visita pastorale di cui ci ha fatto dono a inizio anno. Senza dubbio fondamentale è stato il servizio alla Chiesa offerto da Don Mauro Solbiati, Don Roberto Donadoni e Don Roberto Bianchini, nostro attuale Rettore e “padre di famiglia”, nei diversi anni aiutati nel servizio anche da Don Massimo Meioli, diocesano, Padre Christian dei Domenicani e Padre Julian e Padre Marcello dei Francescani Conventuali. La nostra Comunità è sempre stata accompagnata ed è cresciuta grazie alla semplice ma concreta presenza e collabo-razione delle Suore Figlie della Chiesa he hanno offerto e offrono tutt’oggi la loro vita per la Cappella Uni-versitaria: da Sr Cornelia, Sr Gabriella, Sr Giuseppina, Sr Redenta e Sr Luigina che l’hanno vista nascere, si-

no a Sr Elisa, Sr Onorina, Sr Lucia, Sr Rita e Sr Lilia. A questa famiglia allargata va il no-stro profondissimo e sincero grazie! Tanti sono i gruppi che oggi collabo-rano alla crescita della Comunità di San Vigilio. Durante le celebrazioni domenicali la liturgia è impreziosita dal Coro della Cappella diretto dal Maestro Marta che con professio-nalità armonizza le voci di una tren-tina di studenti e dal gruppo del ser-vizio liturgico “capitanato” da Ser-gio. L’associazione missionaria “Amici della Bolivia e del Mondo”, guidata da Luisa, sostiene progetti per la tutela dei diritti all’istruzione, al lavoro e alla salute in Bolivia e in India (sostenete l’Associazione visi-tando il banchetto dell’AmBomo presente ai mercatini di Santa Luci-

a!!). La famiglia di San Vigilio fa anche festa organizzando momenti di fraternità sotto la guida di Rosaria e Fabrizio. In una Cappella Universitaria che si rispetti, inoltre, un po’ di sana cultura non può mancare: il gruppo del Cineforum e il gruppo “A cena con un libro” offrono interessanti spunti ai cultori del cinema e della letteratura per ritrovarsi, confrontarsi, riflettere su tematiche varie e sempre originali. Non ultimo, il nostro gruppo di “Nero su Bianco”, voce scritta della Cappella che, sotto la guida di Alice e del sottoscritto, si propone di condividere esperienze della Comunità… e non solo! Questi siamo noi: amici che vogliono riconoscersi e conoscersi, pregare e crescere alla Sua presenza. La gra-zia che perdura da vent’anni c’è, è concreta, e continua a essere offerta: è necessario sempre più ricono-

scerla ed essere disposti ad accoglierla! ■

…condivisione di gioie, conquiste, attese, fatiche, speranze e dolori 4

Page 5: Nero su Bianco

5

L’esperienza del silenzio è una delle più ardue, ma anche delle più feconde che un essere umano possa attraversare. Lo sperimentiamo tutti quando per qualche motivo vi ci dobbia-mo dedicare. L’assenza di voce, o anche solo di rumore si fa quasi insostenibile e l’uomo ca-de nella noia o nella paura. E’ dunque il silenzio davvero bifronte. Anzitutto può essere scel-to e dunque scoperto come un luogo rigenerante, ma può essere anche subito. V’è un silen-zio ostile che possiamo innalzare tra noi e gli altri per isolarci o tenerli a distanza. Sottraen-dosi alla relazione l’uomo però si fa sempre più male e il silenzio di questo genere funziona malamente come anestetico. Come ogni mutismo è una reazione infantile ad una offerta di

comunicazione profonda che si teme di dover affrontare. Il tacere, d’altro canto, diventa anche un gradino fondamentale nella maturazione umana: solo chi sa tacere sa anche parlare. Le persone che si stordiscono di molte parole poi non sanno dire quelle necessarie quando ce ne sia bisogno.

V’è poi un’esperienza molto più drammatica, quella del silenzio di Dio. Essa riguarda sia i credenti che quanti sono semplicemente in ri-cerca. Gridiamo al Signore, ma egli pare sordo alla nostra voce. Ci pare così che Dio si amman-ti in un maestoso silenzio che percepiamo come indifferenza ai nostri gemiti. Talvolta anche coloro che hanno udito la voce di Dio speri-mentano questo suo apparente ritrarsi: cono-scono bene la sua voce che li ha sedotti in altro tempo e li ha convinti a seguirlo impegnando magari la vita per lui, ma nel presente in cui hanno disperato bisogno di riudire le sue dolci parole egli ostinatamente tace. Ed allora si at-traversano le steppe desolate dell’aridità inte-riore che si riempiono solo del nostro desiderio e delle nostre grida. Di Lui, però, nessun indi-zio.

Il fatto è che bisogna saper ascoltare il silenzio per rintracciarvi la voce del Signore o anche solo quella della nostra coscienza. Dobbiamo affinare la capacità di sintonizzarci sulle onde del silenzio per diventare esperti di un linguaggio che va oltre le parole e senza di esse, paradossalmente, comunica le realtà più profonde. Si tratta di un allenamento esigente che passa dalla semplice capacità di tacere custodendo il silenzio delle lab-bra per giungere all’ascolto dell’inesprimibile. Perché, in fondo, il silenzio supera ogni altra forma di comuni-cazione in quanto riesce a trasmettere ciò che le parole umane sono incapaci di far passare. E’ davvero la voce di Dio, soave come brezza nella calura estiva e impetuosa ad un tempo come uragano che sconvolge la terra ed il mare. Solo dopo un duro apprendistato potremmo udire la Parola che Dio da sempre pronuncia nel suo intimo: il Padre genera il Verbo nel seno della Trinità beatissima e l’uomo risponde con un sussulto di amore: FIAT! ■ Abba Poimen disse: “Se sei silenzioso, avrai riposo in qualunque luogo abiterai”. Sopra ogni cosa ama il silenzio, perché esso ti avvicina a un frutto che la lingua è incapace di descrivere. In un primo momento forziamoci a tacere, e poi dal silenzio nascerà in noi qualcosa che ci condurrà verso lo stesso silenzio. Che Dio ti conceda di sentire quel qualcosa che nasce dal silenzio! Se intraprendi questa condotta non so quanta luce sorgerà in te. Il silenzio è il mistero del mondo futuro. Le parole sono lo strumento del mondo presente. (Isacco di Ninive)

SILENTIUM TIBI LAUS

Per approfondire: R. MANCINI, Il silenzio via verso la vita, Magnano (BI) 2002

Page 6: Nero su Bianco

6

PERCHE’…

... sei stato attratto? Se dovessi rispondere alla domanda “cosa ha spinto ad infiltrarmi in questa Comunità” direi anzitutto ciò che è fissato all’esterno della Chiesa: “Cappella Universitaria”. Stupisce, infat-ti, per chi proviene da un piccolo paese, trovarsi in una città “universitaria”, popolata in gran parte da studenti universitari e per di più con una Cappella Universitaria. Basta entrare in Chiesa una domenica qualsiasi e ciò che colpisce è la presenza maggioritaria di studenti: e-scludendo il prete, le suore e qualche parrocchiano siamo tutti ragazzi universitari!! Cosa mi

ha commosso? Le suore, con la loro disponibilità “materna”, che accolgono tutti a braccia aperte e sono sempre pronte ad aiutarti; il coro e il gruppo dei ministranti, formati da nostri coetanei, che rendono la Ce-lebrazione Eucaristica più emozionante e coinvolgente; il prete che “nel suo piccolo” guida la comunità nel miglior dei modi; infine, il clima presente all’interno della Cappella: sereno, genuino, cristiano. Ed è proprio la sensazione intrisa di gioia e stupore, provata dopo il mio primo contatto con tale realtà, che mi spinge a con-tinuare a vivere la mia esperienza di fede in questa calorosa Comunità. ■

... perché resti? Resto perché le parole del Don scuotono la mia vita cristiana mettendo in provvidenziale

trambusto il mio stato d’animo, sapendo però che si tratta di una Santa inquietudine perché mi conduce a Dio… tutto è sotto controllo! Resto perché le mie Suore mi accolgono col sor-riso e sorreggono con forza le preoccupazioni che mi porto dietro ogni giorno vigilando con

dolcezza sulla mia tranquillità. Resto perché cantare mi fa stare bene come la prima volta… nel 2004. Resto perché quando c’è da combattere per il bene comune diventiamo una “macchina da guerra” che ragiona, lot-ta, soffre fin quando la serenità non viene ripristinata. Sono passati sette anni da quando ho deciso di en-trare a far parte di questa realtà. Da allora non mi sono mai allontanata. Tante cose sono cambiate, tante persone sono andate via ma io sono rimasta per quello che ho scritto ma anche perché dalla “mia” Cappella ricevo tanto affetto sempre, tutti i giorni in modo costante, attento, scrupoloso, niente è lasciato al caso! Poi le risate, le cene, le gite mi permettono di conoscere ogni anno tantissima gente, tante esperienze diver-se che arricchiscono le mie conoscenze e contribuiscono a farmi crescere bene. Ci sto da “Dio”! ■

... ci ritorni? Seduta davanti al caminetto di casa sfogliavo le foto del mio tanto sospirato ritorno a Sie-

na. Durante il viaggio non facevo altro che pensare a come avrei reagito al mio arrivo. L’emozione era intensa, momenti belli, bellissimi o poco piacevoli riaffioravano nella mente… Ed eccomi di nuovo qua, nella Cappella di San Vigilio - prima tappa non obbligata ma voluta – ad accogliermi l’esposizione del Santissimo. Un caloroso silenzio avvolgeva la chiesa, pochi

istanti per ritrovarmi nuovamente a casa, l’altra, quella che ha condiviso con me il periodo universitario. Sì, perché San Vigilio non è stata per me semplicemente la “Chiesa della domenica” ma una vera famiglia. Una chiesa per i Giovani e fatta di Giovani dove le occasioni per rendersi parte attiva non mancavano, bastava soltanto dire di sì. Io l’ho fatto! E mentre il passato riprendeva vita nel ricordo, dentro di me sentivo che in fondo nulla era cambiato. L’amore in Cristo che ci univa e ci rendeva parte viva della Cappella, quello è sem-pre presente. Scorre il tempo ma lo Spirito resta. ■

Scorre il tempo ma lo Spirito resta… Resto perché cantare mi fa stare bene come la prima volta...

..il clima presente all’interno della Cappella: sereno, genuino, cristiano

Page 7: Nero su Bianco

7

SIGNORE, SALVAMI”

...TRA FRAGILITA’ E GRAZIA

La grande convinzione che il tempo del cristiano è il presente, non il futuro e il sentito de-

siderio di dare un senso profondo alla mia vita, adesso e non domani, mi hanno condotta agli esercizi spirituali, perché (come dice Sant’Ignazio) “come passeggiare, camminare e correre sono esercizi corporali, così tutte le maniere di preparare l’anima a toglier via da sè tutti gli affetti disordinati, si chiamano Esercizi Spirituali.” I detti esercizi ci portano a prendere co-scienza che c’è da lavorare per attivare il nostro ricchissimo mondo interiore. Nei rapporti

con Dio non possiamo esse accidiosi, deboli, rinunciatari o persone che rimandano al domani, ma dobbiamo sapere che cosa vogliamo, perché ne va di mezzo la nostra salvezza eterna. Il tema di questi esercizi è stato “Signore, salvami!”, incentrato sulla riflessione di alcune tappe della vita di Pietro, vita caratterizzata da paure, sofferenze, pentimenti e dalla tanto attesa Resurrezione. Qualcosa mi ha spinta a parteciparvi nella certezza che il Signore aveva qualcosa da dirmi. Nessuna aspettativa, nessuna illusione, nessuna pretesa, solo la speranza di aprire il mio cuore, nel modo più trasparente e sincero possibile, per provare a comprendere la Sua Volontà. Quale gioia scoprire l’unica certezza che ho sempre saputo, ma che mai come adesso, ho sentita mia: “Dio mi ama… Dio ci ama!” Guardarsi indietro, “scavare” nell’intimo dei propri pen-sieri, andare giù in fondo alla nostra anima e scoprire un Dio che è Padre, un Padre che da sempre mi ha amata, che da sempre mi ha salvata e da sempre ha vissuto in me e con me, con una delicatezza ed una semplicità parados-salmente incomprensibile. Quanti affanni, quanti pensieri e quante pretese verso noi stessi per riuscire ad essere dei “cristiani modello”, ma al contempo prendere sempre più coscienza di vivere in un’insoddisfazione continua. Ecco la nostra grande illusione: apparire per essere amati da Dio, agire per compiacerLo. Due giorni di silenzio, preghiera e contemplazione per assaporare e sentire un amore incondizionato: l’Amore di un Padre verso il figlio. Dio ci ama così come siamo, ci accoglie, ci abbraccia e ci consola anche e soprattutto quando la vergogna e l’umiliazione ci fanno toccare il fondo. Lui ci ama prima, dopo e durante ogni nostra azione. La vera conversione si ha quando, al posto di commiserarci, ci lasciamo illuminare dalla Sua misericordia poi-ché solo accettando il disonore del nostro peccato riusciremo ad essere completamente liberi. Riscopriamo e viviamo l’altezza della nostra chiamata: noi siamo chiamati alla gloria! Allora accogliamo con gioia ogni croce che la vita ci regala nella profonda consapevolezza che non siamo mai soli. “Tu sei prezioso ai miei occhi, vali più del più grande dei tesori. Non temere, io sarò con te, ovunque an-drai...” Ecco qual era il messaggio di Dio per me durante questi esercizi: messaggio di consolazione, di fiducia, di speranza, di amore, di gioia piena, affinchè il mio cuore possa essere pieno di Lui… per Lui, con Lui ed in Lui! ■

Per approfondire: http://www.gesuiti.it/linguaggi/129/190/873/192/listagenerica.asp Scorre il tempo ma lo Spirito resta… Resto perché cantare mi fa stare bene come la prima volta...

Page 8: Nero su Bianco

8

VISITA PASTORALE

Carissimi Amici,

la Visita Pastorale, che ho fatto nella vostra Cappella Universitaria dal 13 al 20 novembre, è stata davvero per me un’occasione preziosa per avere molteplici e diversificate opportunità di essere con voi in un clima di sentita amicizia, di ascolto, di riflessione e di preghiera. Per questo vi ringrazio e resto in attesa di avere la gioia di stare assieme anche nella festa degli

auguri di Natale. Pur essendo venuto nella Chiesa di San Vigilio 3-4 volte l’anno, oramai dal 2002, solo ora ho potuto constatare di persona come la vostra Comunità, pur limitata in confronto al gran numero di studenti universitari, sia una "casa aperta", un vero e proprio punto di riferimento, di accoglienza e di sostegno, con un ritmo regolare di incontri e con iniziative culturali e ricreative all’insegna di una sana amicizia. Una presenza preziosa che la Chiesa di Siena riesce ad offrire attraverso Don Roberto Bianchini e le carissime Figlie della Chiesa, ai quali esprimo il mio sincero apprezzamento che si estende a tutti coloro che collaborano per lo svolgimento del servizio liturgico, per il canto e per le tante altre attività. Debbo dire che sia la Celebrazione domenicale come l’Ora di Adorazione risultano davvero esemplari, di modello per l’intera Città. Mentre, in preparazione del Natale, si fa insistente l’invocazione della Chiesa "Vieni Signore Gesù!" e la Sua raccomandazione "Fate attenzione, vegliate!", ricordando ciascuno di voi nella preghiera, vi raccomando di aprire la vostra anima ad accogliere l’«imprevisto» in ogni momento. È a tutte le ore che succede qualcosa perché il mondo intero attende la sua pienezza. «Vegliare» significa essere pronti ad accogliere ogni giorno l'abbagliante novità di Gesù, perché il Signore viene a ogni istante e non soltanto «all'ora della nostra morte» o «alla fine dei tempi». Se ci rendiamo capaci di vederla, la sua luce è alla nostra porta in ogni momento della nostra notte. Che il Signore vi benedica e vi protegga ■

+ Antonio Buoncristiani, Arcivescovo.

È a tutte le ore che succede qualcosa perché il mondo intero attende la sua pienezza

Lettera dell’Arcivescovo alla Cappella Universitaria

Page 9: Nero su Bianco

9

Più caro l’ospite, più squisite le vivande

Ricevere ospiti è un’arte che si esprime con garbo e attenzione, gentilezza ed educazione.

L’Arcivescovo incontra gli universitari

Ricevere ospiti è un’arte che si esprime con garbo e attenzione, gentilezza ed edu-cazione. Essere ricevuti è una dote prezio-sa che si fa largo con sapienza e discrezio-ne, prontezza e gioiosa intenzione. L’incontro è una maestria che genera co-noscenza, accoglienza ed allegria.

Non è questa, certamente, una monografia sull’ospitalità quanto piuttosto una prospettiva particolareggiata sul sen-so e la bellezza, sempre attuale, di ospitare in casa propria una persona speciale e assai gradita. Questo è posto in relazione, evidentemente, alla visita pa-storale che ha riguardato la cappella universitaria nella se-conda settimana di novembre e nella persona dell’Arcivescovo Antonio Buoncristiani. Un evento che la comunità ha atteso e vissuto con gioia e partecipazione e con altrettanta apertura e condivisione è stata ricambiata. Tanti i momenti belli e i temi affrontati. La “misura dell’eternità” nella vita del cristiano; l’accoglienza della Grazia; la relazione tra preghiera e vigi-lanza; l’attenzione quotidiana “all’abbagliante novità di Cri-sto” sono i più intensi tra gli argomenti discussi, in partico-lare, durante la Lectio del mercoledì, tenuta dall’Arcivescovo; senza contare il giovedì di adorazione e altri appuntamenti di condivisione feconda.

Non solo una “visita” dun-que, ma una vera occasio-ne di grande familiarizza-zione e, senza dubbio, la conferma di un’amicizia nella fede che unisce gli animi, accorcia le distanze e annulla i privilegi. “Più caro è l’ospite, più squisite sono le vivande” dice la saggezza popolare. Il ban-chetto assume una dimen-sione tutta nuova e le vi-vande si inebriano di divi-ne fragranze quando ad esserne partecipi sono gli “amici” di Gesù, che attra-verso di Lui, si confronta-no e, nella gioia come nella prova, crescono nell’Amore. ■

Page 10: Nero su Bianco

10

COLTIVANDO L’AMICIZIA

Settimana valdostana

No, l’arrivo alla casa “don Angelo Carioni” non è stato dei migliori, bisogna ammetterlo. Tralasciamo lo shock per la temperatura da rigido inverno (è persino nevicato!): è stato l’ingresso nella casa dove avremmo dovuto trascorrere una settimana che ha fatto pensare a molti di noi che non saremmo sopravvissuti e che in futuro ci avrebbe trovato lì ibernati. Eppure, chissà come, superato questo primo momento, la casa è diventata calda, accoglien-

te, un luogo sicuro in cui tornare dopo le nostre escursioni. La nostra settimana in Val D’Aosta, a fine luglio, è stata tante cose. Innanzitutto è stata contatto con la natura e con la bellezza faticosa della montagna: non si può descrivere la soddisfazione che dà arrivare alla meta prefissa, guardare indietro e pensare che è incredibile aver per-corso quei sentieri così impervi che, dopo, non sembrano tremendi come alla partenza. È stata preghiera e confronto con chi vive intensamente la propria esperienza di fede, nel chiuso, ma non troppo, di un monastero di clausura. Ed è stata soprattutto vivere in comunità e scoperta dell’altro, tanto più piacevolmente sorprendente per chi, come me, non è, anzi non era, “uno della Cappella”: condi-videre i pasti, il risveglio, le passeggiate, le partite a cana-sta che rivelano un Don inimmaginabile – vedere per cre-dere! – hanno abbattuto le distanze e l’idea stereotipata che ognuno ha dell’altro, mostrandoci, anche con i nostri difetti, nella nostra natura più autentica. Ci sarebbe tanto altro da dire, ma il mio spazio è termina-to: solo, alla prossima vacanza con la Cappella! ■

Insieme... è piu bello

Fronte-retro? No grazie, per il momento solo retro. Non è la fo-tocopia di un libro, ma solo le due facce di una statua. Trovata sfogliando le foto della gita d’amicizia del 15 e 16 ottobre, si nota che qualcuno l’ha fotografata per comprendere la particolarità di una prospettiva diversa, perché vorrebbe cogliere quel “retro” carico di bontà che è nascosto nelle persone.

Il viaggio inizia tra le roccaforti di San Marino e i pendii di San Leo, la cui storia viene letta su un ipad. Il LA delle danze di letture wikipediche è dato da un “Don” moderno e ginnico, che con le sue poche parole briose stuzzica anche la possibilità di fare splendide conoscenze tra le persone, e non c’è cosa più bella che accettare le altre persone dentro di sé quando si è disposti a donarsi all’altro. Il giorno dopo c’è una visita in una cittadina in cui si avverte una forte influenza passata dovuta ai Bizantini. Si dice che le caratteristiche di un popolo si misurano in base all’arte, ed è un onore sapere che mosaici così incantevoli dai mille colori decorano una città come Ravenna. Nella domeni-ca di quel fine settimana, è la parola del vangelo che lancia un messaggio per poter scuotere le menti dei ragazzi. Il famoso passo, diventato un aforisma comune recita dare a Casare quel che è di Cesare e dare a Dio quel che è di Dio. In una frase del genere si riconosce che bisogna pagare la tassa del sacrificio per ot-tenere il servizio dell’Amore. E cosa c’è di meglio se non condividere questa parola con gli amici del viaggio? In questo modo, si raggiunge il connubio perfetto tra la Parola di Dio e il gusto vero dell’amicizia. ■

..bisogna pagare la tassa del sacrificio per ottenere il servizio dell’Amore

..la soddisfazione che dà arrivare alla meta prefissa..

Page 11: Nero su Bianco

11

IL SOFFIO DELLA GOSPA NELLE

NOSTRE VITE

“Se sapeste quanto vi amo piangereste di gioia” (25 giugno 1983). Questo messaggio che la Madonna ha dato nei primissimi anni delle sue apparizioni mi sem-bra costituire la summa di ciò che ho sperimentato durante i due pellegrinaggi a Medjugorje. Migliaia di pellegrini di ogni età, lingua e nazione si mettono quotidianamente in viaggio ver-so questo piccolo e fino a trent’anni fa sconosciuto villaggio dei Balcani, ognuno spinto da un motivo e un bisogno diverso, per curiosare, ringrazia-re, oppure cercare di dare un senso alla propria esisten-

za, guarire dalle proprie malattie, del corpo o dell’anima. Molto spesso alla fine del pellegrinaggio, alcuni sperimentano una forte conversione, altri guarigioni, miracoli o segni soprannaturali, indubbia-mente tutti la Pace, quella vera, un cuore più libero, di carne, e la con-sapevolezza di essere amati, nonostante le fragilità, la fallibilità umana, sempre, anche quando questo amore non è ricambiato appieno, spesso addirittura è rifiutato. Gli affanni e le preoccupazioni che ognuno ha lasciato “a casa” divengono più leggeri da sopportare, ci si sente corazza-ti, più saldi nella fede e nella preghiera per aver sperimentato un forte senso di protezione, il sentirsi stretti in un abbraccio materno che avvol-ge il mondo intero. Il vero miracolo è quello di riuscire, ricatapultati nella quotidianità, a non perdere l’entusiasmo, la costanza della testimonianza e della preghie-ra che a Medjugorje sembrano atti e gesti naturali come respirare ma nella società e tra i giovani sono bandiere molto difficili da tenere alte. ■

La collina delle apparizioni di Medjugorje assomiglia molto alle difficoltà che spesso incon-triamo nella vita: un sentiero tortuoso, in salita; frastagliato e accidentato. Quella che si sale sulla collina è una strada di speranza. Spesso bagnata dal sudore, dalle lacrime di chi ha sofferto. Eppure la fragilità e le debolezze umane altro non fanno che ali-mentare la sete di un senso, di un significato verso il quale queste sofferenze convergono. Nel salire la collina, come nella vita, spesso ci ritroviamo con le mani sporche e le gambe stanche, arrancando nella cruda consapevolezza che non esistono scorciatoie. Quello che

dobbiamo evitare è di restare immobili nell’indifferenza e di abbandonarci alla frenesia di una quotidianità incentrata su noi stessi e spesso priva di un vero senso. Non si cammina soli, perché nel cuore abbiamo tante persone che ci indicano il crocifisso come sofferenza e speranza allo stesso tempo. È in quel momento che ci sentiamo amati per quello che siamo e le richieste che portavamo con noi si trasformano in un’apertura del cuore a non chiedere, ma a ringraziare. Ci sentiamo for-ti, tanto da poter rispondere non a una chiamata, ma a una richiesta totale di amore. E allora la salita si fa meno aspra e le gambe sembrano guadagnare forza. Affascinati, arriviamo ai piedi della Regina della Pace. Un vortice di amore ci penetra e si sente forte il desi-derio del risveglio, della trasformazione, del concreto. Quando si scende dalla collina, quello che sentiamo di diverso è il desiderio di vivere come persone nuove, rigenerate. Consapevoli che non saremo mai più soli. ■

..E allora la salita si fa meno aspra e le gambe sembrano guadagnare forza

Se sapeste quanto vi amo piangereste di gioia

Consiglio per la lettura: Antonio Socci. “Mistero Medjugorje”, Piemme 2008

Page 12: Nero su Bianco

12

VIVA, UNITA, GIOIOSA

Una delle cose più belle e allo stesso tempo difficili della nostra vita è ren-dersi conto di quanto siano preziosi i doni che il Signore ci fa senza sosta. Partecipare alla Giornata Mondiale della Gioventù è sicuramente uno di questi. E’ un dono arrivare in un paesino spagnolo e trovare tante famiglie felici di ospitarci, attente a farci sentire a nostro agio in ogni momento, piene di pic-cole attenzioni. È bello accorgersi poco prima di lasciarle che anche tu sei stato un dono per

loro, come può trasparire dallo sguardo malinconico dei saluti, o dalle lacrime viste attraverso il finestrino dell’autobus che si allontana. E’ un dono fare l’esperienza dell’universalità della Chiesa, vedere tantissimi giovani sorridenti, avvolti nelle loro bandiere, cantare a squarciagola per strada, in metro, nei parchi, in fila davanti ai musei “Esta es la jo-ventù del Papa” o ritornelli simili, e capire che “ogni credente è come un anello nella grande catena dei cre-denti.” E che “Io non posso credere senza essere sorretto dalla fede degli altri” (Catechismo della Chiesa Cattolica, 166). E’ un dono meditare, con l’aiuto dei vescovi, sull’invito del papa ad essere “Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede” (cfr Col 2,7), riflettere su cosa significhi e come sia importante che Cristo sia la nostra radice e noi siamo fondati in Lui, come sottolinea il profeta Geremia: “Benedetto l’uomo che confida nel Signore e il Signore è la sua fiducia. È come un albero piantato lungo un corso d’acqua, verso la corrente stende le radi-

ci; non teme quando viene il caldo, le sue foglie rimangono verdi, nell’anno della siccità non si dà pena, non smette di produrre frut-ti”(Ger 17,7-8). E’un dono la pioggia che ci ha bagnati la sera della veglia con il Papa, quasi a voler richia-mare l’attenzione per il momento forse più importante di quelle due settimane: l’adorazione eucaristica. E’ dono ascoltare il silenzio di tre milioni di persone alla Sua presenza, percepire che in mezzo a così tante persone il Signore parla a te personalmente, essere raggiunti da un a-more particolare che ti commuove e ti riem-pie di pace. Diversi sono i motivi che spingono molte per-

sone a non aderire a un’esperienza del genere: la moltitudine di gente che vi partecipa, il dormire poco, le file interminabili per mangiare o lavarsi e altri inconvenienti. E’ tutto vero, ad una GMG si mangia male, si dorme poco, e le condizioni igieniche sono alquanto discutibili: per qualche giorno sperimenti in piccolo cosa sia il disagio. E’ vero anche che spesso arrivati alla fine della giornata, proprio al momento dell’incontro con il Santo Pa-dre, ti mancano le forze per stare attento e provare a tradurre le sue parole. Sicuramente da casa si segui-rebbe tutto meglio. Però crediamo che in questo caso veramente l’importante sia esserci e donare al mondo l’immagine di una chiesa Viva, Unita, Gioiosa. “Cari giovani, la Chiesa conta su di voi! Ha bisogno della vostra fede viva, della vostra carità creativa e del dinamismo della vostra speranza. La vostra presenza rinnova la Chiesa, la ringiovanisce e le dona nuovo slan-cio. Per questo le Giornate Mondiali della Gioventù sono una grazia non solo per voi, ma per tutto il Popolo di Dio” (BENEDICTUS PP. XVI). ■

..E’ dono ascoltare il silenzio di tre milioni di persone alla Sua presenza..

Page 13: Nero su Bianco

13

Avete mai sentito parlare di una città da due milioni di abitanti, ricca di storia, immersa nella natura, piena di piste ciclabili e di mezzi pubblici usufruibili anche di notte, secondo porto europeo per dimensioni e traffico navale? Amburgo, capitale dell’omonimo stato, o “Länder” se preferite, è una delle tre città/stato della Germania nord-occidentale. Ed è proprio sulle sponde del fiume Elba che ho avuto l’opportunità di sviluppare la mia tesi di laurea. Il progetto che mi ha permesso l’esperienza all’estero prende il nome dall'umanista e teologo olandese Erasmo da Rotterdam il quale viaggiò diversi anni in tutta Europa per comprenderne le differenti culture. Tale progetto,

nato nel 1987 grazie alla Comunità Europea è meglio noto come progetto Erasmus. Compilate e consegnate le infinite scartoffie burocratiche sono partito per la nuova avventura, con una va-ligia carica di dubbi, ma colma di curiosità ed attese. I primi giorni trascorrono alla scoperta della nuova città, di cultura, lingua e cucina della nazione che mi a-vrebbe ospitato nei successivi otto mesi. Sin dalla prima settimana comincia anche “l’avventura” tesi. L’accoglienza da parte dei professori e della se-gretaria (grazie alla quale è stato facile trovar casa) è delle migliori. Con la loro assistenza è stato possibile completare il progetto di tesi senza troppe difficoltà, ma la cosa più interessante è stato mettere alla prova

e migliorare le proprie capacità in una realtà universitaria molto differente dalla mia. Numerosi sono gli eventi che permetto-no l’aggregazione degli studenti appena arrivati: visite guidate ai luoghi più af-fascinanti della città, serate a tema con costumi, canti e piatti tipici nazionali, tandem linguistici e feste in pub e di-scoteche con decine di ragazzi tutti alla ricerca di nuove conoscenze. Pro-prio le conoscenze sono la parte più interessante dell’esperienza all’estero. In poco tempo si viene a contatto con persone provenienti da infinite culture ed estrazioni sociali. Dall’americano di Philadelphia ateo e senza regole, all’egiziano del Cairo musulmano che per suo credo non mangia carne suina: tante sono le opportunità di dialogo e

di interazione. Ciascuno racconta un po’ di se, una parte della propria vita e della nazione da cui proviene, permettendo così uno scambio di vedute su qualsiasi tematica. Immancabili per gli italiani le domande su pa-sta, pizza e Berlusconi... Se mi avessero chiesto, prima della partenza, quale fosse la mia idea di Germania, non avrei esitato a ripetere i classici stereotipi che contraddistinguono le nazioni agli occhi delle vicine: würstel, crauti e birra a volon-tà, Berlino 2006, la patria di Hitler... e della Shoah. Invece ho scoperto una Germania inaspettata. Aprire una mappa per vedersi avvicinati da “autoctoni” pronti a dare dettagliate indicazioni sul dove recarsi è solo una delle particolarità che danno un’idea del loro senso civico. Una nazione che, fattasi carico d’una storia che ha pesantemente afflitto il mondo per decenni, ne è uscita divenendo leader per l’intero continente. Un popolo che ha accettato il fenomeno dell’immigrazione proponendo un modello di vera integrazione con persone di qualsiasi nazionalità, religione e cultura. Insom-ma un’esperienza di crescita personale e culturale importante, che restituisce al mio mondo un “nuovo me”.■

LA MIA GERMANIA

..invece ho scoperto una Germania inaspettata..

Page 14: Nero su Bianco

14

Page 15: Nero su Bianco

15

Page 16: Nero su Bianco

16

16

CAPIRE, PARTECIPARE, SERVIRE

Qualche settimana fa a Todi si è svolto un forum delle associazioni cattoliche che si sono interrogate sull'impegno e sull'apporto dei cattolici alla vita politica italiana. Un dibattito che dal sociologo Toniolo passando per Don Sturzo, De Gasperi e Moro, ha sempre interes-sato il nostro Paese. Non è però cosa di tutti i giorni che, convocati da un Forum voluto dal-la Cei, si riuniscano i movimenti cattolici che operano nel sociale, adiacenti alla vera e pro-pria politica. Non è frequente che la prolusione sia tenuta dal presidente della Cei e i relato-ri siano quanto di più autorevole possa esprimere il mondo cattolico. Sembra maturo quindi il tempo per affrontare senza tabù, ma anche senza inutili nostalgie, una domanda concreta

sul posto dei cattolici in politica e soprattutto su come un cattolico debba caratterizzare la propria presen-za nel contesto in cui vive, a livello sociale, culturale e politico. In una società italiana in cui le aggregazioni si frantumano spesso, nel caso di Todi assistiamo proprio al contrario. Dopo un lungo cammino durato più di vent'anni, l'associazionismo cattolico, nelle sue diverse declinazioni, mette da parte le divisioni formali e de-cide di confrontarsi e dialogare. Quello che ci si aspetta dai cattolici è un contributo decisivo nella formazione di una classe dirigente di qualità che persegua l'inte-resse comune. E in questo noi giovani non possiamo permetterci di fare un passo in die-tro, abbiamo bisogno di un esempio di etica pubblica da trasmettere ai nostri coetanei frastornati e delusi da una stagione di scialo economico e morale. La costruzione di un futuro che amalgami solidarietà e competiti-vità. L'idea dell'impegno, del sacrificio e dello studio come assi portanti della società. Un maggior rispetto per le istituzioni, a comincia-re naturalmente dalla famiglia, sopraffatte da un individualismo straripante e cinico. Quel cinismo che va a nozze con l'opportuni-smo. Dobbiamo essere noi cattolici a promuovere un dialogo senza pregiudizi con gli altri, come è accaduto nei momenti più bui della storia del nostro Paese. Il nostro apporto di giovani e cattolici sarà decisivo nella misura in cui sapremo essere noi stessi. Dobbiamo recuperare le ragioni profonde dell'azione nella polis e tessere un dialogo nelle nostre comunità cristiane a-scoltando i problemi. Bisogna uscire fuori sapendoci collocare nella compagnia degli uomini senza esenzioni ma assumendoci responsabilità, saper parlare di progetti e ragioni in termini non dogmatici ma semplicemente umani, affinché gli altri comprendano e possano confrontarsi liberamente con i cristiani, lasciando poi alle regole della democrazia e ai suoi criteri di determinare le scelte necessarie. L'impegno di noi giovani cattolici per il bene comune è un'energia che non può essere mal spesa, un dovere dal quale le migliori forze non possono sentirsi escluse, perché come sta scritto in un libro per far capire cos'è la Politica ai bambini: [...] quando non siamo da soli, siamo sempre una polis, cioè una piccola città, an-che in due, e ognuno è chiamato ad essere ministrum, servo, dell'altro. Nessuno può permettersi di dire "Io non gioco". Siamo tutti in campo per la stessa partita a tre tocchi: capi-re, partecipare, servire. ■

dal forum di Todi riparte l'impegno dell'associazionismo cattolico nella polis, e noi giovani, vogliamo stare a guardare?

..noi giovani non possiamo permetterci di fare un passo indietro..

Page 17: Nero su Bianco

17 17

Si è sempre detto che le giovani generazioni siano una risorsa di vitale importanza per

l’intera società. Visto che sulla base delle loro conoscenze e delle loro prospettive occupa-zionali vengono poste le basi per lo sviluppo economico di un paese, esse rappresentano al-tresì una parte del paese in cui ogni governo politico, sia esso di destra, di sinistra o di cen-tro, dovrebbe investire ingenti risorse economiche per garantire un futuro più roseo all’intera nazione. Tutto ciò in Italia molto spesso non avviene, anzi le giovani generazioni sono costrette a su-

bire politiche pubbliche in cui quasi mai i giovani sono posti al centro. Il quadro occupazionale che oggi si presenta in Italia è il seguente: tre giovani su dieci sono disoccupati e addirittura quattro su dieci svolgono un lavoro precario, ma la cosa che preoccupa di più è che molti di que-sti giovani hanno alle spalle anni di studi universitari e di sacrifici personali ma soprattutto economici, grazie al sostegno delle proprie famiglie. Nonostante ciò le difficoltà di ingresso nel mondo del lavoro non finiscono mai. I pochi fortunati giovani che invece riescono ad ottenere un decente posto di lavoro sono costretti a viag-giare sul binario della precarietà, ovvero riescono ad ottenere solamente delle occupazioni con contratti di lavoro a tempo determinato che a volte non riescono a superare la soglia dei due anni. Spesso prestano la propria forza lavoro con contratti di stage che nella maggior parte dei casi non sono nemmeno retribuiti: come si può notare al dan-no si unisce anche la bef-fa. Tutto ciò graverà forte-mente sull’aspetto previ-denziale del lavoro, ovvero le pensioni saranno sempre più magre nonostante si sia lavorato per parecchi anni. Questa situazione, spesso sottovalutata, è diventata un vero e proprio problema sociale che va affrontato alla radice. In primis occor-rerebbe creare un sistema di tutele rivolto alle giovani generazioni. Inoltre c’è bisogno di una classe politica che inizi a predisporre una serie di politiche pubbliche occupazionali e di sostegno al reddito che siano rivolte esclusivamente ai ragazzi e ai giovani laureati, garantendo loro la possibilità di guardare con maggiore serenità al proprio futuro, con la prospettiva di crearsi una famiglia con cui poter vivere in armonia, serenità e sicurezza le gioie della vita. È chiaro che per realizzare questo tipo di politiche pubbliche la nostra classe politica dovrà attrezzarsi il prima possibile perché il futuro è alle porte. Se invece tutto ciò non sarà realizzato o tarderà ad arrivare l’interrogativo che le giovani generazioni si porranno sarà solo uno: che ne sarà del nostro futuro? ■

I GIOVANI: QUALE FUTURO?

..tre giovani su dieci sono disoccupati e addirittura quattro su dieci svolgono un lavoro precario..

Page 18: Nero su Bianco

18 18

LA SFIDA EDUCATIVA AL BELLO

Nella precedente edizione di “Nero su Bianco”, trattando l’affascinante e complessa temati-ca della sfida educativa spero di aver stimolato riflessioni utili al cammino di ciascuno. Al sopracitato tema, fa eco quello della bellezza a cui l’educazione dovrebbe necessariamente tendere. L’uomo ha infatti un grande bisogno di bellezza come ha bisogno d’amore e di verità. E’ per questa via che, amando le bellezze dell’arte e le bellezze create, riflesso della Bellezza increata, noi possiamo aiutare a realizzare il progetto di Dio. L’uomo, da parte sua, non deve fare resisten-

za in un cammino di ricerca che, attraverso la via delle bellezze del mondo sensibile, lo porti maggiormente a contatto con quella del mondo interiore dello spirito per poi approdare a Dio, ragione e fon-damento di tutto ciò che esiste. Il bello suscita stupore, forza ed ardore di conoscenza. Il bello ci invita a spalancarci di fronte al mi-stero del reale, a quanto sta oltre. Il bello provoca, suggerisce, muo-ve, allarga, schiude nuovi mondi, colpisce, fa domandare. San Tom-maso sostiene a riguardo che ogni cosa è bella, a suo modo. Siamo noi che non siamo nella giusta relazione per afferrare questa bellezza e non guardiamo bene la realtà. Pensiamo all’esempio della rosa nel Piccolo principe di Antoine de Saint Exupéry. La rosa del principe era unica per lui anche se uguale alle altre perché ad essa il principe aveva dedicato tutto il suo tempo e la sua attenzione. “Non si vede bene che con il cuore” dirà la volpe. Si apre allora un discorso più ampio sulla bellezza che porta a valorizzare il bello insito in ogni crea-tura. Ed è proprio qui che si inserisce la nostra sfida: educare alla bellezza come necessità non derogabile nel cantiere della nostra so-cietà. Educare alla bellezza significa anche educare tutta la sfera della sensibilità e dell’emotività dell’individuo, e in modo più urgente, quello delle generazioni più giovani che vivono in un ambiente oramai saturo di confusione relativistica tra

bello e brutto. Educare al bello significa pertanto educare l’immaginazione, la creatività, la capacità di esprimere sensazioni e sentimenti propri; fin dai primi anni dell’individuo, per poi continuare in un sistema di formazione continua. Educare alla bellezza significa altresì educare alla comprensio-ne ed all’uso dei diversi linguaggi: quello iconico, quello musicale, quello poetico. Se fin dalla nasci-ta tocca ai genitori sollecitare il bambino a guar-dare intorno a sé, a incontrare il mondo e a dirlo con i diversi linguaggi, a formare in lui il gusto per tutto ciò che è bello in natura e nelle varie forme dell’attività umana, sono le varie istituzioni politi-che, culturali e di ogni ambito socio-economico e spirituale, i principali interlocutori che dovrebbe-ro creare quelle condizioni e quelle situazioni af-finché la lanterna del Vera Bellezza illumini e non

cessi mai di far luce sugli uomini. S. Paolo scrive: Vagliate tutto, ma trattenete quello che è buono (1 Tes 5,21). Se non educhiamo al bello e al vero, a che cosa educhiamo? Dobbiamo recuperare la domanda di bello e vero, quella domanda che è innata nel nostro cuore. E’ più facile adattarsi al brutto ed evitare la sfida dell’educazione. ■

Il bello provoca, suggerisce, muove, allarga, schiude nuovi mondi, colpisce, fa domandare..

Page 19: Nero su Bianco

19 19

MARIA IN MEZZO AI MONTI

D'EUROPA

I Balcani sono un'origine delle Alpi, e a te, pellegrino italiano che raggiungi Medjugorje, ma-gari succederà di rivedere gli Appennini, in quella catena che da Oriente si leva verso Setten-trione. E s'è in nave che arrivi, potrai ritrovarti nei volti di compaesani spaesati di fronte al personale anche svedese della Jadrolinija che però, se avrai il coraggio di chiedere un servi-zio, avrà già imparato la tua lingua. Poi, per valichi o per sbarchi, dovrai confrontarti con un paesaggio brullo e arido, che però brilla come il tuo Meridione, e di quello ripete vecchie pra-tiche doganali e feudali, verso la Bosnia, a conferma che queste lande in asse col vecchio muro di Berlino sono la vera cerniera d'Europa. Concorrono pure le insegne di ditte tede-

sche, che svettano, espandono il mercato comune ma non ancora le regole dell'Unione politica, in cui saran-no Stati finalmente federati. Questi, non costretti alla Babele monovertice che subirono dal Centralismo asburgico, che ripristinarono nel Centralismo comunista (indigeno) e che oggi paventano nell'Europa: per un'invidia statale (la Croazia sot-to Tito ebbe favori finanziari, e la Serbia in guerra li vendicò) e un'intolleranza non etnica ma reli-giosa (fra cristiani e mussulmani, fra cattolici e ortodossi). Un de-trito morale del secondo millennio si sgretola nel terzo: la religione dell'integralismo, non l'integrazio-ne della Fede! La Madre di Dio cominciò le sue apparizioni nel penultimo decennio del secolo scorso, in cui forse sei nato tu, pellegrino che leggi, e in cui il mondo, perse le illusioni colletti-ve, si perdeva dentro a quelle in-dividuali, ancora una volta igno-rando questa polveriera europea, e le sue illusioni esclusive: il nazio-nalismo religioso e la religione nazionalista. Maria fin da allora cercò di prevenire questi popoli, parlando a persone elette per arrivare all'unico popolo di Dio, inserendosi così nella storia collettiva: “Voi sbagliate quando guardate al futuro pensando solo alle guerre, ai castighi, al male. Se pensate sempre al male vi mette-te già sulla strada per incontrarlo” (da uno dei primi, straordinari messaggi di Medjugorje). Ora è quel popolo a cercare la Madonna, e ammirando il suo cuore docile al Signore, trova il modo di sciogliere il proprio. Tu rammenti, pellegrino d'Occidente finora benestante, i sospetti sui vicini e sui migranti, la paura viziata dalla terrena autorità: li ritrovi prossimi nel passato dei Balcani! Qui li lenisci, li rilasci fin nella liturgia: alla sera d'adorazione eucaristica, le lingue d'Europa in cui è cantata e professata, non confuse ma soffuse, si taccio-no alla lingua degli angeli: “Laudate, omnes gentes, Dominum!” In questa sera, ognuna delle dodici celebri stelle allora brilla, riconosciuta come ogni etnia d'Europa: maghrebina, latina, celtica, anglosassone, germani-ca, nordica, baltica, centroslava, ugrofinnica, jugoslava, ellenica, albanese. E dalla Chiesa a valle sono in co-munione con te, pellegrino che magari sali al “monte della Croce” insieme a gruppi e grappoli di gente, tuoi fratelli nella storia di salvezza che unisce i sassi agli astri. Talvolta le pietre aspre del cammino paiono più delle stelle, al pellegrino, ma tu fida che le superi: da qui sono più piccole di quelle. ■

..E ammirando il suo cuore docile al Signore, trova il modo di sciogliere il proprio. .

La tua benignità non pur soccorre a chi domanda, ma molte fiate liberamente al dimandar precorre

Page 20: Nero su Bianco

20

PERDONARE, PER DONARE

UN SORRISO

“ Perdonare è liberare un prigioniero e scoprire che quel prigioniero eri tu”

Pregherei il Signore di dar pazienza a me, e di toccare il cuore a lui..

Nella vita di tutti i giorni capita spesso di confrontarci con la diffi-coltà di liberarci dalla parte irascibile della nostra anima, da quella prigione che tiene legati i nostri sentimenti più puri con le catene del rancore e del risentimento che solo una grande forza sarebbe in grado di spezzare.

Non si tratta di una forza fisica o immediatamente tangibile, ma di una forza più sottile, che nasce dal profondo, in grado di fermar la mano d'un prepoten-te, d'un vendicativo. E’ la stessa forza con cui Gesù sulla croce chiese al padre di perdonare i suoi carne-fici perché non sapevano ciò che facevano, la forza vivificante di un perdono che tutti siamo in grado di provare. A farlo ca-pire a Renzo fu Pa-dre Cristoforo quando, giunto nel lazzaretto in cerca della sua Lucia, riu-scì a deporre il suo risentimento perdo-nando il suo peggior nemico Don Rodrigo ormai in fin di vita. Padre Cristoforo si fa portavoce di un messaggio di un va-lore eterno e univer-sale quale quello di contrapporre al ri-sentimento e alla vendetta la forza salvifica della carità e del perdono che finché ci sarà voce per farlo non sarà mai abbastanza ribadito. Il Signore serba la grazia della salvezza di Don Rodrigo alla sola preghiera di un cuore afflitto e rassegnato, al suo sentimento di perdono e d'amore e così Renzo a mani giunte china il viso pregando Dio per il suo persecutore: Pregherei il Signore di dar pazienza a me, e di toccare il cuore a lui. Questa la frase che basta a farci capire quanto il verbo perdonare non debba essere inteso come sinonimo di lasciar perdere, dimenticare, inter-

pretazione troppo sbrigativa che non rende giustizia del reale e convinto sentimento di accettazione e comprensione nutrito da colui che sa perdonare. Bi-sogna invece recuperare l’etimologia originaria del termine e restituirgli fino in fondo il suo valore di “dono”, di un dono che l’intensivo “per” riempie di pie-nezza portandolo al massimo grado di un dono libero, che facciamo senza nulla chiedere in cambio, forti solo dell’amore di Dio che è stato riversato nei nostri cuori (Rm 5,5). In una delle sue “Rime” Dante scrisse che l’uomo saggio non serra mai la stanza del perdono perché sa che il perdonare è ’l più bel vincer di guerra ed è la più bella vittoria perché chiedendo perdono si invitano altri a fare altrettanto, aprendo un circuito in cui il perdono inizia a circolare perdonando per primi, in modo da essere a nostra volta perdonati e

poter mostrare quanto sia benefico questo contagio. Il perdono può matu-rare in un attimo, basta un gesto o una parola e senza che tu te ne accor-ga è sciolta ogni ca-tena in un giro di pensieri, di anima e cuore che ti ricor-dano che un litigio in un secondo non può cancellare tut-to. Perdonare è sa-per ricominciare da capo, far crollare le barriere di un cuore

troppo orgoglioso, chiuso in quella rabbia che fa per-dere i sorrisi migliori per poi guardarsi dentro e chie-dersi che senso ha a volte intestardirsi e non voler capire. Perdonare è capire che la vita non è una gara a chi per prima abbassa il tono della voce ma a chi per primo china il cuore e perdona in un atto di umiltà. Perdonare è sentir tornare il sereno dentro e anche quando i giorni neri saranno più di uno o dureranno più del solito la consapevolezza di essere in grado di perdonare sarà il nostro più grande conforto. ■

Page 21: Nero su Bianco

21

PREGARE PER ESSERE …

PIETRE VIVE!

Era un pomeriggio d’estate: il sole, il mare, sullo sfondo le vele di chi anche quel pomeriggio non aveva rinunciato al giro in barca, nel sottofondo il rumore delle moto d’acqua e intorno a me gli amici di sempre. E’ con loro che condivido tante esperienze, è a loro che tante volte mi racconto... Eppure quando mi squillò il telefono in fretta raccolsi la mia roba, andai via e non ebbi il coraggio di spiegar loro la mia furia. Tornata a casa, mi resi conto che aspettava-no solo me e così mi aggiunsi al cerchio e cominciai a pregare insieme a loro. Prega-re?!...uhm… non proprio: per inerzia recitavo quell’Ave Maria e quel Padre Nostro pensando che avrei preferito rimanere

in spiaggia con i miei amici, le nostre chiac-chiere, e il nostro continuo discutere sul da farsi la sera. Poi, la nonna, sicuramente con-sapevole del mio sguardo assente, del mio muovere le labbra, piuttosto che del mio pregare, mi passò quella coroncina, in poche parole mi spiegò come usarla. La perplessità del mio sguardo fu nota a tutti in quel mo-mento, ma... In quello stesso istante sentii scuotere il mio cuore e la mia mente. Subito avvertii un improvviso bisogno di stringere quella coroncina tra le mani e di proclamare forte e chiaro l’Ave Maria. Recitavo il Rosario insieme a tutti gli altri, e quella statuina della Madonna che tante volte mi era capitato di osservare, ma che mai avevo guardato negli occhi finalmente ora si riempiva di significato: la Madonna aveva bussato al mio cuore, non era la prima volta che accadeva ma questa volta ero sta-ta pronta ad accoglierla. Vivevo così nell’intimità del mio cuore il mio incontro con Maria, leggevo l’amore nel suo sguardo, sentivo il calore del suo abbraccio e conti-nuavo a stringere quella coroncina, quasi avessi paura che tutto terminasse troppo in fretta. E’ stata un’esperienza personale ma non so-lo: guardavo la Madonna protagonista del mio cuore e del cuore delle persone con cui stavo condividendo la preghiera. Allo stesso tempo mi sentivo, insieme agli altri, protagonista e non spettatri-ce di un momento unico, di una nicchia di serenità e di pace interiore in quelle giornate d’estate a volte ric-che davvero di tutto tranne che di fede. Già, alle volte è più semplice scegliere di osservare e basta, il ruolo dello spettatore in fondo è il più comodo in assoluto. Esperienze come questa, però, sono un dono, arrivano proprio nel momento in cui tutto avresti fatto tranne che pregare, rendono forte la tua fede e sono un’ottima occasione per arricchire la tua forma-zione cristiana. Aiutano a ricordare che nella collettività a volte troppo arida che ci circonda, c’è bisogno di cristiani che abbandonino l’indifferenza e che, traendo forza dalla preghiera vera e sincera, siano pronti a vivere da protagonisti. Aiutano a ricordare che il mondo ha bisogno di semplici peccatori che nutriti dei Suoi insegnamenti diventano, con la preghiera, pietre vive! ■

In quello stesso istante sentii scuotere il mio cuore e la mia mente..

Page 22: Nero su Bianco

22

VOLARE ALTO MA CON PRUDENZA

Gli scritti più famosi e affascinanti della mitologia classica hanno dato una rappresentazio-ne concreta ed efficace dei più nascosti meandri dell’animo umano. Uno di questi è il desi-derio dell’uomo di sfidare i propri limiti, di fronteggiarsi con le esperienze più rischiose per la sua stessa vita. La recente morte del campione di moto GP Marco Simoncelli ci richiama a riflettere su quello che è stato definito un vero e proprio “complesso di Icaro” che ogni uo-mo vive interiormente secondo modalità e intensità diverse. Nutrire una passione straordina-ria, avventurosa o sportiva, aspirare al compimento di grandi imprese, al raggiungimento degli obbiettivi più alti sono alcune delle manifestazioni con le quali il nostro cuore anela

all’infinito. Sono proprio tali passioni ad avere spinto uomini come Villeneuve o Alboreto a sfidare il tempo e la velocità nelle piste automobilistiche pur tenendo in conto la possibilità di un esito tragico. Coltivare un sogno importante e lavorare duramente per realizzarlo dà significato e respiro alla vita umana. Ma quante vite devono essere messe così a rischio prima che l’uomo raggiunga l’adempimento completo dei suoi obbietti-vi? E’ possibile accettare che giovani esistenze siano stroncate dall’alimentare un ardore così intenso? La grande forza cinetica che fa correre impetuosamente una macchina da Formula 1 si potrebbe virtualmente paragonare alla rapidità del nostro “correre” quotidiano. Il “culto della Velocità” sembra essere diventato la sola religione della nostra epoca. Diventa quindi fondamentale, soprattutto oggi, cercare di non lasciarsi as-sorbire dal vortice di un’ebbrezza eccessiva, dal desiderio di compiere sempre al meglio e nel minor tempo possibile ogni nostro dovere. Desideriamo tutti “tagliare il traguardo” in bre-ve tempo e con stile, ma forse la cosa più im-portante è il modo con il quale si arriva alla meta. Si può riuscire a diventare “campioni del mondo” o a realizzarsi in pieno professional-mente seminando tutt’intorno una serie di ma-cerie affettive, lasciandosi sospingere dall’arrivismo e dallo spirito di rivalità, oppure si può “correre e vincere” con qualcuno accan-to la cui forza e il cui sostegno fisico o spiritu-ale diventano per noi il carburante più effica-ce. Certi sport estremi richiedono, in determi-nati momenti, un prezzo troppo alto da pagare per essere esercitati; tali sport, anche se prati-cati con passione sincera, sono fondamental-mente sostenuti da un grande giro di affari e di denaro. E’ necessario pertanto chiedersi a quali priorità conferire una maggiore importan-za e capire se anche per la nostra vita ordina-ria occorre tentare di volare con più pruden-za, non troppo vicini al sole. ■

"Vola a mezza altezza, mi raccomando, in modo che abbassandoti troppo l'umidità non appesantisca le penne o troppo in alto non le bruci il sole”[…] quando il ragazzo cominciò a gustare l'azzardo del volo, si staccò dalla sua guida e, affascinato dal cielo, si diresse

verso l'alto. La vicinanza cocente del sole ammorbidì la cera odorosa, che saldava le penne, e infine la sciolse: lui agitò le braccia spo-glie ma privo d'ali com'era, non fece più presa sull'aria e, mentre a gran voce invocava il padre, la sua bocca fu inghiottita dalle acque

azzurre, che da lui presero il nome [...] Il padre sconvolto “Icaro”, gridava. ( Ovidio, Metamorfosi, Libro VIII )

..la cosa più importante è il modo con il quale si arriva alla meta..

Page 23: Nero su Bianco

23

“Le mogli siano sottomesse ai mari-ti come al Signore”, ma anche “e voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato sé stesso per lei”. San Paolo nella lettera agli Efesini traccia una sorta di vademecum della perfetta vita di coppia, e del servizio. “Sposati e sii

sottomessa”, dice il titolo del libro di Costanza Mi-riano, giornalista del TG3, ricalcando lo spirito dell’insegnamento di San Paolo. Certo un titolo for-te, uno di quelli perfetti a pubblicizzare un prodot-to, un libro in questo caso. Ma la pubblicazione in questione non si ferma alla titolazione, se vogliamo ardita. Un libro in una forma originale: una raccolta di lettere ad amiche, amici e alle sue figlie, con uno stile frizzante, divertente, affat-to banale. Il tito-lo, dicevamo: a un’occhiata su-perficiale appari-rebbe come un manuale integrali-sta, di un maschi-lismo propugnato da una donna, di delitti d’onore e talebani di varia risma. Sottomissione come servizio. Il matrimonio, un dono bellissimo, anche quando la casa è infestata di figli disordinati e urlanti, anzi proprio per questo. La Miriano, infatti, non solo afferma orgogliosamen-te il valore del sacramento che unisce uomo e don-na, ma proclama in parallelo l’unicità dell’essere ma-dre, del dare alla luce un bambino. Tutti doni co-stantemente e quasi sdegnosamente rifiutati da donne che antepongono la realizzazione personale a tutto il resto, convinte che ci sarà sempre tempo per una famiglia. Il femminismo, secondo la scrittri-ce, ha avuto il merito di scardinare la logica del do-minio, instaurando però la logica dell’emancipazione,

come una sorta di vendetta postuma. E’ diverso ac-cordare pari dignità a uomo e donna, piuttosto che un’uguaglianza che non esiste, a partire dalle carat-teristiche insite nella natura dei due sessi. L’uomo è guida e autorevolezza; la donna accoglienza e servi-zio. Il rischio, neanche troppo nascosto ormai, nella società in cui viviamo, è di una ibridazione: l’uomo, sempre più femminilizzato, depilato e curato, talvol-ta persino in modo maggiore rispetto alle donne; e la donna, che scivola verso la mascolinizzazione, verso la repressione degli istinti, in primis quello materno. L’amore, visto nell’ottica di una parità esasperata, e di una felicità facilmente raggiungibile per tutti, al-meno così dicono i media, ha finito col ridurre il rap-porto di coppia ad un contratto. Se si è pienamente

soddisfatti, tut-to bene; se inve-ce iniziano le dif-ficoltà, meglio cambiare il pro-dotto, ovvero il partner. La vita matrimoniale, tuttavia, consta anche di momenti difficili e fatico-si, che però poi lasciano spazio a un frutto dolcis-simo, quello dell’amore incon-dizionato e fede-le. O vogliamo rinnegare del tut-to anche la fati-

dica formula dell’amarsi “nella gioia e nel dolore, nel-la salute e nella malattia”? Il legame del patto nuziale durerà davvero per sempre se la donna accetterà di non proseguire sulla strada del dominio e dello scon-tro, ma si farà paladina di un ascolto obbediente. Non per presunta inferiorità, ma per indole. Nel panorama di libri e vicende di tradimenti e infeli-cità, un libro che narra di felicità autentica, di valo-ri importanti ormai messi in soffitta, fa notizia. Pos-siamo considerare questa pubblicazione come un messaggio di cambiamento: la nostra società triste ne avrebbe profondamente bisogno. ■

“Sposati e sii sottomessa”,

un’eresia tranquillizzante

L’uomo è guida e autorevolezza; la donna accoglienza e servizio

Page 24: Nero su Bianco

24

NATIVITA’ DI GIOTTO

Il tema della Natività è strettamente connesso con la proclamazione del dogma della mater-nità di Maria avvenuta nel concilio di Efeso nel 431. Da quel momento la Natività divenne tema d’arte e si ebbero le prime raffigurazioni sceniche con vari personaggi ricavati sia dalla narrazione di San Luca sia dai racconti apocrifi fioriti attorno alla Madonna e all’infanzia di Gesù. Una delle prime rappresentazioni di questo episodio così commovente è da ricondurre alla mano dello scultore Niccolò Pisano che nel pergamo del battistero di Pisa rappresentò, in un pannello, la Natività con perfetta coerenza plastica. E tuttavia una delle rappresenta-zioni più belle della Natività la troviamo nella Basilica superiore di Assisi. L’affresco fa parte

della cosiddetta “Bibbia dei poveri” ovvero una serie di testi non scritti ma dipinti per permettere anche al popolo minuto, analfabeta per mancanza di libri e scuole, la conoscenza della storia sacra. La Natività attribuita a Giotto di Bondone presenta alcuni elementi di novità rispetto alla tradizione classi-ca. La Madonna non è adagiata giu-nonicamente su un fianco ma è se-duta, ha preso tra le mani il Bambi-nello e se lo guarda amorevolmente. Fanno la loro comparsa sulla scena due levatrici di cui ci raccontano i vangeli apocrifi. Una di esse tende la braccia al Bambino forse chia-mandolo per nome; dell’altra figura colpisce principalmente il gesto di tenera confidenzialità: la levatrice giocherella con il nasino di Gesù. L’atteggiamento delle due donne contrasta nettamente con la figura di San Giuseppe che sembra non appartenere alla scena. Seduto in disparte con aria pensierosa, egli forse s’interroga sul destino del fi-glio. E dunque possiamo affermare che in questo dipinto Gesù non è più tanto adorato quanto carezza-to, vezzeggiato. Si tratta di una rap-presentazione del tutto nuova e nuovi sono anche i sentimenti e le sensazioni che essa suscita. Nell’immaginario collettivo, il Salva-tore viene al mondo in una rozza grotta, in mezzo alla paglia, scaldato dalle poche bende che la madre aveva con sé e circondato dalla compa-gnia di un bue e un asino. Prescindendo dal significato teologico di quell’evento così straordinario, l’immagine che ci viene sottoposta non può non suscitare in noi un sentimento di freddezza e tristezza. E tuttavia la Natività rappresenta un momento di gioia per il cristiano! Credo che Giotto nella sua rappresen-tazione abbia descritto bene l’intensità dei sentimenti gioiosi che accompagnano la venuta di Gesù attraver-so la delicatezza dei gesti. La scena, infatti, non ha più nulla di triste: sparisce la grotta sostituita da una capanna aerea e luminosa che regala alla rappresentazione un tocco di leggerezza. La luminosità è data dalle schiere degli angeli che con le loro aureole dorate percorrono il cielo di un blu cupo ma sereno; anche la ter-ra esulta in letizia animata dalla presenza di tanti allegri animali. Con questa rappresentazione Giotto ha e-splicitato il significato ultimo della Natività: il gaudio e la consolazione per la venuta del Figlio di Dio.■

anche la terra esulta in letizia animata dalla presenza di tanti allegri animali

Page 25: Nero su Bianco

25

IL PIANISTA O DELL’UMANITA’

Imprimere sulla pellicola una storia di Olocausto non dev’essere stato facile per Roman Po-lanski, un ebreo polacco che da bambino ha attraversato le persecuzioni naziste, il ghetto di Cracovia, i bombardamenti, le deportazioni di massa, la perdita di familiari ed amici, la paura, la solitudine, il randagismo. Forse è per questo che il grande regista è giunto all’età di quasi settant’anni prima di girare Il Pianista: la storia vera di Wladyslaw Szpillman, un giovane e talentuoso pianista ebreo che sopravvive, solo e fuggiasco, nella Varsavia occupata dai nazisti. Il film, mantenendo magistralmente uno straordinario equilibrio tra vicenda individuale e tra-

gedia collettiva, mostra la Storia senza mai perdere la soggettiva del protagonista e senza mai cadere nell’autocommiserazione o nell’autocompiacimento. L’eccellente interprete Adrien Brody vaga per le stra-de di una Varsavia ottimamente fotografata in una lu-ce livida, dai toni smorti e rugginosi. Assiste da passivo spettatore all’innalzamento del muro che rinchiude la popolazione ebrea nel ghetto; all’umiliazione delle per-sone costruita giorno per giorno; ai pestaggi inumani ed alle esecuzioni casuali ed imprevedibili. L’occhio della macchina da presa coincide con quello del prota-gonista, sopraffatto, inerme davanti ad un orrore inim-maginabile ed assurdo. In un crescendo di incredulità, incertezza, disperazione, egli dovrà attraversare l’assuefazione al dolore, la perdita dei propri cari e della propria dignità, lasciandosi guidare dall’istinto animale della pura sopravvivenza. Con una forma narrativa sobria e rigorosamente classica Polanski allontana il proprio punto di vista dal rac-conto, rinunciando a qualsiasi sottolineatura retorica: quasi impassibile, la macchina da presa non aggiunge nulla e non risparmia nulla. Szpillman/Brody diventa un tipico antieroe solo, braccato, spiato, tradito, in viag-gio attraverso un inferno dove nemmeno lo scorrere del tempo ha più importanza (“mangiare è più importan-te che sapere l’ora”, dice dando l’orologio ad uno dei suoi protettori perché lo rivenda).

Il regista fotografa un vero e proprio nulla esistenziale, che culmina con un bellissimo movimento di macchina sull’impressionante paesaggio luna-re di Varsavia in rovina in cui erra spaesato il protagonista: quasi un di-pinto di Friedrich deturpato dall’Orrore del XX Secolo. In questa devastante oscurità l’unico appiglio tangibile forse proprio perchè invisibile rimane per Szpillman la Musica: Polanski fin dalla prima scena imposta una contrapposizione tra orrore ed arte, ma sempre senza connotazioni retoriche. Il pianista, infatti, non è mai un esteta pazzoide che invoca le ragioni dell’arte contro la barbarie (anche perché l’Arte non ha ragioni), ma solo un povero Cristo dal grande talento musicale che vorrebbe semplicemente sopravvivere alla forza esterna che irrompe nella sua vita. La musica assume un valore di atto gratuito, non rivela nessuna verità, ma semplicemente sostanzia l’uomo nella sua essenzialità: Szpillman suona per sopravvivere, ma anche per il piacere di suonare, così come l’ufficiale ascolta per rilassarsi e per recuperare il piacere del-la contemplazione. E’ un atto totalmente ed esclusivamente umano. L’umanità, appunto: per Polanski forse l’unica fragile barriera all’orrore. Buona Visione. ■

Quasi impassibile, la macchina da presa non aggiunge nulla e non risparmia nulla..

Page 26: Nero su Bianco

26 26

CRUCIVERBA

ORIZZONTALI 1. I giochi sportivi dell’antica Grecia, 10. Nelle litanie latine può essere Spirituale o Onorabile, 13. Festeggia l’onomastico il 18 agosto, 18. La fonte di Piazza del Cam-po, 22. Joseph, Sommo Pontefice, 23. Un recente film di Clint Eastwood, 26. Viene richiesta insieme alla password, 28. Canale musicale, 29. Neruda scrisse quella alla vita, 30. Quella di Lerna è un mostro a nove teste, 31. Si lega con la stringa, 32. Quella del vicino…è sempre più verde, 34. Il Maggiore si divide tra Italia e Svizzera, 35. Giorni in breve, 36. Vocali nei monti, 37. Può essere musicale, 39. Articolo per…uni e altri, 41. Componente dei grassi, dal sapore dolciastro, 44. In alto, 46. Abbrevia-zione di attenzione 47. Interpretò la colonna sonora de “La vita è bella”, 48. L’autore del “Carpe diem”, 50. Fini è il suo leader, 51. In croato significa “in mezzo ai monti”, 55. In inglese…è il più vicino, 58. Caserta, 59 Quotidiano britannico, 60. Appartiene a me, 61. Risposta affermativa, 62. Può essere di guerra, 64. Nobile fami-glia ferrarese, 65. Modesta offerta, 67. Incendio, 69. Il Ramazzotti della canzone, 71. Dentro, 72. La prima nota, 74. La Dandini, popolare conduttrice televisiva (iniziali), 76. La mitica Road dei Beatles, 79. Se…inglese, 80. La più nota preghiera latina, 84. …opera televisiva, 85. Famoso, 87. Lingua romanza medievale, 89. Con le tradizioni, 90. Unione Europea, 91. Allora…in latino, 92. Seconda personalità rispetto all’ego, 93. Quello Kwon Do è un’arte marziale, 94. Il sacramento istituito nell’ultima cena, 99. Non frequenti, 101. Interno, 102. Disonesto, 104. Esame di base inglese, 105. Preposizione semplice, 106. Il capoluogo del Piemonte, 107. Sono preziosi, 109. Emittente nazionale, 110. Il Guinizzelli lo voleva…“del ver la mia donna”, 112. Preghiere del tramonto, 114. Baratro, 116. Fine inglese, 117. Snodo autostra-dale tra Lazio e Umbria, 118. Mammifero marino, 119. La prima persona, 120. Funzione trigonometrica, 122. Un tipo di farina, 123. Prefisso…divino, 124. La città del Vesuvio, 126. Iniziali di Robert Redford, 127. La quarta nota, 130. Il pittore della “Primavera”, 134. Ci piace sentirsi nel proprio, 136. Ci tramonta il sole, 140. La chiesa maggiore, 142. L’amata di Orlando nel poema dell’Ariosto, 144. In nessun tempo, 146. Ken Follet ne ha fatto uno…scandalo, 148. Confederazione Nazionale dell’Artigianato, 149. Unisce due proposizioni negative, 151. …ut des, 152. Celebre opera di Giuseppe Verdi, 153. Gira su rotaia, 154. Quelle del Signore sono infinite, 155. È auspicabile in ogni rapporto. VERTICALI 1. Quello “tango” è insieme ai due coccodrilli, 2. Articolo per donna, 3. I cittadini dello “stivale”, 4. Si ripetono due volte nell’ammazzare, 5. Per De André c’è chi la aspetta per non piangere da solo, 6. Senza conseguenze, 7. La “New” è un genere musicale, 8. In certi cognomi, 9. Dà il colore all’occhio, 10. L’autore delle peregrina-zioni di Enea, 11. Località del celebre schiaffo, 12. Signoria Vostra, 13. Imposte sui prodotti di consumo, 14. Andata, 15. Il simbolo della guerra fredda, 16. Abbrevia-zione di ospedale, 17. Quella Sport crea videogiochi, 19. Struttura da cui vengono proclamate le letture in chiesa, 20. Il Calvino del Sentiero dei nidi di ragno, 21. Nel telecomando, abilita l’ingresso ad audio/video, 25. Prefisso di uguaglianza, 27. Non sono mancini, 33. Consonanti dell’orso, 37. È indivisibile, 38. Celebre band dei fratelli Gallagher, 40. Legge Regionale, 42. Il gruppo di attori di un film, 43. Radio Frequenza, 45. Unione degli studenti, 46. La città della valle dei templi, 49. Giusep-pe…Gingillo del Palio, 51. La città del gran premio d’Australia, 52. Il Chechi…signore degli anelli, 53. Il primo numero, 54. Il Cocker cantante, 56. Compagnia di carbu-ranti, 57. Piccolo esame di ingresso, 58. Los Angeles è in quella west, 61. La capitale della Bulgaria, 62. Riordinare, 63. Il gestore della rete stradale italiana, 66. Il presidente degli Stati Uniti, 68. Il pittore della Cappella degli Scrovegni, 70. Ama i litigi, 73. Quello di Delfi insegnava a conoscere se stessi, 75. Il quinto libro della Bibbia, 77. Enrico Papi, 78. Vi ebbe luogo il processo ai crimini nazisti, 81. Poco caldo, 82. Né mie né tue, 83. Ripetuto, 85. Consonanti in nolo, 86. Pronome personale, 88. Elencazione dei brani delle Sacre Scritture, 92. Autunno/Inverno, 95. Antica città della bassa Mesopotamia, 96. Storica casa automobilistica, 97. La 66 è la più celebre, 98. Centro benessere, 100. Successivamente, 103. Si stringe per salutare, 105. È da poco passata dal 20% al 21%, 106. Col tac scandisce il tempo, 108. Si ripe-tono nelle risorse, 111. A Lui è gratias, 113. Suona di carabinieri e polizia, 114. Comparativo inglese, 115. La scritta sulla croce, 121. Acceso, 125. L’ultimo romanzo di Coelho, 128. La Città eterna, 129. Il più vasto continente, 130. Ex capitale della Germania federale, 131. Il fedele amico dell’uomo, 132. Cellulari e tv di nuova genera-zione, 133. Articolo per ragazzo, 134. Nota marca di computer, 135. La squadra di calcio di Marsiglia, 137. Si dava in epoca fascista, 138. Employment Development Department, 139. Notiziario, 140. Direttore, 141. Nazione araba, 143. La compagnia assicurativa Assitalia, 145. La Negri poetessa italiana, 147. Latina, 148. A noi, 150. Il fiabesco regno del Mago

Page 27: Nero su Bianco

27

Page 28: Nero su Bianco