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La Newsletter settimanale del 10 settembre 2015
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L'AVVENIRE DEI LAVORATORI www.avvenirelavoratori.eu La più antica testata della sinistra italiana,
Organo della F.S.I.S., organizzazione socialista italiana all'estero fondata nel 1894 Sede: Società Cooperativa Italiana - Casella 8965 - CH 8036 Zurigo
Direttore: Andrea Ermano
> > > PDF scaricabile su http://issuu.com/avvenirelavoratori < < <
44370 e-Settimanale - inviato oggi a utenti – Zurigo, 10 settembre 2015
Per disdire / unsubscribe / e-mail > [email protected] Per iscrivervi inviateci p.f. il testo: "includimi" a: ADL Edizioni In caso di trasmissioni doppie inviateci p.f. il testo: "doppio" a: ADL Edizioni
NON MANCATE !
Matinée il 13 settembre, ore 10.30
Al Coopi – St. Jakobstr. 6 - Zurigo
Il 110° anno
del Cooperativo
Il Coopi di Zurigo, storico locale dell’emigrazione socialista compie
110 anni e promuove una matinée dedicata alla musica, alla
letteratura e alla riflessione politica. Nello spirito pacifista della
Conferenza di Zimmerwald.
“Guerra alla guerra” – Angelica Balabanoff
(Černigov, 7.5.1878 – Roma, 25.11.1965) è
la figura simbolo dei primi centodieci anni
del Cooperativo di Zurigo.
Due attori di talento – Egon Fässler ed Enzo Scanzi – interpreteranno,
in italiano e in tedesco, un’intensa antologia tratta da Nonna Adele,
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grande romanzo di Ettore Cella-Dezza ambientato nella Zurigo del
Cooperativo durante i primi decenni del XX secolo.
Il quartetto d’archi Weshalb Forellen – formato da Mario Huter
(Violino), Monika Camenzind (Violino), Nicole Hitz (Viola) e Martin
Birnstiel, (Violoncello) – eseguirà variazioni su motivi della tradizione
popolare italiana con incursioni nel mondo del tango argentino:
imperdibile!
Nello spirito pacifista della Conferenza di Zimmerwald (che proprio
cento anni fa ebbe il Coopi e la “cooperatrice” Angelica Balabanoff tra
i suoi promotori) interverranno per un indirizzo di saluto Esther
Maurer, Luciano Ferrari e Felice Besostri, offrendo elementi di
riflessione sul complesso momento politico attuale.
Esther Maurer, municipale emerita di Zurigo, è coordinatrice
nazionale di SolidarSuisse, organizzazione no profit attiva in 14 paesi
con cinquanta progetti finalizzati a promuovere l’aiuto umanitario, la
dignità del lavoro e una vasta partecipazione democratica.
Luciano Ferrari ha diretto per lunghi anni la redazione
internazionale del Tages Anzeiger, il maggiore quotidiano elvetico; è
segretario generale vicario e coordinatore politico della segreteria
nazionale del Partito Socialista Svizzero.
Felice Besostri, giurista costituzionalista ed esperto di politica
internazionale, è Presidente della Rete Socialista per il Socialismo
Europeo, già Senatore della Repubblica e membro del Consiglio
d’Europa nonché presidente dell’Assemblea Parlamentare della
Iniziativa Centro Europea.
L’incontro, aperto al pubblico, avrà luogo domenica 13 settembre
2015, dalle ore 10.15, nella sala da pranzo del Ristorante Cooperativo
tra gli splendidi capolavori di Mario Comensoli.
> Cooperativo – St. Jakobstrasse 6 – 8004 Zürich
Alle ore 12.30 sarà offerto un buffet.
Da Strasburgo
L’Unione e l’immigrazione
di Patrizia Toia
(Strasburgo, 9.9.2015) - Nella giornata di oggi, al Parlamento
Europeo di Strasburgo: il discorso di Juncker sullo Stato dell’Unione e
il Pacchetto sull’immigrazione e i rifugiati.
Relativamente al discorso sullo Stato dell’Unione voglio sottolineare
alcuni punti:
1 - Una forte volontà europeista di Juncker di affrontare insieme,
come Europa, le sfide che abbiamo davanti, interne (disoccupazione,
problemi dell’eurozona, necessità degli investimenti per superare la
crisi) ed esterne (conflittualità a sud e ad est dell’Europa che generano
l’esodo dei rifugiati e degli immigrati);
2 - La forte volontà di salvaguardare i valori di solidarietà e di
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rispetto di diritti umani che caratterizzano il progetto europeo, valori
che oggi sono messi duramente alla prova dall’entità e dalla
complessità dei fenomeni migratori;
3 - Come ha detto Federica Mogherini, l’Europa è credibile se è
coerente e noi non potremmo essere i paladini nel mondo di valori che
non rispettiamo a “casa nostra”;
4 - Facciamo nostre le parole del Presidente della Commissione:
“l’Europa in cui voglio vivere è quella dei cittadini che hanno aiutato i
profughi e non quella di chi ha alzato i muri!”
Sullo stato dell’Unione il nostro gruppo (anche con l’intervento del
capogruppo Pittella e il mio) ha sottolineato le nostre priorità:
immigrazione, agenda sociale e occupazione, fiscalità più equa, unione
economico-monetaria, piano degli investimenti e flessibilità nel patto
di stabilità, lotta ai cambiamenti climatici, una strategia di medio
periodo per l’Africa, un impegno per la pacificazione dei conflitti che
infuriano attorno a sud e ad est dei nostri confini.
Qui trovate il discorso completo, al momento disponibile solo in
inglese e francese, presto in tutte le lingue ufficiali:
Per quanto riguarda il Pacchetto immigrazione e rifugiati, è già stato
approvato dalla Commissione mentre il Parlamento dovrà intervenire
su due piani: con il suo ruolo legislativo per quanto riguarda i
regolamenti previsti dal pacchetto e con una risoluzione di indirizzo
che approveremo domani e che vi invierò tempestivamente.
Ora il pacchetto, per diventare operativo, deve essere approvato dal
Consiglio Europeo, cioè dagli Stati, e questo appuntamento sarà lunedì.
L’augurio è che ci sia solidarietà e unità e che si vincano le resistenze
di quei Paesi che, paradossalmente, proprio grazie alla solidarietà
europea hanno potuto riunirsi al momento dell’allargamento.
Conformemente alla Legge 675/1996 tutti i recapiti dell'ADL Newsletter sono utilizzati in copia nascosta. Ai sensi del Codice sulla privacy (D.L. 30.6.2003, 196, Art. 13) rendiamo noto che gli indirizzi della nostra mailing list provengono da richieste d'iscrizione, da fonti di pubblico dominio o da E-mail ricevute. La nostra attività d'informazione politica, economica e culturale è svolta senza scopi di lucro e non necessita di "consenso preventivo" rivestendo un evidente carattere pubblico come pure un legittimo interesse associativo (D.L. 30.6.2003, 196, Art. 24). L'AVVENIRE DEI LAVORATORI contribuisce da oltre 115 anni a tenere vivo l'uso della nostra lingua presso le comunità italiane nel mondo tra quelle persone che si sentono partecipi degli ideali socialisti-democratici di Giustizia e Libertà.
SPIGOLATURE
I mostri di ieri e di oggi
di Renzo Balmelli
IMPERDONABILE. Il giorno in cui la sua breve vita finiva su una
spiaggia turca dove si prende il sole, il piccolo Aylan indossava un
grazioso maglioncino rosso. Rosso come il cappottino della bimba che
compare in Schindler's List mentre si consuma il massacro nel ghetto
di Cracovia e che ritroveremo su un carrettino destinato alle fiamme. A
distanza di anni, la sconvolgente coincidenza, che non è finzione bensì
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l'immagine reale e ripetuta dell'innocenza violata sull'altare della follia
umana, ripropone il confronto anche soltanto simbolico ma inevitabile
con il Male assoluto. Per tutte le vittime dell'insensata crudeltà contro i
bambini, nei nostri cuori accanto al dolore ribolle la rabbia che non
perdona e mai perdonerà chi ha permesso che questo accadesse. Loro
chi? I mostri di ieri e di oggi.
MEMORIA. Speriamo non sia così, ma il contrappasso della storia
nell'affrontare il dramma dei profughi, prima guardati di sbieco e poi
abbracciati come eroi, solleva qualche perplessità sul dopo, sul loro
avvenire e il loro inserimento nella nuova società. Per ora la visione di
disperati in fuga tra fili spinati, vagoni piombati e il macabro rito delle
braccia marchiate ha provveduto a risvegliare la memoria nel timore di
riscrivere il passato e di resuscitare i fantasmi degli anni in cui l'uomo
perse la ragione. Durerà? Ciò che è accaduto ci dice che deve essere
dato un futuro a chi scappa per riaffermare il valore supremo del
rispetto dovuto a ogni essere umano. Ma lo sciacallaggio elettorale
della destra xenofoba, decisa a riprendere la gestione della paura e dei
muri, non lascia presagire nulla di buono per venire a capo della sorte
di milioni di profughi.
PROGETTO. Sarebbe interessante sapere quanti sono ancora disposti
a credere alle sparate di Berlusconi che alcuni giorni fa, come se non
ne avesse già fatte abbastanza, se ne viene fuori, papale papale, con
una dichiarazione roboante. "Ho un progetto per l'Italia" è la ricetta che
ha illustrato ai giovani azzurri che forse però tanto giovani non sono se
lo stanno ad ascoltare. Il Vate logorato dal potere, in piena crisi
promette un programma nuovo e rivoluzionario per rilanciare il Paese
sullo scacchiere mondiale sotto la sua guida saggia e illuminata. Dura
poco però l'illusione quando si scopre che le proposte oltre a non avere
nulla di rivoluzionario in ultima analisi puntano alla riforma della
magistratura, la vera ossessione dell'ex Cavaliere che pur attempato
non rinuncia a ritagliarsene una versione ad personam.
SMALTO. Se c'è un leader mondiale disposto ad accogliere senza
riserve l'appello del ragazzo siriano che invita i grandi a fare cessare la
guerra per non costringerlo a fuggire, questi è senz'altro il presidente
americano. Nonostante i detrattori e ogni sorta di lobby, tra le cose
fatte del mandato di Obama resterà la ricerca del dialogo e del
negoziato che ha portato a risultati notevoli: la riforma sanitaria,
l'accordo sul nucleare iraniano, vera mina vagante in quella parte del
globo, la riconciliazione con Cuba, la svolta nella politica energetica e
climatica considerata la sfida epocale del secolo. Non più assillato per
la propria rielezione, il capo della Casa Bianca, che sembrava debole e
sulla via del tramonto, ha invece ritrovato lo smalto dei tempi migliori,
pronto a prendere iniziative e difendere con passione le cause che gli
stanno a cuore con una carta in più: tenere l'America fuori dalle guerre.
PENNA. Non è mai troppo tardi – per imparare a leggere e scrivere.
Declinata in chiave moderna, la funzione della celebre trasmissione
sorta agli albori della RAI andrebbe modificata nel senso di re-
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imparare a leggere e scrivere secondo le regole della grammatica e
della sintassi messe a dura prova dall'era del digitale. L'esistenza del
fenomeno è apparsa in tutta la sua ampiezza in occasione della giornata
mondiale dell'alfabetizzazione celebrata l'8 settembre. Da varie
ricerche è risultato che anche nei paesi più evoluti cresce il numero
degli illetterati. Persone cioè che a differenza degli analfabeti hanno
una padronanza di base della lingua, ma non sono per esempio in grado
di leggere un articolo, di decifrare un documento e di ordinare le lettere
al posto giusto. Insomma, il passaggio dalla scrittura a mano alla
tastiera del computer pare non sia stato il miglior servizio reso alla
comprensione dei concetti che la cara, vecchia penna ,stimolandoci le
meningi e aiutandoci a pensare, rendeva invece più accessibili , con
indubbi benefici tanto per il lessico che per l'eloquio.
LAVORO E DIRITTI
a cura di www.rassegna.it
Eternit, ecco come si lavorava
Uno straordinario documento d'epoca dell'Istituto Luce, tratto dagli
archivi dell'Osservatorio nazionale amianto, mostra la lavorazione
dell'asbesto nella fabbrica di Casale Monferrato.
Guarda il filmato sul sito di Rassegna.it
FONDAZIONE NENNI http://fondazionenenni.wordpress.com/
Una verità scomoda
Non è vero che non potremmo accogliere più profughi
di Edoardo Crisafulli
Mia nonna paterna, Edwige Schwartze, mi raccontava spesso la storia
della nostra famiglia: “quand’ero bambina vivevamo in pace in
Transilvania, la nostra Siebenbürgen, nel cuore dell’Impero austro-
ungarico. Eravamo di lingua e cultura tedesca, ma ci sentivamo
ungheresi. Eravamo felici e sereni. Poi deflagrò quell’orribile guerra,
nel 1914. Pochi anni dopo, con la sconfitta degli Imperi centrali, il
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nostro mondo crollò. Iniziarono i disordini, e si cominciò a patire la
fame, a noi sconosciuta fino ad allora. La Transilvania venne ceduta
alla Romania, che aveva combattuto contro l’Impero austro-ungarico.
L’Ungheria precipitò nel caos, sembrava che stesse per scoppiare una
rivoluzione. Il bolscevico Bela Kuhn andò al potere, e proclamò la
Repubblica sovietica ungherese. Lì iniziò il nostro calvario. Eravamo
benestanti e perdemmo tutto, dalla mattina alla sera. Vivevamo nel
terrore. Tuo bisnonno Emil fu imprigionato e obbligato ai lavori forzati
dai comunisti ungheresi. Era un borghese, un proprietario terriero, e
andava punito in maniera esemplare. Sottoposto a crudeli privazioni, si
ammalò gravemente. Intanto cominciava un’altra guerra, questa volta
tra Ungheria, Cecosolovacchia e Romania: Bela Kun, nel 1919,
occupò parte della Slovacchia e tentò di riprendersi la Transilvania. Ma
non ci riuscì. Senza più proprietà e reddito, ora eravamo anche apolidi,
senza patria. In fondo, continuavamo a sentirci ungheresi di etnia
tedesca. Ma l’Ungheria era in mano ai bolscevichi. E la Transilvania
era rumena. Decidemmo di fuggire da una terra che la nostra gente
abitava da secoli. Portammo via con noi poche cose, stipate su un
carretto: qualche mobiletto, qualche ricordo, gli abiti, l’argenteria.
Iniziò così un lungo e terrificante viaggio: il papà era ammalato e la
mamma doveva occuparsi di 6 figli – il più piccolo aveva tre anni, il
più grande dodici. Iniziarono le peregrinazioni nei balcani, nei territori
di un Impero in disfacimento, dove emergevano gli odi interetnici a
lungo repressi. Subimmo soprusi e crudeltà da parte di tutti: dai rumeni
(in quanto ungheresi), dai serbi (in quanto ‘austriaci’), dai croati (in
quanto protestanti). Finché non arrivammo ad Abbazia, che era da
poco passata all’Italia. La conoscevamo bene perché era una
importante meta turistica come lo è Riccione oggi.
Valentin Lustig, Solenne accoglienza a Maria Teresa
d’Austria nel porto di Claudiopolis, 1999 (coll. priv.)
Ci sistemiamo in una pensioncina e non sappiamo più a che santo
votarci. I nostri soldi sono carta straccia. L’argenteria l’abbiamo già
venduta. Papà si aggrava. Mamma ha i nervi a pezzi. I carabinieri
italiani ci hanno appena controllato i nostri documenti. Abbiamo il
batticuore: ci maltratteranno anche loro? Ci cacceranno via anche loro?
Capiamo poco di quel che ci dicono. Ci paiono così strani, con quelle
divise buffe e quell’aria così poco marziale. Guardano i bambini e
confabulano fra di loro. Noi ci stringiamo tutti assieme. Se ne vanno.
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Dopo una mezz’oretta si sente bussare alla porta. I carabinieri sono
tornati. Mamma ha un tonfo al cuore. Apre la porta, tenendo la mia
sorellina Ruth in braccio. I carabinieri gesticolano indicando dei
contenitori di latta che hanno con sé. È il latte per i bambini, dicono.
Noi scoppiamo a piangere. È la prima volta che veniamo trattati con
umanità. Poco dopo papà ha una crisi, e viene ricoverato in ospedale.
Sul letto di morte dice a mamma: ‘lasciate perdere l’Austria.
Rifugiatevi in Italia. Sono certo che vi troverete bene. Gli italiani sono
un popolo che ha cuore.”
Se non fosse stato per quell’episodio di generosità io probabilmente
non sarei mai nato. La mia famiglia ungaro-tedesca sarebbe finita a
Vienna, com’era nelle intenzioni iniziali. Mia nonna invece si stabilì in
Italia con tutta la famiglia e sposò un siciliano, così nacque mio padre.
La scelta non fu facile: all’epoca una ragazza ungaro-tedesca, per
giunta protestante, agli occhi di un siciliano appariva esotica quanto
una cinese o una afgana oggi. Mia nonna è rimasta una profuga
nell’animo per tutta la vita. Non ha mai voluto possedere una casa.
Non ha mai smesso di rimpiangere la sua amata Transilvania. Il
dramma dei profughi lo devi toccare con mano, per capirlo. Io l’ho
vissuto attraverso le narrazioni sofferte di mia nonna.
In questi mesi ho letto cose sui profughi da far rabbrividire. ‘Sono
pericolosi. Ci portano malattie infettive’; ‘sono bugiardi, non scappano
da guerre: vengono da noi per farsi mantenere’; ‘si lamentano e poi
hanno tutti il telefonino’; ‘fra loro pullulano i criminali e i terroristi’. È
questo, mi chiedo, lo stesso popolo che accolse la famiglia di mia
nonna negli anni Venti del secolo scorso? Certo, ci sono le migliaia di
volontari della Caritas e di altre organizzazioni benefiche. Tanti italiani
si rimboccano le maniche, si prodigano e si commuovono alla vista dei
disperati che cercano rifugio in Italia. Ma gli indifferenti sono tanti,
troppi. È la crisi che ha indurito il cuore degli italiani? No, è il
benessere che ci ha resi egoisti. Rispetto ai tempi di mia nonna
abbiamo molto di più eppure siamo disposti a dare molto di meno.
Diciamo che non possiamo permetterci di aiutare gli stranieri, e poi
sprechiamo ogni anno tonnellate di cibo senza battere ciglio; ci
arrabbiamo se i profughi rifiutano un piatto di pasta e osano pretendere
un vitto diverso (cosa dovremmo dar loro, il rancio con un tozzo di
pane secco?) e poi stiamo a nostro agio in una società iper-consumista,
traboccante di beni superflui, che ci invita ogni giorno a sprecare e a
buttare via.
Diciamola, una verità scomoda: non è vero che non potremmo
accogliere più profughi. È che non vogliamo farlo. Ecco perché la
destra leghista e xenofoba è riuscita a scatenare una guerra fra poveri: i
disoccupati e i bisognosi italiani contro i profughi e gli immigrati. I
veri miserabili sono coloro che si accaniscono contro gli stranieri, i
diversi per raccattare un pugno di voti. Ignobile il titolo di Libero del
27 agosto 2015. “Ai clandestini i soldi dei disabili”. Dove eravate, cari
leghisti, quando per decenni di vita repubblicana impiegati, docenti,
operai con i loro magri salari finanziavano le scuole e gli ospedali ai
grandi evasori fiscali, tutti italianissimi? C’è una sola grande, vera
ingiustizia sociale nell’Italia d’oggi: i ricchi diventano sempre più
ricchi e i poveri sempre più poveri. E voi che fate? Ve la prendete con i
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reietti, con gli ultimi, con i diseredati.
Intendiamoci: non sono un sostenitore dell’etica del Buon
Samaritano a oltranza. Quando la coperta è corta, e tutti vogliono
tirarla dalla loro parte, bisogna fare scelte dolorose. Comprendo
l’amarezza e la delusione del disoccupato italiano che si sente
trascurato dal proprio Stato. Agli italiani onesti, in regola col fisco, va
riconosciuto un diritto di priorità nell’assistenza sociale. Mi pare
sacrosanto. Non possiamo mica accogliere tutti: i migranti economici
(quelli in cerca di lavoro) e i clandestini senza fissa dimora non hanno
il diritto di rimanere in Italia a spese nostre. Ma nei confronti dei
profughi e dei rifugiati politici abbiamo un obbligo morale di
assistenza. Dal mio popolo mi aspetto molto di più. Voi che temete
un’invasione barbarica pensate – almeno per un istante – alle
sofferenze dei poveri disgraziati che fuggono dalle dittature, dalle
violenze. Non vi chiedo di tornare indietro con la memoria a cent’anni
e più fa, quando erano i vostri nonni e bisnonni a emigrare con le
valigie di cartone. A voi, che siete orgogliosi delle radici cristiane
dell’Europa, a voi che inorridite al pensiero che il canto del Muezzin
rimpiazzi il suono delle campane, chiedo uno sforzo mentale in più. Vi
chiedo di dedicare un momento di riflessione ai tanti profughi senza
nome e senza tomba, affogati in mare.
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI - Voci su Wikipedia :
(ADL in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori (ADL in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori (ADL in spagnolo) http://es.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori (Coopi in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo (Coopi in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo (Coopi in tedesco) http://de.wikipedia.org/wiki/Cooperativa_italiana
Da Avanti! online www.avantionline.it/
E se il Senato fa la
rima con agguato?
Come Giulio Cesare alle idi di marzo del 44 avanti Cristo, anche
Matteo Renzi rischia di lasciarci le penne proprio al Senato.
di Mauro Del Bue
Cesare venne trafitto dal suoi oppositori, ma anche da coloro che
credeva amici: “Quoque tu, Brute, fili mi”, sussurrò mentre cadeva
sotto le coltellate dei suoi attentatori. Anche Renzi rischia di essere
abbattuto dal fuoco amico. Oddio, amico mica tanto, perché la
minoranza dem tenta da tempo di dare una spallata al giovin signor
fiorentino. Poi, ogni volta rincula, tentenna e al momento giusto perde
pezzi. Renzi non ha un Ottaviano dietro l’angolo, ma un gruppo di
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oppositori che come quelli di Cesare gli imputano di avere pressoché
poteri assoluti. Come Cesare anche Renzi pare un uomo solo al
comando, di ciclistica e bersaniana memoria.
Tutto ruota attorno al secondo articolo della legge, quello che
riguarda la composizione del Senato, riportato dalla legge
costituzionale a cento e nominato in gran parte dai consigli regionali.
La posizione dei fautori dell’elezione diretta sarebbero in maggioranza,
secondo i calcoli delle firme raccolte. Non cambierebbe granché,
perché l’elezione sarebbe solo assicurata dal titolo di consigliere
regionale e si sono studiate anche forme un po’ contorte di listini
bloccati (che novità…) da affiancare a quelli dell’elezione diretta dei
consiglieri regionali. Pare che la mediazione non abbia avuto fortuna.
Ciononostante Renzi non indietreggia di un palmo. Perché, se è
consapevole di essere minoranza non cede sul punto? Le ipotesi sono
due. O pensa di non essere minoranza perché convinto di avere su
questo argomento un deciso aiuto dalle forze di opposizione (dunque ci
sarebbero franchi, anzi palesi, tiratori che hanno firmato l’eleggibilità e
che sarebbero pronti a votare il suo contrario), oppure vuole lo scontro
definitivo coi suoi oppositori interni puntando a nuove elezioni, o
quanto meno minacciandole, perché il presidente Mattarella
difficilmente potrebbe sciogliere le Camere sulla base di un crisi di
governo aperta da un voto su una riforma costituzionale.
Resta il fatto che “hic Rhodus hic salta”. Il Senato è ancora luogo di
agguato. Con una differenza non da poco, però. Chi oggi potrebbe
sostituire Renzi alla guida del primo partito italiano e del governo? Ci
sono in giro nuovi potenziali imperatori? Aprire la strada a Grillo, cioè
a Di Maio, o a Salvini, a chi conviene? Ecco perché penso che alla fine
Renzi scamperà. Anche se mi trattiene un dubbio. E cioè che nuove
elezioni si svolgerebbero col Consultellum anche per il Senato. E che
la sua eleggibilità sarebbe così assicurata per molti senatori in scadenza
di mandato. A pensar male a volte ci si prende.
Vai al sito dell’avantionline
Da l’Unità online http://unita.info/
Cameron ondivago sui profughi, ma la sinistra dov’è?
Il Partito Laburista, aggrovigliato nella gestione delle primarie, è
occupato più nella lotta interna che a contrastare le politiche
fallimentari sull’immigrazione
di Alexander Marchi
La reazione dei media e della popolazione britannica di fronte alla foto
del bambino siriano morto sulla spiaggia ha costretto il premier David
Cameron ad una vera e propria retromarcia. Ma nonostante la
pressione constante degli ultimi giorni, il governo ha annunciato che
raccoglierà solo 20mila profughi nel corso dei prossimi 5 anni. Il
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confronto con un altro governo europeo a maggioranza conservatrice
come la Germania di Angela Merkel, dove è stato ipotizzato l’arrivo di
circa 500 mila profughi all’anno, fa un certo effetto e crea imbarazzo.
Il Regno Unito, insieme ai paesi dell’est Europa, fino ad oggi hanno
mostrato resistenza ad accettare un maggiore numero di profughi.
Cameron stesso teme l’ala della destra del suo partito, già impegnata a
condizionarlo in vista del prossimo referendum sulla permanenza
nell’UE. Poi c’è la forza nei sondaggi del partito di destra e anti-
europea UKIP. Bene invece ha fatto il nostro Presidente del consiglio
Matteo Renzi, sempre più leader in Europa, a dire che non importa
perdere qualche punto nei sondaggi se invece con la politica di
accoglienza si riesce a salvare vite umani dalle guerre. La Merkel l’ha
capito, Hollande pure.
Nel Regno Unito, invece, il governo solo qualche mese fa ha
proposto di riformare la legge sull’immigrazione, che nelle parole di
Cameron farebbe di tutto “per creare una vita difficile per chi volesse
venire a lavorare nel nostro paese”. Una posizione che va contro la
storia di accoglienza che da sempre la Gran Bretagna incarna grazie
anche al rapporto con gli stati e con i popoli che una volta facevano
parte del suo impero.
In tutto questo dov’è la sinistra? Il Partito Laburista, aggrovigliato
nella gestione delle primarie, è occupato più nella lotta interna che a
contrastare le politiche fallimentari sull’immigrazione. Tocca invece al
green party ed alla Scozia, col suo governo guidato da Nicola Sturgeon
del SNP, dare un esempio di una sinistra consapevole e responsabile di
fronte ad una situazione così drammatica come non si vede nel
continente dalla seconda guerra mondiale.
La Scozia accoglierà subito mille profughi ed a seguire molti altri,
senza mettere un tetto massimo per gli arrivi. Accoglienza si ma anche
una forte richiesta di leadership sia da parte del governo Cameron
indifferente sia da un’Europa debole e divisa. In tutto questo l’Italia e
il Partito Democratico possono e devono fare la loro parte per
contrastare chi rifiuta una nuova politica di accoglienza e chi come
Cameron insegue facili populismi.
Vai al sito dell’Unità
Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Sbloccare la democrazia per far ripartire l’Italia
L’Italicum e la controriforma costituzionale non tendono a sbloccare
l’Italia, ma convergono verso un unico fine, quello di mettere le
ganasce agli istituti repubblicani che garantiscono l’equilibrio dei
poteri e la partecipazione dei cittadini alla determinazione della
politica nazionale. L’ARS aderisce all’iniziativa del Coordinamento
per la Democrazia Costituzionale e invita tutti a sottoscrivere la
petizione.
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Una martellante campagna rilanciata dalla grande maggioranza degli
strumenti di informazione vuole convincerci che per sbloccare l’Italia
c’è bisogno delle “riforme” costituzionali e istituzionali propugnate dal
governo Renzi. In realtà lo stravolgimento della Costituzione e del
sistema elettorale, come della pubblica amministrazione e della scuola,
non tendono a sbloccare l’Italia, ma convergono verso un unico fine,
quello di “bloccare” la democrazia, mettere le ganasce agli istituti
repubblicani che garantiscono l’equilibrio dei poteri e la partecipazione
dei cittadini alla determinazione della politica nazionale. E per questa
via restaurare una nuova forma di governo oligarchico, svincolato dal
rispetto dei beni pubblici che la Costituzione ha attribuito al popolo
italiano.
La riforma elettorale, combinata con la controriforma costituzionale,
che elimina il Senato come organo eletto dai cittadini e rappresentativo
della sovranità popolare, che sottrae alle Regioni il governo del
territorio, realizza un modello inedito di “premierato assoluto”, con
un’inusitata concentrazione di potere nelle mani del Governo e del suo
capo, attribuendo di fatto ad un unico partito — che potrebbe anche
essere espressione di una ristretta minoranza di elettori — potere
esecutivo e potere legislativo, condizionando, altresì, la nomina del
Presidente della Repubblica, dei componenti della Corte Costituzionale
e del Consiglio Superiore della Magistratura, organismi di garanzia
fondamentali per la vita della democrazia come l’ha costruita la
Costituzione nata dalla Resistenza.
La centralità del Parlamento, posta da madri e padri Costituenti a
presidio delle libertà dei cittadini, viene rovesciata. La fiducia, dopo
questo stravolgimento, in realtà non andrebbe più dal Parlamento al
Governo, ma dal Capo del Governo (che di fatto nomina la
maggioranza dei deputati) al Parlamento. Così il Senato diventerebbe
un organo del tutto posticcio, senza una reale autonomia, mentre la
Camera dei Deputati sarebbe soggetta, in forza di un enorme premio di
maggioranza, all’egemonia di un partito unico, nel quadro di un
drastico ridimensionamento della rappresentatività popolare.
È necessario fermare questo processo per sbloccare la democrazia,
restituendo potere alle cittadine ed ai cittadini e riconducendo
l’esercizio dei poteri nell’ambito della legalità repubblicana, che non
prevede sedi parlamentari che non siano elette direttamente dal corpo
elettorale, mentre è del tutto possibile differenziare i ruoli delle due
camere, pur elette da cittadine e cittadini. Non si può consentire a un
Parlamento, la cui composizione è stata giudicata illegittima dalla
Corte Costituzionale perché non rispecchia la volontà espressa dagli
elettori, di modificare, a colpi di una risicata maggioranza, le regole
che garantiscono i diritti politici di tutti i cittadini.
Per questo è importante che la controriforma costituzionale venga
ripensata -se non profondamente modificata- ora nel suo passaggio al
Senato che si presenta decisivo; per di più la sua bocciatura renderebbe
ingestibile il nuovo sistema elettorale, concepito per un sistema
monocamerale, aprendo la strada ad un reale cambiamento.
Chiediamo a tutte le cittadine ed i cittadini che hanno a cuore la
Costituzione e la democrazia di far sentire alta la loro voce di dissenso
ai membri del Senato, in ogni città, in ogni collegio elettorale,
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chiedendo un voto per far ripartire l’Italia sbloccando la democrazia,
senza cedere al ricatto dello scioglimento delle Camere , decisione che
non spetta al Capo del Governo.
ARS - Associazione per il rinnovamento della sinistra
Primi firmatari del’appello: Pietro Adami, Cesare Antetomaso, Gaetano Azzariti,
Francesco Baicchi, Mauro Beschi, Felice Besostri, Francesco Bilancia, Sandra
Bonsanti, Aldo Bozzi, Giuseppe Bozzi, Antonio Caputo, Lorenza Carlassare,
Claudio De Fiores, Enzo Di Salvatore, Anna Falcone, Antonello Falomi, Stefano
Fassina, Gianni Ferrara, Tommaso Fulfaro, Domenico Gallo, Alfiero Grandi,
Raniero La Valle, Giovanni Palombarini, Pancho Pardi, Livio Pepino, Franco
Russo, Antonia Sani, Massimo Villone, Vincenzo Vita
Per aderire: http://www.change.org/p/senato-della-repubblica-
sbloccare-la-democrazia-per-far-ripartire-l-italia
Le idee
VENTO DEL NORD
di Dario Allamano Labouratorio Buozzi Torino
Gruppo di Volpedo – Rete Socialista
Era un atto di fiducia nelle popolazioni che per essere state
più lungamente sotto la dominazione nazifascista,
dovevano essere all’avanguardia nella riscossa. Era il
riconoscimento delle virtù civiche del nostro popolo, tanto
più pronte ad esplodere quanto più lunga ed ermetica sia
stata la compressione. Era anche un implicito omaggio alle
forze organizzate del lavoro ed alla loro disciplina
rivoluzionaria. Ed ecco il vento del Nord soffia sulla
penisola, solleva i cuori, colloca l’Italia in una posizione di
avanguardia. (Avanti! 27 aprile 1945)
“Vento del Nord” – Sono passati settant’anni da quando Nenni coniò
questo termine per definire l’azione partigiana che come un vento
impetuoso avrebbe spazzato via il fascismo. Da quel giorno in vento
del Nord soffiò per quasi mezzo secolo e il nord liberato dalla guerra
partigiana seppe essere guida e bussola per tutta l’Italia.
Ad un certo punto però il vento cessò di soffiare dal nord, in
particolare da quelle città che furono la guida della rivolta partigiana
(Torino, Milano, Genova e non solo), e quel ruolo di avanguardia così
ben descritto da Nenni terminò. Il vento girò da altri quadranti e
quell’egemonia culturale e politica di un territorio cessò.
Questa fine non fu necessariamente negativa, ma quella classe
imprenditoriale, formatosi in molti casi nella guerra partigiana (un
nome per tutti Mattei), perse il suo ruolo Dirigente e si acconciò a
divenire un ceto assistito, senza coraggio e senza inventiva, elementi
che avevano invece segnato l’avventura del cosiddetto “miracolo
economico”.
La fine di quel vento ha portato l’Italia in una lunga bonaccia, e
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trent’anni fa la barca si è fermata, forse irreversibilmente.
Il nord vocato a un progresso innovatore ne sta oggi subendo gli
effetti politici e le ultime elezioni l’hanno certificato con nettezza,
ormai solo il Piemonte ed il Friuli reggono l’urto della marea montante
populista. Anche l’ultimo baluardo veneto, Venezia, è caduto e non è
un bel segno per il futuro del centro sinistra, le stesse mitiche regioni
rosse ormai sono in rotta. La paura ormai prevale sulla speranza.
Da quando data questa crisi? Nasce forse in un momento ormai
lontano, non è una questione di vil moneta (l’introduzione dell’euro), è
una crisi che affonda le sue radici nei lontani anni ottanta, o forse
anche prima, allorché si posero le basi per la delocalizzazione delle
Grandi Industrie del nord, nella convinzione che fosse sufficiente
spostarle in zone in cui la mano d’opera era meno sindacalizzata
(prima il nord est e poi il sud dell’Italia) e pertanto più facilmente
governabile, oppure nella convinzione che bastasse spostare le grandi
raffinerie e industrie chimiche più vicino ai pozzi del petrolio.
Ci si stava avvicinando purtroppo alla fine di un mondo, quello nato
dopo la seconda guerra, basato sui grandi consumi di massa, e ci si
stava avviando verso un mondo diverso, globalizzato, e i paradigmi
che avevano sostenuto le prime delocalizzazioni si rivelarono ben
presto fasulli, i costi della mano d’opera erano infinitamente più bassi
nell’est Europa (per non parlare dell’Oriente) e gli sceicchi iniziavano
a creare poli petrolchimici vicinissimi ai pozzi del petrolio.
Nel frattempo l’Italia iniziava a perdere la prima grande rivoluzione
industriale, quella informatica, l’Olivetti, che ad inizio degli anni 80
produceva il miglior personal computer del mondo (l’M20), passava in
mano a industriali perlomeno disinvolti, che all’inizio la utilizzarono
per le loro guerre belghe e poi per avere la concessione dei telefonini
ad Omnitel, ma solo per rivenderla quanto prima alla Vodafone, senza
avere la sensibilità industriale per comprendere che l’evoluzione della
rivoluzione informatica sarebbe stata telefono più computer.
Nello stesso tempo la Telecom indeboliva il centro ricerche di
Torino (CSELT), che, grazie ad un suo ricercatore (Chiariglione),
inventò il sistema MP3, seguita a corta incollatura dalla RAI che
ridimensionava il suo centro ricerche di Corso Giambone.
Nello stesso periodo (fine anni 70) la FIAT si ritirava dallo sviluppo
del TOTEM (acronimo di Total Energy Module) il primo tentativo di
avviare un sistema per il risparmio energetico, lasciando spazio per la
costruzione nel sistema energetico di un oligopolio in mano ai soliti
noti, con una nuova sconfitta nella seconda battaglia economica: quella
delle energie alternative.
Infine, dopo aver sostenuto negli anni ottanta un promettente settore
del trattamento dei rifiuti più pericolosi (quelli industriali) con
recupero d’energia abbandonò il settore in mano ad organizzazioni
mafiose, per dedicarsi, sull’onda delle azioni pseudo ecologiste, ad
ipotesi scarsamente redditizie. Il compost ne è la dimostrazione, a
tutt’oggi gli impianti funzionano poco, male, costano molto e
producono un materiale scarsamente utilizzabile.
Milano ed il nord Piemonte perdevano nello stesso tempo l’industria
farmaceutica, la chimica fine ed il tessile.
Tutte le rivoluzioni economiche degli anni novanta hanno visto
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l’Italia (ed il nord in particolare) al di fuori dei giochi.
Questi sono alcuni esempi che denotano l’assoluta insipienza delle
classi dirigenti locali, in particolare del Piemonte, che non seppero (o
peggio non vollero) difendere le proprie eccellenze industriali,
lanciandosi in ipotetiche nuove vie di sviluppo.
Nonostante tutto però ancora oggi il Nord ha ancora potenzialità
notevoli, i due Politecnici e le Università sono autentiche fucine di
ricercatori in grado di produrre brevetti di assoluto valore mondiale, il
limite che si frappone all’industrializzazione di questi brevetti è la
mancanza di finanziatori che abbiano il coraggio e la lungimiranza per
investire in settori innovativi.
Ormai la classe industriale del nord si è ritirata dall’attività,
preferendo le congrue rendite finanziarie prodotte dai capitali incassati
dalla vendita delle loro aziende, l’esempio più recente è Tronchetti
Provera che nella scorsa primavera ha venduto la Pirelli ai cinesi, con
un unico impegno: tenerla in Italia per cinque anni.
Tornerà mai a spirare il vento del nord? Personalmente ne dubito,
spero di sbagliarmi ma la situazione è tragica e purtroppo l’Italia
(ancora seconda potenza industriale europea) senza grandi industrie
innovative è destinata ad una silenziosa e continua decadenza, occorre
forse saper rivitalizzare, per dirla con Nenni, le virtù civiche del
popolo, tanto più pronte ad esplodere quanto più lunga ed ermetica è
stata la compressione.
Può essere il compito di noi vecchi socialisti per i prossimi anni,
lavorare per riportare la gente a superare la sudditanza ai poteri forti
per tornare ad essere attori della propria rinascita.
Da CRITICA LIBERALE
riceviamo e volentieri pubblichiamo
Senza nulla togliere all’alto valore umano
La svolta tedesca è frutto di saggia programmazione
di Giovanni La Torre
Senza nulla togliere all’alto valore umano della decisione tedesca di
aprire finalmente le frontiere, pensiamo che quella decisione sia anche
il frutto di una saggia politica di programmazione demografica. Di
colpo, la Germania, dal non voler condividere con l'Italia e la Grecia i
migranti che sbarcavano, ha annunciato che quest'anno ne accetterà
800 mila (Merkel) e nei prossimi anni 500 mila all'anno (Gabriel). Si
tratta con ogni evidenza di una decisione già assunta da tempo che
attendeva il momento opportuno per assere resa pubblica, fatta
accettare dalla popolazione e attuata. Il momento "opportuno"
purtroppo è arrivato con le immagini del povero bambino siriano
ritrovato cadavere, supino e con la faccia nella sabbia, su una spiaggia
turca, immagini che hanno sciolto il gelo che covava nel cuore di
alcune parti della popolazione tedesca.
La Germania condivide con l’Italia un basso indice di fertilità: 1,4
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figli per donna fertile (per la precisione Germania 1,41, Italia 1,38).
Come ci insegna la demografia, con un indice di fertilità simile la
popolazione si dimezza in due generazioni. L’indice di 2,1 è quello che
consente la stabilità della popolazione, mentre indici superiori
assicurano una crescita.
Le ultime rilevazioni dell’Istat hanno già certificato la diminuzione
della popolazione italiana, che con il tempo sarà sempre più repentina,
compensata finora dalla fecondità delle donne immigrate.
Di fronte a una prospettiva demografica di questo tipo che fa un
paese serio? Un paese che è consapevole di essere una potenza
economica? Pianifica la compensazione, non si fa trascinare dagli
eventi e dalle contingenze. Capisce che non può correre il rischio di
trovarsi con un’insufficienza di braccia e di cervelli, di non avere
lavoratori che versano i contributi per pagare le pensioni a chi non
lavora. E allora apre le frontiere e avvia programmi di formazione e di
inserimento nella comunità (hanno già stanziato 9 miliardi di euro,a
ulteriore prova che era già tutto programmato). Questo fa un paese
serio. Un paese in declino invece si fa trascinare dagli eventi, senza
alcuna scelta consapevole, oppure si oppone agli eventi stessi, come la
Gran Bretagna. Paesi corrotti poi, come l'Italia, utilizzano anche questi
eventi per alimentare la mangiatoia per gli amici e gli amici degli
amici, per le cooperative e per tutto quanto sta a lato della politica e
che sorregge economicamente questa classe dirigente corrotta e inetta
("con gli immigrati si guadagna più che con la droga", diceva il capo
della cooperativa).
Renzi continua a dire che non siamo più un problema per l'Europa e
che siamo tornati a far parte del gruppo guida dell'Ue. Ma di cosa
ciancia i bullo fiorentino? Basta vedere come stanno maturando i nuovi
orientamenti proprio in tema di immigrazione, che ci avrebbe dovuti
vedere in prima fila, e invece sono scaturiti dai soliti incontri bilaterali
franco - tedeschi.
Ormai la Germania sta consolidando la propria egemonia in Europa
ed è l'unica che dimostra di avere la vista lunga. Purtroppo questa
leadership non viene sempre esercitata nell'interesse comune europeo,
ma tant'è. Dopo aver digerito l'unificazione nel giro di qualche anno
(noi non ci siamo ancora riusciti in più di 150 anni) regalando ai
concittadini dell'Est il cambio 1:1, dopo aver accolto la maggior parte
dell'immigrazione dall'ex impero sovietico, oggi si appresta ad aprire
una terza fase di espansione attirando nuova forza e nuove energie.
Conoscendo i tedeschi, e la loro storia degli ultimi decenni, resta
qualche preoccupazione circa il probabile ulteriore incrudimento della
politica di austerità, per evitare ogni rischio di inflazione che ai loro
occhi esiste ogni volta che nuove masse diseredate, e da rifocillare
adeguatamente prima che contribuiscano alla produzione nazionale, si
affacciano sull'economia del loro paese. Si tratta di preoccupazioni
tipicamente tedesche, ma chi avrà la lucidità e la forza di opporvisi e
farle correggere?
Vai al sito di Critica liberale
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Riceviamo e volentieri pubblichiamo
LE SUCCESSIONI
TRANSFRONTALIERE
Nuove regole per gli emigrati nell’Unione Europea
di Dino Nardi coordinatore UIM Europa
Lo scorso 17 agosto nell’Unione Europea è entrato in vigore il
Regolamento (n. 650 del 4 luglio 2012) che fissa le competenze e la
legge applicabile nei casi di successioni (eredità) transfrontaliere ed
istituisce il “Certificato Successorio Europeo”. Questa nuova
normativa ha quindi validità in tutti gli Stati membri dell’Unione
Europea, tranne che in Gran Bretagna, Irlanda e Danimarca che si sono
avvalsi del diritto di esclusione.
A seguito di questo nuovo Regolamento europeo, nei casi di eredità,
si applicherà il diritto successorio in vigore nel Paese dove il dante
causa ha avuto la sua residenza abituale al momento del testamento o
del decesso, anche se cittadini di un altro Paese. Cioè non più come
avveniva in passato (sino al 17 agosto scorso) quando il principio della
cittadinanza di origine del dante causa si applicava in Italia ed in gran
parte dei Paesi europei ( Austria, Germania, Grecia, Polonia,
Portogallo, Slovenia, Spagna, Svezia, Ungheria)
Tuttavia lo stesso Regolamento, appena entrato in vigore nell’
Unione Europea, consente al dante causa la possibilità di scegliere
come legge da applicare per la successione dei suoi beni la norma
vigente nello Stato di cui ha la cittadinanza e, in caso di possesso di più
cittadinanze, quella preferita.
È evidente la rilevanza di questo Regolamento se pensiamo che
nell’Unione oltre 12 milioni di cittadini europei vivono in un Paese
membro diverso da quello di origine e che ogni anno nell’Unione sono
circa 450'000 le famiglie che devono affrontare una successione
transfrontaliera perché i beni o gli eredi del dante causa si trovano in
uno Stato diverso, rispetto a quello in cui si è aperta la successione,
facendo sorgere molte questioni a causa delle differenti leggi vigenti
nei singoli Paesi dell’Unione.
E, soprattutto, a nessuno può sfuggire l’importanza che riveste
questa norma per i quasi due milioni di emigrati e cittadini italiani che
vivono nell’Unione Europea, spesso proprietari di beni mobili ed
immobili in Italia e con eredi che, non di rado, risiedono in Italia.
Anche perché non va dimenticato che l’accettazione, o meno, di una
eredità, in genere, a seconda del Paese, può comportare pure di doversi
accollare di eventuali debiti del dante causa e la stessa imposizione
fiscale sull’eredità può variare da Paese a Paese.
Pertanto la scelta della legge da applicare per la successione, da
parte di un emigrato, va fatta in modo molto oculato avvalendosi della
consulenza di un avvocato o di un notaio esperti di diritto successorio
vigente nei Paesi interessati.
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In Svizzera, Paese non facente parte dell’Unione Europea, questo
Regolamento non è applicabile poiché, ad avviso del Consiglio
Federale elvetico, al momento non se ne ravvede la necessità ma,
l’esperienza insegna, che non è detto che il governo e/o il parlamento
della Confederazione non ritornino presto su questa loro attuale
decisione!
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI - Voci su Wikipedia : (ADL in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori (ADL in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori (ADL in spagnolo) http://es.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori (Coopi in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo (Coopi in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo (Coopi in tedesco) http://de.wikipedia.org/wiki/Cooperativa_italiana
LETTERA
NESSUNA NOSTALGIA PER IL
BICAMERALISMO PERFETTO, MA…
Quando si citano, come è stato fatto ieri all'Assemblea del gruppo Pd
del Senato, le tesi dell'Ulivo del 1996, si dovrebbe per onestà
intellettuale inquadrarli nell'architettura costituzionale pensata
all'epoca.
La trasformazione del Senato nella Camera delle Regioni proposta nel
1996 si accompagnava ad una Camera dei Deputati eletta con un
sistema elettorale formato da collegi uninominali maggioritari a doppio
turno sul modello francese, lontano anni luce dall'Italicum che invece
ha i capilista bloccati.
I resoconti del dibattito nell'Assemblea Costituente sulla
composizione del Senato chiariscono, poi, come sia stata la sinistra a
volere con forza l'elezione diretta dei senatori, non riconoscendo
peraltro alle Regioni quel ruolo che, invece, dopo il 1970 hanno
progressivamente assunto.
La questione che abbiamo di fronte oggi è con tutta evidenza
un'altra: superare il bicameralismo perfetto e affidare al nuovo Senato
(eletto dai cittadini) ruolo e funzioni utili e coerenti con l'impianto
complessivo della Costituzione.
Nessuna nostalgia conservatrice per il passato, dunque, ma neppure
una riforma che sull'altare della governabilità sacrifichi oltre un limite
accettabile la rappresentanza (con il diritto di scelta dei cittadini dei
propri rappresentanti) e il corretto equilibrio tra gli organi
costituzionali, da sempre due pilastri della cultura politica e
istituzionale del centrosinistra".
Federico Fornaro e Carlo Pegorer, senatori della Repubblica (minoranza Pd)
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LETTERA
Riforma del Senato
La questione vera in questo caso è la sopravvivenza
del governo Renzi e l'unità del Partito Democratico.
Valutati tutti i rischi di una caduta della legislatura e di elezioni
anticipate, ritengo che ne valga la pena.
Il governo Renzi è un governo pericoloso per la democrazia, verso la
quale ha assunto caratteristiche di progetto per la riduzione della
rappresentanza politica. E' un governo pericoloso per la democrazia
perché sta esaltando, in termini di vero e proprio regime, la già
pericolosissima personalizzazione della politica. E' un governo
pericoloso per la democrazia perché ha scelto la via del populismo più
becero, come nel caso delle promesse fallaci in materia di tassazione.
E' un governo pericoloso per la democrazia perché ha indotto,
attraverso l'acquisizione della sindrome della sconfitta, gran parte del
quadro politico al conformismo, svilendo il ruolo dei partiti e
annullando quello dei corpi intermedi…
Deve essere però considerato che l'assenza di un soggetto politico
adeguato alla sinistra del PD deriva proprio dall'acquisizione di questa
sindrome della sconfitta e dal derivante conformismo, oltre che da un
adeguamento al meccanismo di acquisizione di benefici personali da
parte di nuovi notabili presenti negli enti locali.
Un nuovo soggetto "a sinistra" può nascere soltanto dall'autonomia
politica, partendo dall'opposizione a tutti i livelli. Il nostro livello di
proposta, sul piano delle istituzioni, non può che star dentro al quadro
che delinea la Costituzione di prevalenza del concetto di
rappresentanza politica al riguardo di quello della governabilità, con un
Parlamento "specchio del Paese" come sosteneva Togliatti
(personalmente poi sono favorevole al monocameralismo, 400
deputati, sistema proporzionale su lista con preferenze).
Lascio sullo sfondo le questioni economico-sociali e il tema
dell'Europa e più in generale della politica internazionale che pure
dovrebbero essere toccate nel momento in cui ci si avventura in un
disegno di tipo bellicista, mentre nei grandi salotti della diplomazia e
dell'economia internazionale si comincia a ritenere la democrazia
rappresentativa un orpello che ostacola la ripresa economica, si punta a
ridurne i margini ricostruendo veri e propri "eserciti di riserva" del
capitalismo, governati da nuove oligarchie.
E' questo il senso di marcia del grande capitale cui è perfettamente
allineato il governo Renzi. Grazie per l'attenzione
Franco Astengo, e-mail
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI EDITRICE SOCIALISTA FONDATA NEL 1897 Casella postale 8965 - CH 8036 Zurigo L'Avvenire dei lavoratori è parte della Società Cooperativa Italiana Zurigo, storico istituto che opera in
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emigrazione senza fini di lucro e che nel triennio 1941-1944 fu sede del "Centro estero socialista". Fondato nel 1897 dalla federazione estera del Partito Socialista Italiano e dall'Unione Sindacale Svizzera come organo di stampa per le nascenti organizzazioni operaie all'estero, L'ADL ha preso parte attiva al movimento pacifista durante la Prima guerra mondiale; durante il ventennio fascista ha ospitato in co-edizione l'Avanti! garantendo la stampa e la distribuzione dei materiali elaborati dal Centro estero socialista in opposizione alla dittatura e a sostegno della Resistenza. Nel secondo Dopoguerra L'ADL ha iniziato una nuova, lunga battaglia per l'integrazione dei migranti, contro la xenofobia e per la dignità della persona umana. Dal 1996, in controtendenza rispetto all'eclissi della sinistra italiana, siamo impegnati a dare il nostro contributo alla salvaguardia di un patrimonio ideale che appartiene a tutti.