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1 L'AVVENIRE DEI LAVORATORI www.avvenirelavoratori.eu La più antica testata della sinistra italiana, Organo della F.S.I.S., organizzazione socialista italiana all'estero fondata nel 1894 Sede: Società Cooperativa Italiana - Casella 8965 - CH 8036 Zurigo Direttore: Andrea Ermano > > > PDF scaricabile su http://issuu.com/avvenirelavoratori < < < 44370 e-Settimanale - inviato oggi a utenti – Zurigo, 10 settembre 2015 Per disdire / unsubscribe / e-mail > [email protected] Per iscrivervi inviateci p.f. il testo: "includimi" a: ADL Edizioni In caso di trasmissioni doppie inviateci p.f. il testo: "doppio" a: ADL Edizioni NON MANCATE ! Matinée il 13 settembre, ore 10.30 Al Coopi St. Jakobstr. 6 - Zurigo Il 110° anno del Cooperativo Il Coopi di Zurigo, storico locale dell’emigrazione socialista compie 110 anni e promuove una matinée dedicata alla musica, alla letteratura e alla riflessione politica. Nello spirito pacifista della Conferenza di Zimmerwald. “Guerra alla guerra” – Angelica Balabanoff (Černigov, 7.5.1878 – Roma, 25.11.1965) è la figura simbolo dei primi centodieci anni del Cooperativo di Zurigo. Due attori di talento Egon Fässler ed Enzo Scanzi interpreteranno, in italiano e in tedesco, un’intensa antologia tratta da Nonna Adele,

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La Newsletter settimanale del 10 settembre 2015

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L'AVVENIRE DEI LAVORATORI www.avvenirelavoratori.eu La più antica testata della sinistra italiana,

Organo della F.S.I.S., organizzazione socialista italiana all'estero fondata nel 1894 Sede: Società Cooperativa Italiana - Casella 8965 - CH 8036 Zurigo

Direttore: Andrea Ermano

> > > PDF scaricabile su http://issuu.com/avvenirelavoratori < < <

44370 e-Settimanale - inviato oggi a utenti – Zurigo, 10 settembre 2015

Per disdire / unsubscribe / e-mail > [email protected] Per iscrivervi inviateci p.f. il testo: "includimi" a: ADL Edizioni In caso di trasmissioni doppie inviateci p.f. il testo: "doppio" a: ADL Edizioni

NON MANCATE !

Matinée il 13 settembre, ore 10.30

Al Coopi – St. Jakobstr. 6 - Zurigo

Il 110° anno

del Cooperativo

Il Coopi di Zurigo, storico locale dell’emigrazione socialista compie

110 anni e promuove una matinée dedicata alla musica, alla

letteratura e alla riflessione politica. Nello spirito pacifista della

Conferenza di Zimmerwald.

“Guerra alla guerra” – Angelica Balabanoff

(Černigov, 7.5.1878 – Roma, 25.11.1965) è

la figura simbolo dei primi centodieci anni

del Cooperativo di Zurigo.

Due attori di talento – Egon Fässler ed Enzo Scanzi – interpreteranno,

in italiano e in tedesco, un’intensa antologia tratta da Nonna Adele,

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grande romanzo di Ettore Cella-Dezza ambientato nella Zurigo del

Cooperativo durante i primi decenni del XX secolo.

Il quartetto d’archi Weshalb Forellen – formato da Mario Huter

(Violino), Monika Camenzind (Violino), Nicole Hitz (Viola) e Martin

Birnstiel, (Violoncello) – eseguirà variazioni su motivi della tradizione

popolare italiana con incursioni nel mondo del tango argentino:

imperdibile!

Nello spirito pacifista della Conferenza di Zimmerwald (che proprio

cento anni fa ebbe il Coopi e la “cooperatrice” Angelica Balabanoff tra

i suoi promotori) interverranno per un indirizzo di saluto Esther

Maurer, Luciano Ferrari e Felice Besostri, offrendo elementi di

riflessione sul complesso momento politico attuale.

Esther Maurer, municipale emerita di Zurigo, è coordinatrice

nazionale di SolidarSuisse, organizzazione no profit attiva in 14 paesi

con cinquanta progetti finalizzati a promuovere l’aiuto umanitario, la

dignità del lavoro e una vasta partecipazione democratica.

Luciano Ferrari ha diretto per lunghi anni la redazione

internazionale del Tages Anzeiger, il maggiore quotidiano elvetico; è

segretario generale vicario e coordinatore politico della segreteria

nazionale del Partito Socialista Svizzero.

Felice Besostri, giurista costituzionalista ed esperto di politica

internazionale, è Presidente della Rete Socialista per il Socialismo

Europeo, già Senatore della Repubblica e membro del Consiglio

d’Europa nonché presidente dell’Assemblea Parlamentare della

Iniziativa Centro Europea.

L’incontro, aperto al pubblico, avrà luogo domenica 13 settembre

2015, dalle ore 10.15, nella sala da pranzo del Ristorante Cooperativo

tra gli splendidi capolavori di Mario Comensoli.

> Cooperativo – St. Jakobstrasse 6 – 8004 Zürich

Alle ore 12.30 sarà offerto un buffet.

Da Strasburgo

L’Unione e l’immigrazione

di Patrizia Toia

(Strasburgo, 9.9.2015) - Nella giornata di oggi, al Parlamento

Europeo di Strasburgo: il discorso di Juncker sullo Stato dell’Unione e

il Pacchetto sull’immigrazione e i rifugiati.

Relativamente al discorso sullo Stato dell’Unione voglio sottolineare

alcuni punti:

1 - Una forte volontà europeista di Juncker di affrontare insieme,

come Europa, le sfide che abbiamo davanti, interne (disoccupazione,

problemi dell’eurozona, necessità degli investimenti per superare la

crisi) ed esterne (conflittualità a sud e ad est dell’Europa che generano

l’esodo dei rifugiati e degli immigrati);

2 - La forte volontà di salvaguardare i valori di solidarietà e di

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rispetto di diritti umani che caratterizzano il progetto europeo, valori

che oggi sono messi duramente alla prova dall’entità e dalla

complessità dei fenomeni migratori;

3 - Come ha detto Federica Mogherini, l’Europa è credibile se è

coerente e noi non potremmo essere i paladini nel mondo di valori che

non rispettiamo a “casa nostra”;

4 - Facciamo nostre le parole del Presidente della Commissione:

“l’Europa in cui voglio vivere è quella dei cittadini che hanno aiutato i

profughi e non quella di chi ha alzato i muri!”

Sullo stato dell’Unione il nostro gruppo (anche con l’intervento del

capogruppo Pittella e il mio) ha sottolineato le nostre priorità:

immigrazione, agenda sociale e occupazione, fiscalità più equa, unione

economico-monetaria, piano degli investimenti e flessibilità nel patto

di stabilità, lotta ai cambiamenti climatici, una strategia di medio

periodo per l’Africa, un impegno per la pacificazione dei conflitti che

infuriano attorno a sud e ad est dei nostri confini.

Qui trovate il discorso completo, al momento disponibile solo in

inglese e francese, presto in tutte le lingue ufficiali:

Per quanto riguarda il Pacchetto immigrazione e rifugiati, è già stato

approvato dalla Commissione mentre il Parlamento dovrà intervenire

su due piani: con il suo ruolo legislativo per quanto riguarda i

regolamenti previsti dal pacchetto e con una risoluzione di indirizzo

che approveremo domani e che vi invierò tempestivamente.

Ora il pacchetto, per diventare operativo, deve essere approvato dal

Consiglio Europeo, cioè dagli Stati, e questo appuntamento sarà lunedì.

L’augurio è che ci sia solidarietà e unità e che si vincano le resistenze

di quei Paesi che, paradossalmente, proprio grazie alla solidarietà

europea hanno potuto riunirsi al momento dell’allargamento.

Conformemente alla Legge 675/1996 tutti i recapiti dell'ADL Newsletter sono utilizzati in copia nascosta. Ai sensi del Codice sulla privacy (D.L. 30.6.2003, 196, Art. 13) rendiamo noto che gli indirizzi della nostra mailing list provengono da richieste d'iscrizione, da fonti di pubblico dominio o da E-mail ricevute. La nostra attività d'informazione politica, economica e culturale è svolta senza scopi di lucro e non necessita di "consenso preventivo" rivestendo un evidente carattere pubblico come pure un legittimo interesse associativo (D.L. 30.6.2003, 196, Art. 24). L'AVVENIRE DEI LAVORATORI contribuisce da oltre 115 anni a tenere vivo l'uso della nostra lingua presso le comunità italiane nel mondo tra quelle persone che si sentono partecipi degli ideali socialisti-democratici di Giustizia e Libertà.

SPIGOLATURE

I mostri di ieri e di oggi

di Renzo Balmelli

IMPERDONABILE. Il giorno in cui la sua breve vita finiva su una

spiaggia turca dove si prende il sole, il piccolo Aylan indossava un

grazioso maglioncino rosso. Rosso come il cappottino della bimba che

compare in Schindler's List mentre si consuma il massacro nel ghetto

di Cracovia e che ritroveremo su un carrettino destinato alle fiamme. A

distanza di anni, la sconvolgente coincidenza, che non è finzione bensì

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l'immagine reale e ripetuta dell'innocenza violata sull'altare della follia

umana, ripropone il confronto anche soltanto simbolico ma inevitabile

con il Male assoluto. Per tutte le vittime dell'insensata crudeltà contro i

bambini, nei nostri cuori accanto al dolore ribolle la rabbia che non

perdona e mai perdonerà chi ha permesso che questo accadesse. Loro

chi? I mostri di ieri e di oggi.

MEMORIA. Speriamo non sia così, ma il contrappasso della storia

nell'affrontare il dramma dei profughi, prima guardati di sbieco e poi

abbracciati come eroi, solleva qualche perplessità sul dopo, sul loro

avvenire e il loro inserimento nella nuova società. Per ora la visione di

disperati in fuga tra fili spinati, vagoni piombati e il macabro rito delle

braccia marchiate ha provveduto a risvegliare la memoria nel timore di

riscrivere il passato e di resuscitare i fantasmi degli anni in cui l'uomo

perse la ragione. Durerà? Ciò che è accaduto ci dice che deve essere

dato un futuro a chi scappa per riaffermare il valore supremo del

rispetto dovuto a ogni essere umano. Ma lo sciacallaggio elettorale

della destra xenofoba, decisa a riprendere la gestione della paura e dei

muri, non lascia presagire nulla di buono per venire a capo della sorte

di milioni di profughi.

PROGETTO. Sarebbe interessante sapere quanti sono ancora disposti

a credere alle sparate di Berlusconi che alcuni giorni fa, come se non

ne avesse già fatte abbastanza, se ne viene fuori, papale papale, con

una dichiarazione roboante. "Ho un progetto per l'Italia" è la ricetta che

ha illustrato ai giovani azzurri che forse però tanto giovani non sono se

lo stanno ad ascoltare. Il Vate logorato dal potere, in piena crisi

promette un programma nuovo e rivoluzionario per rilanciare il Paese

sullo scacchiere mondiale sotto la sua guida saggia e illuminata. Dura

poco però l'illusione quando si scopre che le proposte oltre a non avere

nulla di rivoluzionario in ultima analisi puntano alla riforma della

magistratura, la vera ossessione dell'ex Cavaliere che pur attempato

non rinuncia a ritagliarsene una versione ad personam.

SMALTO. Se c'è un leader mondiale disposto ad accogliere senza

riserve l'appello del ragazzo siriano che invita i grandi a fare cessare la

guerra per non costringerlo a fuggire, questi è senz'altro il presidente

americano. Nonostante i detrattori e ogni sorta di lobby, tra le cose

fatte del mandato di Obama resterà la ricerca del dialogo e del

negoziato che ha portato a risultati notevoli: la riforma sanitaria,

l'accordo sul nucleare iraniano, vera mina vagante in quella parte del

globo, la riconciliazione con Cuba, la svolta nella politica energetica e

climatica considerata la sfida epocale del secolo. Non più assillato per

la propria rielezione, il capo della Casa Bianca, che sembrava debole e

sulla via del tramonto, ha invece ritrovato lo smalto dei tempi migliori,

pronto a prendere iniziative e difendere con passione le cause che gli

stanno a cuore con una carta in più: tenere l'America fuori dalle guerre.

PENNA. Non è mai troppo tardi – per imparare a leggere e scrivere.

Declinata in chiave moderna, la funzione della celebre trasmissione

sorta agli albori della RAI andrebbe modificata nel senso di re-

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imparare a leggere e scrivere secondo le regole della grammatica e

della sintassi messe a dura prova dall'era del digitale. L'esistenza del

fenomeno è apparsa in tutta la sua ampiezza in occasione della giornata

mondiale dell'alfabetizzazione celebrata l'8 settembre. Da varie

ricerche è risultato che anche nei paesi più evoluti cresce il numero

degli illetterati. Persone cioè che a differenza degli analfabeti hanno

una padronanza di base della lingua, ma non sono per esempio in grado

di leggere un articolo, di decifrare un documento e di ordinare le lettere

al posto giusto. Insomma, il passaggio dalla scrittura a mano alla

tastiera del computer pare non sia stato il miglior servizio reso alla

comprensione dei concetti che la cara, vecchia penna ,stimolandoci le

meningi e aiutandoci a pensare, rendeva invece più accessibili , con

indubbi benefici tanto per il lessico che per l'eloquio.

LAVORO E DIRITTI

a cura di www.rassegna.it

Eternit, ecco come si lavorava

Uno straordinario documento d'epoca dell'Istituto Luce, tratto dagli

archivi dell'Osservatorio nazionale amianto, mostra la lavorazione

dell'asbesto nella fabbrica di Casale Monferrato.

Guarda il filmato sul sito di Rassegna.it

FONDAZIONE NENNI http://fondazionenenni.wordpress.com/

Una verità scomoda

Non è vero che non potremmo accogliere più profughi

di Edoardo Crisafulli

Mia nonna paterna, Edwige Schwartze, mi raccontava spesso la storia

della nostra famiglia: “quand’ero bambina vivevamo in pace in

Transilvania, la nostra Siebenbürgen, nel cuore dell’Impero austro-

ungarico. Eravamo di lingua e cultura tedesca, ma ci sentivamo

ungheresi. Eravamo felici e sereni. Poi deflagrò quell’orribile guerra,

nel 1914. Pochi anni dopo, con la sconfitta degli Imperi centrali, il

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nostro mondo crollò. Iniziarono i disordini, e si cominciò a patire la

fame, a noi sconosciuta fino ad allora. La Transilvania venne ceduta

alla Romania, che aveva combattuto contro l’Impero austro-ungarico.

L’Ungheria precipitò nel caos, sembrava che stesse per scoppiare una

rivoluzione. Il bolscevico Bela Kuhn andò al potere, e proclamò la

Repubblica sovietica ungherese. Lì iniziò il nostro calvario. Eravamo

benestanti e perdemmo tutto, dalla mattina alla sera. Vivevamo nel

terrore. Tuo bisnonno Emil fu imprigionato e obbligato ai lavori forzati

dai comunisti ungheresi. Era un borghese, un proprietario terriero, e

andava punito in maniera esemplare. Sottoposto a crudeli privazioni, si

ammalò gravemente. Intanto cominciava un’altra guerra, questa volta

tra Ungheria, Cecosolovacchia e Romania: Bela Kun, nel 1919,

occupò parte della Slovacchia e tentò di riprendersi la Transilvania. Ma

non ci riuscì. Senza più proprietà e reddito, ora eravamo anche apolidi,

senza patria. In fondo, continuavamo a sentirci ungheresi di etnia

tedesca. Ma l’Ungheria era in mano ai bolscevichi. E la Transilvania

era rumena. Decidemmo di fuggire da una terra che la nostra gente

abitava da secoli. Portammo via con noi poche cose, stipate su un

carretto: qualche mobiletto, qualche ricordo, gli abiti, l’argenteria.

Iniziò così un lungo e terrificante viaggio: il papà era ammalato e la

mamma doveva occuparsi di 6 figli – il più piccolo aveva tre anni, il

più grande dodici. Iniziarono le peregrinazioni nei balcani, nei territori

di un Impero in disfacimento, dove emergevano gli odi interetnici a

lungo repressi. Subimmo soprusi e crudeltà da parte di tutti: dai rumeni

(in quanto ungheresi), dai serbi (in quanto ‘austriaci’), dai croati (in

quanto protestanti). Finché non arrivammo ad Abbazia, che era da

poco passata all’Italia. La conoscevamo bene perché era una

importante meta turistica come lo è Riccione oggi.

Valentin Lustig, Solenne accoglienza a Maria Teresa

d’Austria nel porto di Claudiopolis, 1999 (coll. priv.)

Ci sistemiamo in una pensioncina e non sappiamo più a che santo

votarci. I nostri soldi sono carta straccia. L’argenteria l’abbiamo già

venduta. Papà si aggrava. Mamma ha i nervi a pezzi. I carabinieri

italiani ci hanno appena controllato i nostri documenti. Abbiamo il

batticuore: ci maltratteranno anche loro? Ci cacceranno via anche loro?

Capiamo poco di quel che ci dicono. Ci paiono così strani, con quelle

divise buffe e quell’aria così poco marziale. Guardano i bambini e

confabulano fra di loro. Noi ci stringiamo tutti assieme. Se ne vanno.

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Dopo una mezz’oretta si sente bussare alla porta. I carabinieri sono

tornati. Mamma ha un tonfo al cuore. Apre la porta, tenendo la mia

sorellina Ruth in braccio. I carabinieri gesticolano indicando dei

contenitori di latta che hanno con sé. È il latte per i bambini, dicono.

Noi scoppiamo a piangere. È la prima volta che veniamo trattati con

umanità. Poco dopo papà ha una crisi, e viene ricoverato in ospedale.

Sul letto di morte dice a mamma: ‘lasciate perdere l’Austria.

Rifugiatevi in Italia. Sono certo che vi troverete bene. Gli italiani sono

un popolo che ha cuore.”

Se non fosse stato per quell’episodio di generosità io probabilmente

non sarei mai nato. La mia famiglia ungaro-tedesca sarebbe finita a

Vienna, com’era nelle intenzioni iniziali. Mia nonna invece si stabilì in

Italia con tutta la famiglia e sposò un siciliano, così nacque mio padre.

La scelta non fu facile: all’epoca una ragazza ungaro-tedesca, per

giunta protestante, agli occhi di un siciliano appariva esotica quanto

una cinese o una afgana oggi. Mia nonna è rimasta una profuga

nell’animo per tutta la vita. Non ha mai voluto possedere una casa.

Non ha mai smesso di rimpiangere la sua amata Transilvania. Il

dramma dei profughi lo devi toccare con mano, per capirlo. Io l’ho

vissuto attraverso le narrazioni sofferte di mia nonna.

In questi mesi ho letto cose sui profughi da far rabbrividire. ‘Sono

pericolosi. Ci portano malattie infettive’; ‘sono bugiardi, non scappano

da guerre: vengono da noi per farsi mantenere’; ‘si lamentano e poi

hanno tutti il telefonino’; ‘fra loro pullulano i criminali e i terroristi’. È

questo, mi chiedo, lo stesso popolo che accolse la famiglia di mia

nonna negli anni Venti del secolo scorso? Certo, ci sono le migliaia di

volontari della Caritas e di altre organizzazioni benefiche. Tanti italiani

si rimboccano le maniche, si prodigano e si commuovono alla vista dei

disperati che cercano rifugio in Italia. Ma gli indifferenti sono tanti,

troppi. È la crisi che ha indurito il cuore degli italiani? No, è il

benessere che ci ha resi egoisti. Rispetto ai tempi di mia nonna

abbiamo molto di più eppure siamo disposti a dare molto di meno.

Diciamo che non possiamo permetterci di aiutare gli stranieri, e poi

sprechiamo ogni anno tonnellate di cibo senza battere ciglio; ci

arrabbiamo se i profughi rifiutano un piatto di pasta e osano pretendere

un vitto diverso (cosa dovremmo dar loro, il rancio con un tozzo di

pane secco?) e poi stiamo a nostro agio in una società iper-consumista,

traboccante di beni superflui, che ci invita ogni giorno a sprecare e a

buttare via.

Diciamola, una verità scomoda: non è vero che non potremmo

accogliere più profughi. È che non vogliamo farlo. Ecco perché la

destra leghista e xenofoba è riuscita a scatenare una guerra fra poveri: i

disoccupati e i bisognosi italiani contro i profughi e gli immigrati. I

veri miserabili sono coloro che si accaniscono contro gli stranieri, i

diversi per raccattare un pugno di voti. Ignobile il titolo di Libero del

27 agosto 2015. “Ai clandestini i soldi dei disabili”. Dove eravate, cari

leghisti, quando per decenni di vita repubblicana impiegati, docenti,

operai con i loro magri salari finanziavano le scuole e gli ospedali ai

grandi evasori fiscali, tutti italianissimi? C’è una sola grande, vera

ingiustizia sociale nell’Italia d’oggi: i ricchi diventano sempre più

ricchi e i poveri sempre più poveri. E voi che fate? Ve la prendete con i

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reietti, con gli ultimi, con i diseredati.

Intendiamoci: non sono un sostenitore dell’etica del Buon

Samaritano a oltranza. Quando la coperta è corta, e tutti vogliono

tirarla dalla loro parte, bisogna fare scelte dolorose. Comprendo

l’amarezza e la delusione del disoccupato italiano che si sente

trascurato dal proprio Stato. Agli italiani onesti, in regola col fisco, va

riconosciuto un diritto di priorità nell’assistenza sociale. Mi pare

sacrosanto. Non possiamo mica accogliere tutti: i migranti economici

(quelli in cerca di lavoro) e i clandestini senza fissa dimora non hanno

il diritto di rimanere in Italia a spese nostre. Ma nei confronti dei

profughi e dei rifugiati politici abbiamo un obbligo morale di

assistenza. Dal mio popolo mi aspetto molto di più. Voi che temete

un’invasione barbarica pensate – almeno per un istante – alle

sofferenze dei poveri disgraziati che fuggono dalle dittature, dalle

violenze. Non vi chiedo di tornare indietro con la memoria a cent’anni

e più fa, quando erano i vostri nonni e bisnonni a emigrare con le

valigie di cartone. A voi, che siete orgogliosi delle radici cristiane

dell’Europa, a voi che inorridite al pensiero che il canto del Muezzin

rimpiazzi il suono delle campane, chiedo uno sforzo mentale in più. Vi

chiedo di dedicare un momento di riflessione ai tanti profughi senza

nome e senza tomba, affogati in mare.

L'AVVENIRE DEI LAVORATORI - Voci su Wikipedia :

(ADL in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori (ADL in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori (ADL in spagnolo) http://es.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori (Coopi in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo (Coopi in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo (Coopi in tedesco) http://de.wikipedia.org/wiki/Cooperativa_italiana

Da Avanti! online www.avantionline.it/

E se il Senato fa la

rima con agguato?

Come Giulio Cesare alle idi di marzo del 44 avanti Cristo, anche

Matteo Renzi rischia di lasciarci le penne proprio al Senato.

di Mauro Del Bue

Cesare venne trafitto dal suoi oppositori, ma anche da coloro che

credeva amici: “Quoque tu, Brute, fili mi”, sussurrò mentre cadeva

sotto le coltellate dei suoi attentatori. Anche Renzi rischia di essere

abbattuto dal fuoco amico. Oddio, amico mica tanto, perché la

minoranza dem tenta da tempo di dare una spallata al giovin signor

fiorentino. Poi, ogni volta rincula, tentenna e al momento giusto perde

pezzi. Renzi non ha un Ottaviano dietro l’angolo, ma un gruppo di

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oppositori che come quelli di Cesare gli imputano di avere pressoché

poteri assoluti. Come Cesare anche Renzi pare un uomo solo al

comando, di ciclistica e bersaniana memoria.

Tutto ruota attorno al secondo articolo della legge, quello che

riguarda la composizione del Senato, riportato dalla legge

costituzionale a cento e nominato in gran parte dai consigli regionali.

La posizione dei fautori dell’elezione diretta sarebbero in maggioranza,

secondo i calcoli delle firme raccolte. Non cambierebbe granché,

perché l’elezione sarebbe solo assicurata dal titolo di consigliere

regionale e si sono studiate anche forme un po’ contorte di listini

bloccati (che novità…) da affiancare a quelli dell’elezione diretta dei

consiglieri regionali. Pare che la mediazione non abbia avuto fortuna.

Ciononostante Renzi non indietreggia di un palmo. Perché, se è

consapevole di essere minoranza non cede sul punto? Le ipotesi sono

due. O pensa di non essere minoranza perché convinto di avere su

questo argomento un deciso aiuto dalle forze di opposizione (dunque ci

sarebbero franchi, anzi palesi, tiratori che hanno firmato l’eleggibilità e

che sarebbero pronti a votare il suo contrario), oppure vuole lo scontro

definitivo coi suoi oppositori interni puntando a nuove elezioni, o

quanto meno minacciandole, perché il presidente Mattarella

difficilmente potrebbe sciogliere le Camere sulla base di un crisi di

governo aperta da un voto su una riforma costituzionale.

Resta il fatto che “hic Rhodus hic salta”. Il Senato è ancora luogo di

agguato. Con una differenza non da poco, però. Chi oggi potrebbe

sostituire Renzi alla guida del primo partito italiano e del governo? Ci

sono in giro nuovi potenziali imperatori? Aprire la strada a Grillo, cioè

a Di Maio, o a Salvini, a chi conviene? Ecco perché penso che alla fine

Renzi scamperà. Anche se mi trattiene un dubbio. E cioè che nuove

elezioni si svolgerebbero col Consultellum anche per il Senato. E che

la sua eleggibilità sarebbe così assicurata per molti senatori in scadenza

di mandato. A pensar male a volte ci si prende.

Vai al sito dell’avantionline

Da l’Unità online http://unita.info/

Cameron ondivago sui profughi, ma la sinistra dov’è?

Il Partito Laburista, aggrovigliato nella gestione delle primarie, è

occupato più nella lotta interna che a contrastare le politiche

fallimentari sull’immigrazione

di Alexander Marchi

La reazione dei media e della popolazione britannica di fronte alla foto

del bambino siriano morto sulla spiaggia ha costretto il premier David

Cameron ad una vera e propria retromarcia. Ma nonostante la

pressione constante degli ultimi giorni, il governo ha annunciato che

raccoglierà solo 20mila profughi nel corso dei prossimi 5 anni. Il

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confronto con un altro governo europeo a maggioranza conservatrice

come la Germania di Angela Merkel, dove è stato ipotizzato l’arrivo di

circa 500 mila profughi all’anno, fa un certo effetto e crea imbarazzo.

Il Regno Unito, insieme ai paesi dell’est Europa, fino ad oggi hanno

mostrato resistenza ad accettare un maggiore numero di profughi.

Cameron stesso teme l’ala della destra del suo partito, già impegnata a

condizionarlo in vista del prossimo referendum sulla permanenza

nell’UE. Poi c’è la forza nei sondaggi del partito di destra e anti-

europea UKIP. Bene invece ha fatto il nostro Presidente del consiglio

Matteo Renzi, sempre più leader in Europa, a dire che non importa

perdere qualche punto nei sondaggi se invece con la politica di

accoglienza si riesce a salvare vite umani dalle guerre. La Merkel l’ha

capito, Hollande pure.

Nel Regno Unito, invece, il governo solo qualche mese fa ha

proposto di riformare la legge sull’immigrazione, che nelle parole di

Cameron farebbe di tutto “per creare una vita difficile per chi volesse

venire a lavorare nel nostro paese”. Una posizione che va contro la

storia di accoglienza che da sempre la Gran Bretagna incarna grazie

anche al rapporto con gli stati e con i popoli che una volta facevano

parte del suo impero.

In tutto questo dov’è la sinistra? Il Partito Laburista, aggrovigliato

nella gestione delle primarie, è occupato più nella lotta interna che a

contrastare le politiche fallimentari sull’immigrazione. Tocca invece al

green party ed alla Scozia, col suo governo guidato da Nicola Sturgeon

del SNP, dare un esempio di una sinistra consapevole e responsabile di

fronte ad una situazione così drammatica come non si vede nel

continente dalla seconda guerra mondiale.

La Scozia accoglierà subito mille profughi ed a seguire molti altri,

senza mettere un tetto massimo per gli arrivi. Accoglienza si ma anche

una forte richiesta di leadership sia da parte del governo Cameron

indifferente sia da un’Europa debole e divisa. In tutto questo l’Italia e

il Partito Democratico possono e devono fare la loro parte per

contrastare chi rifiuta una nuova politica di accoglienza e chi come

Cameron insegue facili populismi.

Vai al sito dell’Unità

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

Sbloccare la democrazia per far ripartire l’Italia

L’Italicum e la controriforma costituzionale non tendono a sbloccare

l’Italia, ma convergono verso un unico fine, quello di mettere le

ganasce agli istituti repubblicani che garantiscono l’equilibrio dei

poteri e la partecipazione dei cittadini alla determinazione della

politica nazionale. L’ARS aderisce all’iniziativa del Coordinamento

per la Democrazia Costituzionale e invita tutti a sottoscrivere la

petizione.

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Una martellante campagna rilanciata dalla grande maggioranza degli

strumenti di informazione vuole convincerci che per sbloccare l’Italia

c’è bisogno delle “riforme” costituzionali e istituzionali propugnate dal

governo Renzi. In realtà lo stravolgimento della Costituzione e del

sistema elettorale, come della pubblica amministrazione e della scuola,

non tendono a sbloccare l’Italia, ma convergono verso un unico fine,

quello di “bloccare” la democrazia, mettere le ganasce agli istituti

repubblicani che garantiscono l’equilibrio dei poteri e la partecipazione

dei cittadini alla determinazione della politica nazionale. E per questa

via restaurare una nuova forma di governo oligarchico, svincolato dal

rispetto dei beni pubblici che la Costituzione ha attribuito al popolo

italiano.

La riforma elettorale, combinata con la controriforma costituzionale,

che elimina il Senato come organo eletto dai cittadini e rappresentativo

della sovranità popolare, che sottrae alle Regioni il governo del

territorio, realizza un modello inedito di “premierato assoluto”, con

un’inusitata concentrazione di potere nelle mani del Governo e del suo

capo, attribuendo di fatto ad un unico partito — che potrebbe anche

essere espressione di una ristretta minoranza di elettori — potere

esecutivo e potere legislativo, condizionando, altresì, la nomina del

Presidente della Repubblica, dei componenti della Corte Costituzionale

e del Consiglio Superiore della Magistratura, organismi di garanzia

fondamentali per la vita della democrazia come l’ha costruita la

Costituzione nata dalla Resistenza.

La centralità del Parlamento, posta da madri e padri Costituenti a

presidio delle libertà dei cittadini, viene rovesciata. La fiducia, dopo

questo stravolgimento, in realtà non andrebbe più dal Parlamento al

Governo, ma dal Capo del Governo (che di fatto nomina la

maggioranza dei deputati) al Parlamento. Così il Senato diventerebbe

un organo del tutto posticcio, senza una reale autonomia, mentre la

Camera dei Deputati sarebbe soggetta, in forza di un enorme premio di

maggioranza, all’egemonia di un partito unico, nel quadro di un

drastico ridimensionamento della rappresentatività popolare.

È necessario fermare questo processo per sbloccare la democrazia,

restituendo potere alle cittadine ed ai cittadini e riconducendo

l’esercizio dei poteri nell’ambito della legalità repubblicana, che non

prevede sedi parlamentari che non siano elette direttamente dal corpo

elettorale, mentre è del tutto possibile differenziare i ruoli delle due

camere, pur elette da cittadine e cittadini. Non si può consentire a un

Parlamento, la cui composizione è stata giudicata illegittima dalla

Corte Costituzionale perché non rispecchia la volontà espressa dagli

elettori, di modificare, a colpi di una risicata maggioranza, le regole

che garantiscono i diritti politici di tutti i cittadini.

Per questo è importante che la controriforma costituzionale venga

ripensata -se non profondamente modificata- ora nel suo passaggio al

Senato che si presenta decisivo; per di più la sua bocciatura renderebbe

ingestibile il nuovo sistema elettorale, concepito per un sistema

monocamerale, aprendo la strada ad un reale cambiamento.

Chiediamo a tutte le cittadine ed i cittadini che hanno a cuore la

Costituzione e la democrazia di far sentire alta la loro voce di dissenso

ai membri del Senato, in ogni città, in ogni collegio elettorale,

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12

chiedendo un voto per far ripartire l’Italia sbloccando la democrazia,

senza cedere al ricatto dello scioglimento delle Camere , decisione che

non spetta al Capo del Governo.

ARS - Associazione per il rinnovamento della sinistra

Primi firmatari del’appello: Pietro Adami, Cesare Antetomaso, Gaetano Azzariti,

Francesco Baicchi, Mauro Beschi, Felice Besostri, Francesco Bilancia, Sandra

Bonsanti, Aldo Bozzi, Giuseppe Bozzi, Antonio Caputo, Lorenza Carlassare,

Claudio De Fiores, Enzo Di Salvatore, Anna Falcone, Antonello Falomi, Stefano

Fassina, Gianni Ferrara, Tommaso Fulfaro, Domenico Gallo, Alfiero Grandi,

Raniero La Valle, Giovanni Palombarini, Pancho Pardi, Livio Pepino, Franco

Russo, Antonia Sani, Massimo Villone, Vincenzo Vita

Per aderire: http://www.change.org/p/senato-della-repubblica-

sbloccare-la-democrazia-per-far-ripartire-l-italia

Le idee

VENTO DEL NORD

di Dario Allamano Labouratorio Buozzi Torino

Gruppo di Volpedo – Rete Socialista

Era un atto di fiducia nelle popolazioni che per essere state

più lungamente sotto la dominazione nazifascista,

dovevano essere all’avanguardia nella riscossa. Era il

riconoscimento delle virtù civiche del nostro popolo, tanto

più pronte ad esplodere quanto più lunga ed ermetica sia

stata la compressione. Era anche un implicito omaggio alle

forze organizzate del lavoro ed alla loro disciplina

rivoluzionaria. Ed ecco il vento del Nord soffia sulla

penisola, solleva i cuori, colloca l’Italia in una posizione di

avanguardia. (Avanti! 27 aprile 1945)

“Vento del Nord” – Sono passati settant’anni da quando Nenni coniò

questo termine per definire l’azione partigiana che come un vento

impetuoso avrebbe spazzato via il fascismo. Da quel giorno in vento

del Nord soffiò per quasi mezzo secolo e il nord liberato dalla guerra

partigiana seppe essere guida e bussola per tutta l’Italia.

Ad un certo punto però il vento cessò di soffiare dal nord, in

particolare da quelle città che furono la guida della rivolta partigiana

(Torino, Milano, Genova e non solo), e quel ruolo di avanguardia così

ben descritto da Nenni terminò. Il vento girò da altri quadranti e

quell’egemonia culturale e politica di un territorio cessò.

Questa fine non fu necessariamente negativa, ma quella classe

imprenditoriale, formatosi in molti casi nella guerra partigiana (un

nome per tutti Mattei), perse il suo ruolo Dirigente e si acconciò a

divenire un ceto assistito, senza coraggio e senza inventiva, elementi

che avevano invece segnato l’avventura del cosiddetto “miracolo

economico”.

La fine di quel vento ha portato l’Italia in una lunga bonaccia, e

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trent’anni fa la barca si è fermata, forse irreversibilmente.

Il nord vocato a un progresso innovatore ne sta oggi subendo gli

effetti politici e le ultime elezioni l’hanno certificato con nettezza,

ormai solo il Piemonte ed il Friuli reggono l’urto della marea montante

populista. Anche l’ultimo baluardo veneto, Venezia, è caduto e non è

un bel segno per il futuro del centro sinistra, le stesse mitiche regioni

rosse ormai sono in rotta. La paura ormai prevale sulla speranza.

Da quando data questa crisi? Nasce forse in un momento ormai

lontano, non è una questione di vil moneta (l’introduzione dell’euro), è

una crisi che affonda le sue radici nei lontani anni ottanta, o forse

anche prima, allorché si posero le basi per la delocalizzazione delle

Grandi Industrie del nord, nella convinzione che fosse sufficiente

spostarle in zone in cui la mano d’opera era meno sindacalizzata

(prima il nord est e poi il sud dell’Italia) e pertanto più facilmente

governabile, oppure nella convinzione che bastasse spostare le grandi

raffinerie e industrie chimiche più vicino ai pozzi del petrolio.

Ci si stava avvicinando purtroppo alla fine di un mondo, quello nato

dopo la seconda guerra, basato sui grandi consumi di massa, e ci si

stava avviando verso un mondo diverso, globalizzato, e i paradigmi

che avevano sostenuto le prime delocalizzazioni si rivelarono ben

presto fasulli, i costi della mano d’opera erano infinitamente più bassi

nell’est Europa (per non parlare dell’Oriente) e gli sceicchi iniziavano

a creare poli petrolchimici vicinissimi ai pozzi del petrolio.

Nel frattempo l’Italia iniziava a perdere la prima grande rivoluzione

industriale, quella informatica, l’Olivetti, che ad inizio degli anni 80

produceva il miglior personal computer del mondo (l’M20), passava in

mano a industriali perlomeno disinvolti, che all’inizio la utilizzarono

per le loro guerre belghe e poi per avere la concessione dei telefonini

ad Omnitel, ma solo per rivenderla quanto prima alla Vodafone, senza

avere la sensibilità industriale per comprendere che l’evoluzione della

rivoluzione informatica sarebbe stata telefono più computer.

Nello stesso tempo la Telecom indeboliva il centro ricerche di

Torino (CSELT), che, grazie ad un suo ricercatore (Chiariglione),

inventò il sistema MP3, seguita a corta incollatura dalla RAI che

ridimensionava il suo centro ricerche di Corso Giambone.

Nello stesso periodo (fine anni 70) la FIAT si ritirava dallo sviluppo

del TOTEM (acronimo di Total Energy Module) il primo tentativo di

avviare un sistema per il risparmio energetico, lasciando spazio per la

costruzione nel sistema energetico di un oligopolio in mano ai soliti

noti, con una nuova sconfitta nella seconda battaglia economica: quella

delle energie alternative.

Infine, dopo aver sostenuto negli anni ottanta un promettente settore

del trattamento dei rifiuti più pericolosi (quelli industriali) con

recupero d’energia abbandonò il settore in mano ad organizzazioni

mafiose, per dedicarsi, sull’onda delle azioni pseudo ecologiste, ad

ipotesi scarsamente redditizie. Il compost ne è la dimostrazione, a

tutt’oggi gli impianti funzionano poco, male, costano molto e

producono un materiale scarsamente utilizzabile.

Milano ed il nord Piemonte perdevano nello stesso tempo l’industria

farmaceutica, la chimica fine ed il tessile.

Tutte le rivoluzioni economiche degli anni novanta hanno visto

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l’Italia (ed il nord in particolare) al di fuori dei giochi.

Questi sono alcuni esempi che denotano l’assoluta insipienza delle

classi dirigenti locali, in particolare del Piemonte, che non seppero (o

peggio non vollero) difendere le proprie eccellenze industriali,

lanciandosi in ipotetiche nuove vie di sviluppo.

Nonostante tutto però ancora oggi il Nord ha ancora potenzialità

notevoli, i due Politecnici e le Università sono autentiche fucine di

ricercatori in grado di produrre brevetti di assoluto valore mondiale, il

limite che si frappone all’industrializzazione di questi brevetti è la

mancanza di finanziatori che abbiano il coraggio e la lungimiranza per

investire in settori innovativi.

Ormai la classe industriale del nord si è ritirata dall’attività,

preferendo le congrue rendite finanziarie prodotte dai capitali incassati

dalla vendita delle loro aziende, l’esempio più recente è Tronchetti

Provera che nella scorsa primavera ha venduto la Pirelli ai cinesi, con

un unico impegno: tenerla in Italia per cinque anni.

Tornerà mai a spirare il vento del nord? Personalmente ne dubito,

spero di sbagliarmi ma la situazione è tragica e purtroppo l’Italia

(ancora seconda potenza industriale europea) senza grandi industrie

innovative è destinata ad una silenziosa e continua decadenza, occorre

forse saper rivitalizzare, per dirla con Nenni, le virtù civiche del

popolo, tanto più pronte ad esplodere quanto più lunga ed ermetica è

stata la compressione.

Può essere il compito di noi vecchi socialisti per i prossimi anni,

lavorare per riportare la gente a superare la sudditanza ai poteri forti

per tornare ad essere attori della propria rinascita.

Da CRITICA LIBERALE

riceviamo e volentieri pubblichiamo

Senza nulla togliere all’alto valore umano

La svolta tedesca è frutto di saggia programmazione

di Giovanni La Torre

Senza nulla togliere all’alto valore umano della decisione tedesca di

aprire finalmente le frontiere, pensiamo che quella decisione sia anche

il frutto di una saggia politica di programmazione demografica. Di

colpo, la Germania, dal non voler condividere con l'Italia e la Grecia i

migranti che sbarcavano, ha annunciato che quest'anno ne accetterà

800 mila (Merkel) e nei prossimi anni 500 mila all'anno (Gabriel). Si

tratta con ogni evidenza di una decisione già assunta da tempo che

attendeva il momento opportuno per assere resa pubblica, fatta

accettare dalla popolazione e attuata. Il momento "opportuno"

purtroppo è arrivato con le immagini del povero bambino siriano

ritrovato cadavere, supino e con la faccia nella sabbia, su una spiaggia

turca, immagini che hanno sciolto il gelo che covava nel cuore di

alcune parti della popolazione tedesca.

La Germania condivide con l’Italia un basso indice di fertilità: 1,4

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figli per donna fertile (per la precisione Germania 1,41, Italia 1,38).

Come ci insegna la demografia, con un indice di fertilità simile la

popolazione si dimezza in due generazioni. L’indice di 2,1 è quello che

consente la stabilità della popolazione, mentre indici superiori

assicurano una crescita.

Le ultime rilevazioni dell’Istat hanno già certificato la diminuzione

della popolazione italiana, che con il tempo sarà sempre più repentina,

compensata finora dalla fecondità delle donne immigrate.

Di fronte a una prospettiva demografica di questo tipo che fa un

paese serio? Un paese che è consapevole di essere una potenza

economica? Pianifica la compensazione, non si fa trascinare dagli

eventi e dalle contingenze. Capisce che non può correre il rischio di

trovarsi con un’insufficienza di braccia e di cervelli, di non avere

lavoratori che versano i contributi per pagare le pensioni a chi non

lavora. E allora apre le frontiere e avvia programmi di formazione e di

inserimento nella comunità (hanno già stanziato 9 miliardi di euro,a

ulteriore prova che era già tutto programmato). Questo fa un paese

serio. Un paese in declino invece si fa trascinare dagli eventi, senza

alcuna scelta consapevole, oppure si oppone agli eventi stessi, come la

Gran Bretagna. Paesi corrotti poi, come l'Italia, utilizzano anche questi

eventi per alimentare la mangiatoia per gli amici e gli amici degli

amici, per le cooperative e per tutto quanto sta a lato della politica e

che sorregge economicamente questa classe dirigente corrotta e inetta

("con gli immigrati si guadagna più che con la droga", diceva il capo

della cooperativa).

Renzi continua a dire che non siamo più un problema per l'Europa e

che siamo tornati a far parte del gruppo guida dell'Ue. Ma di cosa

ciancia i bullo fiorentino? Basta vedere come stanno maturando i nuovi

orientamenti proprio in tema di immigrazione, che ci avrebbe dovuti

vedere in prima fila, e invece sono scaturiti dai soliti incontri bilaterali

franco - tedeschi.

Ormai la Germania sta consolidando la propria egemonia in Europa

ed è l'unica che dimostra di avere la vista lunga. Purtroppo questa

leadership non viene sempre esercitata nell'interesse comune europeo,

ma tant'è. Dopo aver digerito l'unificazione nel giro di qualche anno

(noi non ci siamo ancora riusciti in più di 150 anni) regalando ai

concittadini dell'Est il cambio 1:1, dopo aver accolto la maggior parte

dell'immigrazione dall'ex impero sovietico, oggi si appresta ad aprire

una terza fase di espansione attirando nuova forza e nuove energie.

Conoscendo i tedeschi, e la loro storia degli ultimi decenni, resta

qualche preoccupazione circa il probabile ulteriore incrudimento della

politica di austerità, per evitare ogni rischio di inflazione che ai loro

occhi esiste ogni volta che nuove masse diseredate, e da rifocillare

adeguatamente prima che contribuiscano alla produzione nazionale, si

affacciano sull'economia del loro paese. Si tratta di preoccupazioni

tipicamente tedesche, ma chi avrà la lucidità e la forza di opporvisi e

farle correggere?

Vai al sito di Critica liberale

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Riceviamo e volentieri pubblichiamo

LE SUCCESSIONI

TRANSFRONTALIERE

Nuove regole per gli emigrati nell’Unione Europea

di Dino Nardi coordinatore UIM Europa

Lo scorso 17 agosto nell’Unione Europea è entrato in vigore il

Regolamento (n. 650 del 4 luglio 2012) che fissa le competenze e la

legge applicabile nei casi di successioni (eredità) transfrontaliere ed

istituisce il “Certificato Successorio Europeo”. Questa nuova

normativa ha quindi validità in tutti gli Stati membri dell’Unione

Europea, tranne che in Gran Bretagna, Irlanda e Danimarca che si sono

avvalsi del diritto di esclusione.

A seguito di questo nuovo Regolamento europeo, nei casi di eredità,

si applicherà il diritto successorio in vigore nel Paese dove il dante

causa ha avuto la sua residenza abituale al momento del testamento o

del decesso, anche se cittadini di un altro Paese. Cioè non più come

avveniva in passato (sino al 17 agosto scorso) quando il principio della

cittadinanza di origine del dante causa si applicava in Italia ed in gran

parte dei Paesi europei ( Austria, Germania, Grecia, Polonia,

Portogallo, Slovenia, Spagna, Svezia, Ungheria)

Tuttavia lo stesso Regolamento, appena entrato in vigore nell’

Unione Europea, consente al dante causa la possibilità di scegliere

come legge da applicare per la successione dei suoi beni la norma

vigente nello Stato di cui ha la cittadinanza e, in caso di possesso di più

cittadinanze, quella preferita.

È evidente la rilevanza di questo Regolamento se pensiamo che

nell’Unione oltre 12 milioni di cittadini europei vivono in un Paese

membro diverso da quello di origine e che ogni anno nell’Unione sono

circa 450'000 le famiglie che devono affrontare una successione

transfrontaliera perché i beni o gli eredi del dante causa si trovano in

uno Stato diverso, rispetto a quello in cui si è aperta la successione,

facendo sorgere molte questioni a causa delle differenti leggi vigenti

nei singoli Paesi dell’Unione.

E, soprattutto, a nessuno può sfuggire l’importanza che riveste

questa norma per i quasi due milioni di emigrati e cittadini italiani che

vivono nell’Unione Europea, spesso proprietari di beni mobili ed

immobili in Italia e con eredi che, non di rado, risiedono in Italia.

Anche perché non va dimenticato che l’accettazione, o meno, di una

eredità, in genere, a seconda del Paese, può comportare pure di doversi

accollare di eventuali debiti del dante causa e la stessa imposizione

fiscale sull’eredità può variare da Paese a Paese.

Pertanto la scelta della legge da applicare per la successione, da

parte di un emigrato, va fatta in modo molto oculato avvalendosi della

consulenza di un avvocato o di un notaio esperti di diritto successorio

vigente nei Paesi interessati.

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In Svizzera, Paese non facente parte dell’Unione Europea, questo

Regolamento non è applicabile poiché, ad avviso del Consiglio

Federale elvetico, al momento non se ne ravvede la necessità ma,

l’esperienza insegna, che non è detto che il governo e/o il parlamento

della Confederazione non ritornino presto su questa loro attuale

decisione!

L'AVVENIRE DEI LAVORATORI - Voci su Wikipedia : (ADL in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori (ADL in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori (ADL in spagnolo) http://es.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori (Coopi in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo (Coopi in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo (Coopi in tedesco) http://de.wikipedia.org/wiki/Cooperativa_italiana

LETTERA

NESSUNA NOSTALGIA PER IL

BICAMERALISMO PERFETTO, MA…

Quando si citano, come è stato fatto ieri all'Assemblea del gruppo Pd

del Senato, le tesi dell'Ulivo del 1996, si dovrebbe per onestà

intellettuale inquadrarli nell'architettura costituzionale pensata

all'epoca.

La trasformazione del Senato nella Camera delle Regioni proposta nel

1996 si accompagnava ad una Camera dei Deputati eletta con un

sistema elettorale formato da collegi uninominali maggioritari a doppio

turno sul modello francese, lontano anni luce dall'Italicum che invece

ha i capilista bloccati.

I resoconti del dibattito nell'Assemblea Costituente sulla

composizione del Senato chiariscono, poi, come sia stata la sinistra a

volere con forza l'elezione diretta dei senatori, non riconoscendo

peraltro alle Regioni quel ruolo che, invece, dopo il 1970 hanno

progressivamente assunto.

La questione che abbiamo di fronte oggi è con tutta evidenza

un'altra: superare il bicameralismo perfetto e affidare al nuovo Senato

(eletto dai cittadini) ruolo e funzioni utili e coerenti con l'impianto

complessivo della Costituzione.

Nessuna nostalgia conservatrice per il passato, dunque, ma neppure

una riforma che sull'altare della governabilità sacrifichi oltre un limite

accettabile la rappresentanza (con il diritto di scelta dei cittadini dei

propri rappresentanti) e il corretto equilibrio tra gli organi

costituzionali, da sempre due pilastri della cultura politica e

istituzionale del centrosinistra".

Federico Fornaro e Carlo Pegorer, senatori della Repubblica (minoranza Pd)

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LETTERA

Riforma del Senato

La questione vera in questo caso è la sopravvivenza

del governo Renzi e l'unità del Partito Democratico.

Valutati tutti i rischi di una caduta della legislatura e di elezioni

anticipate, ritengo che ne valga la pena.

Il governo Renzi è un governo pericoloso per la democrazia, verso la

quale ha assunto caratteristiche di progetto per la riduzione della

rappresentanza politica. E' un governo pericoloso per la democrazia

perché sta esaltando, in termini di vero e proprio regime, la già

pericolosissima personalizzazione della politica. E' un governo

pericoloso per la democrazia perché ha scelto la via del populismo più

becero, come nel caso delle promesse fallaci in materia di tassazione.

E' un governo pericoloso per la democrazia perché ha indotto,

attraverso l'acquisizione della sindrome della sconfitta, gran parte del

quadro politico al conformismo, svilendo il ruolo dei partiti e

annullando quello dei corpi intermedi…

Deve essere però considerato che l'assenza di un soggetto politico

adeguato alla sinistra del PD deriva proprio dall'acquisizione di questa

sindrome della sconfitta e dal derivante conformismo, oltre che da un

adeguamento al meccanismo di acquisizione di benefici personali da

parte di nuovi notabili presenti negli enti locali.

Un nuovo soggetto "a sinistra" può nascere soltanto dall'autonomia

politica, partendo dall'opposizione a tutti i livelli. Il nostro livello di

proposta, sul piano delle istituzioni, non può che star dentro al quadro

che delinea la Costituzione di prevalenza del concetto di

rappresentanza politica al riguardo di quello della governabilità, con un

Parlamento "specchio del Paese" come sosteneva Togliatti

(personalmente poi sono favorevole al monocameralismo, 400

deputati, sistema proporzionale su lista con preferenze).

Lascio sullo sfondo le questioni economico-sociali e il tema

dell'Europa e più in generale della politica internazionale che pure

dovrebbero essere toccate nel momento in cui ci si avventura in un

disegno di tipo bellicista, mentre nei grandi salotti della diplomazia e

dell'economia internazionale si comincia a ritenere la democrazia

rappresentativa un orpello che ostacola la ripresa economica, si punta a

ridurne i margini ricostruendo veri e propri "eserciti di riserva" del

capitalismo, governati da nuove oligarchie.

E' questo il senso di marcia del grande capitale cui è perfettamente

allineato il governo Renzi. Grazie per l'attenzione

Franco Astengo, e-mail

L'AVVENIRE DEI LAVORATORI EDITRICE SOCIALISTA FONDATA NEL 1897 Casella postale 8965 - CH 8036 Zurigo L'Avvenire dei lavoratori è parte della Società Cooperativa Italiana Zurigo, storico istituto che opera in

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emigrazione senza fini di lucro e che nel triennio 1941-1944 fu sede del "Centro estero socialista". Fondato nel 1897 dalla federazione estera del Partito Socialista Italiano e dall'Unione Sindacale Svizzera come organo di stampa per le nascenti organizzazioni operaie all'estero, L'ADL ha preso parte attiva al movimento pacifista durante la Prima guerra mondiale; durante il ventennio fascista ha ospitato in co-edizione l'Avanti! garantendo la stampa e la distribuzione dei materiali elaborati dal Centro estero socialista in opposizione alla dittatura e a sostegno della Resistenza. Nel secondo Dopoguerra L'ADL ha iniziato una nuova, lunga battaglia per l'integrazione dei migranti, contro la xenofobia e per la dignità della persona umana. Dal 1996, in controtendenza rispetto all'eclissi della sinistra italiana, siamo impegnati a dare il nostro contributo alla salvaguardia di un patrimonio ideale che appartiene a tutti.